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Sistemi per radio e telecomunicazioni

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Academic year: 2021

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APPENDICE

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A.1 I sistemi di telecomunicazione

A.1.1 Le onde elettromagnetiche

Le onde elettromagnetiche, definite come perturbazioni elettriche dello spazio, sono costituite da una particolare forma di energia oscillante che si diffonde nello spazio per irradiazione. Tale perturbazione è composta da due campi: campo elettrico e campo magnetico. Questi si propagano nello spazio l’ uno perpendicolare all’ altro e alla velocità della luce (circa 300000 Km/s). Un’ onda elettromagnetica è definita da una direzione di propagazione, dalla polarizzazione (orizzontale o verticale) e dall’ intensità di campo. Un’ onda viene rappresentata graficamente mediante una sinusoide il cui andamento è caratterizzato dai seguenti parametri: la lunghezza d’ onda e l’ ampiezza (fig. 1).

Figura 1 - Rappresentazione grafica dell’onda di ampiezza A e lunghezza d’onda λ.

La lunghezza d’onda ( λ ) è definita come la distanza in metri fra due valori di cresta successivi. L’ampiezza ( A ) è la distanza fra il massimo valore di cresta e l’asse orizzontale misurata ortogonalmente a quest’ultimo. Se nel grafico si sostituisce all’asse dello spazio quello del tempo in secondi, la lunghezza d’onda è definita come lunghezza in metri di un intero periodo. Questo risulta essere il tempo espresso in secondi in cui si compie un intero ciclo, cioè la sinusoide passa da un certo valore iniziale ad un punto successivo avente il medesimo valore di ampiezza (fig. 2).

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T

tempo

ampi

ezza

T

Figura 2 – Rappresentazione grafica dell’onda avente periodo T.

Il periodo viene indicato con la lettera T ed è espresso in secondi. Il numero di periodi che si ripete nell’unità di tempo (nel nostro caso 1 secondo) prende il nome di frequenza; questa si misura in Hertz ( Hz ). Tra periodo e frequenza è quindi valida la relazione:

f 1

T :=

Dalla nota formula s:= v t⋅

che lega spazio, velocità e tempo nel moto rettilineo uniforme, si ricava che λ 3000000000

f :=

Questa formula permette di ricavare la lunghezza d’onda corrispondente a qualsiasi frequenza nota e viceversa. Nella tabella 1 è riportato il valore della frequenza corrispondente ad una certa lunghezza d’onda per le otto gamme di frequenze radio. Queste non costituiscono l’intero spettro delle onde elettromagnetiche: al di sotto delle VLF vi sono infatti le frequenze acustiche e gli ultrasuoni mentre al di sopra delle EHF si estendono i raggi infrarossi, le onde luminose, i raggi ultravioletti ed infine i raggi X.

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Tabella 1

Denominazione Sigla Frequenza Lunghezza d’onda

Onde lunghissime VLF 3kHz-30kHz 100 Km-10 Km

Onde lunghe LF 30kHz-300kHz 10 Km-1 Km

Onde medie e medio corte MF 300kHz-3000kHz 1000 m-100 m

Onde corte HF 3MHz-30MHz 100 m-10 m

Onde cortissime (metriche) VHF 30Mhz-300MHz 10 m-1 m

Onde ultracorte (decimetriche) UHF 300MHz-3000MHz 10 dm-1 dm

Onde supercorte (centimetriche) SHF 3GHz-30GHz 10 cm-1 cm

Onde extracorte (millimetriche) EHF 30GHz-300GHz 10 mm-1 mm

A.1.2 Come si generano le onde elettromagnetiche

Le onde elettromagnetiche sono generate in natura da fulmini, dalla attività del sole e delle stelle ed in genere da tutto ciò che produce scariche elettriche fra due potenziali differenti. Artificialmente, ciò che ci interessa, un’onda elettromagnetica è generata da un “circuito oscillante”. Questo è costituito da una induttanza (bobina) e una capacità (condensatore) in cui si originano tensioni oscillanti alternativamente da un valore massimo fino a zero e poi a un minimo negativo con andamento sinusoidale. A causa delle perdite inevitabili, l’ampiezza del segnale dopo il primo impulso andrebbe via via diminuendo fino ad annullarsi. Viene inserito nel circuito un componente attivo – valvola termoionica o transistor – che ha il compito di generare una auto-oscillazione per mantenere costante l’ampiezza delle oscillazioni. La moderna tecnica delle radio trasmissioni necessita di onde radio non solo di ampiezza costante ma aventi frequenze ben determinate e stabili. Ciò si ottiene oggi con circuiti oscillanti a semiconduttori la cui stabilità in frequenza è garantita da cristalli di quarzo oppure circuiti da aggancio di fase.

