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Discrimen » La legittima difesa domiciliare

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Academic year: 2022

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I tinerari di D iritto P enale

Collana diretta da

E. Dolcini - G. Fiandaca - E. Musco - T. Padovani - F. Palazzo - F. Sgubbi

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sue prevedibili prospettive di sviluppo? Ipertrofia e diritto penale minimo, affermazione simbolica di valori ed efficienza utilitaristica, garantismo individuale e funzionalizzazione politico-criminale nella lotta alle forme di criminalità sistemica, personalismo ed esigenze collettive, sono soltanto alcune delle grandi alternative che l’attuale diritto penale della transizione si trova, oggi più di ieri, a dover affrontare e bilanciare.

Senza contare il riproporsi delle tematiche fondamentali rela- tive ai presupposti soggettivi della responsabilità penale, di cui appare necessario un ripensamento in una prospettiva integrata tra dogmatica e scienze empirico-sociali.

Gli itinerari della prassi divergono peraltro sempre più da quelli della dogmatica, prospettando un diritto penale “reale” che non è più neppure pallida eco del diritto penale iscritto nei principi e nella legge. Anche su questa frattura occorre interrogarsi, per analizzarne le cause e prospettarne i rimedi.

La collana intende raccogliere studi che, nella consapevo-

lezza di questa necessaria ricerca di nuove identità del diritto

penale, si propongano percorsi realistici di analisi, aperti anche

ad approcci interdisciplinari. In questo unitario intendimento di

fondo, la sezione Monografie accoglie quei contributi che guar-

dano alla trama degli itinerari del diritto penale con un più largo

giro d’orizzonte e dunque – forse – con una maggiore distanza

prospettica verso il passato e verso il futuro, mentre la sezione

Saggi accoglie lavori che si concentrano, con dimensioni neces-

sariamente contenute, su momenti attuali o incroci particolari

degli itinerari penalistici, per cogliere le loro più significative

spezzature, curvature e angolazioni, nelle quali trova espressione

il ricorrente trascorrere del “penale”.

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LA LEgITTIMA DIfESA DOMICILIARE

DALLA gIuSTIfICAzIONE ALLA SCuSA fRA MODELLI pRESuNTIvI

E TENSIONI SOggETTIvE

g. gIAppICHELLI EDITORE – TORINO

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vIA pO, 21 - TEL. 011-81.53.111 - fAX 011-81.25.100 http://www.giappichelli.it

ISBN/EAN 978-88-921-3349-5

ISBN/EAN 978-88-921-8710-8 (ebook - pdf)

I volumi pubblicati nella presente Collana sono stati oggetto di procedura di doppio referaggio cieco (double blind peer review), secondo un procedimento standard concordato dai Direttori della collana con l’Editore, che ne conserva la relativa documentazione.

Il presente volume è pubblicato con il parziale contributo dei fondi di Ateneo 2018 e 2019 del Dipartimento di Giurisprudenza dell’Università di Pisa.

Stampa: Stampatre s.r.l. - Torino

Le fotocopie per uso personale del lettore possono essere effettuate nei limiti del 15% di ciascun volume/

fascicolo di periodico dietro pagamento alla SIAE del compenso previsto dall’art. 68, commi 4 e 5, della legge 22 aprile 1941, n. 633.

Le fotocopie effettuate per finalità di carattere professionale, economico o commerciale o comunque per uso diverso da quello personale possono essere effettuate a seguito di specifica autorizzazione rilasciata da CLEARedi, Centro Licenze e Autorizzazioni per le Riproduzioni Editoriali, Corso di Porta Romana 108, 20122 Milano, e-mail autorizzazioni@clearedi.org e sito web www.clearedi.org.

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stimoli e occasioni di confronto. Per l’opera che qui si presenta sento di dover ringraziare i miei Maestri, anzitutto: il prof. Tullio Padovani, per l’illuminante esempio di studioso libero e aperto, capace di indicare le strade, anche quando sembrano irte e tortuose, e di sollecitare i più in- certi a percorrerle con convinzione sino alla meta; senza la Sua decisiva guida non avrei forse osato, sicuramente avrei vagato con più timore lungo i clivi talvolta scivolosi di questa indagine. Ma non posso natu- ralmente non ricordare il prof. Giovannangelo De Francesco, che nella redazione di questo lavoro, come in tante altre occasioni di ricerca e di riflessione scientifica, ha voluto essermi consigliere e guida sapiente, puntiglioso e attento, infaticabile latore di spunti e di osservazioni sulle ragioni profonde degli istituti.

Desidero altresì ringraziare i colleghi proff.ri Alberto Gargani e An- tonio Vallini, ai quali debbo il piacere e il valore della quotidiana di- scussione con essi intrattenuta (anche) sui temi oggetto di questo lavo- ro. Preziosissimo è stato per me il loro parere nella finale versione dell’opera presente, per i consigli elargiti, per il conforto trasmessomi con l’interesse da essi manifestato per l’oggetto della ricerca: per questo loro contributo e per il tempo che mi hanno dedicato, li ringrazio.

Sento, ancora, di dover ricordare tutte le persone comuni con le qua- li nelle più varie occasioni mi sia capitato di confrontarmi o di sentire discutere dei temi della legittima difesa. Il loro punto di vista, sovente animato, anche se espresso in forme a-tecniche, è stato per me motivo di verifica critica delle riflessioni che hanno scandito la presente inda- gine; quelle discussioni, comunque, hanno rappresentato un ulteriore stimolo a portare a compimento il lavoro così come lo si licenzia.

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a Lorenzo al suo sorriso, alla sua curiosità

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«Se un ladro è trovato a sforzare la porta, o a rompere la muraglia della casa, e ferito venga a morire, il feritore non sarà reo d’uccisione.

Ma se ciò egli fa dopo che è nato il sole, egli è reo d’omicidio, ed egli pure morrà»

[Antico Testamento – Esodo, XXII, 2-3]

«[…]. Ed io volli commettere un furto e lo feci senza esservi spinto dalla necessità, ma solo per disprezzo della giustizia ed eccesso di catti- veria. Infatti rubai cosa di cui io abbondavo e in qualità molto migliore.

Né intendevo godere della cosa rubata, ma solo del furto e del peccato.

V’era un albero di pere vicino alla nostra vigna, carico di frutti non attraenti né per bellezza né per sapore. Nel cuore della notte, avevamo prolungato il gioco nelle piazze fino a quell’ora, io ed altri cattivissimi ragazzi ce ne andammo a spogliare l’albero ed a portarci via le pere; ne portammo via un numero notevole, non per farne una scorpacciata, bensì per gettarle ai maiali, dopo averne addentata qualcuna; purché compissimo un’azione che ci piacesse di più, appunto perché proibita».

«Per tutte queste cose e per altre simili si commette peccato, quando, per bramare sopra ogni misura questi che sono beni minimi, si tralascia- no i migliori, anzi i sommi […]. Quando si fa l’inchiesta di un delitto per conoscerne la causa, di solito non ci si accontenta se non quando appare la possibilità che causa non possa essere stata il desiderio o il timore di perdere qualcuno di quei beni che abbiamo chiamato minimi […].

Un tale ha commesso omicidio. Perché l’ha fatto? Forse bramava la moglie o il podere, oppure volle rubare per avere di che vivere o ebbe ti- more di perdere qualche cosa per opera di quello o, infine, offeso, arse dal desiderio di vendicarsi. Avrebbe forse egli commesso omicidio senza una causa, per il solo gusto di commettere omicidio? Chi lo crederebbe?»

[SANT’AGOSTINO, Le confessioni, lb. II, capp. IV e V]

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INDICE

pag.

