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Academic year: 2021

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SEZIONE II

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1. POPOLAZIONE

La popolazione presa in esame in questo studio è costituita da 34 soggetti (28 maschi, 6 femmine), affetti da asma persistente, lieve o moderata, il cui livello di gravità è stato stabilito in accordo con i criteri di valutazione dell’iniziativa globale per l’asma G.I.N.A., (Global Iniziative for Asmtha). I soggetti, di età compresa tra 7 e 15 anni, sono stati sottoposti a controlli periodici presso la Clinica Pediatrica dell’Università di Pisa nel periodo compreso tra Ottobre 2002 e Marzo 2006 (tabella II.1). Tutti i soggetti in esame erano nati dopo più di 36 settimane di gestazione e alla nascita pesavano almeno 2800 g. Nel periodo di studio i soggetti, tutti non fumatori, erano risultati negativi per il virus dell’epatite B (HBV), come dimostrato dall’assenza dell’antigene di superficie HbsAg, e per i virus dell’epatite C (HCV) e dell’immunodeficienza acquisita (HIV-1 e HIV-2), come evidenziato dall’assenza di anticorpi specifici. Inoltre nessuno dei soggetti in esame aveva subito trasfusioni e/o fatto uso di prodotti derivati dal sangue, né aveva ricevuto farmaci anti-virali da almeno due anni.

In tutto il periodo di studio i soggetti asmatici erano sottoposti ad un trattamento con corticosteroidi a lungo termine per via inalatoria in dosi comprese tra 200 e 1000 µg/die, e nessuno presentava sintomi di asma acuta o esacerbazioni della malattia.

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A 27 pazienti durante tutto il periodo di studio o ad intervalli di tempo erano stati ulteriormente somministrati β2-agonisti ad azione ritardata

(salmeterolo, 23 pazienti; formoterolo, 4 pazienti) ed a 23 pazienti il Montelukast a dosi comprese tra 5 e 10 mg (tabella II.2 ;tabella II.3). Tutti i soggetti asmatici, durante la prima visita, furono sottoposti ad un test cutaneo (Skin Prick Test) contro i comuni allergeni stagionali e non (Pifferi et al., 2002). Inoltre ai soggetti asmatici, durante ogni visita di controllo, era effettuata la misurazione della frazione di ossido nitrico nell’aria espirata.

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Tabella II.1: Caratteristiche generali dei soggetti adolescenti e pre-adolescenti con asma arruolati nello studio.

Parametri

N° esaminati Età in anni (media ± DSa)

Sesso:

Maschi Femmine

Grado asma (N° soggetti): Lieve persistente Moderato persistente Anni dalla comparsa dei primi sintomi (media ± DS)

Anni dall’inizio della terapia con steroidi (media ± DS) Peso alla nascita in grammi (media ± DS)

Presenza di fumatori in casa Allergeni (n° positivi): Acari Graminacee Parietaria Olivo Composite Alternaria Platano Epitelio gatto Epitelio cane 34 11,5 ± 2,4 28 6 5 23 7,1 ± 3,1 3,9 ± 1,9 3502,3 ± 412,7 8 32 20 6 10 5 3 5 10 7

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Tabella II.2: Terapia farmacologia somministrata ai soggetti asmatici nel periodo di studio.

CLASSE DI FARMACO

N° soggetti

in terapia DOSE FARMACO µg/die (media ± DS) TIPO DI FARMACO

Corticosteroidi 32 527,4 ± 236,5 Fluticasone propionato, Flunisolide, Budesonide, Beclometasone dipropionato β2-agonisti ad azione ritardata 27 82,7 ± 33,2 Salmeterolo, Formoterolo Anti-leucotrieni 23 9,2 ± 1,8 Montelukast

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Tabella II.3: Descrizione degli effetti della terapia farmacologia somministrata ai soggetti asmatici in studio

Classe di farmaco Tipo di farmaco Descrizione

Corticosteriodi β2-agonisti ad azione ritardata anti-leucotrieni Fluticasone propionato, Flunisolide, Budesonide, Beclometasone dipropionato Salmeterolo, Formoterolo Montelukast Riducono l’infiammazione delle vie aeree,l’edema e la secrezione di muco. Somministrati per via inalatoria sono consigliati per il trattamento profilattico dell’asma quando il paziente utilizza già un β2-agonista. Esercitano una costante azione broncodilatatrice per 10-12 ore (azione ritardata).Vengono somministrati per via inalatoria e non sono indicati per gli attacchi acuti di asma.

Bloccano gli effetti dei cistenil leucotrieni che si liberano nelle vie aeree durante la reazione allergica . Sono efficaci nell’asma sia da soli sia in associazione con corticosteroidi.

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1.1 METODOLOGIA DI MISURA DELL’OSSIDO

NITRICO

La misurazione della concentrazione di ossido nitrico (NO) nei tessuti e nei liquidi biologici presenta delle difficoltà a causa della breve emivita e dell’elevata reattività di questa molecola, che nel sangue, per esempio, viene rapidamente legata e inattivata dall’emoglobina. Tuttavia, quando l’NO viene eliminato in fase gassosa, come nell’aria del tratto respiratorio, esso è stabile a basse concentrazioni ed è più facilmente misurabile. Il metodo utilizzato in questo studio per la misurazione dell’NO nell’aria esalata è basato sul fenomeno della chemioluminescenza ed è definito metodo on-line a respiro singolo (single breath on-line = SBOL). Questa tecnica prevede che il bambino inali aria priva di NO fino a capacità polmonare totale (TLC) e subito dopo espiri ad un flusso costante di 50 ml/sec finché viene raggiunto un plateau di NO di almeno 2 secondi durante un atto espiratorio di almeno 4-5 secondi. Il picco di NO che può presentarsi nei primi due secondi viene scartato perché riflette l’NO dello spazio morto delle alte vie respiratorie e dell’apparecchio utilizzato (Kissoon et al.,2000). La pressione espiratoria deve essere mantenuta tra 5 e 20 cm H2O per chiudere il velo del palato ed escludere l’NO nasale che può passare in cavità orale attraverso il nasofaringe posteriore. Tale manovra viene fatta ripetere almeno tre volte e il valore di NO esalato (FeNO) si ottiene dalla media delle misurazioni eseguite.

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Il metodo SBOL è ampiamente utilizzato perché presenta numerosi vantaggi:

ƒ consente di mantenere costante il flusso che influisce sui valori del FeNO (Silkoff et al.,1997),

ƒ permette di eseguire l’espirazione a partire da TLC, che rappresenta il volume polmonare più costante e facile da ottenere. Questo è importante in quanto il grado di espansione polmonare condiziona il valore del FeNO,

ƒ esclude dalla misurazione del FeNO la possibile contaminazione da parte dell’NO nasale, in quanto consente una facile chiusura del velo palatino (Kharitinov et al., 1997), ƒ permette di mantenere un flusso costante. I bambini, infatti,

non sempre riescono a mantenere un flusso costante, perché tendono ad eseguire espirazioni rapide che causano rapide riduzioni del volume polmonare, con difficoltà nel mantenere espirazioni sufficientemente lunghe da raggiungere un plateau di NO (Kharitinov et al., 1997),

ƒ permette di controllare visivamente il flusso e pressione, e quindi di selezionare le espirazioni eseguite correttamente e di scartare quelle eseguite in modo non ottimale.

Esistono, però, anche delle difficoltà oggettive nell’applicazione del metodo nei bambini; le difficoltà frequentemente riscontrate sono:

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ƒ incapacità o rifiuto di inspirare in modo adeguato fino a capacità polmonare totale e di mantenere l’espirazione finché viene raggiunto un plateau di FeNO,

ƒ incapacità o rifiuto di inspirare attraverso la bocca,

ƒ incapacità o rifiuto di mantenere il flusso o la pressione entro i limiti richiesti.

Ad oggi la misura del FeNO è molto importante nei bambini asmatici, in quanto l’NO è elevato nell’aria espirata di tali bambini e quindi potrebbe essere usato come marker infiammatorio delle vie aeree e insieme ad una metodica di misurazione non invasiva, come quella sopra descritta, potrebbe essere ideale per il monitoraggio dell’asma nell’infanzia ( Baraldi et al.,2000).

