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A mia nonna, che sarebbe sicuramente stata la più orgogliosa di me.

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A mia nonna, che sarebbe sicuramente stata la più orgogliosa di me.

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INDICE

Introduzione………..4

CAPITOLO 1 – Il lusso e la sua evoluzione 1.1 – Breve storia del lusso………...7

1.2 – Il vecchio lusso ed il nuovo lusso………..13

1.3 – Il trading up ed il consumo voluttuario……….24

1.3.1 – Il trading up………24

1.3.2 – Il consumo voluttuario………31

1.4 – Uno sguardo al mercato asiatico del lusso………40

CAPITOLO 2 – Il vino 2.1 – La situazione del vino nel nostro paese……….47

2.2 – L’evoluzione del vino: da bevanda da pasto a bene voluttuario………...52

2.3 – Filmografia e bibliografia………..58

CAPITOLO 3 – Ricerca qualitativa e metodo di indagine 3.1 – La ricerca qualitativa……….66

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CAPITOLO 4 – I risultati della ricerca

4.1 – Gli scenari………..88

4.1.1 – Consumo individuale e domestico………..88

4.1.2 – Consumo individuale extra – domestico………91

4.1.3 – Consumo collettivo domestico………...93

4.1.4 – Consumo collettivo extra – domestico………...95

4.2 – Manipolazione del contesto………...96

4.2.1 – Sociale vs individuale……….96

4.2.2 – Domestico vs extra – domestico……….98

4.2.3 – Il prodotto: vino vs cioccolato………99

4.3 – Le dimensioni voluttuarie………103

4.3.1 – Lusso……….103

4.3.2 – Edonismo………..104

4.3.3 – Conspicuousness………...105

4.3.4 – Spreco………...107

4.3.5 – Le dimensioni mancanti: aristocrazia e moralità……..109

4.4 – Tematiche emergenti: l’evento, la celebrazione di un evento speciale e la malinconia………110

Le interviste………..114

Bibliografia………...218

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INTRODUZIONE

“Il vino è uno dei maggiori segni di civiltà nel mondo” E. Hemingway

Quando mi è stato proposto di svolgere una tesi sul vino, sono rimasto per un attimo interdetto. C’era un problema di base: la mia profonda ignoranza in materia. Per me il vino si riduceva ad una elementare dicotomia: mi piace – non mi piace, il tutto deciso semplicemente in base al gusto che mi lasciava in bocca. L’argomento però mi stuzzicava: era probabilmente una di quelle cose che nel subconscio ti riprometti spesso di fare, delle quali ti piacerebbe saperne di più ma per mancanza di tempo / voglia rimandi sempre. Accettai quindi di buon grado, deciso ad impegnarmi per cercare del materiale su un argomento che, secondo me e la mia beata ignoranza, non era poi stato così tanto trattato in passato. Mai considerazione fu più sbagliata: cominciai a cercare materiale empirico sul vino e sono stato letteralmente sommerso di risultati. Libri, film, articoli, che partono da quasi un secolo fa fino ad arrivare ai giorni nostri. Ho quindi iniziato a fare una cernita di quello che mi poteva interessare, poiché mi dovevo concentrare sul consumo voluttuario di vino. Scartati quindi tutto il materiale che trattava il vino come problema di alcolismo e dipendenza, ed escluso anche il materiale che andava troppo in là con gli anni, poiché il consumo voluttuario è una pratica relativamente recente.

Nel primo capitolo, quindi, traccerò una breve storia del lusso. Lungi da me entrare nello specifico dell’argomento, talmente vasto da richiedere più di un’elaborazione solamente per capire come si è evoluto nel corso dei secoli. Cercherò quindi di

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indicare quali sono state le tappe fondamentali per arrivare alla scissione che mi interessa per questa mia tesi: quella tra vecchio lusso e nuovo lusso.

Il vecchio lusso era legato principalmente alla classe aristocratica e si basava principalmente sugli attributi, sulle qualità e sulle caratteristiche intrinseche al prodotto stesso. Dalla metà degli anni ’80, il modo in cui la cultura definiva il lusso cominciò a spostarsi dall’attenzione sulla descrizione di un semplice oggetto ad una visione basata sull’esperienza del consumatore. E’ da qui che nasce il concetto di nuovo lusso, che si basa appunto sull’esperienza dalla prospettiva del consumatore, che non trova più piacere dal mero possesso di un bene di qualità superiore, ma si focalizza sull’esperienza incorporata in essi. In conclusione del primo capitolo, effettuerò una rapida panoramica sul mercato asiatico del lusso, che appare al giorno d’oggi quello in maggiore espansione e che giocherà sicuramente un ruolo di primo piano nei prossimi anni.

Nel secondo capitolo, mi occuperò del vino e di quale sia la sua situazione a livello di produzione e consumo nel nostro paese. Il consumo sta diminuendo in quantità ma ne sta guadagnando in qualità: tutti gli esperti sono concordi nel dire che l’immagine del vino sta cambiando, soprattutto fra le generazioni più giovani, dove non viene visto più come semplice bevanda da pasto ma, appunto, come bene voluttuario, dando particolare attenzione al lato sensoriale e sociale del suo consumo. In conclusione, effettuerò una rassegna di quelle che sono le opere, cinematografiche e letterarie, che ritengo più significative per far capire quale sia la nuova dimensione del vino, soprattutto sul piano della sensorialità.

Nel terzo capitolo si parlerà della ricerca qualitativa in generale e del metodo di indagine utilizzato in questa particolare indagine. Oltre al vino, verrà effettuato lo stesso tipo di indagine per il

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cioccolato, che ha delle caratteristiche che lo rendono molto simile al vino (provoca piacere sensoriale, non soddisfa bisogni primari) e ne fa quindi un bene ideale da usare come termine di paragone. Dopo aver effettuato, quindi, una breve panoramica sulla parte teorica della ricerca qualitativa, verrà descritto il metodo utilizzato, ovvero 25 interviste semi – strutturate condotte su soggetti esclusivamente maschili, in cui vengono descritte due diverse situazioni di consumo (una per il vino, una per il cioccolato) scaturenti da due diverse dimensioni indagate: consumo individuale e collettivo, consumo domestico ed extra – domestico. Nelle situazioni di consumo vengono usate rispettivamente una bottiglia di Brunello di Montalcino (prezzo di circa 45 €) e una tavoletta di cioccolato Lindt Excellence (prezzo di circa 12 €). Sono state marche scelte per un buon compromesso tra notorietà e qualità, il prezzo infatti è più alto della media della categoria ma è comunque accessibile a tutti. I risultati derivanti da queste interviste vengono presentati nell’ultimo capitolo, in cui, oltre ad un’analisi individuale delle quattro situazioni di consumo, viene anche esaminato quale delle sei dimensioni del consumo voluttuario trova maggiore riscontro.

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CAPITOLO 1: IL LUSSO E LA SUA

EVOLUZIONE

1.1 - BREVE STORIA DEL LUSSO

Quando ci si appresta ad esaminare un fenomeno vasto ed eclettico come è il lusso, ci si ritrova sempre in difficoltà per capire da quale prospettiva approcciare lo studio. Non è mia intenzione in questa sede discutere in maniera approfondita di come il lusso sia nato e di come si sia evoluto nel corso dei secoli; quello che mi interessa è illustrare brevemente le tappe fondamentali che hanno portato alle nuove pratiche di consumo nel mercato del lusso odierno, ovvero il trading up e il consumo voluttuario, che sono quelle su cui mi voglio concentrare per questa mia ricerca.

Nei secoli passati il tema del lusso ha ispirato una lunga e ricca riflessione legata soprattutto a questioni morali e filosofiche. Le discussioni più antiche risalgono ai tempi dell’antica Grecia, ed hanno raggiunto il loro apogeo con la famosa “questione del lusso” del XVIII secolo. Per la maggior parte delle scuole filosofiche greche e fino all’Illuminismo il lusso, in quanto sinonimo di eccesso e vanità, non poteva che allontanare l'uomo dalle gioie della semplicità, dell'indipendenza, della forza interiore. Inducendolo ad una corsa forsennata verso i falsi piaceri, rammollendo il corpo e lo spirito, il lusso era additato come il vero responsabile della corruzione dei costumi (Lipovetsky, 2008). Non stupisce, quindi, che nel corso dei secoli sono stati molti i tentativi di frenare il consumo di lusso.

