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Sistemi pratici di calcoloper fare più reddito in stalla

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Academic year: 2022

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Dalla collaborazione tra il Servizio assistenza tecnica allevamenti (Sata) e Greg Bethard (G&R Dairy Consul- ting - Virginia - Usa) è nato un inte- ressante e utile approccio alla valuta- zione economica delle scelte tecniche nell’azienda da latte. L’obiettivo era quello di proporre uno str umento aziendale a tutti gli allevatori Sata che li aiutasse nello sforzo di cam- biamento della mentalità di gestione dell’azienda che il Sata da anni si im- pegna a diffondere agli allevatori.

È ormai nota la situazio- ne degli allevamenti italiani (riassunta nella tabella 1):

al 2002 era attivo in Italia solo un terzo degli alleva- menti da latte in produzione nel 1988, passando da circa 180.000 a circa 60.000. Que- sto, in realtà, senza portare a grosse variazioni sulla pro- duzione totale commercia- lizzata. Tale trend permane anche dopo il 2002. Anzi le più recenti prospettive det- tate dalle nuove regole eu- ropee (disaccoppiamento) non fanno certo presumere un’inversione di tendenza.

L’attuale situazione è il ri- sultato di un periodo diffi ci- le e complesso che da anni interessa il settore lattiero- caseario italiano; lo scenario poi si è ulteriormente aggra- vato nell’ultimo anno a cau- sa dell’andamento stagiona- le avverso alle colture che ha portato a un drammatico aumento dei costi delle ma- terie prime riducendo dra- sticamente o annullando i margini di utile della produ- zione di latte.

Risulta pertanto decisivo trovare nuove vie per au-

mentare l’effi cienza degli allevamenti e una di queste consiste proprio nel poter valutare sotto il profi lo econo- mico le decisioni dell’imprenditore.

Il limite legato alla non conoscenza di tutti gli elementi che entrano in gioco e sono infl uenzati dalle decisioni im- prenditoriali è tipico della complessità gestionale dell’allevamento da latte, ma deve essere ridotto al minimo per ottenere risultati di rilievo dal punto di vista dell’effi cienza aziendale.

Il gruppo di lavoro gestionale del

Sata ha creato e testato su 62 alle- vamenti della Lombardia un nuovo strumento denominato Dairy Econo- mics. Si tratta di un foglio di lavoro elettronico che permette la registra- zione di alcuni dati aziendali impor- tanti dal punto di vista economico e facilita la valutazione dell’efficienza della propria azienda e delle proprie scelte operative.

I calcoli

di Dairy Economics

I primi dati da registrare quotidiana- mente in Dairy Economics riguarda- no la razione e i costi alimentari, parte rilevante dei costi aziendali. Dair y Economics prevede due sezioni relati- ve ai costi della razione: per vacche in lattazione (figura 1) e in asciutta.

Vanno registrati la razione e le re- lative quantità e i costi delle materie

prime o mangimi, per deter- minare il costo della razio- ne, ma soprattutto il costo per chilogrammo di sostan- za secca della razione, che rappresenta, a parità di te- nori proteici ed energetici, il vero metro di valutazione dei costi di razionamento.

Esso consente di mettersi al riparo da pericolose valu- tazioni totalmente fuorvian- ti dei costi alimentari che sono spesso occasione di discussione tra allevatori e mangimisti.

Quantità e valore della produzione, costi e inge- stione della razione. Il primo dato da registrare ri- guarda il numero di vacche munte giorno per giorno e il numero di quante erano in cura e il cui latte pertanto non è stato commercializ- zato (figura 2). Il secondo dato giornaliero è relativo alla produzione espressa co- me litri di latte venduti. La terza informazione, impor- tantissima, riguarda l’inge- stione di sostanza secca. È necessario cioè registrare la quantità di unifeed scarica- to e l’avanzo raccolto prima

