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Centro di ricerca per la pace n. 61 del 21 ottobre 2009 - [email protected]

Chiara Saraceno. La sanatoria parziale e sbagliata

[Dal quotidiano "La Repubblica" del 2 ottobre 2009 col titolo "La sanatoria sbagliata"]

La sanatoria delle badanti e' stata di fatto l'unica consistente iniziativa nel campo delle politiche della famiglia attuata da questo governo fino ad oggi. Essa consiste non gia' nel fornire risorse (servizi) alle famiglie perche' possano far fronte ai bisogni di cura delle persone piu' fragili e meno o per nulla

autosufficienti, bensi' nella, parziale, regolarizzazione del mercato del lavoro di cura. Un mercato che negli ultimi anni in Italia si e' sviluppato in modo molto piu' selvaggio e spesso al di fuori di ogni regolarita' proprio per il combinarsi di mancanza di servizi e disponibilita' di lavoratrici immigrate a basso costo perche' irregolari. Sia chi ha chiesto la regolarizzazione delle badanti (cui poi si sono aggiunte le colf) come

categoria particolare all'interno degli immigrati irregolari, che chi la ha concessa, non era tanto preoccupato di difendere i loro diritti, quanto di non mettere in crisi il precario equilibrio su cui si sostiene

l'organizzazione di molte famiglie e cui e' affidato il benessere e la sicurezza delle persone non autosufficienti.

Ma anche questo obiettivo cosi' riduttivo non e' stato realizzato pienamente a motivo dei criteri introdotti per definire le famiglie (si badi bene, non le lavoratrici) che potevano aspirare alla sanatoria. Ancora una volta (era gia' successo con la social card), il disegno della misura non si e' basato su una conoscenza effettiva del fenomeno. E' stato infatti basato sulla presunzione che la maggior parte delle badanti e delle colf lavorino a pieno tempo presso una sola famiglia (e da questa presunzione sono derivati i requisiti di reddito del datore di lavoro). Solo loro potevano essere messe in regola. Ma cio' non corrisponde alla realta'. Molte famiglie non hanno bisogno di una lavoratrice a pieno tempo, o non possono permetterselo.

Vale per le badanti e ancor piu' per le colf, che spesso lavorano per piu' famiglie. E nessuna di queste era ovviamente disponibile a fare da capofila per tutte le altre. Aver individuato le famiglie, invece che le lavoratrici, come protagoniste della sanatoria ha avuto il doppio effetto di lasciar fuori sia una grossa fetta di lavoratrici che una grossa porzione di famiglie che non potevano regolarizzare la lavoratrice neppure se lo avessero voluto. Alla palese ingiustizia di aver scelto di regolarizzare solo una particolare categoria di lavoratori, si e' aggiunta cosi' quella di aver permesso di regolarizzare solo le lavoratrici con un unico rapporto di lavoro consistente e di privilegiare di fatto le famiglie piu' abbienti, che possono permettersi di assumere una (e fino a tre!) persona a pieno tempo.

Ma lo scarto tra domande di regolarizzazione e la stima del numero delle badanti e colf irregolari presenti sul nostro territorio segnala anche un'altra cosa. Non e' affatto vero che tutti, o la maggior parte, dei datori di lavoro desiderano mettere in regola le proprie colf e badanti. Non e' vero quando queste sono italiane, tanto meno quando sono straniere, il cui status di irregolare contribuisce a tenere basso il compenso.

L'irregolarita' e' conveniente per i datori di lavoro. La norma sul reato di clandestinita' ha modificato questo vantaggio, introducendo un rischio in piu'. Per questo, mentre chi ha accettato di regolarizzare spesso ha imposto alla lavoratrice di pagare i 500 euro richiesti (e probabilmente anche di pagarsi i contributi futuri), molti altri si sono limitati a licenziare e magari a cercare una alternativa tra le persone provenienti dai paesi dell'Est Europeo ora parte della Ue, quindi esenti dal reato di clandestinita' anche quando lavorano

irregolarmente.

Altri continueranno a impiegare lavoratrici clandestine, confidando sulla mancanza di controlli e avendo un'arma di ricatto in piu' per pagarle poco e sfruttarle molto. In compenso il governo potra' dire che ha risolto il problema della cura, senza aver sborsato neppure un euro, anzi avendone incassati un bel po'. E che al solito, come nel caso della poverta' e della social card, il bisogno era inferiore al previsto.

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