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CAPITOLO 4. DISCUSSIONE

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Academic year: 2021

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CAPITOLO 4. DISCUSSIONE

La definizione della struttura di una popolazione rappresenta il primo passo per uno studio demografico. Nessuna informazione circa la sopravvivenza, i tassi riproduttivi e la mortalità può prescindere dalla definizione dell’abbondanza numerica delle varie classi di taglia, d’età o di stadi vitali della popolazione, e dei loro rapporti numerici.

La struttura assoluta di taglia derivante dall’analisi del database Tethys presenta una netta prevalenza di individui di classe C (15-20 m) rispetto alle altre classi di taglia. L’effettiva abbondanza di individui di tali dimensioni è solo una delle ragioni che spiegano tale frequenza di avvistamento; infatti, la durata della classe influenza notevolmente la probabilità di avvistamento. Un individuo rimane mediamente 23 anni nella classe C e vi è quindi la possibilità di avvistarlo per 23 stagioni di ricerca, mentre un individuo di classe B, la cui durata è di 1,5 anni, ha molte meno possibilità di essere visto poiché passerà più velocemente alla classe successiva. Il fattore temporale gioca un ruolo ancor più rilevante nella classe A, la cui durata è di soli 6 mesi. Oltre alla breve durata, che offre poche possibilità di incontrare un piccolo, concorre uno sfasamento temporale tra il periodo riproduttivo e la stagione di ricerca. Come mostrato in precedenza, le nascite avvengono tra ottobre e marzo, periodo in cui non vengono raccolti dati. Per motivi prevalentemente logistici le stagioni di ricerca vanno da fine maggio a inizio ottobre, lasciando così scoperta la stagione invernale. Gli individui nati nei primi mesi (ottobre-novembre) raggiungeranno l’età per il passaggio alla classe successiva da marzo a maggio, prima che si inizi la raccolta dati. Solamente per gli individui nati da dicembre in poi, che rimangono nella classe A fino a giugno, sarà possibile registrarne la presenza in caso di avvistamento. Per tali motivi il numero di piccoli presenti nella popolazione non è correttamente rappresentato nel database ad’oggi disponibile; solo estendendo il campionamento alla stagione invernale si otterrebbe una stima corretta.

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Il passaggio ad una struttura d’età, che tiene in considerazione il fattore temporale, mostra una rappresentazione più veritiera della popolazione di balenottera comune. Il dato che emerge da questa struttura è la forte mortalità “infantile” a fronte di una bassa mortalità nell’età adulta. La balenottera comune (come tutti i cetacei) è una specie a strategia K: produzione di un solo piccolo per parto e impiego di quantità di energie notevoli per la sua sopravvivenza. Pertanto la curva di sopravvivenza dovrebbe avere caratteristiche opposte, con un andamento quasi piatto all’inizio che poi decresce esponenzialmente concentrando la mortalità negli individui molto vecchi. Le analisi rivelano, però, una situazione completamente opposta che somiglia, in un certo senso, a quella delle specie a strategia r, in cui viene prodotto un alto numero di piccoli a cui non vengono somministrate cure parentali e che sono sottoposti ad una forte mortalità infantile. La life-table statica mostra che il 50% della mortalità è concentrata nel primo passaggio di classe e il 33% nel secondo: ciò sembrerebbe essere consistente con l’ipotesi di una marcata difficoltà nel raggiungimento della maturità sessuale che avviene all’interno della classe C. Anche sotto le ipotesi di un numero maggiore di avvistamenti la sopravvivenza non inverte il suo andamento, ma sembra anzi acuire le problematiche ipotizzate. Un numero esiguo di individui maturi potrebbe abbassare i tassi riproduttivi con conseguenze potenzialmente pericolose per la sopravvivenza della popolazione. La distribuzione d’età, in cui la classe A (<10 m) include il numero maggiore di individui, sembra, però, evidenziare la presenza di un buon reclutamento, sintomo di buone capacità riproduttive della popolazione. Ciò detto, gli adulti sembrano avere notevoli capacità di sopravvivenza: superato lo scoglio dello svezzamento e della maturità sessuale, è plausibile ritenere che gli individui raggiungano età avanzate nonostante le pressioni antropiche a cui sono sottoposti. A suffragio di queste ipotesi risultano le analisi condotte sugli spiaggiamenti, fatta valida la seguente assunzione. Affinché la mortalità da spiaggiamento sia una reale rappresentazione della mortalità effettiva che colpisce la popolazione, occorre, infatti, che la probabilità di raggiungere le coste, una volta morto, sia uguale per ogni individuo. Se rispettata, questa assunzione