PER ORIENTARE LE SCELTE AZIENDALI CON I NUMERI

Sistemi pratici di calcolo

per fare più reddito in stalla

Il Sata ha sperimentato su 62 aziende un semplice stru- mento informatico, «Dairy Economics», per orientare le scelte dell’imprenditore e migliorare la redditività azien- dale. I risultati sono stati ottimi in riferimento alle decisio- ni: introduzione della terza mungitura, messa in asciutta e sostituzione della bovina, acquisto di nuove quote latte

Michele Campiotti

Tabella 1 - Produzione commercializzata di latte vaccino in Italia (1)

Allevamenti Produzione commercializzata

Produzione per allevamento n. var. (%) .000 t var. (%) t var. (%)

1988-1989 181.771 10.906 60,0

1995-1996 97.046 10.403 107,2

1997-1998 89.938 –7,3 10.519 1,1 117,0 9,1

1998-1999 81.555 –9,3 10.556 0,4 129,6 10,8 1999-2000 74.820 –8,3 10.437 –1,2 139,5 7,6 2000-2001 67.615 –9,6 10.679 2,3 157,9 13,2

2001-2002 63.666 –5,8 10.968 2,7 172,3 9,1

(1) Consegne + vendite.

(2)

dello scarico successivo. Quest’ultima informazione forse è l’unica che non tutte le aziende sono abituate a regi- strare, mentre è raccomandabile che in tutte le aziende diventi una routine la registrazione della quantità di ali- mento avanzato dal bestiame, perché permette di prendere coscienza della reale ingestione dando indicazioni utilissime e in tempo reale sull’anda- mento aziendale.

Gli altri dati della tabella sono al- trettanto importanti e vengono cal- colati dal foglio elettronico a ecce- zione di quello riferito alla sostanza secca dell’unifeed, che può essere stimato a par tire dai dati analitici della razione o, meglio ancora, me- diante un microonde, o una stufa per quelle aziende che ne sono dotate.

L’ultimo dato da inserire in questa pagina è il prezzo di vendita del lat- te, informazione determinante per chiudere il cerchio delle valutazioni economiche.

Da queste poche informazioni è già possibile ottenere interessanti consi- derazioni tecnico-economiche.

Rapporto tra sostanza secca in- gerita (s.s.i.) e latte venduto

Partendo dall’ingestione di sostan- za secca per vacca e dal latte venduto per vacca (figura 3) è possibile cal- colare quotidianamente un indice di effi cienza: il rapporto tra la sostanza secca ingerita e il latte venduto, che risponde al desiderio di ogni alleva- tore di conoscere quanto latte produ- ce il chilogrammo di sostanza secca somministrato alla vacca. Un indice che descrive cioè la conversione di ali- menti di input in prodotto vendibile.

La disponibilità giornaliera di questo dato è senz’altro uno strumento molto prezioso.

Entrate al netto dei costi ali- mentari

«Entrate al netto dei costi alimentari»

è la traduzione italiana del concetto anglosassone Income over feed cost (Iofc), che si ottiene detraendo al ri- cavo totale del latte i costi alimentari sostenuti per quella produzione; può essere espresso sia per vacca sia per l’intera stalla.

L’Iofc medio per vacca delle 62 aziende lombarde analizzate dal Sata evidenzia una notevole variazione tra i due estremi (da 3,24 a 11,76 euro/

vacca/giorno; il valore medio è inve- ce di 6,24 euro/vacca/giorno) pari a circa 8 euro/vacca/giorno. Questo è suffi ciente per capire che non tutte le realtà aziendali sono uguali ed è as- solutamente necessario sviscerare la problematica con strumenti e criteri utili a capire cosa è necessario per

migliorare il proprio allevamento.

