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Capitolo 1 Struttura del dito umano e stato dell’arte dei suoi prototipi artificiali

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Academic year: 2021

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1.1

Il dito

1.1.1

Anatomia generale del dito

Con il termine dita (vedi figure 1.1 e 1.2) si identificano comunemente le estremità articolari delle mani e dei piedi dell’uomo, in realtà esse rappre-sentano un organo di manipolazione e di percezione sensoriale caratteristica peculiare della super-classe dei tetrapodi a cui appartiene anche la classe dei mammiferi e quindi anche l’uomo. Ad ogni modo in ciascuna specie animale possono assumere struttura, numero e funzioni anche molto differenti. Nel-l’arto superiore umano le dita sono cinque (vedi la figura 1.3 )sia nella mano destra che in quella sinistra e originano tutte da un osso definito metacarpo. Esse hanno la seguente nomenclatura:

• pollice: il cui nome deriva dal latino pollex-pollicis.

• indice: il cui nome è legato alla funzione gestuale di indicare gli oggetti. • medio: il cui nome è legato alla sua posizione, trovandosi nel mezzo

delle altre dita della mano.

• anulare: il cui nome è legato alla tradizione occidentale di recarvi la fede nuziale.

• mignolo: il cui nome è legato alle sue dimensioni essendo il più piccolo (minimo) tra le dita della mano.

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Figura 1.1: disegno della sezione saggittale del dito indice con componenti principali

evidenziate

Figura 1.2: immagine della sezione saggittale del dito indice con principali componenti

evidenziate

Figura 1.3: vista frontale del dorso (sx) e del palmo (dx) della mano umana con

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Dal momento che nell’architettura del dito le falangi instaurano articolazioni di diverso tipo, le epifisi presentano caratteristiche diverse a seconda della falange presa in considerazione. Ad ogni modo in tutte le falangi si definisce base l’epifisi prossimale e testa l’epifisi distale. Tutte le falangi possiedo-no una diafisi di forma pressoché cilindrica schiacciata trasversalmente, una superficie dorsale convessa ed una superficie plantare concava. Sono tutte in-nervate dai nervi digitali dorsali e palmari. Segue una descrizione dettagliata delle tre falangi [1]:

• La falange prossimale di un dito è detta anche falange, falange metacar-pale o prima falange. La base della prima falange presenta una cavità articolare rivestita di cartilagine che costituisce la cavità glenoidea del-la base deldel-la fadel-lange prossimale. Essa si articodel-la con del-la testa dell’osso metacarpale corrispondente nell’articolazione metacarpo-falangea. La testa della prima falange presenta invece la troclea della falange prossi-male che si articola con la base della corrispondente falange media nella prima articolazione interfalangea. Sulla base della falange prossimale del pollice si inseriscono il muscolo estensore breve del pollice, il musco-lo abduttore breve del pollice, il muscomusco-lo flessore breve del pollice ed il muscolo adduttore breve del pollice. Sulla base delle falangi prossimali di secondo, terzo e quarto dito invece si inseriscono i muscoli interossei palmari ed i i muscoli interossei dorsali della mano. Infine, sulla ba-se della falange prossimale del quinto dito si inba-serisce lateralmente il quarto muscolo interosseo palmare e lateralmente i muscoli abduttore e flessore breve del mignolo.

• La falange media di un dito è detta anche falangina o seconda falange. La base della falange media presenta una cavità articolare rivestita di cartilagine e attraversata da una piccola cresta. Questa continua sul margine palmare della base della falange nella fibrocartilagine artico-lare della falange media formando un’incisura che, articolandosi con la troclea della prima falange, forma la prima articolazione interfalangea.

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La testa della seconda falange, similmente alla testa della prima, pre-senta la troclea della testa della seconda falange che articolandosi con la base della terza falange forma la seconda articolazione interfalangea. Sulla base delle falangi medie delle ultime quattro dita si inseriscono i tendini del muscolo estensore comune delle dita, mentre sul corpo delle falangi medie si inseriscono i tendini del muscolo flessore superficiale delle dita.