PRESENTAZIONE DELL’INDAGINE XVII

CAPITOLO I

CONTESTO E SCOPI DELL’INDAGINE

1. Le sollecitazioni politico-criminali della legittima difesa: tra esasperazione del tema della sicurezza e condizionamento del-

le scelte legislative 1

2. Il valore della corrispondenza della norma penale alle istanze sociali. Il coinvolgimento dei giuristi e il problema della spen-

dibilità politica del loro impegno 8

3. Il rafforzamento della sicurezza domiciliare come ragione d’in-

tervento sulla legittima difesa 10

4. Considerazioni sulla valenza della correlazione fra livello di tu- tela degli spazi domiciliari e salvaguardia della sicurezza pub-

blica 13 5. Le implicazioni del coinvolgimento della legittima difesa nel

perseguimento di politiche di sicurezza pubblica 16 6. Piano e prospettive dell’indagine 18

CAPITOLO II

ALLE RADICI DELLA LEGITTIMA DIFESA DOMICILIARE.

DAL DIRITTO ROMANO AL CODICE ROCCO

1. La nèmesi di un dogma: la rivendicazione di un collegamento

“antico” fra la prerogativa difensiva e la protezione degli spazi

domiciliari 23

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pag.

1.1. L’insinuazione di ragioni di “temperanza” nell’esercizio della facoltà di difesa: il contributo delimitativo del di-

ritto canonico 25

1.2. Il delinearsi di una contrapposizione in epoca interme-

dia circa i limiti della reazione difensiva 28 2. L’epoca moderna: la “speciale” esenzione riservata alle offese

che coinvolgono beni personali 32

3. La scelta del codice Zanardelli di anteporre un’esimente gene- rale ad una dedicata alle aggressioni portate nel domicilio al-

trui. Rilievi critici 41

3.1. Le discussioni intorno agli interessi difendibili e la ger- minazione di un principio di proporzione a misura della

reazione legittima 47

4. La “svolta” del codice Rocco: l’introduzione del requisito di pro-

porzione quale “contrappeso” della difesa legittima 51

CAPITOLO III

LA LEGITTIMA DIFESA SECONDO IL CODICE ROCCO

1. Il fondamento logico e politico-criminale dell’esimente 55 2. I presupposti della legittima difesa: la situazione legittimante 66

3. La reazione difensiva 76

4. I lineamenti della condotta scriminata: la “costrizione” e la

“necessità” della reazione 78

4.1. La proporzione della difesa all’offesa 83 5. Un retaggio del passato: la legittima difesa militare 89

CAPITOLO IV

GLI ORIZZONTI DELLA LEGITTIMA DIFESA:

IL CONFRONTO COMPARATISTICO

1. Le coordinate dell’indagine 97

2. Dal principio di proporzione al rilievo privilegiato della difesa

nel domicilio. La disciplina in Francia 98 2.1. La disciplina secondo il codice penale spagnolo 106 2.2. (segue). La “necessità razionale” e il connotato di mini-

ma proporzione 110

3. L’emarginazione del requisito di proporzione. La difesa legit-

tima secondo il codice penale tedesco 117

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pag.

4. Fra Spagna e Germania: la soluzione portoghese 126 4.1. (segue). L’eccesso “intensivo” scusabile 132 5. L’approccio nord-europeo: la “ragionevole necessità” della rea-

zione 136 5.1. L’accentuata tutela degli spazi domiciliari secondo la Castle

Doctrine 137 6. Le direttrici estensive della disciplina in Svezia e in alcuni Paesi

est-europei: il “caso” ungherese 145

7. Riepilogo e conclusioni 148

CAPITOLO V

LA LEGITTIMA DIFESA DOMICILIARE SEZIONE I

ELEMENTI DISTINTIVI E AMBITO DELLA SCRIMINANTE “SPECIALE”

1. L’introduzione di una speciale esimente per gli ambiti domici-

liari. Considerazioni generali 156

2. L’ambito sistematico della nuova disposizione 159 2.1. (segue). L’orientamento dell’esimente a temperare l’esten-

sione della responsabilità per l’eccesso in legittima difesa 164 3. L’autonomia strutturale e sistematica della legittima difesa do-

miciliare 169 4. I requisiti distintivi della legittima difesa domiciliare: i termini

di delimitazione spaziale e personale della fattispecie 174 5. La presunzione di proporzione della reazione difensiva e il ruolo

delimitativo della finalità di protezione dell’incolumità perso-

nale 177 SEZIONE II

IL SUPERAMENTO DELLA DIMENSIONE SCRIMINANTE

6. Gli ulteriori profili di eccentricità della legittima difesa domici-

liare: la “perturbatio animi” quale causa della reazione 183 7. Le ragioni dogmatiche e politico-criminali di una possibile in-

clinazione scusante dell’esimente domiciliare. Le finalità di-

fensive 184 7.1. La controversa accezione del presupposto di “costrizio-

ne” ad agire 187

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pag.

8. Il problema della legittimità di scriminanti a strutturazione sog-

gettiva o “mista” 191

9. L’alternativa qualificazione dell’esimente domiciliare come cau-

sa di esclusione della colpevolezza 199 SEZIONE III

LE CONSEGUENZE DELLA DIMENSIONE SCUSANTE DELL’ESIMENTE DOMICILIARE

10. La legittima difesa domiciliare oltre il piano dell’antigiuridicità 211 11. Gli effetti di disciplina dipendenti dalla qualificazione dogma-

tica della legittima difesa domiciliare: posizione della questione 212 11.1. Le possibilità di applicazione “putativa” della scusante 217 11.2. L’imputazione del fatto lesivo compiuto sotto l’effetto psi-

co-emotivo del pericolo di aggressione 226 11.3. L’imputazione dell’esimente ai concorrenti nel fatto com-

messo 229 11.4. L’impedibilità della condotta difensiva e la c.d. difesa re-

ciproca 231 11.5. L’onere della prova dei requisiti costitutivi dell’esimente 235

11.6. La formula di proscioglimento e la regola di giudizio sot-

tesa al “dispositivo” 239

11.7. Possibilità e limiti della responsabilità civile dell’aggredi-

to che si difende nel domicilio 244 12. Natura giuridica e caratteri distintivi della legittima difesa do-

miciliare 250

CAPITOLO VI

LA RIFORMA DELLA LEGITTIMA DIFESA DOMICILIARE.

RAGIONI E PROSPETTIVE SEZIONE I

LE DIRETTRICI DI AGGIORNAMENTO DELL’AUTOTUTELA NEL DOMICILIO

1. Le (presunte) ragioni di inadeguatezza della difesa domiciliare.

Tendenze applicative e deficienze di matrice procedimentale 258 1.1. La carente considerazione dei fattori di condizionamen-

to emotivo dell’aggredito 265

2. I progetti di riforma della legittima difesa domiciliare. Premes-

sa 268

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pag.

2.1. I progettati interventi sui referenti criminologici dell’esi-

mente 268 2.2. I progetti incidenti sui presupposti dell’art. 52, comma 2,

c.p. 270 2.3. Gli interventi proposti sui criteri d’imputazione del fatto

che esula dai limiti difensivi 275 3. La riforma della legittima difesa nel proprio domicilio. La pri-

ma versione del testo presentato in Parlamento 288 SEZIONE II

LE SCELTE DI RIFORMA DELLA LEGITTIMA DIFESA DOMICILIARE

4. Il testo approvato. La legge 26 aprile 2019, n. 36 292 4.1. L’adeguamento delle fattispecie di difesa domiciliare 293 4.2. Le modifiche riguardanti i c.d. reati presupposto 300 4.3. Le innovazioni all’istituto dell’eccesso in legittima difesa.

