Discrimen » Processo alla scienza
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(2) File riservato ad esclusivo fine di studio.
(3) File riservato ad esclusivo fine di studio. JusQuid. s ezione s cientif ica. Nella Sezione scientifica di IusQuid sono pubblicate opere sottoposte a revisione valutativa con il procedimento del «doppio cieco» (double blind peer review process), nel rispetto dell’anonimato dell’autore e dei due revisori. I revisori sono professori di provata esperienza scientifica, italiani o stranieri, o ricercatori di istituti di ricerca notoriamente affidabili. Il revisore che accetti l’incarico di valutazione formula il suo giudizio tramite applicazione di punteggio da 1 a 10 (sufficienza: 6 punti) in relazione ad ognuno dei seguenti profili: struttura (coerenza e chiarezza dell’impianto logico, metodologia); riferimenti normativi, dottrinali e giurisprudenziali; correttezza espositiva; argomentazione critica e propositiva; bibliografia; rilevanza scientifica nel panorama nazionale (e internazionale, se ricorre l’esigenza relativa a questo profilo). Precisa se l’opera sia pubblicabile senza modifiche o previo apporto di modifiche, o se sia da rivedere, oppure da rigettare, e comunque dà opportune indicazioni. Nel caso di giudizio discordante fra i due revisori, la decisione finale sarà assunta dal direttore responsabile e dal comitato scientifico, salvo casi particolari in cui il direttore medesimo provvederà a nominare un terzo revisore cui rimettere la valutazione dell’elaborato. Le valutazioni sono trasmesse, se è opportuno, e rispettando l’anonimato del revisore, all’autore dell’opera. L’elenco dei revisori e le schede di valutazione sono conservati presso la sede di JusQuid, a cura del direttore. Il termine per lo svolgimento dell’incarico di valutazione accettato è di venti giorni, salvo espressa proroga, decorsi i quali, previa sollecitazione e in assenza di osservazioni negative entro dieci giorni, il direttore e il comitato scientifico, qualora ritengano l’opera meritevole, considerano approvata la proposta. Sono escluse dalla valutazione opere di componenti del comitato scientifico e del direttore responsabile. A discrezione del direttore responsabile e del comitato scientifico sono escluse dalla valutazione opere di indubbia meritevolezza o comunque di contenuto da ritenersi già adeguatamente valutato in sede accademica con esito positivo, per esempio scritti pubblicati su invito o di autori di prestigio, atti di particolari convegni, opere collettive di provenienza accademica..
(4) File riservato ad esclusivo fine di studio. JusQuid Direttori responsabili Silvio Riondato e Riccardo Borsari Comitato editoriale Riccardo Borsari, Elena Cadamuro, Chiara Candiotto, Paolo Capoti, Elisabetta Palermo Fabris, Lorenzo Pasculli, Debora Provolo, Marco Rebecca, Silvio Riondato. JusQuid. s ezione s cientif ica. Comitato scientifico Paolo Benciolini, Riccardo Borsari, Lorenza Carlassare, Marcello M. Fracanzani, Manuela Mantovani, Francesco Moschetti, Elisabetta Palermo Fabris, Paolo Patrono, Silvio Riondato, Rino Rumiati, Daniele Rodriguez, John A. E. Vervaele, Paolo Zatti t &1BWBOFMMP La responsabilità penale delle persone giuridiche di diritto pubblico, 2012. t 43JPOEBUP BDVSBEJ Dallo Stato Costituzionale Democratico di Diritto allo Stato di Polizia? Attualità del “Problema penale”. Nel trentesimo dall’Ultima Lezione di Giuseppe Bettiol, 2012. t -1BTDVMMJ Le misure di prevenzione del terrorismo e dei traffici criminosi internazionali, 2012. t 43JPOEBUP 3"MBHOB BDVSBEJ Diritto penale della Repubblica di Turchia. Criminal Law of the Republic of Turkey, 2012. t 3#PSTBSJ Reati contro la Pubblica Amministrazione e discrezionalità amministrativa. Dai casi in materia di pubblici appalti, 2012. t $ 4BSSB % 7FMP %BMCSFOUB B DVSB EJ 3FT JVEJDBUB Figure della positività giuridica nell’esperienza contemporanea, 2013. t 3"MBHOB 43JPOEBUP BDVSBEJ Studi sulla riforma penale post-socialista. Studies on the Criminal Law Reform in the Post-Soviet Countries, 2013. t 3#PSTBSJ BDVSBEJ Profili critici del diritto penale tributario, 2013. t 3#PSTBSJ Diritto penale, creatività e co-disciplinarità. Banchi di prova dell’esperienza giudiziale, 2013. t 43JPOEBUP Cornici di «famiglia» nel diritto penale italiano, 2014. t *("OUPOJOJ La duplice natura della società pubblica: tra garanzia della concorrenza e alternativa all’appalto, 2014..
(5) File riservato ad esclusivo fine di studio. t %1SPWPMP 43JPOEBUP ':FOJTFZ FET Genetics, Robotics, Law, Punishment, 2014. t ""QSJMF "'BCSJT %3PESJHVF[ Danno da perdita di chance nella responsabilità medica, 2014. t 3#PSTBSJ BDVSBEJ Crisi dell’impresa, procedure concorsuali e diritto penale dell’insolvenza. Aspetti problematici, 2015. t 3#PSTBSJ -4BNNJDIFMJ $4BSSB BDVSBEJ )PNPPFDPOPNJDVTNeuroscienze, razionalità decisionale ed elemento soggettivo nei reati economici, 2015. t 3#PSTBSJ BDVSBEJ La corruzione a due anni dalla «Riforma Severino», 2015. t '.B[[B La premeditazione del delitto tra dogmatica giuridica e neurotecnoscienze, 2016. t 3#PSTBSJ BDVSBEJ Processo alla scienza, 2016.. JusQuid. se z io ne t e o rico -p ra tic a. t 4$BSEJO L’illecito punitivo-amministrativo: principi sostanziali, procedimentali e processuali, 2012. t "(JVMJBOJ I reati in materia di “caporalato”, intermediazione illecita e sfruttamento del lavoro, 2015..