• La falange distale di un dito è detta anche falangetta, terza falange o falange ungueale. Similmente alla falange media, la base della falange distale presenta una cavità articolare rivestita di cartilagine e attra-versata da una breve cresta che, continuandosi nella fibrocartilagine articolare della falange distale, forma un’incisura che, articolandosi con la troclea della seconda falange, forma la seconda articolazione inter-falangea. La testa della terza falange invece si appiattisce ed assume forma triangolare, formando il triangolo della testa della terza falan-ge. La superficie dorsale del triangolo funge da supporto per l’unghia, formandone il letto, mentre quella palmare funge da supporto per i polpastrelli delle dita delle mani. Sulla base della falange ungueale del pollice si inseriscono i tendini del muscolo flessore lungo del pollice e del muscolo estensore lungo del pollice. Sulla base delle falangi distali delle ultime quattro dita si inseriscono invece i tendini del muscolo flessore profondo delle dita e del muscolo estensore comune delle dita.

Il rivestimento delle falangi si compone di tre strati (vedi 1.4):

• epidermide: è lo strato più esterno ed è istologicamente classificato come epitelio pavimentoso pluristratificato cheratinizzato, essendo in-fatti formato da cinque strati di cellule.Sono da considerarsi annessi all’epidermide i peli e le unghie, mentre derivano da essa le ghiando-le sudoripare (la parte distaghiando-le del dotto attraversa l’epidermide) e ghiando-le ghiandole sebacee.

• derma: rappresenta lo strato intermedio ed è costituito da tessuto con-nettivo propriamente detto denso, riccamente vascolarizzato e innerva-to. Si connette all’epidermide tramite una giunzione, in cui le papille del derma (strato papillare) si insinuano nello strato sovrastante, fa-vorendone il turn over cellulare; il derma inoltre dona alla cute le ca-ratteristiche di consistenza e resistenza grazie alle abbondanti fibre di collagene presenti. Si tratta inoltre di uno strato molto elastico, che resiste anche a forti trazioni.

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• tessuto grasso sottocutaneo: L’ipoderma o tela sottocutanea è lo strato più profondo della pelle che si trova sotto il derma. Nell’ipoderma si individuano tre strati di tessuto connettivo, non sempre facilmente se-parabili, detti, dal più superficiale al più profondo, lamina superficiale, lamina intermedia e lamina profonda della tela sottocutanea:

– La lamina superficiale è costituita da tessuto connettivo lasso ed in questo strato che si accumulano le riseve di grassi sotto for-ma di adipociti. Questo tessuto adiposo, se presente in sensibile quantità, si organizza in aggregati anche di grandi dimensioni che prendono il nome di pannicolo adiposo della tela sottocutanea. – La lamina intermedia, costituita da tessuto connettivo denso,

pren-de anche il nome di fascia superficiale per distinguerla dalla fascia profonda, anch’essa formata da connettivo denso, che riveste i sottostanti muscoli scheletrici.

– La lamina profonda della tela sottocutanea, infine, composta an-ch’essa di tessuto connettivo lasso, ha la funzione di separare i movimenti della fascia superficiale e quindi di tutta la pelle da quelli della fascia profonda e dei muscoli che questa riveste.

