1. Introduzione
1.1. Xenopus come organismo modello
Tutti i Vertebrati attraversano stadi di sviluppo simili e formano le stesse strutture di base, anche se con dettagli differenti tra le diverse classi. È quindi possibile studiare organismi modello sperimentalmente vantaggiosi ed estendere le conoscenze a tutti i Vertebrati, con le dovute distinzioni.
Xenopus laevis, l’organismo usato in questo lavoro, è un anfibio anuro originario dell’Africa. Tra i vantaggi sperimentali nel suo uso come sistema modello, c’è la facilità di ottenere uova fecondate durante tutto l’anno: è infatti sufficiente stimolare la femmina con gonadotropina corionica umana e fecondare le uova con spermatozoi in vitro, per avere a disposizione centinaia di embrioni, che si sviluppano in sincronia. Inoltre, le uova hanno grandi dimensioni, circa 1-1,2 mm di diametro, che le rendono facilmente manipolabili in esperimenti di biologia dello sviluppo. Un ulteriore vantaggio è il loro rapido sviluppo: dopo due soli giorni l’organogenesi è completa.
Uno svantaggio è invece la pseudotetraploidia del genoma che rende al momento impossibile ottenere “knock-out” genici. È possibile, però, eseguire facilmente esperimenti di guadagno e perdita di funzione per determinati geni di interesse, microiniettando mRNA sintetico o oligonucleotidi antisenso o ancora costrutti contenenti repressori o attivatori genici.
Figura 1. Ciclo vitale di Xenopus. Gli eventi principali che avvengono in successione subito dopo la fecondazione sono la segmentazione, la gastrulazione, la neurulazione e l’organogenesi, seguite dalla metamorfosi.
1.2. Prime fasi dello sviluppo
Nell’uovo di Xenopus si distingue un emisfero animale, pigmentato, e un emisfero vegetativo ricco di deutoplasma. La fecondazione avviene nel polo animale ed induce la rotazione corticale, un evento che specifica l’asse dorso-ventrale. Subito dopo si susseguono divisioni segmentali che portano alla formazione di blastomeri sempre più piccoli, in quanto tra le divisioni non c’è accrescimento cellulare.
A stadio di blastula, nella regione animale si forma una cavità piena di liquido, detta blastocele, che segna il confine tra ectoderma presuntivo, situato nella zona animale, e endoderma presuntivo, nella zona vegetativa. Tra questi due foglietti embrionali presuntivi è situato il mesoderma presuntivo, in forma di anello equatoriale (Fig. 2). Alla segmentazione segue la gastrulazione.
La gastrulazione è l’insieme dei movimenti di involuzione del mesoendoderma e di estensione dell’ectoderma che permettono ai foglietti embrionali di assumere la corretta posizione rispetto al piano dell’asse corporeo dell’animale. La gastrula è caratterizzata dalla formazione di una
Figura 2. La gastrulazione in Xenopus leavis. Emisezioni di gastrule permettono di visualizzare i movimenti di involuzione ed epibolia, rispettivamente di mesoendoderma ed ectoderma, durante la progressione della gastrulazione (da sinistra verso destra)
invaginazione detta blastoporo dorsale, nella regione al confine tra il mesoderma e l’endoderma dorsali. Attraverso il blastoporo, mesoderma e endoderma scorrono all’interno dell’embrione formando l’archenteron, futura cavità intestinale. Il blastoporo, poi, si estende ventralmente disegnando un cerchio completo. Contemporaneamente, l’ectoderma si espande per epibolia a ricoprire tutto l’embrione (Fig. 2). Durante la gastrulazione, il mesoderma dorsale inizia a formare la notocorda, una struttura a forma di bastoncello che occupa la linea dorsale mediana dell’embrione. Questa struttura, durante lo sviluppo, sarà incorporata nelle vertebre. A questo punto ha inizio la neurulazione (Wolpert, 2000).
1.3. La neurulazione
Durante la neurulazione si forma il tubo neurale, da cui si svilupperà il sistema nervoso centrale.
Grazie a segnali induttivi planari e verticali, provenienti dal mesoderma sottostante, in particolare dalla notocorda, le cellule ectodermiche assumono un destino neurale. Questa induzione porta all’ispessimento e all’appiattimento della regione ectodermica dorsale mediana, che prende il nome di piastra neurale. In seguito a cambiamenti morfologici delle cellule, ai margini della piastra neurale si sollevano le pliche neurali che, fondendosi dorsalmente lungo la linea mediana danno origine al tubo neurale (fig. 3).
Quest’ultimo si separa dall’ectoderma adiacente e si porta al di sotto
dell’epidermide. Dalla regione anteriore del tubo neurale si svilupperà
l’encefalo mentre da quella sovrastante la notocorda avrà origine il midollo
spinale (Wolpert, 2000).
1.3.1. Compartimentazione del tubo neurale
Il tubo neurale, una volta chiuso, subisce una serie di costrizioni nella regione rostrale che lo suddividono in tre vescicole cefaliche primarie. Queste vescicole prendono il nome di prosencefalo, mesencefalo e rombencefalo, in successione rostro-caudale (fig. 4). La regione più caudale, cioè il midollo spinale, non subisce riarrangiamenti. Successivamente il prosencefalo viene ulteriormente suddiviso in prosencefalo e diencefalo, mentre il mesencefalo resta indiviso. Infine anche il rombencefalo si suddivide originando metencefalo e mielencefalo (fig. 4).
Figura 3. La Neurulazione in Xenopus leavis. Da sinistra verso destra, neurule precoci, intermedie e tardive, viste dalla superficie dorsale (A), in sezione sagittale (B) e trasversale (C).
Questa precoce suddivisione spaziale riflette le successive specializzazioni funzionali del sistema nervoso centrale. Infatti, dal telencefalo si svilupperanno gli emisferi cerebrali e dal diencefalo le vescicole ottiche, l’epitalamo, il talamo e l’ipotalamo. Nel mesencefalo si formano ventralmente i nuclei e la reticolare e dorsalmente il tetto ottico. Dal mesencefalo si sviluppa il cervelletto e, insieme al mielencefalo, forma il midollo allungato.
Il tubo neurale è costituto da un neuroepitelio pseudostratificato in cui i neuroblasti subiscono numerosi cicli di divisione simmetrica: quando il numero di cellule raggiunge un determinato limite, iniziano cicli di divisione asimmetrica in cui la cellula figlia smette di moltiplicarsi e comincia a migrare.
