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Academic year: 2021

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CAPITOLO IV

ARTEMIDE, ATENA E AFRODITE A CONFRONTO

NEL SANTUARIO DI BRAURON

IV.1 ARTEMIDE E ATENA

Artemide è sovente definita una dea dell'esterno, che predilige la natura selvaggia e incontaminata, priva della presenza dell'uomo e lontana dalle poleis. La dea in realtà non è completamente ignara della vita politica né degli affari dell'uomo, dal momento che coloro che la venerano garantiscono a sé stessi e alla città un futuro prospero. Spesso in-terviene nei momenti critici delle battaglie per garantire la sopravvivenza e la salvezza della comunità.

È nell'educazione della gioventù, in particolare per quanto riguarda il graduale passaggio delle bambine alla maggiore età, che Artemide svolge un ruolo simile a quello di Atena. Quest'ultima sancisce l'ingresso delle fanciulle nella sfera dell'adolescenza e l'inizio del loro apprendistato per il futuro inserimento nella comunità civica, rappresentato dal ma-trimonio. L’apprendimento della tessitura sotto la guida di Atena, nella sua epiclesi di Er-gane, prepara le ragazze a una delle attività più simboliche del futuro ruolo all’interno dell’ambiente domestico. Artemide invece le accompagna fino alla pubertà e ancora fino al raggiungimento dello stato di gyne, sanzionato dalla nascita del primo figlio.

Artemide quindi condivide con Atena un carattere di divinità poliade, eredità delle sue ra-dici vicino-orientali.

IV.1.1 ATENA E ARTEMIDE A CONFRONTO: LA VITA POLITICA

Il carattere polifunzionale di Artemide fa sì che i suoi santuari non si limitino all’area extra-urbana, ma trovino posto anche all’interno della città come avviene per A-tena, divinità poliade per eccellenza che occupa un posto privilegiato sull’acropoli citta-dina, ad esempio ad Atene come Polias oppure Poliouchos. Artemide invece è ricordata

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da Callimaco come una dea che assicura la prosperità di quelle poleis che le serbano ri-spetto e si comportano rettamente nei suoi confronti: a costoro è assicurato un buon rac-colto, il bestiame cresce forte e sano, così come i figli, che rappresentano il futuro delle città1. È, infatti, allo stesso tempo thea soteira e dea punitrice e vendicativa; come può condurre le città a crescere e svilupparsi, allo stesso modo può portarle alla rovina punen-do coloro che non la venerano adeguatamente oppure che compiono ingiustizie nei suoi confronti. Callimaco descrive a tal proposito le conseguenze dell’ira di Artemide che si abbatte sulla città degli ingiusti (Call. Dian., 125-128):

“la peste consuma il bestiame, i campi la brina divora, ed i vecchi per i figli recidono le chiome, e le donne, colpite muoiono di parto o, scampate,

generano figli incapaci di reggersi in piedi.” (Trad. D'Alessio 1996)

Situazioni analoghe sono descritte anche da Pausania che narra della sorte subita dagli a-bitanti di Sicione, colpiti da una piaga (νόζος) dopo aver cacciato Artemide e Apollo dal-la loro terra. In un’altra occasione, l’ira deldal-la dea si abbatte suldal-la città di Patrai con care-stie e malattie, scatenate dalla disobbedienza di una sacerdotessa che si unisce al suo a-mante nel tempio di Artemide Triklaria2.

Il legame di Artemide con la realtà urbana è attestato in particolare nelle città greche dell’Asia minore, dove il culto trova le sue radici, identificandosi nell’antica divinità femminile che proteggeva le città3. Il suo culto è attestato in Lidia, Licia, è ben noto nella città di Efeso oppure a Perge, in Panfilia; il ruolo di Artemide come divinità poliade è at-testato anche da alcune fonti letterarie, tra cui l’inno omerico ad Afrodite (V, 18-20), che ne riassume le attività predilette: “le piace colpire con l’arco le fiere sui monti, ama le

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Call. Dian., 129-135; cfr. inoltre Paus. 10, 35, 7 dove il bestiame della città di Hyampolis, consacrato ad Artemide, è immune dalle malattie e cresce meglio di altri allevamenti.

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Su Sicione: Paus. 2, 7, 7-8. Cfr. inoltre BRULE’ 1987 pp.219-220. Su Artemide Triklaria: Paus. 7, 19, 2-3. Una sorte analoga si riscontra nel mito eziologico di Brauron (cfr. Cap. II) e nel ratto compiuto dai Pelasgi (Hdt. 6, 137-139), che rapirono e uccisero le donne che celebravano una festa in onore della dea a Brau-ron, e furono perciò colpiti dall’assenza di raccolto, le loro mogli non partorivano più e così anche le greggi e il bestiame. Artemide come dea vendicativa o “della peste” (plague goddess), aspetto che condivide con il fratello Apollo, si veda FARAONE 2003 p.48. Cfr. inoltre Cap. II sull’importanza nel culto di placare Arte-mide.

3 KAHIL 1983 pp.240-243; NIELSEN 2009 p.84. Su Artemide come dea “cittadina” si veda il recente studio

di Petrovic, Transforming Artemis: from the Goddess of the Outdoors to the City Goddess, 2010, pp.209-227.

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tre e le danze e le grida acute, i boschi ombrosi e le città degli uomini giusti.” Nell’inno di Callimaco, dove Artemide sembra preferire alle città degli uomini (vv.18-22) le mon-tagne e i boschi dove può cacciare liberamente, le sono attribuite ben trenta città che ono-reranno lei soltanto, assegnate da Zeus (vv.33-35).

L'ampia diffusione del culto di Artemide in Attica e nella stessa Atene mostra chiaramente i diversi campi d’azione della dea. Ad esempio, è noto che prima di un’assemblea i pritani sacrificavano sia ad Atena Boulaia che ad Artemide, la quale as-sumeva lo stesso epiteto di Boulaia, a cui era dedicato un altare nei pressi della Tholos nell’Agora; a partire dal III secolo a.C. si sacrificava anche ad Artemide Phosphoros4. Questo epiteto non è associato a un ambito specifico della dea: talvolta sta a indicarne il predominio sulla natura e su ciò che concerne la fertilità, umana e della terra5. Altrove, invece, la fiaccola si riscontra in ambiti rituali legati al successo di imprese belliche: in questi casi rappresenta la salvezza e la luce con cui la dea si palesa per dare il proprio so-stegno agli eserciti in pericolo, quando la situazione si fa critica. Quest’attributo, infatti, si ritrova in alcune statue che ritraggono Artemide Soteira, ad esempio a Megara (Paus. 1, 40, 2) e a Perge (Paus. 1, 44, 4) per aver concesso la vittoria dei megaresi contro l’esercito di Mardonio.Nella battaglia contro Megara, secondo la narrazione di Pausania, sull’esercito di Mardonio, mentre cercava di raggiungere il suo comandante a Tebe, calò improvvisamente la notte, permettendo così la vittoria dei megaresi.

Artemide, quindi, si palesa spesso attraverso un intervento soprannaturale, come un fascio di luce improvviso oppure tramite la luce lunare: a questo è possibile ricondurre l’epiteto Phosphoros, colei che porta la luce. Proprio a proposito di quest’ultimo aspetto, Temisto-cle volle dedicare un tempio a Melite ad Artemide Aristoboule, colei che dà il miglior consiglio. Durante la battaglia sull’isola di Salamina nel 480 a.C., la dea si rivelò agli

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PARKER 2005 pp.404-405. Cfr. Agora XV 187 (IG II2 916); Artemide Phosphoros: Agora XV 183, 184. Sul ruolo di Artemide ad Atene si veda MEJER 2009 pp.61-77.

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Sull’epiteto di Phosphoros connesso alla fertilità si veda KAHIL 1979 pp.77-78; Id. 1983 pp.233-234; GIUMAN 1999 pp.127-128. L’epiteto di phosphoros si ritrova anche in Eur. IT, 21; cfr. Id. IA, 1570: “tu (Ar-temide ndr) che volgi il chiarore della tua luce nell’oscurità della notte”. La fiaccola insieme all’epiteto di Phosphoros è frequentemente associata a Ecate, la quale condivide con Artemide anche l’intervento nelle battaglie per “accordare benevolmente la vittoria e porgere la gloria” (Hes. Theog., 431-433).

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niesi con una luna piena e, grazie al suo intervento, lo stratega ateniese riuscì a pianificare la tattica migliore per vincere i persiani6.