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(7) File riservato ad esclusivo fine di studio. Prima edizione 2016, Padova University Press Titolo originale Processo alla Scienza © 2016 Padova University Press Università degli Studi di Padova via 8 Febbraio 2, Padova www.padovauniversitypress.it Redazione .JNNB%F(BTQFSJ -JMJBOB'BMBWJHOB 'SBODFTDB.PSP &OSJDP4DFL0TNBO Progetto grafico Padova University Press Immagine di copertina Collegio dei dottori giuristi padovani che rende parere al Doge%BMMBêSFTDPEJ(JOP4FWFSJOJ OFMMB4BMBEFMMB'BDPMUËEJ(JVSJTQSVEFO[Bo1BMB[[PEFM#P 1BEPWB. ISBN 978-88-6938-083-9 Stampato per conto della casa editrice dell’Università di Padova - Padova University Press nel mese di ottobre 2016 da Cleup sco$PPQ&EJUSJDF-JCSBSJB6OJWFSTJUËEJ1BEPWB Tutti i diritti di traduzione, riproduzione e adattamento, totale o parziale, con qualsiasi mezzo (comprese le copie fotostatiche e i microfilm) sono riservati..
(8) File riservato ad esclusivo fine di studio. Processo alla scienza Atti del Convegno di Studi Padova, 28 maggio 2015. a cura di Riccardo Borsari. PADOVA. UP.
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(10) File riservato ad esclusivo fine di studio. Indice. . (ùñþöĂñþóÿ*ñôõóÿüñ Le linee di interpretazione giurisprudenziale nell’accertamento della responsabilità penale per gli effetti lesivi da patologie amianto-correlate. p. 11. .ñĂóõüüÿ-ÿĄĄù Mesotelioma: scienza e congetture nel processo penale. p. 21. "üòõĂĄÿ(ñĂ÷ñþù Esposizione ad amianto e disastro ambientale tra diritto vivente e prospettive di riforma. p. 31. -ąù÷ù4ĄÿĂĄÿþù Che ne è della colpa penale?. p. 51. (ñòĂùõüõ'ÿĂþñăñĂù Un processo alla scienza? Il penalista di fronte alle questioni dogmatiche e agli spunti di novità della vicenda giudiziaria aquilana. p. 65. "üõăăñþôĂÿ"ýñĄÿ L’incertezza della scienza dei terremoti e il problema dei linguaggi: JMDBTPEFMQSPDFTTPj(SBOEJ3JTDIJxBMM-"RVJMB. p. 83. "þôĂõñ$õĂñăõ La comunicazione dei rischi in contesti di incertezza interpretativa: prima e dopo il 6 aprile 2009. p. 105. 7ùþóõþĊÿ.ùüùĄõüüÿ Diritto penale del rischio e rischi del diritto penale fra scienza e società. p. 135. Nota sugli Autori. p. 147.
(11) File riservato ad esclusivo fine di studio.
(12) File riservato ad esclusivo fine di studio Le linee di interpretazione giurisprudenziale. 11. (ùñþöĂñþóÿ*ñôõóÿüñ. Le linee di interpretazione giurisprudenziale nell’accertamento della responsabilità penale per gli effetti lesivi da patologie amianto-correlate. (SB[JFBMQSPG#PSTBSJQFSMJOWJUPBQBSUFDJQBSFBRVFTUPJODPOUSP JORVFTUBTFEF prestigiosa, per affrontare una tematica così delicata e così interessante, quale quella che ci viene proposta e che noi tratteremo, ridimensionando l’ampiezza del titolo, con riferimento al problema della correlazione causale tra l’inalazione di fibre di amianto o asbesto e la patologia del mesotelioma pleurico, perché questa è l’ipotesi di cui maggiormente, ed anzi quasi essenzialmente, si è occupata e si occupa la giurisprudenza. *MUFNBEFMMBDPSSFMB[JPOFDBVTBMFoDPNFÒOPUPTQFDJBMNFOUFDPOSJGFSJNFOUP alla causalità dell’omissione, quale, secondo molti, è quella configurabile nelle fatUJTQFDJFEFMMFRVBMJEPCCJBNPPDDVQBSDJoÒJOTÏVOUFNBBTTBJBSEVPFMPEJWFOUB ancora di più, direi, in questa materia specifica: e questo in linea generale, ossia in relazione ad ogni formazione tumorale conseguente all’inalazione di queste fibre, a causa della multifattorialità anzitutto delle malattie tumorali professionali, a partire dal tumore polmonare (che ha varie cause, tra cui, si dice, il fumo e lo stesso smog cittadino) sino appunto al mesotelioma pleurico, di cui vengono sottolineati fattori causali alternativi, identificati in fattori ambientali (si dice che l’amianto sia, infatti, ubiquitario, e presente nella erionite e nelle radiazioni ionizzanti, ma si assume anche che possa persino avere origine virale). La multifattorialità della patologia costituisce una prima complicazione, evidentemente, nell’ambito ricostruttivo del nesso. L’altro problema è che, in questa materia, il giudice non dispone di leggi scientifiche di copertura di carattere universale, ma, unicamente, come accade in generale ogni volta che è in questione il bene della salute, di leggi che hanno natura statistica, quali le leggi della biologia, che sono le leggi che applica la medicina, in grado unicamente di individuare correlazioni probabilistiche, assai spesso medio-basse, tra fenomeni..