Le principali variabili che influen- zano l’Iofc sono: il costo alimentare, che evidentemente deve essere mini- mizzato; l’indice di conversione della sostanza secca in latte, che deve esse- re massimizzato; l’ingestione totale di sostanza secca, che va massimizzata; il prezzo del latte, che è una componente decisiva per il risultato fi nale. Anche quest’ultima componente andrebbe massimizzata, ma pur troppo delle

quattro variabili citate è quella sulla quale il singolo allevatore diffi cilmen- te può incidere. La gestione oculata e cosciente di queste quattro variabili permette di perseguire quelli che Iofn Fetrow (docente dell’Università del Minnesota - Usa), uno dei più grandi esperti nel settore, già nel 2001 aveva simpaticamente defi nito i tre principali obiettivi dell’azienda da latte:

◾ aumentare al massimo il latte ven- duto;

◾ contenere i costi il più possibile;

◾ mai andare contro al punto 1.

L’obiettivo dell’azienda da latte quindi non è ridurre i costi innanzi- tutto, bensì aumentare la differenza tra costi e ricavi. Osservazione sem- plice ma assolutamente non scontata in tantissime aziende nelle quali nei momenti diffi cili, che sono quelli in cui queste regole diventano determi- nanti, presi dal panico gli allevatori somministrano, per esempio, meno unifeed alle vacche, o disinvestono su- gli strumenti di gestione aziendale o sul benessere animale: oggi i settori, a mio parere, più redditizi. In questi Figura 1 - Dairy Economics: costi alimentari

Figura 2 - Dairy Economics: dati giornalieri da registrare

Figura 3 - Dairy Economics: i primi indici tecnico-economici

(*) Sostanza secca ingerita.

(3)

casi si considerano solo i problemi dei costi, ma si ignorano quelli dei ricavi.

Tornando al campione analizzato, sono stati riscontrati anche prezzi del latte sensibilmente diversi. Alcune aziende conferivano a cooperative del Mantovano che spuntavano prezzi molto interessanti, intorno a 0,5 eu- ro/litro. Il prezzo medio del campione è di 0,374 euro/litro con il 40% delle aziende intorno a 0,35 euro/litro. Il grafico 1 presenta i dati relativi all’Iofc delle stesse aziende raggruppate però per classe di prezzo di vendita del latte: in rosso quelle con prezzi al di sotto di 0,36 euro/litro, in verde quel- le tra 0,36 e 0,40, e in giallo i fortunati, che vendono sopra 0,40 euro/litro.

Evidentemente il prezzo del latte è la variabile determinante la redditività aziendale, ma non è sempre così. In- fatti vi sono aziende «verdi» e persino

«gialle» che pur avendo il prezzo del latte alto non riescono a essere tra le prime in termini di Iofc. Infi ne tra le aziende più effi cienti ci sono alcune aziende «rosse», a denotare il con- sistente ef fetto gestionale, talvolta determinante per il buon risultato fi - nale.

Il grafico 2 riporta i costi alimentari per tutte le aziende espressi per chi- logrammo di sostanza secca sia per le vacche in lattazione sia per quelle in asciutta. Le variazioni del costo della razione tra gli allevamenti sono note- voli e più accentuate nel caso degli animali in asciutta dove, ancora trop- po spesso, l’alimentazione è gestita al risparmio.

Un altro aspetto da rilevare riguar- da gli allevamenti con prezzo del latte maggiore alla media che sovente evi- denziano costi razione superiori: ciò può essere dovuto a disciplinari di produzione (divieto d’uso degli insila- ti) o talvolta a una minore attenzione nella gestione dei costi visto che il prezzo del latte è alto. Un altro indice utile per mantenere sotto controllo i costi alimentari è il rapporto tra que- sti ultimi e i quintali di latte prodotto (costo alimentare per quintale di lat- te) (grafico 3). La maggiore effi cienza in questo caso è appannaggio delle aziende «rosse», costrette dal basso prezzo del latte a produrre al minimo costo.

