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Le rime di Pietro Barignano

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Academic year: 2021

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(1)

Introduzione

La seguente è una raccolta di rime compilata radunando tutte le poesie certe e dubbie che sono state trovate all’interno dei testimoni a stampa. I testimoni consultati hanno riportato tra le loro pagine solo rime sparse, prive di un preciso ordine se non alfabetico, fatta eccezione per un’unica raccolta: il testo Saggio di alcune rime di Pietro Barignano Pesarese, pubblicato a Pesaro nel 1857 presso la Tipografia di Annesio Nobili, venne compilato in occasione del matrimonio tra Emilio Donzelli e Amalia Vaccaj e contiene solo componimenti del Barignano su specifica intenzione dei fratelli Carnevali, che ne facevano dono alla coppia formata da Emilio Donzelli e Amalia Vacca. Nonostante la maggiore fonte di informazioni siano state le stampe ci è stato possibile, tramite l’articolo di Monica Bianco ​La tradizione delle rime di Pietro Barignano con un'appendice di testi inediti, conoscere alcuni dei testi manoscritti che riportano a loro volta molte delle poesie, comprese quelle che sono presenti solo in essi. Monica Bianco, poiché riporta nel suo articolo i testi delle composizioni è considerata a tutti gli effetti un’altra fonte dei componimenti. I manoscritti in questione sono tutte miscellanee, raccolte di testi di vari autori, compilate da diversi estimatori. La loro natura, quindi, ci fa comprendere che non è possibile risalire tramite di essi a possibili autografi del Barignano. Le poesie quindi sono state riportate secondo l’ordine cronologico delle varie testimonianze raccolte, con i manoscritti come prime basi per la collocazione cronologica. Le poesie sono state qui riportate rispettando la loro trascrizione grafica nei testi originali, fatta eccezione per un lieve intervento di punteggiatura e i casi in cui la u e la v venivano scambiate. E’ stato indicato il tipo di testo di ogni poesia e lo schema segue subito il loro genere per agevolare la comprensione, inoltre dove possibile è stato inserito un breve commento riguardante la poesia.

(2)

Quanto più a dentro mira

ne la virtù, Signor, ch'oggi v'onora, tanto il mondo di voi più s'innamora. Perché rado si scorge

in alto stato un cor d'umiltà pieno, ed ogni uom che s'accorge

che voi n'avete, Signor, colmo il seno, col desir che lavora

sì come Amor lo inspira, a voi tutto si gira.

Oh, se povera altezza

non fosse adversa al largo voler vostro, di che ricca bellezza

vedriasi un'altra dote al secol nostro, ed appagato fora

il cor che ne sospira e non poter s'adira!

Ballata, Schema: yXX aBc Bxy ydEd Exyy

Commento: La poesia è certamente dedicata ad uno dei nobili signori dell’epoca, di cui Pietro Barignano sperava di ottenere i favori. L’intero componimento racchiude una serie di riferimenti alle virtù di cui il destinatario sembra essere ricco e che sono ancora più ammirevoli per via dell’evidente posizione sociale superiore che ricopre, al punto che il mondo intere non può che innamorarsi di lui. La parte conclusiva invece sembra fare riferimento ad una ritrosia amorosa, la cui presenza potrebbe arricchire di un’ulteriore beltà la loro epoca.

(3)

Pur ch'amor i begli occhi al mio cor erga quando ben par ch'a miei desir contrasti, o in voce forme gli alti pensier casti di quella ond'ei con le mie voglie alberga;

convien ch'a viva forza si disperga ogni timor che 'l suo contrario guasti, e tanta speme, ch'a gioir mi basti, si desti al spron de l'amorosa verga.

Or ch'avien poi, quando l'avorio schietto e mormorando e folgorando move, verace testimon d'ardente affetto?

D'onesto foco al cor faville nove sento in quel punto, e tal si fa il diletto, ch'eterna gloria non invidio a Giove.

Sonetto, Schema ABBAABBACDCDCD

Commento: Il sonetto d’amore presenta la contrapposizione tra il desiderio carnale del poeta e i pensieri casti della donna causa di tali istinti. Nonostante non sia dato sapere se ella stia effettivamente rifiutando il poeta o se questo sta aspettando la risposta della dubbiosa lei, ciò a cui si aggrappa l’uomo è la speranza che sparisca la paura provocata dal pensiero di compiere qualcosa di avverso. Dubbiosa è la questione dell’avorio schietto che potrebbe riferirsi alla mano, che si muove in un gesto d’affetto che al punto è sperato da essere considerato così glorioso da fare passare in secondo piano lo stesso Giove.

(4)

La donna, che 'l mio cor stringe ed allenta a suo voler e me solleva e atterra,

non lungi al passo che la vita serra visto avea l'alma misera e scontenta.

E qual pietosa madre che s'avventa con suo periglio a disperata guerra, se timor, se pietade il cor l'afferra del caro figlio, a cui salute tenta,

tosto che del mio stato ella s'accorse (o per me sempre dolce caso e strano ond'amor, sua mercè, l'alma soccorse)

in vista, in voce e 'n atto umile e piano, al maggior mio bisogno onesta corse con gli occhi, con la lingua e con la mano.

Sonetto, Schema: ABBA ABBA CDC DCD

Commento: Ci troviamo davanti all’unico componimento del Barignano che descrive in modo più esplicito il rapporto fisico tra lui e la sua amante. La donna viene descritta come colei che ha, figurativamente, il controllo totale del poeta venendo descritta prima come una ferma padrona, poi come donna pietosa, come una madre che è pronta ad entrare in guerra per alleviare le pene del figlio. La parte conclusiva giunge perciò al sollievo del poeta che infine può godere delle attenzioni della sua amata.

(5)

Lasso, non debb'io ancor vincer me stesso e por freno al desir ch'omai trabocca? Debb'io sempre seguir la voglia sciocca, vaga d'ir solo ov'io ne mora espresso?

Non fia più vero, Amor, i' tel confesso: l'alma di tal valor sento già tocca ch'a voto l'arco d'altrui sdegno scocca per far scempio del cor, lungi o dapresso.

Non pò più altrui vaghezza, antica o nova, far tal preda di me che, qual solea,

di sua durezza e del mio strazio io pianga,

ma ben far pote un'empia voglia rea, poi che mio sono e 'l rimembrar mi giova, che di me stesso in signoria rimanga.

Sonetto, Schema: ABBA ABBA CDE DCE

Commento: In questa poesia ci troviamo davanti ad un gioco di contrasti seguito da una fase di ritrosia nei confronti della donna amata. Il poeta si trova in uno stato di stanchezza, che non riesce comunque a spegnere il suo desiderio per l’amore, e che combatte senza posa al punto di avvicinarsi alla pazzia spinto dai dolci ricordi.

(6)

Ove fra bei pensier, forse d'Amore, la bella donna mia sola sedea, un intenso desir tratto m'avea

pur com'uom ch'arda e nol dimostri furore.

Io, perché d'altro non appago il core, da suoi begli occhi i miei non rivolgea e con quella virtù ch'indi movea, sentiami far di me stesso maggiore.

In tanto, non possendo in me aver loco, gran parte del piacer ch'al cor mi corse, accolto in un sospir fuora sen venne,

ed ella al suon, che di me ben s'accorse, con vago impallidir d'onesto foco

disse: "Io teco ardo", e più non le convenne.

Sonetto, Schema: ABBA ABBA CDE DCE

Commento: Uno dei componimenti di maggiore fortuna. Viene descritta una scena quasi domestica, avvalorata dalla presenza del fuoco e dell’atto del ricamo da parte della donna. Il poeta è preda del desiderio, capace di pervaderlo al punto da non permettergli di distogliere lo sguardo da lei. Il desiderio si allarga al punto che viene dimostrato all’esterno dal sospiro. E’ in quel momento che, tramite l’ossimoro dell’ impallidir d’onesto foco, la donna finalmente si rivolge a lui mostrando reciprocità del sentimento.

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Se come quella di chi 'l nome avete, lusingando, 'l Toscan trasse tant'anni, or d'alta gioia, or pien di dolci affanni, a l'onorato fine u' che vedete,

ancor me così voi, donna, trarrete per bella froda d'amorosi inganni, ma fuor di tema di futuri danni, benigna in vista pur come solete;

io spiegherò sì l'ali del mio ingegno a vostro onor e mio sommo diletto, con stil conforme a le virtuti tante,

che, sovr'elle levato, il mio intelletto andrà tant'alto che l'avranno a sdegno, colmi d'invidia, e Beatrice e Dante.

Sonetto, Schema: ABBA ABBA CDE DCE

Commento: Una delle poesie dedicate alla donna amata Beatrice e una delle dimostrazioni del rapporto di ammirazione e rivalità con l’amore di dante per la sua amata. Barignano contrappone al ruolo sacro coperto dalla Beatrice di Dante con quello della sua innamorata che lo conduce all’amore ingannevole. Detto ruolo rappresenta la spinta per l’ingegno del poeta pesarese che mira ad arrivare al punto di superare l’ingegno del fiorentino.