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2. RACCOLTA E PROCESSAMENTO DEI

CAMPIONI

I campioni sono stati prelevati ad ogni visita di controllo dei soggetti in studio, dopo aver ottenuto il consenso informato dei genitori, inviati e immediatamente trattati all’arrivo nel nostro laboratorio.

Tutti i bambini asmatici sono stati sottoposti al prelievo delle secrezioni nasali e alla misurazione dell’ossido nitrico esalato.

I tamponi nasali, prima del prelievo, sono stati pesati ed inviati alla Clinica Pediatrica, dove sono stati utilizzati per prelevare le secrezioni nasali. Per ottenere un’abbondante quantità di secrezione i tamponi vengono introdotti nella cavità nasale dei soggetti e spinti verso il nasofaringe con un movimento rotatorio effettuato varie volte nel punto di massima resistenza. Al momento dell’arrivo nel nostro laboratorio i tamponi sono stati nuovamente pesati, ed è stata calcolata un’opportuna diluizione effettuata con soluzione fisiologica in base alla differenza di peso. Successivamente i tamponi sono stati vortexati e, dopo aver spremuto accuratamente il campione, il materiale aspirato è stato centrifugato a 890 x g per 15 minuti a temperatura ambiente. Si è così ottenuta la separazione del fluido nasale acellulato dalle cellule dell’epitelio nasale.

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Il fluido nasale, correttamente aliquotato e conservato a -80°C, è stato in seguito esaminato per stabilire la presenza e il titolo di TTV.

3. ESTRAZIONE DEL DNA VIRALE

Per l’estrazione del DNA virale è stato utilizzato il kit commerciale “QIAamp DNA Mini kit” (QIAgen, Chatsworth, CA), che consente di purificare il DNA totale (genomico, miticondriale e virale) direttamente da sangue intero, plasma, siero, fluidi corporei, linfociti, colture cellulari e tessuti.

Il volume iniziale di fluido nasale richiesto per l’estrazione, come previsto dal protocollo, è 200µl. A questa quantità di campione vengono aggiunti 200µl del buffer di lisi AL e 20µl di proteinasi K (20 mg/ml) in una eppendorf da microcentrifuga da 1,5 ml. Per ottimizzare il funzionamento di tali reagenti è necessario vortexare la miscela prima di incubarla a 56°C per 10 minuti. Subito dopo si effettua una breve centrifugata per eliminare ogni residuo di miscela dal tappo delle provette e si aggiungono 200µl di etanolo (96-100%) che consente la precipitazione del DNA. La miscela così ottenuta si trasferisce nell’apposita colonnina di estrazione (QIAamp spin column), e si centrifuga per 1 minuto a 6000 x g a temperatura ambiente. La colonnina fornita dal kit di estrazione contiene al suo

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interno una membrana di gel di silice che presenta elevata affinità per gli acidi nucleici.Il DNA infatti, grazie alle condizioni di pH e salinità del lisato garantite dai vari trattamenti, si legherà alla membrana della colonna, lasciando fluire nell’apposito tubino di scarico le proteine ed eventuali contaminanti che potrebbero interferire con i successivi passaggi di amplificazione. Dopo aver scaricato il filtrato, il DNA legato alla membrana viene sottoposto ad un primo lavaggio con 500µl di buffer AW1 (20 mM di NaCl, 2 mM di Tris-HCl, pH 7,5 e 57% etanolo) seguito da una centrifugazione a 6000 x g per 1 minuto. Successivamente si effettua un secondo lavaggio con 500µl di buffer AW2 che differisce dal precedente solo nel contenuto di alcool (etanolo 70%), e si centrifuga alla massima velocità (20000 x g ) per 3 minuti, al fine di evitare che residui di tampone possono inibire le successive fasi di amplificazione. Questi lavaggi hanno lo scopo di rimuovere ogni tipo di contaminazione possibile. Infine la colonnina viene trasferita in una eppendorf pulita e si effettua l’ultimo passaggio, cioè l’eluizione con 50-55µl di buffer AE (19mM di Tris-Cl, 0,5 mM di EDTA, pH 9,0). Il buffer aggiunto viene lasciato ad agire per qualche minuto a temperatura ambiente, dopo di che, si centrifuga a 6000 x g per 1 minuto. L’eluato così ottenuto è il DNA virale che viene conservato a -80° fino al momento dell’utilizzo.

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4. SAGGI DI PCR

4.1 CARATTERISTICHE DELLA PCR

La PCR (Polymerase Chain Reaction) è un metodo attraverso cui una sequenza di acido nucleico presente in un campione di DNA può essere amplificata esponenzialmente in vitro. La reazione richiede la conoscenza a priori delle sequenze adiacenti alla regione da amplificare, per poter sintetizzare degli oligonucleotidi (primers) complementari alle sequenze stesse. I primers, in genere di lunghezza compresa tra i 20-30 nucleotidi, dopo essersi legati alle sequenze bersaglio funzionano da molecole iniziatrici del processo di sintesi del DNA. La PCR prevede una serie di cicli in cui vengono realizzate una fase di denaturazione, nella quale il campione viene riscaldato a 95° allo scopo di denaturare il DNA a doppia elica, una fase di appaiamento ad una temperatura variabile dai 50° ai 70°C in cui i primers si legano alle regioni complementari, ed infine una fase di sintesi del genoma a 70-75°C, che avviene ad opera dell’enzima DNA polimerasi (figura II.1). Di solito un ciclo completo prevede un’estensione finale a 72°C per 5-15 minuti affinché i prodotti parzialmente amplificati possano essere completati. Dopo circa 25 cicli in cui vengono ripetute le fasi precedentemente descritte all’interno di un termociclizzatore programmabile in modo

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automatico, i prodotti della PCR comprenderanno oltre al DNA di partenza circa 105 copie della sequenza bersaglio specifica. Esistono però numerose variabili che condizionano la reazione di amplificazione. La polimerasi utilizzata nelle prime versioni della tecnica è stata la DNA polimerasi I di Escherichia Coli, termolabile, dotata di attività ottimale alla temperatura di 37°C. Successivamente, per evitare di aggiungere alla miscela di reazione l’enzima dopo ogni stadio di denaturazione, è stato introdotto l'uso di DNA polimerasi termostabili, resistenti alla temperatura di denaturazione e con un’attività ottimale a 72°C. La prima DNA polimerasi termostabile ad essere introdotta sul mercato è stata la Taq DNA polimerasi estratta dal batterio Thermus Acquaticus. Ciascuna delle tre fasi della reazione di amplificazione è caratterizzata da strette condizioni termodinamiche (temperatura e tempo di ciascuna fase), dalle quali dipende la riuscita del ciclo di amplificazione. Una delle cause di insuccesso della PCR è l’incompleta denaturazione del DNA bersaglio e dei prodotti di reazione. La temperatura e la durata di questa fase dipendono dalla natura del DNA bersaglio: lunghezza, composizione in (G+C)%. Condizioni tipiche di denaturazione sono 94-95°C per 30-60 secondi o 96-97°C per 15 secondi. Temperature più elevate si rendono necessarie nel caso di bersagli particolarmente ricchi in GC; si deve però tenere presente che temperature eccessive determinano la perdita di attività della

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polimerasi: la Taq polimerasi ha un emivita che diminuisce progressivamente con l’aumentare della temperatura. La temperatura e la durata della fase di "annealing" dipendono dalla concentrazione, dalla lunghezza e composizione in basi dei "primer". Dal punto di vista strutturale un "primer" ideale deve avere una lunghezza compresa tra i 18 ed i 28 nucleotidi ed una composizione in G +C tra il 50 ed il 60%. Queste condizioni garantiscono una temperatura di fusione (Tm= "melting temperature") tra i 50 e gli 80°C

secondo la formula semplificata di determinazione: Tm = 4 ( G+C ) +

2 (A + T). Si deve evitare l’uso di "primer" che presentino

complementarità all’estremo 3’, perché in tal caso si possono formare dei dimeri tra i "primer" che riducono la resa del prodotto desiderato; si devono inoltre evitare "primer" con sequenze palindrome e con strutture secondarie estese. Una considerazione generale è che i "primer" devono essere sufficientemente complessi affinché la probabilità di ibridare sequenze diverse da quella voluta sia estremamente bassa. Uno schema generale prevede l’uso di una temperatura di accoppiamento ("annealing") (Ta) circa 5°C più bassa della Tm dei due "primer" utilizzati, inoltre l’incremento di 1°C, in

ciascun ciclo, della temperatura di "annealing" porta ad un aumento di specificità di amplificazione e di resa per prodotti di lunghezza inferiore a 1 Kb. I quattro deossiribonucleotidi devono essere bilanciati nella miscela affinché non diminuisca la fedeltà replicativa

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da parte della Taq polimerasi. Inoltre, essenziale per la PCR è lo ione magnesio (Mg2+), che influenza l’attività dell’enzima aumentando la temperatura di denaturazione del DNA bersaglio, condiziona l’attacco dei "primer" stabilizzando l’ibrido molecolare e forma complessi solubili con i dNTPs che sono i veri substrati riconosciuti dalla DNA polimerasi.

