• Non ci sono risultati.

Capitolo I L’evoluzione legislativa della amministrazione straordinaria

N/A
N/A
Protected

Academic year: 2021

Condividi "Capitolo I L’evoluzione legislativa della amministrazione straordinaria"

Copied!
34
0
0

Testo completo

(1)

Capitolo I

L’evoluzione

legislativa

della

amministrazione

straordinaria

SOMMARIO: 1.1. Fase antecedente alla legge Prodi del 1979- 1.2. La legge Prodi, legge 3 aprile 1979, n. 95- 1.3. Natura e finalità della legge Prodi- 1.4. Modifiche apportate alla Legge Prodi in seguito alla conversione- 1.5. La incompatibilità della legge Prodi con la normativa comunitaria- 1.6. Esigenze di riforma della legge Prodi- 1.7. Il provvedimento di riforma: dalla legge delega al decreto legislativo 8 luglio 1999, n. 270, c.d. Prodi bis- 1.8. Natura e finalità del decreto legislativo n. 270 del 1999- 1.9. Modifiche alla Prodi bis- 1.10. Il decreto legge 23 dicembre 2003, n. 347, c.d. decreto Marzano- 1.11. La struttura del decreto Marzano- 1.12. Il Regolamento europeo 29 maggio, n. 1346- 1.13. Giudizio complessivo sul decreto Marzano- 1.14. Caso Volareweb s.p.a- 1.15. Gruppo Alitalia: conversione del decreto legge sull’insolvenza

1.1. Fase antecedente alla legge Prodi del 1979

Il legislatore fallimentare del 1942, nel delineare e regolare l’istituto del fallimento, si è ispirato al modello classico liberale, in cui l’espulsione dal mercato dell’impresa insolvente costituiva un modo di sostenere la dinamica concorrenziale, selezionando le imprese più efficienti e liberando le risorse male impiegate per destinarle ad impieghi più produttivi nell’interesse dei creditori e dell’intera collettività.

Nell’ottica del legislatore del 1942 l’impresa non è considerata come organismo produttivo da conservare, perché la sua prosecuzione non rappresenta un valore degno di protezione, tant’è che nella normativa del fallimento manca la regolamentazione di qualsiasi processo di

(2)

conservazione e riorganizzazione o sono previsti istituti del tutto inadeguati, per la loro eccezionalità a tale scopo.

La normativa fallimentare del 1942 disegna una disciplina organica relativamente alla liquidazione coatta amministrativa, il cui ambito di applicabilità rimane affidato però , ferma restando la riserva di legge di cui all’art. 2 l.f. , alle varie leggi speciali.

La specificità di intervento della liquidazione coatta amministrativa si riferisce alle sole imprese per le quali le irregolarità gestionali, ovvero l’insolvenza, vengono ad assumere un interesse pubblico, lascia così irrisolto il più generale problema della crisi della grande impresa. La giurisprudenza tenta di colmare tale lacuna con il ricorso sempre più ampio all’amministrazione controllata, concessa con una certa larghezza. Anche questa si rivela inadeguata.

Una impostazione di questo tipo non può reggere all’impatto con fenomeni di crisi economiche diffuse e di grandi dimensioni, i cui effetti non riescono ad essere assorbiti dalle regole del mercato.

Di fronte a fenomeni di crisi economica , il legislatore ha dovuto necessariamente misurarsi con le implicazioni socio-politiche del dissesto e della crisi e in particolare con l’esigenza della tutela dei dipendenti coinvolti nel dissesto, per la difficoltà, in periodi di andamento sfavorevole dell’economia, di reinserimento dei lavoratori in altre strutture produttive.

Si è attuato così un mutamento della graduatoria di interessi fino ad allora rilevanti nell’ambito del dissesto delle imprese , in cui il posto preminente è stato assunto da quelle categorie che alla conservazione dell’impresa vedono legate esigenze di ordine primario, quale la conservazione del posto di lavoro; il che ha fatto emergere in primo

(3)

piano l’interesse alla sopravvivenza dell’impresa come meritevole di tutela in quanto tale.

Questo mutamento ha richiesto uno sforzo notevole di adeguamento da parte del legislatore alla realtà fenomenica in quanto ha provocato la presa di coscienza che i lavoratori sono soggetti portatori di un’autonoma istanza di conservazione del complesso produttivo, a garanzia del posto di lavoro; concezione che, a sua volta, si collega ad una visone non più strettamente privatistica dell’impresa come libera attività dell’imprenditore per l’accumulazione del capitale, ma come attività condizionata dall’utilità sociale, in cui l’impresa non coinvolge solo gli interessi dell’imprenditore, ma anche di altre categorie ed assume nella società un valore che non è soltanto dell’imprenditore.

Il legislatore è, è quindi, dovuto intervenire ripetutamente a partire dagli anni ’70 con una legislazione d’emergenza, per lo più frammentaria, diretta ad attuare con modalità varie, il salvataggio delle imprese in crisi.1

1 I primi anni settanta sono contraddistinti da alcuni interventi legislativi destinati al rifinanziamento delle imprese in maggiore difficoltà. La legge 22 marzo 1971 n. 184 che contribuisce alla nascita della Gepi, società che ha come obiettivo quello di concorrere al mantenimento e all’accrescimento dei livelli di occupazione compromessi da difficoltà transitorie sempre che ciò avvenga sulla base dei piani di riassetto o riconversione, i quali devono comprovare la concreta possibilità di risanamento. Tale esperienza non si rivela però positiva. In un secondo momento interviene la legge 15 giugno 1978 n. 279, a individuare le imprese da salvare, quelle da alienare e quelle da liquidare. Infine la legge 5 dicembre 1978 n. 78 recante disposizioni destinate ad agevolare il risanamento finanziario delle imprese.

(4)

1.2. La legge Prodi, legge 3 aprile 1979, n. 95

Questo processo evolutivo trova il suo completamento

nell’amministrazione straordinaria, introdotta con il D.L. 30 gennaio 1979, n. 26, convertito nella legge 3 aprile 1979, n. 95, definita per brevità legge Prodi in base al nome di chi ne è stato l’ispiratore.2

Il legislatore del 1979 ha introdotto nell’ordinamento la procedura concorsuale della amministrazione straordinaria delle grandi imprese in crisi, in ragione della già ricordata inidoneità delle procedure concorsuali tradizionali di tipo liquidatorio, previste dal sistema delineato dalla legge fallimentare del 1942, ad affrontare il problema dell’insolvenza delle imprese di rilevanti proporzioni e del gruppo economico in cui esse si trovano spesso inserite.

