SINTESI SU RIFORMA COSTITUZIONALE E NUOVA LEGGE ELETTORALE
29/09/2016
Il giorno 4 dicembre 2016 si svolgerà il referendum popolare per confermare o respingere la riforma costituzionale prevista dal testo di legge costituzionale pubblicato nella G.U. n. 88 del 15/04/2016 recante
"disposizioni per il superamento del bicameralismo paritario, la riduzione del numero dei parlamentari, il contenimento dei costi di funzionamento delle istituzioni, la soppressione del CNEL e la revisione del titolo V della parte II della Costituzione". Di seguito è riportata una sintesi (divisa in due parti) sul progetto di riforma costituzionale e viene aggiunto un sunto sulla nuova legge elettorale approvata in funzione della revisione costituzionale.
1‐Diritti e doveri dei cittadini – Ordinamento della Repubblica
Con la prima parte della riforma vengono ridisegnate le competenze e gli assetti costituzionali della Camera dei deputati e del Senato. Se allo stato attuale esiste un bicameralismo perfetto (Senato e Camera hanno gli stessi poteri e la stessa natura rappresentativa) con la modifica costituzionale il Senato, i cui membri non sono più eletti direttamente dal popolo, viene trasformato in un’assemblea rappresentativa delle istituzioni locali con determinate funzioni fra le quali è mantenuta quella legislativa, ma limitatamente a poche materie (circa 20). Si tratta di materie comunque importanti fra cui leggi costituzionali e di revisione costituzionale, leggi ordinarie elettorali, partecipazione dell’Italia all’UE, ratifica dei trattati internazionali, enti locali, referendum, ecc.
Ecco i punti essenziali della riforma (in corsivo le parti riprese testualmente dalla riforma costituzionale).
Solo la Camera dei deputati è titolare del rapporto di fiducia con il Governo ed esercita la funzione di indirizzo politico, la funzione legislativa e quella di controllo dell’operato del Governo. Ciascun membro della Camera dei deputati rappresenta la Nazione.
Il Senato della Repubblica rappresenta le istituzioni territoriali ed esercita funzioni di raccordo tra lo Stato e gli altri enti costitutivi della Repubblica. Concorre all’esercizio della funzione legislativa nei casi e secondo le modalità stabiliti dalla Costituzione.
Quindi, solo la Camera può votare la fiducia al Governo, il Senato perde questa funzione (si veda l’ art. 94 Cost). I membri della Camera rappresentano la Nazione nella sua interezza mentre al Senato è attribuita la funzione di rappresentanza delle sole istituzioni territoriali.
Inoltre, il nuovo Senato ha funzioni di (si veda art. 55 Cost.):
‐ raccordo tra lo Stato, gli altri Enti costitutivi della Repubblica e l’Unione europea.
‐ partecipazione alle decisioni dirette alla formazione e all’attuazione degli atti normativi e delle politiche dell’Unione europea.
‐ valutazione delle politiche pubbliche, delle attività delle pubbliche amministrazioni e verifica dell’impatto delle politiche dell’Unione europea sui territori.
‐ espressione di pareri sulle nomine di competenza del Governo e verifica dell’attuazione delle leggi dello Stato.
Al di là della funzione legislativa residuale, non si evincono le modalità tramite le quali, nel concreto, siano esercitate delle funzioni appena elencate, seguiranno future normate attuative.
Il potere legislativo viene ancora esercitato dal nuovo Senato (unitamente alla Camera dei deputati – bicameralismo paritario vecchia maniera) limitatamente alle seguenti leggi/materie:
‐ revisione della Costituzione e le altre leggi costituzionali;
‐ attuazione delle disposizioni costituzionali concernenti :
‐la tutela delle minoranze linguistiche,
‐i referendum popolari (novità dei referendum propositivi ) e altre forme di consultazione da prevedere (si veda art. 71 Cost.).
‐ l’ordinamento, la legislazione elettorale, gli organi di governo, le funzioni fondamentali dei Comuni e delle Città metropolitane e le disposizioni di principio sulle forme associative dei Comuni;
‐ le norme generali, le forme e i termini della partecipazione dell’Italia alla formazione e all’attuazione della normativa e delle politiche dell’Unione europea,
‐ casi di ineleggibilità e di incompatibilità con l’ufficio di Senatore;
‐ modalità di attribuzione dei seggi e di elezione dei membri del Senato;
‐ ratifica dei trattati relativi all’appartenenza dell’Italia all’Unione europea;
‐ ordinamento della capitale d’Italia
‐ forme e condizioni di autonomia concedibili alle Regioni in determinate materie.