Allo stadio oscillatore seguono poi gli stadi separatori, amplificatori, pilota e finale di potenza: questi, amplificano il segnale RF generato moltiplicandone l’ampiezza senza però alternare la frequenza che deve risultare rigorosamente stabile sul valore generato o, incerti casi, su un multiplo ben definito detto “armonica”.

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A.1.3 Irradiazione delle onde elettromagnetiche

All’uscita dell’amplificatore finale di potenza RF c’è un conduttore chiamato “antenna”, percorrendo il quale, la radiofrequenza si irradia nello spazio circostante. In altre parole abbandona l’antenna e, sotto forma di onde elettromagnetiche, il segnale si diffonde nello spazio alla velocità di 300000 km/secondo. L’antenna, anche se costituita nella maniera più semplice da un solo conduttore, può essere considerata come un circuito oscillante risonante sulla frequenza di emissione. Come un qualsiasi circuito possiede una capacità e una induttanza. Nel tipo più semplice di antenna, formato da un circuito conduttore rettilineo, i valori di capacità e di induttanza dipendono esclusivamente dalla sua lunghezza e aumentano con essa. E’ possibile quindi dimensionare l’antenna tagliandola nelle dimensioni della lunghezza d’onda del segnale che si vuole irradiare. Si è trovato sperimentalmente che, quando la dimensione è pari a metà della lunghezza d’onda del segnale, l’irradiazione è massima: la corrente oscillante che la attraversa sfugge più facilmente da essa trasformandosi in onde elettromagnetiche che si diffondono nello spazio. Il meccanismo di irradiazione si può spiegare nel modo che segue. Si consideri un dipolo a mezz’onda alimentato al centro. L’andamento della tensione e della corrente è rappresentato dalle linee sinusoidali rispettivamente tratteggiate e continue (fig. 3).

Figura 3 – Andamento della tensione (linea tratteggiata) e della corrente (linea continua)in un dipolo a mezz’onda alimentato al centro.

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La tensione generata dal trasmettitore, dopo un semiperiodo, diventa zero e quindi tende a zero anche il campo elettrico da essa generato. Di conseguenza, le linee di forza elettrostatiche tendono ad assieparsi intorno all’antenna ma, poiché fra loro si respingono, alcune si allontanano formando anse chiuse che si irradiano nello spazio circostante. L’irradiazione crea intorno al sistema irradiante un campo elettromagnetico che si allontana dal punto di irradiazione, propagandosi nello spazio alla velocità della luce e non cessa al cessare della causa che lo ha generato. Anch’esso subisce attenuazione con la distanza ma, pur debole, è ancora presente a grandi distanze dal generatore ed è utilizzabile, se convenientemente amplificato, per captare il messaggio. Insieme a queste, e perpendicolarmente, vengono emesse dall’antenna le linee di forza elettromagnetiche; non esiste infatti onda elettromagnetica che non presenti contemporaneamente sia campo elettrico che campo magnetico. Le onde elettromagnetiche si possono quindi considerare come la trasformazione a cui è sottoposta l’energia contenuta nelle correnti oscillanti generate dal trasmettitore per poterla diffondere nello spazio.

A.1.4 Propagazione delle onde elettromagnetiche

Le onde elettromagnetiche che lasciano l’antenna, si diffondono nello spazio circostante secondo direttrici diverse. Vi è un’onda terrestre (detta anche onda di superficie) che segue la curvatura della terra ed è condizionata dalla natura della superficie. Essa subisce un’attenuazione che è direttamente proporzionale alla frequenza. Questo tipo di propagazione interessa i collegamenti a breve distanza su onde medie e lunghe (fig. 4).

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Figura 4 – Le diverse direttrici di propagazione delle onde.

