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La letteratura per l’infanzia

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Academic year: 2021

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Premessa

L’obiettivo della mia tesi è stato quello di tradurre e analizzare Being with Henry, uno dei romanzi dell’autrice canadese Martha Brooks. Commediografa, cantante jazz e scrittrice per ragazzi, la Brooks ha ottenuto numerosi riconoscimenti per i suoi libri, tutti destinati ai giovani lettori, come: il Governor General's Award for English language children's literature, il Boston Globe-Horn Book Honor Book Award, il Vicky Metcalf Award il Canadian Library Association Young Adult Book Award, e il McNally Robinson Book for Young People Award.

Nel primo capitolo introdurrò l’argomento della letteratura per bambini e ragazzi, con alcuni cenni storici sulla sua evoluzione, soffermandomi sul sottogenere young adult fiction, categoria a cui il libro tradotto appartiene.

Nel secondo, dopo aver riassunto brevemente la trama di Being with Henry, ne analizzerò alcune caratteristiche peculiari.

Il terzo e ultimo capitolo sarà dedicato al commento traduttologico, con la trattazione delle problematiche incontrate nel corso del lavoro.

Seguiranno, infine, il testo integrale della traduzione e alcune considerazioni conclusive.

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Capitolo 1

La letteratura per l’infanzia

La letteratura per l’infanzia interessa la produzione narrativa e divulgativa per una fascia d’età compresa tra 0 e 18 anni. Occorre infatti precisare che quando si parla d’infanzia ci si riferisce al lettore in età evolutiva, ovvero a «ogni essere umano in età inferiore ai diciotto anni, a meno che, secondo le leggi suo Stato, sia divenuto prima maggiorenne», secondo la definizione di infanzia della Convenzione internazionale sui diritti dell’infanzia (art.1, Parte prima) del 20 novembre 1989.

In Italia la letteratura per l’infanzia, intesa come disciplina autonoma e ambito narrativo specifico, nel corso degli anni è stata denominata in modi diversi dagli studiosi e dagli esperti del settore1.

In un primo periodo, tra il 1900 e il 1960, le dizioni più utilizzate sono state quelle di letteratura infantile o letteratura per l’infanzia; gli studiosi hanno però manifestato alcune perplessità riguardo a questa terminologia, ritenendo che il termine infanzia o infantile possa dar adito a equivoci, facendo pensare a una letteratura indirizzata solo ai bambini più piccoli, mentre in realtà essa interessa anche la fascia adolescenziale. Inoltre lo stesso termine potrebbe assumere una connotazione dispregiativa, lasciando intendere, erroneamente, una narrativa semplice, se non addirittura semplicistica o banale.

Successivamente è stato quindi proposto di utilizzare la denominazione letteratura per l’infanzia e l’adolescenza, ritenendola più adeguata a indicare le diverse fasce d’età dei destinatari. Anche in questo caso sono state mosse alcune critiche, in riferimento alla preposizione per che indicherebbe solo le opere

1 S. Blezza Picherle, Letteratura per l’infanzia. Ambiti, caratteristiche, tematiche, Libreria Editrice Universitaria, Verona 2003, estratto reperibile al sito

http://www.dfpp.univr.it/documenti/Avviso/all/all020800.pdf

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scritte appositamente per i ragazzi, escludendo così altri testi non originariamente indirizzati a loro, ma fatti propri da questi ultimi.

Dagli anni Sessanta alla fine degli anni Ottanta del Novecento, il termine più usato è stato invece quello di letteratura giovanile, includendo così i lettori sia bambini sia adolescenti. La denominazione letteratura per l’infanzia, comunque, non è mai venuta meno in quegli anni, tant’è che ancora oggi è molto utilizzata.

Attualmente coesistono più espressioni per riferirsi a questa produzione narrativa: letteratura per l’infanzia, letteratura per l’infanzia e l’adolescenza, letteratura giovanile e letteratura per ragazzi. Anche tra gli stessi esperti del settore esiste molta confusione terminologica, così molto spesso le varie diciture vengono alternate indifferentemente, senza una reale percezione dello slittamento di significato che questo scarto comporta2.

All’interno di questo genere esistono ovviamente delle sottocategorie, infatti i testi vengono suddivisi in fasce d’età che variano in base agli anni, che vanno dagli 0-5, 5-7, 7-11 e così via, fino alle pubblicazioni per adolescenti e giovani adulti. Questa distinzione dovrebbe aiutare i genitori e gli insegnanti, ma anche gli stessi ragazzi, a orientarsi entro la vasta scelta di proposte letterarie pensate per loro.

Nella letteratura per l’infanzia rientrano testi molto diversi tra loro:

- opere destinate ai bambini e ai ragazzi, pensate e scritte intenzionalmente per loro: fiabe, favole, novelle, racconti, romanzi, ma anche narrazione in versi, libri illustrati (picturebooks), testi teatrali e fumetti.

- opere originariamente destinate a un pubblico di adulti, ma in seguito divenute “dominio” dei più giovani (tanto per citarne qualcuno Robinson Crusoe di Defoe, I viaggi di Gulliver di Swift, molti racconti di

2 O. Innocenti, La letteratura giovanile, Laterza, 2000, p. 9

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Dickens, fino ad arrivare a libri più recenti come la trilogia de Il Signore degli anelli di Tolkien)

- opere per adulti adattate, ridotte e parzialmente riscritte per renderle accessibili ai bambini e ai ragazzi.

- opere (romanzi, racconti, autobiografie) scritte da giovani scrittori per giovani lettori.

La letteratura per l’infanzia è stata a lungo relegata a un ruolo di nicchia e spesso ritenuta di scarso interesse, in quanto genere letterario “basso” adatto ad un pubblico di serie B. Solamente durante lo scorso secolo, e ancora di più negli ultimi decenni, ha cominciato a essere considerata un genere letterario vero e proprio e, in quanto tale, a essere sottoposta a studi e ad analisi critico- letterarie, talvolta anche pedagogiche. L’approccio verso la letteratura per l’infanzia è cambiato perché è cambiato il modo di pensare ai bambini e ai ragazzi, considerati non più soggetti diversi o inferiori, ma individui intelligenti, logici, perspicaci e intuitivi, soltanto con una conoscenza ed esperienza del mondo e della vita più limitata rispetto agli adulti.

A dimostrazione della posizione di maggior rilievo che questo genere si sta ritagliando sta il fatto che oggigiorno alcune università, anche se ancora poche, hanno dipartimenti che si occupano esclusivamente di letteratura per l’infanzia, che sono aumentate le case editrici che pubblicano collane per bambini e ragazzi, e che sono stati istituiti vari premi letterari. Tra questi si può ricordare: l’Astrid Lindgren Memorial Award, il maggior riconoscimento alla letteratura per l’infanzia e l’adolescenza, conferito ogni anno a uno o più vincitori, selezionati tra scrittori, illustratori, narratori e persone o organizzazioni attive nella promozione della lettura; l’Hans Christian Andersen Award, assegnato ogni due anni nelle categorie Scrittori e Illustratori per l’infanzia; il CILIP Carnegie Medal Award, riconoscimento britannico attribuito annualmente allo scrittore del miglior libro per ragazzi.