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Basti pensare alle famose leggi suntuarie, di cui si hanno le prime tracce addirittura al tempo dei Romani. Le leggi suntuarie sono leggi che tentano di regolare le abitudini di consumo, in particolare limitando il lusso nella moda maschile e femminile, oppure obbligavano determinati gruppi ad indossare segni distintivi (in Italia per esempio gli ebrei erano costretti ad indossare un cappello a punta o un segno distintivo sul braccio e le prostitute erano obbligate ad indossare determinati colori a seconda della città). Nel corso dei secoli, le leggi suntuarie sono state usate in particolar modo dagli aristocratici per impedire che le persone di classe inferiore imitassero i loro usi e costumi: nonostante la loro severità le leggi suntuarie furono quasi sempre puntualmente disattese ed alle fine del XVIII secolo scomparvero definitivamente.

Altri metodi che nella storia hanno cercato di limitare il consumo di beni di lusso, sono le norme sociali, che sono regole che tendono a limitare gli incentivi individuali ad ingaggiare varie attività, tra cui appunto il consumo di beni di lusso. Queste norme solitamente venivano imposte da dottrine religiose o da altri gruppi specifici come i Puritani. Infine abbiamo le tasse sui beni di lusso, il metodo più diretto e di più semplice applicazione (basti pensare alla tassa sugli schiavi nell’antica Roma).

Tutti questi metodi però non sono riusciti nel loro intento e spesso hanno portato a malumori e rivolte, la più eclatante delle quali è appunto la Rivoluzione Francese del 1789 che per molti segna la fine dell’applicazione delle leggi suntuarie.

Da quel periodo in poi la natura morale ed economica del lusso ha costituito l’argomento centrale dei ragionamenti dell’epoca: si cercava di assegnare al lusso una propria dimensione, consci del

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fatto che alcuni settori dell’economia già da qualche secolo venivano trainati da esso (vendita di opere d’arte e moda). Ed è proprio grazie a questi settori che potremmo definire “pionieri” che nasce quello che oggi viene identificato come “vecchio lusso” e sulla cui analisi vi rimando ai paragrafi seguenti.

Sono state fornite varie interpretazioni del lusso e delle sue forme: per lungo tempo l’interpretazione dell’economia ha tradizionalmente inserito il concetto di lusso nell’ambito del confronto dicotomico tra necessità e superfluo ed analizzato i beni di lusso in termini di elasticità di prezzo. Il lusso rimane comunque un concetto relativo, in cui è rintracciabile una duplice valenza: da un lato qualitativa e dall’altro quantitativa ed è proprio in questa sua relatività che la storiografia ha spesso finito per invischiarsi. Solo recentemente, a partire dagli anni Ottanta, che nell’ambito della storia materiale il dibattito sui consumi ed in particolare sul consumo di lusso ha apportato nuovi approcci interpretativi, concorrendo ad una lettura del fenomeno del lusso in relazione agli aspetti economici, sociali e culturali legati ai comportamenti di consumo sia nelle società del passato che in quelle contemporanee.

All’interno delle più recenti riflessioni sul tema, sono rintracciabili due principali filoni di studio: quello prevalentemente anglosassone che ha inteso esaminare il lusso nell’ambito del processo di progressiva diffusione dei consumi nel corso del XVIII secolo, e quello francese, che alla luce dell’espansione contemporanea del fenomeno del lusso propone una riconsiderazione di lungo periodo dei suoi caratteri culturali e sociologici.

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Come precedentemente detto, molti autori, filosofi, sociologi, hanno scritto sull’argomento del lusso. Fra questi, volevo porre l’attenzione su due di loro e sulle loro opere: Lipovetsky (2003) sottolinea che “il lusso costituisce innanzi tutto un fenomeno di cultura, di attitudine mentale che si diffonde nel corso dei secoli adattandosi ai diversi contesti economici, politici e sociali”. Concetto in parte confermato da James Twitchell, nel suo libro Living it Up: Our Love Affair with Luxury, egli dice “il lusso è sempre un concetto sociale. Lo abbiamo sempre avuto; ne abbiamo bisogno; se non lo avessimo, lo creeremmo. Anche se in realtà non esistesse veramente (…) il lusso non è altro che ciò che dichiariamo che sia”. E poi continua “Quello che rende le cose complicate è che, quasi senza possibilità di errore, l’indulgenza di una generazione diventerà una necessità per la generazione successiva (…) Prima della Seconda Guerra Mondiale, avere una casa grande era una necessità, poiché le generazioni vivevano insieme. Ora è un lusso.” (Twitchell, 2002, p. 43).

Fra le opere più importanti ho deciso di citarne due che per motivi diversi sono state considerate pietre fondamentali della letteratura sull’argomento.

La prima è “Teoria sulla classe agiata” (1899) di Thorstein Veblen. Quest’opera è considerata la prima di un certo rilievo incentrata sul consumo. Veblen afferma che le classi sociali non sono più definite in base al lavoro che svolgono, ma attraverso i beni e le ricchezze possedute, che vengono tramandate di generazioni in generazione. I beni assumono quindi un ruolo di differenziazione sociale, e la ricchezza si dimostra attraverso l’”agiatezza vistosa” ed il “consumo vistoso”: ovvero, coloro che possono permettersi di non lavorare e di ostentare comunque un

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elevato benessere economico attraverso lo sfoggio di beni verranno considerati come la classe benestante. Da queste affermazioni nasce anche la “trickle-down theory” di Simmel (teoria del gocciolamento verso il basso): è una teoria secondo la quale l’evoluzione della moda, e più in generale dei beni di lusso, avviene seguendo un percorso dall’alto verso il basso nella stratificazione sociale, sulla base dei principi dell’imitazione (da parte delle classi inferiori che aspirano a raggiungere i ceti più elevati acquistando i loro stessi beni) e della differenziazione (da parte dei ceti superiori che vogliono distinguersi dalla massa).

La seconda opera è quella di Sombart, Luxus und Kapitalism (1913) che risulta essere, ancora ad oggi, una delle più complete e sistematiche riflessioni di lungo periodo sul lusso e sulle sue implicazioni economiche. Essa descrive, dal XV secolo in poi, il lusso nelle sue accezioni e declinazioni: dalla nascita nelle corti italiane, alla sua diffusione nell’ambito degli Stati Europei sino alla sua trasformazione nel corso del XVIII secolo da lusso elitario in un commercio democratico. Sombart evidenzia l’apporto dell’economia del lusso allo sviluppo del capitalismo moderno, come fattore di accelerazione del processo capitalistico, quale “moltiplicatore” del consumo e degli investimenti.

Un contributo decisivo alla diffusione del lusso viene attribuito alla trasformazione della relazione tra i sessi, e soprattutto al ruolo della donna. In particolare nell’ultimo capitolo relativo alla nascita del capitalismo dal lusso, attraverso la raccolta di numerosi materiali e documenti, descrive e classifica i caratteri dell’economia del lusso: prodotti, commerci, industrie ed infine consumi. Proprio quest’ultimo elemento costituisce nella sua tesi il fattore declivio che tramite la sua diffusione ed ampliamento

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ha consentito il processo capitalistico, e che assegna al lusso il ruolo di padre del capitalismo. Sombart più che dimostrare la validità del suo enunciato, ha inteso fornire la base e la documentazione necessaria per le successive generazioni degli storici dell’economia, a cui lasciava il compito di comprovare ed avvalorare il suo assunto.

Le moderne critiche al concetto di lusso amano basarsi sul fatto che le ricerche hanno dimostrato che le persone che possiedono oggetti di lusso non sono necessariamente più felici di coloro che non li hanno. Quello che le ricerche non dicono è che le persone che non possono permettersi di effettuare acquisti voluttuari sono definitivamente infelici per non essere ammessi dentro questa ristretta cerchia. I consumatori si muovono su diversi stadi: dall’adolescenza, dove il consumo ha un ruolo fondamentale, all’età media, dove cessa di essere così importante, all’anzianità, dove possedere certi oggetti può anche essere considerato un intralcio (Twitchell, 2002, p. 35).