Il turbamento emotivo dell’aggredito 301 4.3.1. Le condizioni di “minorata difesa” 304 4.3.2. Orientamento soggettivo e potenzialità esplicative

della valutazione in tema di eccesso nella difesa

domiciliare 309 4.4. Le limitazioni alla responsabilità civile del difensore 313

4.5. Gli interventi riguardanti i procedimenti penali in tema

di legittima difesa. L’assistenza al patrocinio 319 4.6. (segue). La priorità di trattazione 322

SEZIONE III

CONCLUSIONI E PROSPETTIVE APPLICATIVE DELLE FATTISPECIE

5. Osservazioni intorno alla valenza sistematica della nuova disci- plina della difesa nel domicilio. I motivi di possibile illegittimi-

tà costituzionale della riforma 327

5.1. Il latente contrasto delle disposizioni normative con l’art.

2 C.e.d.u. 330

6. L’esigenza di letture “correttive” dell’esimente domiciliare 341 7. Considerazioni “a margine”, intorno alla sindacabilità delle di-

sposizioni in tema di legittima difesa domiciliare 346

BIBLIOGRAFIA 357

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L’idea di questa indagine è nata a seguito della partecipazione a una più ampia ricerca intrapresa molti anni fa sul tema delle interre- lazioni fra le categorie e gli istituti sostanziali e processuali del siste- ma penale, ora nella sede dell’accertamento probatorio, ora nella fase della traduzione dei criteri decisori, ora nel momento della indivi- duazione delle formule di pronunciamento terminative dei procedi- menti giurisdizionali. La scelta della figura della legittima difesa de- rivò all’epoca dalla propensione di questa figura ad attrarre su di sé tutti i profili accennati. Per la sua posizione di elemento negativo (se non del fatto tipico, almeno) della imputazione contestata alla perso- na tratta a giudizio, la figura sollecita infatti peculiari accorgimenti applicativi nella distribuzione delle potestà delle parti nell’agone pro- cessuale. Per la propensione dell’esimente a impegnare il giudice in deliberazioni eventualmente cariche di conseguenze su versanti non esclusivamente penalistici della vicenda giudiziaria, la medesima fi- gura si rimette a criteri di accertamento e di giudizio compositi, ri- spondenti a differenti logiche; e, ancora, per il suo spiccato tecnici- smo, l’esimente esaspera le difficoltà delle decisioni giurisdizionali, che su quella figura intervengano, di rendersi intellegibili (e perciò senz’altro accettabili) al comune cittadino. Non ultimo, naturalmen- te, si affacciava il motivo rappresentato dalla intervenuta riforma le- gislativa del 2006, la quale aveva a un tempo arricchito la fisionomia e gli elementi di valutazione della figura esimente, senza peraltro ta- citare le discussioni e i contrasti in ordine alla reale adeguatezza del- la stessa a soddisfare esigenze tanto processuali quanto sostanziali, legate al più corretto assetto della figura medesima e alla funzionalità del suo regime applicativo, avvertite dall’opinione pubblica. La figura in questione manifestava, insomma, una “instabilità” degna di curio- sità scientifica.

È facile immaginare, poi, come l’intrapresa e l’approfondimento dell’accennata indagine – complice la ricchezza concettuale, valoriale e teologica di una figura dai tratti “cangianti”, quale si è rivelata la fattispecie normativa della legittima difesa – abbiano ben presto “pre-

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so la mano” e indotto il ricercatore ad allargare lo sguardo e a porsi ben altre e più impegnative domande: quali le esigenze fondamentali, inderogabili, racchiuse nel testo dell’art. 52 c.p.? Quale l’orizzonte di- schiuso dal legislatore con la riforma del 2006? Quali le direttrici perseguibili dopo l’alterazione dell’equilibrio originariamente prefi- gurato dal legislatore del 1930? Domande, com’è noto, rinvigorite nel loro tono inquisitorio dalle polemiche montate negli ultimi anni nelle sedi del confronto politico. Sennonché, anche il dibattito sviluppatosi in parallelo nelle case dei cittadini, ha imposto l’esigenza di verificare criticamente le strategie di fondo legate all’assetto scolpito dalla nor- ma dell’art. 52 c.p.: anche le posizioni espresse sul tema della legitti- ma difesa da persone non aventi un’approfondita cultura giuridica, hanno rappresentato uno stimolo, per quanto singolare, alla intra- presa di un’indagine che avesse come fine l’obiettivo di “accorciare le distanze” fra il disposto normativo e il responso di giustizia che ci si attende dall’intervento di un’esimente destinata ad “impattare” sulle disposizioni incriminatrici.

Per forza d’inerzia, dunque, l’indagine che qui si presenta, si è ac- cinta a ripercorrere i fondamenti, i tratti e le finalità di un istituto cer- to antichissimo, ma non immobile nella sua storia. Ferma l’esigenza, quasi atavica e stabilmente mantenutasi, di assicurare un’esigenza – quella di autodifesa – connaturata alla condizione stessa dell’individuo che convive con altri, l’istituto giuridico ha invero conosciuto spiega- zioni e declinazioni sorprendentemente variabili, nel tempo come nello spazio. L’indagine non poteva dunque esimersi dal verificare critica- mente il retroterra e l’esperienza storico-comparatistica della legittima difesa. Tanto più che il processo evolutivo cui si è sottoposta la figura nei secoli passati non si è arrestato in epoca moderna, se è vero che negli ultimi vent’anni sono emersi prepotenti motivi d’insoddisfazione in seno all’opinione pubblica nei confronti dell’assetto definito con il codice Rocco; anzi, l’ansia di adeguamento dell’istituto ha trovato nuo- va manifestazione nella recente riforma compiuta con la l. n. 36/2019, intervenuta a percorso ormai avanzato dalla ricerca in atto.

La viva dinamicità che il tema è venuto manifestando negli ultimi anni, ha anzitutto imposto di verificare se e in quale declinazione si possa dare una qualche relazione di circolarità, di continuità ideale, fra ciò che in passato valeva a spiegare l’esonero da responsabilità per colui che, senza particolari cautele, invocasse la prerogativa di- fensiva, e le più recenti traduzioni della figura che pretendono di al- lentare i “vincoli” di legittimazione a beneficio di coloro che denun- cino condizioni di evidente debolezza rispetto all’aggressore.

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In gioco sono l’essenza stessa dell’istituto e la sua collocazione dog- matica nel quadro dei moderni sistemi penali. Qualora, infatti, con i presupposti di esenzione dalla pena, dovessero cambiare le ragioni esplicative della figura, anche la sua configurazione tecnica, la sua disciplina e i suoi effetti ne risentirebbero: di ciò, appunto, ci si è oc- cupati nel presente lavoro. Ma dietro di tali aspetti, si agitano più aspri interrogativi risalenti alla legittimità delle più recenti riforme normative compiute dal legislatore.

Neanche con il pieno conforto dell’opinione pubblica, infatti, il Governo e il Parlamento possono intervenire del tutto liberamente su di un istituto che comunque tocca l’assetto dei diritti fondamentali degli individui. Vincoli costituzionali e sovranazionali limitano la possibilità di alterare oltre una certa misura l’equilibrio definibile fra le prerogative individuali che l’ordinamento è pur chiamato a ricono- scere e a tutelare, e l’esigenza generale di consentire solo eccezional- mente che i cittadini facciano valere le proprie ragioni per vie di fat- to, tramite l’esercizio di una violenza sottratta alla gestione e al con- trollo collettivo della pubblica autorità. Il quadro di legittimità in cui si riconosce l’ordinamento, ha dunque rappresentato una variabile indipendente, non eludibile al fine di delineare i margini di ammissi- bilità di interventi correttivi che pur pretendano di rispondere alle più insistenti istanze di adeguamento del regime di esercizio delle prerogative difensive.

Tali sommari accenni lasciano ben intuire come il tema in esame impegni questioni di notevole complessità e delicatezza, rispetto al- l’obbiettivo di assicurare razionalità e coerenza all’ordinamento giu- ridico; né si possono trascurare gli effetti negativi perfino sconvol- genti che una riforma non ben calibrata potrebbe riversare sulla te- nuta della comunità sociale, scardinandole la coesione.