(9)

La secretaria di quel rio pensiero che mi fé creder già d'esser felice, è fatta del mio cor vera Beatrice

ch'al ciel scorger lo dee per buon sentiero.

Ben ho dunque onde, Amor, grazie ti renda, e 'n sì larga abondanza

ch'agguagli, s'esser pò, il piacer ch'io sento; ma che null'altra che colei l'intenda

da cui prendo baldanza

di dir ch'io son oltra 'l desir contento.

Gioia fuor di temenza di tormento tanta ne l'alma trovo

del mio bel stato novo,

ch'io ne vo più ch'umanamente altero.

Ballata, Schema: XYYXAbCAbCCddX

Commento: In questa poesia il poeta non sembra incentrarsi troppo sul confronto del rapporto tra la coppia formata da lui e la sua amata e quella di Dante e Beatrice. La poesia si concentra unicamente su ciò che la fanciulla rappresenta per Barignano: fonte di gioia e amore al punto da superare la possibilità umana.

(10)

Di bella selva tal pianta verdeggia a i raggi del suo sole

che fa beato chi la mira e cole.

Tant'è l'odore, il refrigerio e l'ombra

che porgon le sue fronde e 'l frutto e 'l fiore, ch'ogn'altra voglia di men degno amore,

subito vista, d'ogni cor disgombra e sol del suo piacer tutto l'ingombra. Alma pianta, felice

Ben'è 'l terren ch'or ha di lei radice! Così mai sempre cresca

vaga fiorita e fresca

e 'l suo bel verde tempo non involve.

Madrigale, Schema: XyY ABB CCD dE eF

Commento: Il Madrigale rappresenta un ode ad un albero. Una pianta probabilmente da frutto ed evidentemente cara al poeta, che ritrovava presso di essa refrigerio con la sua ombra.La pianta risulta così preziosa da invogliare il Barignano a vedere come benedetta la terra in cui essa metterà radice e non viceversa.

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Oh cor ne gli amorosi lacci stretto da lei che prima chiamo,

dille tu quanto l'amo,

E se questo intendendo ella s'adira come di cosa ria,

non dir più là, ma sol piangi e sospira,

sin ch'ella, fatta pia, tragga noi di martire o pensiam di morire.

Madrigale, Schema Abb CdC dee

Commento: In questo componimento ci imbattiamo nella donna crudele nei confronti del suo amante. I lacci d’amore tengono avvinto il cuore del poeta come se fosse uno schiavo presso la donna amata e tramite di esso il poeta desidera comunicarle quanto sia profondo il suo amore. Eppure Barignano teme che la donna veda in questo sentimento una cosa di cui essere colpevole e perciò teme che si infurierà. Avverte quindi il proprio cuore, ancor prima di essere certo della reazione di lei, di non insistere ma di muoverla a compassione con lacrime e sospiri che la convincano a non lasciarlo morire d’amore.

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Aventurosa riva, altiera e bella più d'altra che rischiari o scaldi il sole (ma quest'è sol quand'odi le parole o vedi i raggi di mia viva stella),

se 'l ciel ti serbi in questa parte o in quella verdi e fresche l'erbette e le viole,

e quando torna e quando partir sole stagion contraria a la stagion novella,

dimmi: in quel paradiso tuo terreno, che fa or teco il celeste augel mio?

Duolsi mai forse ch'io non le sia appresso?

Oh, se ragion non mi tenesse a freno, com'avrei ben gia sazio il gran desio, e quante volte, di vederla io stesso!

Sonetto, Schema ABBAABBACDECED

Commento: In questa poesia ci troviamo davanti alla descrizione di un luogo ameno in cui vive la donna/angelo amata dal poeta. Nella combinazione di questi due topoi, ci troviamo perfino ad assistere ad una personificazione del luogo ameno a cui il poeta si rivolge direttamente ponendo domande sulla fanciulla che lo abita. La poesia non possiede dei connotati propriamente sacri poiché il suo centro è il desiderio dei due amanti di rivedersi, certo per il poeta e ignoto per la donna.

(13)

Corre la nave mia, pronta e sicura col vento de' sospiri, un mar di pianto sotto 'l governo di quell'angel santo che poggia a riva d'ogni mia ventura.

Né può fortuna tempestosa e dura, perché 'l legno minacci in ciascun canto, scemar de l'alta mia speranza tanto, che punto m'abbia in cor loco paura.

Talor ecco il nocchier che salta e l'orza, a torne in prora accortamente l'onda; poi torna a buon camino ove si parte:

così francheggia or questa, or quella sponda da la tempesta, e l'acqua e 'l vento sforza, promettendomi il porto con quest'arte.

Sonetto, Schema: ABBA ABBA CDE DCE

Commento: La poesia ruota intorno agli eventi incontro cui può andare una nave e al ruolo che svolge il marinaio che la governa. La prima quartina ci pone davanti allo scenario iniziale in cui Barignano parla di lui come un angelo che veglia sull’imbarcazione per accertarsi che giunga intera a destinazione. Il poeta omaggia con questa poesia l’arte del marinaio nel governare la nave anche durante una tempesta, riuscendo a scacciare anche la paura che potrebbe nascere nel cuore del passeggero.

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Fiamma d'Amor che colorasti il viso d'un casto ardor al celeste angel mio quel dì ch'al fin, portato dal desio, giunsi in quel suo terrestre paradiso;

cortesi parolette e dolce riso

che 'l cor giamai più non porrà in oblio; luogo, ove poscia ogni pensier invio: deh, chi sì tosto m'ha da voi diviso?

Ch'io pur vi fui da quella mano accolto con sì larghe accoglienze, oneste e care, che 'l rimembrar sol fa ch'io mi distempre.

Ma quello andando poi volgermi 'l volto, quasi a dir : "Godi queste luci chiare" non avrò io ne la memoria sempre?

Sonetto, Schema ABBA ABBA CDE CDE

Commento: Una delle poesie in cui i topoi del luogo ameno e della donna angelo si incontrano per poi cadere sotto le dolci arti delle parole del poeta. Questo infatti è riuscito a conquistare la sua amata che lo accoglie nel suo abbraccio e l’evento e il luogo sono intensi a tal punto che il poeta sostiene che non potrà mai dimenticarsene.

(15)

Ben venga il sol che mi rimena il giorno e dentro al cor fiorita primavera

allor che l'altro sol rende la sera al mondo ed ei sen va col Capricorno.

Fugge ogni trista impression d'intorno a l'apparir de l'alma luce altera: l'aer serena e non è più qual era nubilo e grave innanzi al suo ritorno.

Chi dirà, dunque, che il buon tempo e 'l rio, e la noia e 'l piacer non tolga e renda il partir e 'l tornar de l'angel mio?

Così lui nulla indignitate offenda; e chi 'l mira con gli occhi, onde 'l vid'io, di men bel foco Amor mai non l'incenda.

Sonetto, Schema ABBAABBACDCDCD

Commento: In questa poesia troviamo ancora una volta la figura dell’angelo ma non è sicuro che si tratti veramente della donna amata o di un altro personaggio altrettanto caro al poeta. Abbiamo notato che nella poesia Corre la nave mia la figura dell’angelo è ricoperta dal marinaio, tuttavia qui non abbiamo riferimenti troppo chiari sul genere dell’essere divino. La poesia paragona la gioia del ritorno della primavera alla stessa che il poeta prova al ritornare dle suo angelo e ne parla al maschile quando fa riferimento alla propria sicurezza che, dopo un simile paragone, questo non resterà offeso dai suoi sentimenti.

(16)

Il sol che solo a gli occhi miei fa giorno e senza il qual avrei ben notte oscura, spesso mi mostra l'alta mia ventura ne i vaghi lumi del suo volto adorno.

Però se tante e tante volte torno a contemplar l'angelica figura,

Amor m'insegna, Amor ch'ha di me cura, Amor che meco fa sempre soggiorno.

Io veggo, rimirado il suo bel viso, quel che possendo poi ridir a pieno, di bella invidia colmeria ogni core;

e sento del piacer del Paradiso tanto, e sì caldo, che per molto meno, non ch'altro, un ghiaccio n'arderia d'amore.

Sonetto, Schema ABBA ABBA CDE CDE

Commento: In questa poesia l’amore, anziché essere fonte di piacere, assume i connotati di un maestro. Più precisamente di maestro che insegna al poeta in che modo può parlare del suo Sole, l’oggetto della sua attenzione amorosa, in modo tale da portare invidia nel cuore degli altri, mentre per lui vi è solo una passione sempre più ardente.

Testimoni: GIO1545; GIO1546; GIO1549; RU1553; RU1554; RU1558; RU1569; RU1579; TAN1709; MON1839; PAR1851; NOZZE1901;

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O voi che lieti in piccioletta nave, solcando il mar tranquillo a vela piena, dritto a la parte ove 'l desio vi mena, correte spinti da l'aura soave,

fermar senza sospetto non vi grave, che, quel che udite, non è di sirena, ma dolce canto pur di Filomena, ninfa del mar voce simil non ave.