(13) File riservato ad esclusivo fine di studio 12. G. Iadecola. Il problema è qui accentuato dal fatto che il giudice non dispone neppure di leggi fondate su sperimentazioni e su dati biologici, ma impiega leggi epidemiologiche. E sappiamo bene che l’epidemiologia, legge scientifica a carattere statistico, si fonda semplicemente, vorrei dire, sull’osservazione e sulla differenza fra i casi attesi in relazione a determinate fenomenologie e i casi che sono stati osservati. Quindi, essa fornisce al giudice un apporto esplicativo solo di tipo generale e lo obbliga ad approfondire l’indagine in relazione a quelle che sono le circostanze del caso concreto, appunto perché la legge epidemiologica, in relazione al caso concreto, non è in grado di fornire alcuna indicazione, operando su popolazioni o su classi di popolazione (essa è significativamente definita «scienza di popolazioni»). All’interno di queste problematicità, aspetti peculiari di difficoltà di verifica pone, in particolare, la patologia del mesotelioma, che ineriscono soprattutto ai tempi e ai modi di insorgenza della patologia e del suo aggravamento, ma anche alle modalità di diagnosi della stessa, che non è facilmente effettuabile, perché non esiste una diagnostica per immagini che sia in grado di evidenziarla (non bastano, si dice, gli esami istologici, se non sono accompagnati anche da altri approfondimenti, attraverso esami immunoistochimici). Inoltre, si osserva in relazione al mesotelioma, esso può insorgere anche per effetto di una esposizione ad una bassissima concentrazione di polveri di amianto, anche se non si è in grado, sulla base delle acquisizioni della comunità scientifica allo stato, di individuare un tasso soglia di esposizione al di sotto del quale possa escludersi il rischio di questa patologia (è questa poi la ragione per la quale la legge 257/1992 ha proibito in modo assoluto l’uso dell’amianto). Un’altra caratteristica che rende complesso l’accertamento della correlazione causale tra condotta del datore di lavoro e danno del lavoratore esposto all’amianto è l’elevato periodo di latenza tra l’inizio dell’esposizione e la comparsa clinica del tumore, (momento) che viene individuato, in realtà, in linea convenzionale, essendosi indicato un periodo medio di circa trentacinque-quarant’anni e dovendosi, si dice, considerare eccezionali periodi di latenza inferiori ai vent’anni. Si afferma anche, peraltro, che sulla insorgenza di questa patologia incidono predisposizioni di carattere personale e, quindi, i fattori genetici relativi al soggetto. Si dice altresì, ma sappiamo essere tesi fortemente contrastata, che l’avvio del mesotelioma, la così detta «iniziazione», avvenga poco dopo l’inizio dell’esposizione alle polveri di amianto. Si assume che la patologia si insedi quasi subito, che si fissi nell’organismo in cui rimane assai lungamente, senza essere influenzata rilevantemente nella sua crescita da ulteriori esposizioni ed essendo anzi del tutto ininfluenti esposizioni successive ad un certo periodo. A questa stregua, si sostiene che il rischio massimo di insorgenza sia nei primi dieci anni di esposizione continua, che sia limitato il rischio fra i dieci e diciannove anni, che diventi pressoché nullo (il rischio) nei periodi di esposizione successivi ai venti anni..
(14) File riservato ad esclusivo fine di studio Le linee di interpretazione giurisprudenziale. 13. Sappiamo che questa tesi è contrastata da altre posizioni, ossia da altri studi epidemiologici, che affermano, viceversa, il carattere multistadiale della patologia e la cosiddetta dose dipendenza, che significa un effetto acceleratore della latenza dovuta alle esposizioni successive. È evidente che questa correlazione rappresenta un problema fondamentale ai fini della ricostruzione causale come anche della individuazione delle posizioni di garanzia dei soggetti cui riferire l’addebito colposo, nel momento in cui si succedano più soggetti datori di lavoro, in relazione, appunto, all’attività lavorativa del medesimo lavoratore. Non appare fuor di luogo, fondatamente, tenere presenti i principi ai quali, secondo la ormai costante lettura interpretativa giurisprudenziale, dev’essere affidata la ricostruzione della correlazione causale, con particolare riferimento alla causalità EFMMPNJTTJPOF"OPJQBSFDIFJMQVOUPEJSJGFSJNFOUPoQFSVTBSFVOFTQSFTTJPOFDBSBBM QSPGFTTPSF4UFMMB MBjTUFMMBQPMBSFxoEFCCBBODPSBFTTFSFDPTUJUVJUPEBMMBTFOUFO[BEBMMF Sezioni Unite «Franzese». Una decisione censurata, a partire dallo stesso professore Stella, e che, però, ci pare, destinata a lunga vita a ragione della semplicità dei principi che enuncia, che pongono come elemento di ostacolo all’affermazione del nesso la mancata dimostrazione probatoria certa dello stesso, stabilendo il rigoroso regime probatorio del riscontro oltre ogni ragionevole dubbio, in tal modo bandendo e precludendo ricostruzioni causali che non siano assolutamente persuasive e convincenti. L’enunciato più noto della sentenza «Franzese» è, nell’immaginario collettivo, il principio della certezza oltre ogni ragionevole dubbio del risultato probatorio [perDIÏFTTPJOOPWBSJTQFUUPBMMBHJVSJTQSVEFO[BQSFDFEFOUF DIFoTJSJDPSEFSËoJONBteria di responsabilità medica, si appagava (delle serie ed apprezzabili probabilità di successo) dell’azione omessa], ma ragionevolmente il principio più importante che questa sentenza consegna agli operatori del diritto è la metodologia di accertamento del nesso: nel momento in cui spiega che il giudice del processo non può fondare la ricostruzione della correlazione causale solo su enunciati di carattere generale, ossia sulle leggi generali di copertura; che certamente commetterebbe atto di superbia il giudice che prescindesse dalla elaborazione scientifica esistente in relazione all’aspetto sul quale deve pronunciarsi, ma che egli non potrebbe arrestare la propria valutazione alle enunciazioni scientifiche di carattere generale (neppure quando si tratti di enunciati provenienti da leggi che individuano correlazioni tra fenomeni in termini di significativa probabilità), perché appunto tali leggi, in realtà, non danno che spiegazioni della causalità in termini generali (causalità in generale) e nessun contributo forniscono in relazione alla causalità del singolo caso per cui è processo (causalità individuale). %JRVJMBOFDFTTJUË FEFDDPJMTFDPOEPQBTTBHHJPoFMBDPTJEEFUUBDPTUSV[JPOF CJGBTJDB o EJ RVFTUB EFDJTJPOF EFM DPOGSPOUP EFHMJ FOVODJBUJ EJ DBSBUUFSF HFOFSBMF con le particolari circostanze del caso concreto, che sono in grado di svilire i principi scientifici anche se di quoziente percentualistico qualificato, e, nel contempo, di esal-.