L’onda di superficie può non essere diretta, come quando viene riflessa dalla superficie terrestre specialmente se liquida (mari, laghi). In tal caso si ha un’onda di superficie riflessa, alquanto comune nella gamma delle onde medie e corte, specialmente quando l’emissione avviene da antenne situate in postazioni piuttosto elevate. La seconda direttrice è quella dell’onda diretta (o troposferica) la quale congiunge in linea retta l’antenna trasmittente con quella ricevente. La sua portata è quindi a giro d’orizzonte ed è limitata dalla portata ottica. A causa della rifrazione dell’aria in alcuni casi le onde elettromagnetiche (specialmente nella gamma VHF) si incurvano leggermente e riescono così a superare la distanza ottica reale. Si parla in tal caso di orizzonte apparente. L’onda diretta influenza i collegamenti su onde medie e corte e può subire il fenomeno della riflessione ad opera di ostacoli (per esempio il fianco di una montagna) e rendere così possibile la ricezione in una determinata zona. La distanza di propagazione dell’onda diretta, cioè la portata ottica, dipende direttamente dall’altezza trasmittente dal suolo secondo l’espressione:

p := 3.5 H⋅

in cui p è la portata ottica e H è l’altezza trasmittente al suolo.

Le onde elettromagnetiche che si propagano verso l’alto incontrano, fra i 100 e i 200 km, lo strato dell’atmosfera detto ionosfera. Questo strato ha bassa densità gassosa ed è composto da particelle fortemente ionizzate e variamente

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stratificate: la ionosfera si comporta come uno specchio riflettente per le onde radio. La sua composizione varia nell’arco della giornata e da una stagione all’altra per cui la propagazione a mezzo di onde ionosferiche è possibile solo in determinati periodi. La riflessione ionosferica, che dipende dall’angolo di incidenza dell’onda elettromagnetica e dalla sua frequenza, permette la propagazione a distanze notevoli anche perché il fenomeno può ripetersi molte volte, come rappresentato in fig. 3. Poiché l’onda diretta non supera la portata ottica e l’onda ionosferica, oltre un certo angolo di incidenza, non può venir riflessa dalla ionosfera e si perde nello spazio, può determinarsi una zona che il trasmettitore non riesce a coprire. Questa è compresa fra il massimo punto raggiunto dall’onda diretta e il minimo toccato dall’onda riflessa. E’ detta zona di silenzio e dipende dall’altezza a cui è posta l’antenna trasmittente.

A.1.5 Captazione delle onde elettromagnetiche

Se un’antenna è immersa in un campo elettromagnetico si originano lungo la sua superficie delle correnti oscillanti aventi lo stesso andamento delle onde elettromagnetiche che le hanno generate e contenenti, quindi, le stesse informazioni. Si verifica cioè il fenomeno opposto a quello dell’irradiazione: un’onda elettromagnetica che raggiunge l’antenna genera una tensione alternativa avente la medesima frequenza e andamento analogo. Affinché questo segnale sia utilizzabile per leggere l’informazione che contiene, occorre che abbia una sufficiente ampiezza la quale dipende principalmente dai seguenti fattori:

- intensità del campo elettromagnetico, che dipende a sua volta dalla distanza e dalla potenza del trasmettitore;

- altezza dal suolo dell’antenna ricevente; - accordo e guadagno dell’antenna ricevente; - rapporto segnale/rumore del ricevitore; - grado di amplificazione RF del ricevitore; - frequenza utilizzata;

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- ora e stagione d’ascolto.

A.2 Caratteristiche specifiche di un’antenna

A.2.1 Dimensioni fisiche

Si è visto che la massima capacità di irradiazione di una antenna si ottiene quando la sua lunghezza è pari alla metà della lunghezza d’onda che deve trasmettere. Ciò significa che le sue dimensioni variano ampiamente a seconda della frequenza di lavoro. Teoricamente, per frequenze di 3 KHz, l’antenna dovrebbe avere una lunghezza di 50 Km per poi ridursi a mezzo millimetro per frequenze di 300 GHz. Perciò sono stati studiati degli accorgimenti per rendere pratico l’utilizzo di antenne anche sulle gamme più basse (onde lunghe, medie e corte) senza ridurne sensibilmente l’efficienza. Il sistema più usato è quello di “caricare l’antenna”, ossia avvolgere una parte del conduttore che la costituisce su una bobina che, pur non intervenendo direttamente nel fenomeno dell’irradiazione, contribuisce efficacemente a sintonizzare l’antenna sulla frequenza di lavoro. Il caricatore o trappola, come si definisce l’avvolgimento,può essere posto alla base dell’antenna oppure lungo il suo conduttore (fig. 5).