Per quanto riguarda la storia del lusso in Italia, nonostante l’industria del lusso venga oggi comunemente considerata come il filo rosso dell’industrializzazione italiana, solamente a partire dagli ultimi decenni l’ottica di indagine si è spostata dal lato della domanda, grazie soprattutto agli studi di Richard Goldthwaite, che ha evidenziato come a partire dal Rinascimento i consumi di lusso iniziarono a costituire uno dei principali caratteri dell’aristocrazia italiana. A partire dal XV secolo, i consumatori iniziarono a definire se stessi attraverso la quantità e la qualità dei beni durevoli prescelti: il bene dal suo valore d’uso divenne portatore di significati più ampi e sofisticati, quali il gusto, l’eleganza e la rappresentazione di se stessi.

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Benché sia dal lato dell’offerta che da quello della domanda la storiografia italiana sull’economia del lusso abbia dato nuovi e significativi apporti all’argomento, appare ancora incompleto un quadro complessivo dell’evoluzione del lusso, soprattutto dei rilevanti cambiamenti succedutisi degli aspetti materiali del bene si lusso e più in generale nell’evoluzione dei consumi.

Le ultime pubblicazioni sul lusso in Italia riguardano nella maggior parte dei casi la storia del pensiero economico, la moda, il marketing, la comunicazione, la sociologia e il design. Ad oggi, non appare nel panorama storiografico italiano alcun contributo sulla storia economica e sociale del lusso in un’ottica di lungo periodo, che a partire dalla civilizzazione del Rinascimento, esamini il lusso, nella sua natura e dimensione, sia dal lato del consumo, che da quello della produzione, del commercio e quindi della distribuzione.

1.2 - IL VECCHIO LUSSO ED IL NUOVO LUSSO

Come abbiamo visto nel precedente paragrafo, il consumo dei beni di lusso nei secoli scorsi era legato soprattutto (se non esclusivamente, in alcune situazioni) alla classe aristocratica. Quello che definiamo vecchio lusso quindi era un concetto che partiva dalle classi più alte della società, che con le loro scelte di consumo stabilivano cosa rappresentasse un oggetto di lusso e cosa no. Una volta che il concetto veniva abbracciato dalla nobiltà, inevitabilmente seguiva tutto il processo che rappresenta la naturale evoluzione di tutti i concetti di lusso: dalla classi (aristocratiche) alla massa. Infatti, il naturale percorso che

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effettuano gli oggetti di lusso è quello di venire introdotto ed adottato dai cosiddetti “affluenti” (Danziger, 2005, p. xiii), ovvero coloro con ampie disponibilità economiche; dopo, inevitabilmente, il concetto viene tradotto e re-interpretato dalla massa, così quello che è il lusso di oggi diventa la necessità di domani. Così, quando gli aristocratici venivano “raggiunti” nei loro usi e costumi dalla massa, tentavano nuovamente di differenziarsi attraverso nuove abitudini e nuovi oggetti, come descritto nella teoria del “trickle-down” di Simmel.

Il vecchio lusso, quindi, si basava principalmente sugli attributi, sulle qualità e sulle caratteristiche del prodotto, e la maggior parte del fascino derivava proprio dallo status che ne scaturiva e dal prestigio. Gli aristocratici, in sostanza, per differenziarsi dalle masse puntavano sempre con più convinzione sui materiali più pregiati ed esclusivi. Il lusso era definito dal punto di vista dell’oggetto stesso, era intrinseco all’oggetto ed era attraverso le sue qualità che il lusso era definito.

Ecco una lista più esaustiva di quelle che erano le caratteristiche dei beni del vecchio lusso (Danziger, 2005, p. 20):

 Qualità premium per tutti i prodotti della linea, dal più costoso al meno;

 Maestria, spesso ereditaria del designer originale;

 Stile riconoscibile, così che il consumatore sapiente non ha bisogno di guardare l’etichetta per riconoscere la marca;

 Produzione limitata, per assicurare esclusività e possibilmente generare una lista di attesa fra i consumatori;

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 Programmi di Marketing che supportano, attraverso la distribuzione limitata ed un prezzo premium una posizione di mercato che combina un appeal emozionale con l’eccellenza del prodotto;

 Reputazione globale;

 Associazione con un paese di origine che ha una reputazione molto forte di eccellenza come risorsa per la categoria di prodotto;

 Elemento di unicità per ogni prodotto;

 Incorporare la personalità ed i valori del suo creatore.

Durante il ventesimo secolo, il lusso ha perso la maggior parte della sua componente aristocratica e della sua contaminazione morale. Con questa perdita, è diventato disconnesso da quella che era l’accezione originaria del termine. Il lusso, durante il secolo scorso, è diventata una parola che descrive un prodotto, un’azienda, una cosa oggettiva. E’arrivato a significare qualcosa di costoso, che si possono permettere solo i ricchi, un oggetto di una qualità trascendentale, il meglio del meglio. Con l’obiettivo rivolto sulle qualità intrinseche dell’oggetto stesso, il lusso è diventato un oggetto che costa molto e che esibisce eleganza e sontuosità. Per la maggior parte del XX secolo, il lusso ha descritto e tracciato lo stile di vita dell’elite, le cose che compravano ed i luoghi dove abitavano (Danziger, 2005, p. 18).

Questo può essere identificato come il periodo di transizione del passaggio dal vecchio lusso al nuovo lusso. Si era ormai lontani dall’idea del lusso delle grandi aristocrazie europee dei secoli

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passati, ma non si era ancora arrivati all’idea di lusso accessibile che caratterizza il nuovo lusso. Inoltre si può affermare che è definitivamente scomparsa quella componente ideologica e morale che metteva in guardia e non vedeva di buon occhio gli eccessi e gli abusi che scaturiscono dal consumo di beni di lusso. Dalla metà degli anni ’80, il modo in cui la cultura definiva il lusso cominciò a spostarsi dall’attenzione sulla descrizione di un semplice oggetto ad una visione basata sull’esperienza del consumatore. E’ da qui che nasce il concetto di nuovo lusso.

Pamela Danziger ha ipotizzato di riuscire ad individuare un preciso anno in cui si può affermare che è nato il nuovo lusso negli Stati Uniti: il 1984. Questo a causa di alcuni avvenimenti socio-economici molto importanti:

 è l’anno in cui il Presidente Reagan vinse con ampio margine per il suo secondo mandato; l’economia letargica è l’attenzione posta sulle piccole cose invocata dal presidente Carter erano ormai un lontano ricordo, ed i consumatori americani guardarono con rinnovata fiducia al mercato, facendo registrare un’importante ripresa economica (una crescita del 7,2%, la più alta dal 1951). Famosa anche la passione della sig.ra Reagan per gli abiti di alta moda e l’imponente restauro che ordinò per la Casa Bianca;

 Bernard Arnault acquistò la casa di abiti di lusso Christian Dior, che divenne successivamente la pietra miliare del più grande conglomerato di merci di lusso, LVMH (Louis Vuitton Moet Hennessy). Oggi, l’impero LVMH racchiude alcune fra le più importanti etichette di beni di lusso per quanto riguarda vino ed alcolici, gioielli, orologi, moda, profumi e cosmetici. E’ uno dei battistrada del marketing globale dei beni di lusso;

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 American Express lancia sul mercato la sua Superpremium American Express Platinum Card ad un esclusivo gruppo di benestanti possessori di carte American Express. Il prezzo la poneva al di sopra delle esistenti Gold e Green Card, ed era particolarmente indicata per i consumatori di lusso appassionati di viaggi.

Indipendentemente da quale possa essere considerato l’anno di nascita, era evidente che era nato un nuovo modo di concepire e vivere il lusso. Il modello per il mercato del nuovo lusso è basato su un consumatore altamente individualista guidato da nuovi bisogni e desideroso di esperienze. Il nuovo lusso definisce la categoria dal punto di vista del consumatore: essi si focalizzano sull’esperienza incorporata nei beni e nei servizi di lusso che acquistano, non semplicemente nel mero possesso o nella proprietà. Il nuovo lusso si basa sull’esperienza dalla prospettiva del consumatore. Rigettando lo status ed il prestigio tipici del vecchio lusso, il nuovo consumatore abbraccia un’idea democratica del nuovo lusso: è per tutti ed è differente per tutti.