E se volgete il legno anco a la riva, vedrete forse il sol di sì bel viso, che v'abbarbaglierà di meraviglia.

Oh, fortunata la persona viva che può, senza salir su in Paradiso, veder quel che qua giù nulla simiglia.

Sonetto, Schema ABBAABBACDECDE

Commento: Un altro componimento che ha come ambiente una nave e i suoi passeggeri. La poesia sfrutta questo scenario per presentare al pubblico che si trova sulla nave una figura semidivina, una ninfa del mare o nereide che porta il nome di Filomena. Come avevamo già detto nel capitolo sui topos, non sappiamo chi sia davvero questa donna che ammalia con la sua voce. Il poeta sembra tenerci particolarmente a separarla dalle sirene, creature dalla bella voce ma letali per i marinai, e la descrive come un’innocua ninfa del mare che possiede comunque una bellezza che, altrimenti, potrebbe essere eguagliata solo dagli

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Chi vol veder quantunque pò natura ne l'excellenzia d'ogni suo lavoro, venga a veder quest'angioletta pura e sì vedrà, tra belle chiome d'oro, tacito starsi il canuto pensiero che sempre fia di miei danni ristoro. Vedrà scolpito poi nel fronte altero, e non dipinto, il provido consiglio che mostra di salute il camin vero; e vedrà, sotto l'uno e l'altro ciglio, ne gli occhi ardenti, 'l pregio d'onestade fra lascivia fiorir qual rosa e giglio. Vedrà poi ne le guance una beltade simil'a quella che nel ciel si vede,

mai non veduta fuor che 'n questa etade. Vedrà là dov'Amor alberga e siede, e fra perle e rubin' forma parole, che fan beato più ch'altri non crede. Vedrà quel sen per cui certo arde il sole, e là ov'i miei desir son sì contenti, che l'alma d'altro ben non cura o vole: vedrà, 'n somma, la grazia e i movimenti nel gir, nel star sì pien di leggiadria, che sol pensando fa dolci i tormenti. Chi dunque tento ben veder desia, venga a veder chi fa ch'io mi distempre; e mova tosto e non tardi fra via,

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Commento: Il capitolo in terza rima affronta per la prima volta una rappresentazione della donna angelo severa, priva di quella gaiezza e pudicizia che il poeta poteva facilmente piegare al suo amore. Ma se il comportamento di lei viene descritto in modo quasi austero, nulla impedisce al poeta di iniziare una descrizione delle beltà fisiche della donna. I capelli d’oro, il seno e i movimenti leggiadri vengono descritti dal poeta come una meraviglia che tutti devono affrettarsi a vedere, pena l’eterno pianto per aver perduto questa occasione. Testimoni: ATII1565;

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Vostra beltà, sì bella

che l'occhio abbaglia e tosto vince il core di ciascun che la miri,

con la dolce favella,

ch'a pena udita fa sentir d'amore i più caldi desiri,

ben m'impiagaro, è 'l ver, ma sommi accorto che sol grazia m'ha morto.

Madrigale, Schema aBcaBcDd

Commento: Il madrigale rappresenta un’interazione diretta con il mittente dei versi. Esso descrive alla donna amata dal poeta le qualità che la rappresentano come non solo la beltà ma anche le dolci parole che lo inducono all’amore.

(22)

Donna, s'io miro a vostr'alma beltade, con semplici parole

dirò ch'avanzi 'l bel d'ogn'altra etade, dal ciel discesa a rinovar un sole; e vostra chiara luce

d'ogn'in ciel vaga e radiante stella, tra noi via più riluce.

Però, gentil madonna accorta e bella, a voi mortal bellezza non s'appressa, che la propria beltà siete voi stessa.

Madrigale, Schema AbAbcDcDEE

Commento: Questa è la prima poesia in cui la donna amata, pur discendendo dal cielo, non riceve l’appellativo di angelo ma di Madonna. Nonostante non si tratti di titolo di onore poco usato nei confronti delle donne dell’epoca, questo è uno dei primi casi in cui ci imbattiamo in un paragone alla discesa della Madonna e non di un angelo. Anche la descrizione della sua bellezza assume toni più semplici, non più enfatizzati da una descrizione fisica ma indicati tramite dal paragone al sole e alle stelle, che può essere sia legato all’anima che all’aspetto fisico.

(23)

Tant'alta è la cagion ond'io sospiro (così Amor di me un dì la fesse accorta) che 'l temerario ardir che mi fea scorta, tra via si pente ed io seco m'adiro.

Vivo color d'oriental zafiro, che dolcemente l'anima conforta

con un dolce pensier, che entro m'apporta novella di dolcissimo martiro;

oh, fenestre del ciel, dov'amor sorse a richiamarmi indietro dal camino

che m'allungava ogn'or più dal mio bene:

per voi sperato ho vincer'il destino da indi in qua che 'l cor di voi s'accorse, per che v'adoro e quanto si convene.

Sonetto, Schema ABBABAABCDEDCE

Commento: La poesia si incentra sulla visione degli occhi dell’innamorata del poeta, che rappresentano la ragione delle forti emozioni quali amore e ira che lo colgono. Il colore degli occhi è paragonato allo zaffiro orientale e vengono descritti come delle finestre per il cielo, capaci di donare al poeta la forza per superare le avversità che gli sono state poste e continuare ad amare la sua donna.

(24)

Quante grazie vi rendo, oh luci sante ch'a me tornate il dolce e chiaro sguardo, per cui sì volentier agghiaccio ed ardo e lieto son de le fatiche tante!

Quante ne rendo a le cortesi piante che, fermando il bel passo umile e tardo, mossero il cor a dir, s'io dritto guardo, "Oh, te beato sovra ogn'altro amante,

non torcer gli occhi tuoi dal suo bel viso, ma godi 'l don che madonna ti manda, per bel ristoro, il dì primo de l'anno;

solvi il digiun del ben di Paradiso, sfama il desir de l'angelica vivanda, né temer poi di sentir mai più affanno"!

Sonetto, Schema ABBAABBACDECDE

Commento: Questa è la seconda poesia in cui troviamo ancora una volta ad ammirare insieme al poeta gli occhi della sua innamorata. Essi sono descritti come fonte di felicità che risollevano il poeta dalle sue fatiche e le piante, parte dello scenario che viene lasciato in ombra per concentrarsi solo sugli occhi dell’amata, si rivolgono direttamente al poeta suggerendogli di placare il suo desiderio della vista del Paradiso e dell’ambrosia (angelica vivanda) con lo sguardo ricambiato di lei.

(25)

Vaga donna vid'io

volgersi altera in questa parte e 'n quella quasi dicesse: "Amanti io son pur bella" e se ciò volea dir, dir volea 'l vero.

Addimandisi pur a gli occhi miei nemici di bugia,

che la mandar al cor per quel sentero ove non entra (che nel sosterrei)

cosa che lei non sia,

sì ad ogn'altra il voler chiuso ha la via; dicalo amore, che lieto ne favella: oh, largo don di graziosa stella!

Ballata, Schema yXXABcABCCXX

Commento: La ballata vede l’attenzione del poeta ruotare intorno alla figura della sua innamorata. Questa è conscia della sua bellezza, che dimostra voltando la testa per richiamare su di sé l’attenzione degli altri. Tanto è reale la sua beltà da portare il poeta a paragonarla ad una stella.

(26)

L'oro, il cristallo, l'ebano e i zaffiri e le purpuree rose in su la neve, rubin', perle e coralli in spazio breve, e più il marmo ch'io veggio ovunque io miri,

m'han fatto sì possente ne i martiri, che tutto quel che ad altri saria greve: sospir, lagrime e doglie, è a me sì lieve ch'un men non ne vorrei de' miei desiri.

Chi vide mai sì terse chiome altrove, sì lieta fronte o sì tranquille ciglia, sì lucent'occhi o ver guance sì vaghe?

Chi vide mai sì bella bocca, e dove sì puro sen, cagion de le mie piache, che d'amor m'empie e altrui di meraviglia?

Sonetto, Schema ABBAABBACDECDE

Commento: Una delle poesie più inusuali composte dal poeta. Barignano esordisce qui in una sorta di elenco di materiali preziosi, senza specificare se si tratti di oggetti presenti nel luogo in cui si trova o se si tratti di altri elementi per poi, finalmente, spiegare intorno a cosa sta ruotando ogni cosa. La presenza di questi elementi gli rende leggere le sofferenze d’amore perché esse appartengono tutte alla medesima donna. A tal punto queste caratteristiche sono forti che lo stesso poeta chiede chi ha visto, in ogni altro luogo, altrettanta bellezza e preziosità.

(27)

Grazia, che a l'altre grazie grazia infonde e non come a mortal natura porge

in bella donna, chi voi vedere scorge che mi fate nel cor piaghe profonde.

Benigne stelle ha in suo veder seconde chi di vostro valor punto s'accorge, che a l'or a l'or in voi stessa risorge quasi vermiglia rosa in verdi fronde.

