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Capitolo 1:

Le costruzioni prefabbricate in cemento armato

1.1

Cenni sulle costruzioni prefabbricate

Le costruzioni prefabbricate hanno una larghissima diffusione e rappresentano, per alcune tipologie di edifici, un patrimonio edilizio già cospicuo. Nel settore degli edifici industriali, prevalentemente monopiano, la soluzione con struttura prefabbricata costituisce più dell’80% del totale ed ora anche per gli edifici pluripiano con destinazione prevalentemente commerciale la soluzione prefabbricata sta sempre più imponendosi.

Per avere un’idea della diffusione delle costruzioni prefabbricate basta pensare che nel solo anno 2002 sono stati realizzati circa 20 milioni di metri quadri di orizzontamenti prefabbricati. Nel complesso l’industria italiana della prefabbricazione vede attive circa 500 aziende con un totale di circa 20000 addetti. Questi dati indicano la rilevanza sociale ed economica della ricerca:

- sociale in quanto riguarda il primario aspetto della protezione civile in occasione di terremoti (salvaguardia delle vite umane);

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- economica in quanto si riferisce ad un importante settore dell’industria nazionale.

Da questa industria viene il forte interesse per la completa ed organica soluzione dei problemi della progettazione sismica riferita appunto alle strutture prefabbricate. Già molti aspetti di questa progettazione sono stati indagati con ricerche su scala nazionale ed europea supportate dall’associazione nazionale di categoria o da singole aziende del settore, vedi [09], [12], [13]. Così l’analisi dell’assieme strutturale, la valutazione delle sue risorse duttili e della conseguente capacità dissipativa sotto azione sismica, il corretto calcolo dei principali elementi (travi, pilastri, etc.) sono stati messi a punto con indagini sperimentali e teoriche, vedi [10], [11].

Manca ora l’aspetto chiave costituito dal comportamento dei collegamenti fra gli elementi prefabbricati.

I risultati dello studio di questo comportamento porterà ad una immediata ricaduta industriale orientando la pratica progettazione degli uffici tecnici delle aziende.

1.2

Meccanismi di funzionamento di costruzioni

prefabbricate in zona sismica

1.2.1 Azione diaframma

L'azione diaframma consiste in flussi di sforzi tangenziali nelle costruzioni che trasmettono le forze sismiche dai montanti più sollecitati a quelli meno sollecitati, ripartendole in modo uniforme sui montanti stessi ed

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impedendo al contempo risposte sconnesse della struttura, secondo cui alcune parti vibrino fuori fase rispetto ad altre.

La valutazione precisa di questi sforzi richiede complessi algoritmi di analisi dinamica strutturale basati su modelli non lineari; se ne può dare una valutazione approssimata in rapporto all'entità delle forze sismiche basandosi su elementari equilibri, vedi [06], [08].

Tale azione diaframma va dunque applicata agli elementi del solaio della copertura per verificarne la resistenza.

1.2.1.1 Impalcati monolitici con diaframma rigido

Nessun problema vi è nella verifica di resistenza nel caso di una soletta continua gettata in opera sopra agli elementi prefabbricati, trattandosi di un assetto molto simile a quello delle comuni strutture non prefabbricate, che viene dotato di opportuni incatenamenti e di collegamenti con i montanti del sistema strutturale.

Anche nel caso di elementi prefabbricati affiancati connessi con giunti gettati in opera (senza soletta continua) la resistenza del diaframma viene facilmente assicurata attraverso le stesse armature di incatenamento e collegamento.

1.2.1.2 Impalcati continui con diaframma rigido

Una prima soluzione di diaframma continuo senza getti di completamento in opera si riferisce a solai o coperture realizzate con pannelli nervati o altri tipi di elementi prefabbricati affiancati e collegati l'uno all'altro da connessioni saldate poste sui bordi delle ali. In questo caso la solidarietà del diaframma è realizzata in modo discreto, attraverso connessioni puntuali.

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L’analisi degli sforzi trasmessi dalle connessioni in tale soluzione può essere fatto su modelli semplificati parziali che rappresentino l’equilibrio del singolo elemento di copertura soggetto alla competente risultante delle forze di diaframma ed alle reazioni restituite, attraverso le connessioni puntuali, dagli elementi adiacenti e dalle travi portanti, vedi [06].