Non pensiamo più alla vecchia aristocrazia che faceva di tutto per distinguersi dalla massa: il consumatore dei nuovi beni di lusso non vuole essere esclusivo, vuole godersi l’esperienza derivante dal suo acquisto e spesso capita che vivere una determinata esperienza insieme ad altre persone la renda più piacevole ed esclusiva.

In una recente ricerca effettuata da Van Boven e Gilovich ed intitolata “To do or to have? That is the question”, gli autori si sono chiesti quale tipo di acquisto rendesse i consumatori più felici: l’acquisto esperienziale o quello di beni materiali? Il 60% degli intervistati ha dichiarato che sono gli acquisti esperienziale

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quelli che rendono la vita migliore. Fra i motivi di questa scoperta, gli autori sostengono innanzi tutto che gli acquisti esperienziale sono più importanti per l’identità di un individuo “La vita di una persona è quasi letteralmente la somma delle sue esperienze. L’accumulo di esperienze soddisfacenti crea così una vita più ricca. I beni materiali, per quanto possano essere gratificanti, non entrano a far parte dell’identità di un individuo, rimanendo separati da colui che li possiede”.

In altre parole, le esperienze sono centrali nell’aiutare le persone a realizzare la propria identità ed espressione di sé, ed anzi questa ricerca continua della realizzazione di sé e molto più pronunciata tra le persone più benestanti. Inoltre le esperienze hanno un grande valore sociale se condivise con qualcuno. Analizzando i beni presenti nell’ambito del neo lusso, molti autori si sono cimentati nell’effettuare delle divisioni in categorie.

Dal lato dei beni, la suddivisione che ritengo sia la più utile ai fini della mia ricerca è questa (Silverstein, 2003, pp. 6 ss.):

 Beni Superpremium Accessibili  sono quelli che costano di più, o quasi, nella loro categoria: rispetto all’offerta tradizionale, hanno un prezzo premium considerevole, ma restano comunque accessibili ai consumatori di fascia media poiché sono articoli con un prezzo assoluto relativamente basso (es. super-alcolici);

 Brand Extension del Vecchio Lusso  sono versioni più economiche di prodotti creati da aziende i cui brand sono tradizionalmente alla sola portata dei ricchi (es. Mercedes);

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 Masstige  neologismo inglese che indica il £prestigio accessibile alla massa”. Questi beni hanno un prezzo che non arriva al top della loro categoria, occupano una zona grigia del mercato, quella tra la massa e l’elite, comportano un prezzo premium rispetto ai prodotti tradizionali ma hanno un prezzo molto inferiore rispetto ai beni delle altre categorie.

Nonostante l’ampia gamma di prezzo dei beni del neo lusso e la varietà di categorie a cui appartengono, possiamo ravvisare alcune caratteristiche particolari che attraversano tutte le categorie e le fasce di prezzo e che li distinguono dai beni superpremium, da quelli del vecchio lusso ed anche dai prodotti tradizionali di fascia media:

 I beni del neo lusso fanno sempre leva sull’aspetto emotivo: essi coinvolgono emotivamente i consumatori molto più degli altri beni ed il coinvolgimento tende a diventare più intenso e duraturo man mano che il prezzo assoluto sale;

 Il coinvolgimento emotivo è condizione necessaria ma non sufficiente per confermare l’appartenenza di un prodotto al neo lusso; la connessione con il consumatore deve avvenire su tutti e tre i livelli di quella che viene chiamata una “scala di benefici”. Prima di tutto, deve distinguersi a livello di design, di tecnologia o di entrambi. Secondo, queste particolarità a livello tecnico devono comportare una performance funzionale superiore rispetto agli altri prodotti.

Alcuni autori (Silverstein, 2003, p. 25) ritengono che, studiando i consumatori del mercato del neo lusso, sia emerso il fatto che non esiste un consumatore “tipo”, quantomeno a livello demografico. Essi hanno però dei comportamenti in comune:

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quasi tutti (96,2%) sono disposti a “pagare di più” per almeno un tipo di prodotto che rivesta per loro una certa importanza; quasi il 70% ha identificato ben 10 categorie verso le quali spende somme sproporzionate rispetto a quelle che riserva per altre categorie. Tuttavia, solo la metà (il 48,4%) degli intervistati è pronta a spendere il più possibile per i beni di una categoria specifica.

I consumatori del neo lusso sono definiti dal loro comportamento di acquisto altamente selettivo. I criteri alla base dei loro acquisti selettivi sono sia razionali, sulla base di considerazioni tecniche e funzionali, sia emotivi.

Le donne sono le principali consumatrici del neo lusso. Oggi, gran parte delle donne appartiene alla forza lavoro e guadagnano stipendi più alti che mai prima d’ora. Le singles, oggi, sono molte di più; hanno meno probabilità di sposarsi e se lo fanno accade più avanti negli anni. Questa corte di giovani singles lavoratrici ha una grande influenza sul mercato del neo lusso, con il doppio ruolo di consumatrici e di tastemaker (influenzatrici del gusto). Esse hanno pochi obblighi finanziari , non hanno famiglie da mantenere e di solito sono troppo giovani per preoccuparsi di risparmiare per la pensione o per l’educazione dei figli che non hanno ancora avuto.

Altri autori (Danziger, 2002, p. 80), nonostante come abbiamo visto non esista un modello tipo a livello demografico del consumatore del neo lusso, hanno segmentato il mercato dal punto di vista della domanda. Da questa ricerca sono emersi quattro tipi di consumatori del lusso:

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 Luxury Cocooners  rappresentano circa il 24% del mercato. I luxury cocooners impiegano il loro tempo per rendere sempre più lussuosi i loro “nidi”, ed esprimono la loro identità attraverso i loro acquisti di lusso;

 Butterflies  rappresentano circa il 30% del mercato. Sono i più evoluti consumatori del mercato del lusso, sanno perfettamente che l’acquisto di beni materiali non li renderà più felici. Anche se appaiono meno materialisti di altri, sono altamente coinvolti dai loro acquisti. Si focalizzano sulle loro esperienze personali con i beni di lusso e cercano di bilanciarsi tra la loro vita emozionale ed il mondo che li circonda all’inseguimento del lusso;

 Luxury Aspirers  rappresentano circa il 26% del mercato. Questa categoria di consumatori non ha ancora raggiunto il livello di lusso al quale aspirano. Vedono il lusso come un’espressione di quello che hanno e di quello che possiedono. Per questa categoria, il lusso trova la sua massima espressione nelle cose e nelle marche che comprano e mostrano;

 X-Fluents (Estreme Affluents)  rappresentano circa il 20% del mercato. Sono i consumatori del mercato del lusso più indulgenti, comprano più frequentemente e spendono di più. Sebbene condividano un desiderio per le esperienze che gli oggetti di lusso concedono, a differenza dei Butterflies sono ben ancorati al mondo reale. Sono molto coinvolti nel loro stile di vita lussuoso e si impegnano molto per mantenerlo.

Abbiamo detto che i consumatori nel mercato del lusso sono caratterizzato da un comportamento di acquisto molto selettivo, e che le loro scelte sono guidate sia da considerazioni tecniche e

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funzionali, sia da considerazioni emotive. Quali sono allora queste motivazioni? Cosa spinge i consumatori ad acquistare un determinato bene o servizio in un mercato mosso da regole del tutto particolari ed uniche? Al contrario di quanto si potrebbe pensare, la pubblicità non è uno dei fattori che influenza maggiormente le scelte di acquisto. In una ricerca condotta dalla Unity Marketing è risultato che la maggior parte delle pubblicità (cartacee, televisive, alla radio, ecc.) non funzionano molto bene nel generare vendite o a guidare gli acquisti.

Agli intervistati è stato chiesto di classificare otto diversi fattori che sono riconosciuti universalmente come “influenzatori” delle scelte di acquisto. La pubblicità è risultata decisamente all’ultimo posto. Questi sono i risultati:

1) Rapporto qualità \ prezzo; 2) Reputazione azienda o marchio;

3) Reputazione negozio o fornitore del luogo di acquisto; 4) Raccomandazioni degli amici;

5) Articoli e riviste specializzate; 6) Internet e sito web;

7) Informazioni del venditore; 8) Pubblicità.