Un altro dato interessante è la per- centuale di vacche il cui latte, per mo- tivi diversi, non viene venduto. È utile ricordare che tutti i dati che sono stati raccolti sono medie mensili e quindi dati che rispecchiano abbastanza fedel- mente la tendenza aziendale. Eppure vi sono aziende che per l’intero mese non mungono oltre l’8% delle vacche contro un valore medio del campione pari al 2,7% e il 18% delle aziende che Prezzo del latte ≤ 0,36

Prezzo latte 0,36-0,40 Prezzo latte ≥ 0,40 Media 6,24

Dev. Standard 1,67 CV (%) 26,8 12

11 10 9 8 7 6 5 4 3 2

Iofc/vacca/giorno (euro)

Aziende

Grafi co 1 - Iofc aziendale per classi di prezzo latte

0,26 0,24 0,22 0,20 0,18 0,16 0,14 0,12 0,10

Costo razione (euro kg/s.s.)

Aziende

Media (euro/kg s.s.) 0,20 Dev. Standard 0,017 CV (%) 8,5

Grafi co 2 - Costo razione per vacche in lattazione

21 20 19 18 17 16 15 14 13 12 11 10 9 8 7 6 5 4

Costo (euro/100 kg latte)

Aziende

Media 15,31 Dev. Standard 2,19 CV (%) 14,3

Obiettivo Prezzo del latte ≤ 0,36

Prezzo latte 0,36-0,40 Prezzo latte ≥ 0,40

Grafi co 3 - Costo alimentare per quintale di latte prodotto

(4)

non mungono una percentuale minima di capi (≥ 1%). L’8% di vacche non mun- te rappresenta un’ineffi cienza perico- losa per la redditività dell’allevamento:

il valore ottimale dovrebbe restare intorno al 2-3%. Grande interesse ha anche il parametro relativo alla per- centuale di unifeed avanzato dagli animali. I dati hanno dimostrato che sono ancora troppe le aziende in cui gli «avanzi» sono nulli o trascurabili (solo nel 19% degli allevamenti gli avanzi superano il 2% della razione distribuita). L’avanzo in greppia deve sempre essere presente: un avanzo del 3-5% costituisce l’unico indice effi cace a dimostrare che le vacche hanno mangiato tutto quello che po- tevano mangiare.

Per quanto riguarda i dati delle medie mensili dell’ingestione di so- stanza secca vale la pena rilevare la for te variazione esistente tra le aziende (valore minimo registra- to 17,11 kg; massimo 25,8; media 21,23; quasi il 76% delle aziende è compresa tra valori di ingestione della s.s. tra 20 e 25,85 kg eviden- ziando una variazione dei valori del 20% circa) a testimoniare che tutte le aziende dovrebbero regolarmente monitorare tale parametro per poter conoscere esattamente quanto inge- riscono i loro animali.

Il grafico 4 mostra il rapporto tra il latte prodotto e la sostanza secca ingerita (s.s.i.) per tutte le aziende della prova. Anche in questo caso la variazione tra gli allevamenti è notevole (12,7%) a dimostrazione che i rendimenti della s.s.i. possono essere molto diversi: da circa 1 a quasi 1,7 kg di latte per ogni chilo- grammo di s.s.i. L’azienda in grado si ottimizzare questo parametro, che deve essere sempre monitorato, è senza dubbio caratterizzata da un elevato grado di effi cienza. L’obietti- vo da raggiungere è latte prodotto/

kg s.s.i. pari a 1,4.

Iofc marginale

Esprime la variazione dei ricavi al- l’aumentare di una unità (1 litro) della produzione di latte. Il latte marginale è pertanto quel litro di produzione aggiunto a quelli prodotti sino a quel momento.

La figura 4 rappresenta una pagina del foglio elettronico Dairy Economics che valuta per tutte le aziende il valore del litro di latte marginale: 0,29 euro.

Tale valore risulta detraendo dal valo- re del latte, assunto nell’esempio pari a 0,36 euro/litro, il costo di alimenta- zione: 0,079 euro. La vacca, per pro- durre 1 litro di latte in più, consuma, indipendentemente dalla produzione di partenza, 0,41 kg di sostanza sec- ca che costano, sempre nell’esempio preso in esame, 0,192 euro/kg. La spesa alimentare sarà quindi pari a 0,079 euro.

Tutti gli altri costi sono già spesa- ti dalla normale produzione di latte.