In questo modo il tubo neurale acquisisce una struttura a tre strati concentrici.
Lo strato proliferativo che ricopre il lume del tubo neurale è detto zona ventricolare, e genera i neuroblasti. Una volta formati, i neuroblasti escono dal ciclo cellulare e migrano esternamente, formando lo strato del mantello. I loro processi neuronali risiedono nella regione più esterna detta zona marginale.
Nell’encefalo, a differenza del midollo spinale, i neuroblasti migrano al di sopra della zona marginale (Gilbert, 2000; Wolpert, 2000).
a b
Figura 4. Le vescicole cefaliche. Il tubo neurale rostrale forma tre vescicole cefaliche primarie (a) che si suddividono ulteriormente in cinque vescicole secondarie (b).
1.4. Regionalizzazione della piastra neurale anteriore
Un’ampia regione della piastra neurale anteriore viene specificata a formare strutture neurali anteriori da segnali provenienti dal mesoderma dorsale sottostante (Sasai et al., 1994). Successivamente la piastra neurale anteriore viene regionalizzata per formare i diversi territori del sistema nervoso anteriore, tra cui il campo dell’occhio. Il modello più noto per spiegare la regionalizzazione della piastra neurale anteriore è quello di attivazione/trasformazione proposto da Nieuwkoop (Nieuwkoop PD, 1952;
Nieuwkoop PD, 1954). Questo modello suggerisce che, durante l’attivazione, l’ectoderma dorsale venga inizialmente indotto a neuroectoderma prosencefalico presuntivo dall’adiacente e sottostante mesendoderma, tramite inibizione del destino epidermico. Infatti, il mesendoderma sottostante secerne molecole quali noggin, chordin, follistatin, Xnr3 e cerberus (Harland, 2000;
Weinstein and Hemmati-Brivanlou, 1999) che sono antagonisti extra-cellulari delle vie di segnalazione dei BMP (Bone Morphogenetic Proteins), responsabili dell’induzione del destino epidermico. Successivamente, parte di questo tessuto viene trasformato da segnali caudalizzanti provenienti dal mesoderma dorsale posteriore che secerne molecole quali l’acido retinoico e molecole di classe Wnt, BMP e Fgf, capaci di attivare l’espressione di geni neurali posteriori nel neuroectoderma (Gamse and Sive, 2001; Munoz-Sanjuan and Brivanlou, 2001; Sasai and De Robertis, 1997).
Segnali più tardivi rispetto a quelli già visti agiscono localmente
modulando e rifinendo la suddivisione regionale della piastra neurale in
territori discreti. Come sorgente di questi segnali secreti sono state identificate,
tra le altre, le cellule del bordo anteriore della piastra neurale. Tra le molecole
secrete da questa regione ci sono fgf-8 e gli sFRP, inibitori degli Wnt, che
promuovono l’espressione di geni telencefalici (Echevarria et al., 2003; Houart
et al., 2002; Shimamura and Rubenstein, 1997; Tian et al., 2002).
1.5. Morfogenesi dell’occhio
L’occhio è una estensione specializzata del cervello collocata in una posizione periferica, con la retina costituita da un numero limitato di tipi cellulari ordinati in una struttura laminare. Queste caratteristiche rendono l’occhio e in particolare la retina un ottimo modello di studio per indagare i meccanismi che generano la complessità del sistema nervoso e per individuare possibili terapie rigenerative.
Lo sviluppo dell’occhio richiede interazioni tra diverse porzioni dell’embrione quali neuroectoderma, creste neurali e ectoderma, per le quali è necessaria una raffinata coordinazione spazio-temporale.
Inizialmente il campo morfogenetico dell’occhio ha una forma a mezza luna localizzata nella regione più rostrale della piastra neurale anteriore:
successivamente viene suddiviso in due regioni simmetriche grazie a segnali induttivi provenienti dal sottostante mesoderma (Li et al., 1997; Pera and Kessel, 1997).
La prima evidenza morfologica dello sviluppo dell’occhio, a stadio di neurula, è l’evaginazione bilaterale delle vescicole ottiche dal diencefalo ventrale, al quale rimangono connesse tramite i peduncoli ottici (fig. 5).
Le vescicole ottiche si estendono in direzione prossimo-distale fino a contattare l’ectoderma, inducendo quest’ultimo a formare i placodi del cristallino nella corretta posizione. I placodi del cristallino si invaginano e si separano dall’ectoderma circostante generando le vescicole del cristallino che inducono a loro volta le vescicole ottiche ad invaginarsi, trasformandole così nelle coppe ottiche (fig. 5).
Con l’invaginazione le coppe ottiche assumono una conformazione
bilaminare, in cui lo strato più prossimale (o esterno) darà origine all’epitelio
retinico pigmentato e quello più distale (o interno) produrrà la retina neurale
(fig. 5).
L’epitelio sovrastante la vescicola del cristallino origina la cornea, che protegge l‘occhio e focalizza la luce sul cristallino. Per svolgere quest’ultima funzione è necessario che diventi completamente trasparente. Ciò avviene grazie ad una disidratazione probabilmente controllata dall’ormone tiroxina, e alla produzione di ialuronidasi. È altresì necessario che assuma una forma convessa, cosa che avviene grazie all’aumento della pressione intraoculare.
Il mesenchima circostante alle vescicole ottiche, che deriva dalle creste neurali, si addensa attorno all’epitelio pigmentato retinico e si differenzia nella sclera e nella coroide. Questi sono dei rivestimenti atti, rispettivamente, a nutrire e proteggere l’occhio.
Durante lo sviluppo, l’epitelio pigmentato retinico si estende verso il cristallino formando l’iride e la pupilla, insieme a tessuto connettivo derivante alle creste neurali. All’interno dell’iride sono presenti i muscoli intrinseci dilatatore e sfinterico. Come suggerito dal nome, il primo muscolo, derivante dall’epitelio pigmentato retinico, aumenta il diametro della pupilla permettendo il passaggio di una maggiore quantità di luce, mentre il muscolo sfinterico, che deriva dalle creste neurali, restringe il diametro della pupilla.