L’intervento di Artemide appare, così, decisivo nei momenti critici di battaglie o scontri civili, quando il confine tra selvaggio e civilizzato, da lei stessa presieduto, tende ad as-sottigliarsi pericolosamente7. Alcuni santuari ateniesi testimoniavano l’aiuto di Artemide nelle guerre persiane, anche se non vuol dire che fosse una dea “guerriera”, a differenza invece di Atena, cui “sono care le guerre e le opere di Ares, mischia e battaglie.”8 Ad e-sempio il santuario di Artemide Agrotera, presso l’Ilisso: lì ogni anno gli Ateniesi sacrifi-cavano cinquecento capre per ringraziare la dea dell’aiuto ricevuto nella battaglia di Ma-ratona. In quell’occasione gli efebi svolgevano una processione per celebrare la battaglia ed iniziare il loro periodo di apprendistato militare9. Questi ultimi partecipavano anche alle celebrazioni dei Munichia, il 16 di Munichione, per la vittoria di Salamina, salpando con le navi dal Pireo, dove si trovava il santuario di Artemide Munichia, verso l’isola e sacrificavano alla dea. L’importanza di questo santuario deriva dal ruolo che svolgeva in relazione ad alcuni riti di iniziazione, probabilmente analoghi all’arkteia e direttamente collegati ad essa, come si deduce da alcune fonti (ad esempio lo scolio Ar. Lys. 645 e Harp. s.v. ἀρκηεῦζαι)10. Artemide aveva una funzione primaria e riconosciuta dalla città, quella di proteggere ed educare i giovani alle loro future mansioni, non solo per le ragaz-ze, ma anche i ragazzi, come dimostra la presenza degli efebi, in occasione delle celebra-zioni della vittoria di Maratona e Salamina.

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Sulle celebrazioni degli efebi cfr. Plut. De Glor. Ath., 7, 349. A Salamina inoltre si trovava un santuario de-dicato ad Artemide (Paus. 1, 36, 1 ). Sul tempio di Artemide Aristoboule: Plut. Them., 22, 1.

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Sull’intervento di Artemide in guerra si veda il saggio di Ellinger, Le gypse et la boue. Sur les mythes de la

guerre d'anéantissement, 1978, pp.7-55; VERNANT 1987 p.26; COLE 2004 pp.189-191; PARKER 2005

pp.400-401.

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Hym. Hom. 5, 10-11. Sull’Acropoli ateniese svettava la statua di Atena Promachos, a ricordare il contribu-to della dea nelle guerre persiane e a difesa della città: sulla statua si veda STEVENS 1936 pp.491 e sgg.

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Sul santuario di Artemide Agrotera ad Agrai cfr. Paus. 1, 19, 7 che erroneamente riconduce l’epiteto di Artemide alla caccia; sul sacrifico delle 500 capre si veda Xen. An., 3, 2, 12; Arist. Ath. Pol., 58; Ael. VH, 2, 259 riporta che fu Milziade a promettere alla dea il sacrificio di tante capre quanti persiani fosse riuscito ad uccidere. Sulla processione degli efebi cfr. BURKERT 1981 p.62.

10 Le fonti, infatti, narrano di un’orsa uccisa presso il santuario della dea e di un sacrificio di espiazione per

la colpa commessa dagli ateniesi, uno schema analogo al mito eziologico di Brauron: sul mito di Embaros si veda Cap. II parag. II.1.

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Il rapporto tra Atena ed Artemide è sancito fisicamente attraverso una serie di doublets cultuels, secondo la definizione di Jost11, di culti che collegano l'esterno, domi-nio di Artemide, con il centro, presieduto da Atena. Primo fra tutti il Braurodomi-nion sull’Acropoli ateniese, la cui posizione ne fa un caso unico. Infatti, è tra i primi edifici che s’incontrano subito dopo l’ingresso sull’Acropoli, oltre ad essere l’unico culto extra-urbano, non legato ad Atena e alla sua città, a ricevere un suo spazio sull’acropoli, san-cendo così l’importanza di questo culto per l’intero corpo civico12. Poco lontano dal Brau-ronion sorge in una casa dotata di cortile, in cui risiedevano le arrefore, le bambine sotto-poste ad un rito di iniziazione, l’arreforia, per certi aspetti analogo al rito brauronio13. En-trambi questi riti dimostrano lo stretto legame che univa le due dee, sotto la cui protezione si poneva la componente femminile della società, al fine di educarla e integrarla nella po-lis.

Il Brauronio sull’Acropoli permetteva alla polis di consolidare il legame con la chora e di enfatizzare l’unità dell’Attica. Inoltre la scelta di duplicare il culto di Artemide in città as-sicurava la protezione dei confini e di tutte le aree extra-urbane, dominio della dea; allo stesso modo Atena proteggeva e tutelava la città dall’alto dell’Acropoli14.

IV.1.2 L'INIZIAZIONE GIOVANILE

Artemide e Atena sono legate dall’interesse verso l’educazione dei giovani ma con ruoli differenti. Artemide, infatti, è la dea kourotrophos che si prende cura dei ragazzi du-rante il passaggio critico all'adolescenza e li accompagna fino allo soglia dell'età adulta. Ciò avviene ai margini della società civilizzata, nella chora, dove si trovano i suoi santua-ri, a contatto diretto con quella natura incontaminata e selvaggia tanto cara alla dea. Lì i ragazzi e le ragazze si “addomesticano” per assumere il ruolo sociale che spetta loro: le fanciulle sono educate per divenire madri e mogli esemplari, mentre i ragazzi, durante il

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JOST 1992 p.228. Casi analoghi sono registrati a Kaphyai dove Artemide era venerata come Knakalesia in città, mentre fuori dal centro urbano, sul monte Knakalos, sorgeva il santuario principale della dea dove si celebravano riti (telete) in suo onore (Paus. 8, 23, 3-4); a Megara (Artemide Soteira) e a Perge, un villaggio megarese (Paus. 1, 40, 3; Id. 1, 44, 4); ad Egira dove Artemide era venerata con Ifigenia, mentre nella cho-ra si trovava il tempio di Artemide Agrotecho-ra (7, 26, 3-5).

12 Un altro caso di doppio cultuale per quanto riguarda Atene è il culto di Eleusi, trasferito in città a partire

dal VI secolo a.C. nell’Eleusinion, tra l’agora e l’acropoli: cfr. GRECO 2010 pp.145-150.

13 Sull’arreforia cfr. Cap. V.

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periodo dell’efebia, apprendono l’arte della guerra, necessaria alla difesa dello stato. “Dai margini dove regna, afferma Vernant, ella prepara il ritorno al centro”15, dove Atena presiede all’integrazione nello spazio civico. La festa delle Apaturie ad Atene, in onore di Zeus Phratrios ed Atena Phratria, sottolinea il legame che quest’ultima aveva con l'inizia-zione giovanile: infatti durante il terzo giorno, detto Koureotis, si compivano sacrifici per legittimare l’ingresso di ragazzi e ragazze nella fratria. Nel primo caso i padri sacrificava-no (il sacrificio era detto meion) per ogni figlio legittimo nato nell’ultimo ansacrificava-no, giurando che si trattava di Ateniesi figli di cittadini Ateniesi, e ne formalizzava il riconoscimento da parte della fratria. I ragazzi inoltre offrivano ciocche dei loro capelli per simboleggiare il passaggio all’adolescenza e all’età puberale, e infine, lo stesso giorno, avveniva il rico-noscimento della giovane sposa all'interno della fratria del marito, con un sacrificio detto gamelia16. Attraverso questa festa civica Atena legittimava da un punto di vista sociale le tappe principali nella vita dell’uomo: la nascita (con l’offerta del meion i padri presenta-vano i figli legittimi alla fratria), l’adolescenza come inizio di un nuovo percorso che conduceva all’età adulta, e il matrimonio.

È Atena la garante dell’ordine sociale cui ogni individuo appartiene: in quanto Ergane la dea presiede ai lavori manuali femminili, ovvero la filatura e la tessitura17. È ricordata an-che come Hippia o Chalinitis, addomesticatrice di cavalli, grazie all’invenzione della bri-glia, oltre ad aver introdotto l’uso del carro e insegnato all’uomo ad aggiogare i buoi all’aratro, che lei stessa ha inventato18, insegnamenti tutti indispensabili per il progresso dell’umanità.

L’intelligenza astuta e pratica di Atena ha reso l’uomo un individuo civilizzato: per que-sto motivo la dea preside anche sul percorso di crescita dei ragazzi e delle ragazze affin-ché affrontino correttamente le diverse tappe che compongono il loro ciclo di sviluppo e che si concludono con l’integrazione piena nella società. Atena è coadiuvata in questo da Artemide, che interviene per “addomesticare” le ragazze in alcune tappe della loro vita,

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VERNANT 1987 p.33.

