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8. Problema della messa in sicurezza

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Academic year: 2021

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8.

Problema della messa in sicurezza

Il metodo di schedatura utilizzato sul campione di chiese della Garfagnana si conclude con la redazione di una graduatoria degli edifici a maggiore rischio sismico. Le chiese sono classificate in base al loro indice di sicurezza in un elenco che fornisce valide indicazioni riguardo la priorità di intervento di alcune rispetto ad altre. La definizione della tipologia di intervento di recupero dipende da diversi fattori: una volta definite le problematiche strutturali è infatti necessario trovare una tecnica capace di combinare l’efficacia dell’intervento con la conservazione strutturale ed estetica del fabbricato. Delle numerose tecniche di recupero esistenti, non tutte sono adatte al particolare impianto strutturale della chiesa e alle risorse economiche a disposizione; è opportuno quindi conoscere in anticipo le condizioni di lavoro e progettare l’intervento in base ad esse.

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8.1

Etica del recupero

La normativa italiana, dal D.M. 24-1-1986 del Min. L. P. in poi, prevede due livelli di intervento strutturale sul costruito in zona sismica: l’adeguamento e il miglioramento. Il primo consiste in un insieme di opere necessarie per rendere l’edificio atto a resistere ad azioni di progetto equivalenti a quelle previste per le nuove costruzioni; questo livello di intervento è obbligatorio solo in occasione di variazioni sostanziali dell’organismo edilizio, inerenti sia agli aspetti strutturali sia alle destinazioni d’uso. L’adeguamento è considerato poco applicabile alla realtà degli edifici monumentali in quanto per mutare il comportamento strutturale di un fabbricato al fine di ricondurlo a quello di una nuova costruzione, sono in genere necessari interventi ad alta componente invasiva e distruttiva che compromettono la natura storica e l’autenticità del bene che invece si vuole conservare. Inoltre in quest’ultimo decennio è maturata la consapevolezza che, inserendo presidi rivolti a mutare radicalmente il comportamento, come strutture intelaiate in murature continue o pannelli in calcestruzzo armato affiancati, si determina un comportamento ibrido, difficilmente prevedibile e potenzialmente più sfavorevole di quello che si vuole evitare. Come sostiene F. Doglioni: “… se l’architettura è costituita da una data struttura, da essa inseparabile, cui si associa un dato comportamento, un mutamento globale del comportamento richiede un radicale cambiamento della struttura, e quindi mina il rapporto struttura-architettura. Sotto il profilo concettuale la struttura è il modo di essere dell’architettura, e non accettiamo che ne venga separata”.

Il miglioramento sismico invece è un insieme di opere atte a conseguire un maggior grado di sicurezza nei confronti delle azioni sismiche senza però modificare sostanzialmente il comportamento globale dell’edificio; esso viene messo in atto sia al fine di riparazione del danno presente che a livello preventivo. Gli interventi sono concepiti per agire sul rischio sismico, nello specifico tendono a diminuire la vulnerabilità o la pericolosità limitando le masse in gioco. In zona sismica si tende a prediligere una politica di prevenzione su quella del recupero; in caso di dissesti statici l’intervento di recupero a posteriori è abbastanza efficace, mentre intervenire sui danni creati da un sisma può non suscitare i

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oggettive in quanto senza il supporto di un quadro fessurativo risulta arduo individuare gli interventi più utili alla fabbrica. Da qui la necessità di creare strumenti con i quali sia possibile capire il sistema strutturale dell’edificio e prevederne il comportamento in caso di terremoto.

L’attuale cultura del restauro mette in primo piano la necessità di conservare la fabbrica nella sua consistenza materica e quindi di ridurre al minimo le perdite e le sostituzioni. Elementi che possono essere considerati come forme di degrado, quali le deformazioni, il quadro fessurativo e gli interventi di consolidamento antichi, forniscono informazioni importantissime sulla storia del comportamento strutturale dell’ edificio e vanno quindi mantenuti. Per seguire questa linea di azione la tendenza odierna in campo di recupero di edifici monumentali è quella del minimo intervento, si richiede cioè che la struttura sia alterata il meno possibile. Per ottenere ciò, rendendolo compatibile con la sicurezza, è necessario raggiungere un elevato livello di conoscenza della struttura, in modo da poter intervenire solo dove serve e con interventi calibrati.

Il concetto della limitazione dei lavori di rinforzo al minimo porta allo sfruttamento degli “schemi di risorsa” formatisi nella statica dell’edificio nel corso del tempo senza apporvi alterazioni significative; questi schemi sono basati su stati di equilibrio, arma con cui gli edifici si sono difesi nel tempo dalle azioni esterne sfruttando le interazioni di contrasto e solidarietà delle strutture murarie. Turbare gli equilibri e avviare un diverso sistema di azioni porta talvolta al peggioramento della situazione iniziale.

L’intervento, oltre che minimamente invasivo, deve essere duraturo nel tempo, di facile manutenzione e possibilmente reversibile. Le prime due caratteristiche consentono di evitare di dover intervenire dopo poco tempo sull’edificio tenendo sotto controllo e migliorando l’efficienza del dispositivo di consolidamento. La reversibilità è un concetto astratto e non concretamente raggiungibile; è però un limite a cui tendere per consentire eventualmente l’eliminazione di un intervento di concezione errata o superata per sostituirlo con uno più adeguato.

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8.2

Interventi di recupero

Nonostante la configurazione spaziale delle chiese sia mutata nel corso del tempo in funzione degli stili architettonici delle diverse epoche, sono tuttavia riconoscibili caratteristiche simili significative ai fini della vulnerabilità. I criteri per la buona progettazione antisismica, quali la leggerezza in quota e il comportamento scatolare, sono generalmente assenti in questa tipologia di edifici; la definizione dello spazio è ottenuta con pannelli murari di grandi dimensioni la cui caratteristica è di essere scarsamente collegati in senso trasversale. La parete di facciata, quella di fondo in corrispondenza dell’abside e l’arco trionfale costituiscono le uniche connessioni trasversali, poste a distanza ampiamente superiore a quella suggerita dalla “buona regola del costruire”; ciò comporta un ruolo molto importante degli elementi di collegamento e un allontanamento dal comportamento scatolare. Ai vasti spazi unitari propri degli edifici di culto corrispondono elementi di copertura di grandi dimensioni e, a volte, di notevole pesantezza spingenti su muri malamente collegati.

Gli interventi di recupero più utilizzati per la tipologia costruttiva chiese puntano alla diminuzione della vulnerabilità agendo sul miglioramento della qualità muraria e sul conferimento alla struttura di un comportamento scatolare.

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8.2.1

Abaco degli interventi

Le tecniche di intervento applicabili sulle chiese[18] sono elencate di seguito corredate da un’accurata descrizione delle fasi di messa in opera, dei vantaggi e degli svantaggi e da esempi di applicazione.

Intervento Codice

Cuci-scuci 1

Iniezioni localizzate 2

Iniezioni diffuse 3

Perforazioni armate 4a Diatoni in calcestruzzo armato 4b

Contrafforti 5

Incamiciatura lesene 6 Inserimento catene 7a Ritesatura di catene 7b

Fasciature in materiale composito 8

Cappa armata 9

Cordolo 10

Figura 78. Tabella guida degli interventi: ad ogni tecnica di recupero si assegna un numero identificativo.