I muscoli estrinseci, che permettono i movimenti dell’occhio all’interno dell’orbita derivano dal mesoderma parassiale della testa.
a b
d c
Figura 5. Morfogenesi dell’occhio. (a) Evaginazione delle vescicole ottiche dal diencefalo e induzione del placode del cristallino. (b,c) Il placode del cristallino diventa vescicola del cristallino e la vescicola ottica si ripiega su se stessa formando la retina neurale e l’epitelio pigmentato retinico. (d) Il cristallino si separa dall’ectoderma sovrastante e lo induce a formare la cornea.
Durante lo sviluppo, il peduncolo ottico si allunga e si assottiglia fungendo da guida al nervo ottico nel raggiungimento del tetto ottico dove avviene l’integrazione e interpretazione dei segnali visivi. Durante sviluppo, il peduncolo ottico scompare, e le sue cellule si differenziano in astrociti, andando a popolare il nervo ottico (Gilbert, 2000).
1.5.1. Il cristallino
Nei Vertebrati, il differenziamento del cristallino inizia con l’allungamento delle cellule situate nella regione posteriore della vescicola del cristallino. Queste cellule assumono dapprima un aspetto colonnare, poi si estendono fino a riempire il centro del cristallino, prendendo il nome di fibre primarie. Questa crescita per allungamento sembra essere dovuta al fatto che il cristallino è circondato da una capsula extracellulare che lo costringe a mantenere la sua forma, lasciando quindi vuoto il centro della vescicola del cristallino come unico spazio in cui possono estendersi le cellule (fig. 6).
Figura 6. Differenziamento del cristallino. La vescicola del cristallino (a) produce le fibre primarie del cristallino (b) che si estendono verso il centro (c). Nuove fibre dette secondarie derivano successivamente dall’epitelio anteriore (d). Cristallino differenziato (e).
Il differenziamento delle fibre primarie termina con la produzione delle proteine cristalline che riempiono tutto il citoplasma, causando la perdita dei nuclei e degli organelli, rendendo le cellule trasparenti e dure.
Nella regione equatoriale dell’epitelio anteriore del cristallino è situata la regione germinativa. In questa regione le cellule che si dividono sono spinte verso il centro, dove differenziano in fibre secondarie permettendo l’accrescimento del cristallino durante lo sviluppo e tutta la vita dell’animale (fig. 6).
La funzione del cristallino è quella di accomodare la visione da un punto di fuoco vicino ad uno lontano e viceversa (Gilbert, 2000).
1.5.2. La retina neurale
La retina neurale è una struttura suddivisa in strati facilmente visibili in sezioni osservate al microscopio. Si alternano tre strati contenenti i corpi cellulari a due strati cosiddetti plessiformi in cui sono presenti i processi cellulari degli strati nucleari adiacenti che prendono contatto sinaptico tra loro (fig. 7). Partendo dall’esterno (vicino all’epitelio pigmentato) si osservano lo strato nucleare esterno, interno e delle cellule gangliari, separati, rispettivamente, dallo strato plessiforme esterno e interno. Questa architettura viene raggiunta attraverso un complesso insieme di eventi comprendenti la proliferazione, la migrazione e la morte programmata di specifiche cellule.
I tipi cellulari retinici sono un numero limitato con funzioni ben definite e segregati spazialmente. Nello strato nucleare esterno sono presenti esclusivamente i fotorecettori che possono essere di due tipi, coni e bastoncelli, i cui segmenti esterni si interdigitano con l’epitelio pigmentato retinico. Nello strato nucleare interno sono presenti le cellule orizzontali, bipolari, amacrine e la glia di Müller. Quest’ultima si estende fino agli altri due strati nucleari.
Infine, nello strato delle gangliari, come indicato dal nome, sono presenti solo
le cellule gangliari. Un ulteriore strato è formato dagli assoni delle cellule gangliari che formano poi il nervo ottico (fig. 7).
I fotorecettori permettono la trasduzione del segnale luminoso in stimolo elettrico, le cellule bipolari trasmettono l’informazione dai fotorecettori alle gangliari, le cellule orizzontali e amacrine integrano e connettono orizzontalmente i segnali provenienti dai fotorecettori e dalle cellule gangliari, rispettivamente. Infine le cellule gangliari trasmettono il segnale fino al cervello a livello del tetto ottico.
La glia di Müller svolge funzioni di supporto e modulazione dell’attività neuronale e recentemente è stato dimostrato il suo coinvolgimento nei processi di rigenerazione retinica. Infatti, in caso di danneggiamento della retina la glia di Müller rivela le sue potenzialità neurogeniche essendo in grado di dare origine a diversi tipi cellulari retinici (Bernardos et al., 2007; Das et al., 2006).
Altri tipi di cellule gliali, rappresentati in quantità minore, sono gli astrociti e la microglia con funzione principalmente trofica e protettiva. La glia di Müller costituisce la membrana limitante esterna nella regione in cui forma complessi giunzionali con i fotorecettori, e la membrana limitante interna, che crea una lamina basale (Gilbert, 2000).
Figura 7. Gli strati retinici e i tipi cellulari.
RPE: epitelio pigmentato retinico.
ONL: strato nucleare esterno. OPL:
strato plessiforme esterno. INL:
strato nucleare interno. IPL: strato plessiforme interno. GCL: strato delle cellule gangliari. PR:
fotorecettori. HC: cellule orizzontali.
BP: cellule bipolari. AC: cellule amacrine. RGC: cellule gangliari retiniche. MC:cellule della glia di
Il differenziamento dei vari tipi cellulari segue un ordine che è conservato in tutti i Vertebrati: le prime a differenziarsi sono le cellule gangliari, seguite dai coni, dalle amacrine, dai bastoncelli, dalle bipolari, dalle orizzontali e infine dalla glia di Müller (Young, 1985).
Esperimenti in Xenopus hanno dimostrato, grazie alla marcatura di un progenitore retinico allo stadio di vescicola ottica, che il clone cellulare da esso derivato può contenere tutti i tipi cellulari in varie combinazioni, comprese cellule dell’epitelio pigmentato. Il clone si estende verticalmente attraverso tutti gli strati retinici. Questi ed altri esperimenti suggeriscono quindi che il differenziamento in un tipo neuronale piuttosto che in un altro dipenda dallo strato in cui le cellule si trovano e dall’influenza esercitata dalle cellule circostanti con i fattori da esse secreti, piuttosto che dal precursore che li ha originati (Holt et al., 1988).