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SCHMITT 1977 p.1059; COLE 1985 pp.16-18. Secondo Esichio, s.v. koureotis, i capelli sarebbero stati of-ferti ad Artemide, dimostrando lo stretto legame che esisteva nell'iniziazione giovanile tra le due dee. L'of-ferta di capelli è attesta anche nell'Antologia Palatina per Atena da una fanciulla prima delle nozze: Anth. Pal. 6, 59.

17 Sul culto di Atena Ergane si veda infra parag. IV.1.3.

18 Athena Chalinitis: Pind. Ol. 13, 35; Paus. 2, 4, 1. Atena Hippia: Paus. 1, 30, 4; Suda s.v. Ἱππεία Ἀιηνᾶ; si

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come la pubertà e il parto, mentre la prima sancisce ogni cambiamento nello stato sociale della donna. Per quanto riguarda le ragazze, Atena è presente all’inizio del loro percorso iniziatico, durante l’arreforia, ed è nuovamente presente quando si tratta di riconoscere la nuova condizione sociale della sposa, durante le Apaturie. Entrambe sono indispensabili per completare la formazione e maturazione che si conclude con il matrimonio.

L'interesse mostrato da Atena nei confronti delle fanciulle si osserva inoltre nella loro partecipazione a feste civiche in suo onore: ad esempio sono due parthenoi, le arrefore, che iniziavano i lavori di tessitura del peplo per la dea che veniva poi completato dalle donne sposate in compagnia delle figlie, le ergastinai19. Nei Plynteria era compito di due korai lavare il simulacro di Atena nel mare, presso Capo Falero, dove vi giungeva attra-verso una solenne processione alla quale partecipavano anche efebi a cavallo. Infine du-rante le Panatenee le ragazze diventavano canefore per Atena.

La dea riceveva offerte da parte di fanciulle pro tou gamou, come nel tempio di Atena Apaturia, nell'isola di Sphaeria, antistante la città di Trezene, dove dedicavano le proprie cinture (zonai), un'offerta votiva che più frequentemente era attestata per Artemi-de20. Atena, in quanto Apaturia, era venerata dalle fanciulle che si accingevano ad assu-mere il proprio ruolo sociale con le nozze, poiché, come racconta il mito, fu Atena che con la sua ἀπάηη concesse ad Aithra di giungere nell'isola per permettere a Poseidone di unirsi a lei. Il cambiamento di stato sociale della ragazza è indispensabile, anche attraver-so l'apate, poiché è da un matrimonio legittimo che nascono figli legittimi, i futuri cittadi-ni della polis, assicurando in tal modo la sopravvivenza della comucittadi-nità civile.

Atena era inoltre nota come Zosteria, un epiteto che deriva da ζωζηήρ e che ha un doppio significato: da un lato è il cinturone indossata dai guerrieri, dall'altro è talvolta utilizzato come sinonimo di zone, la cintura delle donne21. Atena Zosteria assume perciò il duplice significato di colei che si cinge per il combattimento e di colei che presiede al passaggio di stato nelle donne: Pausania narra che Atena era venerata come Zosteria a Capo Zoster, in Attica, dove Latona sciolse la propria cintura presagendo il parto imminente prima di

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Sui Plynteria si veda SIMON 1983 pp.46-48; sulla partecipazione delle parthenoi nelle Panatenee: CA-LAME 1977 pp.235-236; sulle ergastinai cfr. BRULE' 1987 p.99, mentre per le arrefore cfr. Cap. V.

20 Paus. 2, 33, 1. Su Atena Apaturia si veda il saggio di Schmitt-Pantel, Athéna Apatouria et la ceinture : les aspects féminins desApatouries à Athènes, AESC, 1977, pp.1059-1073. Sulle zonai e sui loro significati si

veda Cap. II. parag. II.3.

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giungere a Delo22. La dea come Artemide interviene anche durante il parto, un altro mo-mento critico nella vita di una donna, in cui con la nascita del primo figlio attesta definiti-vamente la sua capacità di procreare e conferma il suo posto nella società.

IV.1.3 ATENA E ARTEMIDE A BRAURON: LA TESSITURA

Un aspetto emerso dall’analisi del materiale votivo rinvenuto a Brauron è l’importanza che l’uso del telaio riveste nell’educazione delle fanciulle, sotto la custodia vigile di Artemide. Questo può sorprendere se si pensa che solitamente è Atena a ricevere l’epiteto di Ergane, lavoratrice, per aver insegnato all’uomo le technai, nello specifico al-le donne la lavorazione della lana e l’uso del telaio23. Il legame di Atena con la tessitura è già presente in Omero ed Esiodo: nell’Iliade la dea ha tessuto di sua mano il peplo che indossa (Il. V, 735) e quello di Era (Il. XIV, 178-179); nella Teogonia esiodea è Atena a vestire Pandora, la prima donna (Hes. Theog., 574 e sgg.). Nell’Odissea insegna alle don-ne l’abilità della tessitura (Od. 7, 110; 20, 72), mentre don-nell’Inno Omerico è Atena ad istru-ire le parthenoi nel realizzare magnifici lavori24.

I legami di Artemide con la tessitura sono più labili, infatti l’epiteto omerico di τρσζηλάκαηος, dalla conocchia d’oro, risulta problematico poiché non è nota nessuna i-conografia o fonte che alluda ad un uso della conocchia da parte della dea. Nell’Odissea l’epiteto ricorre quando Elena è paragonata alla dea chruselakatos in un contesto legato alla tessitura: la sposa di Menelao riceve in dono una conocchia d’oro e un cesto d’argento in cui riporre il filato, apprestandosi a lavorare al telaio25.

Gli stessi strumenti utilizzati per la tessitura sono donati ad Atena in diverse occasioni, in particolare da ragazze pro tou gamou: lo dimostrano diversi componimenti dell’Antologia Palatina, in cui si elencano conocchie, fusi e fuseruole, i pettini (kerkis) del telaio, oppure

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Paus. 1, 31, 1; Id. 9, 17, 3 in cui il culto di Atena Zosteria a Tebe fu istituito da Anfitrione quando indossò la propria armatura prima della battaglia. Sui vari significati legati allo scioglimento della cintura, sia in re-lazione al parto che al primo rapporto sessuale, si veda cap. II. Alcuni studiosi si sono interrogati se il ruolo di Atena come protettrice del parto fosse anteriore alla sua funzione bellica: cfr. Picard, Atena Zosteria, REA, 1932, pp.245-253; SCHMITT 1977 p.1064.

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Il culto di Atena Ergane è stato introdotto per la prima volta da Atene come narra Pausania (1, 24, 3), per poi diffondersi anche fuori dalla polis. È attestato a Sparta sull’acropoli (Paus. 3, 17, 4); ad Olimpia le era dedicato un altare (5, 14, 5); ad Elide (6, 26, 3); a Megalopolis (8, 32, 4); infine a Thespie (9, 26, 8).

24 Hym. Hom. 5, 14-15. Si veda inoltre Hsch. s.v. Ἐργάνη; Suda s.v. Ἐργάνη in cui l’epiteto è ricondotto al

fatto che Atena preside ai lavori delle donne (τῶν γυναικῶν ἐργαςίασ).

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il cesto nel quale era conservata la lana26. Questi oggetti attestano l’abilità delle donne, spesso definite laboriose (θιλοεργόηαηαι), nella lavorazione della lana e nella tessitura, e sono dedicati alla divinità insieme ai prodotti del loro lavoro.

I doni elencati nell’Antologia trovano un riscontro diretto nei materiali rinvenuti a Brau-ron, tra cui numerosi fusi, fuseruole, pesi da telaio ed epinetra, spesso decorati con scene di donne intente a filare o mentre svolgono altre attività. Un epinetron di piccole dimen-sioni dimostra come le donne fin dalla più tenera età fossero educate a questi compiti. Anche negli inventari brauroni sono registrate offerte analoghe, in altre parole una conoc-chia (ἠλακάηην, in IG II2 1517, 209) e delle spathai (ζπάθαι, in IG II2 1517, 201), pale piatte, solitamente di legno, attorno al quale si serrava il filo della trama poiché più era stretto più il tessuto era di qualità, e di cui si ha riscontro in alcuni epigrammi dell’Antologia (Anth. Pal. 6, 39, 283, 288)27.