Producendo quel litro di latte in più quindi andrò ad aumentare solo le spese alimentari. Si tratta in defini- tiva di aumentare il fatturato con un aumento di costi proporzionalmente minori a quelli del fatturato sviluppato sino a quel punto, per migliorare l’effi - cienza complessiva dell’azienda.

Il ragionamento può seguire anche questa altra strada: qualsiasi interven- to che porti a produrre 1 litro di latte in più a un costo inferiore a 0,29 euro (valore del latte marginale nell’esem- pio citato) conviene. Quindi, in sostan- za, il valore del latte marginale misura anche la possibilità di investimento che posso sostenere per tentare di migliorare l’economia aziendale.

Nel grafico 5 si può vedere il valo- re del latte marginale misurato nelle aziende del campione. Esso risulta mol- to variabile e, ancor più dell’Iofc totale, legato al prezzo del latte, risultando infatti dalla combinazione di due sole variabili: il prezzo del latte e il costo alimentare. È importante capire che più il prezzo del latte è alto più il valore del latte marginale è alto e quindi con- veniente, ma più il prezzo del latte è basso, più, nonostante il valore del latte marginale si riduca, diventa decisivo sa- per approfi ttare di questa marginalità.

Per capire a fondo il concetto di Iofc Figura 4 - Dairy Economics: Iofc

marginale

1,8 1,7 1,6 1,5 1,4 1,3 1,2 1,1 1,0 0,9 0,8 0,7 0,6 0,5

Latte/s.s.i.

Aziende Media 1,33

Dev. Standard 0,17

CV (%) 12,7 Obiettivo

Grafi co 4 - Rapporto latte/s.s.i. in ordine di Iofc per vacca/giorno

0,55 0,50 0,45 0,40 0,35 0,30 0,25 0,20 0,15 0,10

Iofc (euro/L)

Aziende Media 0,29

Dev. Standard 0,04 CV (%) 14,5

Prezzo del latte ≤ 0,36 Prezzo latte 0,36-0,40 Prezzo latte ≥ 0,40 Grafi co 5 - Iofc marginale

(5)

marginale bisogna mettere in luce le differenze esistenti tra le variabili che infl uenzano l’Iofc totale e quello marginale. Entrambi i parametri sono infl uenzati dai costi alimentari, men- tre il rappor to latte/s.s.i. influenza solo l’Iofc totale in funzione della sua variabilità (1-1,7).

Nel caso dell’Iofc marginale, tale rappor to è invece presunto fisso e nel caso specifi co pari a 2,44 (valore derivante dal rapporto tra il latte pro- dotto – 1 litro – e la s.s.i. per produrlo 0,4 kg), un valore molto alto legato al fatto che non si tiene conto dell’inge- stione necessaria al mantenimento

dell’animale, già soddisfatta dalla s.s.i.

ingerita per sostenere la produzione normale.

QUANDO CONVIENE LA TERZA MUNGITURA

La valutazione può essere effettuata utilizzando i dati aziendali già raccolti con Dairy Economics e alcune infor- mazioni aggiuntive relative alle spese della terza mungitura stimate pari al 50% dei costi relativi alla normale mun- gitura giornaliera. Questi ultimi sono rappresentati dai costi relativi alla ma- nodopera (2,5 ore nell’esempio ripor-

tato) e al materiale d’uso (disinfettanti, energia elettrica, utilizzo guaine, ecc).

In questo modo in realtà si sovrastima il costo della terza mungitura, tuttavia l’approssimazione è buona.

La convenienza alla terza mungitu- ra, tenendo conto che essa dovrebbe, in base alle esperienze e alle indica- zioni bibliografi che, portare a un au- mento del 10% della produzione lattea, può essere espressa come guadagno monetario annuo netto (spiegare co- s’è) oppure come punto di pareggio, vale a dire come quantità minima di latte che deve essere prodotta per pa- reggiare i costi della mungitura.

La quantità di latte necessaria a pa- gare le spese della terza mungitura varia, a seconda del prezzo del latte, da circa 1 litro a circa 2,5 litro/capo, con un coeffi ciente di variazione per- tanto molto elevato (24,1%) (grafico 6).