Nei Vertebrati inferiori, come Xenopus, la retinogenesi può continuare per tutta la vita dell’animale grazie alla zona marginale ciliare localizzata nella regione più periferica (vicino al cristallino) della retina neurale. In questa regione sono conservate le cellule staminali retiniche e i progenitori proliferanti.
1.6. Induzione e specificazione del campo morfogenetico dell’occhio
Sebbene ancora non siano completamente chiariti i processi induttivi del
campo dell’occhio, l’inibizione dei segnali BMP potrebbe essere sufficiente per
la sua specificazione iniziale. Infatti, in esperimenti di coniugazione di espianti
dell’organizzatore di Spemann, responsabile della produzione di molecole
antagoniste dei BMP, con espianti ectodermici, si assiste all’induzione di Xrx1,
un marcatore specifico del campo dell’occhio in embrioni di Xenopus (Casarosa
et al., 1997; Mathers et al., 1997). Anche la microiniezione diretta in espianti ectodermici dell’mRNA di noggin e chordin, espressi normalmente nell’organizzatore di Spemann, induce l’espressione di marcatori dell’occhio (Andreazzoli et al., 1999; Lupo et al., 2002).
È stato osservato che allo stadio di gastrula intermedia, in Xenopus, l’ectoderma dorsale ha già ricevuto segnali per la specificazione del campo dell’occhio. Infatti, se espiantato a stadio 11.5 e messo in coltura fino a stadi più tardivi, il tessuto espiantato esprime l’opsina, un marcatore dell’occhio, e può formare retina pigmentata (Saha et al., 1992).
Il campo dell’occhio è situato in una regione anteriore della piastra neurale che inizialmente esprime interamente il marcatore del prosencefalo/mesencefalo Xotx2. E’ possibile che Xotx2 impartisca precocemente qualche tipo di competenza a questo territorio, che rende possibile l’espressione iniziale e il mantenimento di fattori di trascrizione specifici, permettendo così la specificazione del campo dell’occhio (Bernier et al., 2001; Kenyon et al., 2001; Zuber et al., 2003). Inoltre, la capacità di tutta la piastra neurale presuntiva, non solo della sua parte più anteriore, di formare occhi (Saha et al., 1992) appare riflettere una competenza residua in questo territorio, seguente a una prima ondata di espressione di Xotx2 durante la fase di attivazione dell’induzione neurale (Blitz and Cho, 1995).
Successivamente, mentre procede la neurulazione, il campo dell’occhio viene suddiviso in due domini simmetrici laterali. Grazie ad esperimenti su Triturus si è scoperto che è il mesoderma precordale sottostante la piastra neurale anteriore ad indurre questa separazione. Infatti, se il mesoderma precordale viene rimosso, si sviluppano embrioni ciclopici (Mangold, 1931).
Esperimenti simili sono stati condotti anche in Xenopus e hanno confermato il
ruolo inibitore della placca precordale che sembrerebbe sopprimere il destino
retinico nelle cellule mediane del campo dell’occhio, cosicchè esse vengano
incorporate nel diencefalo ventrale e non nella retina (Li et al., 1997).
A livello molecolare, in Xenopus il suddetto cambiamento nel programma di sviluppo nella regione mediale del campo dell’occhio si accompagna alla repressione di diversi geni regolatori del campo dell’occhio, come Xrx1, nella parte mediana del loro dominio di espressione nella piastra neurale anteriore.
Nella stessa regione vengono nel contempo attivati geni regolatori dello sviluppo del prosencefalo come sonic hedgehog (shh), la cui perdita di funzione in topo genera appunto la ciclopia (Chiang et al., 1996).
Recentemente è stato proposto un ruolo nell’induzione del campo dell’occhio da parte della via di segnalazione mediata dal metabolismo dell’ATP in Xenopus. Infatti, la sovraespressione dell’enzima E-NTPDase2, che converte con alta affinità l’ATP in ADP, causa l’attivazione ectopica dei fattori di trascrizione specifici del campo dell’occhio come Xrx1, Xpax6 e Xsix3 (descritti nel paragrafo successsivo) e la conseguente formazione di strutture dell’occhio ectopiche, fino a comportare la completa duplicazione dell’occhio.
Questo suggerisce che questa particolare via di segnalazione mediata dall’ATP potrebbe essere a monte di tutti i geni implicati nell’induzione e specificazione del campo dell’occhio ad oggi conosciuti (Massè et al., 2007).
1.6.1. I fattori di trascrizione specifici del campo dell’occhio
Per il normale sviluppo dell’occhio sono necessari diversi fattori di
trascrizione specifici del campo dell’occhio (EFTFs, Eye Field Trascription
Factors), tutti espressi nella piastra neurale anteriore. Tra gli EFTFs possiamo
citare i geni ET, Rx1, Pax6, Six3, Lhx2, tll e Optx2 (Chow and Lang, 2001; Zuber,
2003) (Fig. 8).
Diversi tra questi fattori di trascrizione sono stati identificati come omologhi di geni necessari alla formazione dell’occhio in Drosophila, in cui la specificazione dell’occhio dipende dalle interazioni di sette geni: twin of eyeless (toy), eyeless (ey), eyes absent (eya), sine oculis (so), dachsund (dac), eye gone (eyg) e optix. Il loro “pattern” di espressione si sovrappone, ed è regolato dalle vie di segnale di Notch e Egfr. Non agiscono in una successione a cascata ben ordinata, piuttosto formando una rete genica di regolazione a “feedback” e di interazioni reciproche proteina-proteina (Kumar and Moses, 2001).
In Xenopus, sono stati identificati l’omologo di ey, Pax6, e due omologhi di optix, che sono Six3 e Optx2. Nei Vertebrati, Notch e Egfr non sembrano svolgere lo stesso ruolo che in Drosophila mentre ci sono evidenze che indicano un coinvolgimento della via di segnalazione degli Wnts (Rasmussen et al., 2001).