(15) File riservato ad esclusivo fine di studio 14. G. Iadecola. tare frequenze probabilistiche medio basse (come sono quelle che ordinariamente, puntualizza la sentenza «Franzese», si riscontrano in ambito medico). Ecco, la valorizzazione di questa metodica di riscontro costituisce, a ben considerare, il contributo realmente fondamentale di questa decisione. All’esito di questo confronto dell’enunciato generale della legge generale ed astratta con le particolari circostanze del fatto, il giudice tirerà le somme e non dovrà naturalmente considerare come deminutio capitis la impossibilità della ricostruzione del nesso e, quindi, la permanenza di incertezze o contraddittorietà, poiché il 530 capoverso c.p.p. è lì, appunto, a fornire l’ indicazione finale relativa a contesti siffatti. In quest’operazione EJDPOGSPOUPEFMMBMFHHFTUBUJTUJDB EJDVJoDPNFHJËSJDPSEBUPoFTTFO[JBMNFOUFDJ si avvale in ambito di accertamento della responsabilità medica e quindi anche nel settore di cui ci occupiamo) con le circostanze del caso concreto, il giudice deve essere particolarmente attento al riscontro della eventuale operatività di fattori causali alternativi, che devono essere ricercati e che devono essere esclusi. Al riguardo ci sentiamo di condividere una censura alla posizione che esprime la Corte di Cassazione in relazione a questo passaggio cruciale, che è uno dei punti nevralgici della ricostruzione causale nella sentenza «Franzese»: il fattore causale alternativo per poter essere escluso dev’essere conosciuto, ossia il presupposto dell’esclusione è la sua conoscenza, quindi la sua ricerca e, da ultimo, il riscontro positivo o negativo della sua presenza nella fattispecie. Accade che la Corte di Cassazione spesso (giustamente) censuri i motivi di ricorso presentati dall’imputato che si era limitato ad eccepire genericamente la possibile interferenza di fattori causali alternativi, deducendo (essa) la irrilevanza di tale allegazione in quanto pari a mera congettura, non agganciata a particolari e specifiche risultanze processuali. È posizione questa senz’altro corretta, perchè non ci si potrebbe limitare a dire «potrebbero aver operato nel caso concreto ulteriori fattori causali, che però non sono stati ricercati». E peraltro è anche da rilevarsi che talvolta la stessa Corte di Cassazione, nell’escludere l’operatività di fattori causali alternativi, si limiti essa stessa ad enunciazioni meramente assertorie, quasi delle clausole di stile, del tipo «e siccome non sono stati accertati fattori causali alternativi», senza controllare che il giudice del processo si fosse effettivamente fatto carico di accertare la esistenza di fattori causali alternativi e di ricercarli, per poi escluderne la ricorrenza nella concretezza del fatto occorso. A noi pare che i principi della sentenza «Franzese» dovrebbero servire anche alla ricostruzione della correlazione causale nello specifico ambito della patologia del mesotelioma pleurico. Possiamo indicare, sempre nella prospettiva applicativa della causalità in materia di mesotelioma, trascurando altri aspetti, la rilevanza che possiede in materia di accertamento del nesso, l’evento inteso come l’evento concretamente verificatosi e, quindi, l’evento, come si dice, hic et nunc, con la sua intensità lesiva..
(16) File riservato ad esclusivo fine di studio Le linee di interpretazione giurisprudenziale. 15. In effetti, è rispetto a questo specifico fatto che il giudice deve stabilire se poteva essere del tutto evitato, poteva essere ritardato o poteva essere determinato con minore forza dannosa, sicché rilevano anche i tempi e la natura dell’offesa, come sottolineano le decisioni giudiziali in materia di mesotelioma, con riferimento all’accertato effetto dell’abbreviamento dei tempi di latenza della patologia e quindi con riguardo all’effetto di anticipazione dell’epoca della morte. Dev’essere anche ricordato, in relazione a quest’aspetto, sempre nella prospettiva applicativa della causalità nello specifico settore che interessa, la necessità che il giudice sia stato in grado di ricostruire ogni aspetto del fatto. Questo principio viene posto assai frequentemente anche in materia di responsabilità medica, in relazione, ad esempio, all’accertamento della causa della morte della vittima, che oTJBêFSNBoQVÛFTTFSFSJDPTUSVJUBEBMHJVEJDFBODIFJOBTTFO[BEJBVUPQTJB TVMMB base delle evidenze fattuali e documentali e delle informazioni scientifiche disponibili al processo, ma che deve essere in ogni caso accertata in termini sicuri ed indiscutibili. L’incertezza sulla causa della morte evidentemente influenza l’intero percorso dell’accertamento causale e lo condiziona, non potendo essa implicare un riscontro effettivo, reale e convincente dello stesso (accertamento), non consentendo né la individuazione della condotta colposa osservata né la verifica del nesso della medesima con l’evento letale. Ricordiamo come la necessità di acquisire conoscenza piena del fatto sia stata posta anche in relazione alla indagine sulla cosiddetta cronologia del male, con riferimento alla esigenza di ricostruire il momento in cui insorge la patologia e la sua evoluzione, come condicio sine qua non per il riscontro della colposità del comportamento dell’agente e per la stessa indagine sul nesso causale (ed il relativo giudizio controfattuale). Direi che questo tema ritorna, naturalmente, in ambito di processi per le patologie di cui ci stiamo occupando, in cui è certamente importante la determinazione del momento d’insorgenza della patologia. Nell’ambito dell’esposizione alle polveri di amianto, la determinazione di tale momento serve ad individuare l’evento del reato di lesioni colpose, ma serve anche ad operare la ricostruzione dei vari contributi causali arrecati dai vari titolari delle posizioni di garanzia, dai vari datori di lavoro succedutesi nelle posizioni di garanzia appunto e violatori della stessa (anche alla luce oTJEJDFoEFMMBTJDVSBJODJEFO[BDBVTBMFEFMQSJNPQFSJPEPFTQPTJUJWP JOQBSUJDPMBSF dei primi dieci anni, della minore incidenza causale del periodo successivo ed, infine della nulla incidenza causale di periodi ulteriori e superiori, si dice, ai venti anni). Rispetto a questo tema, ossia alla necessità di una compiuta ricostruzione del fatto e della determinazione del momento iniziale della malattia nei processi in questione, dobbiamo rilevare come discordanti siano state le risposte fornite dalla giurisprudenza della Corte di Cassazione..