L'altero movimento in umil passo e 'l cortese inchinar leggiadro e raro, misso col viso angelico e sereno,

le parolette che fan l'uomo di sasso col calar dolcemente in sì bel seno son le faville ond'io arder imparo.

Sonetto, Schema ABBAABBACDECED

Commento: Il poemetto affronta la questione della grazia del movimento della donna amata, che si rivela fonte di interesse per il poeta. Al muoversi, descritto come se essa stesse eseguendo una danza in cui conclude con un inchino, si aggiunge infine un invito fatto di parole e il discendere del poeta nel petto dell’innamorata.

(28)

Fia mai quel dì che graziosa stella mi porti al mio tesor tanto vicino, che quasi sconosciuto pellegrino me involi parte, e sia pur la men bella?

Che in somma qual n'avessi, o questa o quella, non potria poi non vincer 'l destino,

e ricco, per drittissimo camino,

girmene al ciel, ché non andrei senz'ella.

O voi che travagliate a l'ombra, al sole, per farvi singular fra l'altra gente, vostri sian pur perle, rubini ed oro;

celesti sguardi, angeliche parole, alti pensier, più che d'umana mente, son le ricchezze del mio bel tesoro!

Sonetto, Schema ABBAABBACDECDE

Commento: Una delle pochissime poesie in cui viene onorata la virtù spirituale e intellettuale dell’amata. In questa poesia Pietro Barignano sostiene che solo con lei accetterebbe di dirigersi in paradiso, e lascia a tutti gli altri gli oggetti preziosi e il loro tribolare nel rendersi unici in mezzo alla folla.

Testimoni: GIO1545; GIO1546; GIO1549; RU1553; RU1554; RU1558; RU1569; RU1579; TAN1709; MON1839; PAR1851;

(29)

Caro pensier, lo qual di passo in passo per obliqui sentier d'alte montagne, com'altrui piace, l'anima accompagne ragionando di me che son già lasso

tanto che, assiso sopra questo sasso con gli occhi sol misuro le campagne per veder quanto ciel ne discompagne dal ben che, mal mio grado, a dietro lasso,

pon freno a gli angosciosi miei sospiri, a le lagrime triste, ov'io ritorno,

tosto che i lumi del mio sol non miri!

Oh, mia forte ventura, oh, crudo giorno, ed, oh, contrario effetto ai miei desiri: ben m'allungate il mio dolce soggiorno!

dubbio Sonetto, Schema ABBAABBACDCDCD

Commento: Il sonetto affronta un momento di chiara fatica da parte del poeta. Durante quello che pare essere un viaggio in montagna, forse un pellegrinaggio, il poeta dice di avere un pensiero in particolare ad accompagnarlo ma esso non gli è di conforto, bensì lo rende ancora più stanco di quanto non fosse emotivamente. Anche una volta raggiunta la cima, la sensazione di perdita e lontananza rimane e quella che gli giunge è la sensazione che il suo soggiorno sulla cima sarà ancora più lungo di quanto si aspettava.

(30)

D'un bianco marmo in due parti diviso, ch'Amor senz'arte sospirando move, tragge dolcezze il cor tante e sì nove che forse poche più n'ha il Paradiso.

Così potess'io sempre mirar fiso la meraviglia mai non vista altrove e dir cantando del piacer che piove dal lampeggiar d'un angelico riso.

Ch'io pascerei de l'un questi occhi tanto quanto conviensi a disbramar la voglia che mi può far parer sempre digiuno,

e temprerei con l'altro quella doglia ond'io provo talor più dolce il pianto che di ben lieto amante riso alcuno.

Sonetto, Schema ABBAABBACDEDCE

Commento: Il poeta rende ancora una volta omaggio ad una innamorata. le sue braccia bianche come il marmo provocano nel cuore del poeta più dolcezza del paradiso stesso e il piacer che prova alla vista aumenta all’udire le risate della donna. Tanto è il desiderio che vorrebbe poterla guardare per sempre e così esaurire la fame che lo prende.

(31)

Se 'l cor ne l'amorose reti avolto, onde né spera né desia d'uscire, potesse un dì, vostra mercè, sentire de la pietà che voi mostrate in volto,

tutto il ben d'ogni amante insieme accolto e posto a paragon del mio gioire,

vagliami il ver, dir si potria martire di mezzo 'l centro de l'inferno tolto.

Che se quando sdegnosa e altera il viso da me torcete, sorda a' prieghi miei, scorgo in quel vostro sdegno un paradiso,

che fora poi s'un dì, com'io vorrei, n'avessi un dolce sguardo, un lieto riso? Ditel voi, ch'io per me dir nol saprei.

Sonetto, Schema ABBAABBACDCDCD

Commento: La poesia si apre introducendo la condizione di amante legato alla sua donna dalla rete d’amore,una situazione da cui non desidera uscire e che spera un giorno possa muovere a compassione la sua innamorata. Ci troviamo infatti davanti al primo esempio della raccolta in cui la donna amata dal poeta è ritrosa nei suoi confronti, condizione che per lui è paragonabile ad un inferno ma che spera presto cambierà in un momento in cui lei si rivelerà a lui favorevole.

(32)

Pò ben parer, ma non è, meraviglia, s'Amor ne l'opre sue se stesso avanza, ch'uom trovi in sé disio senza speranza.

L'alta beltade i bei costumi santi che vivi al cor per gli occhi mi passaro, ove 'l vago piacer lor si fé scorta di quel desio che seco ne portaro, si dentro m'incolmar da tutti i canti, che la speranza ancor giunta a la porta

non ebbe intrata. Or non è meraviglia, s'Amor ne l'opre sue se stesso avanza, ch'io trovo in me disio senza speranza.

Ballata, Schema: YXXABCBACYXX

Commento: Poesia di difficile interpretazione. Il poeta in questa ballata introduce la prima situazione in cui il suo amore, che già lo consuma vada incontro al rifiuto, rappresentato dalla porta chiusa che impedisce al desiderio di avere speranza.

(33)

Cangia sperar mia voglia; ché non si mor di doglia. E se fiere novelle

passan per gli occhi al core da le due luci belle,

cerchiam prender d'Amore

tal secondo favore ch'allevii il gran martire, se non si pò morire.

Madrigale, Schema aabcbccdd

Cangia sperar mio voglia; che i non si mor di doglia! E se muore

passon per gli occhi al core dalle due luci belle

cerchin prender d'amore tal secondo favore, ch'allevii el gran martire, S'ei non si può morire!

Commento: Il testo si presenta in due forme differenti per due testimoni principali. La prima forma che abbiamo presentato è quella musicata da Cara mentre la seconda è una versione riportata da Monica Bianco nel suo articolo, sostenendo che si tratta della versione riportata

(34)
(35)

Mentre nel cor le mie forti speranze da gli avversari suoi non fian distrutte, guerrier invitto a l'amorose lutte, di ben'amar non fia mai chi m'avanze.

Ma se di crudeltà quelle sembianze, che per lor guerreggiar vedo or construtte, più volte fiano al campo ricondutte

a battagliar l'antiche sue fidanze,

temo di veder lor tosto per terra: e qual virtù sia mai che le sostenga contro le forze de' nemici nostri?

Per che il fin n'avverrà d'ogni mia guerra, e seco de l'amor ch'altri non degna e fia, donna, cagion di sdegni vostri.

Sonetto, Schema: ABBAABBACDECFE

Commento: Questo sonetto ci introduce all'evento di un autentico combattimento amoroso. Il cuore del poeta affronta i suoi nemici con lo scopo di conquistare la sua amata. Ma la lotta è faticosa e le speranze che lo tengono forte rischiano di cadere a causa di inganni provocati dai suoi nemici.

(36)

Madonna, il vostro sdegno,

che forse ad altro amante saria grave, non saprei dir a me quanto è soave.

Che credete ch'io dica, quando sdegnosa il volto

da me torcete, allor che più i' 'l desio? "quanto m'è questa amica,

e che bel modo ha tolto

in frenar lo sfrenato mio desio!" Vero ed aperto segno

che del mio amar sia degno.

Ballata, Schema: xYYabCdbCxx

Commento: Il poeta affronta lo sdegno della donna a cui rivolge il suo amore, tuttavia il comportamento distaccato di lei non rappresenta per lui una minaccia o fonte di dolore. Sembra invece rafforzare il suo desiderio per lei, pur trattenendolo a dimostrazione di come invece l'amore del poeta sia degno delle attenzioni di lei.

(37)

Anima, se 'l pensier che sì n'ha in forza ov'ei s'invia al fin seguir conviensi, orsù, lentisi il freno ai vaghi sensi, e vogliasi il voler di chi ne sforza.

Ch'io spero pur, s'un desir tempo ammorza o se per morte al fin d'affanni vensi,

che questa o quei del mal ne ricompensi, perdendo vita o ver cangiando scorza;

e l'empia voglia, che d'altrui martiri non è mai sazia, converrà che pera, già spenti o intiepiditi i van' desiri.

Felice il dì che potrò dir la sera: "or ecco il fin de miei lunghi sospiri, e gir di libertà pò l'alma altera!"