Studi funzionali hanno dimostrato non solo che ET, Rx1, Pax6, Six3, Lhx2, tll e Optx2 sono necessari al corretto sviluppo dell’occhio, ma anche che in determinati contesti sono sufficienti. Infatti, la sovraespressione di Pax6, Rx, Six3 e Optx2 espande o induce tessuti ectopici dell’occhio nel sistema nervoso di diversi Vertebrati (Andreazzoli et al., 1999; Bernier et al., 2000; Chow et al.,
a b
Figura 8. Schema riassuntivo dei domini di espressione degli EFTFs. Siti di espressione degli EFTFs a stadio di gastrula tardiva (a) e a neurula (b).
1999; Chuang and Raymond, 2001; Loosli et al., 1999; Mathers et al., 1997;
Oliver et al., 1996; Zuber et al., 1999).
Tutti questi geni iniziano ad essere espressi ad elevati livelli a stadio di gastrula tardiva ad eccezione di Optx2 che inizia ad essere espresso allo stadio di neurula. Inoltre, mostrano un elevato grado di sovrapposizione spaziale che si può semplificare immaginando i domini di espressione come aree concentriche di dimensioni decrescenti a partire da Six3, Pax6, Rx1, Lhx2 fino ad arrivare a ET, il più ristretto (Zuber, 2003) (Fig. 8). Questo comporta che la piastra neurale anteriore risulti suddivisa in domini distinti esprimenti diverse combinazioni degli EFTFs, che contribuiscono alla specificazione anche di altri territori oltre a quello dell’occhio. Nella regione più anteriore, ad esempio, Rx1 è espresso insieme a Otx2 e BF-1: in questa regione si svilupperà specificamente il telencefalo (Lupo et al., 2000).
Il territorio di espressione degli EFTFs, come già accennato precedentemente, segue la morfogenesi del campo dell’occhio, inclusa la sua suddivisione in due regioni laterali; infatti, essi subiscono una repressione nella regione mediana della piastra neurale ad opera del mesoderma assiale sottostante (Casarosa et al., 1997; Hirsch and Harris, 1997; Li et al., 1997;
Mathers et al., 1997; Zuber et al., 1999).
Anche nei Vertebrati, come in Drosophila, i fattori di trascrizione implicati nella specificazione dell’occhio formano una rete genica con interazioni reciproche e regolazioni a “feedback” (Zuber, 2003).
Di seguito saranno elencate le caratteristiche dei singoli fattori di trascrizione specifici del campo dell’occhio ad eccezione di Rx1 che sarà descritto nel paragrafo successivo.
Otx2 Questo gene appartiene alla famiglia dei fattori di trascrizione
correlati a orthodenticle che contengono l’omeodominio di classe bicoid
(Simeone et al., 1993). Otx2 non è incluso nella lista degli EFTFs in quanto la
sua espressione viene repressa nel campo dell’occhio proprio quando questo viene a formarsi. Nonostante questo, Otx2 è fondamentale per la specificazione del territorio retinico. Infatti questo gene è necessario per specificare i territori della piastra neurale anteriore che daranno origine a prosencefalo (che comprende il campo dell’occhio) e mesencefalo (Kablar et al., 1996; Pannese et al., 1995). Il ruolo cruciale di Otx2 nella specificazione di queste regioni è dimostrato dagli effetti del knock-out sui topi , che mancano delle strutture derivate da queste aree, inclusi gli occhi (Acampora, 1995).
La sua espressione in Xenopus comincia nel mesendoderma precordale presuntivo nella regione dell’organizzatore, per poi restringersi alla piastra neurale anteriore e nei distretti prosencefalici e mesencefalici (Blitz and Cho, 1995; Kablar et al., 1996; Pannese et al., 1995). Successivamente, quando inizia l’espressione degli EFTFs, Otx2 viene represso nella regione del campo dell’occhio delineata a grandi linee dal dominio di espressione di Rx1. Proprio questo fattore di trascrizione sembra essere responsabile della repressione di Otx2 (Andreazzoli et al., 1999).
In ogni caso, studi in cui la sovraespressione di Pax6, Six3, Optx2 o Rx produce tessuti oculari ectopici suggeriscono che Otx2 sia necessario alla formazione dell’occhio: questi tessuti ectopici si formano infatti solo nella regione della testa definita dall’espressione di Otx2, anteriormente al rombencefalo (Andreazzoli et al., 1999; Bernier et al., 2000; Chow et al., 1999;
Chuang and Raymond, 2002; Loosli et al., 1999; Mathers et al., 1997; Mathers and Jamrich, 2000). L’espressione ectopica degli EFTFs insieme a Otx2, invece, sembrerebbe portare alla formazione di occhi ectopici anche in regioni lontane dal sistema nervoso centrale (Zuber, 2003).
Successivamente, durante lo sviluppo, Otx2 è espresso nell’epitelio
pigmentato retinico e nelle cellule bipolari della retina.
Pax6 Pax6 è un gene altamente conservato contenente un omeodominio di tipo “paired-like” (Callaerts et al., 1997; Cvekl and Piatigorsky, 1996). Nei Vertebrati viene espresso dalla fine della gastrulazione nella piastra neurale anteriore, compreso il campo dell’occhio (Grindley et al., 1995; Hirsch and Harris, 1997; Li et al., 1997; Li et al., 1994; Puschel et al., 1992; Walther and Gruss, 1991). Durante la neurulazione, Pax6 è espresso nella zona distale delle vescicole ottiche e nella regione ectodermica del cristallino presuntivo. Infine nella retina differenziata la sua espressione è mantenuta solo nelle cellule gangliari e amacrine (Belecky-Adams et al., 1997). Questo gene è implicato nel corretto sviluppo di altre regioni oltre all’occhio, come ad esempio l’epitelio olfattivo e il cervello (Grindley et al., 1997; Hogan et al., 1986; Schmahl et al., 1993).
Le mutazioni per perdita di funzione di Pax6 sono semi-dominanti e allo stato eterozigote portano al fenotipo Small eye (Sey) in topo (Hogan et al., 1986) con difetti nello sviluppo del cervello e del naso, vescicole ottiche malformate e assenza del cristallino. Le vescicole ottiche sono comunque presenti, sebbene rudimentali e indifferenziate, probabilmente a causa della mancata induzione da parte del cristallino (Grindley et al., 1995). Questo gene, quindi, risulta essere fondamentale per il corretto sviluppo dell’occhio ma non per le fasi iniziali della formazione delle vescicole ottiche.