(17) File riservato ad esclusivo fine di studio 16. G. Iadecola. Ricordiamo decisioni numerose, a partire dalla sentenza «Macola» del 2003 (ma che si protraggono negli anni successivi: cito ad esempio, le sentenze «Chilivo» del F1(D0SMBOEPO JODVJTJÒSJUFOVUBJSSJMFWBOUFMBFTBUUBJOdividuazione del momento di insorgenza della patologia e anche una completa ricostruzione della cronologia del male, ritenendosi corretto il ragionamento dei giudici del merito secondo cui, pur non essendosi potuto accertare nel processo se la patologia che aveva determinato la morte del lavoratore fosse già insorta nel momento in cui l’imputato assumeva le funzioni di amministratore dell’impresa a causa delle precedenti fasi di esposizione, oppure fosse insorta o ancora dovesse avere «iniziazione», e quindi pur non essendosi ricostruito il meccanismo causale che si era concretizzato, egualmente dovesse ritenersi accertata la ricorrenza del nesso causale tra condotta del datore di lavoro e morte del lavoratore, in quanto era rimasto riscontrato, attraverso le acquisizioni peritali, che, in ogni caso, la protratta esposizione all’inalazione di elevate dosi di polveri di amianto (nella sentenza «Macola» si parla di un periodo di tre anni) aveva comunque prodotto un effetto patogenetico: o sulla latenza, che era stata abbreviata di una malattia che si era già insediata, ovvero sulla stessa insorgenza di una malattia non ancora insorta, in entrambi i casi indicando e significando una anticipazione giuridicamente rilevante dell’epoca della morte del lavoratore. Qual è il presupposto, diciamo scientifico, di questo orientamento giurisprudenziale? Il presupposto è che si dà per acquisito (si dice in una di queste decisioni: «per riconoscimento condiviso se non generalizzato della comunità scientifica») il rapporto esponenziale tra dosi di cancerogeno assorbite e risposta tumorale, con la conseguenza della maggiore incidenza dell’insorgenza di tumori e della minore durata della latenza del mesotelioma, nell’ipotesi (per l’appunto) di aumento dell’esposizione alle dosi di cancerogeno. Si parla di generalizzate massime di esperienza e di studi in materia di conseguenze nocive dell’esposizione all’amianto, di cui il giudice del merito deve tenere conto nell’accertamento della causalità. Accanto a questa linea interpretativa, fondata su questa posizione «scientifica», si riscontrano, peraltro, nella giurisprudenza di legittimità risposte diverse sul medesimo tema. Posso citare sentenze della Sezione quarta della Suprema Corte antecedenti la «Franzese» (sentenza «Covili» del 2001 e «Eva» del 2003) ma anche sentenze ad essa successive, in cui si osserva come in realtà, a ben guardare, l’enunciato scientifico non fosse tale da poter consentire un giudizio di certezza processuale sulla ricorrenza del nesso, limitandosi a segnalare unicamente un aumento delle probabilità di crescita della patologia nelle sue manifestazioni e, quindi, unicamente un aumento del rischio, inidoneo all’affermazione dell’esistenza della correlazione causale. Siamo di fronte a diversità, dico per sintesi, di posizioni giurisprudenziali, che non fanno che riflettere una diversità di posizioni scientifiche. La scienza non è certa in questa materia, in cui la conoscenza è ancora ridotta e certamente incompleta. Ed è proprio di questo, direi, che prende atto la sentenza recente più importante su questa.
