CAPITOLO 10
CONCLUSIONIIl piede diabetico ha una rilevanza sociale ed economica molto evidente. Non da meno risulta essere l’amputazione, che tutt’oggi è una problematica che interessa pazienti diabetici colpiti da comorbidità. Prendere in considerazione il Tasso di amputazioni maggiori agli arti inferiori ed il Tasso di rivascolarizzazione, permette di fare molte considerazioni in ambito sanitario, a partire dalla gestione fino ad arrivare alla cura del paziente con piede diabetico, e di valutare efficacia ed efficienza del sistema sanitario relativamente a questa complicanza. In più, ci dà la possibilità di creare una valutazione di tutti quelli che sono i costi che gravitano intorno al paziente diabetico e alla sua famiglia e che hanno un peso importante a livello del budget sanitario. In questo modo, analizzando le difficoltà di un sistema, in riferimento alla gestione di una complicanza, si può cercare di creare una proposta assistenziale alternativa, che permetta di migliorare sia la gestione del paziente diabetico, riducendo nel nostro caso le procedure di amputazione e implementando le azioni preventive, sia abbattendo i costi che inevitabilmente queste procedure producono.
In ambito sanitario, si sta ponendo molta attenzione alla complicanza del piede diabetico, e quello che deve far riflettere sono proprio i dati che sono stati analizzati in questo studio. Infatti, risulta evidente la differenza, a livello regionale, dell’approccio nella gestione del paziente diabetico con una complicanza all’arto inferiore, con un esito di amputazione. Lo studio dei dati ricavati da indicatori come il Tasso di amputazioni maggiori e quello di rivascolarizzazione, è utile per valutare la qualità di assistenza alle persone con diabete. Grazie all’analisi di questi dati, possono essere forniti elementi per valutare i servizi e l’assistenza forniti a livello territoriale. Il laboratorio MeS della Scuola Superiore Sant’Anna, sta collaborando con l’ambiente
sanitario, valutando quelli che sono i vari aspetti di gestione di diverse condizioni cliniche a livello di Aziende Ospedaliere e Aziende Sanitarie, ed è stato creato questo laboratorio, il MeS, che ha dato vita ad un sistema di valutazione della performance, attraverso il quale, partendo dai ricoveri ospedalieri, si riesce a valutare analiticamente gli indicatori in grado di riflettere l’efficacia di un percorso assistenziale complesso. Nel nostro caso, l’attenzione si è focalizzata sull’indicatore del Tasso di amputazioni maggiori e sull’indicatore del Tasso di rivascolarizzazione, sia a livello regionale che, più nel dettaglio, a livello dell’Asl 6 di Livorno. A livello regionale si può notare come nel corso dei quattro anni il tasso di amputazioni sia, anche se lentamente, diminuito, mentre al contrario siano incrementate le procedure di rivascolarizzazione.
Dallo studio si evidenzia come l’azienda sanitaria livornese rientri nella media regionale sia per quanto riguarda il Tasso di amputazioni maggiori, che per il Tasso di rivascolarizzazione per il quadriennio di interesse nello studio.
Nell’ambito dell’Asl 6 di Livorno, si deduce come l’amputazione sia ancora uno dei maggiori trattamenti terapeutici per i pazienti diabetici con complicanze agli arti inferiori, e come si stia modificando, anche se lentamente, la gestione del piede diabetico, con un incremento delle procedure di rivascolarizzazione.