Con la circospezione che l’importanza delle questioni evocate non può non suscitare nell’operatore del diritto, ci si è dunque accostati a esaminare le scelte normative che hanno investito l’istituto della le- gittima difesa praticata all’interno del domicilio. Il compimento di una nuova riforma nel 2019 nel solco di quella del 2006 – nel ribadire una linea d’indirizzo che, lungi dal desistere, appare consolidarsi – ha imposto di ricercare un filo conduttore che riunisse il più possibile “a sistema” l’opera del recente legislatore con la più risalente fattispecie generale. Certamente diversi sono i tempi fra questa e quelle, e diver- se probabilmente anche le logiche a ognuna sottese; né si è rinuncia- to ad evidenziarne le rispettive peculiarità. Si è nondimeno voluto sottrarsi alla tentazione di limitarsi ad enfatizzare i limiti e le incon- gruenze delle novelle normative. Senza voler mettere in ombra i pro-

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fili più critici delle più recenti ipotesi, si confida nel fatto che l’opera applicativa della giurisprudenza potrà rivelare i margini di tenuta delle nuove norme, la loro utilità; altrimenti non rimarrà che constatare la loro intollerabilità da parte di un sistema che si trovi “costretto a rea- gire” ad esse per l’offesa inferta ai valori fondamentali nei quali si ri- conosce un ordinamento rispettoso dei diritti e delle garanzie di tutti i suoi membri.

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CONTESTO E SCOPI DELL’INDAGINE

Sommario: 1. Le sollecitazioni politico-criminali della legittima difesa: tra esaspe- razione del tema della sicurezza e condizionamento delle scelte legislative. – 2. Il valore della corrispondenza della norma penale alle istanze sociali. Il coinvolgimento dei giuristi e il problema della spendibilità politica del loro impegno. – 3. Il rafforzamento della sicurezza domiciliare come ragione d’in- tervento sulla legittima difesa. – 4. Considerazioni sulla valenza della correla- zione fra livello di tutela degli spazi domiciliari e salvaguardia della sicurezza pubblica. – 5. Le implicazioni del coinvolgimento della legittima difesa nel perseguimento di politiche di sicurezza pubblica. – 6. Piano e prospettive del- l’indagine.

1. Le sollecitazioni politico-criminali della legittima difesa: tra esasperazione del tema della sicurezza e condizionamento delle scelte legislative

Da sempre intrecciata alle direttrici politico-criminali formulate in tema di sicurezza individuale e collettiva 1, la figura della legittima difesa ha conosciuto negli ultimi quindici anni una nuova vitalità che l’ha posta alla ribalta del dibattito pubblico. Dopo decenni in cui quel-

1 Illuminante, al riguardo, la posizione a suo tempo espressa da V. MANZINI, La politica criminale e il problema della lotta contro la delinquenza e la malavita, in Riv. pen., 1911, 5 ss. Per un collegamento della legittima difesa con tali tematiche, quantomeno a partire dalla sua raffigurazione nel codice Zanardelli, si vedano la testimonianza di L. LACCHÉ, Loca occulta. Dimensioni notturne e legittima difesa:

per un paradigma del diritto di punire, in AA.VV., La notte. Ordine, sicurezza e di- sciplinamento in età moderna, a cura di M. Sbriccoli, Firenze, 1991, 127 s., e di F.

COLAO, Paura e legittima difesa. Questioni di «moderame» tra Otto e Novecento, in AA.VV., La paura. Riflessioni interdisciplinari per un dibattito contemporaneo su violenza, ordine, sicurezza e diritto di punire, in Quaderno di storia del penale e del- la giustizia (www.unimc.it), n. 1/2019, 129 ss., nonché i riferimenti di D. SICILIA- NO, Per una genealogia del diritto alla legittima difesa: da Carrara ai Rocco, in Qua- derni fiorentini per la storia del pensiero giuridico moderno, 2006, II, 745 ss.

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lo che è stato definito «un monumento di equilibrio normativo» 2 – frut- to della sapienza di giuristi più attenti alla perfezione tecnico-giu- ridica delle soluzioni normative che sensibili alle istanze correnti nel- la “pancia” della società – aveva dato luogo ad applicazioni tutto som- mato sporadiche e ispirate a canoni di cautela, prudenza e misura 3, è invece accaduto, di recente, che l’esimente dell’art. 52 c.p. si sia tro- vata invischiata nel dibattito politico, interessato ad assecondare rin- novate invocazioni di sicurezza sociale. Su di queste hanno fatto sen- tire il loro peso certe preoccupazioni avvertite per l’aumento della criminalità urbana o almeno per il ripetersi di alcune sue manifesta- zioni più “percepibili” dal cittadino medio.

La causa dell’accentuato interesse verso la scriminante sta nella de- nuncia di fenomeni delinquenziali crescenti e diffusi, al cui aumento (per una serie di ragioni, di difficoltà e di deficienze che non è possibile richiamare in questa sede) non sarebbero in grado di opporsi le autorità di polizia, né quelle giudiziarie. Tali dinamiche hanno fatto sì che l’esi- mente sia stata elevata a baluardo per fronteggiare i singoli episodi di aggressione alla sicurezza e alla tranquillità individuale dei cittadini.

Sennonché, l’idea che ricorra un aumento della criminalità e che sia quindi salito il livello oggettivo di insicurezza sociale, richiedereb- be di essere verificata: non solo perché lo imporrebbe un corretto ap- proccio metodologico allo studio dei rimedi giuridici da opporre alle manifestazioni di criminalità 4, ma anche perché il dato addotto non appare univocamente confermato dalle più recenti indagini in mate-

2 Così T. PADOVANI, Un modello di equilibrio normativo minato da ambiguità e incertezze, in Guida dir., 13/2006, 52.

3 Vi accenna M. RONCO, Legittima difesa, in Dig. disc. pen. Agg., IV, Torino, 2008, 641 e 642 s. L’operatività dell’esimente è stata, ad es., esclusa da Cass. pen., Sez. V, 14 marzo 2003, n. 20727, in Riv. pen., 2003, 1079, a beneficio di un tabaccaio intento a difendere il patrimonio da una rapina. Per alcune applicazioni restrittive in epoca più risalente, cfr. Cass. pen., Sez. I, 20 giugno 1997, n. 6979, in Cass. pen., 1998, 2351; Cass. pen., Sez. I, 1° dicembre 1995, V., in Cass. pen., 1997, 707; Cass. pen., Sez. IV, 25 maggio 1993, Barraca, in Cass. pen., 1995, 558; Cass. pen., Sez. I, 7 luglio 1992, Giacometti, in Cass. pen., 1994, 1519; Cass. pen., Sez. I, 23 gennaio 1992, Ver- gori, in Cass. pen., 1993, 2264; Cass. pen., Sez. IV, 14 novembre 1990, Z., in Riv. pen., 1991, 822; Cass. pen., Sez. I, 6 luglio 1989, Carriero, in Cass. pen., 1990, 1916. Di “uso equitativo” dell’eccesso colposo da parte della giurisprudenza con l’intento «di con- tenere l’entità della risposta sanzionatoria entro il tetto della pena sospendibile e di salvare così il principio della sacralità della vita [dell’aggressore]», parla F. GIUNTA, Nuovi e vecchi orizzonti della legittima difesa, in Crit. dir., 2005, 298; ancora di recente ID., Ghiribizzi penalistici per colpevoli. Legalità, “malalegalità”, dintorni, Pisa, 2019, 35.

4 C.E. PALIERO, La maschera e il volto (percezione sociale del crimine ed “effetti penali” dei media), in Riv. it. dir. proc. pen., 2006, 467 ss., part. 492 ss.

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ria 5. L’istanza di maggiore sicurezza solleva, piuttosto, la delicata questione del rapporto “circolare” corrente fra le aspirazioni dell’opi- nione pubblica, da un lato, e le attività degli esercenti il potere legi- slativo che operano nel nome e per conto della collettività, dall’altro 6. Affrontare ex professo simile questione porterebbe troppo lontano.