L’attività della tessitura non è dimostrata soltanto dall’offerta di strumenti ad essa legati, ma anche dall’iconografia, sia su ceramiche che su rilievi, dove compaiono scene di fila-tura e tessifila-tura, motivo “molto più frequente a Brauron che in altre località.”28 Nonostan-te la frequenza del motivo, nessuna scena ritrae ArNonostan-temide mentre lavora al Nonostan-telaio, a diffe-renza di quanto avviene per Atena29.

Il legame di Artemide con la tessitura non vuole esprimere, infatti, un rapporto specifico, poiché è Atena, come Ergane, che supervisiona le attività manuali delle donne. Esso va considerato in un’ottica più generale, in quanto la dea, che accompagna la donna fino al matrimonio, si fa in qualche modo carico anche delle attività che attendono le spose, tra le quali la tessitura, com’è stato detto più volte, occupa un posto importante: “a young girl’s

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Per le offerte legate alla tessitura, fusi, conocchie, pettini, lana e ceste, dedicate ad Atena si veda anche

Anth. Pal. 6, 47, offerta fatta da una vedova a 40 anni; 6, 48 dono fatto da una donna stanca delle fatiche;

6, 160 (?); 6, 174; 6, 247, da parte di una donna avanti negli anni; 6, 289.

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Quest’ultima ipotesi interpretativa è stata suggerita da Linders (Id. 1972 pp.19, 46), rispetto invece a

spathis, in analogia anche con gli inventari di Atena e degli altri dei dove in IG II2 1464, 18 sono elencate, tra altri strumenti tessili, anche spathai elephantiai.

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COLE 1985 p.20. Un rilievo marmoreo con una donna seduta su di un sasso mentre fila (probabilmente con un epinetron alla gamba), ed una pinax fittile con scena analoga. Sul rilievo cfr. DAUX 1962 p.674; KA-HIL 1983 p.240 (che interpreta la figura come Artemide); GIUMAN 1999 p.49. Sulla pinax: COLE 1985 p.20.

29 Sull’iconografia di Atena Ergane si veda il contributo di Consoli V., Atena Ergane. Sorgere di un culto sull’acropoli di Atene, ASAtene 82, 2004, pp.31-60. Si veda inoltre Paus. 7, 5, 9 in cui descrive ad Erythrae

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weaving project with figures worked into the fabric was a sign of her accomplishments and a token of her identity.”30

Non si può non essere d’accordo con Brulè quando afferma che la tessitura svolgeva un’importante funzione sociale, divenendo un momento di socializzazione femminile du-rante il quale le ragazze apprendevano anche la cultura orale, oltre alla tecnica e alla di-sciplina sotto la supervisione delle donne adulte31.

IV.2 ARTEMIDE E AFRODITE

Nel percorso educativo delle giovani ateniesi, ad Atena ed Artemide, si affianca una terza divinità: si tratta di Afrodite il cui rapporto con Artemide si situa su di un dupli-ce piano. Da un lato le due dee condividono l’interesse verso il matrimonio anche se in maniera differente; dall’altro lato alcuni materiali rinvenuti nel santuario artemisio appar-tengono alle categorie di offerte votive generalmente dedicate ad Afrodite, come specchi, gioielli e loutrophoroi.

Anche l’uso del krokotos durante il rituale dell’arkteia rimanda alla sfera di competenza di Afrodite, trattandosi, infatti, di un’allusione alla maturità sessuale necessaria per il ma-trimonio, che significa l’incontro con l’altro sesso, la scoperta della sessualità e dell’amore.

IV.2.1 AFRODITE E IL MATRIMONIO

Afrodite, la dea dell’amore, della passione, della bellezza e della grazia, ha tra le sue competenze anche il matrimonio. Nel libro V dell’Iliade la dea, dopo essere stata feri-ta da Diomede mentre proteggeva il figlio Enea, è così descritferi-ta da Zeus:

“Creatura mia, non a te furono date le cose di guerra. Ma tu séguita l’opere amabili delle nozze (ἔργα γάμοιο).”32

Le nozze rientrano, infatti, nel dominio di Afrodite nella misura in cui coinvolgono l’amore con tutte le sue sfaccettature: il piacere sessuale, la seduzione, l’attrazione fisica,

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COLE 2004 p.220. Si vedano inoltre le dediche ad Artemide di opere al telaio con figure (personaggi femminili e un fiume) realizzate da un gruppo di tre ragazze: Anth. Pal. 6, 286 e 287, dove la dea è definita

Signora delle donne (πότνα γυναικῶν). 31 BRULE’ 1987 pp.230-231.

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la passione, sono tutti elementi importanti nell’unione matrimoniale. Ma la passione che è qui chiamata in causa non è fine a se stessa, né tanto meno si manifesta in forme eccessi-ve o assolute, che non riguardano la gyne gamete, la donna sposata (bensì altre donne come cortigiane o prostitute, entrambe protette dalla dea). L’intervento di Afrodite nelle relazioni matrimoniali ha lo scopo, infatti, di favorire la fertilità e la procreazione, con cui si assicura la continuità del nucleo familiare e di conseguenza anche la crescita della po-lis, di cui i figli legittimi faranno parte.

Nel culto e nei riti connessi alle nozze, Afrodite si rivolge in particolare alle nymphai così come Artemide tutela e protegge le parthenoi pro tou gamou, prima del matrimonio. Dio-doro Siculo (V, 73, 2), nel I secolo a.C., delineando le prerogative attribuite ai figli di Zeus, afferma che ad Afrodite è conferita la gioventù delle parthenoi pronte a sposarsi e tutte quelle cure necessarie per il matrimonio. Il termine nymphe indica sia la parthenos che ha ormai raggiunto la maturità sessuale necessaria per sposarsi, sia la giovane sposa33. Il rapporto quindi di questa divinità con il matrimonio è delineato a partire dal culto tribu-tato alla Ninfa divinizzata ad Atene e Trezene. Nel primo caso i resti del santuario sono stati identificati lungo le pendici meridionali dell’Acropoli, nelle vicinanze dell’Odeon di Erode Attico34. Sul culto praticato non si conosce quasi nulla, ma qualche deduzione è possibile ricavarla a partire dalla divinità lì venerata, Ninfa, e dal rinvenimento di nume-rose loutrophoroi, una forma ceramica utilizzata durante le cerimonie nuziali. È probabile che in quest’area di culto si recassero le donne ateniesi per compiere alcuni riti sacrificali (di cui fa cenno anche Diodoro Siculo), sia prima che dopo il matrimonio. Il legame di Afrodite con i riti nuziali è sancito dal trasferimento del culto della Ninfa, a seguito della distruzione del santuario nel I secolo a.C., in quello di Afrodite Pandemos, identificato presso le pendici sud-occidentali.

A Trezene, in Argolide, Nymphia diventa epiteto di Afrodite cui era dedicato un santua-rio, del quale si ha una chiara testimonianza in Pausania (Paus. 2, 32, 7). Che si tratti di un culto praticato dalle giovani spose o ragazze in procinto di sposarsi, si ricava dal mito

33

Il termine nymphe inteso come sposa ricorre già in Omero, ad esempio in Il. III, 95 riferito ad Elena; op-pure in Il. XVIII, 492 nella descrizione del matrimonio sullo scudo d’Achille. Sul significato ambivalente di

nymphe si veda Chantraine, Les noms du mari et de la femme, du père et de la mère en grec, REG, 1946,

pp.228-230.

34 Sul santuario di Ninfa si veda DAUX 1958 pp.366-367; Id. 1960 pp.622-624; TRAVLOS 1971 p.361; KAHIL

1983 p.243; PIRENNE-DELFORGE 1994 pp.23-24, in cui la studiosa segnala tra i ritrovamenti una bilancia in terracotta segno ulteriore del contesto matrimoniale del santuario.

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di fondazione: infatti il santuario fu dedicato da Teseo dopo aver preso Elena in moglie. Come per il santuario di Ninfa ad Atene, non sussitono tracce e notizie di riti matrimonia-li, anche se come giustamente nota Pirenne-Delforge35 nell’area extra-urbana di Trezene vi erano altri santuari in cui si praticavano riti connessi con il matrimonio, in quanto dalle fonti è noto che avvenivano pro tou gamou. Tra questi vi era il santuario di Ippolito in cui le fanciulle dedicavano le ciocche dei loro cappelli all’eroe vittima della collera di Afro-dite, e il tempio di Atena Apaturia, sull’isola di Sphaeria (appartenente alla città), in cui le parthenoi offrivano la loro cintura (ἀναηιθέναι πρὸ γάμοσ ηὴν ζώνην)36. A Hermione Pau-sania (Paus. 2, 34, 12) descrive un altro rito legato al matrimonio, senza però dare ulterio-ri indicazioni: egli infatti afferma che le parthenoi e le vedove dovevano saculterio-rificare ad Afrodite prima di unirsi ad un uomo.