Cuci-scuci

Il “cuci-scuci”, si effettua in presenza di murature lesionate o degradate limitatamente a zone circoscrivibili. Tale tecnica consiste nel ripristino della continuità muraria attraverso la rimozione degli elementi lesionati o degradati, lapidei o laterizi, e la realizzazione di una nuova tessitura muraria con nuovi elementi sani; il tutto eseguito senza interrompere la funzione statica della muratura nel corso dell’applicazione. Il campo di applicazione del “cuci-scuci” è obbligatoriamente confinato a quelle situazioni che presentano stati fessurativi o di degrado che interessano zone di parete di estensione modesta. Esso non può, quindi, essere inteso come un intervento di consolidamento diffuso per i casi in cui la muratura presenta un degrado complessivo e legato in genere ad una scarsa qualità muraria. Affinché la tecnica possa essere applicata, è necessario che la muratura presenti una minima regolarità nella tessitura con presenza di

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corsi orizzontali e omogenea forma degli elementi; nel caso di muratura irregolare, con ciottoli o mista, è impossibile ripristinare una continuità con tale tecnica. E’ necessario porre particolare attenzione agli interventi di “cuci-scuci” quando si opera su manufatti in zone sismiche, poiché se non si assicura un saldo legame tra le nuove porzioni di muratura e quelle preesistenti, si può rischiare la sconnessione e il crollo della struttura.

Figura 79. Le fasi di un intervento di "cuci-scuci". Legenda: 1_Recuperare materialeantico uguale a quello da integrare; 2_Individuare la zona e la via di sviluppo e iniziare a smontare la muratura scelta; 3_Preparazione delle superfici e dei mattoni; 4_Ricucire la muratura; 5_Ripetere scucitura e cucitura secondo la direzione prefissata; 6_Risarcire i giunti degradati e stuccare le fughe e rifinitura della muratura.

Iniezioni localizzate

Le iniezioni localizzate sono utilizzate per la riparazione di lesioni formatesi a seguito di un dissesto specifico, in particolare quando a causa di esse viene meno la continuità nella tessitura muraria. Si sottolinea come la riparazione delle lesioni debba sempre seguire una diagnosi che individui precisamente la natura del dissesto e anticipare temporalmente gli interventi di consolidamento nei riguardi dello stesso. Tale tecnica consiste, quindi, nel ripristino della continuità a cavallo delle lesioni, attraverso iniezione di malta di granulometria opportuna o di resina. Tale

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il vantaggio di non asportare ulteriore materiale. La tecnica può provocare danni in quegli edifici in cui la malta presenta una distribuzione non omogenea, l’irregolarità può favorire la formazione di linee di frattura proprio nei cunicoli dove sono avvenute le iniezioni. Per evitare problematiche in corso d’opera l’intervento dovrebbe essere accompagnato da un pre-consolidamento diffuso della muratura con relativo aumento notevole dei costi.

Figura 80. Schema delle modalità operative di un'iniezione localizzata.

Iniezioni diffuse

Il consolidamento di strutture in muratura tramite iniezioni diffuse di miscele di varia natura, rappresenta una delle tecniche d’intervento più usate per il consolidamento di murature a paramento unico. Il metodo consiste nell’iniettare una miscela di legante, in pressione o per gravità, nei vuoti presenti della parete che s’intende consolidare in modo da ripristinare la continuità in caso di stati lesionativi diffusi e migliorare le caratteristiche meccaniche della muratura. Le miscele sono costituite da acqua e leganti inorganici (calci, cementi) o da miscele organiche (resine) che hanno un diverso grado di compatibilità con il supporto originario, soprattutto in relazione alla qualità delle malte esistenti e conferiscono diversi valori di rigidezza e resistenza alla muratura consolidata. La miscela deve essere progettata in modo da garantire una sufficiente

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penetrabilità, ossia un’adeguata fluidità; in tal senso le caratteristiche reologiche della miscela iniettata possono essere migliorate con l’aggiunta di particolari additivi dosati anche in funzione del grado d'assorbimento d’acqua del supporto originario. L’uso di leganti inorganici ha lo scopo di riempire i vuoti e dare continuità mentre, le resine, hanno un certo potere incollante, ciò le rende utili nel caso di una muratura molto compatta (con pochi vuoti) ed in particolare nel consolidamento di singoli blocchi lapidei. Nonostante la tecnica delle iniezioni sia in genere molto diffusa, per la sua presunta limitata invasività, sono pochi i casi in cui è realmente efficace. In particolare è utile, nel caso di murature fortemente decoese, per la riparazione di stati fessurativi diffusi o nel caso in cui sia necessario aumentare la rigidezza e la resistenza meccanica della parete. La presenza di una muratura fortemente degradata, in cui la malta originaria non sia più in grado di garantire una continuità alla compagine muraria giustifica, infatti, l’utilizzo di tale intervento evitando la disarticolazione dei conci. Il riempimento dei vuoti tramite boiacca di malta permette, infatti, di aumentare il numero dei contatti tra i conci limitando l'insorgere di concentrazioni di stati tensionali di compressione. L’efficacia è subordinata al fatto che i vuoti siano comunicanti; in tal caso con un numero limitato di fori è possibile permeare con continuità la muratura. Tuttavia è importante sottolineare come una presenza eccessiva di cavità all’interno della muratura (per esempio “murature a sacco”) determina una quantità di materiale iniettato troppo elevata, aumentando oltre al costo dell’intervento anche il peso del paramento murario. Tuttavia, anche se tale tecnica appare ammissibile nel restauro data la scarsa invasività e la coerenza nell’apporto dei materiali compatibili, forti critiche possono essere avanzate nei riguardi della reversibilità in quanto, il nuovo materiale apportato si confonde totalmente ed irreversibilmente con quello originale. Seppure può essere banale, è importante ricordare come in una muratura “faccia a vista” i fori praticati producono in ogni modo un impatto visivo non trascurabile. La tecnica di messa in opera si compone

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e inserimento delle cannule, lavaggio ed imbibizione della muratura ed iniezione. Il procedimento è spiegato in dettaglio nel Decreto 2 Luglio 1981 (P. 3.4.2.2: Iniezioni di miscele leganti) e nella Circolare 10 Aprile 1997 (All.3 p.3: Iniezioni di miscele e leganti).

Figura 81. Immagini iniezioni di malta diffuse.

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a) Il metodo delle perforazioni armate consiste nella cucitura di lesioni attraverso una fitta rete di barre iniettate disposte in maniera casuale o su più file ad interasse variabile. L’idea è connessa alla volontà di fornire localmente una certa resistenza a trazione. La tecnica di intervento è volta al miglioramento dei collegamenti tra elementi murari semplicemente accostati, risulta inoltre indicata in tutti i casi in cui sia necessario effettuare buoni collegamenti tra muri che si intersecano a cantonale, a martello o a croce. L’intervento è invasivo, irreversibile e poco efficace dal punto di vista strutturale. Inoltre, è di difficile valutazione l’efficacia dell’ancoraggio delle barre nella muratura che comunque dovrebbe essere fortemente iniettata. Si consiglia di realizzare tale metodo su murature a doppio paramento con sacco interno, avendo la certezza che le barre di armatura vadano ad ancorarsi agli elementi lapidei dei paramenti opposti. Di solito viene impiegata negli incroci murari d’angolo e nei collegamenti tra muri perimetrali e di spina. La disposizione delle barre di armatura deve essere inclinata a 45° rispetto alla giacitura orizzontale dei pannelli murari, realizzando un reticolo armato che riesca ad assorbire gli sforzi di trazione indotti dalle sollecitazioni esterne e a conferire un maggior grado di duttilità alla connessione. Le miscele leganti utilizzate devono avere caratteristiche di elevata aderenza ed antiritiro per poter contare sulla collaborazione fra armature e muratura. Le fasi operative dell’intervento sono le seguenti: individuazione della disposizione dei perfori, foratura della muratura con sonde esclusivamente rotative; pulitura dei fori per mezzo di getto ad aria in pressione e lavaggio con acque per garantire una migliore aderenza tra muratura e malta successivamente iniettata, inserimento delle barre d’acciaio ad aderenza migliorata opportunamente inclinate e sovrapposte, munite di distanziatori perimetrali per evitare il contatto con la muratura, iniezione della malta a bassa pressione. In alcuni casi è opportuno realizzare efficienti ancoraggi con piastre alle estremità delle barre al

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fine di eliminare rischio di sfilamento, riempimento della testa del foro e copertura degli eventuali ancoraggi con malta cementizia e/o resina.