La legge Prodi ha il merito di aver introdotto nell’ordinamento concorsuale il principio che va tentato il risanamento, ove possibile, anche delle imprese insolventi e di avere dettato per la prima volta la disciplina organica del gruppo insolvente, prevedendo, oltre l’estensione della procedura, la responsabilità per direzione unitaria e la revocatoria aggravata.3

2 Il D.L. n. 26 del 1979 era stato preceduto dal D.L. 5 ottobre1978, n. 602 , c.d. decreto Donat Cattin dal nome dell’allora ministro dell’industria, con il quale venne ideata una procedura specifica a disciplina dei dissesti di più vaste dimensioni. La procedura era incentrata sulla figura del commissario il quale aveva il compito di amministrare l’impresa insolvente, con pienezza di poteri ed assoluta autonomia per un periodo massimo di dodici mesi; trascorso tale termine, durante il quale si sarebbe dovuto dare attuazione ad un sedicente piano di risanamento, l’impresa ancora insolvente sarebbe stata assoggettata al fallimento. Il decreto venne aspramente criticato e per questo non fu convertito in legge. 3 ALESSI , L’amministrazione straordinaria delle grandi imprese insolventi, Milano, 2000, 3

(5)

La legge istitutiva dell’amministrazione straordinaria si propone l’obiettivo del salvataggio del gruppo economico in crisi finanziaria, gruppo che viene inteso sia come fonte di ricchezza, sia come fattore di mantenimento dell’occupazione. La procedura di amministrazione straordinaria si manifesta, quindi, come istituto di emergenza destinato ad intervenire in situazioni di insolvenza che vanno a pregiudicare significativamente interessi della produzione e dell’occupazione.

Il decreto legge presenta nella sua struttura di fondo una serie di “pregi” che costituiscono un aspetto di modernità nell’ambito delle procedure concorsuali.4

1.3. Natura e finalità della legge Prodi

La procedura di amministrazione straordinaria si articola su una combinazione di momenti giurisdizionali e fasi amministrative e , benché modellata sullo schema della liquidazione coatta amministrativa, in presenza di una insolvenza acclarata presenta carattere eminentemente conservativo in quanto diretta ad assicurare il proseguimento dell’attività produttiva a scopo di risanamento della stessa e di mantenimento di livelli occupazionali.

Secondo autorevole dottrina l’amministrazione straordinaria è un processo esecutivo specialissimo, di sicura natura giurisdizionale, cioè un processo esecutivo di misura del tutto singolare rispetto agli altri processi esecutivi. L’intervento dell’Autorità amministrativa trasforma indubbiamente in amministrativa la procedura in oggetto

4MICHELE SANDULLI , Rilievi critici sull’amministrazione straordinaria, Dir.

(6)

relativamente alla direzione della stessa e soprattutto al momento liquidativo; ciò nonostante, essa rimane un processo esecutivo specialissimo in funzione all’insieme degli interventi del giudice previsto: 1) per l’accertamento dello stato di insolvenza; 2) per la decisione delle opposizioni a stato passivo, delle impugnazioni dei crediti ammessi e delle domande di ammissione tardiva; 3) nella formazione dello stato di riparto dei contributi dovuti ai soci con responsabilità sussidiaria limitata ed illimitata; 4) nell’approvazione del bilancio finale di liquidazione e del conto di gestione predisposto dal commissario; 5) nell’approvazione del concordato. Secondo Bartolomeo Quatraro, invece, l’amministrazione straordinaria è una procedura amministrativa con funzione esecutiva. Nell’ambito di una procedura squisitamente amministrativa si inseriscono, dunque, momenti o fasi giurisdizionali o giurisdizionalizzati che, al massimo, possono portare ad attribuire all’amministrazione straordinaria natura “mista”, ma non natura esclusivamente o prevalentemente giurisdizionale. 5

Il decreto legge, oltre a vantare alcuni pregi, diventa oggetto di molteplici critiche, principalmente le stesse che precedentemente avevano accolto il decreto legge Donat Cattin.

In dettaglio , si sottolinea come il legislatore, a cui sembra stare a cuore la sorte dei dipendenti dell’impresa in crisi, non riservi altrettanta attenzione a quelli delle imprese sue creditrici, a loro volta

5BARTOLOMEO QUATRARO , L’ amministrazione straordinaria delle grandi

(7)

messe in difficoltà dalla mancata esigibilità dei crediti vantati nei confronti della prima.6

Ad ogni modo, nonostante i molti dissensi, di fronte alla necessità di adottare comunque una soluzione normativa a disciplina della crisi delle grandi imprese, finisce per affermarsi l’idea che ciò è possibile solo a fronte di un mutamento di prospettiva concettuale che attribuisca primaria importanza alla continuazione dell’attività di impresa e non più all’imprenditore.

La condizione di irreversibile dissesto dell’impresa viene a costituire al tempo stesso la premessa ed il contesto nei quali si colloca il tentativo di salvataggio dell’organismo produttivo.

1.4. Modifiche apportate alla legge Prodi in seguito alla conversione del decreto legge

In seguito alla conversione della legge Prodi vengono apportate diverse modifiche a quest’ultima, modifiche tra loro eterogenee che rendono la procedura sempre più atipica rispetto alle altre procedure concorsuali e che non contribuiscono, invece, ad una razionalizzazione globale della legge.

Una prima serie di novelle va ad incidere sui presupposti di ammissibilità7 ed inaugura una stagione di interventi di modifica caratterizzati dalla ricorrenza di specifiche esigenze individuali e per le quali l’occasio legis è di volta in volta rappresentata dalle aspettative delle singole imprese, desiderose di poter ricorrere alla

6MANERA, Commento breve alla legge sull’amministrazione straordinaria, Dir.

Fall., 1981, I, 376 ss.

7 Legge 13 agosto 1980 n.445, nota come legge Genghini dal nome dell’impresa che per prima fruisce del provvedimento di modifica.

(8)

procedura di amministrazione straordinaria ancorché prive dei requisiti.8

In ragione delle molteplici modifiche che intervengono sulla legge Prodi si comincia a parlare di riforme più radicali, capaci di incidere profondamente sulla legge, dato che le critiche nei suoi confronti non si sopiscono.

Molti sostengono l’inutilità di una specifica disciplina del dissesto delle grandi imprese, che invece dovrebbe trovare soluzione nell’ambito di una generale riforma delle procedure concorsuali tale da renderle più sensibili alle esigenze di salvaguardia degli organismi produttivi.

1.5. Incompatibilità della legge Prodi con la normativa comunitaria

La vera nuova sfida, però, per l’amministrazione straordinaria risulta essere la sua compatibilità con la normativa comunitaria.

La legge 25 marzo 1993 n. 80 inserisce nell’impianto originario della legge Prodi l’art 1-bis, ampliando l’ambito di applicabilità della amministrazione straordinaria, estendendola anche a quelle imprese il cui indebitamento discende dalla necessità di provvedere alla restituzione dei finanziamenti direttamente o indirettamente concessi dallo stato in violazione degli articoli 92 e 93 del Trattato CEE. Nello

8 La legge 20 novembre 1980 n.784 e 5 febbraio 1982 n. 25,entrambe adottate nell’evidente necessità di far fronte a specifiche esigenze del gruppo SIR; la l. 31 marzo 1982 n. 119. La legge 25 giugno 1982 n. 381, concretamente adottata al fine di agevolare la prosecuzione dell’attività armatoriale del gruppo Lauro, la legge 11 ottobre 1983 n. 546; queste ultime due leggi e più in generale tutte le c.d. “leggi fotografia” sollevano diverse critiche tanto da far dubitare della loro legittimità costituzionale. Legge 8 giugno 1984, n. 212, legge 6 febbraio 1987, n. 15, legge 23 agosto 1988, n. 391, legge 25 marzo 1993, n. 80.

(9)

stesso art. 1-bis viene aggiunto un secondo comma per tramite della legge 17 febbraio 1994 n. 111, che equipara a tali finanziamenti, sempre ai fini dell’applicabilità della procedura, anche quelli concessi “per innovazioni tecnologiche ed attività di ricerca”.