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Occorre a questo punto precisare che il calcolo della lunghezza dell’antenna va fatto tenendo presente che la velocità con cui il segnale percorre il materiale di cui solitamente è costituita (rame, bronzo fosforo, acciaio ramato), è diversa dalla velocità nel vuoto dell’onda elettromagnetica ed è precisamente minore. Nell’applicare la formula λ=V/f, si dovrà tener conto di una differenza in meno del 5% circa moltiplicando il risultato per 0,95. L’antenna in sostanza è un conduttore di forma e lunghezza appropriate, avente un preciso valore di induttanza, capacità e resistenza. Questi valori dipendono dalla natura, forma e disposizione degli elementi costituenti l’antenna.

A.2.2 Gamma di frequenza

La frequenza di accordo di un’antenna determina la sua lunghezza, che dipende strettamente da essa. Le costanti distribuite di capacità e impedenza aumentano infatti direttamente con l’aumentare della lunghezza del conduttore, perciò ad ogni frequenza corrisponde una ben precisa lunghezza fisica dell’elemento irradiante. A seconda della gamma di lavoro l’antenna, oltre che nella sua lunghezza, varia anche nelle altre dimensioni, nella forma, nel numero degli elementi parassiti. Inoltre non sempre è fatta per funzionare su una singola e specifica frequenza: spesso un’intera banda di frequenze è interessata alla trasmissione o alla ricezione mediante la stessa antenna. In tal caso la frequenza presa a riferimento è quella di centro banda.

Più la frequenza è elevata e più ha importanza la precisione delle misure, il tipo di materiale impiegato, l’accuratezza nella costruzione. Con l’aumento della frequenza aumenta anche la caratteristica di direzionalità del dipolo, per cui si ottiene una direttrice preferenziale con maggior sensibilità in ricezione e maggior potenza irradiata in trasmissione.

A.2.3 Impedenza.

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amperometro a termocoppia la corrente che scorre nel punto di alimentazione del dipolo. Se si divide il valore della potenza irradiata (P) per il quadrato del valore di corrente letto (I), si ottiene il valore 73. E’ questo il valore dell’impedenza dell’antenna in quel punto. E’ chiamato anche col nome di resistenza di irradiazione in quanto il segnale che viene irradiato nello spazio ha in quel punto la stessa intensità che avrebbe se percorresse una resistenza di 73 Ohm. Se si sposta il collegamento del trasmettitore dal centro del dipolo, l’impedenza varia e aumenta via via che ci si allontana da esso fino a raggiungere valori molto elevati agli estremi del dipolo. Prendendo in esame vari punti dal centro verso l’estremità del dipolo,vediamo che i valori di corrente diminuiscono e aumentano invece quelli di tensione. L’impedenza, che è direttamente proporzionale alla tensione ma inversamente proporzionale alla corrente, sarà minima nel punto centrale e massima agli estremi. La costruzione di un’antenna, dal semplice dipolo alla più complessa e sofisticata, è legata quindi al valore di impedenza che si vuole ottenere.

A.2.4 Potenza.

Tra le caratteristiche di una antenna trasmittente è sempre indicata la massima potenza RF trasmissibile. La potenza è misurata in watt e può variare da poche decine di mW per i radiomicrofoni a centinaia o migliaia di watt per trasmettitori della radio diffusione. I limiti di potenza delle antenne sono funzione del materiale con cui sono costruite, dall’isolamento applicato, dai connettori utilizzati, dagli attacchi. Molto spesso gli isolatori, i supporti e i distanziatori sono realizzati con dielettrici plastici che si deteriorano per il grande calore generato nel conduttore per l’eccessiva potenza erogata.

A.2.5 Guadagno.

Nessuna antenna guadagna in senso assoluto in quanto nessuna antenna può amplificare il segnale. Il concetto di guadagno è connesso a quello di direttività