Basti qui riconoscere come coloro che concretamente sono chiamati a elaborare soluzioni politico-normative (anche penali, dunque), sono naturalmente portati a cercare anzitutto un ritorno elettorale futuro positivo, per sé o per il proprio partito politico, anche a scapito di una stimata “solidità” delle soluzioni adottate, della loro corrispon- denza alle richieste avanzate dalla collettività e della loro lungimi- ranza e probabile tenuta nel tempo 7. È evidente come un simile mec- canismo (giusto o sbagliato che sia) affidi molte delle sue chances di successo alla capacità della comunicazione politico-sociale di opera- re, con l’aiuto decisivo dei mass media 8, non tanto in entrata (nel- l’intercettare i bisogni e le istanze più comunemente avvertite o co- munque degne di attenzione), quanto, piuttosto, in uscita, nel “pre- parare il terreno” per le soluzioni normative che il movimento politi- co reputi di sostenere e licenziare 9. La contrapposizione radicale – e

5 Cfr. l’ampia indagine di R. BIANCHETTI, La paura del crimine. Un’indagine criminologica in tema di mass media e politica criminale ai tempi dell’insicurezza, Milano, 2018, 423 ss., 430 ss., 438 ss. e 443, da cui emerge che, salvo fisiologiche oscillazioni e salvi certi tipi di reato (le violenze sessuali e le lesioni personali), il trend di reati denunciati – in particolare di omicidio, di furto, di rapina – negli ul- timi vent’anni, è sostanzialmente stabile, se non in lieve calo; e anche il tasso di persone condannate in via definitiva per i questi reati non ha conosciuto un au- mento nel periodo considerato: ID., op. cit., 448 s. e 455 s.

6 Per un cenno alla questione sia consentito rinviare a D. NOTARO, Autorità in- dipendenti e norma penale. La crisi del principio di legalità nello Stato policentrico, Torino, 2010, 14 ss. e 74 s.

7 Cfr., ad es., nella prospettiva di un diritto penale “populista” e “simbolico”, S.

BONINI, La funzione simbolica nel diritto penale del bene giuridico, Napoli, 2018, 158 ss. e richiami. Sul tema specifico v. G. FIANDACA, Populismo politico e populi- smo giudiziario, in Criminalia, 2013, 95 ss.; D. PULITANÒ, Populismi e penale. Sulla attuale situazione spirituale della giustizia penale, ivi, 123 ss.; L. VIOLANTE, Populi- smo e plebeismo nelle politiche criminali, in Criminalia, 2014, 197 ss., part. 202;

nonché i vari contributi contenuti nel volume di S. ANASTASIA-M. ANSELMI-D. FAL- CINELLI, Populismo penale: una prospettiva italiana, Milano, 2015. Per un collega- mento del fenomeno con i temi qui trattati v. L. RISICATO, Diritto alla sicurezza e sicurezza dei diritti: un ossimoro invincibile?, Torino, 2019, 73 ss.

8 Sull’ambivalente ruolo dei mass-media nella comunicazione delle istanze di cri- minalizzazione v. R. BIANCHETTI, op. cit., 89 ss. e 117 ss.; S. BONINI, op. cit., 142 ss.

9 Cfr., ad es., le osservazioni di R. BIANCHETTI, op. cit., 272 s., 275 ss., 279 ss., 283 ss. e 296 ss.

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spesso puramente strumentale – fra schieramenti politici fa il resto.

Ecco che si fa sentire la ben nota “circolarità” dell’assetto socio-de- mocratico, per cui non è scontato che sia l’opinione pubblica a con- dizionare gli esponenti politici, potendo anche essere questi ultimi a influenzare le istanze sociali assegnando ad esse un ordine di impor- tanza diverso da quello che meriterebbero 10. Ed è plausibile che en- trambi i canali agiscano vicendevolmente in un “dialogo comunicati- vo” che rimane, tuttavia, virtuoso fintanto che permangano “vigili”

strumenti critici di misurazione degli esiti normativi prospettabili 11. Quanto finora accennato ha evidenti implicazioni in ambito pena- le 12, ove, anzi, il fenomeno accennato ha trovato crescente dimostra- zione negli ultimi tempi. Molte sono, infatti, le materie e svariati i settori in cui si è venuto lamentando un eccesso d’“interventismo” pu- nitivo a scopo proto-securitario di rassicurazione dell’opinione pub- blica 13, gli esiti del quale si sono tuttavia mostrati ben lungi dal pale- sare solidità di impianto e ragionevolezza delle soluzioni 14. Solo per citarne alcune, possono enumerarsi le scelte compiute in tema di con- trasto al traffico di sostanze stupefacenti 15 e di repressione dell’immi-

10 Cfr. ampiamente C.E. PALIERO, op. cit., 505 ss., 523 s. e 527 s. Conf. R. BIAN- CHETTI, op. cit., 506 ss. e 515 ss.

11 Cfr. ancora R. BIANCHETTI, op. cit., 579 ss.

12 Cfr. le riflessioni di R. CORNELLI, La paura nel campo penale: una storia del presente, in AA.VV., La paura. Riflessioni interdisciplinari, cit., 63 ss.; C. STORTI, A proposito di uso politico della paura, ivi, 298 s.

13 Cfr. la panoramica di D. PULITANÒ, op. cit., 126. Ne tratta più di recente L.

RISICATO, op. cit., 25 ss. e 49 ss.

14 Cfr. per tutti e in termini generali, i rilievi di S. MOCCIA, La perenne emergen- za. Tendenze autoritarie nel sistema penale, 2a ed., Napoli, 2000, 29 ss. e 53 ss.; F.

PALAZZO, Requiem per il codice penale? (Scienza penale e politica dinanzi alla rico- dificazione), in Cass. pen., 2011, 4071; v. inoltre la rassegna di R. BIANCHETTI, op.

cit., 541 ss., e S. BONINI, op. cit., 159 ss.

15 Particolarmente controversa la modifica compiuta con la l. 21 febbraio 2006, n. 49, su cui v. C. RUGARIVA, La nuova legge sulla droga: una legge “stupefacente” in nome della sicurezza pubblica, in Riv. it. dir. proc. pen., 2006, 235; per rilievi con- centrati sulla “irragionevolezza” delle scelte politico-criminali v. A. VALLINI, La ri- forma della disciplina degli stupefacenti: momenti di incoerenza, profili di incostitu- zionalità, opportunità ermeneutiche, in AA.VV., La disciplina penale degli stupefa- centi: un’analisi sul campo, a cura di C. Piemontese, Pisa, 2010, 11 ss.; A. GABOAR- DI, La disciplina penale in materia di stupefacenti al cimento della ragionevolezza, in AA.VV., Stupefacenti e diritto penale. Un rapporto di non lieve entità, a cura di G.

Morgante, Torino, 2015, 83 ss. Per i successivi interventi correttivi della Corte co- stituzionale sia consentito rinviare ai riferimenti di D. NOTARO, Fra Corte costitu- zionale e Parlamento. Considerazioni interno alle prospettive politico-criminali in

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grazione clandestina 16, di criminalità di stampo mafioso 17 come di lotta al terrorismo 18, passando per il corposo settore della tutela della

materia di stupefacenti, in AA.VV., Stupefacenti e diritto penale, cit., 9 ss.; E. MAZ- ZANTI, Oltre il confine stabilito: detenzione di droga e uso delle soglie nella recente e travagliata evoluzione del diritto penale degli stupefacenti, ivi, 45 ss.; A.M. PIOTTO, La disciplina del fatto di lieve entità di cui all’art. 73, comma 5, d.P.R. n. 309/1990:

dalla sentenza della Corte costituzionale n. 251 del 2012 alle recenti modifiche legi- slative, ivi, 133 ss.; M. GAMBARDELLA, Norme incostituzionali e nuovo sistema degli stupefacenti, Roma, 2017, 18 ss. e 219 ss.

16 Si ricordi qui, in particolare, l’introduzione, effettuata dall’art. 1, d.l. 23 mag- gio 2008, n. 92, convertito in l. 24 luglio 2008, n. 125, con l’aggiunta dell’art. 61, n.

11-bis c.p., dell’aggravante comune dell’essere il fatto di reato commesso da un immigrato non regolare: v. in merito G. DODARO, Discriminazione dello straniero irregolare nell’aggravante comune della clandestinità, in Riv. it. dir. proc. pen., 2008, 1634 ss. Quella disposizione è stata poi censurata dalla Corte costituzionale con la sentenza 5 luglio 2010 n. 249. È rimasta, invece, la previsione gemella dell’art.