Gli organi comunitari, in particolar modo la Commissione, intervengono e promuovono una procedura di verifica ai sensi dell’art 93 del trattato CEE, avviata tramite la richiesta di una serie di chiarimenti da parte dello Stato italiano.

All’Italia viene contestato il regime degli aiuti di stato e anche un incontrollato ricorso alla prosecuzione dell’attività imprenditoriale. Intervengono una sentenza del 27 giugno 1999 della Corte di Giustizia Cee e una decisione della Commissione CE del 16 maggio 2000, le quali dichiarano la legge n. 95/1979 incompatibile con il mercato comune in quanto prevede un regime di aiuti di Stato distorsivo della concorrenza e non previamente notificato alla stessa Commissione.9 E’ quindi necessaria una riforma della disciplina, anche in ragione, dei difetti che caratterizzano la procedura di amministrazione straordinaria, delineata dalla legge Prodi: 1) la dimensione dell’impresa, che può essere ammessa all’amministrazione straordinaria, determinata dai debiti e dal numero dei dipendenti anche in cassa integrazione speciale; 2) il vincolo che grava sul Ministro dell’industria, il quale apre il procedimento di amministrazione straordinaria senza poter vagliare se l’impresa ha prospettive di risanamento, controllo non demandato nemmeno al tribunale ordinario; 3) coesistenza nella disciplina di due profili , liquidatorio e di risanamento, difficili da rendere compatibili tra loro, 4)

9 GIUSEPPE ALESSI , Morte, resurrezione e sorte della Legge Prodi, Il

(10)

indeterminatezza della conclusione della amministrazione straordinaria.10

1.6. Esigenze di riforma della legge Prodi

La discussione in merito ad un possibile provvedimento di riforma, alimentata anche dalla presa di posizione comunitaria, prende piede e si sviluppa su tre linee direttrici:

1) ovviare alle critiche degli organi comunitari, ridefinendo i presupposti di ammissione alla amministrazione straordinaria, razionalizzandone le linee di intervento e lo stesso iter procedurale.11 2) eliminare la notoria indeterminatezza in ordine alla prosecuzione dell’attività d’impresa, e quindi alla natura effettivamente liquidatoria, ovvero recuperatoria della procedura.

3) necessità di prendere una posizione in merito alla natura stessa dell’amministrazione straordinaria, perennemente contesa tra i fautori della sua matrice amministrativa ed i sostenitori della sua preminente giurisdizionalità.12

La volontà di approdare ad una riforma che consenta una completa rivisitazione dell’istituto, in qualche modo favorito dal mutato scenario economico, si manifesta anche a livello parlamentare, il 9

10ANGELO BONSIGNORI , L’amministrazione straordinaria nel progetto di

riforma prospettive e limiti, Dir. Fall., 1984, I, 631

11 La Corte di giustizia della Comunità aveva ripetutamente censurato la legge Prodi soprattutto per il fatto che sottraeva le grandi imprese alle normali procedure concorsuali nel momento in cui si manifestava lo stato di decozione e prevedeva, in loro favore, garanzie statali finalizzate al beneficio di liquidità, nella prospettiva della prosecuzione dell’attività produttiva.

12 MASSIMO BIANCA, La dichiarazione dello stato di insolvenza

nell’amministrazione straordinaria delle grandi imprese, Giuffré editore, Milano,

(11)

ottobre 1997 viene presentato alla Camera dei Deputati un disegno di legge delega per l’abrogazione della legge Prodi e l’emanazione di un decreto legislativo che ne comporti la completa riforma in base a criteri e principi assai innovativi. Nel corso del dibattito parlamentare si sottolineano, tra i vari punti in discussione, la necessità di un ragionevole contenimento della durata della procedura e la più ampia possibilità di declaratoria del fallimento, laddove in qualsiasi momento ne emergano i presupposti.

1.7. Il provvedimento di riforma: dalla legge delega al decreto legislativo 8 luglio 1999, n. 270, c.d. Prodi-bis

Con l’art 1 della l. 30 luglio 1998 n. 274 il Governo viene così delegato ad emanare un decreto legislativo “recante la nuova disciplina dell’istituto dell’amministrazione straordinaria delle grandi imprese in stato di insolvenza, procedendo all’abrogazione del decreto l. 30 gennaio 1979 n. 26, convertito, con modificazioni, dalla l. 3 aprile 1979 n. 75, e successive modificazioni ed integrazioni, ad eccezione dell’art. 2-bis del citato decreto l. n. 26 del 1979”.

La soluzione scelta dal legislatore delegante è quella di una chiara individuazione delle finalità della procedura.

Questa viene infatti definita una “procedura concorsuale della grande impresa commerciale insolvente, con finalità conservative delle attività aziendali, mediante prosecuzione, riattivazione o riconversione dell’esercizio”(art. 2 comma secondo lettera A), accompagnata dalla individuazione, quale presupposto oggettivo per la sua stessa applicabilità, “ di concrete prospettive di recupero dell’equilibrio economico delle attività aziendali” ( art. 2 comma secondo lettera C).

(12)

Per questo motivo viene prevista l’articolazione del procedimento in due fasi: la prima di dichiarazione dello stato di insolvenza e la seconda, eventuale, di apertura della vera e propria procedura di amministrazione straordinaria. A questa seconda fase si può approdare, come stabilisce la legge delega, solo a seguito di un provvedimento giurisdizionale adottato sulla base di un’apposita relazione di un commissario giudiziale e sempre che da questa emergano concrete prospettive di recupero.

L’amministrazione straordinaria vera e propria si potrebbe sviluppare in una cessione del complesso aziendale a terzi, sulla base di un programma di prosecuzione dell’esercizio di impresa e salvaguardando i livelli occupazionali, ovvero in un piano di risanamento programmato, di durata non superiore a due anni.

In ogni caso il varo di tali programmi non potrebbe impedire una successiva declaratoria di fallimento qualora, alle scadenze fissate, le condizioni dell’impresa non ne consentano la definitiva attuazione ( art. 2 secondo comma lettera T).

Le imprese da sottoporre ad amministrazione straordinaria sarebbero quelle con almeno 200 dipendenti e con un indebitamento non inferiore ai due terzi dell’attivo lordo e dei ricavi provenienti dalle vendite e dalle prestazioni ( art. 2 secondo comma lettera b).

La legge delega diventa oggetto di numerosi commenti, non sempre del tutto positivi. C’è chi ritiene che in questo modo non si proceda ad un più generale ammodernamento delle procedure concorsuali, chi considera tale normativa più idonea alla soluzione dell’insolvenza che al riordino dell’amministrazione straordinaria. Le critiche colpiscono anche la disciplina dei gruppi e la tutela del ceto creditorio; perplessità vengono mosse anche in ordine alla effettiva realizzabilità

(13)

dei piani di risanamento e anche circa l’abbassamento dei livelli dimensionali, reputati non idonei all’effettiva selezione delle grandi imprese.

Nonostante ciò, a distanza di un ventennio dalla legge Prodi, la legge delega si trasforma in decreto legislativo.