1.1.2

Anatomia del polpastrello

La punta delle dita dell’uomo [2] comprende l’ultima falange, quella distale, ed uno letto (letto dell’unghia) su cui va ad ancorarsi l’unghia che costitui-sce un fattore ulteriore di rigidità durante la manipolazione. Il letto adibito all’ancoraggio dell’unghia è utile non solo a tenere salda l’unghia al dito ma anche a proteggere l’unghia stessa. La depressione che si può osservare tra la parte periferica dell’unghia e la pelle che demarca l’unghia lateralmente è chiamato paronychium(vedi figure 1.5 e 1.6 ). Dal lato prossimale della falange distale i muscoli EDC (extensor digitorium communis) (vedi figura 1.7)ed FDP (flexor digitorium profundus) (vedi figura 1.8)attaccano e guida-no il movimento della falange distale attraverso i relativi tendini. Il tessuto adiposo costituisce la gran parte del polpastrello , esso funziona da imbotti-tura compliante capace di aumentare l’efficacia delle prese aiutando la pelle a conformarsi all’oggetto afferrato. Queste strutture sono tutte incapsula-te dall’organo più esincapsula-teso del corpo umano, la pelle. La polpa della falange distale viene tenuta in posizione prossimale alla piega di flessione trasversa-le del DIP (giunto interfalangeo distatrasversa-le). Molteplici bande fibrose resistenti tengono insieme il periostio della falange distale ed il derma. Inoltre tali ban-de fibrose racchiudono, nonché aiutano a mantenere in posizione, il grasso contenuto dal tessuto sottocutaneo

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Figura 1.5: sezione trasversale attraverso la falange distale con elementi principali in

evindenza

Figura 1.6: disegno sezione sagittale della punta del dito con elementi principali in

evindenza

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Figura 1.8: flexor digitorum profundis

1.1.3

Il dito umano come organo di manipolazione

Il dito umano in ogni suo singolo componente gioca un ruolo fondamentale per l’uomo nell’esplorazione degli oggetti e nella loro manipolazione; questo è possibile grazie al fatto che le dita sono di fatto gli end-effector della comples-sa macchina di manipolazione che è la mano umana. Ciascun dito possiede 4 GDL (gradi di libertà) nello spazio eccetto il pollice che ne possiede 5. Il tutto è gestito dall’azione che i muscoli estrinseci(sono situati nell’avam-braccio)ed intrinseci(sono situati all’interno della mano)applicano alle ossa delle dita attraverso i relativi tendini. In particolare i muscoli FDP (flexor digitorium profundus),FDS (flexor digitorium superficialis) ed altri muscoli estrinseci lavorano insieme permettendo alle dita di flettersi [2]. Mentre il muscolo EDC (extensor digitorium communis) agisce come attuatore per l’e-stensione delle dita. Un complesso sistema di pulegge permette in realtà a questi muscoli di dirigere il movimento. Tali muscoli agiscono sia attraverso meccanismi del tipo agonista-antagonista sia controllando direttamente la di-rezione del movimento. L’utilizzo coniugato, quindi, di muscoli intrinseci ed estrinseci permette alla mano umana di conformarsi alla forma degli oggetti e di manipolarli in svariati modi. Ad ogni modo è la conformabilità delle punta delle dita che permette di avere il più ampio feedback sensoriale in seguito alla manipolazione .

1.1.4

Il dito umano come organo di percezione

Il dito umano non rappresenta un mero effettore finale per la manipolazione di oggetti, bensì un raffinato complesso sensore che permette all’uomo di catalogare il mondo circostante attraverso molteplici aspetti [3]:

• la loro temperatura e la loro variazione di temperatura • la loro struttura superficiale

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Figura 1.9: schema della posizione dei meccanorecettori cutanei

Tutto questo è possibile grazie alla presenza di numerosi e differenti recettori che popolano il polpastrello del dito umano (vedi figura 1.9 e tabella 1.1 per i meccano-recettori). I recettori sono degli organelli di dimensioni microsco-piche costituite da terminazioni di cellule nervose, di struttura anatomica differente a seconda del ruolo da svolgere. Segue un elenco dei recettori presenti con breve accenno alla funzione svolta [3] :

• cellule di Mekel: si trovano nello strato basale dell’epidermide, regi-strano semplicemente la pressione esercitata sulla cute

• corpuscoli di Meissner: si trovano al confine tra epidermide e derma, non reagiscono ad una pressione persistente come le cellule di Merkel, bensì solo ad una variazione di pressione