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La letteratura per ragazzi è stata troppo a lungo sottovalutata, mentre è evidente che rappresenta una parte importante del panorama letterario e gioca un ruolo fondamentale nella formazione dei gusti e degli orizzonti d’attesa dei giovani lettori di oggi, che saranno i lettori adulti di domani. I bambini e i ragazzi sono un pubblico a pieno titolo, al quale va riconosciuta assoluta dignità e, di conseguenza, i testi che nascono per loro hanno lo stesso valore di quelli per adulti.

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XIV

1.1 Cenni sull’evoluzione della letteratura per l’infanzia dal Settecento a oggi

La narrativa rivolta a bambini e ragazzi nasce e si sviluppa in Europa tra il Seicento e il Settecento, con una finalità educativa. Tendenzialmente si prende come data d’inizio della letteratura per l’infanzia il 1697, anno in cui viene pubblicata una raccolta di fiabe scritta da Charles Perrault e intitolata Contes de ma mère l’ Oye (I racconti di mamma Oca).

Nel Settecento e per buona parte dell’Ottocento ci si prefigge di istruire divertendo: vengono scritte diverse tipologie di testi (fiabe, novelle, racconti, romanzi, filastrocche) che contengono insegnamenti, ammonimenti e consigli utili per la vita. Ad esempio, i racconti fiabeschi sono un terreno fertile in cui disseminare una grande quantità di consigli educativi, che vengano chiaramente esplicitati nella conclusione o che siano presenti in modo più velato lungo tutto il testo. In pratica il libro diventa un pretesto per raccontare, sotto una piacevole veste narrativa, cosa sia giusto e cosa sbagliato.

Questa finalità istruttivo-educativa viene mantenuta fino alla prima metà del secolo scorso, con l’obiettivo di trasmettere messaggi precisi, funzionali ai valori, agli ideali e alle ideologie dei diversi contenuti e contesti storici, allo scopo di forgiare bambini e giovani modello.

Ciò si rende ancora più evidente nella letteratura di genere: in gran parte della produzione otto-novecentesca le bambine e le ragazze vengono presentate in modo alquanto tipizzato e si vanno a mettere in evidenza tutte quelle doti e qualità, come bontà d’animo, modestia e semplicità, atte a formare il modello ideale di donna e di madre.

Con il passare del tempo, la scoperta della dignità dei giovani in quanto lettori dotati di senso estetico proprio ha portato alla scrittura e alla pubblicazione di testi sempre più apprezzabili qualitativamente e ad allontanarsi progressivamente dall’iniziale visione didascalica della narrativa per ragazzi, con una maggiore attenzione anche alla componente di evasione della lettura.

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È a partire soprattutto dalla seconda metà del Novecento che si verificano cambiamenti sostanziali nella narrativa per ragazzi.

Per quanto riguarda il contenuto, specie nella letteratura per le fasce di lettori già scolarizzati, si introducono nuove tematiche sociali, familiari e individuali, ma si registrano anche alcune modifiche in merito alla scrittura stessa. Ad esempio, si inizia a ricorrere maggiormente alla prima persona, che permette di esprimere in modo più diretto pensieri, sentimenti ed emozioni del protagonista. Si predilige un ritmo più veloce e dinamico, con tanto di suspense, tutte strategie che puntano ad accrescere l’interesse, l’attenzione e il coinvolgimento del giovane pubblico. I dialoghi, a differenza di quelli dei romanzi di Sette e Ottocento, retorici, banali e studiati apposta per suggerire o rinforzare certi insegnamenti o ammonimenti, si fanno più numerosi e realistici, e vengono utilizzati, proprio come nella letteratura per adulti, sia per caratterizzare in modo concreto i personaggi che per tenere alta l’attenzione dei lettori.

Ecco che ci si è avviati verso la promozione di una letteratura in cui non si mira a indirizzare il comportamento del giovane lettore, ma in cui trovino spazio le idee, le aspettative e i valori dei ragazzi. In breve, la letteratura si è allontanata dall’iniziale funzione istruttivo-educativa, per assolvere meglio quella formativa, attraverso l’originalità delle storie, una rappresentazione più autentica del bambino e dell’adolescente, e una maggiore qualità artistica.

Attualmente i migliori scrittori per bambini e ragazzi non si prefiggono più alcun obiettivo educativo; i libri non devono servire per istruire in modo esplicito, ma non per questo si perde ogni utilità. La letteratura, e non solo quella che riguarda la fascia di pubblico di cui si parla, è necessaria non tanto perché trasmette precisi messaggi pedagogici, ma per gli stimoli e le risposte che ognuno può trovare in essa.

Nell’universo narrativo il lettore può trovare molteplici occasioni di crescita e di arricchimento esistenziale, può scoprire aspetti inconsueti della realtà, conoscere se stesso, costruire la propria identità, maturare affettivamente e sviluppare il pensiero critico.

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XVI

1.2 Young adult fiction

Attualmente una vastissima parte della produzione editoriale contemporanea è rivolta proprio ai giovani adulti.

Una delle tante interpretazioni che sono state date per classificare questo sottogenere all’interno del panorama letterario afferma che per young adults si debbano intendere “those who think they’re too old to be children but who others think are too young to be adults.”3

I destinatari di questa produzione narrativa di solito appartengono a una fascia di età che va dai 12/13 anni ai 18, ma che talvolta viene estesa fino ai 21 o addirittura ai 25 anni.

I libri per young adults possiedono alcune caratteristiche ricorrenti, di seguito descritte.

Uno degli aspetti più interessanti riguarda la caratterizzazione dei personaggi. Rispetto al passato, alla lunga tradizione narrativa che offriva figure di bambini e ragazzi molto, troppo idealizzate, inverosimili, e irrealmente buone, i libri di oggi danno un’immagine più autentica e veritiera, presentando soggetti più umani, perché ritratti anche nei loro aspetti negativi. Uno dei tratti che caratterizza moltissimi di questi nuovi protagonisti è la ribellione che si rivolge principalmente verso i genitori, assumendo due forme opposte: la chiusura e il silenzio ostile oppure lo scontro. Si tratta della classica sfida dell’autorità parentale, tappa obbligata nel percorso di affermazione della propria identità, che può assumere varie forme trasgressive, da reazioni violente a comportamenti devianti, fino alla fuga.