10-bis, d.lgs. 25 luglio 1998, n. 286, introdotta dall’art. 1, comma 16, l. 15 luglio 2009, n. 94, che punisce il reato di immigrazione clandestina (c.d. “reato di clan- destinità”) – su cui v. G.L. GATTA, Il “reato di clandestinità” e la riformata disciplina penale dell’immigrazione, in Dir. pen. proc., 2009, 1324 ss.; D. PERRONE, sub art. 1, co. 16, l. 25 luglio 2009, n. 94, in AA.VV., Commentario al “pacchetto sicurezza”, l.

15 luglio 2009, n. 94, a cura di G.A. De Francesco-A. Gargani-D. Manzione-A. Per- tici, Torino, 2011, 67 ss. –, la quale è stata salvata dalla Consulta con la sentenza 8 luglio 2010, n. 250. Su entrambe queste pronunce e sulle relative disposizioni in- criminatrici interessate, v. L. MASERA, Corte costituzionale ed immigrazione: le ra- gioni di una scelta compromissoria, in Riv. it. dir. proc. pen., 2010, 1373 ss. Sono poi intervenute in tale ambito svariate novelle: da ultime quelle imposte con il d.l.

20 febbraio 2017, n. 14, convertito in l. 18 aprile 2017, n. 48 e con il d.l. 4 ottobre 2018, n. 113, convertito in l. 1° dicembre 2018, n. 132, che ricollegano espressa- mente le politiche di contrasto all’immigrazione al tema della sicurezza pubblica (v. infra nt. 18). Sui legami con i temi della (in)sicurezza, v. M. PIFFERI, Paure del- lo straniero e controllo dei confini. Una prospettiva storico-giuridica, in AA.VV., La paura. Riflessioni interdisciplinari, cit., 179 ss.

17 Ne dà contezza G. FIANDACA, op. cit., 100 ss., trattando delle modifiche pro- poste al testo dell’art. 416-ter c.p. per ampliare le possibilità operative della fatti- specie di scambio elettorale politico-mafioso; tali modifiche hanno incontrato l’approvazione definitiva del Senato nel maggio del 2019. Valga, però, soprattutto il richiamo al settore delle misure di prevenzione, facente capo al d.lgs. 6 settem- bre 2011, n. 159, incisivamente novellato dalla l. 17 ottobre 2017, n. 161, su cui v.

AA.VV., Codice antimafia annotato 2018, a cura di A. Cisterna, Pisa, 2018; AA.VV., Il nuovo codice antimafia: commentario aggiornato alla legge 17 ottobre, n. 161, a cura di R. Razzante-E. Pezzuto, Pisa, 2018; per le ulteriori modifiche successiva- mente intervenute v. AA.VV., Commentario breve al codice antimafia e alle altre procedure di prevenzione, a cura di G. Spangher-A. Marandola, Padova, 2019.

18 Non si può non rammentare come l’esigenza di rispondere agli attentati ter- roristici del nuovo millennio abbia costituito occasione privilegiata per un più incisivo richiamo al tema della sicurezza pubblica (oltretutto declinato in pro- spettiva “globale”), in nome del quale sono stati insinuati nell’ordinamento stru-

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sicurezza sociale urbana 19 e della circolazione stradale la quale pure ha visto nel 2016 inasprire fortemente il trattamento sanzionatorio dei fatti colposi di omicidio e di lesioni personali gravi e gravissime 20

menti di incriminazione a trazione fortemente anticipata nei confronti di condot- te e fenomeni orbitanti intorno ai movimenti di matrice islamica legati ai conflitti medio-orientali: per alcune notazioni al riguardo si rinvia a E. MARZADURI, La di- sciplina del terrorismo internazionale: tra esigenze di tutela delle libertà e bisogno di sicurezza della persona, in Leg. pen., 2005, 421 ss.; F. PALAZZO, Contrasto al terrori- smo, diritto penale del nemico e principi fondamentali, in Quest. giust., 2006, 666 ss.; V. MASARONE, Politica criminale e diritto penale nel contrasto al terrorismo in- ternazionale, Napoli, 2013, 203 ss., 233 ss., 253 ss. e 289 ss.; A. MOSFER, Fragi- litäten des Rechtsstaates seit dem 11. September 2001 im Spiegel der Rechtspre- chung des Bundesverfassungsgerichts, Frankfurt am Mein, 2015; AA.VV., Terro- rismo e sistema penale: realtà prospettive, limiti, in Dir. pen. cont. Riv. trim., 2017, n. 1 nella Sezione relativa a «La prevenzione del terrorismo fra anticipazione della tutela penale e misure amministrative di polizia», ivi, 3 ss.; R. BARTOLI, Legislazione e prassi in tema di contrasto al terrorismo internazionale: un nuovo paradigma emergenziale?, in Dir. pen. cont. Riv. trim., 2017, 233 ss.

19 R. CORNELLI, La politica della paura tra insicurezza urbana e terrorismo globa- le, in Criminalia, 2017, 233 ss. In tale ambito deve ricordarsi ancora l’emanazione, da ultimi, dei c.d. “decreti sicurezza” (d.l. 4 ottobre 2018, n. 113, recante – fra l’altro – «disposizioni urgenti in materia di protezione internazionale e immigra- zione, sicurezza pubblica», convertito in l. 1° dicembre 2018, n. 132, seguito dal d.l. 14 giugno 2019 n. 53, convertito in l. 8 agosto 2019, n. 77) e del “decreto Min- niti” (d.l. 20 febbraio 2017, n. 14, contenente “disposizioni urgenti per la sicurez- za delle città”, convertito in l. 18 aprile 2017, n. 48) che (gli uni rispettivamente con gli artt. 21 ss. e 13 ss.; l’altro con gli artt. 9-10 e 13) hanno esteso la possibilità di far ricorso a strumenti preventivi – quali il divieto di accesso negli stadi, l’ordi- ne di allontanamento e il divieto di accesso in luoghi determinati (c.d. “d.a.spo.

urbano”) – appannaggio delle autorità di p.s. (ancorché soggetti a convalida giuri- sdizionale se accompagnati dall’obbligo di comparizione negli uffici di p.s.) e concepiti nei confronti di coloro che manifestino una più o meno specifica peri- colosità sociale negli spazi urbani, predisponendo altresì sanzioni penali in caso di loro inosservanza. Sulla tematica, nel quadro più generale dell’opportunità o meno di un sempre maggiore ricorso a misure di prevenzione per fronteggiare manifestazioni criminose più o meno incipienti, v., con accenti critici, A. MARTINI, Il mito della pericolosità. Alla ricerca di un senso compiuto del sistema della preven- zione personale, in Riv. it. dir. proc. pen., 2017, 538 ss.; ID., Essere pericolosi, Tori- no, 2017, 91 e 202 ss. Oltre ai rimedi preventivi, devono essere menzionati i mol- teplici interventi “a pacchetto” (almeno le già citate l. 23 maggio 2008, n. 92 e l.

15 luglio 2009, n. 94) accomunati dal fatto di inerire appunto alla tutela della si- curezza pubblica: quanto al loro raggio operativo v. AA.VV., Il “Pacchetto sicurez- za”, a cura di O. Mazza-F. Viganò, Torino, 2009, passim; AA.VV., Commentario al

“pacchetto sicurezza”, cit., passim.