Figura 82. Vista in sezione (A) e in prospetto dell’intervento di perforazione armata

b) L’inserimento di diatoni in calcestruzzo armato consiste nella realizzazione di elementi artificiali di forma cilindrica, gettati in opera all’interno di fori trasversali passanti, realizzati con la carotatrice. Con il termine “diatono” si individua, infatti, un elemento passante che viene disposto, più o meno regolarmente, in direzione trasversale al piano della parete muraria nei muri a due o tre cortine, per realizzare un legame tra i diversi paramenti. Nelle murature fatte a regola d’arte l’impiego dei diatoni assume un carattere sistematico, mentre nelle murature scadenti, quindi realizzate con pietre non lavorate, si colloca solo qualche pietra di dimensione maggiore trasversalmente ma senza un criterio ben definito. La tecnica proposta è finalizzata pertanto all’inserimento di diatoni di tipo artificiale, utilizzando cioè i materiali che la moderna tecnologia mette a disposizione e fornendo alla parete quelle connessioni che una muratura di buona qualità dovrebbe già avere. Pertanto, dal punto di vista statico la struttura muraria viene

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rinforzata senza essere modificato il suo originario funzionamento. La tecnica può essere impiegata anche in murature di qualità molto scadente in quanto, non vengono trasmesse presollecitazioni; i diatoni si collegano alla muratura grazie alle caratteristiche debolmente espansive della malta iniettata. In tale caso la scadente qualità dell’apparato murario rende necessario una maglia di diatoni più fitta. Nei riguardi della conservazione questa tecnica risulta perfettamente applicabile ma comporta, anche se puntualmente, l’asportazione di una certa porzione della muratura originaria; per contro l’impatto visivo è minimo risultando i diatoni poco evidenti in una muratura “faccia a vista”, in quanto spesso celati dietro le estremità delle carote estratte e del tutto nascosti in presenza di intonaco. La tecnica è consigliata proprio nel caso di murature molto povere per le quali i vincoli di conservazione sono meno stringenti e dove spesso, l’alternativa rischia di essere la demolizione o l’uso di metodi ancora più invasivi. La rigidezza a taglio del diatono rende tale tecnica efficace anche nel caso di azioni sismiche in quanto, il collegamento tra i paramenti porta alla costituzione di una parete monolitica e quindi meno vulnerabile a meccanismi di ribaltamento.

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Figura 83. Fasi operative della tecnica di inserimento di diatoni in cls armato. Legenda: A_Realizzazione dei fori con sonda a rotazione; B_Inserimento dell'armatura; C_Stuccatura delle due estremità; D_Iniezione di malta in pressione.

Contrafforti

L’inserimento di speroni o ringrossi murari è una tecnica molto efficace per combattere l’instabilità di un paramento murario. La stabilità di una costruzione in muratura non è legata solo alla resistenza dei materiali, ma anche al buon collegamento tra gli elementi che la compongono. Talvolta, singole pareti o interi edifici sono instabili o a rischio di collasso per fenomeni di ribaltamento, provocate, ad esempio, da spinte orizzontali di volte o archi non contrastate. Tali strutture possono essere sostenute e i loro movimenti contrastati e bloccati dalla costruzione di adeguati speroni

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o ringrossi murari. Con il termine sperone, altrimenti detto contrafforte o barbacane, ci si riferisce ad un elemento in muratura di larghezza limitata addossato ad una parete a contrasto della stessa. Il ringrosso murario è invece il caso di un intervento esteso all’intera parete soggetta a dissesto, di spessore più limitato, tale da compensare il fuori piombo e, se necessario, fornire una piccola scarpa. Lo sperone o il ringrosso murario è realizzato per integrarsi con la struttura originaria e, formare quindi, un nuovo elemento murario stabile dal punto di vista geometrico e nei riguardi delle azioni esercitate. La realizzazione degli speroni e dei ringrossi consiste, in sostanza, nella costruzione di masse murarie o in calcestruzzo, di varia geometria e dimensioni, addossate e opportunamente ammorsate alle murature originarie. L’utilizzo del calcestruzzo è sconsigliato per problemi d’incompatibilità chimico-fisica e strutturale con la struttura esistente. Se viene impiegata la muratura di mattoni si sottolinea l’esigenza, al fine di limitare i fenomeni di ritiro che potrebbero limitare l’efficacia dell’intervento, di formare giunti con poca malta. Un limite implicito nella tecnica è costituito dalla realizzazione stessa dello sperone, che richiede l’esistenza di spazi liberi limitrofi la cui entità è proporzionale all’altezza dello sperone stesso. Per questo, non sempre è possibile ricorrere a questa tecnica per stabilizzare strutture instabili, soprattutto se particolarmente alte e snelle, oppure se comprese entro un tessuto urbano denso. La costruzione di uno sperone murario muta radicalmente la configurazione e l’aspetto di un edificio e può avere un notevole impatto sul suo intorno e sull’ambiente in generale.

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Cerchiatura o incamiciatura lesene

L’inserimento di cerchiature è una tecnica utilizzata per irrigidire le colonne o i pilastri. Le colonne in elementi lapidei e i pilastri in muratura sono elementi strutturali prevalentemente compressi. Poiché il collasso per compressione in un materiale fragile, sia esso un elemento lapideo o un materiale composito quale la muratura, avviene a seguito di deformazioni trasversali eccessive, l’intervento più efficace consiste nel contrastare tali dilatazioni attraverso una cerchiatura o fasciatura dell’elemento. La cerchiatura può essere realizzata con elementi metallici, eventualmente dotati di proprietà meccaniche speciali come le SMA, leghe a memoria di forma, o da fasce di fibre di carbonio posti in opera in punti discreti del manufatto nelle zone dove più evidenti sono i fenomeni fessurativi e i rigonfiamenti. In genere le cerchiature metalliche vengono presollecitate al fine di fornire da subito un confinamento efficace all’elemento strutturale. Il particolare tipo di cerchiatura realizzata con dispositivi SMA garantisce un’azione esercitata in modo costante nel tempo, indipendentemente dalle variazioni delle sollecitazioni cui l’elemento è sottoposto. Il recente impiego nel restauro statico dei materiali compositi ed in particolare delle fasce in fibra di carbonio, ha portato ad una loro applicazione anche nella cerchiatura delle colonne. In questo caso, tuttavia, non è possibile attribuire una presollecitazione. La cerchiatura, ancorché visibile e quindi in una certa misura invasiva per l’aspetto esteriore dell’elemento architettonico, rappresenta la migliore soluzione nel consolidamento di colonne e pilastri circolari soggetti ad incipiente collasso per schiacciamento, in quanto efficace dal punto di vista statico e reversibile sotto il profilo della conservazione. Tale soluzione diventa problematica in presenza di colonne o pilastri con sezione di altra forma; infatti, per una sezione quadrata o rettangolare si verifica una concentrazione di tensioni negli spigoli ed una debole efficacia nella parte centrale dei quattro lati. Una piccola smussatura può in parte risolvere questo tipo di problema a prezzo però, di una non completa reversibilità. Problemi analoghi possono anche nascere per colonne circolari con scanalature o nel caso di lacune o

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irregolarità di forma legate al degrado del tempo. Per sopperire al problema dell’applicazione del metodo ai pilastra a pianta rettangolare è possibile utilizzare una diversa tecnica di confinamento in cui lo stesso principio viene ottenuto con strumenti diversi: l’incamiciatura. Essa consiste nell’addossamento in corrispondenza degli spigoli del pilastro di profilati a L opportunamente collegati tra loro e con la muratura da contenere in modo da indurre una tensione di compressione sul pilastro stesso. L’applicazione di questo procedimento non è sempre possibile a causa degli alti costi e dell’invasività, risulta in compenso efficace.

Figura 85. Cerchiatura con dispositivi SMA, leghe a memoria di forma.