Con il decreto legislativo 8 luglio 1999, n. 270, viene adottata la “Nuova disciplina dell’amministrazione straordinaria delle grandi imprese in stato di insolvenza”, costituita da una normativa alquanto articolata, specie se rapportata al testo precedente.13

Con tale decreto legislativo cade la legge Prodi ma l’amministrazione straordinaria resta.14

Alla base di tale intervento ( conversione del decreto legge in legge) sta il fatto che il moderno sistema delle procedure concorsuali non può prescindere dalla presenza, a fianco dei tradizionali modelli previsti dalla legge fallimentare, di una procedura che, tende a salvaguardare, di fronte a dissesti particolarmente allarmanti sul piano delle ricadute socio-economiche, il “bene impresa” quale entità oggettiva distinta dall’imprenditore, nella sua duplice valenza di fonte unitaria di produzione e di fattore di mantenimento dell’occupazione.

13 La Relazione governativa, che accompagna il testo definitivamente licenziato, non fa mistero del fatto che con la riforma si miri in primo luogo al superamento delle critiche giunte dagli organi comunitari ed altresì nell’esigenza di conservare nell’ordinamento un istituto che presenta la sua ragion d’essere nella necessità di disciplinare le ripercussioni sul mercato dell’insolvenza che colpisca i gruppi economici di apprezzabili dimensioni, sia pure attuando una profonda revisione della procedura tesa ad innalzare tanto il suo tasso di funzionalità che il livello di tutela dei soggetti coinvolti, quindi vengono messe in luce le maggiori incongruenze della legge Prodi, ritenendo che queste devono essere considerate superate dal nuovo provvedimento.

14 A cura di S. BONFATTI e G. FALCONE , La riforma della amministrazione

straordinaria, crisi e risanamento delle imprese nella nuova “legge Prodi: le innovazioni del d.lgs 270/99 e le prospettive di riforma della disciplina fallimentare, Bancaria Editrice, 2000, 26

(14)

L’amministrazione straordinaria merita un posto stabile nel sistema, però è necessaria una revisione della regolamentazione della procedura data la inadeguatezza della disciplina approntata dalla legge Prodi, la quale conferiva alla amministrazione straordinaria natura ibrida.

L’incongruenza più grave, emergente dalla vecchia disciplina, consisteva nel rigido automatismo che improntava l’accesso alla procedura, era sufficiente il possesso di determinati requisiti dimensionali per accedere alla procedura. Inoltre l’avvio dell’amministrazione straordinaria aveva quale naturale corollario la continuazione dell’esercizio dell’impresa per disposizione dell’autorità amministrativa.

Questo meccanismo ha consentito di assoggettare alla procedura anche imprese che ab initio erano prive di qualsiasi prospettiva di risanamento, colorando l’istituto di connotati puramente “assistenzialistici”.

Nella direzione della razionalizzazione dell’istituto si muove anzitutto la procedura di riforma culminata appunto col d.lgs 270 del 1999. Il presente decreto legislativo attua, conformemente alle direttive della legge delega, due fondamentali innovazioni.

La prima introduce il principio di selezione “qualitativa” delle imprese passibili di amministrazione straordinaria: nel nuovo sistema il superamento delle soglie dimensionali costituisce condizione necessaria, ma non più sufficiente, per accedere alla procedura, occorrendo a tal fine, che l’impresa presenti anche concrete prospettive di recupero dell’equilibrio economico dell’attività imprenditoriale, e cioè potenzialità effettive di ripristino di un rapporto non deficitario tra costi e ricavi.

(15)

Tale risultato deve potersi realizzare in due modi predefiniti: attraverso la cessione a terzi di complessi aziendali , sulla base di un programma di prosecuzione dell’esercizio dell’impresa non superiore ad un anno che garantisca il mantenimento dei livelli occupazionali e l’unità operativa dei complessi da trasferire; ovvero mediante la ristrutturazione economico finanziaria dell’impresa, sulla base di un programma di durata non superiore a due anni, volto al suo risanamento.

In tale prospettiva l’amministrazione straordinaria, per le imprese di fascia alta, si rivela una procedura che esclude il fallimento: infatti, l’impresa che ricade nel campo di operatività della nuova disciplina potrà essere o ammessa all’amministrazione straordinaria, o dichiarata fallita, a seconda delle connotazioni del suo dissesto.

L’altra direttrice cardine della riforma15 consiste nel contemperamento dei poteri discrezionali dell’autorità amministrativa con il riconoscimento di un più significativo ruolo dell’autorità giudiziaria, a cui vengono riservate le decisioni circa l’accesso, l’utile proseguibilità e la cessazione dell’amministrazione straordinaria.

Tale impostazione consente di assicurare la compatibilità dell’istituto con la normativa comunitaria a salvaguardia della concorrenza, infatti sono state soppresse le norme censurate dagli organi comunitari ed è stato previsto l’obbligo di uniformare il programma, ogni volta che preveda il ricorso ad agevolazioni pubbliche, alle disposizioni e agli orientamenti comunitari sugli aiuti di stato e per il salvataggio e la ristrutturazione di imprese in difficoltà.

15 ALESSI, La riforma dell’amministrazione straordinaria, in Fallimento, 1998, pag. 113 e ss.

(16)

Dalla novella risulta una certa superiorità che si è voluta dare in un primo tempo alle determinazioni dell’autorità giudiziaria nei confronti di quelle della pubblica amministrazione.

Le fasi della procedura sono essenzialmente due: quella più aderente alla dichiarazione dello stato di insolvenza e l’altra relativa alla vera e propria amministrazione straordinaria. La prima è sostanzialmente prodromica e propedeutica rispetto all’altra.

La disciplina dell’amministrazione straordinaria viene in discussione col titolo III della legge, il capo I si occupa della sua natura e delle sue finalità, seguono poi il capo II e il capo III, quest’ultimo si occupa degli effetti della procedura. Centrale nella legge è il capo V del titolo III sulla definizione ed esecuzione del programma , l’intero capo VII è dedicato alla cessazione della procedura.

Il titolo IV considera espressamente il gruppo di imprese; mentre chiudono il decreto il titolo V ( disposizioni comuni di procedura), il titolo VI ( disposizioni penali) e il titolo VII (disposizioni di coordinamento, transitorie e finali).16

1.8. Natura e finalità del decreto legislativo 8 luglio 1999, n. 270

Altro aspetto che ha da sempre suscitato grandi dibattiti è sicuramente quello concernente la natura della procedura di amministrazione straordinaria.

Sin dalla legge Prodi si assiste ad una scissione: da una parte i fautori delle natura giurisdizionale della procedura, per la sua funzione espropriativa, e dall’altra i sostenitori di una matrice tendenzialmente

16GIUSEPPE RAGUSA MAGGIORE , Prime note sulla nuova disciplina

(17)

amministrativa della amministrazione straordinaria, per lo scarso ruolo attribuito all’autorità giudiziaria nella legge 95/1979, anche sotto questo aspetto si è resa necessaria una riforma con un recupero del controllo giurisdizionale sulla gestione delle crisi delle imprese di più vaste dimensioni.

Ciò detto, è evidente come il recupero delle giurisdizionalità costituisca uno dei tratti salienti del provvedimento di riforma, sicuramente caratterizzato dal riconoscimento di un più forte potere di controllo ed indirizzo in capo all’autorità giudiziaria.

Nonostante il maggior ruolo attribuito alla magistratura, l’impianto del provvedimento rimane nella sostanza caratterizzato da una sorta di divisone di poteri tra l’autorità amministrativa da un lato, formata dal Ministro dell’Industria; dal commissario straordinario e dal comitato di sorveglianza, e l’organo giudiziario dall’altro, rispettivamente composto dal tribunale e dal giudice delegato.

