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DOCUMENTO DELLA CONFERENZA DEI PRESIDENTI DELLE REGIONI E DELLE PROVINCE AUTONOME DDL DI MODIFICA DELLA PARTE IIª DELLA COSTITUZIONE

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DOCUMENTO DELLA CONFERENZA DEI PRESIDENTI DELLE REGIONI E DELLE PROVINCE AUTONOME

DDL DI MODIFICA DELLA PARTE IIª DELLA COSTITUZIONE

AUDIZIONE COMMISSIONE Iª SENATO DELLA REPUBBLICA 25 novembre 2004

I Presidenti delle Regioni e delle Province autonome hanno più volte manifestato viva preoccupazione in ordine ad un testo di riforma della Costituzione che presenta rilevanti rischi di conflitti e confusione istituzionale.

Già nel corso del procedimento legislativo presso la Camera dei Deputati, le Regioni e le Province autonome avevano riscontrato che, nonostante l’apertura al dialogo dimostrata dal Ministro Calderoli, gli emendamenti presentati dal Governo si muovevano in direzioni ben diverse rispetto alle valutazioni da loro espresse, in vari punti adottando soluzioni non adeguate e non coerenti rispetto al comune obbiettivo di completare un'architettura costituzionale rispettosa dell'unitarietà della Repubblica e, al tempo stesso, autonomista, cooperativa, semplificata ed efficace, in grado di superare incertezze e conflittualità.

In tale contesto fortemente critico, le Regioni, con proprio documento in data 23 settembre 2004, hanno presentato, in uno spirito comunque teso alla più ampia e leale collaborazione, le proprie osservazioni e critiche in merito agli emendamenti governativi, anche suggerendo soluzioni alternative contenute in nuove proposte emendative.

Ad esito dei lavori della Camera, le Regioni devono purtroppo denunciare che tale sforzo di collaborazione non ha prodotto esiti positivi. Rispetto alle osservazioni e alle proposte avanzate dalle Regioni e, più in generale, rispetto alle esigenze sollevate di salvaguardia della essenziale coerenza e funzionalità del sistema, il testo approvato dalla Camera non solo non dà risposte adeguate, ma segna alcuni significativi arretramenti che acuiscono gli elementi negativi della riforma.

a) composizione ed elezioni del Senato federale

1. Il governo aveva presentato un emendamento al testo approvato dalla Commissione prima della Camera che prevedeva la possibilità, per i Presidenti delle Regioni, e di un rappresentante per ogni Regione eletto dal rispettivo Consiglio delle Autonomie locali, di partecipare, peraltro senza diritto di voto, ai lavori del Senato federale. I Presidenti delle Regioni avevano espresso una valutazione nettamente negativa nei confronti di questa disposizione, volta a

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introdurre una presenza minoritaria e priva di ogni reale partecipazione all'assunzione delle scelte.

Le Regioni pertanto avevano proposto l’eliminazione di ogni rappresentanza di questo tipo delle Regioni e delle autonomie locali.

Nel nuovo testo approvato in via definitiva dalla Camera dei deputati, che non ha accolto la proposta delle Regioni, risulta peraltro ulteriormente depotenziata la partecipazione regionale in quanto, ferma restando l'assenza del diritto di voto, non è più prevista l'automatica partecipazione del presidente della Regione bensì quella di un rappresentante del consiglio regionale (con esclusione del Presidente della Regione).

Permane quindi la critica fondamentale circa il fatto che la rappresentanza delle Regioni resta così, in termini quantitativi e qualitativi, del tutto marginale.

2. Quanto alla possibilità (che le regioni avevano registrato con favore) per gli amministratori regionali e locali di essere eletti a senatori (possibilità introdotta nel testo approvato in Commissione all'art. 4), va rilevato che il testo finale della Camera non ha accolto la proposta delle Regioni di modificare altresì l’art. 122 comma 2 della Costituzione che tuttora prevede una incompatibilità tra l’incarico di componente di Consigli e di Giunte regionali e quella di membro del Parlamento. In effetti, la questione non riguarda la possibilità, per chi ricopra un incarico regionale, di candidarsi e partecipare alle elezioni del Senato, ma quella di esercitare in concreto le funzioni di senatore insieme a quelle di amministratore nella propria Regione, stabilendo una nuova compatibilità di incarichi che consenta di creare un efficace circuito – legittimato elettoralmente – di rappresentanza in Senato di istanze ed esigenze della Regione di appartenenza.