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4.2 REAL-TIME PCR: METODO PER

QUANTIFICARE IL GENOMA DI TTV

I fluidi nasali dei soggetti dello studio dopo essere stati estratti, sono stati analizzati mediante un saggio di Real-Time PCR, per stabilire la presenza e quantificare il genoma di TTV. La Real-Time PCR, denominata anche PCR quantitativa o PCR quantitativa in tempo reale (rtq-PCR), è un metodo di amplificazione e quantificazione simultanee del DNA. Il DNA è amplificato da reazioni a catena della DNA-polimerasi. Dopo ogni turno di amplificazione, il DNA è quantificato. I metodi comuni di quantificazione includono l'uso delle colorazioni fluorescenti che intercalano con il DNA a doppio-filamento (ds) e gli oligonucleotidi modificati del DNA (denominati sonde) che sono flourescenti una volta ibridati con un DNA. In particolare è stata utilizzata la tecnica Taqman che utilizza una specifica sonda di idrolisi, la quale presenta al 5’ il fluorocromo

reporter (6-carbossi-fluoresceina, FAM) ed all’estremità 3’ una

molecola quencer (6-carbossi-tetrametil-rodamina, TAMRA). Quando questa struttura è intatta così come descritta, la vicinanza del quencer al reporter sopprime la fluorescenza emessa dal reporter stesso attraverso il fenomeno di trasferimento energetico tipo Forster (Lakowicz, 1983). La sonda deve essere progettata in modo da appaiarsi in una specifica regione compresa tra i siti di legame dei primers senso e antisenso.

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La Taq polimerasi, che ha la funzione di sintetizzare un nuovo filamento complementare al DNA stampo, quando giunge nella regione dove si trova la sonda appaiata, esplica la sua attività 5’→3’ esonucleasica degradando la sonda. Ciò provoca l’allontanamento del quencer dal reporter e quindi un notevole aumento della fluorescenza (figura II.2). Il 3’ della sonda è bloccato per prevenire l’estensione durante la PCR. La quantità di fluorescenza emessa che dipende dai ripetuti cicli di PCR, risulta essere direttamente proporzionale alla quantità di DNA target presente nel campione in esame. Dal momento che la sonda presenta una specificità molto elevata è teoricamente impossibile ottenere delle reazioni con falsi positivi dovuti ad aspecifici segnali di fluorescenza. Inoltre, diversamente dall’analisi endpoint, la quantificazione Real-Time è basata su misurazioni rilevate durante la fase di amplificazione, quando cioè l’efficienza della PCR è influenzata in modo minimo dalle variabili di reazione. ll segnale di fluorescenza emesso è misurato ed interpretato dal sistema Applied Biosystems Prism 7700 costituito da un termociclizzatore, un laser per indurre la fluorescenza, un rivelatore CCD (charge-coupled device) ed un software di elaborazione. Tale software calcola e normalizza il ∆Rn, ovvero il parametro di fluorescenza che riflette i cambiamenti della fluorescenza stessa del reporter dopo aver sottratto il segnale ottenuto nei primi 3-15 cicli di amplificazione, quando ancora la

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sonda tagliata non è rilevabile. Il software, per normalizzare il ∆Rn, e quindi correggere le fluttuazioni inevitabili della fluorescenza dovute alle variazioni di concentrazione o di volume di campioni analizzati, deve tener conto del picco di segnale di un terzo colorante non coniugato (rodamina, ROX), il quale è presente in concentrazione costante nel tampone di reazione e il cui segnale sostanzialmente non cambia durante l’amplificazione. Inoltre tale colorante non è sottoposto all’azione nucleasica della polimerasi. Il software calcola anche il ciclo soglia o Ct, che indica il primo ciclo in cui si ha un incremento statisticamente significativo del ∆Rn, e che rappresenta il momento iniziale della crescita esponenziale dei prodotti di PCR. La Real-Time PCR permette la quantificazione dell’acido nucleico contenuto nei campioni attraverso il confronto dei segnali dei campioni stessi con quelli derivanti da una serie di standards per i quali è noto il numero di copie della sequenza del DNA che si vuole titolare. Il sistema quindi elabora una curva di taratura riportando sull’asse delle ascisse la concentrazione nota degli standards e sull’asse delle ordinate il ciclo soglia corrispondente. Tale curva poi viene utilizzata dal software per quantificare campioni di interesse risalendo dal ciclo soglia alla quantità di DNA genomico presente. Tutti i campioni analizzati sono stati testati in triplo nella stessa seduta, e la valutazione della quantificazione ottenuta non è stata ritenuta attendibile ogni volta che risultavano coefficienti di variazioni

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superiori al 50%; in questo caso è stato ritenuto necessario testare nuovamente il campione. I primers e la sonda Taqman sono stati progettati su una porzione della UTR altamente conservata fra i diversi genotipi di TTV e le altre specie virali ad esso correlate (figura II.3).

Allo scopo di verificare i limiti all’interno dei quali la metodica rispettava la condizione di linearità sono stati condotti vari esperimenti in cui sono state allestite varie diluizioni seriali di templati standards (ottenuti dopo clonaggio e valutati allo spettrofotometro) per ottenere da un minimo di 103 fino ad un massimo di 106 copie. Successivamente i prodotti di PCR sono stati analizzati su gel di agarosio al 4% per confermarne la specificità. La differenza ottenuta nei diversi esperimenti tra il numero delle copie analizzate e quello delle copie calcolate è sempre risultata minima e compresa tra 880-1200 copie per gli standards di 103 copie e tra 810.000 e 1.360.000 copie per gli standards di 106 copie, mentre la variazione intra/intersaggio nei cicli soglia non superava rispettivamente il 2,4% e il 3,1%. Valori simili sono stati ottenuti anche analizzando due campioni di TTV positivi estratti e testati in 5 saggi indipendenti. Utilizzando la procedura standard il limite di sensibilità del sistema è stato stimato essere pari a 1,0 x 103 copie di TTV-DNA per ml di plasma o per µg di DNA estratto. Sono state inoltre processate, separatamente, 10 aliquote di un campione estratto; le variazioni

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riscontrate sono state inferiori a 0,6 log. La specificità del saggio è stata infine confermata sequenziando i prodotti di amplificazione. Il DNA di riferimento, le cui caratteristiche devono essere le stesse del DNA bersaglio dell’amplificazione, è stato ottenuto scegliendo il siero di un paziente dal quale è stato estratto il DNA che successivamente è stato amplificato nella regione di interesse e poi clonato in un vettore plasmidico. Il plasmide ricombinante può essere utilizzato nel saggio Taqman per la sua capacità di legare sia la sonda che i primers.

Il DNA da usare come standard nel processo di quantificazione, è stato ottenuto con una nested PCR.

I primers utilizzati nel primo step sono:

CLONS (senso, 5’- GTTTTCCACGCCCGTCCGC-3’; nt 105-133); CLONAS (antisenso, 5’-AGAGCCTTGCCCATAGCC-3’; nt 236-253); I primers utilizzati nel secondo step sono:

AMTS (senso, 5’-GTGCCAGGTGAGTTTA-3’; nt 177-194); AMTAS (antisenso, 5’-AGCCGGCCAGTCC-3’; nt 226-239).