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energia in una determinata direzione preferenziale rispetto ad un’antenna che irradi la stessa quantità totale di energia ma con eguale intensità in tutte le direzioni (su un angolo solido di 360°). Una tale antenna ideale, che consiste di un punto nello spazio libero, è chiamata antenna isotropica. Se un’antenna ha la prerogativa di irradiare in un’unica direzione, con fascio più o meno ampio, tutta l’energia RF che riceve dal trasmettitore, è evidente che, nello spazio coperto da quel fascio, riverserà più energia elettromagnetica di quella che potrebbe irradiare uniformemente a giro di orizzonte. Risparmiando cioè energia nelle direzioni che non interessano, può irradiare notevolmente di più nell’unica direzione preferenziale. Guadagno di un’antenna è detto il rapporto tra la potenza (o la tensione) irradiata (o captata) da una certa antenna e quella irradiata (o captata) dall’antenna presa di riferimento. Comunemente l’antenna di riferimento non è quella isotropica ma il dipolo elementare, alimentato con la stessa potenza RF e posto nelle identiche condizioni dell’antenna presa in esame. Il guadagno è espresso in decibel (dB). Il bel è l’unità di misura del guadagno (e della attenuazione) ed esprime il logaritmo in base 10 del rapporto fra due grandezze. Nel caso di un’antenna il decibel non esprime il rapporto tra tensione (o potenza) di uscita e di ingresso, bensì, come detto prima, è il rapporto tra la tensione (o la potenza) di una certa antenna e quella dell’antenna di riferimento.

A.2.6 Direttività

Si immagini di misurare con un misuratore di campo l’intensità del segnale irradiato da un’antenna, ad esempio un dipolo a mezz’onda, per tutti i 360° attorno al suo centro. Con spostamenti lungo i raggi equidistanti si fissino su questi i punti di eguale intensità di campo elettromagnetico. Unendo con una linea tutti i punti così segnati, si verrà a formare sul terreno il profilo di due lobi uguali ma tra loro opposti. E’ questo il diagramma di irradiazione; l’asse formato dai due raggi opposti più lunghi indica la direzione di irradiazione del dipolo (fig. 6 ).

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Figura 6 – Diagramma di irradiazione di un dipolo.

Ad eccezione del radiatore isotropico, puramente ideale, il cui diagramma di irradiazione è una sfera, tutte le antenne hanno una direttrice preferenziale. Quando questa direttrice è identificabile con una retta (o una semiretta) passante per il centro dell’elemento radiante si dice che l’antenna è direttiva; se invece la direzionalità riguarda un intero piano, ad esempio il piano orizzontale nel caso di dipolo verticale, allora l’antenna è detta omnidirezionale. Infatti il diagramma di irradiazione orizzontale è, per questo tipo di antenna, perfettamente circolare mentre il diagramma verticale assume la consueta forma di un 8, gia visto nel caso del dipolo orizzontale (fig. 7).

Figura 7 – Diagrammi di irradiazione per un dipolo verticale.

La direttività di un’antenna può essere aumentata affiancando al radiatore altri elementi passivi. La direttività di un’antenna è tanto maggiore quanto più

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stretto è il lobo di irradiazione. In ogni antenna direttiva si riscontra un angolo di apertura, che è l’angolo compreso fra due direzioni in cui la potenza irradiata è la metà di quella massima. L’angolo di apertura può essere orizzontale o verticale ed è preso in considerazione particolarmente quando si vogliono eliminare segnali o disturbi dai lati o dal basso rispetto al lobo di irradiazione. Il diagramma di irradiazione dipende anche dalla distanza dell’antenna dal suolo. Il suolo si comporta, nei riguardi delle onde elettromagnetiche, come uno specchio (per quanto imperfetto): riflettendole fa si che esse si combinino con quelle provenienti dall’antenna e, a seconda della fase, le attenua o le esalta modificando notevolmente il lobo di irradiazione.

Nota: si chiama angolo di apertura del fascio a metà potenza perché è calcolato in corrispondenza di un’attenuazione del segnale di 3 dB; infatti la potenza si raddoppia o dimezza ogni 3 dB (fig. 8).

Figura 8 – Esempio di angolo di apertura per irradiazione orizzontale e verticale.

A.2.7 Rapporto avanti/indietro

Vi sono antenne che, oltre ad avere una direzione preferenziale di irradiazione, hanno anche un verso di irradiazione. Vale a dire che la direttrice di irradiazione non è una retta ma un semiretta che, partendo dal centro del radiatore, si prolunga in un solo senso. Dalla parte opposta la propagazione, e quindi la ricezione, è molto attenuata. Si chiama rapporto avanti/indietro la differenza tra il guadagno anteriore e quello posteriore dell’antenna (espressi in dB). Le antenne direttive a più elementi hanno un guadagno posteriore

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negativo che viene chiamato attenuazione. Il valore di questo rapporto indica perciò in proporzione diretta la capacità direzionale dell’antenna, cioè la proprietà di irradiare la massima potenza in un’unica direzione o di ricevere selettivamente segnali provenienti da una data direzione e attenuare tutti gli altri. Poiché non sempre si verifica la condizione ideale per cui la direzione di propagazione che non interessa o il segnale interferente si trovino esattamente dietro la direzione preferenziale, è utile considerare anche il rapporto avanti/fianco. La definizione relativa al rapporto avanti/indietro si può adattare in modo analogo al rapporto avanti /fianco.