La nuova procedura ha, quindi, natura mista, amministrativa e giurisdizionale.

Sono i primi due articoli del decreto legislativo che delineano la natura e gli obiettivi della procedura.

Il primo statuisce che l’istituto si configura come una procedura concorsuale della grande impresa commerciale insolvente, si tratta quindi di un procedimento finalizzato al concorso.

Il riferimento alla “impresa commerciale” abbraccia, così come nella legge fallimentare, l’intero ventaglio delle attività elencate nell’art. 2195 c.c; laddove invece la formula “grande impresa” assume valore convenzionale, trovando concreta specificazione nei requisiti elencati nel successivo art. 2 d.lgs 270/99.

(18)

L’art. 1 inoltre, riprendendo l’art 1 secondo comma lettera A della legge delega, assegna all’amministrazione straordinaria finalità conservative del patrimonio produttivo, mediante prosecuzione, riattivazione o riconversione delle attività imprenditoriali.

La vera finalità della procedura si ricava, oltre cha dall’art. 1, anche dal successivo art. 27, in base al quale l’ammissione alla vera e propria procedura di amministrazione straordinaria è prevista per quelle sole imprese che presentino concrete prospettive di recupero dell’equilibrio economico e delle attività imprenditoriali. Dal combinato disposto delle due norme, è possibile dedurre che la finalità ultima dell’amministrazione straordinaria è quella di conservare l’impresa per procedere al suo risanamento economico, rimanendo escluse, quindi, le imprese non sanabili.

Si realizza così un diverso rapporto tra il fallimento e l’amministrazione straordinaria . Il primo non è più concepito, così come in vigore della legge Prodi, in termini di completo e definitivo automatismo, rivelandosi piuttosto fondato su una visone quasi premiale dell’amministrazione straordinaria, prevista per quelle sole grandi imprese che presentino concrete prospettive di risanamento. Nella formulazione del d.lgs. n. 270/1999, il legislatore dimostra di tener conto delle critiche mosse alla disciplina previgente e cerca di prevenirle con riferimento alla nuova normativa.

Conferisce alla procedura una fisionomia maggiormente organica rispetto a quella che la contraddistingueva in passato.

E’ apprezzabile, poi, l’intento di proteggere adeguatamente tutti i soggetti coinvolti, che si concretizza sia nel bilanciamento fra le esigenze di celerità e quelle di trasparenza correlate alla completezza del contraddittorio, sia nell’individuazione di presupposti assai

(19)

rigorosi per l’applicazione dell’amministrazione straordinaria, sia nelle previsioni concernenti le fattispecie pendenti all’entrata in vigore della riforma.

Particolare attenzione assume anche la questione relativa alla necessaria integrazione con l’ordinamento comunitario.

D’altra parte, alcune disposizioni prestano il fianco a qualche critica. Il legislatore enfatizza il presupposto funzionale dell’effettività delle prospettive di risanamento industriale, ma sottovaluta il presupposto dimensionale, provocando ripercussioni anche sul piano della legittimità costituzionale. Molte perplessità suscita, altresì, la fisionomia del commissario giudiziale, operante come ausiliario del magistrato ma sottoposto alla vigilanza del Ministro dell’Industria. Nonostante ciò, per quanto riguarda la compatibilità globale della riforma con la norma suprema, il giudizio è complessivamente positivo.17

1.9. Modifiche alla Prodi bis

La disciplina dell’amministrazione straordinaria “ordinaria”, regolata dalla legge Prodi bis ( D.lgs. n. 270/1999), subisce dal finire del 2003 una serie di interventi legislativi che ne modificano la struttura originaria, allo scopo di renderla più funzionale alla tutela di specifici casi, e che contribuiscono a creare un comparto normativo “speciale”.18

17ANNA SIMONATI , Aspetti di costituzionalità della nuova normativa,

Fallimento, 2000, 242 e ss

18 Nel volgere di pochi mesi, il sempre traballante capitalismo italiano ha dato la peggiore immagine di sé stesso dal dopoguerra in poi, lasciando innescare un dissesto dietro l’altro, influenzando negativamente l’intera economia del paese e

(20)

Si tratta di una serie di provvedimenti che la dottrina definisce “leggi fotografia”. Tale denominazione vuole significare che esse, benché leggi da un punto di vista tecnico, da un punto di vista pratico, invece, ricalcano i provvedimenti amministrativi, essendo state confezionate per singole e specifiche vicende.

1.10. Il decreto legge 23 dicembre 2003, n. 347, c.d. decreto Marzano

Tra questi provvedimenti, viene varato anche il decreto legge 23 dicembre 2003, n. 347, c.d. decreto “Marzano” dal nome del titolare dell’allora Ministero delle Attività Produttive che l’aveva proposto.19 Tale decreto è intervenuto per fronteggiare la situazione di crisi economico-finanziaria del gruppo Parmalat, la cui effettiva dimensione si è appalesata in tutta la sua gravità nella seconda metà di dicembre 2003; tale gruppo è assai articolato, tanto da essere composto da oltre duecento imprese in tutto il mondo, che occupano circa trentasettemila addetti e che operano in settori con rilevante diversificazione rispetto al tradizionale settore alimentare.20

offrendo allo scenario internazionale ragioni di perplessità sulla tenuta del sistema economico nostrano.

19 Nel preambolo del decreto si sottolinea, in particolare, la straordinaria necessità ed urgenza di adottare misure integrative e correttive della normativa vigente in materia di amministrazione straordinaria delle grandi imprese in stato di insolvenza, al fine di accelerare la definizione dei relativi procedimenti, assicurando la continuazione ordinata delle attività industriali senza dispersione dell’avviamento , tutelando i creditori e garantendo il regolare svolgimento del mercato.

20 La dimensione del dissesto dell’impresa parmense è da considerare devastante tanto da rappresentare uno dei primi cinque default del dopoguerra. Insieme al caso Parmalat scoppia anche il caso Cirio, in quest’ultimo caso, però, si fa applicazione della normazione esistente ed in particolare delle disposizione del d.lgs. 270/1999.

(21)

Il dissesto del gruppo Parmalat riguarda non solo e non tanto le imprese direttamente coinvolte, ma l’intera economia del paese, con effetti rimarchevoli sui singoli risparmiatori, sui soggetti finanziatori e anche sulle imprese dell’indotto.

Tale decreto muove, quindi, dalla necessità di fornire un primo adeguato e serio approccio normativo ai casi di grande crisi finanziaria di strutture produttive complesse, di cui il caso Parmalat costituisce l’esempio più eclatante, anche in considerazione della sostanziale inadeguatezza del d.lgs. n. 270/1999 a fronteggiare casi simili.

Il legislatore è stato mosso dall’esigenza di adottare misure integrative e correttive della normativa vigente sull’amministrazione straordinaria delle grandi imprese in stato di insolvenza, per accelerarne la definizione dei procedimenti, in modo da assicurare, la continuazione ordinata delle attività industriali senza dispersione dell’avviamento e al contempo tutelando i creditori e garantendo il regolare svolgimento del mercato. Da qui la necessità di disciplinare tali fattispecie con regole adeguate che, senza superare il d.lgs. 270/1999, ne aggiornino gli istituti per quei gruppi di imprese, quali Parmalat, di grandi dimensioni, con alto numero di addetti, con vocazione alla globalizzazione e con rilevante diversificazione delle attività economiche produttive.