‐ rapporti tra la Repubblica e le confessioni religiose;
‐ ordinamento e organizzazione amministrativa dello Stato e degli enti pubblici nazionali;
‐ procedimento amministrativo, sulla disciplina giuridica del lavoro alle dipendenze delle amministrazioni pubbliche;
‐ patrimonio proprio delle Regioni, dei Comuni e della Città Metropolitane;
‐ le procedure per i poteri sostitutivi esercitati da Governo su Comuni, regioni e Città Metropolitane per mancanze nel rispetto di trattati internazionali o per grave pericolo;
‐ sistema di elezione, casi di ineleggibilità, emolumenti per i Consiglieri regionali e per il presidenti delle Giunte regionali;
‐ approvazione per il passaggio di Comuni da una regione ad un’altra.
Tulle le leggi nelle materie appena elencate possono essere abrogate, modificate o derogate solo in forma espressa e da leggi approvate con le stesse modalità (potere legislativo congiunto fra Senato e Camera).
Sul punto si può notare come sia verosimile l’avvio di un nuovo filone della giurisprudenza costituzionale scaturente dai casi (non remoti) di leggi vertenti su più materie o con campo applicativo incerto. A tale proposito l’art. 70, comma 6 dispone:
I Presidenti delle Camere decidono, d’intesa tra loro, le eventuali questioni di competenza, sollevate secondo le norme dei rispettivi regolamenti. La mancata intesa non potrà che finire di fronte alla Corte Costituzionale.
Relativamente alle materie di competenza della sola Camera dei Deputati, ogni disegno di legge approvato da questa è immediatamente trasmesso al Senato che, entro dieci giorni può disporre di esaminarlo. Nei trenta giorni successivi il Senato può deliberare proposte di modifiche sul testo sulle quali la Camera dei deputati si pronuncia in via definitiva. Qualora il Senato non disponga di procedere all’esame o sia inutilmente decorso il termine per deliberare, oppure quando la Camera dei deputati si sia pronunciata in via definitiva, la legge può essere promulgata (sono previsti altre procedure specifiche, con parere più o meno vincolante, per determinate materie o casi).
il Senato, quindi, esamina comunque ogni proposta di legge di competenza della sola Camera dei deputati ma quest’ultima può anche non tenere conto delle osservazioni proposte, osservazioni che restano vincolate ad un termine molto breve per la loro espressione.
In ogni caso, però, il Senato può, con deliberazione adottata a maggioranza assoluta dei suoi componenti, richiedere alla Camera dei deputati di procedere all’esame di uno specifico disegno di legge (non si evince con certezza se per tutte le materie o solo per quelle a potestà paritaria). In tal caso, la Camera dei deputati ha il dovere di procede all’esame e si pronuncia entro il termine di sei mesi dalla data della deliberazione del Senato.
Il Governo può comunque chiedere alla Camera dei deputati di deliberare, entro cinque giorni dalla richiesta, che un disegno di legge indicato come essenziale per l’attuazione del programma di governo sia sottoposto alla pronuncia in via definitiva della Camera dei deputati entro il termine di settanta giorni dalla deliberazione (escluse le materia a potestà paritaria fra Camera e Senato).
Da notare che i decreti‐legge (legislazione d’urgenza adottata dal Governo e poi convertita in legge dalle camere) sono presentati per la conversione alla sola Camera dei deputati anche quando la funzione legislativa è esercitata collettivamente dalle due Camere. Quindi, nel caso della legislazione temporanea d’urgenza esercitata dal Governo viene ulteriormente erosa la potestà legislativa del Senato (si veda l’art.
77, comma 2).
Per riassumere questo punto, con la nuova Carta si determinano almeno una decina (sul numero esatto l’attuale dottrina non è unanime) di diversi sistemi di approvazione normativa, “per alcune materie, la legge viene votata dalla Camera e il Senato potrà solo proporre modifiche, su cui la Camera deciderà poi in via definitiva. Occorre, però, guardare alla materia su cui verterà la legge, perché in alcuni casi il Senato ha il dovere, in altri la facoltà di intervenire. In alcuni casi l’intervento deve avvenire entro 30 giorni, in altri entro 15, in altri ancora entro 10; in alcuni casi l’aula dovrà esprimersi a maggioranza assoluta, in altri a maggioranza semplice; in alcuni casi la Camera potrà non tener conto del parere del Senato a maggioranza assoluta, in altri a maggioranza semplice. Vi è poi l’ipotesi in cui sia il Senato a segnalare alla Camera la necessità di approvare una legge, obbligandola a intervenire entro un dato termine. Le leggi elettorali potranno essere impugnate in via preventiva innanzi alla Corte costituzionale. Le leggi di conversione dei decreti legge seguiranno un ulteriore specifico iter. Ancora diverso e peculiare sarà quello per le leggi di iniziativa popolare. Le leggi dichiarate urgenti seguiranno tempistiche dimezzate”.