In Xenopus, la sovraespressione di Pax6 produce occhi ectopici
pienamente differenziati e l’espressione ectopica di geni dello sviluppo
precoce dell’occhio come Otx2, Rx e Six3, oltre che di sé stesso, confermando
così l’ipotesi della sua importanza negli stadi precoci dello sviluppo
dell’occhio (Chow et al., 1999). L’osservazione che gli occhi ectopici si formano
soltanto quando l’mRNA di Pax6 viene microiniettato in blastomeri dorsali
(che origineranno tessuti neurali ed ectodermici) indica che per l’induzione di
occhi ectopici sono necessari anche altri fattori.
Pax6, inoltre, ha un ruolo essenziale nel mantenimento dei precursori retinici allo stato multipotente nella CMZ dove è espresso. In caso di assenza di espressione nella retina neurale, infatti, gli unici tipi cellulari che differenziano sono una sottopopolazione di cellule amacrine. Comunque non sembra essere necessario per il mantenimento dell’identità retinica, dato che in questi esperimenti l’espressione di Rx, Six3 e Six6 non viene perduta (Marquardt et al., 2001).
Six3 e Optx2 Six3 e Optx2 (denominato anche Six6 in topo o Six9 in pollo) sono membri correlati appartenenti alla famiglia SIX contenenti un omeodominio (di cui sine oculis di Drosophila è il membro fondatore) e condividono oltre il 90% di identità amminoacidica nell’omeodominio con optix, altro gene di Drosophila della famiglia SIX.
In Xenopus entrambi i geni sono espressi nel campo dell’occhio, sebbene Optx2 lo sia a stadi più tardivi rispetto a Six3 (Zuber et al., 1999). In seguito l’espressione è presente nelle vescicole ottiche e continua nel peduncolo ottico e nella retina neurale (Bovolenta et al., 1998; Granadino et al., 1999; Jean et al., 1999; Loosli et al., 1998; Oliver et al., 1995; Zuber et al., 1999). Six3 risulta, inoltre, essere attivato nel placode del cristallino, mentre l’espressione di Optx2 pare essere assente o fortemente ridotta (Jean et al., 1999; Zuber et al., 1999).
Gli esperimenti di guadagno e perdita di funzione in differenti sistemi modello confermano l’importanza di questi geni nello sviluppo dell’occhio.
Nel pesce Medaka la sovraespressione di Six3 è capace di indurre retina e
cristallino ectopici così come l’ingrandimento del prosencefalo (Kobayashi et
al., 1998; Loosli et al., 1999). Inoltre, la perdita di funzione di questo gene in
Medaka, come nell’uomo, porta alla ciclopia e alla oloprosencefalia. Altri
esperimenti in Medaka indicano un possibile ruolo di Six3 nella
regionalizzazione prossimo-distale dell’occhio (Carl et al., 2002; Kobayashi et al., 1998; Loosli et al., 1999; Wallis et al., 1999).
Infine la sovraespressione di Optx2 nel campo morfogenetico dell’occhio in Xenopus causa un’espansione dei territori retinici e un notevole incremento delle dimensioni dell’occhio, suggerendo così un ruolo nella regolazione della proliferazione dei retinoblasti (Bernier et al., 2000; Zuber et al., 1999).
ET, Lhx2 e Tll ET è un membro della famiglia T-box espresso molto precocemente nel campo dell’occhio e successivamente nella regione dorsale della retina (Li et al., 1997; Li, 1997). Studi di sovraespressione mostrano che è coinvolto nella regionalizzazione dorso-ventrale dell’occhio (Wong, 2002).
Lhx2 è un gene contenente un omeodominio di tipo LIM ed è necessario per lo sviluppo degli occhi oltre che del prosencefalo e degli eritrociti. Topi deficienti di questo gene, infatti, formano le vescicole ottiche che restano in una forma rudimentale e non sviluppano coppe ottiche (Porter, 1997) così come accade anche per la mancanza di Pax6.
Tll è l’omologo del gene tailless di Drosophila nei Vertebrati. Questo gene è espresso nel prosencefalo, mesencefalo e nel campo dell’occhio. È necessario allo sviluppo dell’occhio, dato che esperimenti di perdita di funzione mostrano l’inibizione della crescita delle vescicole ottiche (Hollemann, 1998).
1.7. Il fattore di trascrizione Rx
Rx appartiene alla classe di geni contenenti un omeodominio paired-like,
correlato alla famiglia paired di fattori di trascrizione. In Xenopus sono presenti
due isoforme, Xrx1 e Xrx2, con domini di espressione non distinguibili per
ibridazione in situ a causa dell’alto livello di omologia tra i due geni (Mathers
et al., 1997). Sono stati identificati omologhi di questo gene in Drosophila, Zebrafish, Medaka, pollo, topo e uomo.
L’espressione di Xrx1 inizia nel campo dell’occhio a stadio di gastrula tardiva ed è delimitata anteriormente dalle cellule della ghiandola del cemento e posteriormente dal confine mesencefalo-rombencefalo (Fig. 9).
Successivamente, accompagna tutta la formazione delle vescicole ottiche fin dall’inizio del loro sviluppo con una espressione più marcata nella regione ventro-nasale. A stadi più tardivi il sito principale della sua espressione continua ad essere la neuroretina ma è espresso anche nella ghiandola pineale e nel diencefalo ventrale dal recesso prechiasmatico fino all’ipotalamo posteriore (Casarosa et al., 1997; Mathers et al., 1997) (Fig. 9b). Infine, a stadio di girino, quando la retina è completamente differenziata, l’espressione di Xrx1 è ristretta alla zona ciliare marginale (CMZ), allo strato dei fotorecettori e ad alcune cellule della regione più esterna dello strato nucleare interno (Perron et al., 1998) (Fig. 9c).
Esperimenti di guadagno di funzione di Xrx1 evidenziano la formazione di epitelio pigmentato retinico ectopico, iper-proliferazione della retina neurale e sviluppo di tubi neurali secondari ectopici (Andreazzoli et al., 1999;
a b c
Figura 9. Espressione di Xrx1. (a) Espressione nel campo dell’occhio in neurula precoce (stadio 13, visione dorsale). (b) Espressione di Xrx1 nella larva natante (stadio 28, visione frontale);
l’espressione è localizzata alle vescicole ottiche, all’epifisi (testa di freccia verde) e all’ipofisi (punto sottostante l’ipofisi). La marcatura diffusa tra gli occhi corrisponde al pavimento del diencefalo. (c) Espressione nella retina differenziata (stadio 42) localizzata nella CMZ, nello strato dei fotorecettori e in alcune cellule della regione più esterna dello strato nucleare interno.