Nei confronti delle altre Aziende Sanitarie della regione Toscana, l’Asl 6 di Livorno si colloca pressoché nella media, sia per quanto riguarda il Tasso di amputazioni, sia per il Tasso di rivascolarizzazione nel quadriennio preso in esame. In più, risulta evidente la varietà delle diagnosi che sono state fatte per i ricoveri, e anche la varietà dei reparti da cui gli otto pazienti diabetici sono stati ogni volta dimessi. Questo ci fa capire come il paziente diabetico sia un paziente con plurime comorbidità, e le cui complicanze non sono solamente riferite al piede diabetico, ma interessano anche altri distretti e
quindi non solo il diabetologo, ma anche altri specialisti. Anche gli ospedali di dimissione non coincidono sempre con gli ospedali livornesi, ma si evidenzia come, la maggior parte degli otto pazienti diabetici livornesi amputati, siano stati dimessi e anche ricoverati negli ospedali pisani. Sono state effettuate diverse procedure di rivascolarizzazione sui pazienti, anche se non tutte si sono svolte negli ospedali di Livorno. Vanno prese in considerazione anche tutte le prestazioni ambulatoriali e di laboratorio che sono state effettuate nel quadriennio, erogate nella regione Toscana, anche se non tutte a Livorno. Da tutto questo si evince come, i pazienti livornesi nonostante siano residenti nel comune o nella provincia di Livorno, non sempre si appoggiano all’ospedale di Livorno per eseguire una procedura di amputazione o prestazioni ambulatoriali, ma riconoscano come punto di riferimento per questa attività l’ambito pisano.
Oltre a tutto questo, vanno considerati anche i costi che l’Asl 6 ha sostenuto per i ricoveri, le degenze e per le procedure di rivascolarizzazione e amputazione degli otto pazienti nel quadriennio. La valorizzazione in euro dei ricoveri e le degenze degli otto amputati, ammontano a 289.897 € per tutti e quattro gli anni, con un costo aggiuntivo di 27.273,75 € per tutte le prestazioni ambulatoriali, senza contare i costi delle ripetute rivascolarizzazioni. Da tutte questo si deduce come effettivamente la spesa sanitaria nei quattro anni per ognuno di questi pazienti sia onerosa, con l’aggiunta della spesa farmaceutica ( la quale non è stata presa in considerazione in questo studio), dei costi sociali che si hanno in conseguenza dell’amputazione del paziente, come per esempio le giornate perse di lavoro dal paziente stesso, e gli aggiuntivi costi relativi a tutti quei presidi necessari dopo l’intervento amputativo.
I dati dello studio riportati dimostrano che l’azione p iù importante per ottenere una riduzione dei costi nella gestione di questa patologia così com plessa sia quella di ridurre i tempi di guarigione,
evitare la comparsa di complicanze in fettive ed e vitare quindi il ricorso all’amputazione.
Per i pazienti af fetti da vasculopatia se vera la possi bilità di interventi di rivascolarizzazione ha dimostrato di ridurre il ri corso all’amputazione come prima scelta; è quindi necessario programmare un’attenta valutazione della vasculopati a periferica in tutti i soggetti a rischio di am putazione.
Ecco che quindi risulta necessario un intervento volto a ridurre il Tasso d’incidenza delle amputazioni con un’azione che parta dal territorio, fino ad arrivare all’Area Vasta, cercando di limitare e ridurre lo spostamento dei pazienti verso strutture ospedaliere che siano al di fuori della zona di residenza, cercando anzi di migliorare e ottimizzare i servizi in loco.
Proposta organizzativa
Dalla letteratura emerge una stima di riduzione dell’incidenza del le amputazio ni agli arti inferiori del 45% con la diffu sione di ambulatori specializzati nella cu ra del piede diabetico (14,15).
Solo l’utilizzo coordinato di diverse competen ze specialistiche nelle varie f asi della cu ra di questa complicanza permet te di raggiungere i migliori risultati terapeutici. L’efficacia di un’apposita unità organizzativa dedicata alla cura del piede diabetico è testimoniata da tempo in molti P aesi, part icolarmente in Gran Bretagna e negli Stati Uniti (16), e successivamente in altri P aesi sviluppati, tra cui il nostro. A questa unità organizzativa dedicata si affida la gestione del piede diabetico che comprende le varie
fasi della patologia, la prevenzione delle lesioni ulcerative, la cura delle ulcere quando già instaurate, l a prevenzione delle recidive. Per assolvere questi compiti è neces saria una competenza specifica che sap pia creare e gestire un protocollo diagno stico-terapeutico e l’intervento di diversi specialisti nell’ambito di una équipe multidisciplinare. È però altrettanto necessa rio un supporto organizzativo che consenta l’applicazione del protocollo e la collaborazione di tutta l’équipe (16,17).