Sonetto, Schema: ABBAABBACDCDCD

Commento:

(38)

Che val perché le più solinghe strade d'alpestri monti cerchi, e valli e campi, bramoso di trovar loco ov'io scampi da l'empia mia nemica e di pietade,

se 'n quante più deserte aspre contrade il buon voler mi tire, avien ch'io stampi col pensier lei sì bella, che m'avampi di doppio foco il cor doppia beltade?

Né difender mi puote rimembranza che spesso di lontan la mi presenti sdegnosa sì ch'ancor lungi il cor tema.

Or sia qui dunque il fin de la speranza che fu principio già di quei tormenti ch'io m'avrò, lasso, fin a l'ora estrema

Sonetto, Schema: ABBAABBACDECDE

Commento: Il poeta si è fatto fuggitivo, sta cercando di eludere l'amore ora sofferente che prova per la sua amata, che lo insegue senza tregua. L'amore non viene allontanato neppure dal ricordo doloroso del rifiuto della donna amata e la speranza rimane a fargli compagnia.

(39)

Se desïate pur, donna, il mio fine, vostre labre divine

contenta far vi ponno ch'in vero mi credei

uscir di vita per basiarvi in sonno, sì gran dolcezza in tutti i spirti miei non sentendo sentiei.

Dunque fattel da vero, ch'in un momento io pero!

Madrigale; Schema: AbcdCEeff

Commento:

(40)

Com'avrò dunque il frutto

del seme sparso, Amor, se gelosia disperde il fior de la speranza mia?

Deh, vi fosse sì nota la mia fede, Madonna, come a me vostra bellezza, e pietà fosse in voi quant'è in me doglia,

ch'io giurarei d'aver quella mercede che la vostra durezza,

e non mia colpa, vuol che mi si toglia.

Così si cangi in voi questa ria voglia, com'io sol porto in core

foco del vostro amore.

Madrigale, Schema aBBCDECdEEff

Commento: Il poeta si lamenta dell'indifferenza dell'amata, sostenendo che la pianta del suo amore non può crescere se lei gli mostra solo indifferenza. È convinto che ad ella basterebbe provare ben poco di ciò che lui ha nel cuore per convincersi a cambiare il suo comportamento e ricambiare l'amore di lui.

(41)

Breve riposo aver di lunghi affanni e in poca sicurtà molto sospetto; veder fosco piacer, chiaro dispetto in cor voto di fé, colmo d'inganni;

ridendo l'ore e lagrimando gli anni di vera noia trar falso diletto; trovar morte l'ardir, vivo il rispetto col perder nel guadagno de' miei danni;

gir cercando il mio ben, né saper dove, sentir di chiusa frode oltraggio aperto e d'antichi pensier favole nove;

coperti sdegni in lusingar scoperto, son le cagion ch'ogni or meco si trove la speranza dubbiosa e 'l dolor certo. Sonetto, Schema: ABBAABBACDCDCD

Commento: La poesia ruota intorno ad una situazione di incertezza e dubbio. La condizione del poeta è avvolta dai dolori e dalle false speranze. Tanto che il poeta inizia a sentirsi smarrito e con unica certezza il dolore che gli è provocato dal dubbio sulla fedeltà della sua amata mentre la speranza non gli da alcun conforto.

Testimoni: GIO1545; GIO1546; GIO1549; RU1553; GIO1553; RU1554; GIO1556; RU1558; GIO1563; RU1569; RU1579; GIO1586; PAR1851;

(42)

Quante lagrime il dì, quanti sospiri versin quest'occhi e fuor saetti il core per render molle ed impiagar d'amore donna non già, ma bel marmo che spiri,

sasse l'Amor, con cui vuol che m'adiri larga ragion del mio grave dolore, ed io mel so, che dal pur visto errore non ho che trar ne possa i miei desiri;

nel qual vago piacer gli ha sì forte usi che lì si stanno quasi a dir: "che fia che mai ne levi di sì dolce stanza?".

Né, perché intenda la sventura mia, posso negar al fin ch'io non li scusi, e pasca il cor di pur vana speranza.

Sonetto, Schema ABBAABBACDEDCE

Commento: Il poeta sta cercando di commuovere con le sue lacrime la sua donna, descritta come se fosse una statua di marmo. La condizione di aamnte rifiutato è talmente grave per il poeta che è convinto l'Amore lo condurrà perfino all'ira se il rifiuto si prolunga, eppure nel rifiuto riesce a sentire una nota piacevole che lo conduce a nutrirsi della speranza che potrà piegare la sua amata.

(43)

O secretaria d'ogni mia fatica, che 'l cor negli atti, d'allegrezza voti, com' a me piace sol pietosa noti a parte a parte ben, senza ch'io dica;

sarà già mai, ch'a quest'aspra nemica di tanti preghi a lei sola devoti

benigno amor, per mio refugio, voti l'alma d'orgoglio e me la renda amica?

Ch'io non so ancor se ciò mi speri, o tema di giorno in giorno andar sempre avanzando martir' più gravi insino al dì ch'io mora.

Ma se mai fia pur ver che lagrimando, pregando, amando, innanzi l'ora estrema mercè s'impetri, io spero averla ancora.

Sonetto, Schema: ABBAABBACDEDCE

Commento: La donna amata viene identificata come la custode dei pensieri amorosi del poeta, identificati come le fatiche da lui affrontate per ingraziarsi il suo amore. La donna è restia all'amore del poeta e per questo inizialmente vista come nemica del suo desiderio, ma la speranza che mai abbandona l'innamorato lo porta a convincersi che l'amore benigno potrà riuscire a convincerla, soprattutto perché lo stesso poeta è dubbiosi se ella teme o desideri anch'essa l'altro.

(44)

Vorrei scioglier dal collo il stretto laccio, e diveller dal petto i strai pungenti, e spegner dal mio cor le fiamme ardenti di che impiagato e preso ardendo io taccio;

e, dopo, questo armar di freddo ghiaccio, quel di dur smalto e quei d'arme possenti a romper, da spezzar, da render spenti fochi, saette e 'l nodo ond'io m'allaccio.

E la man che ritien catena salda, e gli occhi donde movon le faville, e 'l volto da cui il colpo si riceve

di che mi punge Amor, mi lega e scalda, quello in vetro veder, quell'altra in neve e quei conversi in lagrimose stille.

Sonetto, Schema: ABBAABBACDECED

Commento: La presente poesia ci introduce nel desiderio aggressivo del poeta di liberarsi dai lacci d'amore che lo stringono. L'immagine della donna che tiene le catene che lo avvinghiano si rivela tanto forte quanto la volontà di estinguerne i sentimenti e il poeta non teme di andare contro alla volontà di amore a costo di versare amare lacrime al momento della sua liberazione.

(45)

Il temerario ardir de le mie voglie, a sciolta briglia al corso sprona forte lo sfrenato corsier, ch'a la sua morte il cor trasporta, ohimè, per tante doglie.

Oh, chi mi intende? Ed, oh, poi chi raccoglie e stringe il freno a la mia iniqua sorte, se pietà fa di me le genti accorte, pria che di vita un tal fallir mi spoglie?

Lasso, m'aveggio ben com'io trascorra, e ch'esser non pò omai ch'io non trabocchi al precipizio u' sempre si sospira!

ma che poss'io, se non è chi soccorra me dal fatal venen di duo begli occhi, ch'a viva forza al mio morir mi tira?

Sonetto, Schema: ABBAABBACDECDE

Commento: Ancora una volta i lacci di amore hanno avvolto il poeta e iniziano a guidarlo come le briglie conducono un cavallo. Il controllo è violento tanto da provocare dolore ma Barignano ancora spera nel sopraggiungere della sua innamorata che possa tirare in modo più gentile dello stesso amore che è pronto a farlo morire.

(46)

Da indi in qua che dal vital mio cibo mi dilungai, che fu peggio che morte pasciut'ho sempre l'amorosa fame, lasso che d'altro non potea, sol d'ombra: ond'è sì forte indebolito il core

che tra via spesso mi ritarda i passi. Ovunque i piedi mova o fermi i passi, con gli occhi intento a ricercar del cibo ond'io gran tempo già nudrit'ho il core che 'n sì lungo digiun teme di morte, ogn'or mi mostra il mio pensier pur l'ombra di quel che sempre ho di gustar più fame. La perigliosa più d'ogn'altra fame

m'ha già sì vinto e sì sfiancato i passi, che temo di restar ombra per ombra; fammi sì ingordo a ricercar del cibo, virtù di che schermir soglio la morte, ché disiando si consuma il core. Sì poco avanza di sostegno al core e sì m'incalza la soverchia fame che, per fuggir la paventosa morte, a mio poter vo raddoppiando i passi; e talor spero il desiato cibo,

ma quel dolce sperar trovo poi ombra. Pò ben farsi di me polvere ed ombra quando che sia, com'or paventa il core, ma non mai sempre procacciarmi il cibo non poss'io già da pascer l'alta fame, che, vie montando più, m'allenta i passi,

(47)

ed impetrar col fin di pochi passi di render poi suo nudrimento al core: ch'io giurerei di non mai più aver fame, tal conserva farei del caro cibo.