• corpuscoli di Ruffini: sono situati nella profondità del derma, essi mi-surano la tensione del derma e sono ancora più sensibili dei corpuscoli di Meissner alla variazione di tensione

• corpuscoli di Vater-Pacini: si trovano nel tessuto adiposo ipodermico, reagiscono solo a stimoli tattili che variano rapidamente, ma non ad una pressione costante

• recettori per il caldo e il freddo: sono terminazioni nervose libere nella cute che agiscono da termo-recettori

• recettori del dolore: microscopicamente non si distinguono dai recettore del caldo e del freddo e sono capaci di segnalare una situazione di pericolo tramite sensazione di dolore.

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Tabella 1.1: tabbella dei meccanorecettori cutanei

Name Adaptation Receptive Fields Detect type Meissner’s corpuscole Fast Small Velocity Merkel’s disc Slow Small Int. and Velocity Ruffini ending Slow Large Intensity Pacinian corpuscole Fast Large Acceleration

1.2

Polpastrelli artificiali: stato dell’arte

La realizzazione di strumenti artificiali più o meno funzionali che assurgesse-ro ad una funzione sostitutiva (passurgesse-rotesi) o puramente ripassurgesse-roduttiva della mano umana, uno tra i meccanismi più complessi da riprodurre artificialmente, ha rappresentato una sfida fin dall’antichità (vi sono attestazioni di tentativi di realizzazione di protesi da parte degli egiziani) ed è tuttora una sfida aperta. Allo stesso modo la ricerca ha dovuto porre la sua attenzione sull’importanza di riprodurre il comportamento bio-meccanico della parte distale delle dita umane, aspetto molto critico perché responsabile dell’effettiva destrezza ma-nipolativa umana. Nonostante ci siano stati anche nel passato meno recente tentativi di riprodurre artificialmente la punta delle dita dell’uomo, è sopra-tutto negli ultimi 20 anni che sono stati sviluppati prototipi maggiormente elaborati, prototipi che utilizzano materiali più o meno soffici e che, quindi, sono in qualche modo in grado di riprodurre l’effettivo comportamento bio-meccanico della parte distale del dito umano. In ciascuno di questi vi è stata un’attenzione particolare all’aspetto biomeccanico quindi di confronto con le caratteristiche del dito umano, ma un’attenzione non altrettanto particolare all’aspetto estetico dei prototipi. I primi prototipi a cui facciamo riferimento sono quelli realizzati da Han e Kawamura nel 1999[4], si tratta di prototipi costituiti da 3 componenti (vedi figura 1.10):

• parte rigida interna di alluminio

• cover in gomma siliconica con durezza su scala shore A pari a 15 • riempitivo in gel siliconico o in gomma siliconica con durezza su scala

shore A pari a 5

In questo studio, nonostante si pongano delle importanti linee guida sugli aspetti da indagare per la corretta realizzazione di punta di dita artificia-li, aspetti quali la rigidezza e la sua relazione con lo spostamento, l’area di

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Figura 1.10: schema dei prototipi di Han e Kawamura (1999)

Figura 1.11: schema del prototipo di Murakami et al. (2003)

contatto e la sua relazione con lo spostamento, i prototipi proposti rappresen-tano solo un primo passo verso la riproduzione del comportamento meccanico fisiologico.

Del 2003, Murakami et al [5], il primo prototipo in cui appare come componente ulteriore l’unghia, elemento fondamentale nella riproduzione del comportamento meccanico del dito umano. Questo prototipo si compone di(vedi figura 1.11):

• guscio interno rigido di alluminio (cilindro con una semisfera di raggio 11 mm sulla sommità)

• cover elastica soffice di gomma siliconica a spessore costante • unghia rigida di alluminio direttamente attaccata al guscio interno • sensore di forza-momento a 6 assi.