Nonostante ci sia qualche differenza in questa classifica se andiamo ad analizzare nel dettaglio le varie categorie di consumatori (ad esempio, per gli Extreme Affluents il consumo di beni di lusso non ha niente a che vedere col denaro: essi possono permettersi di pagare il prezzo pieno praticamente per qualunque categoria di beni) il risultato è chiaro. La pubblicità influenza molto poco le scelte di acquisto nel mercato dei beni e servizi di lusso.

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Abbiamo quindi analizzato le caratteristiche salienti e gli attori principali di quello che viene ormai comunemente definito come neo lusso, o lusso accessibile. I prodotti del lusso accessibile costano dal 50% al 300% in più dei prodotti concorrenti, ma rimangono comunque alla portata delle tasche di una larga fetta della popolazione. Ci sono diversi fattori sociali, che abbiamo sotto gli occhi tutti i giorni, che hanno contribuito al boom del lusso accessibile:

 Maggior ricchezza disponibile per le famiglie  nonostante un minor dinamismo dell’economia, gli italiani che rientrano nel primo quintile dispongono di un reddito pro-capite superiore del 20% rispetto a quello di 13 anni prima;

 Crescente tasso di partecipazione delle donne al lavoro  questa crescente partecipazione è a sua volta una causa della maggior ricchezza disponibile per le famiglie. Le statistiche ufficiali in Italia dicono che in 3 famiglie su 10 è la donna che percepisce il reddito maggiore. Il massiccio ingresso femminile nel mondo del lavoro, ha portato a delle implicazioni non indifferenti. Tra queste, la necessità crescente di prodotti ad alto contenuto di servizio, tipicamente premium e con un’elevata capacità di gratificazione. Molte lavoratrici tendono infatti a concentrare la propria capacità di spesa in beni ad alto contenuto emotivo. Per concludere, le donne sono universalmente riconosciute come il principale motore del neo lusso;

 Allungamento del periodo di “corteggiamento”  il cosiddetto periodo di corteggiamento, ovvero il periodo in cui un individuo viene sottoposto alle pressioni pubblicitarie per prodotti che lo

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riguardano come categoria o come età, si è nettamente allungato ed ora va dalla pubertà alla nascita dei primi figli;

 Aumento dei single  i single che vivono in casa dispongono di una quantità significativa di reddito, che viene tipicamente dirottata su spese non strettamente necessarie ma che servono ad investire sulla propria immagine e/o per gratificare un eventuale partner (auto sportiva, tv al plasma, ecc.).

Il boom del lusso accessibile ha portato alla nascita di nuove pratiche di consumo, che andremo ad analizzare nel successivo paragrafo.

1.3 - IL TRADING UP ED IL CONSUMO VOLUTTUARIO

1.3.1 - IL TRADING UP

La pratica del trading up consiste nel pagare un prezzo premium per categorie speciali di beni, appartenenti a quello che abbiamo definito come neo lusso: prodotti e servizi caratterizzati da un livello più alto di qualità, di raffinatezza e di attrattiva rispetto agli altri prodotti della stessa categoria, ma non ancora così costosi da risultare inarrivabili. Questi beni sono venduti allo stesso tempo ad un prezzo molto più alto di quelli tradizionali ed a volumi molto più alti dei tradizionali beni di lusso: di conseguenza si sono spinti in territori precedentemente inesplorati, ben oltre la nota curva di domanda prezzo – volume.

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Il fenomeno del trading up si sta verificando in moltissime categorie di prodotti e servizi, con prezzi che variano da pochi euro a decine di migliaia. A fare trading up ogni giorno sono i tipi di persone più diverse, in molte categorie di prodotto e per molte diverse ragioni. Ci sono alcune categorie però che lo effettuano più spesso di altri:

 Le mamme quando scelgono i prodotti per i loro bambini;  L’adolescente quando compra gli occhiali ed il motorino;  La giovane coppia quando seleziona la lista di nozze;  Il single trentenne che arreda la sua nuova casa;

 Il professionista che cambia l’automobile o sceglie il gestore dei suoi risparmi;

 La donna che compra biancheria intima e prodotti di bellezza;  La coppia di pensionati abbienti che si regala una vacanza o

seleziona la casa di cura per un’operazione chirurgica.

Non sempre il trading up è stimolato dalla ricerca della felicità e della realizzazione personale; molto lo applicano solo per gestire lo stress o un periodo difficile. Chi pratica il trading up fa economia, tagliando le spese in diverse altre categorie di prodotti (trading down) per potersi permettere i propri acquisti di beni del neo lusso, finendo per polarizzare il budget domestico. Quando trading up e trading down si combinano, si arriva ad una disarmonia dei consumi: le abitudini di spesa di un consumatore non sono sempre adeguate al suo reddito. Man mano che i

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consumatori cominciano ad essere più selettivi nei loro acquisti, tramite il trading up ed il trading down, finiscono per ignorare il classico prodotto di prezzo medio, che non è in grado di apportare la scala di benefici (benefici sia tecnici che funzionali, sia emotivi). Perché dunque acquistare un prodotto che non offre né un vantaggio a livello di prezzo, né un beneficio funzionale od emotivo? Le aziende che commercializzano questo tipo di prodotti corrono il grave rischio di morire nella cosiddetta “terra di mezzo”, perché non riescono a raggiungere il prezzo dei prodotti a basso costo, né il coinvolgimento emotivo dei beni del neo lusso.

Il fenomeno del trading up è emerso come risultato di una convergenza di forze sociali e fattori economici, alcuni dei quali corrispondono ai motivi del boom del neo lusso.

Dal punto di vista della domanda, il trading up è spinto da un mix di cambiamenti demografici e culturali, che in parte abbiamo già analizzato nel paragrafo precedente: più ricchezza a disposizione delle famiglie; ruolo dominante delle donne in questo tipo di mercato, sia come consumatrici, sia come decisori di spesa; la famiglia tradizionale sta perdendo la sua posizione di dominio, le donne e gli uomini si sposano molto più tardi e fanno meno figli ed il risultato è che ci sono sempre più single che hanno più soldi da spendere per se stessi. Oltre a questo, bisogna aggiungere qualche altra considerazione:

 Aumento della ricchezza dovuta al risparmio relativo agli acquisti presso i grandi discount: le grandi catene hanno ridotto talmente i costi e compresso i margini da ridurre il costo della vita per i consumatori di fascia media;

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 Il profilo del consumatore medio sta cambiando: egli ha studiato di più, è più sofisticato, ha viaggiato di più ed è più selettivo che mai; è maggiormente consapevole del suo stato emotivo e si comporta di conseguenza.

Per quanto riguarda il lato dell’offerta, alcuni fattori hanno avuto un impatto ugualmente rilevante, arrivando a definire la tipica impresa del neo lusso:

 Maggiore accettazione e ruolo sempre più centrale della figura dell’outisder, cioè di quell’imprenditore che raccoglie idee e ispirazione da fonti esterne ad un determinato settore, respinge l’opinione diffusa tra i leader di mercato e sceglie di operare al di fuori del sistema;

 Cambiamenti nel mondo della distribuzione, che hanno aumentato la disponibilità dei beni del neo lusso (la grande distribuzione mette in vendita sempre più articoli premium);

 Globalizzazione del business e del commercio: l’apertura delle barriere commerciali, le crescenti capacità dei fornitori globali di servizi e l’abbassamento dei costi per il trasporto internazionale hanno consentito anche alle piccole imprese di avvantaggiarsi della forza lavoro residente all’estero.