(18) File riservato ad esclusivo fine di studio Le linee di interpretazione giurisprudenziale. 17. tematica, ossia la sentenza «Cozzini» del 2010, che è appunto la decisione che fa il punto della situazione. Essa si fa carico di questa diversità di atteggiamenti giurisprudenziali, ondivaghi su queste posizioni, con particolare riferimento all’efficacia effettivamente acceleratrice del periodo di latenza dell’esposizione continuativa all’amianto e, quindi, sull’accettabilità, attendibilità o meno della tesi della «dose dipendenza» in alternativa alla cosiddetta dose killer, dose che insedia la patologia, essendo irrilevanti poi le esposizioni successive. La sentenza pone in evidenza come, all’interno dello stesso processo, fosse dato rilevare orientamenti contrastanti, con opinamenti giudiziali che condividevano ora l’una ora l’altra teoria. Questa decisione è importante perché si preoccupa di definire l’effettivo ruolo del giudice: al giudice non compete farsi, come si dice, creatore di enunciati scientifici, poiché non ne avrebbe evidentemente gli strumenti, ed alla fine verrebbe a porre in campo la sua scienza privata, il che è assolutamente inammissibile. Non potrebbe, quindi, neppure operare la sintesi di posizioni contrastanti, individuando quella che, a suo personale giudizio, appaia la più fondata. Questo appartiene alla scienza. Il giudice mutua in quest’ambito il dibattito e i passaggi del dibattito scientifico. Prima che la Corte di Cassazione, l’aveva affermato molti anni fa il Tribunale di Rovereto in una interessante decisione, in cui diceva: «Noi non siamo una comunità scientifica». Il giudice non ha veste per poter fare gerarchie di validità e di attendibilità di posizioni scientifiche. E, quindi, non è da attendersi neppure da parte della Corte di Cassazione (sarebbe illusorio) un’indicazione della teoria corretta. La Corte di Cassazione sottolinea il ruolo del giudice di fruitore dell’apporto scientifico, di ciò che è stato acquisito al patrimonio della comunità scientifica, con un ruolo critico particolarmente marcato, che si condensa alla fine e si riassume nella definizione del giudice come «custode del metodo scientifico»: questo fa e può e deve fare il giudice, lo iudex peritus peritorum, tante volte forse equivocato, anche se, insomma, il senso dell’enunciato doveva essere, sin da principio, abbastanza chiaro. Il ruolo del giudice è quello di controllare il percorso attraverso il quale l’esperto propone le sue conclusioni, verificandosene la logicità, la coerenza degli enunciati, la non contraddittorietà, la completezza, il richiamo alla letteratura scientifica più autorevole, il confronto con posizioni scientifiche diversamente orientate, il superamento, utilizzando l’apporto degli esperti, di tali posizioni. La sentenza «Cozzini» viene poi richiamata dalle decisioni successive, le quali però, di fatto, la disapplicano in modo completo (come è accaduto, del resto, per la «Franzese», secondo un modus agendi che la stessa Corte di Cassazione ha censurato: anche tale sentenza spesso viene richiamata nei suoi enunciati, ma non viene concretamente applicata, con particolare riferimento alla verifica nel processo, attraverso la operazione bifasica più sopra richiamata, della credibilità della tesi ricostruttiva della correlazione causale). La «Cozzini» elabora una sorta di decalogo, traducendo in.
(19) File riservato ad esclusivo fine di studio 18. G. Iadecola. principi giurisprudenziali le regole del Daubert test della giurisprudenza nord-americana (del 1992 o 1993), che superò il precedente orientamento che in quella giurisprudenza fondava l’attendibilità della tesi unicamente sul consenso che la medesima riscuoteva all’interno della comunità scientifica, pretendendo esami più dettagliati, più approfonditi. Sappiamo che anche il Daubert test, peraltro, è stato da parte sua esposto a censura e a istanze insistenti di superamento. Sembra indiscutibile che il giudice sia chiamato ad un compito impegnativo nei processi per patologie da amianto sicché egli deve, anzitutto, munirsi ed avvalersi di un esperto eccellente, come deve fare in ogni altro processo in cui l’apporto scientifico sia essenziale per la soluzione del caso. La buona scienza deve essere introdotta nel processo e, certamente, il soggetto più indicato a portare nel processo la buona scienza è il perito qualificato, il perito esperto, il perito referenziato, dal curriculum come dire eccellente, che il giudice deve farsi carico di identificare accertando l’esistenza di condizioni di imparzialità ed indipendenza dell’esperto di cui si avvale. Questi, si dice nella sentenza «Cozzini», non deve da parte sua portare unicamente il contributo del proprio personale convincimento, ma deve rendere edotto il giudice dello stato complessivo delle conoscenze, essendo in grado possibilmente di individuare, nell’ambito delle varie posizioni, quando esse siano diverse, quella più nettamente accreditata all’interno della comunità scientifica rispetto alle altre. Ed anzi in tale sentenza si pretende anche da parte del giudice un impegno particolare nel ricercare chi abbia gestito la ricerca scientifica, la cui autorità deve essere indiscussa, che deve essere soggetto indipendente, di cui vanno vagliate le finalità QFSTFHVJUFFEÒJNQPSUBOUFoTJBTTVNFoSJTDPOUSBSFTFTJUSBUUJEJTPHHFUUPQSJWBUPP di organismo pubblico. Quindi, sulla base di questo protocollo di verifica, il giudice svolge la propria valutazione, ed attinge le proprie conclusioni (di cui, naturalmente, dovrà dare conto nella motivazione). Come si rilevava, la giurisprudenza successiva alla sentenza «Cozzini» ha però espresso posizioni differenziate, sia pure tutte caratterizzate dalla premessa di un ossequio (solo) formale a tale decisione. In un tale contesto di contrasto di soluzioni non sembrerebbe francamente utile e neppure opportuno una rimessione, come qualcuno ha sollecitato in dottrina, della questione alle Sezioni Unite. Ed invero gli enunciati giuridici della sentenza «Cozzini» non sono indubbiati né posti in discussione ed essi, anzi, vengono richiamati e condivisi nelle decisioni, che poi però se ne discostano sul piano della applicazione concreta. In una tale situazione non sembra perciò che si delineino effettivamente i presupposti necessari per un intervento delle Sezioni Unite. Qual è il punto centrale? Ancora una volta mi permetto di evocare lo spirito della sentenza «Franzese». Il punto centrale è che il giudice, nel suo consuntivo di valutazione, deve apprezzare se la prova che ha acquisito può fornire una risposta convincente al problema della correlazione causale, non considerando una diminutio.