A.2.8 Polarizzazione

Si è visto che il dipolo può essere posto su un piano orizzontale oppure su uno verticale. Si ha polarizzazione orizzontale quando le linee di forza del campo elettrico giacciono su un piano orizzontale; analogamente dicasi per la polarizzazione verticale. La componente elettrica dell’onda elettromagnetica sarà contenuta in un piano orizzontale quando l’elemento che irradia è orizzontale. Vale a dire che a un dipolo orizzontale corrisponde una polarizzazione orizzontale mentre ad un dipolo verticale una polarizzazione verticale. Nel campo delle VHF e UHF è importante adottare per l’antenna ricevente la stessa polarizzazione della trasmittente per evitare una notevole attenuazione del segnale. Polarizzazioni diverse sono infatti scelte proprio allo scopo di evitare interferenze tra canali adiacenti presenti nella stessa zona. Lo stesso tipo di polarizzazione delle antenne riceventi e trasmittenti è importante soltanto se il collegamento riguarda l’onda diretta, perché nel caso di onde riflesse (specialmente le ionosferiche) la polarizzazione può subire rotazioni che rendono inutile l’eguaglianza di polarizzazione. E’ per questo motivo che nelle gamme delle onde medie e corte il problema dell’uniformità di polarizzazione viene completamente trascurato.

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A.2.9 Antenne a paraboloide (parabole)

Vale la pena fare un cenno al funzionamento di questo tipo di antenna (fig. 9).

Figura 9 – Antenna a paraboloide.

L’elemento radiante, che in questo caso prende il nome di illuminatore, è unico e di dimensioni molto piccole rispetto alla superficie del paraboloide ed è posto nel punto focale di questo. Questa sorgente praticamente puntiforme genera onde sferiche che il paraboloide converte in un fronte d’onda piana. Affinché ciò avvenga occorre però che sia scrupolosamente rispettata la particolare forma del riflettore la quale risulta molto critica. Il suo ingombro ne limita l’utilizzo alle frequenze superiori al GHz. Il limite superiore di frequenza (24 GHz) è dovuto alla eccessiva ristrettezza che assume il fascio di onde elettromagnetiche convogliate dal paraboloide, il che ne condiziona l’uso per soli impieghi specifici. In ogni caso è un’antenna molto direttiva con guadagno che raggiunge valori notevoli in diretta relazione al rapporto diametro/lunghezza d’onda. Inoltre al crescere del diametro e della frequenza decresce l’ampiezza del fascio a metà potenza ma aumenta la direttività secondo la seguente formula:

HPBW 0.88 λ

diametro ⋅

:=

La forma e dimensione del riflettore non devono variare nel tempo altrimenti il funzionamento dell’antenna ne risulterebbe compromesso. Per questa ragione,

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per le parabole site a quote dove sono frequenti nevicate e c’è il pericolo di formazione di ghiaccio all’interno del riflettore, tale elemento viene dotato di un sistema di riscaldamento. Questo consiste in un filo di rame disposto a spirale che percorre tutto il riflettore e, grazie al calore che si sviluppa per il passaggio di corrente in esso, evita lo stagnare della neve e la formazione di ghiaccio sul riflettore.

Il segnale si trasmette alla parabola tramite un cavo coassiale.

A.2.10 Linea di trasmissione

Fatta eccezione per i piccoli radiotelefoni portatili, nella maggioranza dei casi l’antenna è collocata ad una distanza non trascurabile dal trasmettitore (o ricevitore) proprio per l’opportunità di installarle il più alto possibile; conseguentemente essa necessita di un collegamento adeguato. Tale collegamento, realizzato con conduttore in rame, viene chiamato linea di trasmissione o discesa d’antenna. Il suo compito consiste nel trasferire all’antenna tutta la radiofrequenza generata dal trasmettitore (oppure far pervenire al ricevitore tutto il segnale captato dall’antenna) con la minore quantità di perdite possibile. Le predite di trasferimento possono essere di due tipi:

- perdite per attenuazione del segnale dovute all’angolo di perdita del dielettrico e alla resistenza del conduttore, quindi intrinseche per costruzione e dipendenti dalla radiofrequenza;

- perdite per disadattamento con conseguente formazione di onde stazionarie, irradiazione della linea, trasformazione dell’energia RF in calore.