Inserimento o smontaggio e ritesatura di catene

a) L’inserimento di tiranti è la tecnica di miglioramento sismico più diffusa tra i manufatti storici. Le catene sono elementi tradizionalmente impiegati con funzione strutturali di collegamento, contenimento e ritegno, sono quindi sottoposte a sforzo di trazione. Nel campo del restauro esse sono utilizzate principalmente per contrastare l’azione di ribaltamento di pareti fuori dal loro piano, per assorbire spinte anomale, per conferire all’edificio un comportamento scatolare funzionando da collegamento tra le varie parti. Le strutture in muratura, e specialmente gli edifici monumentali, risultano altamente vulnerabili nei confronti di un’azione sismica in quanto presentano

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vulnerabilità e conferire alla struttura un adeguato stato di collegamento tra le pareti ortogonali, si può ricorrere all’antica tradizione costruttiva dell’inserimento di catene orizzontali, le quali sono chiamate a svolgere contemporaneamente un’azione di collegamento e di ritegno. La posizione delle catene è pressoché obbligata; esse potranno essere inserite all’altezza della quota dei solai intermedi o entro le strutture lignee dei tetti. Nel caso si operi su una chiesa le catene possono essere inserite in controfacciata, posizionate in adiacenza alla muratura all’altezza del fregio, per limitare i meccanismi di taglio nel piano, o in senso longitudinale aventi lo scopo di evitare il ribaltamento delle pareti di estremità fuori dal proprio piano. Le catene hanno comune e diffuso impiego soprattutto nelle strutture arcuate e voltate spingenti, ove sono poste in opera nella posizione staticamente più corretta ed efficace. Le catene per il basso costo, la facilità d’impiego e l’elevata efficacia vengono utilizzate usualmente anche per la messa in sicurezza dei monumenti nei casi di danno modesto. Le catene, annegate o affiancate alle murature o poste a contrasto delle spinte laterali di archi e volte, erano tradizionalmente realizzate in ferro forgiato e sono attualmente prodotte in acciaio, o in altre leghe inossidabili. Le catene sono bloccate, nella posizione prevista, con elementi detti bolzoni o paletti capichiave che, ancorano l’estremità del tirante alle murature, impedendone lo sfilamento per contrasto. I capichiave utilizzabili possono essere di diverso tipo, nel caso in cui siano metallici possono essere a paletto o a piastra. La soluzione di bolzoni metallici, si integra perfettamente con gli interventi storici presenti nella maggior parte dell’edilizia tradizionale in pietra o in laterizio. La scelta tra le due tipologie (a paletto o a piastra) dipende essenzialmente dalla qualità della muratura: nel caso in cui questa sia composta da elementi di piccole dimensioni la diffusione dello sforzo di contrasto esercitato sulla muratura non può essere affidato alla sola dimensione del bolzone. In tal caso risulta quindi maggiormente conveniente utilizzare la tipologia a piastra. Se

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invece, la muratura è costituita da elementi di dimensioni maggiori il solo bolzone a paletto, posizionato inclinato rispetto alla verticale, in modo da interessare il maggior numero di elementi, riesce a diffondere lo stato tensionale su un’area sufficientemente vasta grazie alla dimensione stessa degli elementi. Particolare attenzione va posta nel dimensionamento dell’elemento di ancoraggio in quanto, ad esempio, un paletto capichiave di tipo tradizionale, troppo esile oppure di lunghezza troppo esigua, può cedere e deformarsi o spezzarsi, sotto l’azione del carico concentrato che gli trasmette la catena. E’ necessario però anche verificare che l’elemento di contrasto trasmetta alla parete un carico di compressione che non determini il punzonamento della muratura. Gli elementi di contrasto devono essere posizionati non eccessivamente vicini agli spigoli della costruzione, alle sue aperture o a discontinuità e punti deboli di varia natura. In alcuni casi, i problemi possono derivare dall’eventuale eccesso di presollecitazione indotta nei tiranti, all’atto della posa in opera, o dall’aumento delle sollecitazioni di esercizio provocate da variazioni delle condizioni di carico gravanti sulle parti connesse o da mutamenti dei loro assetti geometrici. Ciò può provocare il punzonamento della muratura in corrispondenza dei punti di ancoraggio e di bloccaggio della catena, il ribaltamento di alcune porzioni dei manufatti connessi al tirante o lo snervamento di quest’ultimo per superamento delle capacità di resistenza. Ultimo delicato aspetto riguarda il rischio di allentamento o di apertura degli organi o dei dispositivi di bloccaggio e di ancoraggio, poiché ciò provocherebbe, indipendentemente da ogni altro fenomeno, la perdita di efficacia del tirante. Occorre infine che tali dispositivi siano progettati e posti in opera in modo da consentire una periodica ispezione e manutenzione. La tesatura delle catene deve essere periodicamente controllata per valutare l’efficacia del presidio: nel caso in cui essa venga a mancare è opportuno procedere ove possibile alla ritesatura, oppure alla sostituzione del tirante.

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Figura 86. Schematizzazione dell'ancoraggio con paletto o bolzone.

Figura 87. Schematizzazione dell'ancoraggio con piastra nervata.

Fasciature in materiale composito

L’inserimento di fasciature consiste nell’incollaggio alla struttura, mediante resine epossidiche, di fasce ad alta resistenza, composte da tessuti di fibre di materiale composito costituito da carbonio e vetroresina immerse in una matrice polimerica. La tecnologia di tali sistemi, denominati FRP, è indicata per i rinforzi flessionali e di confinamento a compressione di elementi in calcestruzzo, legno e acciaio e per il rinforzo di pannelli e volte murarie. Essa è efficacemente utilizzata da alcuni anni per la conservazione e il recupero delle strutture di interesse storico– artistico in muratura. Le caratteristiche principali del sistema sono la resistenza meccanica e chimica, il peso e lo spessore limitati, la facilità e la duttilità di applicazione nei riguardi dell’adattamento a forme complesse e non perfettamente piane. I compositi, a parità di peso, forniscono

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prestazioni migliori dell’acciaio, adesione perfetta alle superfici e spessori ridotti che fanno si che l’impatto visivo sia trascurabile. L’intervento è completamente reversibile in quanto le fasce sono semplicemente incollate alla superficie e possono essere rimosse in qualsiasi momento mediante un adeguato trattamento termico. L’utilizzo di materiali compositi con scopo di cerchiatura o confinamento consente l’efficace incremento sia del carico ultimo sia della duttilità e costituisce, pertanto, una valida alternativa all’utilizzo di cerchiature rigide. L’intervento di fasciatura a base di FRP, può essere utilizzato per il consolidamento di elementi verticali lapidei o in muratura, portanti o non portanti, soggetti a degradazioni di vario genere. Le fibre FRP possono essere utilizzate come intervento nei dissesti che interessano archi e volte, applicate sull’intera superficie o in corrispondenza dei punti critici che si evidenziano attraverso il rilievo o la previsione del quadro fessurativo associato al meccanismo di collasso esaminato. In tali elementi strutturali, le fibre posizionate all’intradosso, manifestano una limitata efficacia garantita solo dall’aderenza tra lo strato di resina e la superficie dell’elemento; si vengono a creare degli sforzi di trazione perpendicolari alle fibre (tiro a vuoto). Se l’applicazione viene effettuata all’estradosso, la tensione di trazione nelle fibre, provoca invece una tensione di compressione sulla volta. Per questo motivo si consiglia l’applicazione delle fibre all’estradosso degli archi e delle volte. Sulle volte a crociera i nastri di materiale composito possono essere posizionati all’estradosso degli archi di imposta della volta e eventualmente anche sulle nervature diagonali. Soluzioni analoghe ma relative all’applicazione intradossale, sono poco praticabili su edifici monumentali. L’intervento con le fibre sulle volte può essere associato alla sostituzione del rinfianco con frenelli di laterizio che, diminuiscono il peso gravante sulla volta. Se all’intervento con i frenelli si aggiungono le fibre di composito con un sistema di ancoraggio, si limitano le possibilità di attivazioni dei meccanismi di collasso più probabili.