Il Piano Nazionale Diabete (PND), approvato e pubblicato in Gazzetta Ufficiale nel febbraio 2013, pone il piede diabetico tra le aree suscettibili di miglioramento nell’assistenza diabetologica. Nel rispetto dello spirito dello stesso PND, anche per il paziente diabetico vengo date indicazioni per l’assistenza integrata e la presa in carico da parte del team plurispecialistico per i casi complessi, a rappresentare di fatto un’assistenza in tre livelli di intensità 64-65.
Le linee guida nazionali ed internazionali, gli standard di cura italiani ed il PND sembrano comunque applicati con caratteristiche peculiari per ogni realtà, con ritardi nella diagnosi iniziale o nelle manovre strumentali necessarie per l’inquadramento corretto, nella rivascolarizzazione e nella parte chirurgica locale.
La Regione Toscana attraverso la realizzazione di un modello di gestione integrata del diabete, basato sulla centralità della persona e sulla presa in carico olistica dei suoi problemi, ha individuato come elementi chiave l’approccio multidisciplinare integrato e l’adozione di un protocollo diagnostico-terapeutico condiviso: i percorsi diagnostico terapeutici forniscono infatti una visione completa del processo di cura, di terapia e di assistenza integrata, e descrivono, attraverso l’azione del team diabetologico,
la valutazione e la cura di base, così come la gestione specialistica, del problema “piede diabetico”.
Gli Ambulatori/Day Service di Diabetologia dovranno essere le porte di ingresso nel percorso stesso: questa scelta ha lo scopo preciso sia di evitare la dispersione dei pazienti, con conseguente perdita di tempo prezioso, che di fornire il corretto inquadramento del paziente in tutti gli aspetti, a partire da quello metabolico.
La stadiazione tempestiva del paziente permetterà di decidere per una bassa, media o alta intensità di cura:i tre livelli dovranno trovare la loro collocazione negli Ambulatori/Day Service di Diabetologia e nel centro di cura del Piede Diabetico, con la possibilità di fruire se necessario anche di degenza ospedaliera. L’accesso agli ambulatori/Day Service di Diabetologia dovrà essere garantito da vie di contatto dedicate ad uso della Medicina Generale, dei DEA-PS, dei reparti di degenza e lungodegenza, dell’Assistenza Infermieristica che opera sul territorio.
L’organizzazione generale delle cure del piede diabetico dovrebbe articolarsi su tre livelli:
Primo livello: la Medicina Generale deve provvedere all’educazione in prevenzione primaria e alla prima rilevazione della presenza di lesioni del piede, da inviare sollecitamente alle strutture di livello superiore; essa deve partecipare anche al follow-up successivo, in collaborazione con gli infermieri del territorio;
Secondo livello: gli Ambulatori e i Day Service devono provvedere ad una prima valutazione delle lesioni del piede, all’inquadramento generale clinico, metabolico del paziente ed alla cura dei casi più semplici, inviando quelli più complessi alle strutture di terzo livello;
Terzo livello: i Centri Diabetologici specializzati nella cura del piede diabetico devono provvedere alla cura dei casi complessi,
interfacciandosi con gli altri specialisti nell’ambito di un team pluridisciplinare precostituito e con i reparti di degenza.