(Fonte: www.lavoce.info, 15 luglio 2016 – Senato più semplice? Una spiegazione semplicistica)
Relativamente alla composizione del Senato, il nuovo testo dispone: Il Senato della Repubblica è composto da novantacinque senatori (al posto degli attuali 315) rappresentativi delle istituzioni territoriali e da cinque senatori che possono essere nominati dal Presidente della Repubblica. Entrambe le figure esercitano le loro funzioni senza vincolo di mandato.
I Consigli regionali e i Consigli delle Province autonome di Trento e di Bolzano eleggono, con metodo proporzionale, i senatori fra i propri componenti e, nella misura di uno per ciascuno, fra i sindaci dei comuni dei rispettivi territori. Quindi, sono gli stessi Consigli regionali che scelgono i senatori fra i propri componenti, si tratta di un precedente insolito per il quale degli eletti diventano, a loro volta, elettori/designatori di sé stessi al fine di esercitare un doppio potere legislativo: quello regionale nel Consiglio di appartenenza e quello, per quanto compresso, nel Senato della Repubblica (per riflettere sull’incidenza della riforma si può notare come i senatori mantengano una funzione legislativa statale pur non essendo eletti direttamente dal popolo).
L’art. 68 Cost., avente ad oggetto la c.d. immunità parlamentare, non viene toccato dalla riforma, quindi anche i (nuovi) senatori godono delle stesse prerogative dei deputati. Ai senatori non spetta un’indennità come, invece, la legge prevede per i deputati.
La ripartizione dei seggi tra le Regioni viene calcolata in proporzione alla loro popolazione, in ogni caso nessuna Regione può avere meno di due Senatori. La durata del mandato coincide con al durata dell’organo di appartenenza. Le modalità effettive di elezione e tutte le fattispecie collegate (sostituzione, eventuale rinnovo o rinnovi, ecc.) sono demandate ad una futura Legge approvata da entrambe le Camere (per la prima individuazione dei senatori è stato previsto uno specifico regime transitorio).
Infine, è importante notare come al Senato resti il potere di nominare due membri della Corte costituzionale e di partecipare all'elezione del Presidente della Repubblica in seduta congiunta con la Camera.
2‐Norme sulla giurisdizione ‐ le regioni, le città metropolitane e i comuni
Ai sensi della nuova formulazione, la Repubblica (soggetto unitario) è costituita dai Comuni, dalle Città Metropolitane, dalle Regioni e dallo Stato. Vengono eliminate le Province.
La funzione legislativa resta in capo allo Stato e alle Regioni (si vedano anche le Province autonome) ma vengono ridisegnate le relative materie di competenza. Allo stato attuale l’art. 117 Cost. individua delle materie di competenza statale, delle materie di competenza concorrente (legifera sia lo Stato che le Regioni) e una competenza residuale (ogni altra materia non prevista nei primi due casi) in capo alle sole Regioni. Con la riforma costituzionale scompare la competenza concorrente e vengono modificate alcune attribuzioni statali e regionali.
Ecco i punti essenziali.
Si aggiungono alla competenza legislativa statale le seguenti materie non precedentemente previste in modo esplicito:
‐ norme sul procedimento amministrativo e sulla disciplina giuridica del lavoro alle dipendenze delle amministrazioni pubbliche tese ad assicurarne l’uniformità sul territorio nazionale;
‐ disposizioni generali e comuni per la tutela della salute, per le politiche sociali e per la sicurezza alimentare;
‐ ordinamento scolastico;
‐ istruzione universitaria e programmazione strategica della ricerca scientifica e tecnologica;
‐ previdenza complementare e integrativa; tutela e sicurezza del lavoro; politiche attive del lavoro;
disposizioni generali e comuni sull’istruzione e formazione professionale;
‐ commercio con l’estero;
‐ ordinamento sportivo; disposizioni generali e comuni sulle attività culturali e sul turismo;
‐ ordinamento delle professioni e della comunicazione;
‐ disposizioni generali e comuni sul governo del territorio; sistema nazionale e coordinamento della protezione civile;
‐ produzione, trasporto e distribuzione nazionali dell’energia;
‐ infrastrutture strategiche e grandi reti di trasporto e di navigazione d’interesse nazionale e relative norme di sicurezza; porti e aeroporti civili, di interesse nazionale e internazionale.