Lo scontro che nasce tra l’adolescente e i personaggi adulti (genitori in primis ma non solo) non deve però far pensare a una netta opposizione di ruoli; nei testi per young adults i personaggi non sono mai del tutto buoni o cattivi. Proprio

3 A. P. Nilsen – K. L. Donelson, Literature for Today’s Young Adults, Pearson Custom Publishing, Boston, 2009, p. 1

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per una questione di realismo, ognuno viene tratteggiato in modo vero, con pregi e difetti, fragilità, insicurezze e problemi.

Per quanto riguarda il contenuto, invece, nelle parole di Patty Campbell:

The central theme of most YA fiction is becoming an adult, finding the answer to the question “Who am I and what am I going to do about it?” No matter what events are going on in the book, accomplishing that task is really what the book is about, and in the climactic moment the resolution of the external conflict is linked to a realization for the protagonist that helps shape an adult identity.4

La ricerca e l’affermazione della propria identità è dunque la principale tematica che si incontra nella letteratura per giovani adulti. La dimensione individuale spesso si intreccia a questioni di ordine culturale, ad esempio sono ampiamente narrati gli aspetti che caratterizzano l’attuale società multietnica, con tutte le difficoltà che sorgono quando persone che appartengono a etnie, culture e religioni diverse si trovano a vivere in uno stesso ambiente. Una parte consistente della produzione narrativa rappresenta la famiglia con le sue diverse problematiche: dal divorzio, a uno stile di vita frenetico, alla ribellione, alla mancanza di dialogo tra generazioni. Numerosi sono anche i romanzi che trattano di tematiche sociali, tra cui le diverse forme di emarginazione, la violenza, le droghe ecc.

Un’altra caratteristica tipica della letteratura young adult è che il punto di vista è sempre quello dell’adolescente, sia che la storia venga raccontata in prima persona, come accade nella maggior parte dei casi, o che intervenga un narratore in terza persona. L’importante è riuscire a ottenere un maggior coinvolgimento del giovane lettore, coinvolgimento che ovviamente è favorito anche dal fatto che il protagonista sia suo coetaneo, cosa che facilita l’identificazione.

Un altro aspetto su cui soffermarsi è il finale. Mentre nella letteratura destinata ai bambini più piccoli il lieto fine è immancabile, perché è un elemento

4 Ibidem, p. 4

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importante, tanto da un punto di vista morale quanto emotivo (la studiosa Margaret Rönnberg infatti afferma che i bambini “below the age of nine detest open endings and want to know how things turn out: that the evil are punished, the good rewarded and that security is re-established”5) l’happy ending non è quasi mai presente nella young adult fiction. Ciò trova facilmente spiegazione in un criterio di realismo. Se si considera che di solito il tempo del racconto si svolge nell’arco di alcune settimane, mesi, o un anno al massimo, questo breve periodo ovviamente non permette un enorme cambiamento nel personaggio; non sarebbe verosimile che il protagonista riuscisse a risolvere tutti i suoi problemi e a superare i conflitti interiori in così poco tempo. Per questo motivo si trovano quasi sempre finali aperti, scelta dettata anche dalla volontà degli scrittori di affidare un ruolo molto attivo al lettore, che ha così la possibilità di immaginare diverse possibili continuazioni.

Spostandoci invece sul lato opposto del libro, cioè all’inizio, inutile dire che le prime pagine svolgono un’importante funzione motivazionale. Se questa affermazione vale per ogni genere letterario, se un buon autore deve saper catturare l’attenzione del lettore fin dalle prime righe, quando i destinatari sono i ragazzi, potenzialmente più impazienti, l’incipit deve essere ancora più incisivo e stimolante.

Infine, la narrativa contemporanea per i giovani si caratterizza anche per una

“accelerazione” dei ritmi di scrittura. La costante esposizione a Internet, alla televisione e ai videogiochi fa sì che i bambini e i ragazzi di oggi siano abituati alla velocità, e che quindi anche in campo letterario prediligano storie in cui trionfa l’azione, la rapidità, la continua eccitazione. Per questo motivo gli scrittori cercano di velocizzare il passo narrativo attraverso scelte stilistiche come il ricorso a frasi piuttosto brevi, all’uso frequente del punto fermo, agli scambi di battute rapidi tra i personaggi, ma anche arricchendo la storia con colpi di scena e tensione narrativa.

5 M. Rönnberg, Why is Disney so popular?, Filmförlaget, Uppsala 2002, p. 7

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L’obiettivo centrale della young adult fiction è, dunque, riuscire ad affiancare il lettore nella lunga strada che lo porta a diventare adulto, di sviluppare in lui una personalità, di accompagnarlo nella crescita intellettiva e nella scoperta del proprio io. Leggere è accrescere le proprie conoscenze, soddisfare curiosità e interessi ed è per questo che, soprattutto al giorno d’oggi, si dovrebbe cercare di far avvicinare i giovani a questa attività che raramente scelgono. La lettura dovrebbe tornare a essere un punto fermo, proprio per le sue proprietà comunicative, emozionali e formative, specialmente in un periodo così delicato e pieno di insicurezze come quello adolescenziale.

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1.3 Tradurre la letteratura per l’infanzia

Così come la letteratura per l’infanzia è stata a lungo relegata a una posizione marginale, anche la traduzione di questo genere è stata, ed è ancora oggi, troppo spesso sottovalutata e subordinata in ordine di importanza (nonché di difficoltà) alla traduzione letteraria vera e propria.

Si tratta di un pregiudizio molto diffuso, ma in realtà la traduzione della letteratura giovanile, oltre ad essere ovviamente importante, è anche qualcosa di estremamente complesso, in quanto presenta problematiche specifiche, principalmente legate al fatto che il destinatario è in qualche modo diverso dall’adulto e il suo orizzonte conoscitivo è ancora in parte da formare. Uno degli aspetti più importanti da considerare quando si traduce è proprio il pubblico a cui il lavoro è indirizzato, cosa necessaria per cercare di riprodurre nel lettore lo stesso effetto a cui mirava il testo originale.