Questi esempi mostrano come Afrodite intervenga nella sfera matrimoniale in modo di-verso rispetto ad Artemide e Atena. Se queste ultime si rivolgono a ragazze ancora imma-ture, che si preparano ad affrontare l’età adulta con tutto ciò che essa comporta (matrimo-nio e una nuova condizione civile), Afrodite si rivolge alle donne ormai mature da un punto di vista fisiologico37. Le nozze comportano, infatti, un incontro con la sessualità adulta sia che si tratti di giovani spose o di vedove, ed è qui che interviene la dea per of-frire loro i doni che ha a disposizione: l’amore e l’eros. Inoltre Afrodite tutela le giovani coppie di sposi al fine di garantire un’unione armonica tra i due opposti, l’uomo e la don-na: essa infatti riceve gli epiteti di Ourania, la celeste, e di Pandemos, di tutto il popolo, dalla figlia Harmonia, essa stessa a tutela della concordia matrimoniale38. Ciò significa che Afrodite incarna sia l’amore celeste, più alto e puro, sia l’amore terreno e materiale, e l’unione tra questi elementi diversi si basa sull’armonia così come l’unione matrimoniale tra l’uomo e la donna.

35

PIRENNE-DELFORGE 1994 pp.183-184, 422-423.

36

Santuario di Ippolito: Paus. 2, 32, 1; cfr. inoltre Eur. Hipp., 1425-1426 sull’offerta delle korai ad Ippolito. Santuario di Atena Apaturia: Paus. 2, 33, 1; cfr. supra parag. IV.1.2.

37

Un’eccezione sembrerebbe essere il rituale dell’arreforia che coinvolgeva bambine tra i sette e gli undici anni, le quali si recavano di notte presso il santuario di Afrodite en Kepois, lungo le pendici nord dell’Acropoli: sull’interpretazione di questo incontro “prematuro” con la dea dell’amore si veda Cap. V.

38 Paus. 9, 16, 3-4; cfr. inoltre Esch. Supp., 1034-1042. Secondo una tradizione il culto di Afrodite

Pande-mos sarebbe stato introdotto da Solone con il ricavato delle case chiuse che lui stesso aveva istituito per i bisogni della gioventù ateniese, da cui quindi il legame tra pandemos e l’amore più basso, quello praticato anche attraverso la prostituzione: cfr. Harp. s.v. Πάνδημοσ Ἀφροδίτη; Philemonfr.3 Kassel-Austin.

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13

IV.2.2 ARTEMIDE E AFRODITE NEL CULTO

Nell’inno omerico ad Afrodite (5, 7-32) sono elencate tre divinità che essa non sa piegare né ingannare: una è Atena che preferisce all’amore e all’eros le guerre e le opere di Ares, la seconda è Artemide, la dea cacciatrice che non si lascia domare dalla dea; la terza è Estia, che fece voto di rimanere per sempre vergine, rifiutando le nozze. Ma nono-stante queste dee si oppongano, poiché eterne parthenoi, al potere seducente di Afrodite, su di un aspetto intervengono ognuna a modo suo: il matrimonio.

Il legame tra Artemide e Afrodite che è preso in considerazione in questo contesto mostra come entrambe siano divinità necessarie e indispensabili nella crescita e nella maturazio-ne delle giovani ateniesi. In particolare ambedue operano una sorta di addomesticamento nei confronti della componente femminile della società. Sotto la protezione di Artemide le parthenoi si accingono ad entrare nell’età adulta e per far questo devono essere “addo-mesticate”, abbandonando ogni ardore giovanile e qualsiasi comportamento “selvaggio” antitetico alla società civilizzata e acculturata di cui andranno a far parte. Quando questa fase di addomesticamento termina, la ragazza è pronta per accedere alla fase successiva, il matrimonio, che apre “the process of submission to the yoke of Aphrodite.”39 Le donne a questo punto apprendono le arti amorose della dea, la seduzione, il piacere, l’attrazione fisica, e tutti quegli aspetti che fanno parte dell’eros, elemento imprescindibile dell’unità matrimoniale il cui fine è la nascita di figli legittimi.

Questa collaborazione divina non si limita soltanto alla formazione dei nuovi membri del corpo civico, ma rappresenta anche i poli opposti dell’unione coniugale, al cui centro si pone la gyne gamete, la moglie legittima, che assolve al suo ruolo di madre e lavoratrice (si pensi all’importanza della tessitura nel contesto domestico). Da un lato c’è Artemide, l’eterna parthenos, che ama cacciare nei boschi e uccidere le fiere selvagge con le sue frecce. Dall’altro lato vi è Afrodite, colei che “suscita dolce desiderio negli dei e soggio-ga (ἐδαμάζζαηο) le razze degli uomini mortali”40, che può sconvolgere la mente con un amore estremo e assoluto. Non è soltanto la dea dell’amore coniugale, il cui scopo

39 KING 1983 p.111.

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pale è la procreazione, ma è anche Pandemos, l’amore terreno e venale basato sulla ses-sualità e il piacere fine a se stesso41.

La polarità espressa da Artemide e Afrodite ha una sua applicazione in alcuni miti che mostrano le conseguenze terribili di chi assume un atteggiamento assoluto ed estre-mo, rifiutando il matrimonio. Questo si osserva nel mito di Atalanta e in quello di Ippoli-to.

Nel primo caso Atalanta è considerata la più artemisia delle parthenoi42, abbandonata dal padre e allevata da un’orsa, che la plasma come fa con i propri cuccioli. Si dedica così al-la vita nei boschi e alal-la caccia e, raggiunta l’età adulta, decide di rimanere come Artemide una eterna parthenos. Come rileva Vernant43, dal momento in cui la ragazza si rifiuta di oltrepassare la soglia del matrimonio, i caratteri della sua femminilità non emergono e an-zi si confondono con il suo aspetto mascolino, che atterriva chiunque la guardasse. Il fatto che nessun uomo potesse sostenere il suo sguardo senza provare paura sembra richiamare l’aspetto terrificante della Gorgone, al limite tra l’uomo e la bestia, la cui maschera, infat-ti, appartiene sia ad Atena sia ad Artemide, come discendente dell’antica potnia theron, e ne costituisce il lato più selvaggio e pericoloso44. La parthenos quindi finisce per inselva-tichirsi fino a regredire allo stato animale. È quando accetta il matrimonio, dopo aver ce-duto al potere di Afrodite con l’inganno delle mele dorate, la dea che lei ha voluto imitare la punisce per essersi unita al suo sposo nel tempio di Zeus, trasformandoli entrambi in leoni, animale a cui si attribuiva l’incapacità di accoppiarsi tra loro45. La sessualità intro-dotta con le nozze non ha lo scopo, nel mito, di rendere armoniosa l’unione tra i due sposi ma di ricondurli nuovamente nel dominio ferino di Artemide, punendo definitivamente la

41

Afrodite è venerata anche da cortigiane e prostitute con l’epiteto di Ἑταίρα: cfr. PIRENNE-DELFORGE 1994 pp.428-430.

42

VERNANT 1987 p.23; Id. 2001 pp.129-131; si veda inoltre SCANLON 1990 pp.102-103 in cui lo studioso pone l’accento sul parallelismo tra questo mito e il rituale delle orse a Brauron. Sul mito di Atalanta: Hes. fr. 14a-b-c dal Catalogo delle Donne; Xen. Vect., 13, 18; Apollod. Biblio. 3, 9, 2; Call. Dian., 215-224; Ael.

VH., 13, 1 in cui vi è la descrizione dettagliata dell’aspetto di Atalanta. 43

supra n.42.

44

Sulla maschera di Medusa-Gorgone si veda VERNANT 1987; Id. 2001 pp.75-102.

45

Leone e orso spesso sono associati tra loro: Od. XI, 611; Hym. Hom. 4, 223; Id. 5, 159. Si veda inoltre PARKER 2005 pp.246-247. Secondo alcune fonti letterarie tarde (Ovid. Met., 10, 560-704; Hyginus Fab., 185) la trasformazione di Atalanta in leonessa sarebbe imputata ad Afrodite, che non avrebbe ricevuto nessuna soddisfazione a chi aveva offerto il suo aiuto (Melanio o Ippomene) con l’inganno delle mele do-rate.