Spetta alle Regioni la potestà legislativa in materia di rappresentanza delle minoranze linguistiche, di pianificazione del territorio regionale e mobilità al suo interno, di dotazione infrastrutturale, di programmazione e organizzazione dei servizi sanitari e sociali, di promozione dello sviluppo economico locale e organizzazione in ambito regionale dei servizi alle imprese e della formazione professionale; salva l’autonomia delle istituzioni scolastiche, in materia di servizi scolastici, di pro mozione del diritto allo studio, anche universitario; in materia di disciplina, per quanto di interesse regionale, delle attività culturali, della promozione dei beni ambientali, culturali e paesaggistici, di valorizzazione e organizzazione regionale del turismo, di regolazione, sulla base di apposite intese concluse in ambito regionale, delle relazioni finanziarie tra gli enti territoriali della Regione per il rispetto degli obiettivi programmatici regionali e locali di finanza pubblica.
Alle regioni spetta, inoltre, ogni materia non espressamente riservata alla competenza esclusiva dello Stato.
Da notare come venga introdotta una nuova attribuzione governativa. Il Governo, infatti, può avanzare proposte affinché la legge dello Stato possa intervenire in materie non riservate alla legislazione esclusiva quando lo richieda la tutela dell’unità giuridica o economica della Repubblica, oppure la tutela dell’interesse nazionale.
La potestà regolamentare non subisce variazioni di rilievo rimanendo in capo allo Stato e alle Regioni secondo le rispettive competenze. Inoltre, se allo stato attuale la Costituzione prevede i pubblici uffici siano organizzati in modo che siano assicurati il buon andamento e l’imparzialità dell’amministrazione, con la riforma viene introdotta l’ulteriore condizione organizzativa della trasparenza.
Per gli altri dettagli (si veda, ad esempio, l'abolizione del CNEL) si rimanda alla lettura del disegno di legge costituzionale ‐ G.U. n. 88 del 15/04/2016.
Legge elettorale ‐ c.d. Italicum
Per completezza di informazione, unitamente alla proposta di legge di revisione costituzionale, resta da analizzare la legge n. 52/2015 ‐ Disposizioni in materia di elezione della Camera dei deputati ‐ pubblicata nella G.U. del 8 maggio 2015, n. 105. Si tratta della nuova legge elettorale, denominata Italicum (formalmente applicabile dal 01/07/2016), funzionalmente collegata alla revisione costituzionale dato che riguarda l'elezione dei soli membri della Camera dei deputati (i "nuovi" senatori non sono eletti dal popolo ma individuati dai Consigli regionali). E' chiaro, quindi, che nel caso il referendum confermativo del 04/12/2016 desse esito negativo, si determinerebbe una situazione di incertezza sull’applicabilità dell'Italicum e la necessità di individuare un ulteriore sistema elettorale che contempli l’elezione dei senatori in modo omogeneo ai deputati.
Ecco i punti principali dell’Italicum
‐ La riforma introduce una nuova scheda elettorale, ogni casella sarà composta dal contrassegno del partito al centro, a sinistra il nome del capolista (c.d. capolista bloccato individuato a prescindere dalle preferenze dei cittadini) mentre a destra due righe per le eventuali preferenze a disposizione dell'elettore. Se l’elettore esprime due preferenze queste devono essere di sesso diverso.
‐ Le liste dei candidati sono presentate in 20 circoscrizioni elettorali suddivise complessivamente in 100 collegi plurinominali, fatto salvo il collegio uninominale della Valle d`Aosta (esprime un solo seggio). Un candidato può presentarsi da capolista in massimo 10 collegi mentre un candidato non capolista può presentarsi in un unico collegio plurinominale.
‐ Accedono alla ripartizione dei seggi le liste che ottengono, su base nazionale, almeno il 3% dei voti.
‐ In ciascuna lista i candidati sono presentati in ordine alternato per sesso, i capolista dello stesso sesso non possono eccedere il 60%.