Il prodotto di PCR ottenuto è stato purificato ed inserito in un vettore plasmidico e successivamente transfettato in cellule competenti per effettuare il clonaggio. In un secondo momento è stato estratto il DNA plasmidico dalle colonie scelte, e sequenziato per verificare la presenza dell’inserto. Infine i cloni sono stati quantificati eseguendo una lettura spettrofotometrica a 260 nm, in base alla quale è stato

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possibile, conoscendo la lunghezza in nucleotidi del vettore ricombinante, risalire al numero esatto di copie ottenute con la purificazione. Questa quantificazione ha permesso di ottenere, attraverso una serie di diluizioni successive, degli standards contenenti un numero esatto di copie di DNA; il range coperto varia da 102 fino a 107 copie.

Nella Real-Time PCR il segnale di fluorescenza emesso dal reporter viene generato in seguito al taglio della sonda ibridata alla sequenza bersaglio; quindi le condizioni di PCR devono essere opportunamente scelte in modo da minimizzare eventuali amplificazioni di DNA che non si sono ibridati alla sonda.

La polimerasi impiegata nella Real-Time è la AmpliTaq GoldTM, un’enzima termostabile che risulta essere estremamente sensibile anche verso sequenze bersaglio presenti in bassissime copie.

La miscela di amplificazione del volume totale di 25 µl è costituita da: ƒ Primers AMTS e AMTAS (Fornai et al., 2001), ciascuno alla

concentrazione finale di 0,9 µM;

ƒ Sonda AMTPU (5’-FAM-TCAAGGGGCAATTCGGGCT-TAMRA-3’; nt 205-223) alla concentrazione finale di 0,1µM. FAM indica il fluorocromo reporter e TAMRA il quencer. I primers e la sonda sono stati progettati seguendo le indicazioni del programma “Primers Express Software” (versione 1.0, Perkin-Elmer-Applied Biosystems);

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ƒ TaqMan Universal Master Mix alla concentrazione finale 1X. Tale miscela, oltre alla polimerasi AmpliTaq GoldTM, contiene; a. AmpErase uracil-N-glycosilase (UNG) che previene

l’amplificazione dei prodotti di PCR contaminati; b. dNTPs con dUTP al posto di dTTP;

ƒ 5 µl del DNA estratto pari ad una concentrazione di 10-100 ng;

ƒ x µl di acqua deionizzata a volume.

La AmpErase (UNG) agisce sul DNA a singolo o a doppio filamento degradando quei bersagli genomici che contengono dUTP: tale enzima taglia infatti l’uracile impedendo alla DNA polimerasi di continuare la sintesi, rendendo in questo modo estremamente sensibile il DNA all’idrolisi acido-basica. Per rendere possibile l’impiego dell’enzima UNG la reazione Taqman sostituisce dUTP al dTTP, cosicché eventuali contaminanti che si trovano nel tubo di reazione prima che la seduta di PCR abbia inizio, vengono riconosciuti ed eliminati, mentre il DNA target contenente dTTP non viene degradato. L’enzima UNG è attivo grazie all’applicazione di una temperatura di 50°C alla miscela di reazione e viene in seguito inibito dall’elevata temperatura di denaturazione, prima che si svolga la reazione di PCR. Inoltre, per verificare che la miscela preparata non abbia subito contaminazioni, si inseriscono nella reazione dei

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controlli negativi che contengono, oltre alla mix, 5 µl di acqua al posto dell’estratto del campione di interesse.

L’amplificazione è condotta dal sistema ABI 7700 con il seguente profilo ciclico: 1 ciclo a 50°C per 2 minuti affinché si attivi la UNG; 1 ciclo a 95°C per 10 minuti per permettere l’attivazione della AmpliTaq Gold polimerasi; 40 cicli alle seguenti condizioni: 95°C per 15 secondi (denaturazione) e 60°C per 1 minuto (ibridazione dei primers ed estensione).

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R Q Q Q Q R R R Completamento della polimerizzazione Taglio

Spostamento del filamento Polimerizzazione

Figura II.2: Schema generale della metodica Real Time PCR. R= reporter; Q= quencer.

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TTV

3853 nt

AMTS (177-194) AMTPU(205-223) AMTAS (226-239)

Figura II.3: Schema della regione utilizzata per l’amplificazione di TTV tramite metodica TaqMan.

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4.3 PCR GENOGRUPPO-SPECIFICHE

I campioni risultati positivi e quantificati per TTV mediante Real-Time PCR, sono stati esaminati per la determinazione dei genogruppi del virus coinvolti nell’infezione. Per questo sono stati utilizzati 5 differenti saggi di PCR progettati su regioni genomiche diverse, in grado di discriminare i 5 genogruppi di TTV. Prendendo in esame tutte le sequenze dei vari isolati virali fino ad oggi conosciute e depositate in banca dati, sono stati disegnati primers nelle regioni ORF1 e UTR del genoma virale. Le caratteristiche dei primers utilizzati nella genotipizzazione di TTV sono riportate in tabella II.3. Per ottimizzare la specificità delle amplificazioni sono state allestite e utilizzate reazioni di nested o eminested PCR, svolte in due tempi successivi: i prodotti di una prima reazione di amplificazione erano utilizzati come DNA bersaglio per una seconda reazione in cui veniva utilizzata una diversa coppia di primers, disegnati in modo tale da ibridarsi a regioni genomiche più interne rispetto a quelle riconosciute dalla coppia di oligonucleotidi del primo step.

Per tutte le reazioni di genotipizzazioni è stato utilizzato lo stesso protocollo variando la temperatura di appaiamento in base alla coppia di primers utilizzata e impostando in modo adeguato la durata dei cicli di amplificazione.

Le temperature di appaiamento dei primers e le dimensioni attese degli amplificati sono riportati in tabella II.4. Il profilo di reazione per il

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primo step prevede la preparazione di una miscela,del volume finale di 50 µl, così composta:

ƒ tampone di reazione (10 nM Tris-HCl pH 8,2, 50 mM KCl, 1,5 mM MgCl2);

ƒ 60 pmoli di ciascun primer (senso e antisenso);

ƒ 200 µM di ogni deossiribonucleotide trifosfato (dNTPs); ƒ 5 U di Taq polimerasi;

ƒ 5 µl di DNA estratto;

ƒ x µl di acqua deionizzata a volume.

Dopo aver preparato la miscela sono stati effettuati 35 cicli con il seguente profilo termico:

ƒ fase di denaturazione: 94°C per 30 secondi;

ƒ fase di appaiamento: 30 secondi alla temperatura scelta tenendo conto della struttura e della sequenza di ogni coppia di primers, in modo tale che avvenga il corretto appaiamento di questi ultimi alle regioni complementari sul DNA;

ƒ fase di estensione: 72°C per 45 secondi.

Terminati i 35 cicli di amplificazione si è eseguito una fase a 72°C per 15 minuti per permettere alla Taq polimerasi di completare eventuali frammenti tronchi.

Successivamente 5 µl del primo prodotto di amplificazione vengono trasferiti nella miscela del secondo step, nella quale viene utilizzata una coppia di primers più interni rispetto a quelli precedenti; i restanti

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componenti della miscela restano invariati a quelli già descritti per il primo step. Inoltre la temperatura di appaiamento viene adattata in base alla nuova coppia di primers e viene ridotto a 25 il numero di cicli di amplificazione. I saggi di PCR sono eseguiti mediante l’uso di termociclizzatori automatici (Perkin/Elmer 9600, Cetus Corporation, Norwalk, CT, USA). Per verificare la presenza di falsi positivi in ogni reazione di amplificazione sono stati inseriti dei controlli negativi aggiungendo nella miscela al posto dell’estratto acqua deionizzata. Sono inoltre stati utilizzati dei controlli positivi per essere sicuri della validità della reazione. Ogni campione è stato esaminato in duplicato e ripetuto nel caso di risultati discordanti.

Successivamente i prodotti di PCR ottenuti dal secondo step sono stati controllati mediante corsa elettroforetica utilizzando 15 µl di amplificato miscelati con 3 µl di colorante. La corsa è effettuata su un gel di agarosio al 3% colorato con bromuro di etidio e le bande separate vengono visualizzate ad un transilluminatore. Per verificare le giuste dimensioni degli amplificati è impiegato un adeguato marcatore di peso molecolare.