Il decreto legge 347/2003 detta, quindi, una disciplina integrativa, rispetto a quella prevista nel d.lgs. 270/1999, per casi speciali di particolare gravità.

Esso, però , rappresenta allo stesso tempo un comparto normativo nuovo, emanato ad hoc in funzione del salvataggio di uno specifico gruppo imprenditoriale, che presenta caratteristiche ben determinate.

(22)

La deviazione dal modello comune, secondo anche quanto emerge dalla relazione che accompagna il decreto legge è motivata dall’esigenza di valorizzare il profilo della ristrutturazione dell’impresa e dal bisogno di accelerare il processo di immedesimazione del commissario nel ruolo dell’imprenditore anche in funzione di evitare il rischio di dispersioni patrimoniali derivanti da possibili iniziative aggressive dei singoli creditori o di gruppi di creditori. L’altro obiettivo non dichiarato del decreto legge prima e della legge di conversione poi è sicuramente quello di marginalizzare la posizione dell’autorità giudiziaria.

1.11. La struttura del decreto Marzano

L’impresa che possiede i requisiti ex art. 1 d. l. 347/200321 può chiedere al ministro l’ammissione all’amministrazione straordinaria, il quale se ne verifica la sussistenza, ne dispone l’immediata ammissione e nomina il commissario straordinario che funge pure da commissario giudiziale.

Si salta così la fase dell’osservazione prevista dall’art 19 del d.lgs. 270/1999.

L’apertura rebus sic stantibus della procedura da parte del ministro serve per consentire al commissario quell’immediata e completa

21 L’impresa interessata deve possedere al contempo i requisiti del numero dei lavoratori subordinati ( compresi quelli in cassa integrazione guadagni) non inferiore a mille da almeno un anno e dell’ammontare dei debiti d’importo non inferiore a euro 1.000.000.000. Tali presupposti sono alla base di una disciplina che delinea un modello speciale di amministrazione straordinaria, per quelle imprese grandi o grandissime o per i gruppi, le cui dimensioni e il cui dissesto assumono una rilevanza tale, per le implicazioni industriali e finanziarie, da giustificare un differenziato trattamento rispetto ad altri operatori parimenti soggetti al fallimento.

(23)

gestione dell’impresa, strumentale alla verifica della vicenda economica di essa e della concreta possibilità di ristrutturazione finanziaria, scopo essenziale dell’amministrazione straordinaria.

Il legislatore consente di saltare il periodo di osservazione per investire immediatamente il commissario straordinario degli strumenti per approntare, se egli accerti la concreta possibilità, il programma di ristrutturazione.

Al Ministro spetta certamente la potestà di avvio della procedura22, ancor prima della dichiarazione dello stato di insolvenza, ma solo per assicurare che l’immediato affidamento al commissario della gestione dell’impresa serva a far fronte e risolverne l’emergenza finanziaria.23 In relazione alla grande articolazione del gruppo Parmalat, non va sottaciuta la necessità di attivare subito in Italia un procedimento concorsuale immediato e diretto al risanamento di quest’ultimo, ossia l’amministrazione straordinaria ex d.l. 347/2003, anche per evitare l’avvio di molteplici e non coordinate iniziative dei creditori, soprattutto all’estero.24

22 L’esercizio di tale potestà ministeriale non riveste profili di discrezionalità, il decreto ministeriale di cui all’art. 2 d. l. 347/ 2003 muove dal mero riscontro preliminare e sommario dei presupposti necessari, valutati i quali il Ministro deve aprire la procedura.

23 L’accentuazione della devoluzione amministrativa della gestione della crisi, soprattutto nei passaggi fondamentali della procedura, rappresenta la manifestazione di un rinnovato interesse dirigistico nella gestione della crisi d’impresa ma non certo una novità assoluta e avvicina, su questa materia, l’Italia più alla cultura francese che a quella anglosassone che nella novellazione fallimentare ha valorizzato il ruolo dei creditori.

24 Come emerge , per esplicita ammissione, nella Relazione che accompagna la legge di conversione del febbraio 2004.

(24)

1.12. Il regolamento europeo 29 maggio 2000, n. 1346

Il 31 maggio 2002 è entrato in vigore nell’ambito dell’Unione Europea il Regolamento relativo alle procedure di insolvenza ( Regolamento europeo 29 maggio 2000, n. 1346).

Tale normativa si applica in ambito UE alle procedure concorsuali fondate sull’insolvenza del debitore che comportano uno spossessamento parziale o totale del debitore stesso e la designazione di un curatore.

In virtù di questo Regolamento sono competenti ad aprire una procedura di insolvenza detta “principale” i giudici o una diversa autorità dello Stato membro nel cui territorio è situato il centro degli interessi principali del debitore. L’apertura di una procedura d’insolvenza principale non esclude che possano essere aperte altre procedure di insolvenza territoriali se il debitore possiede una dipendenza nel territorio di un altro Stato membro. Tali procedure possono essere di tipo “locale autonomo” o di tipo “secondario”

E’ possibile dedurre, quindi, il timore del governo italiano di fronte alla prospettiva della apertura in un altro Stato membro di una procedura di insolvenza principale, in quanto precluderebbe definitivamente la strada ad una procedura di risanamento italiana.

1.13. Giudizio complessivo sul decreto Marzano

E’ necessario ricordare che nel d.l. 347/2003 è contenuta una norma di chiusura che opera un generico rinvio alla disciplina di un’altra procedura adottata dal legislatore quale modello di riferimento ai fini dell’integrazione normativa. Invero, “per quanto non disposto

(25)

diversamente” nel d.l. 347/2003, alla nuova amministrazione straordinaria speciale si applicano le norme di cui al d.lgs. n. 270/1999 “in quanto compatibili”.

In questo caso la tecnica del rinvio appare giustificata se si considera che il legislatore si è limitato a introdurre una variante alla procedura di cui al d.lgs. n. 270/1999, innestando su tale regolamentazione una serie di norme che modificano alcuni aspetti della amministrazione straordinaria comune. Si tratta inoltre di un rinvio attuato tra discipline che , senza trascurare il rilievo delle modifiche apportate, mantengono finalità sostanzialmente omogenee.

Volendo esprimere un giudizio complessivo sulla nuova legge sembrano emergere tre tendenze del Governo e del Parlamento sulla gestione delle grandi imprese che abbiano più di mille dipendenti e debiti per almeno un miliardo di euro.

La prima tendenza è quella di riservare una disciplina speciale alla crisi delle grandi imprese caratterizzata dall’apertura immediata della procedura.

La seconda tendenza è quella di ridurre i poteri che il d.lgs. 270/1999 aveva attribuito al tribunale e di ampliare quelli del Ministro delle attività produttive cui compete l’apertura della procedura con la continuazione automatica dell’esercizio dell’impresa , senza alcun esame, né preventivo né successivo del tribunale, sulla recuperabilità dell’equilibrio economico dell’impresa.

La legge 39/2004 amplia i poteri del Ministro e comprime quelli del tribunale.

La terza tendenza che emerge oltre che dal decreto legge 347/2003 anche dalla legge di conversione n. 39 del 2004 è quella di un rinato dirigismo dello Stato nella disciplina della crisi della grande impresa.

(26)

Tale dirigismo si manifesta soprattutto nel conferire al Ministro il potere di ammettere l’impresa insolvente alla procedura senza alcuna indagine sulla recuperabilità dell’equilibrio economico di essa.