(20) File riservato ad esclusivo fine di studio Le linee di interpretazione giurisprudenziale. 19. il dover ammettere di non essere in grado di farlo, quand’anche ciò fosse per l’incertezza e per la contraddittorietà degli apporti scientifici e per l’insuperabile contrasto delle posizioni. 0DDPSSFSFCCF TFSJBNFOUF QSFOEFSF BUUP DIF BJ ëOJ EFMMB WFSJëDB EFMMB DPSSFMBzione causale, in ambito penale, nello specifico settore delle patologie in esame, i contributi scientifici di cui oggi si dispone non sono in grado di dare una risposta sicura ed appagante (come quella che unicamente serve al processo penale). I grandi medici legali che il prof. Stella definiva «i pilastri della medicina legale» nazionale, il prof. Barni e il prof. Angelo Fiori, da tempo sostengono la necessità della presa d’atto della limitatezza e della non onnipotenza della conoscenza scientifica. Perché il giudice penale non dovrebbe farsene carico nello stesso settore di cui stiamo trattando? Sappiamo della proposta di vie penalistiche alternative de iure condendo, tra cui l’istituto del cosiddetto accertamento alternativo, che dovrebbe operare quando essendo certo l’autore del fatto, non vi sia certezza sulla identità delle vittime dello stesso (in base al quale basta la certezza che qualcuno sia morto per effetto della condotta illecita, senza che interessi sapere chi, secondo tesi che evoca il dettato letterale dell’art. 589 c.p.: la morte di un uomo, non di uno specifico uomo): è un criterio di riscontro confacente a processi complessi con decine di vittime, ma, forse, meno idoneo o anzi inidoneo rispetto a casi diversi; è anche nota la istanza che propone l’introduzione di fattispecie di parte speciale costruite come reato di pericolo. A noi pare onestamente che forse debba oggi individuarsi piuttosto nella sede civilistica il luogo di eccellenza per il risarcimento per i danni alla salute conseguenti alla esposizione alle polveri di amianto, perché l’ambito civilistico, come dimostra tutta la giurisprudenza in materia di responsabilità medica, sfrutta la flessibilità del diritto civile, che non ha vincoli costituzionali e che consente persino di elaborare veri e propri sottosistemi di responsabilità (come è accaduto, sulla base della teoria del cosiddetto contatto sociale generatore di un rapporto di tipo contrattuale, in tema di danni da responsabilità medica). È noto come si sia venuto delineando, nel settore della responsabilità professionale medica, un sistema di common law, in cui è il precedente giurisprudenziale che ormai fa testo: in esso, in particolare, l’accertamento della correlazione causale è ispirata alla regola probatoria del più probabile che non, ossia della cosiddetta preponderanza dell’evidenza (Sezioni Unite Civili n. 577 dell’11 gennaio 2008). Tale regola postula pur sempre una spiegazione causale che non deve essere meramente apparente, ma che però non deve attingere la certezza oltre ogni ragionevole dubbio che richiede il riscontro della causalità nel processo penale. La conclusione del nostro discorso potrebbe essere proprio quella di doversi più opportunamente orientare verso settori diversi da quelli del diritto penale la soddisfazione di istanze risarcitorie nella materia dei danni da asbesto, e precisamente verso la sede civilistica, ove il criterio probatorio meno rigoroso potrebbe permettere soluzio-.
(21) File riservato ad esclusivo fine di studio 20. G. Iadecola. ni appaganti che sono precluse in ambito di processo penale alla luce, in particolare, delle incertezze ricostruttive del fatto occorso che (per la finitezza della conoscenza scientifica) contrassegnano specificamente la verifica della causa mortis e della stessa cronologia del male (e che impediscono, nei termini di incontrovertibilità necessari a detto processo, sia l’accertamento del nesso causale che la stessa individuazione delle condotte colpose causative dell’insorgenza o dell’accrescimento del male medesimo)..
(22) File riservato ad esclusivo fine di studio Mesotelioma: scienza e congetture nel processo penale. 21. .ñĂóõüüÿ-ÿĄĄù. Mesotelioma: scienza e congetture nel processo penale. 4PNNBSJP *OUSPEV[JPOF o -B EJBHOPTJ F[JPMPHJDB o -B DBODFSPHFOFTJ o *M NFTPUFMJPNBo$PODMVTJPOJ. 1. Introduzione Questa nota vuole sottoporre al vaglio ed allo scetticismo della scienza le questioni che vengono dibattute nel processo penale in tema di mesotelioma ed accertare se in questa circostanza sia possibile una razionalità scientifica, o almeno una sua approssimazione, sgombrando il campo dai tentativi di estrarre da calcoli di probabilità ciò che questi non possono dare, da ammettere inferenze non valide e da una pretesa sintonia originaria tra la natura e la nostra mente. Per dire con il critico Dorfles, EJTUJOHVFSFJGBUUJEBJGBUUPJEJoVOUFSNJOFRVFTUPjche indica un fatto incompleto o deviato». (Dorfles, Fatti e fattoidi$BTUFMWFDDIJ 3PNB oDIFPêSPOPTPMV[JPOJ ragionevoli, semplici, seducenti e sbagliate. *OOFHBCJMNFOUF MJOTPSHFO[BEFMMBNBHHJPSQBSUFEFJNFTPUFMJPNJoUVNPSJNPMUPSBSJDIFDPMQJTDPOPQSFWBMFOUFNFOUFMBQMFVSBoÒDPSSFMBUBBQSFDFEFOUJFTQPTJ[JPOJ professionali all’asbesto per cui nella pratica clinica il giudizio di inferenza causale nel caso di un mesotelioma può avere un certo grado di approssimazione. Ma le esigenze del processo penale pongono domande che vanno oltre quella dell’inferenza causale sic et simpliciter e che, come si avrà modo di spiegare, non possono trovare risposta nella scienza e quindi lasciano spazio a congetture, inferenze e deduzioni che si sovrappongono alla scienza fino a rendere spesso indistinguibili, appunto, i fatti dai fattoidi. Nella maggior parte dei casi di mesotelioma l’esposizione ad asbesto è avvenuta durante tutta la vita lavorativa, o in gran parte di essa, non sempre nello stesso ambiente di lavoro, l’arco temporale compreso tra la prima esposizione all’asbesto.