L’opportunità della terza mungitura va quindi valutata azienda per azienda.

Oltre a valutazioni di ordine econo- mico, vanno considerate le questioni aziendali di tipo tecnico e organizza- tivo (routine di mungitura, effi cienza degli impianti, tempi complessivi del- la mungitura, qualità del latte, ecc.) decisive ai fini del buon successo dell’operazione. Tuttavia, in base al- l’esperienza maturata, è possibile in ogni realtà aziendale raggiungere la convenienza della terza mungitura, una pratica che resta tra gli interventi più accessibili per aumentare l’effi- cienza aziendale.

Per riassumere, pare doveroso ri- badire che il procedimento di valuta- zione alla convenienza qui utilizzato si basa essenzialmente sul concetto della marginalità del latte. Dividendo il mag- gior costo (non alimentare) della terza mungitura per l’aumento di litri di latte a essa connessi, ottengo l’incidenza dei costi per litro di latte. Quindi, de- traendo al valore del latte marginale tali costi, ottengo il guadagno margina- le per litro di latte. Oppure dividendo il totale della spesa della terza mungitu- ra, esclusi i costi di alimentazione, per il valore del latte marginale è possibile ottenere il punto di pareggio espresso in litri di latte. I due criteri di valuta- zione esposti possono essere applicati a qualsiasi altro investimento volto ad aumentare la produzione (ad esempio, ventilazione, boccette, ecc.).

È TEMPO DI ASCIUGARE LA VACCA

La valutazione del momento op- portuno per asciugare la vacca può essere ef fettuata utilizzando i soli dati già disponibili su Dair y Econo- mics (figura 5). Presupposto di questa valutazione è che non ci siano altre vac- 3,0

2,5

2,0

1,5

1,0

0,5

0

Limite di convenienza (kg latte)

Aziende

Media 1,65 Dev. Standard 0,40 CV (%) 24,1

Prezzo del latte ≤ 0,36 Prezzo latte 0,36-0,40 Prezzo latte ≥ 0,40

Grafi co 6 - Limite di convenienza della terza mungitura

(6)

che che possono sostituire quella in esame e prossima all’asciutta.

Il foglio elettronico calco- la la differenza tra il costo della razione in lattazione e quello dell’asciutta e valuta quanti litri di latte la vacca deve produrre per ripaga- re tale differenza. In poche parole defi nisce quantitati- vamente la produzione al di sotto della quale risulta con- veniente asciugare la vacca:

nel campione questa quanti- tà varia da 3 a 8 litri di latte a seconda del prezzo del latte.

All’aumentare del prezzo il punto di pareggio scende, perché bastano meno litri per ripagare la differenza di costo di alimentazione. La valutazione economica ov- viamente non tiene conto dei rischi connessi a un’asciutta troppo lunga della bovina.

IL LIMITE

DI SOSTITUZIONE DELLA BOVINA

Con questo stesso criterio è possibile anche stabilire a quale produzione, in termini

di litri, conviene eliminare un animale.

Dair y Economics (figura 6) valuta a partire dal prezzo del latte e dal costo della razione delle vacche in lattazione qual è il valore minimo di produzione necessario a ripagare i costi alimentari.

Nel campione esso è risultato media- mente pari a 11,4 litri con una variabi- lità compresa tra 8 e 16 litri. Anche qui più alto è il prezzo del latte più il punto di pareggio si abbassa.

Nella figura 7 Dairy Economics con- sente di calcolare la convenienza alla sostituzione anziché all’eliminazione della vacca. Per la verità l’alternativa che l’allevatore si trova a dover affron- tare non è quella dell’eliminazione di un animale poco produttivo e non gravido, lasciando il posto vuoto in stalla, ma al contrario quella della sostituzione con una nuova manza. Bisogna ricordare infatti che ogni posto vacca comporta dei costi fissi, che per forza devono essere riempiti. Per ottimizzare l’effi - cienza aziendale è necessario che in ogni posto disponibile ci sia una bovina in piena produzione o perlomeno con produttività media.