• coppia di strain-gauge posizionati sull’unghia

Tale studio focalizza la sua attenzione sulla possibilità di variare in manie-ra dinamica l’attrito nella zona di contatto aggiustando la forza normale e

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Figura 1.12: schema dei prototipi di Tiezzi et al. (2005)

quella tangenziale. Ciò è possibile solo determinando la struttura della su-perficie con cui si entra in contatto nonché il tipo di contatto in questione, se puntuale, lineare o superficiale. Risultano, però, assenti analisi del pro-totipo finalizzate a verificarne la somiglianza nel comportamento meccanico a quello umano. In generale si tratta di uno studio utile a definire dei ta-sk da considerare con l’obiettivo di sensorizzare un prototipo artificiale per poter effettivamente regolare la modalità di contatto in una eventuale mano robotica.

Del 2005 il prototipo di Tiezzi et al. [6], un prototipo semplice nella geometria ma che per la prima volta va ad indagare l’effettiva incidenza della geometria degli strati, si indaga, infatti, l’incidenza sulle caratteristiche meccaniche dello spessore dello strato esterno soffice. Il prototipo a diametro esterno costante di 20 mm, si compone, infatti, di (vedi figura 1.12):

• una struttura interna rigida di alluminio, cilindrica con testa semisferica (vari prototipi con diametro differente)

• un guscio esterno soffice di gomma siliconica (vari prototipi con gomma a rigidezza variabile sulla scala Shore 00 da 20 a 65)

Nonostante non si ottengano in questo studio risultati soddisfacenti a livel-lo di forze in gioco se confrontati con il comportamento fisiolivel-logico, si pon-gono delle buone basi sull’importanza di indagare la corretta geometria e composizione di materiali del prototipo.

Il primo prototipo, in cui si pone effettivamente una vera attenzione alla geometria della punta del dito umano cercando in qualche modo di riprodurla mimandone sopratutto il comportamento, è del 2006, di Hosoda et al. [7] Il prototipo si compone di (vedi figura 1.13):

• struttura cilindrica interna rigida di alluminio che riproduce l’osso • corpo interno in materiale siliconico poco rigido

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• strain gauge e film di PVDF(polivinildenfluoruro) distribuiti in maniera random nel corpo e nello strato esterno

in questo studio viene indagata la capacità del prototipo realizzato di discri-minare diverse superfici grazie all’analisi dell’output dei sensori, ottenendo buoni risultati per cinque differenti superfici (vinile, sughero, legno e car-ta ), non vi è però alcun riferimento alla comparazione del comporcar-tamento meccanico con quello del dito umano.

Nel 2009 lo studio di Shao et al.[8] pone le basi effettive per la realiz-zazione e modellazione virtuale 2D di un prototipo di punta di dito umano bio-ispirato a più componenti. In realtà essi realizzano inizialmente un pro-totipo integralmente in gomma siliconica (101RF, durezza su scala Shore A 30) allo scopo di riprodurre nella maniera migliore possibile la forma del riferimento reale (vedi fig 1.14) ottenendo di contro un modulo di Young evidentemente maggiore di quello riscontrabile fisiologicamente. Il secondo prototipo realizzato nello studio tiene, invece, effettivamente in considera-zione la presenza di epidermide, derma e tessuto sottocutaneo essendo così composto (vedi figura 1.15):

• uno strato esterno composto da un sottile strato acrilico che va ad incapsulare uno strato più spesso di gomma siliconica (a mimare la pelle)

• uno strato interno composto da una combinazione di gel siliconico e di elastomero (avente Shore A 8)(a mimanre il tessuto soffice sottocuta-neo)

Essi realizzano, in realtà, due differenti versioni di quest’ultimo prototipo, dove il secondo presenta un comportamento meccanico con isteresi molto marcata:

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Figura 1.14: immagine del prototipo interamente in gomma siliconica di Shao et al.