3. Infine, per quanto concerne i rapporti tra Senato, Regioni ed Enti locali, va rilevato che nel testo approvato dalla Camera il coordinamento tra Senato, Regioni ed Enti locali é affidato ad una legge bicamerale che ne deve disciplinare forme e modalità, mentre si rinvia al regolamento del Senato la disciplina dei rapporti di reciproca informazione e collaborazione tra senatori e rappresentanti degli enti territoriali.

Su questo punto le Regioni avevano rilevato come risulti improprio che la Costituzione disciplini puntualmente relazioni e circolazioni di informazioni tra Senato o Senatori, da un lato, Regioni ed Enti locali dall'altro, debordando su versanti che certamente sono più opportunamente da lasciare ad altre fonti ed alla prassi della leale collaborazione.

4. Uno dei primi profili di contrarietà avanzati dalle Regioni sin dalla posizione espressa nel documento del 28 giugno e, più marcatamente, in quello del 23

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settembre 2004, riguardava la disciplina transitoria relativa ai rispettivi tempi di svolgimento delle elezioni regionali e di quelle di Camera e Senato.

Tale disciplina transitoria, non modificata dagli emendamenti del Governo, prevedeva in sostanza un pieno appiattimento delle elezioni del Senato rispetto a quelle della Camera, lasciando aperta - come evidenziato nel richiamato documento del 23 settembre 2004 - "una impropria sovrapposizione tra logiche del circuito politico-istituzionale nazionale e quelle del circuito delle autonomie, sovrapposizione idonea a determinare confusione tra gli elettori, un naturale inevitabile effetto di trascinamento degli orientamenti nazionali rispetto agli stessi interessi territoriali e, in definitiva, a stemperare nella competizione nazionale l'autonomo rilievo della consultazione elettorale regionale, finendo per negare la sostanziale autonomia della rappresentanza degli organi regionali".

In merito a tale disciplina il Governo non presentò alcuna proposta emendativa; la presentarono, invece, le Regioni, nel documento sopra richiamato. L'obiettivo dell’emendamento delle Regioni, che chiedeva di abbreviare la durata della prima legislatura del nuovo Senato federale a quattro anni, era non solo quello di allineare le elezioni del Senato a quelle regionali, ma anche di determinare due tornate elettorali ben distinte tra le elezioni della Camera (e del Primo ministro), da un lato, e quelle regionali e del Senato federale, dall’altro: e ciò, proprio allo scopo di evitare gli effetti sopra indicati.

La formulazione finale della norma transitoria approvata dalla Camera (art. 53, comma 4) ha in effetti evitato una delle conseguenze indesiderate del testo precedente, per effetto del quale i consigli regionali entrati in carica con le elezioni del 2010 sarebbero stati sciolti nell’anno successivo, per garantire la contestualità con le seconde elezioni del Senato. Ora, infatti, il testo prevede che la legislatura dei consigli regionali in carica trascorsi trenta mesi dalla data di indizione delle prime elezioni del Senato federale duri sino allo svolgimento delle seconde elezioni del Senato (cioè fino al 2011): per effetto di questa disposizione, i 14 consigli regionali che saranno rinnovati nel 2005 avranno prorogata di un anno la propria legislatura.

Non è invece stata evitata la contestualità delle elezioni regionali e di quelle politiche nazionali, che era, certamente, una delle finalità principali sottese all’emendamento regionale.

b) formazione delle leggi

Le Regioni hanno più volte espresso nei loro documenti una viva contrarietà ad un sistema di formazione delle leggi che si basa su una complessa tripartizione di fonti (leggi a prevalenza della Camera; leggi a prevalenza del Senato; leggi bicamerali), collegata ad una complessa tripartizione di competenze (esclusive

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dello Stato; concorrenti; aspetti fondamentali di attuazione della Costituzione), destinata a complicarsi ulteriormente per effetto dell'inserimento della

"devoluzione".