Autori e traduttori di letteratura per bambini e ragazzi operano secondo l’

idea di infanzia e adolescenza che possiedono e che, in genere, cambia notevolmente da persona a persona. In Translating for children, Riitta Oittinen espone il concetto di child image, spiegando che l’idea che si ha dell’infanzia, dipende, da un lato, dalle proprie esperienze personali e, dall’altro, è influenzata dalla cultura e dalla società.6

Sempre secondo la Oittinen adattare un testo a un pubblico di ragazzi vuol dire principalmente “addomesticarlo”, cioè renderlo il più possibile vicino al lettore prestando attenzione all’età, alla cultura e alla società in cui vive, operando insomma una sorta di riscrittura del testo:

Translation is always an issue of different users of the texts, which involves rewriting for new-target language audiences.7

Ribadendo il concetto che la letteratura per l’infanzia interessa un range di pubblico che va dai neonati, ovvero dai lettori non autonomi, ai maggiorenni, è

6 R. Oittinen, Translating for Children, Garland, New York, 2000, p.3.

7 Ibidem, p.75.

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ovvio che all’interno di questo settore così ampio le competenze, le capacità e gli orizzonti conoscitivi di bambini e ragazzi cambino notevolmente anche a distanza di pochi anni. Libri indirizzati a fasce d’età diverse presentano determinate caratteristiche e peculiarità, e, di conseguenza, anche il traduttore si troverà davanti a sfide e questioni differenti da affrontare. Ad esempio, uno degli aspetti più evidenti della letteratura per la prima infanzia è la presenza del doppio destinatario: l’adulto che legge e il bambino che ascolta. Nella traduzione di testi di letteratura pre-scolare la componente orale è fondamentale, e il traduttore dovrebbe sforzarsi di ricreare un testo scorrevole, che “suoni bene”, adatto alla lettura ad alta voce, e quindi dovrebbe prestare attenzione soprattutto a ritmo e alla punteggiatura. Ovviamente nella produzione destinata a lettori scolarizzati scompare il doppio destinatario, poiché aumenta l’autonomia del giovane e la sua padronanza e competenza linguistica, ma non per questo la traduzione si fa più facile. I testi per i ragazzi più grandi pongono problemi traduttivi molto simili a quelli per adulti. Una delle questioni più spinose rimane quella dei riferimenti culturali, cioè quegli elementi che appartengono ad una specifica cultura e che non è detto che il giovane lettore conosca. In questi casi il traduttore si troverà a valutare come agire, se esplicitando, cambiando, o integrando in qualche modo le informazioni.

Nella traduzione di opere per ragazzi la tendenza è quella di optare per una soluzione target-oriented, cioè di orientare il testo verso la cultura d’arrivo, cercando di facilitar loro il più possibile la lettura.In linea di massima, si cerca di avvicinare il testo al lettore e quindi di smussare ogni estraneità o elemento di potenziale incomprensione della cultura di partenza. È anche vero che così facendo però, spesso si sottovaluta la curiosità del bambino e del ragazzo:

talvolta lasciare qualcosa di “strano”, delle zone d’ombra, può risultare molto stimolante.

Un’ulteriore problematica, che si presenta spesso nella young adult fiction, riguarda il contenuto, poiché da parte dell’editoria italiana si riscontra spesso un atteggiamento censorio nei confronti dei temi “forti”, che questi romanzi

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affrontano in modo crudo e diretto, atteggiamento che si concretizza edulcorando o addirittura omettendo le parti più scabrose. Questo adattamento non riguarda soltanto il contenuto, ma spesso viene passata una spugna anche su quelli che sono tratti fondamentali del linguaggio utilizzato nei romanzi per giovani adulti: autenticità dei dialoghi, slang giovanile, uso di turpiloquio8.

Anche laddove non si incontrasse alcuna ostilità da parte dell’editoria, la traduzione di tali aspetti continuerebbe a costituire un fattore di difficoltà. In Italia, infatti, il linguaggio giovanile è fortemente connotato a livello geografico, e dunque è alto il rischio di cadere in regionalismi, motivo per cui bisognerebbe cercare soluzioni credibili ma anche comprensibili a tutti.

8 S. Mambrini, C’era due volte…tradurre letteratura per ragazzi. In Ècrire Et Traduire Pour Les Enfants: Voix, Images Et Mots - Writing and Translating for Children: Voices Images and Texts, a cura di E. Giovanni et al., P.I.E. Peter Lang, Bruxelles, 2010, p. 254

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XXIII

Capitolo 2

Being with Henry

Being with Henry è un romanzo di Martha Brooks basato sulla short story The kindness of strangers della stessa autrice, e pubblicato nel 1999. Il libro è stato candidato al Governor General's Literary Award for English language Children's Literature, premio che però la scrittrice ha vinto solo due anni dopo con un altro romanzo, dal titolo True Confessions of a Hearthless Girl.

Catalogato dalla casa editrice DK publishing come young adult fiction, specificando come fascia di età quella compresa tra dodici e sedici anni, il libro è palesemente destinato a lettori già scolarizzati e presenta molte caratteristiche tipiche dei romanzi per giovani adulti.

2.1 Sinossi

Laker, il protagonista della storia, è un ragazzo di sedici anni che vive a Duluth con la madre Audrey e il patrigno Rick. I rapporti con il padre naturale sono inesistenti, e quelli con la madre difficili: Audrey è una persona fragile e spesso incapace di gestire la propria vita e quindi è il figlio a doversi occuparsi di lei, in un capovolgimento di ruoli.

Dopo una lite furibonda con Rick, Laker viene cacciato di casa dalla madre e si ritrova a vagabondare, fino a quando conoscerà l’ottantatreenne Henry. Da questo incontro fortuito e da una strana convivenza, nascerà un tenero rapporto di comprensione, affetto e aiuto reciproco, grazie al quale Henry troverà un rimedio alla solitudine e riacquisterà entusiasmo per la vita, e Laker conquisterà un suo, se pur debole, equilibrio.

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2.2 Struttura, personaggi e caratteristiche

Il romanzo è suddiviso in tre sezioni intitolate Dreams and Lies, Henry, e Heron Lake e formate, rispettivamente, da quattro, diciassette e dieci capitoli di lunghezza molto varia.

La storia è raccontata prevalentemente in terza persona, a differenza della maggior parte dei romanzi contemporanei per ragazzi che, al contrario, sono scritti in prima persona come se il protagonista, senza alcuna mediazione dello scrittore, raccontasse a un interlocutore la sua storia, la sua vita, la sua esperienza, le sue avventure.

In Being with Henry il narratore, pur essendo esterno, è onnisciente e ci permette così di conoscere a pieno i sentimenti, i pensieri e gli stati d’animo dei personaggi, ai quali viene comunque lasciato molto spazio per raccontarsi e intervenire direttamente, attraverso i numerosi dialoghi presenti nel testo.

Queste parti dialogiche insieme alle journal entry, narrate in prima persona, permettono di stabilire un rapporto molto diretto e confidenziale tra protagonista e lettore, facendo sì che quest’ultimo riesca a identificarsi e immedesimarsi nel personaggio.

La parte iniziale della vicenda è ambientata nel Minnesota, tra le città di Minneapolis, Duluth e Bemidji. In seguito i personaggi si spostano in Canada, nella regione del Manitoba, zona che fa da sfondo anche ad altri romanzi della stessa autrice, la quale ama scrivere della terra della sua infanzia e adolescenza, a cui è molto legata.