Il criterio di scelta di una linea deve quindi puntare allo scopo di realizzare sistemi che consentano di ridurre al minimo queste due cause di perdita di potenza. In pratica sono tre i sistemi di realizzazione di linee di trasmissione: - linea bifilare bilanciata;

- cavo coassiale; - guida d’onda.

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La linea bifilare bilanciata, chiamata comunemente piattina, consiste in due conduttori in trecciola di rame che corrono paralleli fra loro e sono mantenuti equidistanti da un dielettrico (fig. 10).

Figura 10 – Piattina bifilare.

A dispetto delle basse perdite che presenta, questo tipo di linea è poco usato a causa della facilità con cui può alterare la sua impedenza per la vicinanza di oggetti, passaggio attraverso muri, deposito di polvere e residui sulla superficie isolante. Altre caratteristiche negative sono la facilità di irradiazione del segnale e la notevole sensibilità alle interferenze.

Il cavo coassiale è costituito da due conduttori concentrici di cui quello esterno è composto da una calza di rame tenuta a distanza costante dal conduttore interno mediante materiale dielettrico (fig. 11 a,b ).

a) b)

Figura11 a,b – Cavo coassiale. A: guaina di protezione; B: trecciola in rame; C: dielettrico; D: conduttore centrale.

Il dielettrico usato è a bassa perdita. E’ usato generalmente il polietilene sia nella forma compatta che in quella espansa; questo materiale risulta spugnoso e racchiude in se migliaia di microscopiche bollicine d’aria per cui la sua

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costante dielettrica è prossima a quella dell’aria e vale 1,55. Tuttavia è preferibile il polietilene compatto per le sue doti di maggior robustezza e indeformabilità che limita le brutte sorprese specialmente nell’impiego in impianti centralizzati con passaggi sottotraccia entro canalizzazioni di piccolo diametro e curve strette (costante dielettrica 2,25). Altro ottimo dielettrico è il teflon, usato in cavi professionali. Il conduttore interno del cavo coassiale è generalmente formato da trecciola di più fili di rame ma talvolta è invece costituito da un unico conduttore di rame oppure di acciaio ramato (copperweld). Nei cavi professionali il conduttore interno è argentato, il che contribuisce a ridurre la resistenza di conduzione per il noto effetto pelle. E’ così chiamato il fenomeno per cui alle alte frequenze la corrente percorre il conduttore nella zona superficiale, interessando quasi esclusivamente un sottile strato esterno e minimamente gli strati sottostanti.

Anche la calza esterna può essere in rame nudo oppure stagnato o argentato; l’argentatura, oltre ad aumentare la conduttività del rame, comporta l’altro notevole vantaggio di conservare più a lungo nel tempo le proprietà di schermatura e di conduttività del cavo.

Nelle guide d’onda le onde elettromagnetiche si propagano all’interno di un tubo avente sezione uniforme, quadrata, circolare o ellittica, con pareti speculari e quindi elettronicamente riflettenti (fig. 12). Le continue riflessioni fra le pareti opposte determinano l’avanzamento del fronte dell’onda nella direzione dell’asse del tubo (fig. 13). Al suo interno è contenuto un dielettrico che può essere un isolante solido, liquido o gassoso: in molti casi è semplicemente aria. La frequenza critica, al di sotto della quale la propagazione si blocca, dipende dalle dimensioni del tubo e dal tipo di dielettrico interno. Con l’aria come dielettrico e sezioni di dimensioni accettabili, la frequenza critica è dell’ordine delle migliaia di MHz. Nel caso di guide d’onda a sezione quadrata la lunghezza d’onda critica, detta anche frequenza di taglio, è uguale al doppio della larghezza del lato di base.

Le guide d’onda sono costruite in relazione alla lunghezza d’onda dei segnali che devono convogliare ma possono essere utilizzate per più frequenze, purché

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siano superiori alla frequenza di taglio. La guida d’onda si presta per il trasporto delle microonde entro brevi distanze con notevoli vantaggi: assoluta sicurezza, perdite molto limitate, ottima azione schermante contro i disturbi esterni.