(2009)

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immagine della struttura del modello FE di Shao et al. (2009)

• 1°prototipo: ha come strato interno una base di gel siliconico combinata con un’eguale quantità di elastomero

• 2°prototipo: ha come strato interno una base di gel siliconico combinata con una quantità di elastomero pari al 60% di quella di gel.

Viene poi creato anche un modello 2D del prototipo artificiale utilizzando un software commerciale (ABAQUS/CAE versione 6.6)(vedi figura 1.16). Per quanto riguarda i risultati ottenuti a livello di comportamento meccanico, mentre con il secondo prototipo viene effettivamente ottenuto un buon fit della compliance e dell’isteresi della punta del dito reale, con il primo pro-totipo si ottiene una buona approssimazione della variazione del coefficiente d’attrito al variare delle caratteristiche della superficie di contatto. Solo con l’aggiunta di polveri di talco si va a migliorare la corrispondenza con il di-to reale di per se non buona del secondo prodi-totipo a livello di variazione di coefficiente d’attrito. Inoltre per quanto concerne le simulazione tramite modello FE i risultati risultano ancora poco soddisfacenti, basti pensare che si ottengono valori di forza 10 volte inferiori rispetto a quelli reali. Ad ogni modo tale studio rappresenta un ottimo modello di riferimento per successivi prototipi che possano però, mostrare allo stesso tempo buona corrispondenza di compliance, isteresi, variazione dell’aria di contatto e di coefficienti d’at-trito e pone, inoltre, le basi per lo sviluppo di un modello FE efficace per l’indagine del comportamento interno del prototipo.

Il prototipo di Berselli et al. del 2011 propone un’alternativa [9] inno-vativa alle cover tradizionali per dita robotiche fatte di un unico materiale soffice omogeneo. Il prototipo, infatti, è costituito da due strati aventi un de-sign completamente differenziato pur essendo costituito di un unico materiale elastico (vedi figura 1.17):

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Figura 1.17: immagine della struttura del prototipo di Berselli et al. (2011)

Figura 1.18: immagine dei prototipi di Berselli et al. (2011),(a)pad con protrusioni

emi-sferiche (gomma siliconica),(b) pad con coste circonferenziali (polimero fotosensibile),(c) pad con microtravi (polimero fotosensibile)

• uno strato esterno continuo cilindrico con testa semisferica, il diametro esterno è 20mm mentre lo spessore è 3mm

• uno strato interno dotato di canali per il passaggio di un fluido

L’idea è quella di, dato un materiale ed un certo spessore allo strato esterno, essere in grado di modificare la compliance apparente del prototipo modi-ficando la struttura dei canali interna e il fluido che vi scorre all’interno. Basandosi su questi presupposti Berselli et al. hanno realizzato tre differenti prototipi (vedi figura 1.18):

• 1°prototipo: pad di gomma siliconica con protrusioni interne emisferiche equi spaziate

• 2°prototipo: pad di materiale polimerico fotosensibile con coste circon-ferenziali inclinate ciascuna di 45° rispetto alla normale alla superficie

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funzionale alla modifica di fenomeni tempo-dipendenti (creep, stress relaxa-tion, livello di energia dissipata, tempo di recupero). Il prototipo che viene effettivamente testato e di cui viene anche fatto un modello FEM e quindi simulato, è il prototipo tre utilizzando come fluidi riempitivi olio lubrificante e glicerina. Le prove di indentazione mostrano andamenti forza-spostamento comparabili con quelli del dito umano, ma valori di forza raggiunti ancora troppo bassi, inoltre il comportamento meccanico dato dal modello ad FE utilizzato mostra un errore non trascurabile rispetto al comportamento reale.

Figura

Figura 1.2: immagine della sezione saggittale del dito indice con principali componenti evidenziate
Figura 1.4: vari strati che compongono la cute ed elementi presenti al suo interno
Figura 1.6: disegno sezione sagittale della punta del dito con elementi principali in evindenza
Figura 1.9: schema della posizione dei meccanorecettori cutanei
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Riferimenti

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