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Figura 88. Schematizzazione dell'applicazione di una fascia FRP.

Cappa armata

L’istallazione di una cappa armata a rinforzo della volta consiste nel collegare quella originale ad una contro volta estradossale che, in collaborazione alla prima, si comporta come una nuova volta di spessore maggiorato. Le due strutture lavorano in parallelo anche se la differente rigidezza della nuova cappa la porta ad assumersi una percentuale maggiore del carico accidentale agente sulla struttura. Tra i vantaggi del metodo il fatto che l’estradosso della volta riesce, nella fase di parzializzazione precollasso della sezione, ad assorbire anche sforzi di trazione grazie all’armatura metallica della cappa. Altro vantaggio è la cucitura della muratura in direzione trasversale, soprattutto se l’accoppiamento muratura-calcestruzzo viene favorito da connettori metallici. Tra gli svantaggi, oltre alla menzionata invasività delle masse in gioco, cui va posta attenzione in zona sismica, le potenziali interazioni negative tra muratura e calcestruzzo in termini di percolazioni e filtrazioni di sali. Per evitare il problema dell’eccessivo aumento di massa si tende a realizzare cappe molto sottili, 4-8 cm, collaboranti con quella originaria in malta cementizia ad elevata duttilità o calce idraulica.

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Figura 89. Schema consolidamento con cappa in calce idraulica collaborante tramite ancoraggi di connessione.

Figura 90. Schema consolidamento con cappa in malta cementizia collaborante.

Cordolo

La tecnica di inserimento del cordolo consiste nella realizzazione di un elemento di collegamento continuo tra diverse parti del fabbricato; solitamente sono realizzati alla base della copertura, a delimitare i solai e

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composito, in muratura armata, o in calcestruzzo armato. Le funzioni del cordolo sono quelle: di realizzare un collegamento continuo tra la struttura della copertura e i muri su cui questa insiste; di realizzare un’azione di contenimento delle spinte delle travi dei tetti sulle murature; di distribuire i carichi verticali in condizioni statiche; di collegare le murature ortogonali; di favorire il comportamento scatolare realizzando un collegamento tra le pareti murarie. Inoltre, è un intervento consigliabile poiché se integrato con un’idonea controventatura delle falde, assicura una buona trasmissione di tutte le spinte orizzontali agli elementi di muratura resistenti. Le tipologie in c.a. e muratura armata oltre a fornire un confinamento delle spinte della copertura, svolgono anche un’azione di ripartizione dei carichi sui pannelli murari mentre i cordoli in acciaio e con fasce in FRP hanno il solo scopo di ridurre le spinte del tetto e collegare le murature verticali.

(24)

8.3

Progettazione dell’intervento

La progettazione di interventi di recupero su un edificio esistente è strettamente dipendente dalla conoscenza del fabbricato in termini di problematiche strutturali alla base di un certo quadro fessurativo. Tramite le due sezioni della scheda di rilievo, tipologica e dei meccanismi, per ogni chiesa analizzata sono stati messi in evidenza i macroelementi più soggetti a danni in caso di sisma e di ognuno determinati gli indicatori di vulnerabilità. Grazie a questo quadro è stato possibile definire dei progetti di recupero per la messa in sicurezza delle dieci chiese del campione dichiarate inagibili. L’impostazione seguita per individuare gli interventi necessari è la solita per ogni edificio. In tutti i progetti è prevista la lavorazione delle lesioni con il risarcimento delle stesse con malta cementizia e boiacca di cemento puro compresa zeppatura delle più piccole con malta espansiva a ritiro controllato per cancellarne i segni da occhio esterno. Quest’intervento è solo la parte superficiale, essenzialmente estetica, del processo di recupero dell’edificio, ciò su cui è necessario intervenire sono le cause dell’apertura delle fessure. Se non vengono eliminate le vulnerabilità che stanno a monte del processo di danneggiamento, l’intervento di recupero risulta del tutto inutile in quanto alla prima scossa sismica anche di bassa intensità le lesioni probabilmente si ripresentano tali e quali. Un confronto dei quadri fessurativi delle chiese del campione mostra una distribuzione di lesioni alta su archi e volte, meno consistente sulle pareti laterali, dell’aula e dell’abside e sulla facciata. Le fessure sugli archi sono in genere posizionate in chiave, sintomo di un principio di rotazione fuori piano di entrambe le pareti laterali che, allontanandosi, limitano la compressione dei conci. L’intervento più efficace in questi casi è l’istallazione di una catena ad un’altezza poco superiore a quella d’imposta in contrasto con la spinta dell’arco verso l’esterno. In aggiunta ad essa o nel caso in cui l’istallazione della catena non sia fattibile, per motivazioni estetiche o per quei rari casi in cui la messa in opera sia di estrema difficoltà, si sfruttano le fibre in materiale composito. Esse, incollate all’estradosso dell’arco, lavorando a trazione

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condizioni dell’elemento architettonico interessato. Numerosi sono i casi in cui, nonostante la presenza di una catena a contrasto, l’arco si è comunque fessurato in chiave. Ciò significa che il tirante non funziona correttamente o che l’elemento architettonico sia stato costruito in modo errato; la seconda ipotesi è da scartare in quanto gli edifici di culto venivano costruiti con materiali buoni e da manodopera esperta. Il malfunzionamento della catena è imputabile alla perdita di tiro fisiologica dell’acciaio o ad una scarsa resistenza della muratura su cui essa è ancorata. Per determinare lo stato tensionale della catena è necessario eseguire su di essa una prova di tensionamento. La metodologia consiste nel generare un impulso noto con martello strumentato sulla catena in prova, misurandone le accelerazioni derivanti, con una serie di accelerometri opportunamente disposti; dalle frequenze rilevate, dopo opportune elaborazioni, è possibile determinare la forza di tensionamento della catena in prova. Nel caso in cui il tirante risulti effettivamente non in tiro, esso può essere sottoposto a ritesatura o direttamente sostituito. Se il motivo del malfunzionamento della catena è la scarsa resistenza della muratura il problema è maggiore in quanto esso si ripercuote in tutto il fabbricato. Prima di ricorrere agli interventi di risanamento e rinforzo della muratura sarebbe utile avere a disposizione informazioni precise a riguardo ottenibili in modo non invasivo con la tecnica della termografia o semi invasivo con i saggi e le prove in situ. L'indagine termografica è una tecnica non distruttiva che si fonda sul principio fisico della trasmissione dell'energia per irraggiamento, cioè attraverso radiazione elettromagnetica. Con questa metodologia, è possibile rilevare al di sotto di intonaci, disomogeneità strutturali, lesioni importanti risarcite, vuoti, infiltrazioni di acqua. I saggi e le prove in situ forniscono dati più precisi, ma hanno un estensione limitata; per ottenere un quadro il più possibile completo delle caratteristiche della muratura è opportuno ricorrere ad una combinazione delle diverse tecniche. Con le indagini alla mano si procede alla progettazione dell’intervento con la definizione del tipo di iniezioni, diffuse localizzate o armate, e con la distribuzione delle stesse in concentrazione diversa a seconda della necessità.