Si tratta di un sistema macchinoso e intricato, destinato inevitabilmente a sommare alla conflittualità esistente tra Stato e Regioni, una inedita conflittualità tra gli stessi rami del Parlamento per la cui soluzione la norma rinvia a due distinte commissioni (mista e paritetica) con un ulteriore ed insostenibile complicazione.

Proprio per questo motivo le Regioni avevano conclusivamente richiesto una integrale riformulazione del testo dell’art. 13 del d.d.l. di riforma della Costituzione (riferito all’attuale art. 70 cost.) in modo tale da ricondurre il sistema a due sole tipologie di leggi e di procedimenti e, comunque, da evitare sovrapposizioni, complicazioni, confusioni, conflittualità.

Gli emendamenti proposti dalle regioni tuttavia non risultano essere stati accolti.

Permane infatti nel nuovo testo sia la tripartizione delle tipologie di leggi, sia la compresenza della commissione mista (cui è affidato il compito di redigere un testo unificato nel caso in cui le due Camere non riescano a pervenire ad un unico testo di legge bicamerale) e della commissione paritetica (chiamata invece a dirimere i conflitti di competenza tra i due rami del parlamento).

Le critiche al sistema di formazione delle leggi si accentuano poi in relazione all’assoluta indifferenza del Governo alle osservazioni delle Regioni in tema di assetto delle competenze legislative: il riconoscimento in ordine ad una stessa materia di competenze legislative ripartite in maniera confusa tra i diversi livelli di governo aggrava infatti ancor di più le reali possibilità di funzionamento del nuovo procedimento legislativo (v. il paragrafo seguente e la tabella allegata in coda al presente documento).

c) competenze legislative e devoluzione

Uno dei punti cruciali infatti è sempre stato rappresentato dal tema dell’assetto delle competenze, in relazione al quale le Regioni, valutando i possibili effetti dell'emendamento governativo all'art. 117, espressero numerose obiezioni e critiche ampiamente illustrate nel documento del 23 settembre: il testo della Camera accogliendo integralmente gli emendamenti del Governo non ha tenuto in alcun conto le preoccupazioni espresse dalle Regioni, preoccupazioni che, per la loro importanza, vengono nel seguito ancora richiamate.

In primo luogo si prevede la riserva di competenza esclusiva statale in ordine alle

"norme generali" in due importanti materie (istruzione e tutela della salute), rendendo così arduo distinguere i contenuti dell'intervento statale rispetto ai

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contenuti dei "principi fondamentali" previsti nelle materie concorrenti. In altri casi, alla potestà legislativa regionale concorrente, viene sovrapposta una potestà legislativa statale esclusiva: così viene attribuita in via esclusiva allo Stato la competenza a disciplinare la “promozione internazionale del sistema economico e produttivo nazionale”, cui si affianca una competenza legislativa concorrente Stato-Regioni in materia di commercio con l’estero (in ordine al quale spetta ancora allo Stato porre i principi fondamentali).

Dall'altro lato si fa ampio ricorso a criteri di dimensione per delimitare le materie, criteri che, in molti ambiti, sono del tutto opinabili e soggettivi: è certamente arduo delimitare i confini della "produzione trasporto e distribuzione nazionali dell'energia" (art. 117 co. 2° lett. z) o della "comunicazione di interesse regionale"

(art. 117 co. 3° lett. d), degli "istituti di credito a carattere regionale" (art. 117 co.

3 lett. f), e dell’ordinamento sportivo ora distinto tra “nazionale” e “regionale”.

Definizioni di questo tipo sono inevitabilmente destinate a produrre interminabili discussioni, incertezza e nuove conflittualità.