L’attuale narrativa per ragazzi è incentrata sulla focalizzazione interna dei personaggi, cioè descrive in maniera ricca e articolata la loro complessa interiorità, mettendone in luce pensieri, riflessioni e sentimenti9. Il ricorso a frequenti flashback, soprattutto nei romanzi per adolescenti, permette di connotare meglio il soggetto sotto il profilo umano.

9 S. Blezza Picherle, Libri, bambini, ragazzi, Vita e Pensiero, Milano, 2011 p. 244

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In Being with Henry troviamo, all’inizio di molti capitoli, degli estratti da un diario che, pur risultando inizialmente incomprensibili perché scollegati dalla trama principale, alla fine si scoprono essere ricordi frammentari dei primissimi anni di vita del protagonista e quindi permettono di capire meglio certe dinamiche nelle relazioni tra i personaggi, soprattutto tra Laker e sua madre.

Nella prima parte del romanzo, infatti, il tradizionale rapporto madre-figlio appare invertito: è Laker a prendersi cura di Audrey, a prepararle da mangiare, a chiamare i datori di lavoro per giustificare in qualche modo la sua assenza, quando lei è depressa e non riesce nemmeno ad alzarsi dal letto. Tutto questo cambia quando Audrey conosce Rick, con il quale, nel giro di pochissimo tempo, si sposerà. Se prima di allora era Laker l’uomo di casa, con l’arrivo del nuovo patrigno i ruoli cambiano e il ragazzo torna ad essere “just a kid”10. Ora Audrey ha un’altra persona da cui dipendere e, quando Rick e Laker hanno un’accesa discussione, arrivando alle mani, lei si schiera dalla parte del marito invece che da quella del figlio, che viene addirittura cacciato di casa.

Da come vengono descritte le relazioni e la situazione iniziale, il lettore è portato a puntare il dito contro questa donna poco responsabile e ancor meno calata nel suo ruolo materno. Ma la sua figura viene rivalutata quando si scopre che è stata vittima di violenze domestiche, che il precedente compagno, il padre di Laker, l’ha quasi ridotta in fin di vita, e che se per diverso tempo era sparita senza dare più notizie, abbandonando il figlio di pochi mesi a un’amica, l’aveva fatto per far perdere le sue tracce a quell’uomo pericoloso e ossessionato da lei.

La fragilità e la debolezza di Audrey nascondono, in realtà, un passato doloroso e traumatico che permette in parte di giustificare o almeno comprendere certe mancanze e certi suoi comportamenti.

Martha Brooks riesce a dar vita a dei personaggi a tutto tondo, credibili e complessi. Laker, il protagonista adolescente, è forse quello che presenta più sfaccettature. All’interno della sfera familiare lo vediamo alternare atteggiamenti dolci e amorevoli ad altri molto aggressivi, sia a livello verbale che fisico. I suoi

10 M. Brooks, Being with Henry, DK publishing, New York, 2000, p.13

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scatti d’ira, però, non sono mai immotivati, ma quasi sempre scatenati dal voler proteggere la madre. Se alcuni attriti fanno parte della normale conflittualità che contraddistingue il dialogo familiare proprio dell’età adolescenziale, in questo caso bisogna anche considerare la difficile situazione che vive Laker, il quale si ritrova, di punto in bianco, un patrigno che non ritiene adatto alla madre, (“This man is so beneath his mother”11). Il soprannome the Prick, il Coglione, e gli altri appellativi utilizzati (“And he’s an asshole”12) evidenziano la scarsa considerazione che il ragazzo ha di Rick. Le tensioni familiari e le ostilità si fanno sempre più forti quando Audrey rimane incinta e Laker non accetta né vuole avere niente a che fare con “that obscene baby that will be hers and his”13.

Nel capitolo 1 ho accennato che uno dei tratti che contraddistingue le figure di ragazzi nella narrativa contemporanea è proprio la ribellione nei confronti degli adulti, che può assumere vari livelli e forme di trasgressione. Laker inizialmente si rifugia nell’alcol e in tre occasioni torna a casa ubriaco, ma poi capisce che questa non è la soluzione ai suoi problemi. Successivamente adotta comportamenti sempre più aggressivi, che culminano in una reazione particolarmente violenta nei confronti di Rick, a cui seguirà l’esser buttato fuori di casa. La fuga è un’altra tematica ricorrente della young adult fiction. I ragazzi scappano per diversi motivi: per allontanarsi dalla dolorosa incomunicabilità con i genitori, per sottrarsi alle difficoltà della vita o a qualche insuccesso, per colmare un vuoto esistenziale, ma anche come tentativo di risoluzione di un conflitto14. Tuttavia, in questo caso, l’allontanamento da casa non è una scelta volontaria ma imposta da altri e, anzi, inizialmente è una condizione molto sofferta, tant’è che il ragazzo chiede alla madre di poter tornare a vivere con lei.

Ciò nonostante, questa “fuga” in fin dei conti si rivelerà positiva perché, grazie all’incontro con Henry e a una serie di avvenimenti conseguenti, Laker riuscirà a

11 Ibidem, p. 29

12 Ibidem, p. 13

13 Ibidem, p. 29

14 S. Blezza Picherle, Libri, bambini, ragazzi, Vita e Pensiero, Milano, 2011 p. 174

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trovare un certo equilibrio, e soprattutto a scoprire alcuni tasselli mancanti che gli permetteranno di conoscere meglio il suo passato e quello della sua famiglia, e di porre così le basi per riallacciare i rapporti con Audrey. Alla fine del romanzo, proprio nell’ultimo capitolo, Laker decide di andare a trovare sua madre, dopo aver ricevuto una lettera in cui Audrey gli propone di tornare a casa a vivere con lei e con la nuova famiglia che si è formata. Da ciò si intravede la volontà da parte di entrambi di tentare un riavvicinamento e, anche se il finale è aperto e quindi non è dato sapere come effettivamente andranno le cose, le parole che Laker pronuncia prima di andarsene e tornare da Henry dopo questa breve visita (“Maybe I’ll come to Winnipeg for Thanksgiving”15) lasciano presupporre che madre e figlio continuino a mantenere il rapporto ritrovato.

Il secondo personaggio principale è Henry. Come Laker, anche lui vive un ruolo diverso da quello che gli spetterebbe: da quando sua moglie è morta, la figlia Vera Lynne si occupa di lui in modo assillante, come se fosse lei il genitore.

Non gli lascia alcuna libertà, e anche se certamente le cure e le attenzioni verso il padre sono a fin di bene, Henry le percepisce in tutt’altro modo (“My wife died over two years ago, and I've been henpecked ever since”16; “her diligence on my behalf has become an increasing pain in the ass”17,) e cerca di riappropriarsi della sua indipendenza, di far valere le sue decisioni e le sue scelte.