I meccanismi di danneggiamento delle volte che si sono manifestati nel campione di chiese analizzate sono essenzialmente tre: il distacco fra gli archi elementari

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che crea lesioni perpendicolari alla direttrice della volta, la rottura degli archi elementari che fa nascere fessure rettilinee parallele alla direttrice della volta e la rottura localizzata per l’allontanamento del punto di appoggio della stessa. L’attivazione del primo cinematismo è causata dalla rotazione verso l’esterno delle pareti di testa della chiesa solitamente scarsamente ammorsate con quelle laterali. La soluzione più semplice di questo problema è l’inserimento di catene longitudinali che limitano notevolmente il ribaltamento delle pareti di estremità. La dinamica della rottura degli archi elementari della volta è simile a quella trattata precedentemente per gli archi trionfali. Le tecniche più utilizzate per evitare questo tipo di dissesto sono la realizzazione della cappa in malta cementizia o in calce idraulica o la stesura delle fasce in materiale composito FRP. Entrambi i metodi prevedono una lavorazione all’estradosso della volta evitando di danneggiare gli affreschi o decorazioni presenti. Il primo è più invasivo, non reversibile e se non bene eseguito può peggiorare la reazione alle scosse sismiche a causa dell’aumento di massa. Il secondo non presenta grosse problematiche tecniche, ma è molto costoso quindi il rinforzo delle volte di un’intera chiesa con questa tecnica risulta parecchio oneroso. Le catene non sono molto utilizzate per il rinforzo delle volte in quanto esse influenzano la parte in corrispondenza all’ancoraggio, area troppo limitata per essere efficaci su di una volta a meno che non ne vengano istallate una serie che però non risulta una buona soluzione a livello estetico. Il meccanismo dovuto all’allontanamento dell’appoggio della volta si contrasta con un rinforzo della muratura interessata; se la volta scarica puntualmente, come per esempio la crociera, allora l’istallazione di una catena può essere efficace. Il consolidamento della muratura tramite le iniezioni può non essere abbastanza per contrastare la spinta delle volte; è opportuno pensare all’inserimento di contrafforti esterni, di un cordolo o di profili di rinforzo alle lesene interne su cui si innestano gli elementi spingenti. Queste ultime tecniche sono maggiormente invasive ma efficaci; in certe situazioni è necessario valutare se non sia preferibile agire in modo più invasivo risolvendo i problemi una volta per tutte a scapito della conservazione dell’estetica della fabbrica, oppure limitare l’intervento al minimo e sperare che la

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La maggior parte delle lesioni riscontrate nelle chiese del campione garfagnino sono indizi dell’attivazione del meccanismo di taglio nelle pareti laterali. Per limitare gli sforzi di taglio sulle pareti laterali è essenziale verificare l’effetto dei corpi annessi sulla chiesa; nel caso in cui essi siano significativamente negativi è necessario intervenire. I corpi aggiunti a posteriori all’impianto, se non bene ammorsati con la muratura, devono essere provvisti di elementi di collegamento, oppure essere resi totalmente indipendenti: la scelta ricade sulla soluzione che comporta minori problemi all’impianto originale. Nel caso in cui il problema di comportamenti dissociati non sussista, il taglio si verifica per dei problemi insiti nella muratura, quali la presenza di grandi aperture, anche tamponate, la non omogeneità della muratura e la scarsa rigidezza dei sottofinestra. La soluzione a questo problema è quella di un rinforzo della muratura con iniezioni diffuse semplici o armate. Nello specifico è opportuno adottare la tecnica delle iniezioni armate o dei diatoni artificiali nei pareti a sacco, mentre è preferibile applicare le iniezioni di malta semplici ai paramenti unici. Le lesioni provocate dal terremoto sulla muratura sono trattate in due modi a seconda della loro gravità: se la fessura non ha un elevato spessore si ricorre alle iniezioni localizzate, mentre quelle a spessore elevato sono trattate con la tecnica del “cuci-scuci”. La distinzione sta nel fatto che il risarcimento di lesioni passanti con spessore elevato tramite l’iniezione di malta fornisce un recupero della muratura solo a livello estetico mentre a livello strutturale essa è sempre divisa in due parti. La tecnica del “cuci-scuci” è dispendiosa e laboriosa, ma costituisce l’unico modo per far funzionare nuovamente il paramento murario come un elemento unico.

(28)

8.4

Quadro economico

La redazione dei progetti di recupero è strettamente legata alle risorse economiche del committente, nello specifico talvolta è necessario escludere alcune lavorazioni o ripiegare su altre meno efficienti per poter rientrare nella cifra a disposizione. Un altro fattore da tenere di conto sono le esigenze relative ai beni in discussione, se la necessità è solamente quella di rendere praticabile un fabbricato la progettazione si limita agli interventi di messa in sicurezza senza considerare quelli di finitura; al contrario se il fine dell’intervento è quello di valorizzare un certo bene monumentale allora è necessaria una progettazione sia di recupero strutturale che di restauro conservativo. Il patrimonio dell’Alta Garfagnana ha subito danni ingenti a causa dei terremoti del 2013 che hanno lasciato numerose chiese inagibili. L’entità dei fondi che dovrebbero essere a breve stanziati dalla Regione Toscana per il recupero degli immobili danneggiati dal sisma risulta ancora ignota, è comunque prevedibile che essa non sia abbastanza alta da consentire il recupero strutturale e artistico di tutti i beni. La Diocesi di Lucca dovrà quindi decidere come gestire i soldi concessi in relazione alle esigenze del territorio e a quelle economiche. Le ipotesi sono essenzialmente due: individuare le chiese maggiormente frequentate dalla popolazione e per esse predisporre un progetto di recupero sia strutturale che artistico, in modo da riportarle all’originario splendore; oppure distribuire i soldi fra tutti i fabbricati inagibili e eseguire interventi di messa in sicurezza per un totale che rientri nella somma stanziata. La redazione del piano di interventi sulle chiese del campione studiato in questa sede fornisce le ipotesi di progetto di recupero strutturale che meglio si adattano alle specifiche strutture. Per alcune chiese le ipotesi sono molteplici, essi si distinguono per l’importo economico che li accompagna. Le lavorazioni scelte sono tutte utili per il miglioramento del comportamento sotto sisma delle chiese studiate, la scelta dell’esecuzione o meno dipende dal rapporto somma stanziata-priorità di intervento: le lavorazioni devono quindi essere poste in una graduatoria di urgenza che deve essere seguita fino a esaurimento dei fondi.

Gli interventi sugli archi sono essenzialmente tre, l’applicazione delle fasciature in FRP, l’inserimento di catene e il recupero delle lesioni all’intradosso tramite

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finalizzate all’effettivo rinforzo strutturale: il costo dell’applicazione delle fasciature è circa i tre mezzi di quello della catena a causa del costo del materiale, della necessità di accesso al sottotetto che, nella maggio parte dei casi, avviene tramite lo smontaggio di parte della copertura, e dell’impiego di manodopera specializzata. Il recupero strutturale degli archi è un’azione importante che si ripercuote positivamente anche sulle altre parti dell’edificio, è quindi consigliabile adottare entrambe le tecniche di intervento. Data la scarsa estensione delle chiese garfagnine l’elemento arco si sviluppa con luce non molto ampia e superficie estradossale non estesa, il costo delle lavorazioni, compreso il recupero dell’intradosso, supera in pochi casi i quindicimila euro.

Per le volte il problema è differente: le tecniche di recupero tramite fasciatura FRP o cappa armata in malta idraulica sono alternative l’una all’altra, è necessario quindi fare una scelta. Il costo dell’applicazione delle fibre è doppio rispetto a quello della cappa, il risultato però è migliore, sicuramente efficace e reversibile. Al contrario degli archi, la differenza di costo tra le due lavorazioni si apprezza notevolmente in quanto oscilla di decine di migliaia di euro: per esempio da una spesa di quarantamila si raggiunge gli ottantamila euro. In penuria di fondi l’utilizzo delle FRP è proibitivo per cui le opzioni sono due, ricorrere alla cappa armata, oppure aspettare che venga raccolta la somma necessaria per le fasciature con il rischio di far peggiorare la condizione delle volte.