Un duro cibo m'apparecchia morte, canzon di fame ordita e testa d'ombra, se dietro al cor non voleranno i passi.

Sestina ABCDEFFAEBDCCFDABEECBFADDEACFBBDFECABDF

Commento: Il cuore del poeta è stato qui privato così a lungo dell'amore che ora vaga come un affamato in cerca di cibo. Il cibo di cui parla, l'amore, viene a mancargli tanto da rendergli soddisfacente anche il solo udire i passi della sua amata ed anche quel semplice suono gli manca a tal punto che potrebbe davvero morire di fame e trovarsi davanti la morte stessa, che si appresta ad apparecchiargli un cibo assai più duro, per nulla intenzionata a contrattare con lui,

(48)

Se stata fusse più l’anima avista

al maggior mio bisogno, e ‘l cor più forte a l’incontrar de la mia viva morte,

che non fur, lasso, onde mia vita è trista,

letto avria l’alma ne l’amata vista: “lassata ogni speranza in su le porte voi, che seguendo l’amorose scorte, intrate là, ove sol danno s’acquista!”

Questo intendendo, il cor di duro affetto poteva ir contro a suoi inimici armato negli occhi che fur varco al mal concetto.

Ma chi ebbe invidia al mio felice stato, celando il vero al semplice intelletto, fé cieca l’alma, e ‘l cor restò legato.

Sonetto, Schema: ABBAABBACDCDCD

Commento: La poesia affronta una difficile situazione per il poeta. Barignano si lamenta di come la sua anima e il suo cuore non siano stati sufficientemente forti da resistere all'innamoramento, al punto che essi lo hanno condotto quasi ad uno stato di morte che li ha condotti, come con Dante, all'ingresso di un Inferno con tanto di avviso alle sue porte.

(49)

Né volger gli occhi in sì pietoso giro che i miei quasi ne 'nganni

e già già foco in cor mi rinovelle; né, dopo 'l far duo parti d'un sospiro talor segno d'affanni,

donna bella pò mai voci sì belle mover quinci a mill'anni

che l'indurato affetto in me distempre: sì l'impetrò chi vol ch'odi Amor sempre.

Madrigale, Schema YxABxAxCC

Commento: La poesia racconta con toni semplici l'effetto che l'amore per la sua donna sta avendo su di lui. Il pietoso giro può essere interpretato come le vertigini e sottolinea come non importa quante altre voci o anni passeranno, il suo amore resterà eterno.

(50)

Io già cantando la mia libertate, i lacci rotti e le faville spente di che m'arse e legò sì fieramente donna gentil, ma nuda di pietate,

e dicea meco: "or qual nuova beltate stringerà me d'un nodo sì possente che non mi scioglia e di che face ardente strugger potrà le mia voglie gelate?"

Allor ch'io sentii il cor dentro e d'intorno di fiamma viva e di catene salde

acceso e cinto perché pur sempre ami.

Una man bianca ed un bel viso adorno vuol che m'allacci Amor, vuol che mi scalde: dolce mio foco e miei cari legami.

Sonetto, Schema: ABBAABBACDECDE

Commento: La poesia rivela come sia difficile liberarsi sufficientemente a lungo dai lacci d'amore. Il poeta è appena riuscito a liberarsi dai legami di una donna gentile ma priva di pietà nei confronti del suo amato, ma non riesce neanche ad allontanarsi da essa, perché subito lei lo richiama con parole gentili in cui chiede quando potrà mai trovare un altro che avvolga lei nei lacci d'amore e soddisfi i suoi desideri. Tali parole sono abbastanza perché il poeta torni nuovamente legato alla donna che lo scalda e ama.

Testimoni: GIO1545; GIO1546; GIO1549; RU1553; RU1554; RU1558; RU1569; RU1579; TAN1709; MON1839; PAR1851;

(51)

Ben mi credëa, per esser assente e per aver cangiato patria e loco, scemato fusse gran parte dil foco, ma tardo intenso fu per me dolente.

Sento spronarmi ognor sì gravemente, ch’io mi consumo dentro a poco a poco, né però parmi questo esser un gioco, ch’io n’arda più che si fusse presente.

O voi che sette in gli amorosi lacci, e col pensier cercati d’ora in ora far men il danno ed alleviar l’impacci,

tutti fian <in> un pensier, perch’io ancora fatto n’ho prova, e poi convien che abracci gli affanni più che prima, e non son fora.

Sonetto, Schema: ABBAABBACDCDCD

Commento: Il componimento affronta un'altra situazione di pentimento da parte del poeta per aver perduto la sua innamorata. Ha cercato inutilmente di allontanarsi da lei e spegnere il desiderio, ma questo gli brucia ancora dentro, consumandolo e portandolo ad invidiare quelli che sono nella situazione a cui lui è sfuggito.

(52)

Per spedito camino, a degna impresa de angeliche virtuti drizza il piede, ché, gionto al fin, acquisterai mercede sì che alta gloria a te non fia contesa!

Io veggio in te paterna fiamma accesa che te alluma, e valor che ti fa erede di nome sempiterno, ed a quella sede ti scorgo che a ogni error fia tua diffesa.

Non temer di mostrar quella virtute Che Natura ti diede alteramente, onde sperar ne poi gioia infinita!

Adorna lo imperfetto e quella mente che Dio sommo ti diede, onde salute aver potrai in fin de la tua vita!

Sonetto, Schema: ABBAABBACDEDCE

Commento: La poesia sembra appartenere al genere dell'omaggio al patrono. Il riferimento alla figura paterna che viene rivista nelle movenze del destinatario del componimento. Il componimento è ricco di riferimenti alle virtù che la figura possiede e si impegna a sottolineare come essa riuscirà a raggiungere grandi successi.

(53)

Quel amoroso stil, in cui solea mostrar aperto e' mie' saldi pensieri, lassar conviemmi, e non fia mai che i' speri cantar di amor per voi, immortal mia dea.

Mia propizia fortuna ancor potea tenermi in sì bel stato, o giorni altieri [……….-eri] mi seguan sempre di che non temea.

Contrastar non poss'io a quel disdetto che nasce dal destin che a ciò mi mena, perché a sua gran virtù mia forza è stanca.

Donna, de l'alma mia luce serena, ador scusate il mio dir imperfetto,

ché con la penna ed il stil la voce manca.

Sonettto, Schema: ABBAABBACDEDCE

Commento: Ci imbattiamo qui in una onorificenza allo stil novo, a cui Barignano fa riferimento come mezzo principale con cui lui riesce ad esprimere i suoi sentimenti per l'amata. Eppure, nonostante questa sua dote e il fatto che possieda ancora l'intelletto per farne uso, il poeta si trova stanco e incapace di proseguire i suoi versi.

(54)

Leggiadretta, soave e bianca mano, che gigli e rose avanzi e vïole, movi il picciolo ingegno e le parole, che a pieno dir dire provano in vano!

Or vorei non aver parlar umano, ma ben divino, ché, come angel suole, lodar potessi tue virtuti sole

con dolce stil accorto, altero e piano.

Tutte sfrenate voglie [affreni] e giri come a te piace, ed ancor apri e serri chiari e foschi pensier, pronta e legiera.

Da' cor selvaggi ogni durezza sferri, s'avien ch'attento desÏando miri chiunque si sia tu'adorna forma intera.

Sonetto, Schema: ABBAABBACDEDCE

Commento: Il poeta sta pregando la sua amata di fornirgli le parole per descrivere nel modo giusto la sua bellezza, poiché il suo stile non sembra essere capace di compiere tale destino. Si fa invidioso della lingua degli angeli, che per lui è l'unica che potrebbe adempiere allo scopo, ma comunque tenta di descrivere la sua innamorata e come essa riesca ad offuscare tutti i suoi pensieri.

(55)

Consiglia l'alma il cor che omai vi lasce, donna de' pensier miei nobili soggetto, ma li ragiona incontra l'intelletto: «La mente di lei pur lieta si pasce.

Dovresti, ingrato cor, fin da le fasce aver bramato un sì gentil obbietto, ché tra gli alri saresti il più perfetto, per ché è felice che a tal vita nasce!

Ebbe doti dal ciel tent'eccellenti che adornan lei e la natura insieme, e son miracol novo a cui le mira.

Siano in te sempre li sospiri ardenti di suo amor vero con gioiosa speme, ché sol s'appaga che per lei sospira!»

Sonetto, Schema: ABBAABBACDECDE

Commento: Ci imbattiamo nel primo componimento della raccolta in cui vediamo Barignano incentrarsi sulle vere virtù della donna su cui si trova la sua attenzione. Tali sono le qualità di lei che il poeta rimprovera aspramente il suo cuore per non aver avuto prima il desiderio di concentrare il suo interesse su di lei, dato che lui stesso ne avrebbe avuto maggiore dignità. Come punizione si impone perenne sospiro d'amore che forse può appagare l'attenzione di lei.