Tra i personaggi adulti, nei romanzi per bambini e ragazzi, troviamo spesso i nonni, rappresentati come figure di riferimento positive per i giovani protagonisti. Questi personaggi sono descritti secondo due modalità: alcuni, soprattutto nelle storie rivolte ai più piccoli, sono presentati in modo piuttosto tradizionale, cioè come persone affettuose e protettive, compagni di gioco o narratori di storie. Altri invece appaiono anticonformisti e a volte ribelli, pensano e si comportano in modo stravagante18. Le pagine dei libri sono affollate di

15 M. Brooks, Being with Henry, DK publishing, New York, 2000, p. 216

16 Ibidem, p. 39

17 Ibidem, p. 45

18 S. Blezza Picherle, Libri, bambini, ragazzi, Vita e Pensiero, Milano, 2011, p. 208

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XXVIII

nonne e nonni collerici e caparbi, perfino un po’ pazzerelli, con il senso dell’umorismo e la battuta sempre pronta. Questi personaggi sono rappresentati in modo simpaticamente umoristico, attraverso descrizioni che suscitano il sorriso perché si evidenziano, bonariamente, i loro piccolo difetti, i vizi, le abitudini strane. Anche se stravaganti, non perdono l’autorevolezza e sono fondamentali per i nipoti, per i quali rappresentano gli interlocutori ideali, sempre pronti ad ascoltare, a consolare, a rassicurare, e hanno anche la capacità di guidarli con discrezione, sollecitandoli a pensare e a riflettere.

Henry rispecchia tutte queste caratteristiche: anche se non è realmente il nonno di Laker, in un certo senso lo diventa quando accoglie il ragazzo in casa sua. Come lui stesso ammetterà, la scelta di ospitare Laker è inizialmente una presa di posizione contro la figlia ("You need to know that my taking you in was, at first, partly a protest against my daughter's interfering ways19). Da un iniziale rapporto di convenienza tra Laker che, cacciato di casa e ormai stanco di vagabondare, ha bisogno di un posto in cui stare, e Henry che trova in lui un pretesto per andare contro Vera Lynnee rivendicare il suo libero arbitrio, a poco a poco nascerà tra i due un legame forte, sincero e affettuoso. Dal canto suo, Henry cercherà di aiutare Laker a rimettere insieme i pezzi della sua vita e a riprendersi dagli ultimi avvenimenti, sarà pronto ad ascoltare gli sfoghi di rabbia e di dolore del ragazzo, spronandolo a tornare sulla retta via, senza essere però troppo insistente o invadente.

Laker, invece, tirerà fuori con il “nonno acquisito” un lato molto tenero e, oltre a preoccuparsi e occuparsi dell’anziano, soprattutto quando le sue condizioni di salute si aggraveranno, diventerà la cura contro la depressione e la solitudine di Henry, restituendogli il sorriso e la voglia di vivere. Senza rendersene conto i due si aiuteranno a vicenda a ritrovare una, forse non duratura, serenità.

19 M. Brooks, Being with Henry, DK publishing, New York, 2000, p. 133

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XXIX

2.3 Note biografiche sull’autrice

Martha Brooks nasce a Ninette, nella regione canadese del Manitoba, il 15 luglio 1944. Trascorre i primi diciassette anni della sua vita nel sanatorio della cittadina natale, struttura specializzata nella cura della tubercolosi dove il padre lavorava come chirurgo e la madre come infermiera.

Dai suoi libri traspare una capacità di osservare, scavare a fondo e capire le persone che probabilmente deriva proprio dal contesto in cui la scrittrice ha passato l’infanzia e la giovinezza. Lei stessa sembra esser consapevole di aver sviluppato precocemente un occhio attento e critico:

“In my childhood […] I was surrounded by people who were fighting to cure, or be cured of, a lift-threatening disease. All of these things made me an early and keen observer of human behavior; I had an old way of looking at the world before I reached adulthood20”.

Da alcuni eventi accaduti in quegli anni, la Brooks ha tratto ispirazione per i suoi romanzi. Il primo, ad esempio, intitolato Hills for Looking, è quasi interamente autobiografico e basato su fatti realmente avvenuti quando Martha aveva tra gli otto e i dodici anni. Il legame con la terra d’origine è evidente anche nella scelta di ambientare tutte le storie nei luoghi natii, come la scrittrice ha affermato in più occasioni: “The landscape of my youth still guides me spiritually, appearing as a forceful entity in all of my fiction21”.

Nel 1967 si sposa con Brian Brooks e insieme a lui si trasferisce a Winnipeg, dove vive attualmente. Dopo aver svolto i più svariati lavori e dopo la nascita della figlia Kirsten, Martha decide di dedicarsi completamente a quello che era sempre stato il suo sogno: diventare una scrittrice. Tuttavia dovrà aspettare altro tempo prima di riuscire a trovare una casa editrice interessata ai suoi romanzi.

Nonostante i numerosi rifiuti, la Brooks non si arrende e, finalmente, nel 1982

20 AA.VV, Brooks, Martha, in Something about the authors, vol. 137, Gale, Detroit, 2002, pp. 15

21 Ibidem, p. 16

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XXX

viene pubblicato Hills for Looking. Dovranno però trascorrere altri sei anni prima della pubblicazione successiva, Paradise Cafè, una raccolta di quattordici brevi racconti che le ha fatto vincere il premio Vicky Metcalf Short Story Award.

Nel 1994 viene pubblicata un’altra raccolta di short story, intitolata Travelling on into the Light and Other Stories, a cui seguono cinque romanzi, tutti destinati ai giovani lettori: Bone Dance, (1997), Being with Henry, (1999) True Confessions of a Heartless Girl, (2002), Mistik Lake, (2007), Queen of Hearts, (2010).

True Confession of a Heartless Girl, l’unico romanzo di Martha Brooks finora tradotto in Italia (con il titolo La ragazza portata dalla tempesta) ha vinto il prestigioso Governor General’s Award fo English language children’s literature.

La scrittrice ha ottenuto molti altri riconoscimenti, come il Boston Globe-Horn Book Honor Book Award, il Mr.Christie Book Award, il Ruth Schwartz Award, il Canadian Library Association Young Adult Book Award, e il McNally Robinson Book for Young People Award.

Come tutta la narrativa per young adults, anche i romanzi di Martha Brooks hanno come temi centrali la ricerca dell’identità e il passaggio all’età adulta. A questi si intrecciano altre tematiche quali l’amore, nelle sue varie forme, ma anche la malattia, la solitudine, l’abbandono, la sofferenza, la morte, la violenza.