‐ La singola lista che supera il 40% dei voti ottiene un premio di maggioranza raggiungendo in tutto 340 seggi (circa il 54% del totale). Il premio va alla lista e non alla coalizione. La lista, solitamente, è identificata con il "partito", differentemente dalla "coalizione" che, generalmente, individua un raggruppamento di partiti.
‐ Quando nessuna lista supera il 40% dei voti è previsto un secondo turno (ballottaggio) tra le due liste che hanno ottenuto più voti. La lista che prende più voti al ballottaggio ottiene il premio di maggioranza indicato al punto precedente. Fra il primo e il secondo turno non sono possibili collegamenti di lista.
Da notare che non è prevista una soglia minima di voti per acquisire il premio al ballottaggio. Ad esempio, se al ballottaggio si recasse a votare il 30% degli aventi diritto e una lista vincesse con il 51% dei voti (quindi avrebbe votato quella lista poco più del 15% degli aventi diritto), quella stessa lista avrebbe il 54% dei seggi.
Nel concreto si determina l’istituzionalizzazione di quella che fino a oggi era una possibilità: il sistema di governo basato sul partito unico (solo la Camera vota la fiducia; alla Camera siede almeno il 54% dei deputati di un solo partito).
‐ Sono eletti prima i capolista nei collegi e poi i candidati che hanno ottenuto il maggior numero di preferenze. Ciò vuol dire che nel caso di premio di maggioranza, la lista che ottiene 340 seggi potrà avere, al massimo, 100 deputati provenienti dai capolista "bloccati" quindi non scelti da cittadini con le preferenze (uno per ognuno dei 100 collegi). Per le liste minori le possibilità cambiano dato che con un numero di seggi minore di 100 potrebbe accadere che in parlamento siedano solo i capolista "bloccati". In ogni caso si deve tener conto dell'effetto compensativo dato dalla eventualità che uno stesso capolista si presenti in (fino a) 10 collegi diversi. L'ipotesi estrema, quindi, in realtà poco probabile, prevede che i capolista bloccati
abbiano, al massimo, 390 seggi su 630 (circa il 62%). Una previsione realista potrebbe vedere poco più o poco meno della metà dei seggi assegnati ai capolista scelti dai partiti.
In funzione di quanto appena riassunto sull'Italicum è opportuno considerare quanto espresso dalla Corte Costituzionale in merito al giudizio di illegittimità della precedente legge elettorale (il c.d. Porcellum), tenendo presente che anche l'Italicum è stato rinviato al giudizio della stessa Corte per motivi analoghi a quelli che stanno alla base della sentenza n. 1/2014 riportata di seguito (per approfondimenti vedere Reg.
ord. n. 69/2016 ‐ G.U. serie speciale 1 n. 14/2016 e Reg. ord. n. 163/2016 ‐ G.U. serie speciale 1 n.
30/2016).
Con la sentenza n. 1/2014 la Corte Costituzionale ha dichiarato l’incostituzionalità delle fondamenta del corpus normativo ai sensi del quale sono stati eletti gli attuali membri del parlamento, relativamente alle questioni del premio di maggioranza senza soglia minima e del voto di lista ”bloccato”. Tornando alla riforma costituzionale si può rilevare che molti commentatori abbiano evidenziato come sia discutibile o quanto meno inopportuno che un parlamento eletto in modo costituzionalmente illegittimo provveda ad una così profonda revisione della Costituzione. La Corte costituzionale, proprio su questo punto, dispone che le Camere sono organi costituzionalmente necessari ed indefettibili e non possono in alcun momento cessare di esistere o perdere la capacità di deliberare ma senza specificare se questa capacità dovesse limitarsi alle leggi ordinarie.
Volendo trovare un’immagine ad effetto direi che la sentenza della C. Cost n. 1/2014 afferma che la massima “il fine giustifica i mezzi” non può trovare luogo in democrazia. In democrazia i principi fondamentali previsti dai Padri costituenti impregnano anche le procedure e i metodi (quindi i mezzi) con i quali si esplica ogni azione istituzionale. Il fine di dare stabilità alla legislatura tramite un premio di maggioranza cospicuo e tramite la scelta dei deputati da parte dei partiti ha trovato il limite nella imprescindibile tutela della rappresentatività del Parlamento. Riporto le parole usata dalla stessa C. Cost.:
... non c’è, in altri termini, un modello di sistema elettorale imposto dalla Carta costituzionale, in quanto quest’ultima lascia alla discrezionalità del legislatore la scelta del sistema che ritenga più idoneo ed efficace in considerazione del contesto storico.