Quindi i beni del neo lusso difficilmente potranno essere creati, né da parte di imprenditori, né da parte di aziende consolidate, con i metodi tradizionali (sviluppo del prodotto e successiva commercializzazione). Attraverso i più vari settori ed i più vari tipi di organizzazione, i leader del neo lusso seguono otto pratiche, che sono stati individuate come atteggiamenti comuni nella stragrande maggioranza delle aziende in questione:

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 Non sottovalutano mai il consumatore  sono convinti che il consumatore abbia il desiderio, l’interesse, l’intelligenza e la capacità di fare trading up, anche quando non hanno a disposizione dati a conferma delle loro convinzioni;

 Rivoluzionano la curva di domanda prezzo – volume  non si accontentano di piccoli miglioramenti graduali ma preferiscono fare un grosso salto ed inseguire profitti premium. Scelgono di alzare prezzi e volumi, ottenendo di conseguenza un ottimo profitto;

 Creano una scala di benefici  non cercano di imbrogliare i clienti dichiarando innovazioni inconsistenti, né di farsi strada basandosi unicamente sulla brand image, attuano piuttosto dei miglioramenti a livello tecnico producendo dei benefici funzionali accentuano il coinvolgimento del consumatore;

 Intensificano l’innovazione, innalzano la qualità e garantiscono un’esperienza impeccabile  il mercato del neo lusso è ricco di opportunità ma è anche molto instabile. Il motivo è che i benefici tecnici e funzionali hanno vita sempre più breve, con il continuo ingresso di concorrenti nel mercato e con innovazioni in continua accelerazione. Un brand consolidato non può mantenere a lungo il suo potere emotivo se non si distingue per i benefici tecnici e funzionali;

 Estendono la gamma di prezzo ed il posizionamento del brand molti player del neo lusso estendono il brand verso l’alto per aumentarne il fascino e verso il basso per renderlo più accessibile e più competitivo e per aumentare la domanda. Essi, tuttavia, fanno molta attenzione a creare, definire e mantenere un carattere ed un senso diverso per ogni prodotto, a qualunque

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livello, e ad articolare l’essenza del brand condivisa da tutti i prodotti;

 Adattano la loro catena del valore per apportare la giusta scala di benefici  mettono l’accento sul controllo della catena del valore più che sul fatto di possederla, arrivando a padroneggiarla;

 Adottano l’influence marketing e si servono di veri e propri apostoli del brand per arrivare al successo  nell’ambito dei beni del neo lusso, una piccola percentuale di consumatori del settore rappresenta gran parte del valore. I leader del neo lusso non si basano solo sui metodi tradizionali di ricerca, come i sondaggi ed i focus group, per conoscere meglio i propri consumatori: si impegnano per definire qual è la loro core audience e dedicano più tempo ad interagire coi clienti, spesso singolarmente. Per raggiungerli è necessario studiare un lancio diverso: esso prevede inizialmente la vendita, gestita con grande cura, a segmenti di target specifici in punti vendita specifici, poi la raccolta di feedback da parte dei primi acquirenti ed un ricorso massiccio al passaparola;

 Aggrediscono ripetutamente il settore come se fossero degli outsider pensano da outsider, si comportano da individualisti e lottano per non confondersi mai con gli insider, anche dopo essere diventati leader del settore.

Questi cambiamenti sociali hanno quindi dato ai consumatori un maggiore potere di acquisto, una maggiore consapevolezza a livello dei consumi ed una gamma più ampia di beni da comprare. Ma i cambiamenti hanno portato con loro anche degli aspetti negativi, dei fattori di stress: le persone lavorano sempre

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di più ed il lavoro invade sempre più spesso la loro vita privata. E’ difficile mantenere una relazione sentimentale e la percentuale dei divorzi è in continuo aumento; gli impieghi sono poco sicuri e le fedeltà dei dipendenti cosa rara.

Proprio queste emozioni negative hanno spinto alcuni autori (Silverstein, 2003, p. 47) ad effettuare una ricerca che ha aiutato a definire quattro importanti “aree emotive” che influenzano il comportamento di acquisto dei consumatori e sono strettamente legate all’acquisto dei beni del neo lusso ed alla pratica del trading up:

 Cura di sé  la maggior parte dei lavoratori ritiene di lavorare troppo e di avere troppo poco tempo a disposizione. Non vedono quale sia il motivo di lavorare duro, guadagnare bene e poi non spendere dei soldi per se stessi (cura della persona, prodotti di bellezza e benessere, apparecchi elettronici, ecc);

 Rapporto con gli altri  la gran parte di noi attribuisce molta importanza alla ricerca, alla costruzione ed al mantenimento del rapporto con le persone più care. Questa attività presenta tre sottoaree: ricerca di un potenziale partner, sentirsi a casa con gli amici e prendersi cura dei familiari. Ciò ha una grande importanza a livello emotivo e rappresenta un mercato di primo piano per i beni del neo lusso (abiti, gioielli, vini, ecc.);

 Esplorazione  significa avventurarsi nel mondo, fare nuove conoscenze ed ampliare i confini del sé. Quest’area include le esperienze avventurose, i momenti di apprendimento, quelli in cui acquistiamo padronanza sui più vari aspetti della vita e quelli dedicati al divertimento (viaggi, terme, automobili, ecc.);

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 Stile personale  significa esprimere i propri gusti, distinguersi dagli altri ed ostentare la propria raffinatezza ed i propri successi (abbigliamento, automobili, cene, viaggi, ecc.).

Tra i beni del neo lusso, i più entusiasmanti, ovvero quelli che hanno più successo e creano i maggiori profitti a lungo termine, sono quelli che rispondono a più di uno di questi bisogni emotivi. Per molti consumatori l’abbigliamento, il cibo e le automobili toccano tutte e quattro le aree descritte.

1.3.2 - IL CONSUMO VOLUTTUARIO

L’aggettivo voluttuario è associato con le dimensioni di superficialità e voluttà. Nel linguaggio comune, “voluttuario” significa qualcosa che soddisfa bisogni che non sono strettamente indispensabili o necessari. In un linguaggio più antico, “voluttuario” significa anche qualcosa che è orientato verso la ricerca del piacere, in particolare piacere fisico. In Latino, “voluttuario” indicava qualcosa che era collegato al piacere o qualcosa che non era necessario nella vita di qualcuno, ma che apparteneva alla sfera del lusso.

“Voluttuoso” significa, invece, “incline al piacere dei sensi”; una persona “voluttuosa” significa che è capace di scegliere i suoi piaceri estenderli e ripeterli nel tempo, senza causare problemi o malintesi. Basandosi su queste considerazioni, il termine voluttuario sembra essere collegato principalmente ai concetti di:

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 Non necessario;  Voluttà.

Ad una prima osservazione, i beni ed i servizi voluttuari sembrano essere caratterizzati dai seguenti elementi:

1) Sono associati al concetto di peccato, sacrificio e rimorso;

2) Disomogeneità culturale rispetto al contesto ed al background dell’individuo;

3) Hanno generalmente un prezzo che è più alto di quello dei prodotti alternativi, non necessariamente appartenenti alla stessa categoria. Comprare questi beni spesso significa sprecare denaro; 4) Soddisfano bisogni non primari e non essenziali;

5) Hanno una valenza edonistica ed espressiva; 6) Forniscono gratificazione sensoriale;

7) Qualche volta rappresentano modelli di consumo che nel passato erano peculiari all’aristocrazia e non comuni nelle altre classi sociali.

Il punto 4 è probabilmente il più interessante da investigare. Basandosi su ricerche passate, le persone che consumano beni e servizi voluttuari sono consapevoli del fatto che queste merci non soddisfano i loro bisogni primari, ma non possono rinunciare ad essi poiché sono fondamentali per il loro equilibrio personale. Questi beni e servizi sono quindi voluttuari ma allo stesso tempo necessari.

Abbiamo quindi detto che fra le caratteristiche del consumo voluttuario, una posizione predominante è tenuta dal senso di non necessità: il consumatore sente che il suo consumo voluttuario non è utile per soddisfare i suoi bisogni primari ed essenziali. Questo senso di non essenziali porta ad una seconda

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caratteristica del consumo voluttuario, che è il leggero senso di peccato e di contravvenzione alle regole morali. Quindi, prima di comprendere meglio la natura del consumo voluttuario, potrebbe essere utile fare un breve excursus su un tipo di consumo che sembra essere all’opposto: il consumo critico e consapevole.

Questo tipo di consumo in Italia trova la sua massima espressione e notorietà nella fiera “Fa la cosa giusta” che riguarda tutte le forme di consumo cosiddette alternative. Questo evento è particolarmente devoto a tutte le forme di consumo sensibili ai problemi ambientali e sociali.

Ci sono quindi delle particolari caratteristiche che mettono in contrasto il consumo consapevole con il consumo voluttuario:

 Normalità vs Alternativa  in realtà, il consumo consapevole non è l’opposto del consumo voluttuario, quanto piuttosto del consumo di massa. Le pratiche di consumo di massa sono l’obiettivo dei movimenti di consumo consapevole. Questi movimenti si considerano alternativi nel senso di essere possessori di un differente punto di vista del mondo in generale, incluso il consumo ma non semplicemente limitandosi ad esso. In questo ragionamento, la normalità è equiparata alla consapevolezza, alla globalizzazione ed allo sfruttamento. Il consumo voluttuario non è l’obiettivo specifico delle critiche dei consumatori consapevoli: infatti, voluttuario non è normale, ma speciale in qualche modo. Però, molti considerano il consumo voluttuario come l’estrema forma di consumo massificato, perché ne ricopia qualche caratteristica e la porta all’estremo.