Pur affrontando argomenti delicati e presentando situazioni difficili, l’autrice riesce comunque a trattarli con tatto e sensibilità, e a bilanciarli con una giusta dose di speranza e positività trovando così un perfetto equilibrio che, unito alla creazione di personaggi realistici e convincenti, spiega il successo dei suoi romanzi.

“My fiction is about that particular time in life when the senses are sharp and life is bewildering and pain and love have very blurry borders. What is important is that I try to be true to the characters I invent, listening to them, letting them tell the stories and respecting the lives they live on the page as they face the realities of love, death, family turmoil, exploitation, addiction. I always keep in mind, though, the aspects of healing and hope because life is full of possibilities22

22 Ibidem, p. 18

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XXXI

La Brooks è un’artista poliedrica. Ha lavorato anche come commediografa, scrivendo o collaborando a testi teatrali per bambini, (come I met a bully on the hill o Andrew’s Tree), e negli ultimi anni si è dedicata alla sua passione per la musica. In qualità di cantante jazz, con l’album Change of heart, nel 2002 ha vinto il premio Prairie Music Award.

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XXXII

Capitolo 3

Commento alla traduzione

La traduzione è sempre stata oggetto di definizioni, spiegazioni e interpretazioni molto varie. Ad ogni modo si può affermare che lo scopo di un atto traduttivo è quello di ricreare il testo originale, prestando attenzione al passaggio dal sistema linguistico-culturale proprio dell’ambito di partenza a quello dell’ambito di arrivo. Aspirare a realizzare una copia perfetta dell’

originale è chiaramente utopico, infatti, come sostiene Umberto Eco, traducendo non si arriva mai a dire la stessa cosa23. Eco definisce la traduzione in termini di negoziazione, cioè come risultato di un processo in cui si cerca di trovare un equilibrio tra perdite e compensazioni. Il traduttore, che si pone come mediatore tra le due culture, dovrà inevitabilmente operare delle scelte, puntando sempre ad una traduzione “efficace” e “coerente” per il pubblico a cui è destinato il testo.

In questo capitolo si analizzano e si illustrano le scelte e le problematiche affrontate nella traduzione di Being with Henry. Mi soffermerò principalmente sugli aspetti legati al registro informale. Il romanzo ha una prosa semplice, con periodi brevi e costruzioni prevalentemente paratattiche. Il linguaggio è colloquiale e presenta caratteristiche tipiche dell’oralità e del modo di esprimersi dei giovani (soprattutto nei dialoghi ma non solo), con molte espressioni idiomatiche e turpiloquio. Saranno proprio questi elementi ad essere maggiormente trattati nel commento, in quanto hanno comportato diversi dubbi e difficoltà.

23 U. Eco, Dire quasi la stessa cosa, Bompiani, Milano, 2003, p. 94

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XXXIII

Uno degli ostacoli che il traduttore si trova ad affrontare è, infatti, quello di cercare di preservare il registro adottato dall'autore nel testo originale e di non incorrere nell'errore di elevarlo solo per il gusto di abbellire, tendenza a cui è difficile sottrarsi. Come afferma Franca Cavagnoli: “le scelte nobilitanti sono in genere dettate da una concezione scolastica della scrittura. In nome di un presunto bello scrivere si sacrificano la naturalezza e la spontaneità della prosa semplice”24.

Successivamente tratterò le scelte operate nella resa dei culturemi, analizzando alcune soluzioni source o target oriented, dell’allocuzione e, infine, dei tempi verbali.

24 F. Cavagnoli, La voce del testo: l'arte e il mestiere di tradurre, Feltrinelli editore, Milano, 2012 p.

61.

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XXXIV

3.1 Aspetti sintattici

Dal punto di vista sintattico, nel testo appare evidente una prevalenza di frasi brevi, talvolta anche ellittiche.

La brevità dei periodi è solitamente una caratteristica tipica della lingua inglese, più concisa dell’italiano che invece, di solito, prevede frasi più lunghe e di maggiore complessità. Nel caso di Being with Henry, tale aspetto non sembra essere solo conseguenza di una peculiarità della lingua inglese, ma una scelta volutamente compiuta dall’autrice per suggerire meglio un senso di frammentarietà che è legato ai ricordi, sporadici e confusi, dei primissimi anni di vita che il protagonista si sforza di ricostruire.

In alcuni passaggi narrativi, e specialmente nelle journal entry, cioè nelle annotazioni del diario con cui iniziano alcuni capitoli, questa scrittura così frammentaria è funzionale all’idea di flashback, di un susseguirsi di immagini che affiorano, una dopo l’altra, nella memoria.

He remembers a yellow pail. A bush pulled right down to bright green grass. A plump brown hand. A cascade of purple jewels. A voice singing softly. The image covers his vision, glowing like the light, until it is all that he can see25.

Si ricorda di un secchio giallo. Di un cespuglio abbassato fino a toccare l’erba verde brillante. Di una mano paffuta e abbronzata. Di una cascata di gemme viola. Di una voce che canta dolcemente. Quest’immagine si sovrappone alla sua visuale, splendendo come la luce, finché non è l’unica cosa che vede.

In generale, quindi, ho rispettato quanto più possibile la sintassi dell’originale, cercando di mantenere l’intento dell’autrice e riproducendo frasi per lo più brevi, tranne quando la frammentazione sarebbe risultata eccessiva.

25 M. Brooks, Being with Henry, DK publishing, New York, 2000, p. 192

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XXXV

Sono intervenuta sulla sintassi del testo di partenza anche per evitare delle ripetizioni26, come nel seguente estratto:

Audrey and Rick’s house, on a breezy bay with big overhanging trees, backs onto a large park. You can see the park from the street27.

La casa di Audrey e Rick si trova su una baia ventilata, è sovrastata da grandi alberi e ha un grande parco sul retro, che si può vedere dalla strada.

Ho già accennato che nel testo sono presenti anche numerose forme ellittiche, che sono molto comuni nel linguaggio informale. Si tratta, ad esempio, di frasi in cui è stato omesso l’ausiliare, come:

(Do) You just let her walk into your house like that?28 (Do) You mean all that old stuff I taped together for you?29

Oppure in cui manca il pronome soggetto, ad esempio:

(We) Can’t do that30

(It) Looks like we’re done here31

(I) Came in here for a while. (I) Never left32.

Questi aspetti tipici dell’espressione colloquiale inglese non sono riproducibili perché, per quanto riguarda il primo caso, non esiste in italiano un

26 L’argomento delle ripetizioni viene approfondito nel paragrafo successivo.

27 M. Brooks, Being with Henry, DK publishing, New York, 2000, p. 210

28 Ibidem, p. 55

29 Ibidem, p. 72

30 Ibidem, p. 54

31 Ibidem, p. 64

32 Ibidem, p.126

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XXXVI

ausiliare per la formulazione delle domande che corrisponda a do/does, e di conseguenza non c’è niente da eliminare, e per quanto riguarda il secondo perché l’italiano è una lingua a soggetto nullo (quindi già di per sé non è obbligatorio esprimerlo, e anzi molto spesso viene omesso).