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mancata sottomissione al giogo di Afrodite. Il leone, come l’orso, è un animale difficil-mente addomesticabile dall’uomo, noto per il suo istinto selvaggio e Atalanta assume le caratteristiche di entrambi, in quanto cresciuta da un’orsa e trasformata in leonessa al momento delle nozze: “la sexualité refusée se transforme en un excès stérile et mon-strueux, image déformée du détournement d'une pratique saine et nécessaire.”46

Il mito di Ippolito, noto soprattutto attraverso la tragedia Euripide, mostra le conseguenze negative per chi non accetta il potere sovrano di Afrodite, né si sottomette al giogo neces-sario dell’amore. Nella tragedia euripidea la dea è descritta come una divinità orgogliosa che distrugge chi le si oppone con superbia: la punizione nei confronti dell’atteggiamento di Ippolito sarà quindi la morte47. Egli cresce sotto la tutela della dea kourotrophos, dedi-candosi alla caccia ed eccellendo nell’uso dei cavalli. Ma quando giunge per lui il mo-mento di abbandonare Artemide, Ippolito decide di rimanere casto e di non sottomettersi ad Afrodite, colei che “stimola e ispira il desiderio di cui noi tutti sulla terra siamo il frutto.”48 Nonostante il suo destino tragico, Artemide non interviene per cambiarlo perché il suo protetto, rifiutando la sessualità, ha trasgredito l’ordine sociale che garantisce la si-curezza e la stabilità della comunità. La definitiva sottomissione al regno di Afrodite av-viene soltanto post mortem dal momento che nel culto l’eroe vittima e la divinità punitrice sono associati. Ad Atene, infatti, esisteva un tempio dedicato ad Afrodite ἔπι Ἱππολύηῳ situato sulle pendici meridionali dell’Acropoli, dedicato da Fedra “per un amore stranie-ro.”49 A Trezene invece Ippolito sarà venerato al pari di una divinità50 in un santuario ex-tra-urbano in cui si conservava un agalma archaion ed ogni anno si compivano sacrifici in suo onore. All’interno del temenos si trovava anche un ginnasio detto di Ippolito e nelle

46

PIRENNE-DELFORGE 1994 p.461.

47

Eur. Hipp., 1-8, 443-450, 1268-1281. Afrodite inoltre è colei che sconvolge i cuori e l’animo: Ib. 359-361; 764-765 in cui l’amore di Fedra per Ippolito è una malattia il cui unico rimedio è però la morte, dal mo-mento che si tratta di un amore “sbagliato” (della madre verso il figliastro); 969.

48

Ib. 449-450.

49

Ib. 29-33; Paus. 1, 22, 3; del culto di Afrodite epi Ippolito si ha traccia anche nelle iscrizioni: IG I2 324, 1.66; IG I2 310, 1.280. La personalità ritratta da Euripide rispecchia un aspetto di Artemide, vergine caccia-trice, più comune nell'area del Peloponneso che ad Atene: cfr. MEJER 2009 pp.73-74.

50

È probabile infatti che il nome di Ippolito si sia imposto su di un’antica divinità locale, che doveva co-munque avere un qualche rapporto con Afrodite, dal momento che nessun cenno vi è dell’associazione nel culto tra Ippolito ed Artemide, a cui si era completamente dedicato. Una situazione analoga si ritrova a Brauron sull’origine di Ifigenia e il suo rapporto con Artemide: cfr. Cap. III. Sull’origine del mito di Ippolito si veda BURKERT 1987 pp.181-189; per il culto a Trezene cfr. PIRENNE-DELFORGE 1994 pp.178-181. Si ve-da inoltre Paus. 2, 32, 1-3. Sul rituale prematrimoniale che lì si svolgeva si veve-da supra parag. IV.2.1.

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immediate vicinanze sorgeva il santuario di Afrodite Kataskopias, “che osserva da lonta-no”, a sancire nuovamente lo stretto rapporto tra questo dio/eroe locale e la dea.

Il ruolo di Artemide e di Afrodite non si limita alle nozze ma si esercita anche in un’altra importante fase nella vita delle donne: il parto. La prima, infatti, assicura la buo-na riuscita della gravidanza, con la buo-nascita di figli sani e forti che lei, in quanto kourotro-phos, tutela, accompagnandoli fino alla soglia dell’età adulta51. La seconda invece è lega-ta al parto sia in quanto espressione della sessualità stessa e dell’amore armonico che uni-sce la coppia di sposi, sia perché la dea incarna i poteri generativi e riproduttivi della na-tura e dell’uomo. Inoltre la gravidanza e la successiva nascita rappresentano un momento importante nella transizione della donna da nymphe a gyne. Nel culto la dea è spesso as-sociata a Genetyllis (talvolta al plurale Genetyllides), una divinità in rapporto con le na-scite e la procreazione il cui nome deriverebbe da genesis52. È inoltre interessante notare che alcune fonti antiche attribuiscono il medesimo epiteto anche ad Artemide in quanto dea che presiede alle nascite53. In particolare Genetyllis si trova spesso in coppia, in con-testi amorosi e legati alla fertilità, con l’epiteto Kolias, con cui la dea era venerata a Capo Colias, a sud di Falero, insieme con le dee Genetyllides54.

Infine il culto di Afrodite Urania ad Atene e Olimpia è associato al desiderio di avere dei figli: nel primo caso infatti il mito narra che il santuario fu dedicato da Egeo alla dea per propiziarla affinché gli fosse concesso di avere una discendenza; mentre ad Olimpia il tempio si trovava adiacente al santuario di Eileithyia, un accostamento non casuale se si pensa che entrambe beneficiavano le nascite55.

Artemide e Afrodite, insieme ad Atena, si avvicendano dunque nell’intero ciclo di svilup-po di un individuo: dalla sua nascita, all'adolescenza, all'ingresso nella società dove cia-scuno svolgerà il suo ruolo. Il fine ultimo di questo ciclo di crescita è quello di garantire una discendenza alle nuove coppie di sposi, così da assicurare un futuro sicuro alla socie-tà di cui i loro figli andranno a far parte.

51

Sul ruolo di Artemide nel parto si veda Cap. II parag. II.3.

52

Sul rapporto tra Kolias e Genetyllis cfr. Ar. Lys., 2; Id. Nuv., 52; si veda inoltre Id. Thesm. 130; Hsch. s.v. Γενετυλλίσ; Suda s.v. Γενετυλλίσ. Già le fonti antiche riflettevano sull’origine di questa divinità (dalle fonti chiamata anche daimon), se considerarla separata da Afrodite (come Paus. 1, 1, 5; schol. Ar. Thesm. 130) oppure ritenerla un epiteto della dea (Suda; schol. Ar. Nuv. 52).

53 Hsch. s.v. Γενετυλλίσ; schol. Ar. Thesm. 130. 54 Paus. 1, 1, 5.

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IV.2.3 LA PRESENZA DI AFRODITE NEI MATERIALI VOTIVI

DI BRAURON

Tra i numerosi materiali votivi rinvenuti a Brauron ve ne sono alcuni che rientrano nella categoria degli oggetti appartenenti all’universo femminile: si tratta di ornamenti personali come collane, braccialetti, orecchini in oro e argento, perle e gemme di diversa fattura e colore. Offerte analoghe sono state riscontrate anche nelle liste degli inventari brauroni, sotto la rubrica krusa dedicata al metallo prezioso: nel descrivere l’oggetto si ri-portava il peso, il dedicante e l’anno, qualora fosse riportato l’arconte eponimo sotto il cui mandato era fatta l’offerta56.

Tra gli oggetti tipici del mondo femminile vi sono inoltre numerosi specchi bronzei, anch’essi registrati negli inventari brauroni sotto la dicitura chalka. Lo specchio doveva essere uno dei doni più frequenti ad Artemide dal momento che talvolta, come in IG II² 1522, 130 e seguenti, se ne riportava semplicemente la quantità, in questo caso corrispon-dente a ben 119 specchi57.