 Confusi vs Consapevoli  un prototipo di consumatore consapevole è cosciente delle molte conseguenze che derivano dal suo atto di consumo. Il consumo è collegato a molti elementi

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che spesso sono molto lontani e di cui spesso il normale consumatore non è consapevole. Il consumo voluttuario e la sua natura edonistica prevengono da ogni ragionamento che vada al di là del mero atto di consumo.

 Divertimento vs Sacrificio  in questo caso ci si riferisce in particolar modo alla sezione riguardante i viaggi, che per un consumatore consapevole comportano sforzi personali, poiché un consumatore di questo tipo preferisce camminare piuttosto che prendere i comuni mezzi di trasporto.

Una definizione chiara di consumo voluttuario sfugge quindi da ogni approccio analitico. Un’analisi della letteratura esistente mostra che molte forze influiscono sul consumo voluttuario, ma nessuna di esse fornisce una finale ed esaustiva definizione di ciò che può essere definito voluttuario. Sono state individuate sei forze che colpiscono il campo del consumo voluttuario, equamente divise tra quelle che vengono considerate con accezione positiva e quelle con accezione negativa:

+

-Aristocrazia Conspicuousness

Lusso Spreco

Edonismo Moralità / Etica

1) Aristocrazia

Storicamente, il consumo voluttuario è fortemente collegato all’aristocrazia. Come già analizzato all’inizio di questo capitolo, fino al XIX secolo in Europa solo gli aristocratici potevano

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permettersi beni voluttuari come gli abbondanti vestiti fatti con materiali preziosi, le enormi case piene di oggetti di valore, alcuni particolari tipi di cibo o lo stesso concetto di tempo libero. L’aristocrazia usava il consumo voluttuario per costruire la loro identità personale e sociale e per comunicare questa identità agli altri. In particolare, usavano questi beni voluttuari per distinguersi dalle classi inferiori attraverso un processo di continua innovazione. Ai giorni nostri, i beni voluttuari sono accessibili ad una vasta fetta della popolazione, nonostante l’aristocrazia contemporanea usi ancora questi beni per distinguersi dalle altre classi sociali.

2) Lusso

I beni di lusso possono essere definiti da sei dimensioni (Dubois, Laurent e Czellar, 2001): qualità eccellente, alto prezzo, scarsità di pezzi o unicità, estetica e piacevolezza polisensoriale, eredità e storia personale, superficialità. Il lusso è un consumo voluttuario, ma non vale il viceversa, ovvero non tutti i consumi voluttuari possono essere classificati come di lusso. Il lusso, infatti, può essere un’esperienza intima che non è condivisa o mostrata agli altri. Il lusso è spesso un consumo esperienziale ed emozionale collegato al sé stesso più interno, più che al consumo pubblico.

3) Edonismo

Il consumo edonistico si riferisce “a quegli aspetti del comportamento del consumatore che si relazionano con gli aspetti multisensoriali, fantasiosi ed emotivi dell’esperienza dell’individuo con i prodotti” (Hirschman e Holbrook 1982, p. 92). Come il consumo edonistico, anche il consumo voluttuario

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ha a che fare con gli aspetti esperienziali del consumo, come emozioni, sensazioni e pensieri. Ci sono però alcune differenze:

 nel consumo voluttuario, la componente del piacere è più forte ed è un aspetto chiave del consumo, ed è molto più connessa a livello fisico che psicologico (piacere fisico, sensuale ed erotico);

 nel consumo voluttuario, la componente motivazionale è meno evidente rispetto alle attività di consumo edonistico, che sono spesso guidate da questo tipo di motivazioni;

 il consumo edonistico include anche una componente ludica che non è necessariamente parte del consumo voluttuario.

4) Conspicuousness

Questo è un termine che non ha una traduzione letterale in italiano: di solito con questo termine riferito al consumo si intende “la tendenza degli individui a migliorare la propria immagine, attraverso il consumo ed il possesso palese, che devono comunicare lo status agli altri” (O’Cass e McEwen 2004, p. 34). Il “consumo cospicuo” (lo definiremo così per comodità) può anche comprendere spese effettuate con lo scopo di gonfiare il proprio ego, abbinato ad un’ostentata dimostrazione di benessere. Allo stesso modo il consumo voluttuario può essere usato per raggiungere una migliore immagine di sé stessi da mostrare agli altri. La differenza sta nel fatto che il consumo voluttuario può avere anche una dimensione più “intima”, come se i beni ed i servizi voluttuari servissero, oltre che a mostrare un’immagine migliore di sé, anche a migliorare la percezione di sé stessi.

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5) Spreco

Il consumo voluttuario mostra un senso di eccesso (basti pensare agli abiti degli aristocratici del passato o alle loro case). Questo eccesso porta ad un senso di spreco: Consumando in modo voluttuario, un individuo spesso spreca tempo e denaro. Gli oggetti in questione spesso non vengono nemmeno utilizzati ma tenuti al sicuro da qualche parte (orologi, gioielli, ecc.).

Lo spreco inoltre è una delle maggiori preoccupazioni per il moderno movimento ecologico dei consumatori. Il consumo voluttuario è un intenzionale ed indulgente strappo alle regole della parsimonia e del consumo attento alle problematiche ecologiche.

Lo smaltimento è la fase finale della vita di un bene. Smaltendo le cose, il consumatore può sbarazzarsi delle rimanenze o può riusarle creativamente. Lo smaltimento diventa così un cambiamento di stato nella vita di un bene, piuttosto che la sua fine. Il consumo voluttuario sembra un consumo di merci che sono in mezzo tra uso e smaltimento, in un perenne limbo tra uso e non uso (vecchie macchine, vecchi dischi, ecc.).

Un particolare senso di spreco è fornito dal travolgente numero di opzioni dei beni voluttuari. Così imponente che un soggetto non può consumarli nella sua interezza.

6) Moralità \ Etica

Il consumo voluttuario pone delle questioni etiche al consumatore, anche se in piccola scala. E’ una sorta di consumo peccaminoso, anche se fornisce piacere. Può essere falso, quando un individuo si concede qualcosa che è al di fuori dei suoi standard di consumo o di stile di vita; può avere a che fare con lo spreco come abbiamo visto, infatti spesso non sono soluzioni

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ottimali dal punto di vista ecologico; può essere un espressione di ricchezza, e questo solleverebbe qualche questione su come il denaro sia usato. La natura superflua del consumo voluttuario pone i le questioni etiche.

Una volta che abbiamo elencato ed analizzato le caratteristiche di questo particolare tipo di consumo, passiamo a fornire una serie di esempi pratici su quelli che possono essere dei beni considerati voluttuari:

 Cibo, ed in particolare cioccolato: quando mangiato, è una grande fonte di gratificazione sensoriale, che è spesso seguita da sentimenti negativi come il rimorso. E’ di solito mangiato per ragioni diverse dalla fame, quindi non viene consumato per soddisfare bisogni primari. Il cioccolato è fortemente associato con la dimensione esperienziale ed edonistica del consumo. Storicamente, il cioccolato era un privilegio che si potevano permettere solo i ricchi, ma adesso nella società occidentale può essere consumato praticamente da chiunque;

 Bevande, ed in particolare vino: similarmente al cioccolato, il vino è molto ricco dal punto di vista sensoriale, ed allo stesso tempo totalmente inutile da un punto di vista meramente funzionale. A differenza del cioccolato, però, sembra possedere un più alto livello di conoscenze specifiche che un consumatore dovrebbe possedere prima di poterlo apprezzare pienamente. Inoltre, la gratificazione per il consumo del vino ha spesso un’importante rilevanza sociale: mentre il cioccolato sembra un bene lussurioso individuale, il vino ha una componente sociale più spiccata, sia dal punto di vista del consumo collettivo (bere insieme agli amici), sia dal punto di vista del “consumo cospicuo” (mostrare agli altri le proprie competenze sul vino);