La sensibilità di ciascuna reazione di genotipizzazione era stata precedentemente valutata utilizzando come standars diluizioni scalari di plasmidi ricombinanti per i frammenti d’interesse: i plasmidi estratti erano stati sequenziati per verificare la specificità dei frammenti inseriti e quantificati allo spettrofotometro. Tutte le diluizioni,

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preparate per ciascuna delle 5 reazioni di genotipizzazione, sono state testate in quadruplo, e la diluizione alla quale si osservava un positivo su quattro rappresentava il limite di sensibilità. Quest’ultimo risultava per tutte le reazioni di circa 4000 copie DNA virale per ml di plasma.

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Tabella II.3: Caratteristiche dei primers utilizzati nella genotipizzazione di TTV, dove R= A o G, M= A o C, Y= T o C, W= A o T, K= G o T.

Primers Sequenze ( 5’-3’) Regione nucleotidicaPosizione riferimentoCeppo di

Gruppo 1 G1-1 TTV-2 TTV-5 G1-4 AACGARGACCTAGACCTITGTAGATA CAGTTAGTGGTGAGCCGAA ACAGCCCCCAGCATACATCC GTGAGCCGAACGGATATTG ORF 1 ORF 1 ORF 1 ORF 1 1021-1046 1348-1366 1138-1157 1339-1357 TA278 TA278 TA278 TA278 Gruppo 2 G2-1 G2-2 G2-3 PMV4 AATATGACMCCTTTGGAGGIGG TGAGCAGAACGGAAACCGCAAG CTGGAGIAGATCGAACRTAGA CTGTAAATAGAGTGGGGGG ORF 1 ORF 1 ORF 1 ORF 1 945-966 1357-1378 1030-1050 1271-1289 PMV PMV SANBAN TYM9 Gruppo 3 G3-1A G3-1B G3-2 G3-4 AAYGACCAGCTAGACCTIGCCAGATA AAYACTCAGCTAGACCTIGCYAGAT TTWGTGGTGRGCIGAACGG TGKGTGTACCAITTRTCTWCAA ORF 1 ORF 1 ORF 1 ORF 1 1054-1079 997-1021 1295-1316 1238-1259 1295-1316 1238-1259 SANBAN TYM9 SANBAN TYM9 SANBAN TYM9 Gruppo 4 G4-1 G4-2 G4-3 G4-4 CCATTTTGTGCAGCCCG CGGCGGACTCCACGGCAT AGCCCGCCAATTTCTGTT ACGGCATGAYTTTGTGTCCTG UTR UTR UTR UTR 103-119 402-419 114-131 388-408 LC011 LC011 LC011 LC011 Gruppo 5 G5-1 G5-2 G5-3 G5-4 CCAACTGCAAAGAAAAAACCACCT CGCCTCCTTACTCTTCGTCGTC CGAGCACCTCTGGTACGAGTC GTCTGCGAAGTCTGCCACGGG UTR UTR UTR UTR 373-393 650-670 305-328 704-722 JT33F JT33F JT33F JT33F

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Tabella II.4: Temperature di appaiamento dei primers e dimensioni attese degli amplificati

Gruppo Step Temperatura di annealing (°C) Primers Dimensioni attese (bp) I 50 G1-1 TTV-2 346 1 II 50 TTV-5 G1-4 220 I 50 G2-1 G2-2 434 2 II 50 PMV-4 G2-3 260 I 55 G3-1A G3-1B G3-2 334 3 II 55 G3-1A G3-1B G3-4 263 I 52 G4-1 G4-2 317 4 II 52 G4-3 G4-4 295 I 58 G5-1 G5-2 418 5 II 55 G5-3 G5-4 271-306 .

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5. CORSA ELETTROFORETICA SU GEL DI

AGAROSIO

L’elettroforesi su gel di agarosio è un metodo semplice e veloce che permette di separare, e quindi identificare, frammenti di DNA in base al loro peso molecolare. I frammenti migrano, nel campo elettrico che attraversa il gel, dal polo negativo a quello positivo, in funzione delle cariche elettriche conferitegli dai gruppi fosfato.

La velocità di migrazione dipende: ƒ dalle dimensioni dei frammenti

ƒ dalla percentuale dell’agarosio nel gel ƒ dal voltaggio applicato.

Frammenti lineari più piccoli migrano più velocemente rispetto a quelli più grandi, mentre a parità di peso molecolare, il DNA circolare migra più velocemente di un DNA lineare, in quanto assume una conformazione detta superavvolta (super coiled DNA).

L'agarosio è un polisaccaride lineare costituito da unità di base ripetute di agarobiosio intercalate da unità alternate di galattosio e 3,6-anidrogalattosio. Esso è uno dei costituenti dell'agar, una miscela di polisaccaridi isolati da alcune specie di alghe marine rosse e viene normalmente utilizzato sotto forma di gel. Il gel viene preparato sciogliendo al calore una quantità variabile di agarosio (dallo 0,6% al

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4% in base a dimensioni decrescenti dell’amplificato) nel buffer TAE 1X (Tris acetato 50X; 242g Tris base; 57,1 ml di acido acetico glaciale; 100 ml EDTA 0.5 M pH 8), il quale è utilizzato anche come tampone di corsa. La miscela ottenuta viene colata in un apposito “lettino” per elettroforesi orizzontale e lasciata polimerizzare a temperatura ambiente per 10-15 minuti. Gli amplificati prima della corsa vengono miscelati con un “loading buffer” (0,25% blu di bromofenolo; 0,25% xilene cianolo; 30% glicerolo) in un rapporto di 1:10. Tale buffer è un colorante con la duplice funzione di facilitare la visualizzazione della corsa elettroforetica e di appesantire i campioni agevolandone la deposizione sul fondo del pozzetto del gel, grazie alla presenza del glicerolo in esso contenuto. Il supporto contenente il gel solidificato viene immerso nel tampone di corsa della cella elettroforetica; applicando una differenza di potenziale compresa tra i 60 e i 120 volts ha inizio la migrazione delle cariche che si protrarrà per un tempo variabile a seconda del tipo di separazione desiderata. Le molecole lineari di DNA, che possiedono a pH 7 una carica netta negativa, migrano verso l’anodo con velocità elettroforetiche inversamente proporzionali al logaritmo del loro peso molecolare, ovvero in base alla lunghezza in paia basi.

La visualizzazione dell’acido nucleico, realizzata osservando il gel con un transilluminatore (Fotodyne), è resa possibile attraverso la colorazione del gel con il bromuro di etidio, un sale capace di

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intercalarsi e legarsi alle basi di DNA. Il bromuro di etidio, sottoposto ad illuminazione con luce ultravioletta, alla lunghezza d’onda compresa tra 254 e 306 nm, emette una tipica fluorescenza rosa/arancione che diventa particolarmente pronunciata in quei punti del gel dove il colorante si è legato al DNA. Le dimensioni dei frammenti così rilevati sono calcolate in base ad opportuni marcatori di peso molecolare che vengono corsi contemporaneamente ai campioni. Marcatore di peso molecolare

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6. ESTRAZIONE DI DNA DA GEL DI

AGAROSIO

Con tale procedura è possibile estrarre singoli frammenti di DNA da gel, dopo averli separati mediante una corsa elettroforetica su gel di agarosio all’1,5%. Questo metodo permette di eluire frammenti di DNA da gel, ottenuti mediante amplificazione per PCR. Dopo aver effettuato la corsa elettroforetica, per un tempo sufficiente a garantire una buona separazione dei frammenti, si procede all’escissione della banda, visibile al transilluminatore UV con un bisturi sterile.