Questo tipo di ex-voto non proviene dalle bambine che a Brauron praticano l’arkteia, ma da donne ormai mature dal punto di vista sessuale. Le offerte delle bambine sono rappre-sentate da oggetti che appartengono alla loro infanzia e che dedicano alla dea prima delle nozze, per sancire il loro passaggio definitivo nell’età adulta: si tratta di giocattoli, stru-menti musicali, utensili per la tessitura e altro ancora58. Specchi e monili invece fanno parte del corredo che caratterizza la donna sposata oppure la nymphe, che ha abbandonato il dominio di Artemide per addentrarsi nel regno di Afrodite ed entrambe ornano il pro-prio corpo per rendersi più belle agli occhi dei loro uomini. È a quest’ultima, infatti, che sovente si dedicano specchi e gioielli poiché oltre ad essere la dea della bellezza è anche

56

Sugli inventari brauroni cfr. Cap. I parag. I.7.1. Tra le offerte di gioielli cfr. IG II² 1517, 3-17 che riporta alcuni ornamenti femminili conservati all’interno di una scatola (probabilmente si tratta di offerte molto datate: LINDERS 1972 p.36); 51-3 una collana di cui sono contate 26 perline o pendenti appesa πρὸς τῆι παραςτάδι, contro un pilastro, colonna o stipite.

57 IG II² 1514, 23 (= 1515, 15-16; 1516, 3-5); 1517, 189-90. Cfr. LINDERS 1972 pp.12, 28, 46. Sulle offerte di

specchi cfr. DILLON 2002 p.13 e Cap.I parag. I.7.1, figg.9a-b.

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la dea splendente d’oro (chrysea), perché riccamente vestita e ornata di gioielli e pietre preziose59.

Offerte votive di questo genere sorprendono in un contesto cultuale dedicato ad Artemide, divinità protettrice della sfera adolescenziale. È possibile pertanto concludere che il culto di Artemide Brauronia non si limitava soltanto alle bambine o alle giovani ragazze, ma si estendeva anche alle donne sposate che le dedicavano oggetti personali in diverse occa-sioni, come le avvenute nozze oppure una gravidanza o una nascita, a dimostrazione del compito di fondamentale importanza per la polis da loro adempiuto60.

Dal momento che spesso non è possibile ricavare il motivo della dedica dall’iscrizione posta sull’offerta (nel caso degli specchi), qualche informazione in più si ha negli epi-grammi dell’Antologia palatina. Per quanto riguarda gli specchi oltre alle cortigiane, per le quali la bellezza e la cura del corpo sono indispensabili per il loro mestiere, sono pro-prio le donne che si sposano a farne offerta alla dea, insieme a sandali, vesti, cinture, ciocche di capelli e gioielli soprattutto in occasione del matrimonio61.

Tra la ceramica figurano molte forme di uso esclusivamente femminile, come pyxides, thymiateria, epinetra, e lebetes gamikoi, sia di dimensioni normali che miniaturi-stiche, decorati con scene di donne al lavoro o mitologiche. Si tratta di oggetti che, come i gioielli e gli specchi, appartengono ad una fase della vita successiva a quella adolescen-ziale. Quindi le offerenti, anche in questo caso, sono donne sposate che dedicano ad Ar-temide questi oggetti in quanto attestano l’avvenuto passaggio da parthenos/nymphe a gyne gamete62. Differentemente Afrodite riceve numerose loutrophoroi, destinate a con-tenere l’acqua per il bagno nuziale: molte sono state rinvenute ad Atene nel santuario di Ninfa, a sud dell’Acropoli, e presso il santuario di Afrodite Pandemos; a Sicione è

59

Il. III, 64; XIX, 282; XXII, 470; in Il. XIV, 166-186, Era cura il proprio corpo con unguenti e profumi, si rive-ste di gioielli splendenti ed infine chiede aiuto ad Afrodite per donarle “l’amore, l’incanto, con cui tutti

vin-ci gli eterni e gli uomini mortali” (vv. 198-199), al fine di ingannare Zeus; Hym. Hom. 5, 1; Id. 6, 5-11 in cui

Afrodite è vestita dalle Orai (diadema d’oro, orecchini di fiori di oricalco e dorati, collane d’oro) per essere presentata agli altri dei immortali: alla sua vista tutti la desideravano e la ammiravano per il suo aspetto.

60

VERNANT 1981 pp.56-58 e in particolare n.25; BLUNDELL 1995 p.100.

61

Cortigiane: Anth. Pal. 6, 1; 18-20, dove lo specchio è donato quando non riflette più la bellezza di un tempo; Ib. 6, 210 lo specchio, insieme con i sandali, una ciocca di capelli, e una preziosa zone, sono dedica-ti da una donna passadedica-ti i cinquant’anni d’età. Matrimonio: Ib. 6, 206-211. Gioielli (in pardedica-ticolare cavigliere a spirale): Ib. 6, 206, 207, 211.

62 L’importanza assunta da Artemide nel contesto familiare è ben espressa dai diversi rilievi votivi

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19

ta una carica sacerdotale, quella di loutrophora, rivestita per un anno da una parthenos. È probabile che la scelta di una ragazza non sposata, per assolvere al compito di lavare la statua della dea (perché probabilmente è di questo che si trattava), fosse in relazione all’idea di fecondità connessa con l’acqua e trasmessa da Afrodite: si tratterebbe, quindi, di una sorta di iniziazione dallo stato pro tou gamou (infanzia, adolescenza) a quello delle nozze, durante la quale la parthenos si prepara al proprio bagno nuziale e a ricevere i doni di Afrodite63.

Da queste offerte specifiche si ricava quale dovesse essere nel culto il rapporto tra Artemide ed Afrodite. La dea parthenos, infatti, accompagnava le ragazze fino alla soglia del matrimonio, dove venivano “cedute” ad Afrodite che invece si occupava delle nozze stesse e di ciò che queste comportavano: il confronto con la sessualità adulta e l’amore. Erano questi i presupposti necessari per creare una famiglia basata sulla concordia e l’armonia, di cui la donna garantiva la continuità attraverso la procreazione. Si comprende quindi come entrambe rivolgessero la loro attenzione alla famiglia: Afrodite assicurava le fertilità umana ed Artemide sosteneva la donna durante il parto, una fase spesso critica sia per la partoriente che per il nascituro.

IV.2.4 L’USO DEL KROKOTOS DURANTE L’ARKTEIA: UN RICHIAMO

AD AFRODITE

Il mito eziologico dell’arkteia riferisce che le parthenoi celebravano il rito in ono-re di Artemide indossando un abito color zafferano, il krokotos64. Indossare un indumento particolare è un aspetto tipico dei riti d’iniziazione e distintivo della condizione liminare

63

KAHIL 1983 p.240, 243; EKROTH 2003 pp.79-80. Sicione: Paus. 2, 10, 4; PIRENNE-DELFORGE 1994 pp.141-144. Le fanciulle erano solite compiere un bagno pre - nuziale immergendosi in fiumi o fontane: ad esempio in Troade le ragazze in età da matrimonio si immergevano nello Scamandro, invocandolo di prendere la loro verginità (Aeschn. Lettere, 10, 3); a Tebe nel fiume Ismeno (Eur. Phoen., 347-348) oppure ad Atene l’acqua trasportata nella loutrophoros era prelevata dalla fontana Enneacruno (Thuc. II, 15, 5). Si riteneva, infatti, che l’acqua fosse dotata di un potere fecondante in grado di assicurare alla donna un fu-turo fertile (schol. Eur. Phoen. 347): il santuario di Brauron era caratterizzato proprio dalla presenza dell’acqua attraverso la sorgente sacra e il fiume Erasino.

64 Ar. Lys., 643; Schol. Ar. Lys. 645: “indossavano la veste color zafferano (κροκωτòν ἠμφιέννυντο) e cele-bravano il rito per Artemide Brauronia”; Suda s.v. ἄρκτοσ ἦ Βραυρονίοισ: “vestite di un manto color zaffe-rano (κροκωτὸν ἠμφιεςμέναι), compivano una cerimonia in onore di Artemide”.

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degli iniziati. L’atto finale consisteva proprio nel deporre l’abito una volta completata la transizione verso una condizione nuova, a cui seguiva il reintegro nella società65.

L’abito indossato dalle orsette ha suscitato diverse perplessità negli studiosi perché appa-re non adatto a delle parthenoi pro tou gamou. Il krokotos, infatti, esprimeva la femmini-lità seducente di una donna, non tanto per la sua foggia quanto, più probabilmente, per un’associazione con il fiore da cui si ricavava la tintura dell’abito in questione, ovvero lo zafferano (crocus). Nel mito quest’ultimo si ritrova costantemente in prati ricchi di fiori e profumi, un luogo in cui spesso sono ambientate scene di seduzione erotica o di ratto. Le ragazze sono rapite mentre raccolgono dei fiori, tra cui spicca lo zafferano: ad esempio nel ratto di Creusa, rapita da Apollo; di Europa sedotta da Zeus, trasformato in toro che emanava dalla bocca il profumo del croco; oppure il rapimento di Persefone, mentre in-sieme alle figlie di Oceano raccoglieva rosa, violetta, giacinto, iris e zafferano66.