(56)

Por fine ormai, Signor, a le mie doglie, che son affisse al cor sì duramente, piacciati, ed addolcir soavemente mia vita, piena sol d'amare voglie.

Voi tu che l'alma ador trista si spoglie di sua veste terrena acerbamente, onde poi si distruga eternamnete in loco tal che sol mi seria <n doglie?>

O vero Iddio, quella pietà infinita, che fu prima cagion dil nostro bene, quando prendesti forma de uom mortale,

m'impetri grazia de l'usata aita,

ché è sol fermata in te mia dubbia spene: tu 'l sai che proprio ingegno a me non vale.

Sonetto, Schema: ABBAABBACDECDE

Commento: Il primo componimento in cui il poeta si rivolge direttamente a Dio. La sofferenza del poeta è tale che chiede in modo accora in quale modo può porre fine ai supplizi a cui è sottoposto dal Signore. Il tormento è tale da chiedere se debba lasciare sopraggiungere la morte (poiché ci troviamo davanti ad un caso in cui l'anima si spoglia volontariamente del suo guscio terreno si potrebbe addirittura pensare la suicidio, anche se vista la natura peccaminosa dell'atto potrebbe risultare inappropriato in un componimento di carattere religioso). La conclusione è unicamente una richiesta di aiuto in cui spera che il suo ingegno possa indurre la pietà di Dio.

(57)

La donna che nel cor tengo scolpita d’un tal abit’adorna sempr<e> veggio,

che per mia donna altra già mai non chieggio, e sol la segue l’alta mente ardita.

Ma se strano pensier talor m’invita che non le facci più del mio cor seggio, temo lasciarla e, per schifar il peggio, non la mov’indi, e le sta l’alma unita.

Ciò che non pò veder occhio mortale, e che più a Dio diletta ed al mondo spiace, e ciò che può far l’uom qua giù beato

l’insegna acortamente, onde le piace sempre star seco per fars’immortale, perchè d’altrui non puote aver tal stato.

Sonetto, Schema: ABBAABBACDEDCE

Commento: La donna amata si trova, all'inizio del componimento, non solo oggetto dell'amore del poeta ma anche adornata di un abito che oscura ogni altra donna che il Barignano possa aver visto. Il poeta ha perfino paura che possa insinuarglisi il pensiero di un'altra, perché la sua amata rappresenta, nella sua beltà, ciò che rende un uomo beato in terra e non in cielo. La donna ne è consapevole e, gentilmente, si lascia immortalate per far perire la possibilità di togliere quello stato di beatitudine. (Poiché il poeta sostiene che l'immagine di lei sia scolpita nel suo cuore per poi affermare che ella si lascia immortalare, potrebbe essere un riferimento all'uso della scultura come mezzo per conservarne

(58)
(59)

Poi che mi chiedi, Amor, a l’alta impresa, per seguir sol colei ch’in terra onoro, porgesti aita al mio debil lavoro, ond’io ti chieggio a mia ferma diffesa.

Non mi fia pur da te giamai contesa la via che mi conduce al sacro alloro, che può arricchirmi d’immortal tesoro, la cui virtute oggi è da pochi intesa.

Ma temo senza lei tessuto fia tela di aragna, perché ‘l rozzo stile da lei il suon ebbe e le parole prime.

Sia adunque teco ognor guida gentile, sì ch’io gionga al fin de l’opra mia, per acquistarle pregio e lode in rime.

Sonetto, Schema: ABBAABBACDEDCE

Commento: Ci troviamo di fronte alla poesia in cui, per la prima volta il poeta si trova a far presente il desiderio di raggiungere a sua volta la corona d'alloro come i grandi maestri. In questa poesia Barignano si trova in contesa con Amore, sostenendo che esso per primo gli ha portato aiuto nel rendere i suoi lavori degni di nota e ancor più è stata la sua amata che per prima lo ha ispirato e condotto a comporre belle opere. Questo perciò lo porta a chiedere all'amore di assisterlo e di non allontanarlo dal suo fine ultimo poiché il coronamento a poeta gli porterebbe un dono poco capito dai suoi contemporanei ma che sa gli permetterebbe di donare immortalità al suo nome.

(60)

Vaneggio, od è pur vero, ch'io mi senta nel core nova fiamma d'amore?

Se freddo era pur dianzi, e lontan d'ogni foco, chi n'ha tratto sì 'nnanzi, (ch'io n'arda a poco a poco)

il mio ardito pensiero, vago di quel splendore onde ne vien d'ardore?

Ballata, Schema: yxxababyxx

Commento: Qui Barignano è stato appena colto dall'ardore di un nuovo amore. Tanto improvviso da dubitare inizialmente della sua esistenza, questo si rivela intenso e avvolgente, portandolo anche a chiedersi da dove sia giunta questa fiamma.

(61)

Sì, ch'io presumo di volar tant'alto, perché onesto disir mi spiega l'ali e le speranze mie son tante e tali

ch'ogn'or più del mio ardir meco m'essalto.

Sì, che mi piace a l'onorato assalto far di me segno a più di mille strali, senza punto pensar che sian mortali o ch'io forse non aggia 'l cor di smalto.

Or che danno è ad altrui ch'io tanto ardisca? O che pro n'avrà alcun, quand'io mi penta di seguir l'alta mia ventura nova?

Amor m'incende, Amor l'alma tormenta, Amor vuol solo, orsù, vuol ch'i languisca: che noce al mondo a me se 'l languir giova?

Sonetto, Schema: ABBAABBACDEDCE

Commento: Preso nuovamente da Amore, il poeta si sente pronto a spiccare il volo sostenuto da esso e incolume ai dardi che gli possono essere lanciati contro nel suo proseguire. Inizia a chiedere che male può esserci per chiunque o lui stesso; se si lascia condurre dalla sua nuova avventura e se anche dovesse in seguito pentirsene sa che nessuno ne avrebbe gioia o dolore.

(62)

Novi pensier che dal mio antico foco riconducete al cor tante faville che là, donde altrui colpa dipartille, il più di lor non vi potria aver loco;

ben pò, al primo apparir, turbar un poco vostro valor le mie paci tranquille, e dipinger nel volto a color' mille,

virtù di chi 'l mio mal sempre ebbe a gioco.

Ma ch'io non prenda a gran bisogno l'arme da vincer voi, non che pur far difesa, non è vostro poter già che mi nieghi;

che perché punto il cor non si disarme, li conto ogn'or, per avanzar l'offesa, la lunga istoria de' miei sparsi prieghi.

Sonetto, Schema: ABBAABBACDECDE

Commento: La prima poesia in cui il poeta mostra autentica resistenza anche al ricordo di un amore che infine è riuscito a superare. L'oggetto del suo amore, evidentemente causa della sua sofferenza, non può rinnovare un autentico fuoco nel cuore del poeta, ma solo sprizzare delle scintille incapaci di smuoverlo e che non lo inducono nemmeno a prendere le armi o difendersi contro una minaccia di Amore. L'offesa delle sue lunghe preghiere andate a vuoto non lasciano che il fuoco ritorni e consentono al poeta di andare avanti.

(63)

Deh, se mai non s'estingua, donna, il valor di che sì ricca sete, fate omai sazia ogni mia onesta sete! Se voi levate e l'uno e l'altro peso,

onde l'alma va grave,

canterò sempre, e spero essere inteso, in voce al vostro onor tanto soave e 'n sì lodate carte

che da ciascuna sponda

del bel paese ch'Appennin diparte

e chiudon l'Alpi e 'l mar vivo circonda, se non m'è il tempo avaro,

per questa penna sia il bel nome chiaro dopo mill'anni ancor, fredda la lingua.

Ballata, Schema: YXXAbABcdcDeEY

Commento: La poesia racchiude un'ode all'innamorata del poeta che si ritiene pronto, su consenso di lei e con la speranza di essere sempre udito e capito, a cantare del suo amore per tutta Italia. Il poeta arriva ad esporre con cura i limiti del paese e le sue caratteristiche geografiche, segno che il rispetto che Alberti nutriva per lui sulle questioni della Geografia fosse ben riposto.

(64)

Volentier canterei de' vostri onori,

s'io sperassi, con l'arco del mio ingegno, ir sol vicin, non che toccarne il segno.

Ma donde avrebbe il mio voler le braccia a tirar tanto, se 'l spazio è sì lungo, ch'io pur a pena col pensier v'aggiungo? Però meglio è che 'l cor v'inchini, e taccia, che volendo far sazio il gran desire, senza poter compiutamente dire, forse l'avreste voi, Madonna, a sdegno.

Ballata, Schema YXXABBACCY

Commento: La ballata ha una forma estremamente rispettosa nei confronti della sua destinataria. Il poeta si lamenta della loro lontananza, non solo fisica che non può essere coperta nemmeno da una freccia scoccata ma anche intellettuale dato che, come di il poeta, anche con l'ausilio del pensiero riesce appena a raggiungerla. Decide quindi di piegare il suo desiderio che, ne è certo, sarebbe più ragione di sdegno per la sua Signora.

(65)

Stanco non serò mai di tesser rime e porci a tempo il nome

di chi m'ancide e forse non sa come.