Per il protocollo di estrazione abbiamo utilizzato il kit commerciale QIAquick Spin Hand (QIAGEN), che tramite variazioni di pH, ha permesso in un primo momento l’adesione dei frammenti amplificati a una membrana di gel si silice e successivamente il rilascio di questi nell’eluato. Dopo aver pesato la banda, ritagliata dal gel, con una bilancia di precisione, in base al peso è stata calcolata la quantità di buffer QG necessaria per la completa solubilizzazione del gel e per il successivo legame del DNA alla membrana della colonna. Come riportato nel protocollo del kit si usano 3 volumi del buffer QG per ogni volume di gel. Il buffer QG contiene un indicatore di pH che rende semplice la visualizzazione del pH ottimale per per il legame al DNA (al valore di pH ≤ 7,5,in cui si ha l’assorbimento della maggior

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parte degli acidi nucleici, il buffer appare di colore giallo). In seguito all’aggiunta del buffer al gel si procede ad un incubazione a 50°C per 10 minuti. Al fine di incrementare la resa dell’estrazione si aggiunge volume di isopropanolo in rapporto al peso del gel. A questo punto la miscela viene trasferita in colonnine (QIAquick column) e sottoposta ad una centrifugazione di 12300 x g per 1 minuto. Con questo passaggio il DNA rimane adeso al filtro, mentre i primers e i nucleotidi derivanti dalla reazione di PCR e altre possibili impurità fluiscono nella provetta di scarico. Al termine della centrifugata, scaricato l’eluato, si esegue un lavaggio aggiungendo 750 µl di buffer PE e centrifugando a 12300 x g per 1 minuto. Questa procedura è necessaria affinché l’etanolo contenuto nel buffer PE elimini ogni residuo di sali. Per eliminare completamente il buffer PE si effettua una centrifugazione aggiuntiva a 12300 x g per 1 minuto. Infine le colonnine vengono trasferite in eppendorf pulite e si eluisce il tutto con 40 µl di buffer EB (10 mM TRIS/HCl; pH 8,5). Anche l’efficienza dell’eluizione è strettamente dipendente dalla concentrazione salina e dal pH: a differenza di quanto avviene per l’assorbimento, l’eluizione è più efficiente in condizioni basiche e a bassa concentrazione salina. Dopo aver incubato a temperatura ambiente per qualche minuto, si centrifuga a 12300 x g per 1 minuto. L’eluato così ottenuto contiene tutti i frammenti di DNA purificati.

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7. SEQUENZIAMENTO

Gli amplificati ottenuti dal secondo step delle reazioni di PCR genogruppo specifica, sono stati sequenziati al fine di confermare la loro appartenenza ai differenti genogruppi di TTV. Le sequenze sono state effettuate utilizzando lo strumento ABI PRISM 373 DNA Sequencer (PE, Biosystem).

7.1 DESCRIZIONE DELLA METODICA

Grazie all’appaiamento specifico delle basi, una doppia elica di DNA mantiene una struttura uniforme indipendentemente dalla sequenza di basi che la compone. La differenza tra molecole diverse di DNA sta nella sequenza delle basi e non in differenze strutturali, quindi la massima informazione sulla struttura di una molecola di DNA si può ottenere determinandone la sequenza. La conoscenza delle proprietà fisico-chimiche degli acidi nucleici ha reso possibile la messa a punto di ben due tecniche diverse per la determinazione della sequenza di basi di un tratto di DNA che prendono il nome dai loro scopritori: A.M. Maxam e W. Gilbert per il ‘metodo chimico’ e F. Sanger per quello ‘enzimatico’. Entrambi i metodi di sequenziamento hanno un principio comune. In ogni metodo viene generata una serie di frammenti di DNA a singolo filamento, ciascuno più lungo di una

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base rispetto al precedente. Molecole di DNA aventi la stessa sequenza ma che differiscono in lunghezza anche di una sola base possono essere separate madiate elettroforesi su gel di poliacrilammide. Le bande corrispondenti a molecole di dimensioni crescenti formano una scaletta che può essere seguita per una lunghezza in genere di circa 300-500 nucleotidi.

Nel metodo chimico un frammento di DNA, precedentemente marcato con P32 radioattivo ad un’unica estremità, viene aliquotato in quattro provette diverse, modificato chimicamente in modo specifico a livello di una delle quattro basi (A, C, T, G) e successivamente tagliato dalla piperidina in presenza di calore ovunque ci sia una base modificata. Le molecole trattate in questa maniera vengono sottoposte ad elettroforesi ed evidenziate mediante autoradiografia. Ciascuna molecola formerà una banda la cui lunghezza dipenderà dalla distanza tra il sito di rottura e l’estremità marcata.

Il metodo di “sequenziamento enzimatico” di Sanger è quello ormai più usato (Sanger et al.,1977), detto anche sistema dei dideossinucleotidi. La reazione di sequenziamento avviene tramite la sintesi di DNA usando uno o più nucleotidi marcati ed un solo primer complementare ad una porzione del frammento di DNA da sequenziare. Oltre ai normali precursori nucleotidici (dNTPs) la sintesi del DNA avviene anche in presenza di dideossinucleotidi

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base-specifici (ddNTPs) che mancano di un gruppo ossidrile al 3’ e al 2’. I ddNTP vengono incorporati senza problemi nella catena nascente di DNA ma ne arrestano l’allungamento ulteriore. Anche in questo metodo si divide il materiale in quattro aliquote e si portano avanti quattro reazioni diverse. In ognuna delle quattro aliquote c’è ovviamente un ddNTP diverso e di conseguenza in ognuna delle quattro aliquote la sintesi si arresta dopo una specifica base.

I ddNTP sono aggiunti in quantità limitata così che vengono inseriti con una certa frequenza e non in tutte le posizioni. La miscela di molecole di diversa lunghezza, specifiche per A per esempio, viene caricata, dopo aver effettuato una fase di amplificazione, in una corsia del gel mentre le altre tre adiacenti. specifiche per G, C e T, vengono caricate nelle tre corsie adiacenti. Dopo l’elettroforesi e l’esposizione radiografica la sequenza può essere letta. L’accuratezza della metodica del sequenziamento può essere aumentata sequenziando indipendentemente i due filamenti di DNA e le due sequenze ottenute devono essere esattamente complementari. Il metodo di Sanger si presta alla automazione. Esistono infatti oggi delle macchine automatiche (i più diffusi sono sequenziatori capillari) in grado determinare le sequenze di frammenti di DNA a doppia o singolo filamento di frammenti di PCR sfruttando la fluorescenza. Queste procedure usano primers (marcatura del DNA in 5’) o ddNTP (marcatura del DNA in 3’) legati a

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fluorofori diversi che emettono fluorescenza diversa. Il risultato di questa reazione produrrà dei frammenti di DNA nei quali le diverse basi saranno identificate da quattro colori diversi e ogni colorante reagisce alla luce emettendo una propria fluorescenza, ciò permette di effettuare le quattro reazioni in una provetta unica ed il caricamento di un unico pozzetto. In sostanza, durante l’elettroforesi il campione viene colpito da una sorgente luminosa (laser) ed emette una fluorescenza che viene rilevata da un sensore; il segnale elaborato da un opportuno software mostra in forma grafica a quattro colori la sequenza del DNA.

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7.2 AMPLIFICAZIONE

La metodica di sequenziamento precedentemente descritta, prevede una fase di amplificazione seguita da un processo di elettroforesi. La reazione di amplificazione prevede l’utilizzo di una miscela precostituita detta Mix Terminator Ready Reaction contenente tutti gli elementi necessari alla reazione, alla quale vengono aggiunti il primer e il campione da sequenziare. Tale miscela contiene la AmpliTaq DNA polimerasi FS, che è un enzima simile a quello prodotto dal Thermus Aquaticus, ad eccezione di due mutazioni sito specifiche introdotte. Una di queste mutazioni è localizzata nel sito catalitico dell’enzima e causa la sostituzione dell’aminoacido fenilalanina con una tirosina, determinando così un aumento della costante di associazione nei confronti dei dideossinucleotidi, che rappresentano un substrato non naturale per l’enzima. L’altra mutazione si trova nel dominio amino-terminale ed elimina l’attività nucleasica 5’ → 3’. L’enzima viene associato ad una pirofosfatasi stabile al calore che determina la scissione del pirofosfato inorganico generato nella formazione del legame fosfodiestere durante l’estensione del filamento di DNA impedendone l’accumulo. Un’elevata concentrazione di questa molecola favorirebbe la reazione inversa alla polimerizzazione: i nucleosidi marcati potrebbero essere staccati dal filamento in crescita e sostituiti da quelli non marcati. La Mix Terminator oltre alla polimerasi FS,

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contiene anche un tampone Tris-HCl pH 9, MgCl2, deossinucleosidi

trifosfato (dATPs, dCTPs, dUTPs, dITPs) e i quattro dideossinucleotidi marcati.