Per quanto riguarda, invece, la natura della procedura speciale, cioè la questione relativa al dubbio se sia stata creata una nuova procedura concorsuale o se si tratti di una sottospecie della amministrazione straordinaria di cui al d.lgs. 270/1999; la dottrina opta per questa seconda soluzione. La legge n. 39 del 2004 introduce nel nostro ordinamento un tipo di amministrazione straordinaria che è possibile definire “accelerata”.

Per concludere, è necessario prendere in considerazione anche gli aspetti critici introdotti da questa disciplina speciale.

L’introduzione di una procedura che prevede diversi requisiti dimensionali per l’impresa può creare profili di disparità di trattamento tra imprese parimenti meritevoli di conservazione o liquidazione e quindi tra i rispettivi creditori.

Infine, una procedura amministrativa che tende a garantire l’automatica continuazione dell’impresa potenzialmente decotta segna un passo indietro sul piano del rispetto della disciplina comunitaria a tutela della concorrenza.

1.14. Caso Volareweb s.p.a

Sempre nell’ottica di una legislazione d’emergenza, per procedere al salvataggio del vettore aereo Volareweb s.p.a. 25 , col d.l. 29 novembre 2004, n. 281, successivamente convertito nella l. 28

25 GIUSEPPE TRISORIO, Manuale di diritto fallimentare e delle procedure

(27)

gennaio 2005, n. 6, vengono modificati ulteriormente i requisiti di ammissione a quella che, dopo il decreto Marzano, può definirsi una procedura di amministrazione straordinaria “speciale”.26

Ai fini dell’ammissione alla procedura, occorre che l’impresa occupi almeno cinquecento dipendenti, ma non più di mille, e che l’indebitamento raggiunga i trecento milioni di euro.

Tali requisiti valgono per l’ammissione sia dell’impresa singola che per il gruppo di imprese, purché costituito da almeno un anno.

Tale previsione suscita delle perplessità perché innanzitutto non viene chiarato a quale nozione di gruppo si debba fare riferimento ed inoltre perché in questo modo viene introdotta la possibilità di ricorrere all’amministrazione straordinaria per qualsiasi impresa insolvente di un gruppo, purché l’insieme delle imprese che compongono il gruppo raggiunga le dimensioni richieste.

1.15. Gruppo Alitalia: conversione del decreto legge sull’insolvenza

L’ultima modifica apportata al decreto Marzano si è resa necessaria per fronteggiare la crisi di uno dei più importanti gruppi industriali del Paese: il “Gruppo Alitalia”27.

In ragione della crisi che colpisce il vettore aereonautico di bandiera, Alitalia, si è reso necessario procedere a modificare in via d’urgenza la legge Marzano, attraverso il d.l. 28 agosto 2008, n. 134, definito come “decreto Alitalia”, essendo calibrato precisamente per affrontare la procedura di amministrazione straordinaria della compagnia di

26 Anche per questa legislazione può parlarsi di “legge fotografia”.

27 GIUSEPPE TRISORIO, Manuale di diritto fallimentare e delle procedure

(28)

bandiera, così come il d.l. 347/2003 e le sue successive modifiche ed integrazioni lo erano stati per apprestare quella del gruppo “Parmalat”. E’ proprio nel preambolo del decreto n. 134/2008 che viene sottolineata la straordinaria necessità ed urgenza di ampliare l’operatività della legge Marzano “alla ristrutturazione di grandi imprese in crisi non solo finanziaria ma anche di tipo industriale, individuando una specifica disciplina per le grandi imprese operanti nel settore dei servizi pubblici essenziali volta a garantire la continuità nella prestazione di tali servizi”.

Ispirato a queste prospettive, l’art. 1 del decreto legge introduce dunque alcune fondamentali modifiche alle disposizioni della legge Marzano.

In primo luogo tali disposizioni sono rese applicabili alle imprese che, in presenza dei requisiti dimensionali preveduti dall’art. 1 della legge Marzano intendono realizzare il risultato del recupero dell’equilibrio economico delle attività imprenditoriali, indifferentemente, non soltanto con un programma di ristrutturazione economica e finanziaria dell’impresa ma anche attraverso un programma di cessione dei complessi aziendali di cui alla lettera a) del d.lgs. n. 270/1999.

Si assiste, quindi ad un ampliamento della base oggettiva che deve essere salutato con favore e si traduce in una realistica presa d’atto che la finalità del recupero dell’equilibrio economico può essere perseguita con la ristrutturazione dell’impresa in pari misura che con la cessione di aziende o di rami d’aziende.

Una seconda modifica riguarda specificamente le imprese operanti nel settore dei servizi pubblici essenziali ( nello specifico Alitalia), per le quali l’ammissione immediata alla procedura di amministrazione straordinaria, la nomina del commissario straordinario e la

(29)

determinazione delle condizioni dell’incarico possono essere effettuate con decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri, in luogo del Ministro dello sviluppo economico. Modifica rilevantissima è quella che, aggiungendo il comma 4-quater all’art. 4 della legge Marzano introduce, con riferimento alle imprese operanti nel settore dei servizi pubblici essenziali, una deroga al disposto dell’art. 62 del d.lgs. n. 270/1999, che detta le regole per l’alienazione dei beni della procedura di amministrazione straordinaria, prevedendo che “fermo restando il principio di trasparenza, il commissario straordinario possa individuare l’acquirente, a trattativa privata, tra i soggetti che garantiscono la continuità nel medio periodo del relativo servizio, la rapidità dell’intervento e il rispetto dei requisiti”. 28

Tali modifiche saranno, poi, confermate in sede di conversione del decreto legge in legge.

Il D.L. n. 134 del 2008 è passato all’esame del Parlamento ed è stato convertito nella legge n. 166/2008.

La nuova legislazione si sovrappone a quella emanata in occasione del dissesto del gruppo Parmalat ( D.L. 23 dicembre 2003, n. 347, convertito con legge n. 39/2004) ed al D.L. 3 maggio 2004, n. 119, convertito in legge 5 luglio 2004, n. 166, con cui erano state introdotte ulteriori correzioni ed integrazioni ai testi normativi precedenti.29

Inizialmente, a fronte del dissesto del gruppo Alitalia si era tentato di rendere credibile il programma di risanamento mediante un intervento di nuove forze imprenditoriali nazionali, ma, per evitare di incorrere nelle sanzioni della Commissione europea, che avrebbe potuto

28 Tribunale di Roma, 5 settembre 2008, Il diritto fallimentare e delle società

commerciali, parte II, 2008, 517 e ss.

29 GIOVANNI LO CASCIO, Gruppo Alitalia: conversione del decreto legge

(30)

ravvisare nell’operazione un aiuto di stato, si era pensato di tutelare l’iniziativa con una normativa ( D.L. 23 aprile 2008, n. 80, convertito in legge 23 giugno 2008, n. 111).

Per quanto riguarda la parte normativa introdotta col decreto legge confermata in sede di conversione, possiamo esaminare le modifiche intervenute.