Ella m'ancide insieme e rende vita con la virtù d'un riso

e d'un bel marmo in due parti diviso che, l'un e l'altro, e m'offende e m'aita.

Angel mi desta e poi cantar m'invita de l'alma vista e de le crespe chiome, secondo peso e a le mie care some.

Ballata, Schema: YXXABBAAXX

Commento: Il poeta spiega al lettore come non potrà mai essere stanco di cantare della sua innamorata nonostante la sua natura ambivalente. La donna angelo, di cui descrive le chiome definendole crespe e amandone il canto, riesce sia a ucciderlo che dargli la vita e con le sue braccia lo offende con una mentre con l'altra gli porge aiuto.

(66)

Io cantai volentier già la beltade del più bel corpo che fors'oggi viva, ed or convien che, mal mio grado, scriva d'un cor pur troppo nudo di pietade.

"Deh, chi ti spinge a tanta novitade? - se dirà alcun - Tuo sdegno onde deriva?" Io gli risponderò: "Da la più schiva

anima ch'haggia questa etade;

da la più ingrata e più superba donna col più bel, credo, e simulato volto che mai vedesse occhio mortale in terra;

Quella ch'io m'avea eletto per colonna de la mia vita, ohimè, quella m'ha tolto di pace eterna ed ha sommerso in guerra".

Sonetto, Schema: ABBAABBACDECDE

Commento: Il poeta esprime, all'interno di questa poesia, tutto il suo disappunto per essersi innamorato di una tanto bella quanto crudele. Ad un interlocutore immaginario che gli chiede cosa ha dato origine al suo sdegno, il poeta risponde con le due parole che ben descrivono la fonte dei suoi guai: superba e ingrata. Ed aggiunge a queste due ragioni per cui si è allontanato, nonostante avesse deciso di considerarla il centro della sua vita, che ella è anche colei che gli ha provocato tanto dolore sommergendolo di lotte continue.

(67)

Né voi bella or vegg'io,

se ben già bella v'ho dipinta in rima, né 'l mio intelletto se n'è avisto prima.

La mentita vaghezza, che copria sotto 'l color d'un simulato viso la falsità del core,

(per che non piace a la ventura mia), non pò con finto sguardo e finto riso far più lungo il mio errore;

del qual uscendo accortamente fore, donna ho già posto del mio amore in cima bella, che voi non séte all'altrui stima.

Ballata, Schema: yXXABcABcCXX

Commento:

(68)

Quella medesma lingua che cantando disse già, per amor, quelle dolcezze che parve trarre al cor de le vaghezze di quella che mel tolse lusingando;

quella medesma, a punto, disdegnando perché s'or l'ama alcun, l'odi e disprezze, de le sue tante e sì diverse asprezze dirà, mentr'io mi sfogo lagrimando;

e la medesma penna, ch'al suo onore vergò già carte, e non d'oscuri inchiostri, per farla chiara a quei ch'ancor verranno;

quella medesma forse, a' tempi nostri scrivendo la cagion del mio dolore, le darà biasmo, e non senza suo danno.

Sonetto, Schema: ABBAABBACDEDCE

Commento: Il poeta mostra, tramite il suo sonetto, tutta la forza che sua penna possiede. É con essa che ha descritto la bellezza, le gioie e i dolori. Sempre con essa descrive come sulla carta tutti vengono ugualmente riportati e rappresentano un monito per coloro che verranno, insieme alla colpa della stessa che è causa delle sue lacrime.

(69)

Perché talor da' begli occhi lucenti e da la bocca angelica celeste

riceva, e da le man' leggiadre e oneste, cosa ond'io trovi i miei spirti contenti, e da le voci in quel punto moleste e da l'avorio ho ben onde si deste l'alta cagion de' miei gravi tormenti,

che per me si può dir: "passa com'ombra", s'alcun mai dolce in tanto amaro aggiunge al cor, che di pietà vera s'ingombra, né del casto voler, che m'unge e punge ancor, per tutto ciò punto si sgombra: tanto m'ha fatto Amor del mio ben lunge.

dubbio Sonetto, Schema: ABBAABBACDCDCD

Commento: La poesia descrive un momento di interazione dolce e amara al contempo tra il poeta e la sua amata, dando ragione ad Amore per la presenza dei tormenti che accompagnano una dolce compagnia.

(70)

Oh, s'io il credessi Amor, quanti sospiri vedrei mancar che son sì ardenti e spessi, quante lacrime amare (oh, s'io 'l credessi) quante pene arian fin, quanti martiri?

Bella donna, io so ben ch'i miei desiri troppo alti son, troppo altamente impressi; troppo alto è il mio sperar. Pur, s'io 'l vedessi, non fora errore per ch'io tanto alto miri.

Ma s'io nol credo, amor, forse saranno da lei tenuti ancor vani e leggeri i miei pensieri, e favola il mio affanno.

Anzi mel' credo io pur; e certi e veri son quei detti suavi; e omai sen vanno gli spirti miei de la speranza altieri.

Sonetto, Schema: ABBAABBACDCDCD

Commento: Il poeta descrive come l'amore gli abbia provocato tante pene e sospiri per la sua innamorata e come cerchi di dimostrarle quanto essi si presentano pesanti per lui. La donna però non sembra notare quanto per lui sia dura aspettarla. Senza crudeltà, sembra che la fanciulla veda semplicemente come eccessiva la reazione del poeta, tanto che lui stesso infine si convince che sia così.

(71)

Crederete alla speme

che vi ven dal bel viso di costei, occhi, per creder già prigion di lei? Se non séte in oblio

da quanti lieti sguardi

nacque il nostro sperar già sì fallace, ben direte al desio

come che sian bugiardi

quei lumi onde è sbandita ogni altra pace, perché non vi trasporti

a mirar chi n'ha morti, e a più fidanza di disdegno armi il cor contra speranza.

Madrigale, Schema: yXXabCabCdFF

Commento: Il poeta rimprovera gentilmente i suoi occhi, che coltivano una speranza per l'interesse di lei solo per aver guardato il suo bel viso. Ammette il poeta che già in precedenza erano stati ingannati allo stesso modo e che non devono lasciarsi ingannare come allora da un'immagine che sbiadirà come le altre.

(72)

La donna ch'a me già parve sì bella che nessun'altra s'agguagliasse a lei, com'aveva ingannato gli occhi miei una falsa pietà ch'io vid'in ella,

è sì difforme a paragon di quella per cui d'arder ancor forse tòrrei,

che biasmo aspetto, e più che non vorrei del mio lodarla in carte ed in favella.

Sì che s'io vo di me stesso sdegnoso quasi uom che sé dal suo fallir riprenda, cotal m'ha fatto e la vergona e l'ira.

Ma se mai per dolersi error s'amenda, ancor fia consolato il cor doglioso, se 'nvan non spera quei che ne sospira.

Sonetto, Scheda: ABBAAB..ACDEDCE

Commento: Il poeta si ritrova ancora una volta deluso da come il suo amore sia stato fallace. La bellezza di lei non è lontana da quella di un'altra per cui il poeta sentirebbe ancora

amore, non fosse che si era trattato di un altro inganno. In più il poeta esprime amarezza per aver scritto del loro amore e di averla lodata sulla carta e con le sue parole, creandosi da solo una fonte perenne di vergogna e rabbia. Gli resta ormai solo di sperare che l'errore si corregga per poter avere una consolazione.

(73)

Morte m'ha sciolto, ahi lasso,

da l'amoroso nodo e i lumi ha spento che mi scorgeano al cielo,

ond'or la strada palpitando imparo ed ov'ella è, che sotto un breve sasso lassat'ha in un momento

le mie lunghe speranze e 'l suo bel velo; né mi fu il viver caro

poich'ella mi mostrò nel dipartire che dolce vita a tempo era il morire.

Stanza isolata, Schema: ABCDABCDEE

Commento: In questa poesia,dove i nodi d'amore non sono stati sciolti dal poeta stesso, ma si sono spezzati da soli con la dipartita della donna amata si può trovare, in compagnia della tristezza, anche speranza. Infatti il poeta ha trovato nuovo desiderio di vivere ad opera di lei. (Non è chiaro se la speranza sia nata da un semplice impulso di vita o se si tratti di una macabra consolazione per la dipartita di un'amante crudele)

(74)

Far potess'io ristor de gli anni miei,

che 'ndarno tanti e vaneggiando ho sparsi, da indi in qua ch'a mia voglia alsi ed arsi per men bella beltà che non devei;

che di porger ancor ne giurerei sì lunga fila a bei disegni scarsi che di spazio del fallo ad emendarsi l'anima desiosa appagherei.

Ma 'l tempo ha così fisse le sue leggi che non si ferma pur, non che s'arretri, per caldi prieghi o lacrimar ch'uom faccia.

Dunque, Signor, che tuoi erranti correggi, per grazia, fa ch'io del fallir mio impetri perdon quando mi gitto in le tue braccia.

Sonetto, Schema: ABBAABBACDECDE

Commento:

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