Il recupero delle murature è strettamente dipendente dalla loro tipologia: la scelta tra l’impiego di iniezioni diffuse di malta semplice oppure iniezioni armate o diatoni artificiali è in stretta relazione con la natura a paramento unico o a sacco delle pareti. Le iniezioni armate costano di più delle semplici in quanto il prezzo dell’acciaio influisce per più della metà sul totale della lavorazione. La realizzazione dei diatoni artificiali è la più onerosa in quanto si necessità di una quantità maggiore di materiali e di attrezzatura e manodopera specializzata. Il prezzo della singola iniezione non è alto, il consolidamento di un’intera parete però può diventare molto dispendioso a seconda del numero di iniezioni al metro quadrato.

La riparazione delle lesioni di medio o piccolo spessore sulle compagini murarie tramite iniezioni localizzate non restituisce continuità totale alla parete e non

(30)

presenta un costo alto. Il trattamento delle fessure profonde e passanti tramite il cuci-scuci è molto efficace ma oneroso: la lavorazione costa sui mille e cinquecento euro al metro quadrato; si deduce quindi che in un regime di economia, essa vada applicata solo nei casi in cui è strettamente necessaria.

(31)

8.5

Piano di interventi

Queste indicazione hanno valenza generale, è necessario quindi studiare caso per caso la tecnica o l’insieme di tecniche più adatte all’edificio di interesse. Nello specifico si deve riuscire ad individuare il miglior intervento per il miglioramento strutturale, ottenibile con la somma di denaro a disposizione. Il problema dei finanziamenti è molto diffuso in quanto i fondi stanziati dallo Stato e dalle Regioni sono spesso esigui; da qui la tendenza di ricavare il miglior risultato possibile con il poco a disposizione. Delle sedici chiese oggetto di studio dodici sono quelle su cui è necessario un piano di azione: per ognuna di esse è stato delineato un piano di interventi per ottenere un miglioramento sismico impostandolo in modo da considerare solo i minimi interventi necessari alla messa in sicurezza e al consolidamento dei fabbricati. Nella delineazione del piano sono stati presi in considerazione anche i costi delle diverse tecniche fornendo, dove possibile, la possibilità di scelta tra quella più economica ma meno efficace e quella più costosa ma anche più valida. La scelta viene concessa nell’ottica che un intervento mediamente efficace è pur sempre preferibile ad non intervenire per mancanza di fondi. Nella tabella sottostante sono riassunti schematicamente i piani di intervento delle chiese, per l’analisi completa si rimanda alle schede in allegato.

Chiesa N. Interventi

SS. Margherita e Giorgio, Gragnana

2

Riparazione e consolidamento dell’intradosso di archi in mattoni con restauro delle superfici dipinte e degli stucchi.

7a

Istallazione di catene in acciaio con capo chiave a paletto: quattro trasversali, due longitudinali e due di collegamento tra la sacrestia e l’abside (solo nel caso in cui i solai dell’annesso siano ordini ortogonalmente alla parete della chiesa su cui insistono).

8

Rinforzo degli archi della navata con fasciature di FRP.

10

Cordolo in acciaio a irrigidire il corpo annesso (solo nel caso in cui il solaio sia ordito parallelamente alla parete su cui insiste).

(32)

Chiesa N. Interventi

Santa Maria Assunta, Agliano

7a

Istallazione di catene in acciaio con capo chiave a paletto: due longitudinali e trasversali, a collegare le due pareti di estremità del transetto.

7b

Ritesatura o sostituzione delle sei catene esistenti.

5

Ispessimento dei contrafforti esistenti.

2

Restauro dell’intradosso degli archi e delle volte.

8

Rinforzo degli archi con fasciature di FRP.

8-9

Consolidamento delle volte con cappa armata in malta idraulica o con fasciature in materiale composito FRP.

Chiesa N. Interventi

Sant’Andrea, Magliano

7a

Istallazione di catene in acciaio con capo chiave a paletto: una in controfacciata, due a collegare le due pareti di estremità del transetto, una al termine dell’abside, due longitudinali e due livelli da quattro tiranti per collegare il campanile al corpo della chiesa.

7b

Ritesatura o sostituzione della catena esistente.

2

Restauro dell’intradosso degli archi e delle volte..

8

Rinforzo degli archi che incorniciano la cupola con fasciature di FRP.

3-4a-4b

Iniezioni diffuse armate o non lungo tutte le pareti della chiesa.

Chiesa N. Interventi

SS. Anastasio e Vincenzo, San Anastasio

7a

Istallazione di catene in acciaio con capo chiave a paletto: quattro longitudinali.

7b

Ritesatura o sostituzione delle quattro catene esistenti.

2

Restauro dell’intradosso degli archi e delle volte..

1

Riparazione a cuci-scuci di lesioni murarie gravi. Stabilizzazione del pendio su cui poggia l’abside.

(33)

Chiesa N. Interventi

San Giovanni Battista, Livignano

7b

Ritesatura o sostituzione delle sette catene esistenti.

2

Restauro dell’intradosso degli archi e delle volte..

2

Iniezioni localizzate per risarcire leggere lesioni murarie

Impermeabilizzazione copertura.

Chiesa N. Interventi

SS. Anastasio e Vincenzo, San Anastasio

8

Rinforzo dell’arco trionfale con fasciature di FRP.

7b

Ritesatura o sostituzione delle otto catene esistenti

2

Restauro dell’intradosso degli archi e delle volte.

3-4a-4b

Iniezioni diffuse armate o non lungo tutte le pareti della chiesa.

5-6

Realizzazione di contrafforti esterni o cerchiature delle lesene all’interno.

Chiesa N. Interventi

San Nicola da Bari, Metra

7a

Istallazione di catene in acciaio con capo chiave a paletto: due longitudinali.

7b

Ritesatura o sostituzione delle quattro catene esistenti.

2

Restauro dell’intradosso degli archi e delle volte.

8

Rinforzo degli archi con fasciature di FRP.

5-6

Realizzazione di contrafforti esterni o cerchiature delle lesene all’interno.

Smontaggio della copertura, impermeabilizzazione e rifacimento del manto di copertura con utilizzo del materiale originale.

(34)

Chiesa N. Interventi

San Giacomo, Pugliano

7a

Istallazione di catene in acciaio con capo chiave a paletto: due longitudinali e due nel campanile.

7b

Ritesatura o sostituzione delle quattro catene esistenti.

2

Restauro dell’intradosso degli archi e delle volte.

8

Rinforzo degli archi con fasciature di FRP.

8-9

Consolidamento delle volte in muratura con cappa armata in malta idraulica o con fasciature in materiale composito FRP.

3-4a-4b

Iniezioni diffuse armate o non lungo la facciata.

Chiesa N. Interventi

Sant’Antonino Martire, Varliano

7b

Ritesatura o sostituzione delle quattro catene esistenti.

2

Restauro dell’intradosso degli archi e delle volte.

8

Rinforzo degli archi con fasciature di FRP.

3-4a-4b

Iniezioni diffuse armate o non lungo la facciata.

Chiesa N. Interventi

SS. Donnino e Biagio, San Donnino

7a

Istallazione di catene in acciaio con capo chiave a paletto: una in controfacciata e due longitudinali.

7b

Ritesatura o sostituzione delle tre catene esistenti.

2

Restauro dell’intradosso degli archi e delle volte.

8

Rinforzo degli archi con fasciature di FRP.

8-9

Consolidamento delle volte in muratura con cappa armata in malta idraulica o con fasciature in materiale composito FRP.

3-4a-4b

Iniezioni diffuse armate o non lungo la facciata.

Chiesa N. Interventi

SS. Pietro e Paolo,Careggine

7a

Istallazione di catene in acciaio con capo chiave a paletto: due longitudinali.

7b

Ritesatura o sostituzione delle quattordici catene

esistenti.

(35)

Chiesa N. Interventi

San Michele Arcangelo, San Michele

7a

Istallazione di catene in acciaio con capo chiave a paletto: due longitudinali.

7b

Ritesatura o sostituzione delle sei catene esistenti.

Figura 92. Tabelle illustranti i piani di interventi.