PRIMO LIVELLO DI ASSISTENZA
La Medicina Generale, deve avere il compito essenziale di provvedere all’educazione terapeutica per la prevenzione delle lesioni al piede. Le informazioni generali su tutto questo devono essere fornite a tutti i pazienti, fin dall’esordio della malattia; quelli che presentano condizioni di maggior rischio (cioè coloro che sono affetti da neuropatia o arteriopatia periferica o coloro con pregresse lesioni al piede) dovranno ricevere informazioni più dettagliate e puntuali rinforzi motivazionali. Tutti i pazienti diabetici devono essere sottoposti ad esame clinico dei piedi ad ogni accesso con rilievo della presenza o meno dei polsi arteriosi.
Gli ambulatori devono essere forniti di materiale educativo specifico da consegnare ai pazienti ed in caso di comparsa di una lesione al piede, sarà cura del Medico di Medicina Generale l’invio sollecito all’Ambulatorio di diabetologia di secondo livello con richiesta di visita urgente (da effettuare entro 48 ore per una prima valutazione della lesione). I servizi devono garantire canali di accesso facilitato. Devono comunque provvedere ad una medicazione di copertura e prescrizione, dove indicato, di terapia antibiotica a largo spettro; viceversa non deve essere perso tempo per l’invio, nell’attesa dell’esecuzione di esami diagnostici.
Una volta raggiunta la guarigione, sarà necessario provvedere a rinforzi educativi per la prevenzione delle recidive ed esame obiettivo dei piedi ad ogni accesso.
I requisiti minimi per l’attività dell’Ambulatorio/Day Service di Diabetologia, che di solito è collegato ad una U.O. di Diabetologia o di Medicina Interna, come struttura di secondo livello per il piede diabetico sono:
Disponibilità di spazi dedicati ed organizzati e personale idoneo per interventi d’urgenza e medicazioni di lesioni al piede;
Dotazione di materiali per medicazioni di base ed avanzate e di strumentazione chirurgica di base;
Individuazione dei ruoli di ogni componente del gruppo dedicato, per cui devono essere create collaborazioni specialistiche strutturate, come per esempio quella con il Podologo;
Prescrizione e confezionamento di scarichi idonei;
Presenza di agende dedicate per il piede diabetico;
Capacità di misurare l’ABI e di effettuare almeno un test per lo screening di neuropatia;
Disponibilità di un laboratorio microbiologico che possa effettuare esami colturali su campioni prelevati dalla lesione;
Percorsi integrati concordati per la diagnostica vascolare non invasiva e la radiologia di primo livello;
Disponibilità di programmi educativi idonei per la prevenzione delle lesioni al piede e delle loro recidive.
L’accesso ai servizi della Diabetologia di secondo livello può avvenire per: 1. Invio da parte del Medico di Medicina Generale
2. Invio da parte di altri specialisti 3. Invio dal pronto soccorso
4. Accesso diretto
Tutti i pazienti diabetici ricoverati in qualsiasi reparto che presentino lesioni ulcerative al piede, anche quando queste non sono il motivo primario del
ricovero, devono essere necessariamente sottoposti all’attenzione della Diabetologia per un inquadramento.
Il servizio di secondo livello dovrà provvedere autonomamente alla cura della lesione ed al successivo follow-up, interfacciandosi per le medicazioni con le strutture infermieristiche territoriali (se presenti), fino alla guarigione. Prima del rinvio alla Medicina Generale, il servizio di secondo livello dovrà provvedere anche all’educazione per la prevenzione delle recidive, e chiaramente il Podologo ha un ruolo attivo in tutte le fasi del percorso.
TERZO LIVELLO DI ASSISTENZA
I requisiti minimi per l’attività della Diabetologia come struttura di terzo livello per il piede diabetico sono:
Spazi attrezzati e dedicati alle medicazioni, accesso alle sale operatorie, con spazio dedicato ed aumentabile in caso di necessità;
Disponibilità di accesso a tecnologia specifica;
Disponibilità di spazi idonei per terapie endovenose protratte in regime di Day Hospital/Day Service;
Disponibilità di spazi dedicati di diagnostica vascolare non invasiva e radiologica;
Accessi dedicati alla diagnostica vascolare avanzata;
Rapporto strutturato con chirurgo generale, ortopedico, radiologo, cardiologo interventista, chirurgo vascolare, nefrologo, infettivologo;
Percorsi preferenziali per il ricovero in degenza ordinaria.