Il sistema elettorale, tuttavia, pur costituendo espressione dell’ampia discrezionalità legislativa, non è esente da controllo, essendo sempre censurabile in sede di giudizio di costituzionalità quando risulti manifestamente irragionevole...
Quindi, una legge elettorale, per quanto sia una fra le massime espressioni della discrezionalità politica, può essere comunque sottoposta a giudizio di legittimità ed essere censurata là dove manifesti anche solo la possibilità che il voto (diritto fondamentale in capo ad ogni elettore) non trovi esisto nel bene costituzionalmente protetto della rappresentatività delle istituzioni. E’ utile rammentare che l’Italia è una democrazia “rappresentativa”.
Tornando al merito della sentenza n. 1/2014 si rileva l’illegittimità costituzionale del Porcellum relativamente a due questioni principali:
1‐ attribuzione del premio di maggioranza dei seggi alla lista con la maggioranza relativa senza nessuna soglia minima di voti. Riporto le parole della Corte:
Le disposizioni censurate sono dirette ad agevolare la formazione di una adeguata maggioranza parlamentare, allo scopo di garantire la stabilità del governo del Paese e di rendere più rapido il processo decisionale, ciò che costituisce senz’altro un obiettivo costituzionalmente legittimo. Questo obiettivo è perseguito mediante un meccanismo premiale destinato ad essere attivato ogniqualvolta la votazione con il sistema proporzionale non abbia assicurato ad alcuna lista o coalizione di liste un numero di voti tale da tradursi in una maggioranza anche superiore a quella assoluta di seggi (340 su 630). Se dunque si verifica tale eventualità, il meccanismo premiale garantisce l’attribuzione di seggi aggiuntivi (fino alla soglia dei 340 seggi) a quella lista o coalizione di liste che abbia ottenuto anche un solo voto in più delle altre, e ciò pure nel caso che il numero di voti sia in assoluto molto esiguo, in difetto della previsione di una soglia minima di voti e/o di seggi [...] in tal modo, dette norme producono una eccessiva divaricazione tra la composizione dell’organo della rappresentanza politica, che è al centro del sistema di democrazia rappresentativa e
della forma di governo parlamentare prefigurati dalla Costituzione, e la volontà dei cittadini espressa attraverso il voto, che costituisce il principale strumento di manifestazione della sovranità popolare, secondo l’art. 1, secondo comma, Cost.
2‐ previsione di una lista bloccata estesa a tutta la possibile rappresentanza parlamentare che nega all’elettore ogni scelta sui candidati. Riporto le parole della Corte:
In questo quadro, le disposizioni censurate, nello stabilire che il voto espresso dall’elettore, destinato a determinare per intero la composizione della Camera e del Senato, è un voto per la scelta della lista [...] una simile disciplina priva l’elettore di ogni margine di scelta dei propri rappresentanti, scelta che è totalmente rimessa ai partiti [...] Le condizioni stabilite dalle norme censurate sono [...] tali da alterare per l’intero complesso dei parlamentari il rapporto di rappresentanza fra elettori ed eletti. Anzi, impedendo che esso si costituisca correttamente e direttamente, coartano la libertà di scelta degli elettori nell’elezione dei propri rappresentanti in Parlamento, che costituisce una delle principali espressioni della sovranità popolare, e pertanto contraddicono il principio democratico, incidendo sulla stessa libertà del voto di cui all’art. 48 Cost.
Alla luce di quanto espresso dalla Corte si può comprendere come anche L'Italicum presenti dei probabili profili di incostituzionalità basati su analoghi motivi di quelli riconosciuti per il Porcellum. La Corte Costituzionale da prima aveva fissato al 4 ottobre 2016 la trattazione del giudizio di legittimità dell’Italicum ma il 19 settembre l’ha rimandato a data da destinarsi. Ignote sono le motivazioni ma è chiaro che la decisione è stata presa per evitare condizionamenti sul referendum popolare del 4 dicembre. Anche da un punto di vista tecnico, qualora il referendum non confermasse la riforma, lo scenario più probabile sarebbe quello di una veloce revisione della legge elettorale al fine di eliminare l’Italicum per tornare ad una normativa omogenea applicabile sia al Senato che alla Camera. Ciò porterebbe all’inutilità di giudicare una legge che di lì a poco sarebbe necessariamente modificata.
Mario Maccantelli omniavis.it