Mathers et al., 1997) (Fig. 10). L’area in cui questo gene esplica i suoi effetti è ristretta tra il tubo neurale e l’occhio, e questo suggerisce che necessiti dell’interazione con altri fattori (Andreazzoli et al., 1999; Mathers et al., 1997) tra cui presumibilmente Otx2, che è espresso in questa regione come precedentemente citato, e altri fattori di trascrizione specifici del campo dell’occhio. A livello molecolare la sovraespressione di Xrx1 a stadio di bottone caudale induce l’attivazione ectopica di Xsix3, Xpax6 e Xotx2 nell’area di iperproliferazione tra l’occhio e il tubo neurale. Il fatto che Xrx1 attivi questi geni solo a stadi più tardivi, suggerisce differenti attività stadio-dipendenti di Xrx1 (Andreazzoli et al., 1999).
L’inibizione dell’espressione di Xrx1 causa la mancanza degli occhi, delle regioni telencefaliche ed in alcuni casi persino di intere regioni anteriori del sistema nervoso centrale (Andreazzoli et al., 1999; Mathers et al., 1997) (Fig.
11). La mancata formazione del telencefalo è legata al dominio di espressione a stadio di gastrula tardiva di Xrx1 che infatti comprende anche il territorio telencefalico presuntivo. Tutte le delezioni anteriori sembrano essere dovute ad apoptosi (Andreazzoli et al., 1999). A livello molecolare è stato dimostrato che l’intero campo dell’occhio subisce un restringimento. In topi deficienti di Rx1 non si formano le vescicole ottiche (Mathers et al., 1997): questo sembra
Figura 10. Sovraespressione di Xrx1. Sinistra: la freccia indica epitelio pigmentato ectopico. Centro, sezione trasversale. TN1: tubo neurale. TN2: tubo neurale secondario ectopico. Destra: sezione trasversale di occhio. R1, EP1, R2, EP2: retina ed epitelio pigmentato di una duplice struttura oculare.
indicare che questo gene agisca a monte di Pax6, la delezione del quale permette comunque l’iniziale formazione delle vescicole ottiche (Zuber, 2003).
Questi dati suggeriscono che una funzione di Xrx1 sia il mantenimento dello stato proliferativo della piastra neurale anteriore. Ulteriori conferme sono apportate dal fatto che Xrx1 venga attivato da geni come chordin e hedgehog, che inducono un destino anteriore e proliferativo, e represso dall’attività di Xngnr-1, e dell’acido retinoico che inducono differenziamento neuronale (Andreazzoli et al., 2003). Inoltre, il dominio di espressione di questo fattore di trascrizione è circondato da cellule che esprimono il gene proneurale Xngnr-1, il gene neurogenico XDelta-1 e l’inibitore del ciclo cellulare p27Xic1, di fatto cellule uscite dal ciclo cellulare che stanno differenziando in neuroni (Andreazzoli et al., 2003).
Evidenze sperimentali indicano che l’iperproliferazione della retina sia dovuta all’aumento dell’attività mitotica, in parallelo all’inibizione del differenziamento neuronale. In esperimenti di sovraespressione, Xrx1 infatti inibisce Xngnr, Xdelta, p27Xic1 e N-tub contrastando così il differenziamento neuronale e allo stesso tempo attivando la proliferazione. Xrx1 esercita l’attività di inibizione del differenziamento attivando Xhairy e Zic2, due
Figura 11. Inattivazione funzionale di Xrx1.
In alto embrione non iniettato di controllo;
sotto, tre embrioni microiniettati con oligonucleotide morpholino antisenso specifico per Xrx1. questi ultimi mostrano delezioni anteriori di diversa entità che variano dalla semplice riduzione delle dimensioni delle vescicole ottiche all’ablazione completa delle strutture telencefaliche e diencefaliche.
repressori trascrizionali capaci di ritardare il differenziamento neuronale (Andreazzoli et al., 2003). Questo spiega l’apparente contraddizione per cui Xrx1 sembra reprimere alcuni geni pur essendo un attivatore trascrizionale, anche se non esclude completamente l’ipotesi che possa funzionare anche come inibitore trascrizionale diretto. Inoltre, Xrx1 sembra regolare positivamente la cascata Delta/Notch e il ciclo cellulare, mantenendo l’espressione di cyclinD1 e Xotch nella retina in sviluppo. Le cellule in cui Xrx1 è sovraespresso, allungano la condizione di proliferazione senza però alterare il destino differenziativo, in quanto non cambiano nell’occhio differenziato le proporzioni dei differenti tipi cellulari retinici (Casarosa et al., 2003). Questo suggerisce che Xrx1 sia implicato nel mantenimento della multipotenza delle cellule staminali retiniche. Infatti la sovraespressione di Xrx1 causa il ritardo nel differenziamento cellulare e l’aumento di cellule in mitosi. Questi dati suggeriscono che l’espressione di Xrx1 nel campo dell’occhio sia necessaria e sufficiente a mantenere ed espandere il ‘pool’ di cellule proliferative staminali durante la retinogenesi (Zaghloul and Moody, 2007). A livello molecolare nelle cellule staminali retiniche, alti livelli di Xrx1 causano la repressione di Xpax6 e Xsix3, oltre che di geni marker di differenziamento neurale come neuroD, Xath5 p27 e Xngn1. Probabilmente l’inibizione di Xsix3 e Xpax6 da parte di Xrx1 permette il mantenimento delle cellule staminali retiniche in uno stato ‘primitivo’ (Zaghloul and Moody, 2007).
È interessante notare a questo punto che la piastra neurale anteriore e le vescicole ottiche, dove è espresso Xrx1, sono caratterizzate da un’elevata velocità proliferativa e ritardo nel differenziamento neuronale in confronto al resto del neuroectoderma (Eagleson et al., 1995; Papalopulu and Kintner, 1996).