Sulla devoluzione, le Regioni condividono tutte la preoccupazione di evitare ogni confusione o ambiguità sul riparto di competenze. In questo senso, non è condivisibile la riserva allo Stato in materia di "norme generali sulla tutela della salute" (art.117, comma 2, lett. m bis) del testo approvato in Commissione), affiancata dall'attribuzione in via esclusiva alle Regioni della competenza in materia di "assistenza e organizzazione sanitaria" (art.117, comma 4, lett. a). La prima materia, in effetti, secondo le correnti definizioni, accettate comunemente anche dalle organizzazioni internazionali, è comprensiva della seconda; rendendo inestricabile la soluzione dei casi concreti e, dunque, non più soltanto il riconoscimento della competenza, nel caso concreto, allo Stato o alle Regioni, ma anche la ripartizione stessa tra Camera e Senato "federale".

Dal testo approvato dalla Camera emergono inoltre accentuate le difficoltà derivanti dalla frantumazione artificiosa delle materie che rende assolutamente ardua la definizione dei confini delle competenze.

Così, ad esempio, non solo "l'ordinamento delle professioni intellettuali" è stato incluso tra le materie di esclusiva competenza statale, ma permane, sempre in materia di "professioni" la competenza concorrente delle Regioni (non essendo stato modificato su questo punto il terzo comma dell'art. 117).

In materia di tutela della salute, alle critiche già evidenziate si aggiunge ora l'inclusione, nella lettera m bis) della materia "sicurezza e qualità alimentari" che, inoltre, coesiste con la competenza concorrente regionale in materia di

"alimentazione".

Ancor più eclatante è il caso della "istruzione": tale materia si trova ora infatti ad essere addirittura tripartita in quanto:

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- permane la competenza esclusiva statale in materia "norme generali sull'istruzione" (lett. n);

- permane altresì la competenza concorrente regionale in materia di "istruzione, salva l'autonomia delle istituzioni scolastiche";

- l'articolo 117 co. 4 lettere b) e c) introduce due nuovi casi di competenza esclusiva regionale: "organizzazione scolastica ……" e "definizione dei programmi scolastici di interesse della regione”.

E' fin troppo evidente che un sistema così intricato di riparto delle competenze non può che essere foriero di ulteriori, difficilmente risolubili, conflitti.

Le sovrapposizioni tra materie (esclusive statali, concorrenti, esclusive regionali) e le incerte delimitazioni legate alla dimensione (nazionale o regionale) degli interessi sono evidenziate nella tabella allegata al presente documento.

Tra le materie oggetto di ricentralizzazione, poi, desta particolare preoccupazione la materia dell’ordinamento generale degli enti di autonomia funzionale (il nuovo art.118, comma 6, apre infatti, come già lamentato dalle Regioni nel documento del 23 settembre, ampi spazi ad una disciplina destinata ad incidere in una indefinita serie di materie regionali).

d) poteri sostitutivi dello Stato

Il testo approvato dalla Camera in relazione all'art. 120 Cost., ha accolto l’emendamento governativo (che le Regioni proponevano di sopprimere) ed ha confermato la previsione circa la possibilità, per lo Stato, di adottare provvedimenti di natura sostitutiva in qualunque materia di competenza regionale ogni volta in cui ritenga che esistano esigenza di tutela dell'unità giuridica od economica.

La norma apre un indefinito spazio di compressione della potestà legislativa regionale anche al di là di quanto previsto dalla Costituzione del 1948 e dà luogo ad un ulteriore piano di incertezze.

e) interesse nazionale

Le Regioni confermano le preoccupazioni espresse nei precedenti pareri, in relazione al tema dell'interesse nazionale, che avrebbe richiesto uno stretto collegamento ai principi della solidarietà e della sussidiarietà: le Regioni avevano richiesto di sopprimere ogni intervento di censura successiva su leggi regionali e limitarsi a prevedere leggi (approvate da entrambe le Camere a maggioranza assoluta) di coordinamento ed armonizzazione tra legislazione statale e regionale, quali strumenti di unificazione del sistema.

