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BRUNO CAPPONI 1.

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Academic year: 2022

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BRUNO CAPPONI

1. L’uso del d.-l. ci riporta all’incubo dell’entrata in vigore della l.

353/1990, ed alla stucchevole distinzione tra norme efficaci e norme in vigore. Il problema è solo in parte, ora, mitigato dal rinvio dell’entrata in vigore, ulteriore variazione che comunque nega in se stesso i presupposti di necessità ed urgenza. Tutti abbiamo nelle nostre biblioteche i volumi di Osservazioni e Proposte (Roma, 1956) che accompagnarono l’esame delle possibili modifiche del c.p.c. dopo la controriforma del 1950. Non pretendiamo, visti i tempi, l’applicazione dello stesso metodo di consultazione democratica; ma, certo, riforme siffatte, fatte così, richiederebbero la destrezza dello scippatore campano: e le qualità invece mancano.

2. Forse non si tratta di idea isolata ma, anzi, riflette una certa

“filosofia” di sistema (come si diceva una volta): è quella, ad es., espressa nella motivazione della Cass., SS.UU. n. 10027/2012, § 8, che esalta la centralità della decisione di primo grado e il «correlativo progressivo restringersi degli elementi di novità suscettibili di essere introdotti nel giudizio di impugnazione». È la stessa logica che portò il legislatore del 2006 a tentare, con norme appiccicaticce figlie di madre ignota, di cancellare le opposizioni esecutive perché il g.e.

“deve lavorare”, e tutt’al più potrà adottare provvedimenti sommari di cui ti devi poter accontentare (la sospensione-estinzione). È una logica che genera mostri, e l’attuale ne ha tutti i connotati. Sarebbe stato bello registrare una reazione sdegnata delle corti d’appello, e in generale dei giudici d’appello, che però mi sembra non ci sia stata. È evidentemente pronta la generazione dei giudici che, invece di giudicare, si adatteranno a indovinare: la percentuale di riuscita è quella nota.

3. Il problema del controllo in cassazione della motivazione mi sembra sopravvalutato, e servirebbe forse per l’arretrato (cui le novità non dovrebbero applicarsi). Sta infatti scomparendo, sotto gli occhi indifferenti di tutti, l’oggetto da controllare. Le conclusioni delle parti sono, da molto tempo, un optional, il fatto non esiste più, il diritto è contratto dal rinvio all’esterno. Circolano su varie liste di giuristi modelli-moduli-vulgate di sentenza, in cui prevale la soluzione per relationem anche pei dispositivi. La Cass., SS.UU. n. 11067/2012 ci

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ha spiegato che il titolo esecutivo è integrabile con qualsiasi cosa, creando la categoria (§ 8) delle «fonti di integrazione dell’accertamento contenuto nel titolo». Del resto, la sentenza non ne fa cenno, ma l’art. 140 bis del codice del consumo già ha creato, al comma 12, un modello di sentenza condannatoria che può stabilire un semplice criterio omogeneo di calcolo per la liquidazione degli importi dovuti ai singoli aventi diritto, sentenza che (non a caso) diventa esecutiva sei mesi dopo la sua pubblicazione: si tratta di lavorarci sopra. È un modello che, prevedibilmente, verrà esportato.

Le tre domande che l’amico Sassani ci ha posto hanno in comune la frase: cosa si deve pensare.

Pensare?, pensiamo noi: forse è proprio quello il problema, di questi tempi.

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