Infine, per dare maggiore espressività ad alcuni passaggi, ho voluto sfruttare la possibilità che offre la lingua italiana di operare delle alterazioni del normale ordine sintattico della frase, di regola costituito dalla sequenza soggetto-verbo- complemento.

Tra queste troviamo la dislocazione, un tipo di costruzione tipica della lingua parlata in cui l’oggetto è spostato dalla posizione post-verbale a quella pre- verbale e viene ripreso da un pronome clitico. In questo modo l’ordine sintattico diviene marcato e la porzione dislocata viene messa in primo piano, come nell’esempio seguente che rappresenta, nello specifico, una dislocazione a sinistra33.

“That’s one game he didn’t get to watch.”34

«Quella volta però la partita non è riuscito proprio a guardarla».

Laker ha raccontato a Henry di essere stato concepito durante una partita dei L.A. Lakers, squadra di basket che suo padre seguiva spesso in televisione e motivo per il quale gli era stato dato proprio quel nome. Il vecchio ironizza sulla cosa, sottolineando che in quell’occasione l’uomo era impegnato in altro.

In questo caso ho ritenuto appropriato dare maggior espressività al commento di Henry, utilizzando questa costruzione.

33 Altri ordinamenti “marcati” sono le frasi scisse, le topicalizzazioni e le dislocazioni a destra ( R.

Simone, Stabilità e instabilità dei caratteri originali dell’italiano, in Introduzione all’italiano contemporaneo. Le strutture, a cura di A. Sobrero, p. 88)

34 M. Brooks, Being with Henry, Dk publishing, New York, 2000, p. 43

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XXXVII

3.2 Ripetizioni funzionali e non

Mentre le ripetizioni sono molto frequenti e naturali nella lingua scritta inglese, in italiano questo fenomeno è percepito come sanzionabile. Come scrive Franca Cavagnoli: “la ricorrenza di elementi uguali nel testo letterario è una figura spesso maltrattata in traduzione. La ragione è da ricercarsi nel fatto che i retori consigliavano la variatio per porre rimedio alle ripetizioni ingiustificate da un punto di vista stilistico”35.In ambito traduttivo la scelta di mantenere o meno una ripetizione deriva dalla considerazione preliminare della sua funzionalità all'interno del testo. Quindi, se la parola o l’espressione in questione non è portatrice di significati aggiuntivi né indica una particolare scelta stilistica è preferibile evitare la ripetizione. Nel caso in cui sia invece voluta e ricercata, è bene rispettare l’intenzione del testo originale.

In Being with Henry si ha una costante ripetizione di to say; in questo caso, nella traduzione, ho alternato il verbo dire ad altri come domandare, chiedere, rispondere ed esclamare. Talvolta ho anche omesso gli stessi in quanto, una volta avviato un dialogo tra due personaggi, ho reputato inutile specificare il verbum dicendi, ritenendo, inoltre, che la ripetizione avrebbe interrotto il flusso dialogico.

Anche nel caso dei pronomi soggetto, vista l’alta frequenza di quelli di terza persona singolare he and she, ho cercato soluzioni più varie: dall’omissione del pronome quando il contesto consente di capire senza alcun dubbio a chi il verbo si riferisca, all’utilizzo del pronome oggetto36, fino alla sua sostituzione con il

35 F. Cavagnoli, Il proprio e l’estraneo nella traduzione letteraria di lingua inglese, Milano, Polimetrica, 2010, p. 37

36 Oggigiorno, nell’uso corrente, le forme toniche di terza persona lui/lei/loro sono ampiamente adoperate non solo in funzione di complemento oggetto ma anche di soggetto (R. Simone, Stabilità e instabilità dei caratteri originali dell’italiano, in Introduzione all’italiano contemporaneo. Le strutture, a cura di A. Sobrero, p. 68)

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XXXVIII

nome proprio del personaggio oppure con dei nomi generici come la donna, il ragazzo, l’anziano signore, l’uomo, il vecchio.

Le ripetizioni che ho invece mantenuto si incontrano soprattutto nelle parti dialogiche, infatti sono molto comuni nel parlato quotidiano, spontaneo e non pianificato, come nei casi che seguono:

[…] “But hell, he could live another decade. Well, maybe not that long. But a couple more years, at least. Don’t you think that’s right? At least a couple, maybe even more, but you never know about these things. One day they’re healthy and the next they’re not, you never know at that age. You never know, do you.”37

[…] «Ma diamine, può vivere per altri dieci anni. Beh, forse non così tanti. Ma almeno un altro paio di anni, sì. Non credi? Almeno un paio, forseanche di più, non si samai…un giorno stanno bene, quello dopo no, non si sa mai a quell’età…non si sa mai, no?»

However, when he asks if she’s told Vera Lynne yet about going with them to Heron Lake, she tells him, “No, but I will, and don’t look at me like that. I will. I said I was going to do it and I will. I’m telling her tomorrow.”38

Tuttavia, quando Laker le chiede se ha parlato con Vera Lynne del fatto di andare a Heron Laker, lei risponde: «No, ma lo farò. E non guardarmi in questo modo. Lo farò. Ho detto che l’avrei fatto e lo farò. Glielo dico domani.»

Nel primo esempio riportato, questo modo di parlare così ripetuto e concitato corrisponde anche a uno stato d’animo di particolare agitazione da parte del personaggio, preoccupato per la salute dell’amico. Nel secondo, invece, la reiterazione sembra suggerire la volontà di convincere l’interlocutore.

37 M. Brooks, Being with Henry, DK publishing, New York, 2000, p. 153

38 Ibidem, p. 163

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XXXIX

In alcuni casi la ripetizione viene espressamente ricercata e costituisce un mezzo retorico per sviluppare un’idea in modo enfatico, per evidenziare qualcosa. Nel seguente passaggio, è la costruzione della frase con un verbo di dire a essere riprodotta più volte. Questa scelta contribuisce a creare il senso di attesa, già espresso dal verbo to wait, ed è atta anche a sottolineare quanto Laker desideri sentire da sua madre qualche parola che gli dimostri affetto e interesse.

“I’ll be in touch”, he promises, and for just a few seconds, he waits. He waits for her to stand up for him. To tell him that she loves him. To ask him to come back. To tell him that they can still work things out.39

«Ci sentiamo» promette Laker e, per un paio di secondi, aspetta. Aspetta che lei si schieri dalla sua parte. Che dica che gli vuole bene. Che gli chieda di tornare a casa.

Che dica che possono ancora risolvere le cose.

39 Ibidem, p. 48

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