20 Si allude alla l. 23 marzo 2016, n. 41, che ha introdotto le disposizioni degli artt. 589-bis s. e 590-bis ss. c.p., sulla cui propensione a soddisfare le domande di rassicurazione dell’opinione pubblica in tema di sicurezza stradale v. (fra i primi a segnalare il dato) M. MANTOVANI, In tema di omicidio stradale, in Dir. pen. cont., 2015,

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perpetrati in circostanze comunemente giudicate “allarmanti”. Ci sem- bra che la sorte toccata alla legittima difesa col volgere del millennio s’inscriva a pieno titolo in questa tendenza più generale 21. Come nei pre- cedenti ambiti, anche in quello qui trattato emergono due aspetti fra lo- ro connessi: da un lato, l’esacerbazione del valore della sicurezza collet- tiva – ed urbana in particolare – sollecitata dalla prospettazione di epi- sodi più o meno dolorosi di cronaca e da “sensazioni” di disagio sociale rinvenute presso l’opinione pubblica; dall’altro, una veicolazione pro- gressiva del messaggio pubblico che, complice uno stile semplificatorio e “banalizzante” della comunicazione mass-mediatica, riduce gli spazi di verifica critica delle soluzioni proposte, affidandosi all’immediatezza in- tuitiva ed emotiva della loro percezione da parte dei cittadini.

Nella descrizione di questo contesto si profilano le ragioni stesse dell’indagine che ci si accinge a compiere: verificare se le condizioni che alimentano la tendenza sopra accennata, autorizzino a rivedere linea- menti e ragion d’essere di un istituto, come quello della legittima difesa, relativamente “dormiente” sino a non molto tempo fa e d’un tratto ri- conosciuto come inadeguato a rispondere alle esigenze di assetto dei valori socialmente riconosciuti; considerare, quindi, se la scriminante evocata sia lo strumento (più) adeguato a rispondere alle istanze securi- tarie avanzate.

3; D. D’AURIA, Omicidio stradale: prime osservazioni, in Dir. pen. proc., 2016, 432;

E. SQUILLACI, Ombre e (poche) luci nella introduzione dei reati di omicidio e lesioni personali stradali, in Dir. pen. cont., 2016, 2; A. MASSARO, Omicidio stradale e lesio- ni personali stradali gravi o gravissime: da un diritto penale “frammentario” a un diritto penale “frammentato”, in Dir. pen. cont., 2016, 2; A. ROIATI, L’introduzione dell’omicidio stradale e l’inarrestabile ascesa del diritto penale della differenziazione, in Dir. pen. cont., 2016, 5 s.; D. NOTARO, I nuovi reati di omicidio stradale e lesioni personali stradali: norme “manifesto” o specializzazione dello statuto colposo?, in Leg. pen., 2016, 2.

21 Cfr., per tutti, F. SCHIAFFO, La «sicurezza privatizzata»: ipotesi ermeneutiche su legittima difesa e dintorni, in AA.VV., Studi in onore di Mario Romano, II, Na- poli, 2011, 1225 s., il quale sottolinea la “doppia valenza” dell’influenza mass- mediatica sul tema: quanto alla elaborazione della astratta fattispecie esimente e quanto alla sua concreta applicazione da parte dei giudici; v. altresì L. RISICATO, op. cit., 16 ss. Per una ricapitolazione delle ragioni politico-criminali che hanno spinto alla riforma della scriminante v. V. MILITELLO, L’autotutela nel privato domicilio (e in luoghi equiparati). Dall’“archetipo” al “nuovo volto” della legittima difesa, in AA.VV., Il penale nella società dei diritti. Cause di giustificazione e mu- tamenti sociali, a cura di M. Donini-R. Orlandi, Bologna, 2010, 129 ss. Sul- l’incidenza dell’esigenza di contrasto alle “classi pericolose” nell’ambito di una prospettiva storico-sociale di inquadramento dell’istituto v. L. LACCHÉ, La paura delle «classi pericolose». Ritorno al futuro?, in AA.VV., La paura. Riflessioni inter- disciplinari, cit., 174 ss.

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Di immediata considerazione per la presente indagine devono es- sere il peso rivestito dall’invocazione di maggiore sicurezza, da un la- to, e la capacità del legislatore di farsi interprete delle istanze della collettività, dall’altro.

2. Il valore della corrispondenza della norma penale alle istan- ze sociali. Il coinvolgimento dei giuristi e il problema della spendibilità politica del loro impegno

Preliminare alla considerazione del valore della sicurezza collettiva si presenta il tema legato alle modalità con cui compiere indagini socia- li, empirico-criminologiche, al fine di raccogliere dati sufficienti e affi- dabili onde prospettare soluzioni normative migliorative, corrisponden- ti alle richieste della collettività. Questo profilo – già da tempo autore- volmente considerato come componente essenziale di una corretta me- todica di analisi politico-criminale 22 – ha assunto una dimensione più concreta e tangibile in occasione delle discussioni che hanno appunto preceduto, accompagnato e seguito le riforme avanzate per adeguare la fisionomia della legittima difesa alle prospettate esigenze securitarie 23. Con esso interloquisce, però, il tema – non certo ignoto agli studiosi del- le più moderne tendenze legislative in materia penale 24 – del ruolo as-

22 Cfr., ad es., gli ampi lavori di C.E. PALIERO, Il principio di effettività nel diritto penale: profili politico-criminali, in Studi in memoria di Pietro Nuvolone, I, Milano, 1991, 391 ss.; ID., Consenso sociale e diritto penale, in Riv. it. dir. proc. pen., 1992, 849 ss. e 910 s.

23 Ne riporta una qualche testimonianza, ad es., F. VIGANÒ,Spunti per un «pro- getto alternativo» di riforma della legittima difesa, in AA.VV., Studi in onore di Gior- gio Marinucci, a cura di E. Dolcini-C.E. Paliero, II, Teoria della pena, teoria del rea- to, Milano, 2006, 2008.

24 Cfr., in particolare, F. PALAZZO, Scienza penale e produzione legislativa: para- dossi e contraddizioni di un rapporto problematico, in Riv. it. dir. proc. pen., 1997, 707 ss.; ID.,Legalità penale: considerazioni su trasformazione e complessità di un principio fondamentale, in Quaderni fiorentini per la storia del pensiero giuridico moderno, 2007, 1325; M.DONINI, Dogmatica penale e politica criminale a orienta- mento costituzionalistico. Conoscenza e controllo critico delle scelte di criminalizza- zione, in Dei delitti e delle pene, n. 3/1998, 37 ss.; ID., Metodo democratico e metodo scientifico nei rapporti fra diritto penale e politica, in Riv. it. dir. proc. pen., 2001, 29 ss.; ID., Democrazia penale e ruolo della scienza,in AA.VV., Nuovo revisionismo penale. Riserva di legge e democrazia penale: il ruolo della scienza penale, a cura di G. Insolera, Bologna, 2005, 36 s.; M. DONINI-G. INSOLERA, Riserva di legge e demo- crazia penale: il ruolo della scienza penale – considerazioni introduttive, ivi, 20 ss.;

S. MOCCIA, Qualche considerazione su auctoritas doctorum e rispetto dei principi, ivi, 53 ss.; G. FIANDACA, Legalità penale e democrazia, in Quaderni fiorentini per la

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sunto dai tecnici del diritto in occasione di riforme tanto impegnative dal punto di vista delle implicazioni in gioco: si risale così alle difficoltà dei giuristi di farsi portatori di ragioni espressive di tendenze più razio- nali ed avvedute, aventi, tuttavia, il grosso problema di presentarsi co- me meno accattivanti rispetto a soluzioni tranchants, radicali e più age- volmente comprensibili dal cittadino medio.