La miscela di reazione del volume totale di 20 µl è così composta: ƒ 4 µl di Terminator Ready Mix,

ƒ 3,2 µl di primer diluito 1:20,

ƒ x µl di campione da valutare in seguito alla concentrazione di DNA presente,

ƒ y µl di acqua demonizzata per raggiungere il volume totale. La miscela viene successivamente introdotta in un termociclizzatore e sottoposta ad un programma di 25 cicli secondo il seguente schema:

9 Fase di denaturazione: 10 secondi a 96°C, 9 Ibridazione del primer: 5 secondi a 50°C, 9 Fase di estensione: 4 minuti a 60°C.

Il prodotto di PCR così ottenuto deve essere purificato prima di procedere con l’elettroforesi.

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7.3 PURIFICAZIONE DELLA REAZIONE DI

SEQUENZA

I prodotti di PCR ottenuti devono essere purificati da eventuali residui di tampone, sali, nucleotidi marcati non incorporati ecc. i quali potrebbero interferire con la rivelazione della fluorescenza durante l’elettroforesi. Tale purificazione viene condotta utilizzando le colonnine Centri-Sep (Princeton Separation) le quali sono costituite da un gel liofilizzato che deve essere idratato con 800 µl di acqua demonizzata; si ottiene in questo modo un mezzo di purificazione che permette un’ottima separazione dei frammenti di DNA. E’ necessario, in questa fase di idratazione, accertarsi che nella colonna non si formino bolle, poiché queste potrebbero impedire un corretto processo di purificazione. Dopo aver lasciato le colonnine ad idratare per circa 30 minuti , si elimina l’acqua in eccesso per sgocciolamento e in un secondo momento eseguendo una centrifugata a 650 x g per 2 minuti. A questo punto si trasferisce la miscela proveniente dalla reazione di amplificazione al centro delle colonnine contenenti il gel idratato e si centrifuga nuovamente a 650 x g per 2 minuti, ottenendo così il campione purificato dai prodotti di scarto. Successivamente 5 µl del campione sono trasferiti in tubini e diluiti con 15 µl di acqua deionizzata, i tubini vengono chiusi con appositi tappi che impediscono l’evaporazione del campione.

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Infine il DNA viene sottoposto a denaturazione alla temperatura di 94°C per circa 2 minuti; subito dopo i tubini vengono posti in ghiaccio per impedire ai singoli filamenti di DNA di riappaiarsi: i campioni sono pronti per il processo di elettroforesi.

7.4 ELETTROFORESI

I frammenti di DNA denaturati vengono sottoposti all’analisi eseguita dal sequenziatore automatico ABI PRISM 310 DNA Sequencer. Tale strumento è composto da due unità: una camera elettroforetica dotata di un raggio laser fisso e un computer esterno collegato alla camera, corredato di un software in grado di analizzare l’emissione della fluorescenza. La camera elettroforetica è costituita da una zona contenete un carrello removibile sul quale vengono posizionati i tubi con la miscela da sottoporre al sequenziamento, i contenitori del tampone e dell’acqua deionizzata, il catodo ed un’estremità del capillare in cui avviene l’elettroforesi. Un’altra zona presenta un contenitore per il tampone di corsa in cui è posto l’anodo ed un sistema costituito da una siringa che inietta il polimero nel capillare. Infine vi è una zona di rilevazione, dove il capillare giunge in prossimità del raggio laser, per cui i fluorocromi dei campioni che migrano verso l’anodo si eccitano ed emettono fluorescenza. Per generare la differenza di potenziale necessaria per la corsa elettroforetica, il tampone di corsa (Genetic Analyzer buffer) deve

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essere a contatto con il capillare e con gli elettrodi. Il polimero utilizzato è il Performancer Optimizer Polymer 6% (POP-6). Quest’ultimo riempie completamente il capillare costituito da un sottilissimo tubo in vetro di 50 µm di diametro ed una lunghezza variabile in base alla corsa da effettuare. Tale tubo riempito di polimero rappresenta il luogo in cui avviene la separazione dei frammenti di DNA in base alle loro dimensioni. Il capillare presenta un rivestimento opaco per tutta la sua lunghezza, tranne che nella “regione finestra”, cioè nella zona di rilevazione dello strumento, a contatto con il raggio laser. Inizialmente il capillare e l’elettrodo sono immersi nel tampone di corsa in modo da generare la differenza di potenziale, poi vengono a contatto con il primo campione. L’iniezione di quest’ultimo all’interno del capillare si verifica per via elettrocinetica, ovvero in seguito al flusso di corrente che si genera dal catodo verso l’anodo. Successivamente il catodo e il capillare vengono di nuovo immersi nel tampone per generare una nuova differenza di potenziale che consenta la migrazione dei frammenti di DNA attraverso il polimero. Il sequenziatore è dotato anche di un contenitore con acqua deionizzata che serve per lavare il capillare quando si trasferisce da un campione all’altro.

I frammenti di DNA separati giungono quindi, in tempi diversi, nella “zona finestra” del capillare dove vengono a contatto con il laser, con il conseguente eccitamento del fluorocromo del frammento che

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emette una tipica fluorescenza. Questo raggio viene diretto attraverso una serie di lenti ad uno spettrografo che separa le lunghezze d’onda e le indirizza ad una camera CCD (Charge-Coupled-Device) dotata di filtri virtuali diversi a seconda dei fluorocromi che devono essere analizzati. Tale camera analizza lo spettro di emissione e converte il segnale luminoso in segnale digitale che viene memorizzato su un computer (Power Macintosh) per il successivo processamento. Il programma usato è ABI PRISM DNA Sequencing Analysis Software. In questo modo il nucleotide finale di ogni frammento è identificato dal fluorocromo all’estremità 3’ ed i frammenti di lunghezza diversa permettono di discriminare gradatamente tutti i nucleotidi. Alla fine della corsa la sequenza di bande di DNA marcato viene visualizzata in un unico grafico detto

elettroferogramma, caratterizzato da una successione di picchi di 4

colori diversi, che corrispondono alle emissioni fluorescenti dei diversi fluorocromi.

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8. ESTRAZIONE E AMPLIFICAZIONE DEL

GENOMA DI ALTRI VIRUS

I soggetti asmatici, come già detto in precedenza, non presentavano esacerbazioni della malattia, per cui non sono stati sistematicamente sottoposti ad indagini volte ad individuare i comuni agenti virali implicati nell’origine della riacutizzazione della malattia (Gern, 2000). Tuttavia i fluidi nasali dei soggetti sono stati esaminati per verificare la presenza di altri virus quali rinovirus, virus respiratorio sinciziale (RSV), adenovirus, influenza A e B, parainfluenza e metapneumovirus, agenti frequentemente coinvolti nelle

esacerbazioni asmatiche (Lemanske, 2003; Clare et al., 2004), e stabilirne una possibile associazione con la presenza ed il titolo di TTV.

8.1 ESTRAZIONE DELL’RNA VIRALE

L’RNA virale è stato estratto utilizzando il kit commerciale “QIAamp RNA Mini kit” che consente di purificare gli acidi nucleici da plasma, siero e fluidi corporei privi di cellule. L’RNA mostra una maggiore suscettibilità alla degradazione rispetto al DNA. Le DNasi infatti sono

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facilmente inattivate da agenti chelanti e dalla sterilizzazione in autoclave.