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Il mancato accoglimento delle richieste regionali1 comporta la conferma anche delle obiezioni relative al fatto che la decisione finale di annullamento della legge sia demandata al Presidente della Repubblica, sia perché il testo non lascia a tale organo un reale spazio di decisione, sia perché in ogni caso l’attribuzione al Presidente della Repubblica di una scelta di opportunità e dunque politica si presenta inopportuna e contrasta con la natura di organo neutrale di garanzia del Presidente stesso; dal meccanismo di annullamento avrebbero inoltre dovuto essere espressamente escluse le Regioni a Statuto speciale e le Province autonome di Trento e Bolzano in quanto la tutela dell’interesse nazionale avviene secondo quanto previsto dai rispettivi Statuti e dalle relative norme di attuazione.

f) Regioni a statuto speciale e Province autonome

Nel documento del 23 settembre le Regioni ad autonomia speciale e le Province autonome avevano chiesto una sostanziale modifica del testo di riforma costituzionale, con particolare riferimento alle procedure d'approvazione degli statuti delle Regioni speciali e delle Province autonome ed alla clausola con cui si prevedeva la diretta applicazione di parti della riforma costituzionale nei confronti delle medesime Autonomie speciali incidendo direttamente su istituti significativi degli statuti speciali in vigore.

Il testo approvato in sede di prima deliberazione dalla Camera dei Deputati il 15 ottobre 2004, recepisce parte delle richieste avanzate dalle Autonomie speciali;

tuttavia l'articolo 53 limita la salvaguardia delle competenze regionali alle condizioni di autonomia già attribuite alle autonomie differenziate solo con riferimento alle modifiche al Titolo V della Costituzione, mantenendo invece l’espressa applicazione ad esse di tutte le altre disposizioni. Ciò comporta, in particolare, una determinante incidenza delle disposizioni attuative del principio di contestualità di cui all'articolo 3 del disegno di legge (articolo 57 Costituzione) sulle disposizioni statutarie in materia di durata degli organi elettivi.

L'applicazione del disposto di cui all'articolo 53, comma 4, del disegno di legge, ed in particolare delle lettere c) e d), determina, o può determinare, lo scioglimento anticipato dei Consigli la cui durata della legislatura non rientri nella

1Emendamento all'articolo 34

Dopo il comma quarto dell'art. 117 della Costituzione, è inserito il seguente:

”A tutela dell'interesse nazionale e dell'unitarietà giuridica o economica della repubblica, nel rispetto dei principi di sussidiarietà e di leale collaborazione, leggi approvate dalle due camere, a maggioranza assoluta dei componenti, stabiliscono i principi generali che garantiscono il coordinamento e l'armonizzazione tra la legislazione regionale e quella statale nelle materie di competenza residuale delle Regioni".

Disposizione transitoria:

" Fino all'entrata in vigore delle leggi di armonizzazione di cui al comma quinto dell'art. 117, la legislazione regionale nelle materie di cui al quarto comma,precedentemente incluse nelle competenze concorrenti, opera nell'ambito dei principi fondamentali stabiliti dalle leggi dello Stato".

Emendamento all’articolo 39

Sostituire l’articolo 127 della Costituzione con il seguente:

“Il Parlamento con la procedura bicamerale di cui all’art. 70, II comma approva leggi contenenti principi fondamentali anche nelle materie di cui al 4°

comma dell’art. 117 della Costituzione nei casi in cui sussistono straordinarie ragioni di tutela dell’interesse nazionale e dell’unità giuridica ed economica della nazione nel rispetto del principio di leale collaborazione.

Sopprimere di conseguenza l’emendamento del Governo all’articolo 120 della costituzione “anche con leggi”

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disciplina di proroga prevista dalla lettera c) che dipende dalla data di indizione delle prime elezioni del Senato federale della Repubblica di cui alla lettera a).