La capacità dei giuristi “tecnici”, degli scienziati, di rivolgersi al legi- slatore con la pretesa di prospettargli soluzioni ispirate ad argomenti puramente razionali, inducendolo a rinunciare ad alternative più facil- mente accettabili dall’opinione pubblica, si riallaccia indissolubilmente e indefettibilmente al grado di autorevolezza che la scienza penale sap- pia vantare nei confronti degli interlocutori istituzionali e sociali. La maturazione di una tale autorevolezza, tuttavia, si alimenta di compo- nenti fra le quali (non le uniche) meritano di essere segnalate: a) l’as- sunzione di un approccio dialogante e costruttivo nei rapporti con la sfera politico-legislativa e nella valutazione dei prodotti normativi 25; b) l’adozione di uno stile comunicativo che superi i recinti delle pure cate- gorizzazioni logiche e del linguaggio tecnico, per tradursi in formule espressive fruibili dall’opinione pubblica; c) un’elaborazione capace di offrire soluzioni di sintesi relativamente stabili e condivise fra le varie prospettazioni teoriche correnti, riguardanti gli istituti e le figure coin- volte: nel momento della predisposizione di un prodotto “istituzionale”, insomma, l’Accademia dovrebbe riuscire a superare le contrapposizioni di “Scuola” che animano il dibattito scientifico e la riflessione pura- mente teorica 26; d) l’indagine scientifica si riveli disposta a, e sia meto- dologicamente capace di, verificare la praticabilità concreta delle elabo- razioni teoriche proposte e dei risultati ottenuti dalle stesse 27, al fine di riuscire a (dimostrare di saper) trasporre sul piano generale e astratto esigenze avvertite dal corso quotidiano delle relazioni sociali.

Questi obiettivi metodologici – che corrispondono ai compiti na- turali dello scienziato del diritto – devono essere perseguiti con forza,

storia del pensiero giuridico moderno, 2007, 1266; M. DONINI, Tecnicismo giuridico e scienza penale cent’anni dopo. La prolusione di Arturo Rocco (1910) nell’età del- l’europeismo giudiziario, in Criminalia, 2010, 159 ss.

25 Lo rimarca S. BONINI, op. cit., 2 e 10.

26 Il dato è accoratamente sottolineato in particolare da G.A. DEFRANCESCO, Legislazione, giurisprudenza, scienza penale: uno schizzo problematico, in Cass. pen., 2016, 858 ss.

27 Lo ricorda ancora una volta M. DONINI, L’art. 3 bis c.p. in cerca del disegno che la riforma Orlando ha forse immaginato, in Dir. pen. proc., 2018, 439. Di neces- sità di un atteggiamento “autocritico” di una dottrina penale che voglia essere po- liticamente impegnata, parla S. BONINI, op. cit., 31 s.

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se si vuole che percorsi, tendenze e soluzioni legislative tornino ad espri- mere prospettive di sistematicità coerenti, così come si pretendeva e ci si attendeva fino a un tempo oramai lontano. E un tale intento appare quanto mai bisognevole di essere rafforzato alla luce della vicenda del- la legittima difesa, che “mostra la corda” rispetto alla tenuta razionale delle soluzioni già adottate alcuni anni or sono.

3. Il rafforzamento della sicurezza domiciliare come ragione d’intervento sulla legittima difesa

Non è un mistero che alla base delle istanze di riforma della legit- tima difesa, a partire dai primi anni del nuovo millennio, vi sia stata la speciale attenzione mostrata dal legislatore nei confronti dell’obiet- tivo di assicurare una più adeguata, efficace salvaguardia della sicu- rezza individuale nei contesti domiciliari in particolare. A tale orien- tamento ha indotto la considerazione della ricorrenza di brutali ag- gressioni compiute “in villa”, o comunque in ambiti domestici, che, quantunque motivate da un intento di arricchimento dei loro autori, sono trascese a tal punto al piano dell’attacco alle persone, da deno- tare uno sbilanciamento offensivo sproporzionato su questo versante.

L’enfatizzazione – certamente comprensibile – che i mezzi di comu- nicazione pubblica hanno assicurato a tali accadimenti, si è spesso accompagnata alla sottolineatura di un elemento oltremodo evocati- vo: quello della lamentata commissione di tali fatti prevalentemente ad opera di individui stranieri, etnicamente connotati dalla prove- nienza da alcuni Paesi dell’Europa Orientale. L’abbinamento fra le aggressioni predatorie subite nel domicilio e la loro realizzazione ad opera di gruppi d’individui stranieri non integrati, ha insinuato nean- che troppo larvatamente una carica emotiva ancestrale nell’approccio alla questione: quella della paura del “nemico pubblico”, ossia di co- lui che, in quanto “diverso”, è insensibile al richiamo generalpreven- tivo della legge e deve perciò essere combattuto con ogni mezzo.

Il contesto delineato si è invero nutrito di componenti favorevoli al suo maturare. Da un lato, ad esso ha giovato una certa rivalutazione della centralità del bene individuale, rispetto a quello comune, la qua- le ha trovato proprio nella salvaguardia del valore domiciliare il pro- prio paradigma; paradigma che ha ricavato la sua nobilitazione dalla

“Castle Doctrine” statunitense 28, secondo la quale gli ambiti spaziali

28 E. GRANDE, Justification and excuse. Le cause di non punibilità nel diritto an-

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privati devono godere di un’intangibilità assoluta rispetto all’intrusione di estranei, specialmente se malintenzionati (o supposti tali). Dall’al- tro, le complesse dinamiche che hanno portato a un graduale allar- gamento delle frontiere dell’Unione Europea, per un verso, e a un’in- tensificazione dei flussi immigratori, per altro verso, hanno solleci- tato i timori di latenti conflittualità culturali con i costumi civici se- guiti dai nuovi gruppi etnici trapiantati nel territorio italiano. La cri- si economica esplosa nell’ultimo decennio ha fatto il resto, moltipli- cando gli stimoli dei soggetti più svantaggiati e spregiudicati a pro- curarsi in ogni modo i mezzi di sostentamento o di arricchimento, e creando di fatto nuove occasioni di conflitti individuali e di inquie- tudini collettive.

Testimonianza tangibile delle preoccupazioni avvertite a livello sociale per la difesa degli spazi individuali, veicolate alle istituzioni politiche, sono state talune modifiche normative esplicitamente inti- tolate all’esigenza di rafforzare la sicurezza pubblica e coinvolgenti la tutela del domicilio: fra queste spicca – per la stretta correlazione con la nostra indagine – quella che ha portato all’introduzione nel 2001 del delitto di furto in abitazione (art. 624-bis, comma 1, c.p.) o, me- glio, alla sua trasformazione da fattispecie circostanziale aggravata del furto in quella di titolo autonomo di reato 29. Com’è noto, l’intento perseguito dal legislatore in quell’occasione è stato di impedire al giudice di mitigare la pena di taluni casi di furto ritenuti socialmente più odiosi (quello in abitazione, appunto, ma anche quello con strap- po della cosa mobile dalla vittima) facendo ricorso al giudizio di bi-

glo-americano, in Dig. disc. pen., VII, Torino, 1993, 331; C. CHENG-M.L. HOEKSTRA, Does Strengthening Self-Defense Law Deter Crime or Escalate Violence? Evidence from Expansions to Castle Doctrine, in Journal of Human Resources, 2013, (48), 821 ss. Vi si richiamano di recente F. DIAMANTI, Il diritto incerto. Legittima difesa e conflitto di beni giuridici, in Riv. it. dir. proc. pen., 2016, 1378; M. DONINI, Critica dell’antigiuridicità e collaudo processuale delle categorie. I bilanciamenti d’interes- si dentro e oltre la giustificazione del reato, in G.A. DEFRANCESCO-A. GARGANI (a cura di), Evoluzione e involuzioni delle categorie penalistiche, Milano, 2017, 87; J.A HESSBRUEGGE, Human Rights and Personal Self-Defence, in International Law, New York-Oxford, 2017, 259; G. INSOLERA, Dalla legittima difesa all’offesa legitti- ma? Ragioni a confronto sulle proposte di modifica all’art. 52 c.p., in DisCrimen, 2018, 1.

29 Si tratta dell’art. 2, l. 26 marzo 2001, n. 128, intitolata «Interventi legislativi in tema di sicurezza pubblica», che ha inserito nel nuovo art. 624-bis c.p. quanto contemplato prima nell’art. 625, comma 1, n. 1, c.p. In raccordo con tale provve- dimento, l’art. 4 di quella legge ha poi stabilito l’incidenza dell’aggravante della minorata difesa (art. 61, n. 5, c.p.) per il raggiungimento del limite minimo di pe- na sufficiente a consentire di irrogare una misura cautelare personale.

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