Le RNasi al contrario resistono all’ebollizione prolungata e alla sterilizzazione in autoclave e sono attive entro un ampio range di pH. Quindi prima di estrarre l’RNA è necessario adottare delle precauzioni con lo scopo di evitare qualsiasi contaminazione. Si utilizzano soluzioni e materiali sterili monouso RNasi-free; si indossano sempre guanti per evitare di introdurre nelle soluzioni RNasi batteriche e cellulari; si utilizzano pipette, puntali, provette, reagenti e tamponi esclusivi per l’estrazione dell’RNA. L’estrazione ha inizio con una incubazione per 10 minuti a temperatura ambiente del campione con il buffer di lisi AVL, precedentemente preparato, le cui condizioni sono altamente denaturanti garantiscono l’inattivazione delle RNasi. Il buffer AVL viene utilizzato dopo l’aggiunta del carrier poli A che ha il compito di facilitare il legame dell’RNA virale alla membrana della colonnina di estrazione, e limita la degradazione dell’acido nucleico in caso di eventuali attività residue di RNasi. Successivamente, per consentire la precipitazione dell’RNA, si aggiunge etanolo (96-100%), e dopo aver trasferito la miscela nelle apposite colonnine di estrazione si procede con i lavaggi: un primo lavaggio viene effettuato con il buffer AW1 seguito da un lavaggio con il buffer AW2. Infine si effettua l’eluizione con il buffer AVE contenente sodio azide (0,04%), dopo averlo lasciato ad incubare

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con la membrana della colonna per un minuto a temperatura ambiente. L’eluito così ottenuto viene conservato a -80°C fino al momento dell’utilizzo.

8.2 NESTED RT-PCR

Per la ricerca dei rinovirus (RV) nei fluidi nasali è stato utilizzato un saggio di nested RT-PCR, una metodica rapida e molto sensibile, messa a punto al fine di discriminare senza bisogno di passaggi aggiuntivi tali virus dagli enterovirus (Steininger et al., 2001).

La regione genomica al 5’ di RV, che risulta molto conservata e che per questo è stata scelta come bersaglio per l’amplificazione, presenta forti omologie di sequenza con quella corrispondente degli enterovirus.

I primers utilizzati per la trascrizione inversa e per il primo step sono: ƒ Rh1 (senso, 5’-CCCCTGAATG[CT]GGCTAACCT-3’),

ƒ Rh2 (antisenso, 5’-CGGACACCCAAAGTAGT[CT]GGTC-3’). Questo primers delimitano un frammento di 106 pb.

I primers utilizzati per il secondo step sono:

ƒ Rh3 (senso, 5’-GAATG[CT]GGCTAACCTTAA[AG]CC-3’), ƒ Rh4 (antisenso, 5’-CAAAGTAGT[CT]GGTCCC[AG]TCC-3’), che amplificano un frammento di 93 bp (figura II.4).

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Figura II.4: Regioni conservate al 5’ utilizzate come bersaglio di amplificazione nella nested RT-PCR. I siti di legame per i primers sono in relazione al genoma di RV 14.

La miscela di reazione per la trascrizione inversa contiene:

ƒ buffer EZ 5x (N,N-bis[2-hydroxyethy]glicine 250 mM [pH 8,2], acetate di potassio 575 mM, glicerolo 8% [vol/vol]),

ƒ acetato di manganese (soluzione 25 mM), ƒ primers (Rh1 e Rh2),

ƒ deossinucleotidi trifosfato (dNTPs: dATPs, dCTPs, dGTPs e dUTPs questi ultimi in sostituzione dei dTTPs),

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ƒ rTth DNA polimerasi (2,5 U/µl), ƒ acqua distillata a volume.

RTth DNA polimerasi è un enzima ricombinante derivato dal batterio

Thermus Thermophylus. Questo enzima è idoneo per la tecnica

RT-PCR in quanto, in presenza di manganese e sotto opportune condizioni del tampone di reazione, funziona sia come trascrittasi inversa che come DNA polimerasi estremamente termostabile in reazioni successive nella stessa provetta.

L’RNA genomico del virus viene estratto e quindi incubato con la miscela sopra descritta ad una temperatur di 60°C per 30 minuti, per favorire l’ibridazione specifica del primer antisenso sul genoma target. La rTth polimerasi sintetizza così il filamento di DNA (cDNA) complementare all’RNA stampo. La miscela, subito dopo la retrotrascrittasi, viene riscaldata per circa 20 secondi a 94°C all’interno del termociclizzatore; ciò permette la denaturazione dell’ibrido RNA/cDNA; segue il raffreddamento che favorisce il legame del primer senso alla sequenza specifica sul cDNA. Infine si ha l’attivazione della polimerasi che sintetizza il filamento di DNA complementare al cDNA. Si ottiene in questo modo, un doppio filamento di DNA il quale, dopo essere stato denaturato, fornisce due filamenti singoli che diventano il bersaglio di una nuova amplificazione. Dopo un numero definito di cicli ripetuti dallo strumento, si ottengono molte copie del frammento di 106 bp. Per

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prevenire l’eventuale possibilità di contaminazione con prodotti ottenuti da precedenti reazioni di amplificazione, viene aggiunto alla miscela del primo step l’enzima AmpErase UNG (Uracil-N-Glicosilasi), che ha la funzione di degradare le molecole contenenti dUTP, ma non quelle contenenti timina. L’enzima poi viene gradualmente inattivato dall’esposizione a 94°C per 20 secondi in tutti i cicli del primo step e dall’incubazione finale a 95°C per 2 minuti. Infine una certa quantità dell’amplificato ottenuto dal primo step viene aggiunta alla miscela del secondo step così costituita:

ƒ buffer Ez 10 x,

ƒ MgCl2 (soluzione 25mM),

ƒ dNTP,

ƒ primer Rh3 e Rh4

ƒ Taq Gold DNA polimerasi (5U/µl,enzima dotato di particolare sensibilità e specificità, che necessita di calore per l’attivazione dell’attività di polimerasi),

ƒ Acqua distillata a volume.

Con la reazione di amplificazione del secondo step in cui lo strumento ripete le fasi descritte per il primo step, si ottengono molte copie del frammento di 93 bp, compreso tra i due primers più interni.

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8.3 SISTEMA PER ANALISI IN PCR REAL-TIME

Per verificare la presenza, nei fluidi nasali dei soggetti in studio, di altri virus quali: respiratorio sinciziale (RSV), adenovirus, influenza A e B, parainfluenza e metapneumovirus, è stato utilizzato un sistema per analisi in PCR Real-Time (Light Cycler).

Light Cycler è uno strumento che consente di effettuare sedute di

PCR Real-Time on line: le sedute prevedono una amplificazione dell’acido nucleico e contemporaneamente la rivelazione del risulatato sul video in tempo reale. Grazie all’utilizzo di capillari di vetro borosilicato e allo scambio termico tramite aria, i tempi totali di reazione sono molto ridotti. La rivelazione si basa sulla lettura in tempo reale della fluorescenza emessa dai prodotti di amplificazione, direttamente nel capillare; la lettura avviene ad ogni ciclo su canali di lettura diversi. Utilizzando kit standardizzati si possono effettuare

analisi di melting, quantificazioni della carica virale e studi

dell’espressione genica. I kit Light Cycler utilizzano il principio delle sonde FRET (Fluorescence Risonance Energy Transfer); nella fase di appaiamento di ogni ciclo PCR insieme ai primer si posizionano sella sequenza target anche due sonde specifiche marcate con fluorofori: quanto si appaiano in posizione adiacente si ha emissione di fluorescenza. Nelle analisi di quantificazione il segnale fluorescente è proporzionale alla quantità di amplificato e aumenta con il progredire della reazione di amplificazione.

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9. ANALISI STATISTICA

I titoli di TTV ottenuti mediante Real-Time PCR sono stati convertiti in scala logaritmica in base 10 per approssimare i valori ad una distribuzione normale. L’eterogeneità delle tabelle di contingenza 2x2 per i confronti tra le frequenze è stata valutata mediante l’utilizzo del test chi-quadro di Pearson. Le differenze tra le medie delle distribuzioni sono state valutate mediante il test t di Student a due code. La forza dell’associazione fra le variabili è stata stimata grazie al coefficiente di correlazione di Pearson. Infine, per determinare la relazione tra la variabile indipendente (variazioni eNO) e altre variabili dipendenti è stata eseguita un’analisi di regressione lineare

multipla utilizzando il programma SPSS 8.0 per Window.

Figura

Tabella II.1: Caratteristiche generali dei soggetti adolescenti e pre- pre-adolescenti con asma arruolati nello studio
Tabella II.2: Terapia farmacologia somministrata ai soggetti asmatici nel periodo di  studio
Figura II.1: Schema generale della PCR (polymerase chain reaction)
Figura II.2: Schema generale della metodica Real Time PCR. R=  reporter; Q= quencer.
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Riferimenti

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