Ai sensi dell’art 27 d.lgs. n. 270/1999 il recupero dell’equilibrio economico delle attività imprenditoriali nell’amministrazione straordinaria può operarsi sia tramite la cessione dei complessi aziendali, sulla base di un programma di prosecuzione dell’esercizio dell’impresa di durata non superiore ad un anno ( programma di cessione dei complessi aziendali) sia tramite la ristrutturazione economica e finanziaria dell’impresa sulla base di un programma di risanamento non superiore a due anni ( programma di ristrutturazione) Per l’ammissione alla procedura d’amministrazione straordinaria, concepita per il gruppo Parmalat, l’iniziativa è invece prevista per le imprese che vogliono avvalersi dell’ipotesi di ristrutturazione economica e finanziaria di cui all’art. 27, lettera b d.lgs. 270/1999 e non di quella della cessione dei complessi aziendali in base ad un programma di prosecuzione dell’esercizio di impresa di durata non superiore ad un anno.

Con il D.L. n. 134/2008 il recupero viene stabilito per entrambe le ipotesi di ristrutturazione e cessione.

Con la legge di conversione alle due ipotesi se ne aggiunge una terza, ossia per le società operanti nel settore dei servizi pubblici essenziali anche tramite cessione di complessi di beni e contratti sulla base di un programma di prosecuzione dell’esercizio dell’impresa di durata non superiore ad un anno.

(31)

A seguito della legge di conversione, inoltre, i parametri dell’esposizione debitoria ( trecento milioni di euro) ed il numero dei dipendenti ( cinquecento) sono rimasti quelli sanciti dal D.L. 29 novembre 2004, n. 281, convertito in legge 28 gennaio 2005, n. 6, mentre sarebbe stato opportuno uniformare i criteri soggettivi ed oggettivi di ingresso a tutte le procedure concorsuali liquidatorie e conservative.

La nuova normativa ribadisce quanto stabilito nel primo comma dell’art. 2 del provvedimento 347/2003 in ordine all’istanza diretta al Ministro delle attività produttive e alla contestuale presentazione del ricorso al Tribunale competente per la dichiarazione dello stato di insolvenza, conferma nel secondo comma, prima parte del predetto art. 2 che il Ministro delle attività produttive provvede, valutati i requisiti di cui all’art. 1, all’ammissione immediata alla procedura ed alla nomina del commissario, ma poi aggiunge nella seconda parte che, per le società operanti nel settore dei servizi pubblici essenziali, l’ammissione immediata alla procedura, la nomina del commissario straordinario e la determinazione del relativo compenso sono disposti dal Presidente del Consiglio dei Ministri o del Ministro dello sviluppo economico, con possibilità di prescrivere altri atti necessari al conseguimento delle finalità della procedura.

Anche in questo caso sarebbe stato opportuno che l’intervento parlamentare unificasse l’affidamento degli adempimenti al Ministro per le attività produttive.

Il legislatore, inoltre, ha innovato per quanto riguarda il concetto di “imprese di gruppo”, sancendo che si intendono anche quelle partecipate che intrattengono, in via sostanzialmente esclusiva, rapporti contrattuali con l’impresa sottoposta alle procedure previste

(32)

dalla legge per la fornitura dei servizi necessari allo svolgimento dell’attività, aggiungendo che la disciplina prevista in forza del provvedimento normativo in esame si estenda anche a tali imprese. Nel decreto il legislatore stabilisce inoltre che l’ammissione di tali imprese alla procedura d’amministrazione straordinaria non comporti per un periodo di sei mesi il venir meno dei requisiti delle autorizzazioni, certificazioni, licenze o concessioni per l’esercizio e la conduzione delle attività d’impresa.

Con la legge di conversione è stata introdotta un’ ulteriore modifica con cui si consente non soltanto l’ammissione delle imprese operanti nel settore dei servizi pubblici essenziali all’amministrazione straordinaria ma anche che il loro stato economico e finanziario non comportino per un periodo di sei mesi dall’ammissione alle procedure il venir meno delle eventuali autorizzazioni, certificazioni, licenze od altri atti o titoli necessari per l’espletamento delle relative attività. Sempre relativamente a tali imprese viene introdotta una previsione fortemente derogatoria rispetto al disposto dell’art. 62 d.lgs. 270/1999 in tema di alienazione dei beni. Infine per questa tipologia di imprese è previsto un rafforzamento della tutela dei lavoratori.

La precisazione intende assicurare la più completa garanzia del mantenimento di tutti i presupposti per l’esercizio delle attività imprenditoriali, anche quando particolari difficoltà economiche e finanziarie delle imprese dovessero ulteriormente aggravarsi, rendendo incerta la legittimità della prosecuzione della procedura. In chiusura della disposizione dettata dall’art. 1 L. n. 166/2008 viene ribadito il principio secondo cui il rinvio operato alla L. n. 347/2003 ed al d.lgs. n. 270/1999 si intende esteso anche alla disposizione di cui alla lettere b-bis introdotta nell’art. 27 d.lgs. n. 270. E’ stata inoltre

(33)

sancita l’applicazione dell’intera disciplina normativa in esame (347/2003 e 270/1999) alla cessione dei complessi aziendali, aziende o rami di aziende ed alla cessione dei complessi e contratti.

Con quest’ultimo decreto e con quest’ultima legge di conversione il legislatore introduce importanti innovazioni rispetto alla precedente disciplina, tra cui una generale facoltà del commissario straordinario di sciogliersi da tutti i rapporti giuridici preesistenti ineseguiti, fatti salvi il contratto di lavoro subordinato e quello di locazione di immobili.

In questo modo viene data la possibilità al commissario straordinario, all’atto dell’apertura della procedura, di potersi sciogliere o di subentrare nei contratti, anche ad esecuzione continuata o periodica, ancora ineseguiti o non interamente eseguiti da entrambe le parti. Per concludere, le disposizioni del c.d. Decreto Alitalia non si limitano ad introdurre deroghe o modifiche alle procedure di crisi delle grandi imprese ma incidono con norme – provvedimento sulla disciplina della concorrenza con deroga ad hoc al divieto di concentrazione.

Ricapitolando: la disciplina di cui al d.lgs. n. 270/1999 viene approvata a seguito di un iter legislativo animato dall’obiettivo di adeguare la normativa interna ( vigeva sempre la l. 95/1979, legge Prodi) alle direttive europee, dopo solo quattro anni dall’entrata in vigore, per far fronte al dissesto Parmalat è stato approvato il decreto legge 347/2003 convertito nella legge n. 39 del 2004 ( legge Marzano), destinata ad essere oggetto, insieme alla Prodi bis degli innesti introdotti dal decreto legge 134/2008, convertito nella legge n. 166 del 2008, decreto approvato in via d’urgenza per far fronte al dissesto Alitalia ( Decreto Alitalia).

(34)

Deroghe, innesti e puntualizzazioni che rendono asistematica e disorganica la procedura di salvataggio delle grandi imprese in crisi e sempre più caotica per l’operatore europeo l’individuazione della disciplina applicabile in Italia alla crisi delle grandi e/o grandissime imprese.30

30 PAOLA FILIPPI, Amministrazione straordinaria Alitalia: la deroga al divieto

Riferimenti

Documenti correlati

Oggetto: Iscrizione al registro regionale delle guide ambientali escursionistiche anno 2015 - esito istruttoria ai sensi della Legge Regionale 20/2006 - articolo 5.

[r]

[r]

di approvare l'esito dell'istruttoria condotta dall'ufficio competente relativa alle istanze di rinnovo dell'iscrizione al registro regionale delle guide turistiche

[r]

[r]

[r]

[r]