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permette di usare i dati di spiaggiamento per ricostruire la mortalità della popolazione in esame. Le strutture di taglia e di età evidenziano che la mortalità colpisce maggiormente gli individui sessualmente immaturi e soprattutto i cuccioli. In particolare la tavola di mortalità mostra che la sopravvivenza dal primo al secondo anno di vita è del 51%, dato simile a quello riscontrato nelle analisi della struttura della popolazione vivente. Anche il grafico che ne deriva è del tutto simile a quello della curva di sopravvivenza costruito con i dati del database Tethys. La scarsità di individui adulti spiaggiati porta a convalidare l’ipotesi formulata in precedenza e cioè che l’impatto antropico non sembra condizionare fortemente il raggiungimento di età avanzate. La simulazione sulla sopravvivenza degli adulti evidenzia che occorre intervenire con misure di conservazione nei primi stadi di vita: un aumento anche minimo nel numero minimo di individui che raggiunge la maturità sessuale abbassa significativamente (0,06>0,03>>0,003) il rischio di morte producendo un numero maggiore di adulti. Un’ultima conferma deriva dal calcolo della speranza di vita alla nascita. Essa, infatti, aumenta considerevolmente se sopravvive un numero alto di individui mentre è molto bassa nell’ipotesi in cui pochi individui sopravvivano. Un numero maggiore di individui che raggiungono la maturità sessuale alza i tassi riproduttivi consentendo alla popolazione di aumentare le proprie possibilità di sopravvivenza, come dimostrano le simulazioni effettuate.

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CAPITOLO 5. CONCLUSIONI

Lo studio qui presentato propone due approcci demografici diversi allo studio della balenottera comune che portano a conclusioni simili. Sia l’analisi dei dati provenienti dalla popolazione studiata in situ che quella dei dati sugli spiaggiamenti portano alla conclusione che la balenottera comune è sottoposta ad un’intensa mortalità nei primi stadi di vita, aspetto che potrebbe rappresentare un potenziale pericolo. Per assicurare maggiori probabilità di sopravvivenza alla popolazione, occorrerebbe introdurre misure di protezione degli individui più piccoli. Una migliore regolamentazione del traffico marittimo nel Santuario che diminuisca il tasso di mortalità per collisione, ad esempio, potrebbe ridurre un importante ostacolo per il raggiungimento della maturità sessuale. Più individui raggiungono l’età riproduttiva, più aumentano le possibilità di avere una popolazione con tassi di accrescimento positivi che ne assicurino la sopravvivenza.

In ogni caso per arrivare a conclusioni definitive e più sicure occorre proseguire nell’analisi demografica e nella messa a punto di modelli che possano efficacemente rappresentare lo sviluppo della popolazione nel tempo. Sebbene ancora incompleta, questa tesi è, infatti, il primo studio demografico realizzato su popolazioni di cetacei in Mediterraneo. Nessuna ricerca ha finora affrontato lo studio della demografia di queste popolazioni nonostante il problema della loro conservazione sia noto a tutti e, pertanto, la scarsità di dati demografici ha reso necessaria la ricostruzione, a volte incerta, dei dati mancanti. Uno degli obiettivi proposti è quello di sviluppare ricerche di tipo marcatamente demografico e soprattutto di migliorare le modalità di raccolta dei dati per avere in futuro una base migliore su cui lavorare. Lo sviluppo di progetti di ricerca che prevedano campionamenti a più breve termine ma più intensivi consentirebbe l’elaborazione di

life-tables per coorti, più adatte a studi demografici (Buckland, 1990). La concentrazione di un numero di avvistamenti elevato in pochi anni permetterebbe di ridurre al minimo le possibilità di fluttuazione della struttura della popolazione

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rendendo più veritiere le analisi condotte. Inoltre, uno sforzo di ricerca più intensivo produrrebbe tassi di riavvistamento maggiori consentendo appunto di seguire coorti di individui di cui si potrebbe calcolare l’effettiva sopravvivenza. La possibilità di condurre campionamenti anche nella stagione invernale consentirebbe di stimare con migliore precisione l’abbondanza numerica dei piccoli e i tassi riproduttivi. Il riavvistamento in anni successivi di uno stesso individuo femminile associato o meno ad un piccolo, fornirebbe una stima dell’intervallo temporale tra due successivi parti e quindi di un reale tasso riproduttivo.

Le esigenze di ricerca qui presentate si scontrano con effettive difficoltà logistiche, diversamente da quanto accade in altri studi qui presentati (Buckland, 1990; Fujiwara e Caswell, 2001), dovute all’ecologia della balenottera comune e con una scarsità di finanziamenti disponibili. Come già detto, gli individui di questa specie tendono a concentrarsi in area pelagica, a distanze dalla costa che superano anche le 20 miglia nautiche (37 km) che non sono sempre facilmente raggiungibili da ogni imbarcazione e che necessitano un certo tempo per essere raggiunte. Ciò rende molto dispendioso e difficoltoso utilizzare più di un’imbarcazione per il campionamento visto che occorre percorrere lunghe distanze. Inoltre le condizioni meteo-marine rendono a volte impossibile il raggiungimento o il pernottamento in area pelagica riducendo ulteriormente il tempo utile per il campionamento. Un campionamento più intensivo, facilitato dall’uso di più imbarcazioni e da un maggiore tempo trascorso nell’area di avvistamento, necessita quindi di più fondi di quelli attualmente disponibili.

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