Ipotizzando in 1.600 euro il costo di una nuova manza (ciascuno di questi valori può essere variato a piacimento nel foglio elettronico) e in circa 300 euro il valore della vacca verso la fi ne della lattazione (oltre i 200 giorni) e

della carriera produttiva, il costo della sostituzione è di 1.300 euro.

A questo punto è necessario valutare per quanti giorni presumibilmente sarà possibile mungere la nuova manza, per calcolare un costo giornaliero di sosti- tuzione. Anche questo è un punto molto importante che è estremamente legato al livello di gestione aziendale presente nell’allevamento. Se la gestione azien- dale è suffi cientemente accurata, i pro- blemi sui parti saranno contenuti, le eliminazioni sotto i 100 giorni trascura- bili e pertanto è plausibile supporre per la nuova manza oltre tre lattazioni (700 giorni). Se la gestione dell’allevamen- to è scarsa, le lattazioni si ridurranno signifi cativamente. Stimando la produ- zione attesa dalla manza pari alla media di stalla (32 kg) e avendo il valore del latte marginale (0,29 euro/litro), è faci- le arrivare a calcolare quanti litri dovrà produrre la manza per ripagare la so- stituzione della vacca. Il punto di pareg- gio, inteso come produzione di latte al di sotto della quale conviene sostituire la vecchia vacca con la manza, si ottiene detraendo dalla produzione prevista i litri di latte che essa deve produrre per ripagare la sostituzione.

Il punto di pareggio nella sostituzione degli animali di tutte le 62 aziende del campione, pur avendo simulato valori di acquisto e periodo di mungitura simi-

li per ogni azienda, presenta un’elevata variabilità: da 14 a 29 litri! Il latte in più prodot- to dalla nuova manza rispet- to alla vecchia vacca ripaga l’investimento dell’acquisto della manza stessa. In que- sto genere di calcoli è buona norma tenere un margine di sicurezza per il rischio sani- tario nell’acquisto dei nuovi capi.

Il concetto di unità produt- tiva (slot) porta a una rivolu- zione nel modo di pensare alla propria stalla. Capita spesso di sentire che gli alle- vatori, volendo aumentare il numero dei capi, riducano al minimo le eliminazioni. Que- sto modo di pensare descri- ve un doppio errore di valu- tazione: i posti in più creati in azienda non vanno riempi- ti con vacche che avrebbero eliminato perché si tratta di unità produttive non a regi- me e i posti vengono riempiti in un modo lento.

La spesa per le nuove strut- ture è già stata sostenuta e quindi sta già gravando sul bilancio aziendale: è bene che l’investimento inizi quan- to prima a produrre ricavi!

Per quanto riguarda la rimonta è neces- sario distinguere tra rimonta, obbligata – sostituzione di vacche relativamente fresche dovuta a una qualche emer- genza – e rimonta pianificata di capi poco produttivi e non abbastanza red- ditizi per occupare un posto in stalla.

Nel primo caso, la rimonta rappresenta senz’altro un imprevisto e un onere, nel secondo invece potrebbe rivelarsi con- veniente dal punto di vista economico.

Probabilmente oggi molti allevamenti sono caratterizzati da una quota di ri- monta troppo bassa, cioè non si preoc- cupano suffi cientemente dell’effi cienza delle singole unità produttive.

Seguendo queste valutazioni, nella figura 8 viene riportata un’altra pa- gina di Dairy Economics, che con- sente di valutare la convenienza alla sostituzione di un gruppo di animali.

Questo strumento è utile da utilizza- re una volta al mese, dopo il controllo funzionale, evidenziando quante e quali vacche con più di 200 giorni di lattazione e non gravide sono al di sotto del punto di pareggio a latte in riferimento alla scelta di sostituzione.

Il foglio elettronico calcola la con- venienza della sostituzione di tutto il gruppo contando anche la rata di acquisto, in 24 mesi, delle manze ne- cessarie a sostituire l’intero gruppo di vacche ineffi cienti.