In seguito alla delineazione dei piani di intervento per ogni chiesa sono stati calcolati i nuovi indici di vulnerabilità e sicurezza allo stato di progetto. La redazione della graduatoria di priorità di intervento non è l’unica lettura che si può dare all’indice di sicurezza: esso può essere utilizzato anche per valutare l’effetto di un certo intervento di consolidamento sulla totalità della struttura. Una volta delineato il progetto degli interventi necessari al miglioramento sismico, è utile calcolare il nuovo indice di sicurezza e metterlo a confronto con quello relativo allo stato di fatto. La differenza esistente tra i due rende l’idea dell’aumento di sicurezza fornito all’edificio dal consolidamento previsto. È d’obbligo specificare che, sebbene l’obiettivo del progetto di recupero sia quello di raggiungere un indice di sicurezza pari o maggiore di uno, è accettabile anche un valore inferiore basta che sia migliorativo rispetto a quello dello stato di fatto. Nella tabella seguente le chiese sono ordinate secondo la graduatoria di priorità di intervento ricavata con l’indice di sicurezza, la prima dell’elenco presenta il valore minimo riscontrato quindi è quella più bisognosa di recupero strutturale; al contrario l’ultima riporta un fattore prossimo a 1 quindi gli interventi su di essa non sono a carattere urgente.

(36)

Stato di fatto Stato di progetto

Chiesa 4 &'2 4 &'( 4 &'2 4 &'( SS. Margherita e Giorgio,

Gragnana 0,625 0,361 1,040 0,601

Santa Maria Assunta,

Agliano 0,756 0,437 1,016 0,601

Sant’Andrea, Magliano 0,760 0,439 1,026 0,593 SS. Anastasio e

Vincenzo, San Anastasio 0,831 0,480 1,156 0,668 San Giovanni Battista,

Livignano 0,840 0,486 1,163 0,672

San Bartolomeo, Sillano 0,859 0,497 1,058 0,611 San Nicola da Bari,

Metra 0,860 0,497 1,077 0,623

San Giacomo, Pugliano 0,892 0,516 1,171 0,677 Sant’Antonino Martire, Varliano 0,901 0,521 1,084 0,626 SS. Donnino e Biagio, San Donnino 0,920 0,532 1,127 0,651 SS. Pietro e Paolo, Careggine 0,925 0,535 1,070 0,621

San Michele Arcangelo,

San Michele 0,940 0,543 1,110 0,640

Figura 93. Tabella di confronto tra i valori di indice di sicurezza SLV e SLD allo stato di fatto e quello di progetto.

I dati della tabella indicano che i progetti di intervento riescono a portare gli indici di sicurezza SLV di tutte le chiese ad un valore di circa 1 o maggiore; teoricamente quindi, in seguito all’intervento di recupero le chiese sono in grado di resistere alle scosse sismiche di intensità massima prevista per la zona. Data la natura aleatoria dei terremoti, un evento sismico di tale entità si può verificare in pochi anni come in secoli, è quindi necessario prevedere un piano di manutenzione, essenziale per il mantenimento di un livello soddisfacente di sicurezza nel tempo.

I valori di indice di sicurezza SLD relativi allo stato di progetto sono maggiori rispetto a quelli dello stato di fatto, ma lontani dalla soglia di 1; ciò conferma la teoria secondo cui è pressoché impossibile adeguare gli edifici storici monumentali allo stato limite di danno con interventi poco invasivi e rispettosi della storia del fabbricato.

(37)

Insieme al piano di interventi per ogni chiesa è stato calcolato un preventivo dei costi delle lavorazioni previste tenendo di conto delle varie alternative progettuali. L’analisi dei computi è utile per la conoscenza degli importi necessari alla messa in sicurezza e per il confronto in modo critico delle opzioni a disposizione: gli importi calcolati sono illustrati nella tabella riportata in seguito.

La tabella illustra la distinta delle spese tra le lavorazioni da eseguire e la sicurezza da adottare. Si nota come il costo degli oneri di quest’ultima abbia un valore medio di diecimila euro, un po’ meno nelle chiese molto piccole, di più in quelle estese e alte. Da qui la considerazione che l’incidenza della sicurezza sia alta sugli interventi di lieve entità e vada a diminuire con l’aumentare dell’estensione delle lavorazioni; a livello economico è preferibile quindi eseguire un intervento unico risolutivo che molti lievi diradati nel tempo.

Il costo delle lavorazioni varia molto a seconda del tipo previsto, nello specifico quelle che tendono a fare aumentare la spesa in modo drastico sono il rinforzo delle volte e delle murature.

La correlazione tra l’indice di sicurezza della chiesa e la spesa prevista per il recupero è essenzialmente casuale e strettamente legata alla singola struttura: per esempio le chiese di Gragnana, Agliano e Metra, alcune delle più alte in classifica di priorità, presentano preventivi più bassi rispetto alle ultime. Un valore basso di indice di sicurezza dipende dalla penuria di presidi e presenza alta di indicatori di vulnerabilità. Il costo del progetto di recupero strutturale per questi casi è esiguo in quanto legato al semplice inserimento di catene. Le spese diventano maggiori in quelle strutture che pur essendo ben incatenate, sono state danneggiate dal sisma. I problemi di queste sono di natura più profonda legate alla composizione muraria o delle volte oppure allo scarso funzionamento dei presidi esistenti. Un esempio lampante è la chiesa di Sillano la quale, pur avendo tutti gli archi trasversali incatenati ha sviluppato comunque lesioni, sia sugli stessi archi che sulle volte.

In conclusione la graduatoria redatta tramite l’indice di sicurezza non risulta molto precisa del livello di “salute” delle strutture analizzate. Il problema è da ricercare nel sommario livello di conoscenza delle fabbriche che provoca giudizi errati. Una stima troppo alta dell’efficacia dei presidi e una sottovalutazione delle

(38)

vulnerabilità provoca infatti una valutazione degli indici non precisa; di supporto al rilievo risulta lampante la necessità di effettuare almeno una valutazione tecnica sullo stato di tensione dei tiranti e sulla qualità della muratura.

Chiesa

SS. Margherita e Giorgio, Gragnana

Lavorazioni 14884

Costo della sicurezza 6680

TOT 21564

Santa Maria Assunta, Agliano

Lavorazioni (ipotesi cappa armata) 16542 Costo della sicurezza 7001

TOT 23543

Lavorazioni (ipotesi FRP) 20066 Costo della sicurezza 7001

TOT 27067

Sant’Andrea, Magliano

Lavorazioni 79616

Costo della sicurezza 11962

TOT 91578

SS. Anastasio e Vincenzo, San Anastasio

Lavorazioni 20178

Costo della sicurezza 8659

TOT 28837

San Giovanni Battista, Livignano

Lavorazioni 21556

Costo della sicurezza 10575

TOT 32131

San Bartolomeo, Sillano

Lavorazioni (contrafforti) 97834 Costo della sicurezza 11108 TOT 108942 Lavorazioni (incamiciatura) 131975 Costo della sicurezza 11108

TOT 143083

San Nicola da Bari, Metra

Lavorazioni 12545

Costo della sicurezza 5588

TOT 18133

San Giacomo, Pugliano

Lavorazioni (ipotesi cappa armata) 34583 Costo della sicurezza 7899

TOT 42482

Lavorazioni (ipotesi FRP) 41925 Costo della sicurezza 7899

TOT 49824

Sant’Antonino Martire, Varliano

Lavorazioni 77861

Costo della sicurezza 10500

(39)

SS. Donnino e Biagio, San Donnino

Lavorazioni (ipotesi cappa armata) 76284 Costo della sicurezza 10594

TOT 86878

Lavorazioni (ipotesi FRP) 95188 Costo della sicurezza 10594 TOT 105782

SS. Pietro e Paolo, Careggine

Lavorazioni 4975

Costo della sicurezza 3680

TOT 8655

San Michele Arcangelo, San Michele

Lavorazioni 2276

Costo della sicurezza 2143

TOT 4419

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