Oltre che per la verifica delle connessioni stesse, tali reazioni vanno considerate in quanto inducono negli elementi delle importanti componenti di sforzo che si sommano a quelle principali dovute ai carichi gravitazionali.

1.2.1.3 Coperture discontinue con diaframma deformabile

Una soluzione molto diffusa per gli edifici industriali prefabbricati consiste nelle coperture con elementi distanziati per l’inserimento di lucernari continui. In questo caso gli elementi non possono essere connessi l’uno all’altro. Un certo grado di funzionamento a diaframma può ancora sussistere a condizione che le connessioni con la trave realizzino un incastro nel piano orizzontale del diaframma stesso. E’ il caso per esempio di elementi binervati in cui entrambe le nervature sono vincolate alla trave con connessioni fisse.

Anche per questa disposizione di vincoli il calcolo degli sforzi può essere fatto su modelli semplificati parziali che rappresentino l’equilibrio del singolo elemento di copertura con la competente azione di diaframma e le corrispondenti reazioni rese dai vincoli con la trave, vedi [06]. Oltre alla resistenza delle connessioni stesse, andranno verificati gli effetti di queste forze sulle travi portanti e sugli elementi di copertura.

La deformabilità di un tale sistema di copertura ha una forte influenza sul comportamento globale della struttura e ne consegue l’applicabilità o meno di analisi statiche semplificate o la necessità di più complesse analisi

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1.2.1.4 Coperture sconnesse senza diaframma

Nel caso di elementi di copertura mononervati con semplice connessione fissata sulla trave portante non vi può essere alcun grado di incastro reciproco e la copertura rimane articolata e sconnessa nel piano orizzontale. Gli elementi funzionano come bielle incapaci di trasmettere alcuna azione diaframma. La copertura potrà dunque avere risposte sconnesse al sisma, con pilastrate che vibrano anche in opposizione di fase rispetto a quelle contigue, vedi [06].

Per un tale assetto strutturale, oltre che di resistenza, sorgono problemi di compatibilità deformativa delle connessioni, che coinvolgono anche la stabilità degli elementi di completamento.

1.2.2 Effetti di ritiro, viscosità e variazioni termiche

Per il buon comportamento sismico delle costruzioni prefabbricate sono preferibili delle connessioni fisse fra gli elementi, senza possibilità di scorrimento reciproco, così da evitare, sotto azione sismica, il martellamento fra le parti o la necessità di ampi giunti a compensazione dei notevoli spostamenti attesi anche in opposizione di fase. In termini di resistenza sotto azione sismica dunque la soluzione ottimale vede un assetto fisso di vincoli, assetto che però in condizione non sismica porta a notevoli inconvenienti derivanti dalle deformazioni impedite e dalle conseguenti coazioni.

Sono soprattutto gli effetti del ritiro e della viscosità che, sull’assieme iperstatico della struttura, inducono a breve termine degli stati di sollecitazione che appesantiscono le verifiche di esercizio.

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Anche la dilatazione termica può avere pesanti effetti. In pratica, per garantire al meglio la sicurezza contro il collasso nel caso di un evento sismico, si rischia di incontrare il pesante inconveniente rappresentato da un esteso danneggiamento della struttura. Nulla di pericoloso, ma il fatto può costituire un grave e sproporzionato onere per la costruzione.

Per questi motivi la ricerca di connessioni affidabili nei riguardi dell’azione sismica non può essere disgiunta dall’analisi degli effetti strutturali delle stesse connessioni sotto azioni non sismiche come quelle citate, ai fini della prevenzione dei danni che ne possono derivare. Si dovrà dunque a tal fine operare un’analisi di alcuni tipici assetti strutturali per quantificare gli effetti e verificare i possibili accorgimenti costruttivi.

1.2.3 Gerarchia delle resistenze

L’applicazione della gerarchia delle resistenze può garantire alle connessioni una resistenza superiore a quella richiesta in base alle capacità dissipative delle sezioni critiche degli elementi contigui. Questo dà affidabilità al modello globale con piena utilizzazione delle risorse duttili degli elementi. Ma l’applicazione di detto criterio non è sempre semplice né scontata.