Figura 11 – Guida d’onda ellittica con connettori.

Figura 12 – Sezione della guida d’onda: propagazione dell’onda elettromagnetica per riflessione.

A.2.11 I ponti radio.

Il termine ponte radio si utilizza per indicare la connessione in radiofrequenza al fine di trasmettere a distanza dati, fonia, video o altre informazioni opportunamente codificate. I ponti radio (radio links) sfruttano la propagazione delle onde elettromagnetiche nello spazio vuoto o occupato da un mezzo non opaco alle lunghezze d’onda utilizzate (fig. 14).

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La capacità disponibile alla trasmissione dipende dallo spettro radio utilizzato e dalla complessità della modulazione utilizzata. Infatti nello stesso intervallo di frequenze è possibile trasmettere un maggior numero di informazioni se viene utilizzata una codifica di queste più complessa. A maggior complessità però corrisponde minor robustezza del segnale e quindi è necessario aumentare la potenza di trasmissione o incrementare la complessità dell’elettronica utilizzata. I limiti minimi di potenza ricevuta per ogni tipo di modulazione sono determinati solo teoricamente a causa dell’inevitabile “rumore elettronico” nei ricevitori. Se il segnale è digitale ciò aumenta la probabilità di errori nella sequenza di ricezione mentre se il segnale è analogico si ha una vera e propria distorsione della ricezione.

Gli intervalli di frequenze elettromagnetiche utilizzate per i ponti radio commerciali, vanno dai MHz alle decine di GHz e sono appositamente regolati in ogni paese dalle autorità competenti. Al momento non esistono sistemi commerciali per frequenze superiori agli 80 GHz mentre quelle più utilizzate vanno fra i 4 GHz e i 40 GHz.

Le tecniche di trasmissione in ponte radio digitale disponibili oggi permettono la trasmissione con complessità di 128 o 256 simboli differenti (ogni simbolo ha una certa fase e ampiezza dell’onda elettromagnetica impiegata) corrispondenti ad una efficienza di trasmissione teorica di 7/8 bit/secondo per ogni Hertz di spettro elettromagnetico utilizzato. Utilizzando la trasmissione simultanea su polarizzazione orizzontale e verticale si può raggiungere un’efficienza di 14/16 bit/secondo per Hertz. Naturalmente queste efficienze si riducono generalmente del 10-20 % data la necessità di utilizzare parte della capacità per correggere gli errori di trasmissione.

Fra i fattori che limitano la capacità di trasmissione vi sono: fenomeni atmosferici (pioggia), riflessioni e ostruzioni del terreno, disomogeneità delle caratteristiche delle onde elettromagnetiche nei diversi strati atmosferici, attenuazioni dovute ad assorbimenti di varie molecole (ossigeno, vapore d’acqua).

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Per poter superare ostacoli naturali che ostruirebbero la linea di vista fra due terminali radio si utilizzano i ripetitori passivi. Il ripetitore passivo consiste in una coppia di antenne che ricevono e ritrasmettono il segnale cambiandone solo la direzione (senza amplificarlo) collocate opportunamente sul territorio. La tecnica è molto vantaggiosa se il ripetitore è collocato a quota elevata ed è vicino ad uno dei terminali attivi al fine di ridurre le perdite totali del collegamento.

Negli anni novanta le fibre ottiche hanno superato di fatto la capacità massima trasmissibile dei ponti radio limitando il loro uso. Emblematicamente però, la maggior parte delle connessioni alle stazioni radio per la telefonia mobile, o alle stazioni di diffusione dei segnali televisivi terrestri, sono realizzate per mezzo dei ponti radio, sia nei paesi più sviluppati che in quelli in via di sviluppo. La rapidità di installazione e la moderata capacità richiesta per la trasmissione, conferiscono al ponte radio una “validità insuperata”.

Figura

Figura 1 - Rappresentazione grafica dell’onda di ampiezza A e lunghezza d’onda  λ.
Figura 2 – Rappresentazione grafica dell’onda avente periodo T.
Figura 3 – Andamento della tensione (linea tratteggiata) e della corrente (linea continua)in un  dipolo a mezz’onda alimentato al centro
Figura 4 – Le diverse direttrici di propagazione delle onde.
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Riferimenti

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