Le Regioni a Statuto speciale e le Province autonome di Trento e di Bolzano chiedono quindi che la clausola di salvaguardia di cui sopra sia estesa a tutto il disegno di legge costituzionale, ribadendo le richieste già formulate in sede di dibattito parlamentare con riferimento alla necessità di prevedere specifiche forme, modalità o procedure di coordinamento tra il sistema di elezione del Senato Federale della Repubblica e quelle dei Consigli regionali o delle Province autonome nel rispetto degli Statuti speciali.

g) istituzione di nuove Regioni

Le Regioni ribadiscono la netta contrarietà - già espressa nei precedenti pareri - al meccanismo (ora disciplinato dall’art. 53 comma 13) che, derogando alle procedure di garanzia stabilite dal primo comma dell'art. 132 della Costituzione, apre la prospettiva di una frantumazione delle Regioni esistenti, escludendo da ogni consultazione le popolazioni dei territori non soggetti a distacco, considerate non interessate persino nei casi in cui il distacco stesso riguardi parti assai rilevanti nella essenziale configurazione territoriale della Regione.

h) attuazione dell'art. 119 Cost.

I Presidenti delle Regioni ribadiscono la necessità di una rapida attuazione dei meccanismi di federalismo fiscale e di perequazione previsti dall'art.119 della Costituzione e non condividono la possibilità di inserire regimi finanziari transitori. In tal senso le Regioni si erano già espresse contrariamente alla possibilità di prevedere disposizione transitorie che (come suggerito nell’emendamento governativo ora recepito nel testo definitivo dell’art. 57) sostanzialmente rinviavano l’attuazione dell’art. 119; la Camera non ha tenuto conto di tale richiesta ed ha accolto l'emendamento governativo limitandosi a ridurre da cinque a tre anni il periodo transitorio. Tale ultima modifica tuttavia appare di portata assai modesta, considerato anche lo slittamento dei tempi di approvazione della riforma, che comunque non potrà entrare in vigore prima della fine del 2006.

La nuova formulazione dell’art. 57 Cost., inoltre, accogliendo l’emendamento governativo, introduce un anomalo precetto in base al quale "in nessun caso l'attribuzione dell'autonomia impositiva alle regioni alle province, alle città metropolitane e ai comuni può determinare un incremento della pressione fiscale complessiva", affermazione o del tutto inapplicabile o destinata a centralizzare su scelte unilaterali dello Stato gli spazi di manovra fiscale di tutti i soggetti dell'ordinamento in una sorta di sistema a pressione fiscale calante all'infinito.

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i) accesso diretto alla Corte Costituzionale per gli enti locali

Le Regioni avevano già espresso perplessità2 circa il rischio di un aumento eccessivo della conflittualità, determinato dalla indiscriminata estensione a tutti gli enti locali della facoltà di proporre direttamente ricorso alla Corte Costituzionale.

L’esame del testo finale del nuovo art. 127 bis della Costituzione dimostra come la Camera non abbia tenuto conto delle perplessità espresse dalle Regioni, limitandosi a rinviare la soluzione dei problemi all’approvazione di una futura legge costituzionale.

Infatti, l’articolo rimette ora ad una legge costituzionale la definizione esatta di condizioni, forme e limiti di proponibilità della questione di costituzionalità.

l) Il riconoscimento in Costituzione della Conferenza

Le Regioni avevano già da tempo contestato il sistema di separazione delle conferenze che prefigura canali separati di confronto e raccordo tra Stato e Regioni da un lato e Stato ed Enti Locali dall’altro. L’esperienza applicativa ha dimostrato come l’esistenza di sedi diverse di raccordo interistituzionale abbia indebolito lo stesso ruolo regionale di impulso e coordinamento del sistema locale. Il testo approvato dalla Camera, pur divergendo da quello contenuto nell’emendamento governativo, non solo non corrisponde alle richieste avanzate, ma appare per molti versi peggiorativo rispetto al testo originario.

Le Regioni avevano manifestato la necessità di pervenire ad un superamento dell’attuale sistema tripartito delle conferenze, proponendo, in un loro emendamento3, il riconoscimento di un’unica conferenza federale integrata anche da rappresentanti degli enti locali, per le questioni di loro interesse.

La versione finale del nuovo art. 118, mentre costituzionalizza la conferenza Stato- Regioni, al contempo dilata a dismisura la possibilità di istituire altre e separate sedi di concertazione prevedendo che la legge bicamerale possa istituire ulteriori conferenze tra lo Stato e gli altri enti di cui all’art. 114 della Costituzione. Tale

2

In sintesi, in relazione all'accesso diretto alla Corte Costituzionale per gli enti locali le Regioni proponevanoo:

a) sopprimere l' art. 39 bis(128) degli emendamenti;

b) in via alternativa, introdurre in Costituzione un sistema basato sulle Conferenze e sui consigli delle autonomie, secondo una logica ispirata alla legge 131 del 20032[8].