Per la connessione all’appoggio di una trave su di un pilastro, basta valutare il taglio massimo sul pilastro stesso corrispondente al momento resistente ultimo della sua sezione critica di base per quantificare la forza di progetto con il dovuto margine.

Nel caso di due travi su di un pilastro, pare ragionevole suddividere la stessa forza in ragione delle rispettive masse.

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Nel caso di un pilastro continuo di un edificio a più piani, la ripartizione della forza di taglio tra i diversi piani resta un problema iperstatico che dipende anche dai modi di vibrazione della struttura, vedi [07].

Nel caso delle innumerevoli connessioni interne ed esterne di un diaframma di piano, l’applicazione della gerarchia delle resistenze sulla base delle capacità ultime dei pilastri resta un problema di difficilissima soluzione se non anche inconsistente.

Il tema va dunque approfondito per mezzo di opportune indagini parametriche operate attraverso analisi dinamiche su degli assetti tipo.

1.2.4 Comportamento d'assieme

Le considerazioni presentate ai punti precedenti confluiscono tutte a caratterizzare la sintesi rappresentata dal comportamento d’assieme della struttura sottoposta all’azione del terremoto.

Vanno quindi precisati gli obiettivi che si intendono perseguire nell’applicazione dell’analisi di detto comportamento, previe le necessarie risultanze della presente ricerca.

Ai fini della progettazione sismica delle strutture, con riferimento alle loro potenziali capacità, ci si propone di operare nell’ambito della classe di alta duttilità. Questa classificazione trae origine dalla elevata duttilità flessionale delle sezioni critiche dei pilastri garantita dall’elevato valore della deformazione ultima dell’acciaio che consente notevoli curvature plastiche e dalla ridotta spaziatura delle staffe adottata secondo le competenti regole di dettaglio a prevenzione del precoce sbandamento instabile delle barre longitudinali compresse.

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La duttilità flessionale locale si ripercuote in una buona duttilità traslatoria dei singoli pilastri grazie alla elevata sovraresistenza dell’acciaio che porta a notevoli rotazioni plastiche nelle zone critiche localizzate alla loro base ed alla regola di gerarchia delle resistenze fra “taglio forte su momento debole” che previene una precoce rottura fragile per taglio dei pilastri stessi.

Trattandosi di telai monopiano o di sistemi pluripiano con travi incernierate, la duttilità traslatoria dei singoli pilastri si ripercuote in una altrettanto buona duttilità traslatoria complessiva della struttura senza bisogno di passare, come per i telai pluripiano con unioni incastrate, attraverso la regola di gerarchia delle resistenze fra “pilastro forte su trave debole” da applicarsi ai nodi dei piani intermedi dei telai stessi.

Posto che l’Ordinanza 3274, così come aggiornata con l’Ordinanza 3431, vedi [02] e [03], non copre il tipo di strutture in esame (ma solo i telai pluripiano con unioni incastrate e le strutture monopiano isostatiche con appoggi scorrevoli), il fattore di struttura viene definito per analogia a quanto prescritto dal competente Eurocodice 8, vedi [04].

Considerando il ridotto grado di iperstaticità del tipo di strutture in esame, per i telai monopiano incernierati si propone di assumere, senza alcuna maggiorazione, il valore base q=4,5 proprio di tutti i telai, per le strutture pluripiano con travi incernierate si propone di assumere il valore q=4,0 proprio dei sistemi a pareti.

Con queste assunzioni si prevede di applicare:

- l’analisi statica lineare per tutte le strutture connesse con diaframmi di piano,

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- l’analisi dinamica modale per le strutture sconnesse, salvo metodi conservativi semplificati calibrati con le indagini della presente ricerca. Quanto detto non prevede, per le strutture esaminate, significative irregolarità in altezza che impongano in ogni caso l’analisi dinamica modale.

Tali intendimenti sono ovviamente subordinati all’esito della presente ricerca in termini di adeguata conoscenza dei parametri di resistenza, duttilità e rigidezza delle connessioni.

Figura

Foto 1 Esempio di costruzione prefabbricata

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