Gli specialisti che collaborano con il diabetologo nella gestione della cura al piede devono costituire un team multidisciplinare stabile nel tempo, che si riunisce periodicamente per le valutazioni organizzative sul percorso diagnostico e terapeutico.
Il centro di terzo livello riceve invii dai servizi di secondo livello, cui rimanda i pazienti una volta conclusa la fase più complessa della cura, almeno che non funzioni esso stesso anche come servizio di secondo livello, nel qual caso si fa carico dell’intero percorso diagnostico-terapeutico fino alla guarigione. Dovrebbe esserci almeno un centro di terzo livello per Area Vasta che abbia le caratteristiche complete. È preferibile l’unitarietà fisica del centro di riferimento del piede diabetico, ma comunque se vi sono dei limiti per le strutture ospedaliere e vi è una dispersione dei servizi diventa obbligatoria un’attività completamente integrata e il tutto deve funzionare come un centro unico. I centri per il piede diabetico devono essere visti come una rete assistenziale strettamente collegata, che sia organizzata in modo che al paziente sia assicurata l’appropriatezza e la tempestività delle cure.
Proprio come indica l’indagine del Mes, l’esito favorevole del servizio è collegato proprio all’unitarietà di percorso dei pazienti che sono gestiti da un centro unico con la figura del team leader ben determinata.
Ci sono, purtroppo, degli aspetti che ancora oggi rappresentano delle criticità del sistema che ruota intorno al paziente diabetico, riguardo la complicanza del piede diabetico.
Una delle prime criticità si può ricondurre al problema dei ricoveri in ospedale; non essendo le diabetologie dotate di posti letto, il Diabetologo deve concordare con i direttori delle UU.OO. coinvolte nel percorso, modalità di accesso al ricovero programmato ed urgente quando disponibile il posto letto; in caso contrario, il direttore del Pronto Soccorso e Medicina d’Urgenza, reso edotto da questa problematica, deve garantire una presa in carico temporanea del Paziente nei letti di osservazione e ricovero breve fino al trasferimento nel reparto idoneo, con il quale il diabetologo ha preso accordo diretto, che ha comunicato al momento dell’invio in PS. Il reparto di degenza gestisce la parte generale e in accordo con il diabetologo quella
specifica. Dalla documentazione clinica dovrà poi risultare questa cogestione pluridisciplinare.
Un’altra criticità si ha riguardo al territorio; infatti esaminando le varie realtà toscane, si evidenza una discreta disomogeneità anche nel personale che afferisce al paziente diabetico, per cui alcune strutture potrebbero gestire tutto il trattamento, per altre invece ciò non è possibile.
Per questo motivo sarebbe indispensabile rapportarsi ai servizi infermieristici territoriali con i quali condividere la gestione delle medicazioni successive. La formazione degli infermieri è indispensabile, da effettuare con incontri periodici, e diventa anche auspicabile la creazione di linee guida condivise per la gestione dei casi clinici.
Altra problematica è la rivascolarizzazione, per cui diventa esperienza quotidiana la differenza operativa nelle abilità a raggiungere con successo i distretti sottopoplitei fino al piede da parte dei chirurghi vascolari, cardiologi interventisti e radiologi interventisti nelle procedure endovascolari. Con il supporto della Regione Toscana, potrebbe essere creata una sorta di “rete” di esperti ai quali possano accedere con corsi specifici tutti coloro che vogliono acquisire tale abilità. Questo è un punto importante per riuscir a superare la disomogeneità nei risultati, unitamente alla capacità di saper portare chirurgicamente a termine le lesioni del piede senza essere rinunciatari ed amputare.