3[9] Emendamento all’articolo 35 che introduce al comma 3 dell’articolo 118 una ipotesi relativa alle Conferenze:

"Con legge approvata dalle due camere è istituita la Conferenza per i rapporti tra Stato e Regioni, composta da rappresentanti del Governo, dai Presidenti delle Regioni e delle province autonome e, per le questioni che coinvolgono le competenze amministrative locali, da Sindaci e Presidenti di Provincia."

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norma sembra preludere ad un successivo riconoscimento della conferenza Stato- Città così legittimando il perpetuarsi di un modello di frantumazione delle relazioni tra i diversi livelli istituzionali in contrasto con la richiesta delle Regioni di evitare la proliferazione di canali politici separati.

m) Città metropolitane

In relazione al procedimento istitutivo delle Città metropolitane, disciplinato dal nuovo art. 133 Cost., le Regioni trovano criticabile la previsione che riconosce loro un ruolo meramente consultivo e del tutto marginale (non essendo riconosciuto alcun valore sostanziale e decisionale al parere delle Regioni, così come quello delle Province). Infatti, la Regione costituisce il naturale punto di riferimento nel processo di aggregazione a livello metropolitano con il compito di dialogare con gli attori interessati. Anche l’ampia potestà legislativa che le Regioni saranno chiamate ad esercitare per regolare le funzioni che verranno attribuite a tali nuovi enti suggerisce l’esigenza di riconoscere loro un ruolo ben più incisivo nella loro delimitazione territoriale.

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ALLEGATO

Art. 117

SOVRAPPOSIZIONE DI MATERIE

Materie di competenza esclusiva statale1

Materie di legislazione concorrente2

Materie di competenza esclusiva regionale3 a)… promozione

internazionale del sistema economico e produttivo;

2) commercio con l’estero;

h) ordine pubblico e sicurezza…

d) polizia amministrativa regionale e locale;

m- bis) norme generali sulla tutela della salute…

a) assistenza e

organizzazione sanitaria;

m- bis)…sicurezza e qualità alimentari;

7) alimentazione

n) norme generali sull’istruzione;

4) istruzione, salva l’autonomia delle

istituzioni scolastiche e con esclusione della istruzione e della formazione

professionale;

b) organizzazione

scolastica, gestione degli istituti scolastici e di formazione, salva l’autonomia delle istituzioni scolastiche;

c) definizione della parte dei programmi scolastici e formativi di interesse specifico della regione;

v) ordinamento delle professioni intellettuali;

5) professioni;

1 Materie nelle quali, in base all’art. 70 Cost. come modificato dal disegno di legge di revisione costituzionale, si applica il procedimento legislativo a prevalenza della Camera.

2 Materie nella quali, in base all’art. 70 Cost. come modificato dal disegno di legge di revisione costituzionale, si applica il procedimento legislativo a prevalenza del Senato.

3 Materie in cui lo Stato, con legge della Camera, interviene per i profili “trasversali” (es. livelli essenziali delle prestazioni, ambiente, concorrenza…).

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INCERTA DIMENSIONE DELL’INTERESSE

Materie di competenza esclusiva statale

Materie di legislazione concorrente t) grandi reti strategiche di trasporto e di

navigazione di interesse nazionale…

12) reti di trasporto e di navigazione;

u) ordinamento della comunicazione; 13) comunicazione di interesse regionale, ivi compresa l’emittenza in ambito regionale, la promozione in ambito regionale dello sviluppo delle comunicazioni elettroniche;

v)…ordinamento sportivo nazionale; 8) ordinamento sportivo regionale;

z) produzione strategica, trasporto e distribuzione nazionali dell’energia;

14) produzione, trasporto e distribuzione dell’energia;

Roma, 25 novembre 2004

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