Gli stessi effetti di Xrx1 di inibizione del differenziamento e
mantenimento della proliferazione osservati nei progenitori embrionali
sembrano essere presenti anche nelle cellule staminali adulte della CMZ, sito
in cui Xrx1 sembra mantenere la staminalità e specifica il destino neuroretinico, assieme a Xpax6 e Xsix3 (Perron et al., 1998). Svolge, inoltre un ruolo nel differenziamento dei fotorecettori e di alcune cellule dello strato nucleare interno (Perron et al., 1998).
1.8. La zona ciliare marginale
Nei Vertebrati inferiori, come Xenopus, gli occhi continuano a crescere durante tutta la vita, le nuove cellule essendo aggiunte nella zona marginale ciliare (CMZ). Questa è costituita da un anello di cellule indifferenziate localizzato all’estrema periferia della retina. Durante la crescita dell’animale, nuovi anelli si aggiungono più perifericamente senza che le cellule migrino, quindi nella regione centrale della retina le cellule sono differenziate e più vecchie mentre avvicinandosi verso la periferia le cellule sono via via più giovani (Harris and Perron, 1998). Nell’estrema periferia l’epitelio pigmentato retinico si ripiega sulla neuroretina :in questa regione sono presenti le cellule staminali, capaci di generare tutti i tipi cellulari neurali e non neurali retinici, così come accade nel campo dell’occhio, da cui si generano sia la neuroretina che l’epitelio pigmentato retinico (Wetts, 1989).
All’interno della stessa CMZ è presente un gradiente di sviluppo dalla
periferia verso il centro. Infatti nella parte più periferica si trovano cellule
staminali capaci di generare altre cellule staminali, grazie a divisioni
simmetriche, e tutti i tipi cellulari retinici, compresi quelli non neurali, tramite
divisioni asimmetriche. Immediatamente adiacenti alle cellule staminali si
trovano i retinoblasti, che ne discendono direttamente. Ciascuno di essi è
ancora in grado di generare molti tipi cellulari retinici ma non cellule
staminali. Infine, nella regione più centrale della CMZ sono contenute cellule
postmitotiche di morfologia indifferenziata che sembrano essere in fase di
determinazione del destino differenziativo. Evidenze sperimentali supportano l’idea che nella determinazione del destino differenziativo, come in Drosophila, potrebbero essere importanti le interazioni con cellule vicine (Harris and Perron, 1998). Inoltre, segnali provenienti dalla retina differenziata sembrano necessari per assicurare la corretta proporzione tra i diversi tipi cellulari: la distruzione selettiva di un tipo cellulare spinge la CMZ a produrre esattamente quel tipo cellulare, fino a riportare all’equilibrio le proporzioni tra i tipi cellulari (Negishi, 1982; Reh, 1986). In un modo analogo, nella retina embrionale in via di sviluppo, le cellule gangliari, le prime ad essere generate, inviano segnali che inibiscono altre cellule ad intraprendere quello stesso destino differenziativo (Waid and Mcloon, 1998).
A livello molecolare l’espressione genica nella CMZ ricapitola nello spazio quella temporale della retina embrionale in via di sviluppo. In base alla diversa espressione genica sono state individuate quattro zone di seguito elencate.
Zona di specificazione Questa è la regione più periferica che comprende le cellule staminali. È caratterizzata dall’espressione di Xrx1, Xpax6 e Xsix3 (Fig. 12)che continuano ad essere espressi in tutta la CMZ ma anche in specifici tipi cellulari della retina centrale, suggerendo un duplice ruolo:
inizialmente nella specificazione del campo dell’occhio e successivamente nella determinazione dello sviluppo di specifici tipi cellulari nella retina (Perron et al., 1998).
Zona proneurale e neurogenica In questa regione, contigua alla
precedente, iniziano ad essere espressi i geni proneurali Xash1 e Xash3
omologhi di achaete-scute in Drosophila, e i geni neurogenici della cascata Delta
e Notch (Ferreiro, 1993; Muskavitch, 1994; Zimmerman, 1993)(Fig. 12). Tutti
questi geni hanno lo stesso dominio di espressione. Nella retina embrionale
iniziano ad essere espressi successivamente ai fattori di trascrizione specifici del campo dell’occhio. Probabilmente la funzione dei geni proneurali è di indirizzare i retinoblasti già specificati dai geni del campo dell’occhio verso un destino neuronale, mentre i geni neurogenici sembrano inibire il differenziamento. Questo potrebbe permettere il controllo spazio-temporale del differenziamento cellulare che può iniziare solo dopo lo spegnimento dei geni neurogenici (Harris and Perron, 1998).
Zona di determinazione cellulare In questa regione, contigua alla precedente, sono accesi i geni neuroD, ATH-3 e Xath5 (Kanekar et al., 1997; Lee et al., 1995; Takebayashi, 1997), omologhi di atonal in Drosophila, insieme a X-MyT1 (Bellefroid, 1996) e Xotx2 che, così come accade nel campo dell’occhio, iniziano ad essere espressi successivamente ai geni proneurali e neurogenici (Fig. 12). I geni neuroD, ATH3, Xath5, X-MyT1, Xotx2 contribuiscono a stabilizzare la determinazione dei retinoblasti proliferanti verso un determinato destino differenziativo. Tutti questi geni ad eccezione di Xath5 continuano ad essere espressi in specifici strati della retina centrale (Harris and Perron, 1998).
Zona differenziativa Questa è la regione più centrale della CMZ: si
differenzia dalla precedente in quanto è postmitotica. I neuroblasti
indifferenziati sono a contatto con i neuroni maturi della retina centrale da cui
probabilmente ricevono segnali che li inducono a differenziare in uno specifico
tipo cellulare. Durante la transizione a cellule differenziate vengono spenti
tutti i geni proneurali e neurogenici, mentre gli altri restano differenzialmente
accesi o spenti nei diversi strati retinici (Harris and Perron, 1998).
Figura 12. Espressione genica nella retina di Xenopus. Nel riquadro in altro: suddivisione schematica della retina e della CMZ nelle quattro zone: 1, 2, 3 e 4. La regione proliferativa è colorata in giallo e quella post-mitotica in arancione. GCL strato delle cellule gangliari; IINL parte interna dello strato nucleare interno; OINL parte esterna dello strato nucleare interno; ONL strato nucleare esterno. Sotto:
espressione genica nelle quattro zone della CMZ e negli strati retinici. I geni espressi per la prima volta sono scritti in rosso, quelli espressi già precedentemente in nero e quelli spenti in grigio.