Il fiore è quindi presente in una situazione, il ratto, che simbolicamente allude ad un rito di passaggio: la parthenos sedotta diventa nymphe, conquistata dal desiderio amoroso del proprio rapitore, ed infine gyne, in quanto madre dei figli nati da queste relazioni (tranne nel caso di Persefone: da uno sposalizio con Ade non può che derivare un futuro sterile). Lo zafferano fa anche parte di quell’insieme di fiori (narciso, loto, giacinto, rosa) che rendono uno spazio vegetale “impregnato di eros che fa da preludio immediato alla rea-lizzazione del desiderio sessuale.”67 Un prato rigoglioso, variegato di fiori e profumi tra cui loto, giacinto e croco, diventa il giaciglio che accoglie la ierogamia tra Zeus ed Era (Il. XIV, 346-349). Da questi esempi si nota che il fiore appare spesso in contesti a carat-tere sacro, tant’è che il krokotos era indossato da alcune divinità, come Eos nell’Iliade, Atena nell’Ecuba euripidea, ed in particolare Dioniso, di cui in questo modo si voleva

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Un rituale analogo di svestizione - nudità - vestizione di un nuovo abito è rappresentato dal rituale cre-tese dell’Ekdysia (svestimento) durante il quale i giovani erano iniziati all’età adulta: cfr. BURKERT 1981 pp.48-49; LLOYD-JONES 1983 p.94; BREMMER 1994 pp.44-45; sulla svestizione come atto rituale cfr. inol-tre SOURVINOU-INWOOD 1988 p.127; GIUMAN 1999 p.113.

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Creusa: Eur. Ion., 887-889; Europa: Mosch. 2, 63-71dove Europa stessa è paragonata ad Afrodite evoca-ta anche dall’insieme di fiori primaverili che crescono nel prato in cui è ambienevoca-taevoca-ta la scena di ratto; Perse-fone: Hym. Hom. 2, 417-430.

67 CALAME 1992 p.122. Sui prati “erotizzati” come manifestazione di Eros ed Afrodite si veda in generale ivi, pp.120-123. Sul ratto come rito di passaggio, in relazione allo zafferano e a prati erotizzati, si veda Ib.

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sottolineare il carattere ambiguo ed effeminato68. Afrodite stessa nei Cipria (fr. 4 Berna-bé) indossava abiti tinti con un decotto di fiori di croco e giacinto.

Il fiore aveva un ampio utilizzo anche in medicina contro varie affezioni e in particolare in medicamenti che riguardavano nello specifico le donne: era infatti usato in impacchi per prevenire dolori mestruali, oppure per facilitare il parto, mentre Plinio consiglia un unguento a base di croco per generare figli sani e forti (pulchros bonosque)69.

Il fatto che il krokotos fosse considerato un indumento prettamente femminile si ricava in particolare dalle commedie aristofanee, in cui è indossato o tolto a seconda se l’attore do-veva immedesimarsi in un personaggio femminile oppure no: ad esempio nelle Thesmofo-rie Euripide lo indossa per dissimularsi tra le donne70. Sempre dalle sue commedie, ritrat-to della vita contemporanea dell’auritrat-tore, si comprende che quest’abiritrat-to aveva una connota-zione di tipo sessuale: le donne se ne servivano per esprimere la propria femminilità e sensualità, dal momento che il colore e il profumo suscitavano il desiderio maschile71. Il krokotos rientra quindi a pieno titolo nella sfera dell’eros e dell’amore adulto e per tale motivo era un indumento riservato a donne in procinto di sposarsi o già sposate, attraver-so il quale desideravano attrarre fisicamente i futuri sposi o i mariti, mentre le bambine, riferisce Polluce (7, 55-56), indossavano chitoniskoi.

Ma allora cosa significava per le parthenoi che partecipavano all’arkteia indossare il kro-kotos? È probabile che si trattasse di un’iniziazione di tipo sessuale per prepararle all’incontro prossimo e indispensabile con Afrodite e l’eros. Il krokotos rappresenterebbe un’allusione a ciò che le attende una volta raggiunta l’età del matrimonio. Indossare l’abito assolveva così ad un duplice scopo: da un lato, sotto la protezione di Artemide, le parthenoi erano educate ad un comportamento moderato ed alla sophrosyne, cioè ad ave-re il controllo di sé, virtù fondamentale nella sposa esemplaave-re, e di conseguenza ogni

68

Il. VIII, 1 e IX, 1; Eur. Hec., 469. Su Dioniso e il krokotos si veda: Ar. Ran., 46; Polluce 4, 117.

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Sul concepimento: Hippocr. Steril., VIII, 248, 1 Littrè; Plin. Nat. Hist., 24, 166. Giuman fa inoltre notare (Id. 2002 p.100 n.102) che la maggior parte dei passi nel Corpus Hippocraticum in cui è nominato l’utilizzo del croco fa riferimento a trattamenti ginecologici. Sugli usi medici del croco cfr. GIUMAN 2002 pp.98-100; CALAME 2002 p.60 il quale ritiene che l’uso medico del croco derivi dalla sua somiglianza, sotto forma di decotto, al sangue mestruale per colore e consistenza.

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Ar. Thesm., 939-942; 945-6; Id. Eccl. 331-332.

71 Ar. Lys., 42-51, 219, in cui le donne indossano un abito color zafferano (κρoκωτοφοροῦςα) affinché i

lo-ro mariti brucino di desiderio per lolo-ro; cfr. inoltre Ib. 42-5, 46-8; Id. Eccl., 879 in cui la vecchia indossa un abito colo zafferano per attrarre i passanti; Id. Nub., 51 in cui l’abito diventa sinonimo di frivolezza e stra-vaganza. Da una fonte tarda si apprende che la moglie virtuosa non vestiva mai quest’abito: Ael. VH, 7, 12.

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teggiamento estremo veniva represso. L’abito infatti rappresenta un temperamento fem-minile attivo e provocante, e “la sexualité effrénée était (dans les perceptions mâles grecques) une des modalités les plus importantes dans lesquelles l'animalité féminine pouvait se manifester.”72 Il rituale dell’arkteia aveva proprio la funzione di addomesticare questa animalité féminine che costituiva una caratteristica dell’ambiente selvaggio non consono alla società civilizzata e acculturata dell’uomo. Dall’altro lato la presenza di A-frodite era indispensabile nel matrimonio al fine della procreazione stessa e quindi le ar-ktoi apprendevano l’importanza della sessualità e del contatto con l’altro, con ciò che è diverso da sé. Afrodite, infatti, presiede al momento stesso delle nozze, in particolare alla prima notte, e a tutto ciò che appartiene all’amore fisico e all'armonia nella coppia. Infine il krokotos aveva una funzione propiziatoria ai fini del parto: il croco, come osser-vato sopra, era utilizzato per favorire il concepimento e garantire la fertilità della donna. Le orsette proteggevano in tal modo se stesse dalla minaccia di un futuro sterile, un peri-colo per la stabilità e continuità della famiglia, e incanalavano le virtù “magiche” e tera-peutiche del fiore, trasmesse dall’indumento di cui erano vestite.

In conclusione il krokotos rende esplicito il rapporto tra Artemide e Afrodite a Brauron nella crescita fisica e morale delle parthenoi, che necessitavano della protezione di entrambe per la loro maturazione definitiva. La scelta di quest’abito appare comunque non casuale in un contesto liminare come il santuario brauronio. Il croco infatti era un fio-re che si poneva al confine tra la vita e la morte sia per i suoi usi poiché, se usato in dosi eccessive, diveniva letale73, sia per il suo fiorire poco prima dell’inverno, una stagione “che doveva simboleggiare la morte apparente dell’universo vegetale nell’attesa del ri-sveglio primaverile.”74 Quest’aspetto ben si adatta all’iniziazione delle orsette le quali, sotto il controllo di Artemide, si preparavano ad una rinascita come donne adulte, pronte ad integrarsi nella comunità civica.

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SOURVINOU-INWOOD 1990 p.56. Sul krokotos e sul suo ruolo nella femminilità adulta si vedano: PER-LMAN 1983 pp.125-126; BRULE’ 1987 pp.241-242; SOURVINOU-INWOOD 1988 pp.127-128; GIUMAN 1999 pp.128-131; CALAME 2002 pp.58-61; PARKER 2005 p.243.

73 Gall. 11, 767. 74 GIUMAN 2002 p.101.

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