Figura 5 - Dairy Economics: convenienza a mette- re in asicutta le vacche

Figura 6 - Dairy Economics: convenienza all’elimi- nazione delle vacche

Figura 7 - Dairy Economics: convenienza a sosti- tuire le vacche con una nuova manza

(7)

CONVENIENZA ALL’ACQUISTO DI QUOTE LATTE

L’ultima problematica affrontata dal Dairy Economics è quella dell’acquisto della quota latte utilizzando il concet- to di latte marginale. Il calcolo deve rispondere alla questione relativa al tempo necessario a pagare l’acquisto della quota latte mediante il valore del latte marginale prodotto. Ipotizzando di acquistare quote latte a 0,80 euro/litro (Iva compresa) e di pagare il 6% di in- teresse sul prestito per l’acquisto della quota, è possibile ripagare l’investimen- to in tre anni utilizzando tutto il valore del latte marginale.

In realtà l’esempio è teorico perché la produzione di latte è correlata ad alcune spese, come minimo quelle di alimentazione. In figura 9 è proposto un esempio più realistico: un’azienda interessata a passare alle tre mungiture e che pertanto deve acquistare quote

latte. L’esigenza principale dell’impren- ditore sarà di sapere in quanto tempo potrà ripagare l’investimento. La rispo- sta si ottiene calcolando l’incidenza del- le spese non alimentari da sostenere a fronte della terza mungitura per ogni litro di latte in più prodotto e detraen- dole dal valore del latte marginale: con il valore rimanente è possibile calcolare il tempo di recupero dell’investimento (nell’esempio 55 mesi).

I mesi che le aziende del campione impiegherebbero a ripagare la quota utilizzando tutto il valore del latte mar- ginale sono mediamente 36,6 mentre utilizzando il latte marginale al netto delle spese per la terza mungitura tale valore passa mediamente a 82,9 mesi.

Anche su questa grandezza il campione ha evidenziato una grande variabilità da 14 a 42 mesi nel primo caso, mentre nel secondo per molte aziende i tempi vanno da un minimo di 23 mesi a un massimo tanto dilatato da rendere im- possibile l’investimento. Questo perché in alcune aziende la terza mungitura

non è conveniente e non basta nemme- no a pagare le spese di mungitura.

Conclusioni

La variabilità dei dati rilevata nelle diverse situazioni sottolinea l’impor- tanza di calcolare questi indici in ogni azienda. È evidente che non è possibi- le generalizzare delle indicazioni, ma è necessario avere strumenti che faci- litino le valutazioni delle scelte in ogni singola azienda, e avere dei tecnici in grado di utilizzare questi strumenti con la stessa familiarità con cui elabo- rano una razione alimentare. Questo tipo di valutazioni infatti diventa sem- pre più decisivo per la sopravvivenza degli allevamenti. Passare dalla sensa- zione alla valutazione oggettiva delle possibili scelte è un passo in avanti enorme per l’allevamento da latte: di- lazioni non sono più possibili.

Il Dairy Economics del Sata è un sem- plice ed effi cace tentativo di divulgare tra tecnici e allevatori questa mentalità, che nella gestione aziendale dell’alle- vamento moderno può veramente fare la differenza. Un ringraziamento par- ticolare a Greg Bethard (G&R Dairy Consulting - Virginia - Usa) che condivi- dendo la sua esperienza, maturata nella grandi aziende americane del Kansas, ha convinto il Sata a lavorare su questi strumenti, rivelatisi estremamente utili anche nei periodi di maggiore diffi coltà della zootecnia da latte americana.

Michele Campiotti Tecnico specialista gestione aziendale Sata Servizio tecnico Apa Bergamo michele.campiotti@libero.it Figura 8 - Dairy Economics: convenienza alla sostituzione di gruppo di vacche

Figura 9 - Dairy economics: convenienza all’acquisto di quote latte per la terza mungitura

(*) Sostanza secca ingerita.

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