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 Benessere, in particolare massaggi e SPA: il concetto di benessere mostra un tipico distaccamento dall’idea di necessità per entrare nel regno del voluttuario. Oggi, l’idea di salute sembra inclusa in un più ampio concetto di benessere; la differenza è che la salute è un bisogno primario (probabilmente il più basilare), mentre il benessere si riferisce a qualcosa di aggiunto nella vita di una persona. La dimensione edonistica, la gratificazione sensoriale, la mancanza di una necessità fisica per il corpo e qualche ragionamento etico mostrano la natura voluttuaria dei massaggi e delle SPA;

 Turismo e vacanze esotiche: il turismo è basato sulla ricerca del piacere. La componente edonistica del turismo è evidente; inoltre, viaggiare per ragioni non correlate al lavoro o alla famiglia può essere definito come consumo voluttuario, finchè è “improduttivo” e non dettato da dei doveri. Il tessuto voluttuario del turismo deriva anche dalla sua natura storica: nel passato, e soprattutto nel XIX secolo, i giovani aristocratici europei spesso provavano l’esperienza del Grand Tour;

 Beni di lusso, in particolare riguardo alla moda, prodotti hi-tech e cosmetici: la definizione di un bene di lusso lo rende automaticamente voluttuario. Dalle caratteristiche elencate precedentemente per i beni di lusso, si può subito notare che questo tipo di consumo è un extra nelle vita di un individuo. Proprio questa sua natura superflua qualifica i beni di lusso come voluttuari. La maggior parte dei beni di lusso sono attualmente versioni migliorate di beni comuni. Tutte le caratteristiche dei beni voluttuari sono chiaramente presenti nei beni di lusso: il lusso aggiunge la dimensione dell’esclusività (non tutti i beni voluttuari sono esclusivi).

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1.4 - UNO SGUARDO AL MERCATO ASIATICO DEL LUSSO

Le ricerche effettuate nel campo del mercato del lusso si sono quasi sempre limitate ad analizzare i paesi occidentali, per una questione di praticità e similarità demografica, economica e culturale. La grande espansione che sta attraversano il mercato asiatico in questo settore mi porta però a soffermarmi brevemente su di esso, per cogliere le similitudini e le differenze che lo caratterizzano rispetto al mercato occidentale.

Il continente asiatico è al giorno d’oggi il più grande mercato al mondo per i beni occidentali di lusso (Chadha e Husband, 2006). Il nervo centrale di quest’espansione e di questo “culto” è stato sicuramente il Giappone, rapidamente seguito dagli altri paesi.

Ad una prima occhiata, non è un fenomeno facile da capire. Perché ci sono milioni di asiatici, per la maggior parte non ricca, affrettarsi per comprare borse, scarpe, vestiti, orologi ed altri accessori oscenamente costosi per le loro disponibilità? La risposta è negli enormi cambiamenti, politici, sociali e soprattutto economici, che stanno costantemente trasformando l’Asia ed il vecchio modo che avevano i governi di scegliere “chi eri e quale era il tuo posto nella società” (Chadha e Husband, 2006).

Al giorno d’oggi in Asia “tu sei quello che indossi”: questi nuovi accessori di lusso sono parte di un nuovo protocollo sociale dove la tua identità e la stima di sé stessi sono determinate da i marchi che indossi sul tuo corpo. I marchi di lusso sono un moderno

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insieme di simboli che gli Asiatici indossano per ridefinire la loro identità e la loro posizione sociale.

Il processo che ha creato il culto asiatico per i marchi di lusso si è messo in moto circa un centinaio di anni fa. Nei primi anni del ‘900, mentre la Belle Epoque imperversava in Europa, i primi prodotti di lusso importati vedevano la luce in Asia, anche se potevano permetterseli una ristretta elite. Successivamente, vennero i periodi difficili, in un modo o nell’altro, per tutti i paesi asiatici. Dopo la Seconda Guerra Mondiale, che spezzò ogni velleità di espansione del Giappone, in molti paesi asiatici i politici protezionisti limitarono gli scambi, e l’importazione di oggetti di lusso era punita con ingenti tassazioni. L’importazione di marchi di lusso in Asia andò quindi in ibernazione per diversi decenni, per riapparire lentamente negli anni 70. Il capostipite di questa rinascita è stato come sempre il Giappone, che grazia alla sua risalita economica ha portato un enorme potere di acquisto al suo popolo, che si è ributtato immediatamente sul mercato del lusso europeo.

Lo sviluppo di ogni successivo mercato del lusso in Asia ha seguito un percorso similare di prosperità economica e di maggior benevolenza dei governi sull’importazione delle merci. Un importante indicatore del benessere economico dei paesi asiatici è dato dalla mole di turisti che visitano l’Europa: infatti come abbiamo assistito all’invasione di turisti giapponesi negli anni 90, adesso, stiamo assistendo a quella dei turisti cinesi, paese che come ben sappiamo sta vivendo il suo momento di massimo splendore dal punto di vista economico.

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Oggi il mercato asiatico dei beni di lusso costituisce il 37% del mercato globale di 80 miliardi di dollari (Cap. 1.4, Fig. 1.1) (Chadha e Husband, 2006):

Mercato globale del lusso

USA 24% Altri 4% Asia 37% Europa 35%

Fig. 1.1 – Analisi delle vendite nel mercato globale del lusso (Fonte: Chadha e Husband, 2006)

Nella percentuale dell’Asia, non sono considerati gli acquisti che effettuano all’estero, grazie ai quali si potrebbe tranquillamente affermare che gli asiatici effettuano la metà dei consumi globali nel mercato del lusso, e le stime sono destinate ad aumentare se, come previsto, entro il 2014 la Cina effettuerà il sorpasso ai danni del Giappone per quanto riguarda il volume di spesa.

Gli autori che ho citato finora, Chadha e Husband, dopo una serie di ricerche e di interviste sul campo, sono riusciti a teorizzare un modella di diffusione della cultura del lusso nei paesi asiatici. Questo modello segue tipicamente uno processo composto da cinque step:

1) Sottomissione  ogni paese asiatico in qualche modo è stato sottoposto a qualche forma di sottomissione; qualunque sia il

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metodo, la sottomissione porta ad una vita miserabile per il popolo (duro lavoro, poco denaro e dignità personale limitata). Quello che la privazione fa è costruire un senso di “fame”, di desiderio, un sogno, per quanto lontano ed irraggiungibile sia. Quindi, quando le privazioni e le angherie diminuiscono, come è successo in tutte le nazioni asiatiche, il desiderio immancabilmente esplode e la fame deve essere nutrita.

Questa fase invece non si riconosce nello sviluppo dei paesi europei: innanzi tutto i beni di lusso venivano prodotti perlopiù in Europa, quindi non ci potevano essere limiti alla importazioni che frenassero il fenomeno. Inoltre, nonostante i tempi duri ci siano stati anche qui, non si è mai arrivati ai livelli di privazioni della dignità che si è raggiunto con alcuni governi asiatici, il che non ha contribuito a costruire quel desiderio di rivalsa riconosciuto invece in Asia;

2) Inizio del benessere economico  l’economia cresce ed il popolo ha per la prima volta dei soldi da spendere. Questa invece è una fase riconoscibile anche in Europa, ed è evidente che è una fase assolutamente necessaria per far sì che il mercato del lusso si sviluppi;

3) Ostentazione  quando per la prima volta hai del denaro da spendere, hai bisogno in qualche modo di annunciarlo. La gente comincia ad acquistare i simboli del benessere e li ostenta in maniera quasi eccessiva. Anche questa è una fase riconoscibile in Europa, basti pensare al modo di vestirsi dei vecchi aristocratici;

4) Adattamento  dopo 5 o 10 anni dalla fase dell’ostentazione, il mercato raggiunge di solito il punto critico di non ritorno dopo il quale la cultura del lusso si diffonde rapidamente. La fase

Figura

Fig. 1.1 – Analisi delle vendite nel mercato globale del lusso (Fonte: Chadha e Husband, 2006)
Fig. 2.1 – Volumi di vendita per fascia di prezzo Fonte: Rabobank 2003
Tab. 2.2 – Produzione mondiale di vino: quote per paese (%) (anni  1995 – 2000 – 2005)
Fig. 2.2 – Segmenti della qualità nell’industria del vino
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