(23) File riservato ad esclusivo fine di studio 22. M. Lotti. e l’insorgenza clinica della malattia è molto lungo (decenni) e spesso si protrae ben oltre la fine dell’esposizione, e il processo di cancerogenesi richiede molti anni per svilupparsi. All’interno di questo ampio e complesso contesto temporale nel quale le esposizioni al cancerogeno e la storia naturale della neoplasia si accavallano, il processo penale richiede di ascrivere ad uno specifico periodo l’evento causale. Infatti, l’accertamento delle responsabilità individuali dell’insorgenza/ sviluppo del mesotelioma in un lavoratore richiede necessariamente l’individuazione delle esposizioni professionali causalmente rilevanti. Quindi le domande: quando è iniziata la neoplasia? Le esposizioni successive all’innesco del processo di cancerogenesi, e quali, possono averlo influenzato? L’intensità o la durata dell’esposizione possono avere anticipato l’insorgenza della malattia? Per rispondere a queste domande sono abitualmente utilizzati modelli matematici derivati dall’analisi di studi su popolazioni, valutazioni quasi sempre soggettive dell’anamnesi lavorativa e studi sperimentali sugli animali. Non è intenzione di questa nota proporre e discutere queste spiegazioni così come vengono dibattute nel processo penale dalle parti e che risultano inevitabilmente contrastanti. Invece, una sottolineatura delle differenze tra epidemiologia e clinica e una breve descrizione dei processi di cancerogenesi così come oggi conosciuti, evidenziando in particolare alcune caratteristiche del mesotelioma, sono elementi ampiamente sufficienti per comprendere come non possa esserci risposta scientificamente valida a quelle domande e quindi come il processo penale si svolga in una contrapposizione di fattoidi, cioè di proposizioni con caratteristiche meramente congetturali. 2. La diagnosi eziologica In tema di causalità vi sono asserti che descrivono una relazione di causazione generale e asserti che vertono su una relazione di causazione singolare con diverse modalità di intendere la loro connessione (Benzi, Scoprire le cause, Franco Angeli, Milano 2003). In un caso, gli asserti causali generali descrivono regolarità universali o statistiDIFoRVBMÒBMNFOPJOQBSUFMBTTPDJB[JPOFFQJEFNJPMPHJDBUSBFTQPTJ[JPOFBEBTCFTUP FJODJEFO[BEFMNFTPUFMJPNBoFJDBTJTJOHPMJTPOPMFFTFNQMJëDB[JPOJQBSUJDPMBSJEJ tali regolarità. Questo implica che la verità degli asserti causali singolari dipenda da quella degli asserti generali corrispondenti. Nell’altro caso, gli asserti causali generali si ricavano da quelli singolari per generalizzazione: la loro verità dipenderebbe quindi da quella degli asserti singolari a partire dai quali si effettua la generalizzazione. L’epidemiologia permette di valutare l’effetto complessivo di una determinata esposizione su una popolazione specifica, non può quindi provare la causa nel.
(24) File riservato ad esclusivo fine di studio Mesotelioma: scienza e congetture nel processo penale. 23. singolo, magari appartenente ad un’altra popolazione, e tantomeno distinguere in quell’individuo le esposizioni eziologicamente rilevanti, oppure se e quali abbiano anticipato l’evento. Questo perché le inferenze derivate dall’epidemiologia si basano su variazioni dell’incidenza della malattia, cioè sul numero dei casi, incidenza che è ovviamente afasica nei confronti del singolo. Di più, alla prova dei fatti quasi sempre fallisce la verifica nel singolo della validità degli enunciati derivati dall’epidemiologia in risposta alle domande sopra esposte, ad esempio quello che riguarda l’anticipazione dell’evento in rapporto all’intensità/ durata dell’esposizione. Ancor peggio, quando si ricorre a ragionamenti circolari derivati dalle teorie probabilistiche in tema di causalità: poiché l’esposizione ad asbesto correla con un’aumentata probabilità di insorgenza del mesotelioma in una popolazione, allora l’osservazione di un caso di mesotelioma induce a ritenere che vi sia stata una maggior probabilità di esposizione nell’ambiente di lavoro oggetto del processo. Mentre la causalità è per definizione asimmetrica qui si osserva una strana simmetria: se A (esposizione) causa B (mesotelioma), allora B causa A! Ciò nonostante è su queste congetture che spesso si basano le decisioni di innnocenza e colpevolezza. Una causalità generale non è neppure derivabile dall’analisi del singolo caso. In oncologia questo non è possibile perché, come si vedrà, ogni neoplasia anche dello stesso tipo istologico è malattia diversa dall’altra (Vogelstein et al., Science, 2013, n. 339 p. 1546 ss.). Infatti, ogni cancro è una robusta condizione risultato di complesse interazioni causali che derivano dalle proprietà genomiche/epigenomiche1 delle cellule e dalle proprietà del contesto cellulare/tessutale, all’interno di un particolare individuo e di una particolare cornice temporale. Al riguardo viene alla mente l’ammonimento di Primo Levi quando rifletteva sulla chimica: «Le differenze possono essere piccole, ma portano a conseguenze radicalmente diverse, come gli aghi degli scambi: il mestiere del chimico consiste in buona parte nel guardarsi da queste differenze, nel conoscerle da vicino, nel prevederne gli effetti. Non solo il mestiere del chimico», (Levi, Il sistema periodico, Einaudi, Torino 1975). Nell’ambito dell’oncologia professionale, causazione generale e causazione singolare devono venir considerati come due concetti diversi, in larga misura autonomi e con distinti ambiti di applicazione. Si può affermare che gli asserti che descrivono una relazione di causazione generale attengono agli aspetti preventivi della Medicina e quelli che vertono su una relazione di causazione singolare sono invece intrinseci BMMB.FEJDJOBDMJOJDB(MJVOJEFëOJTDPOPDIFMBTCFTUPQVÛDBVTBSFJMNFTPUFMJPNB BMMPTDPQPEJQSPWWFEFSFBUVUUJJQPTTJCJMJBUUFHHJBNFOUJQSFWFOUJWJ(MJBMUSJBêFSNBno che l’asbesto ha causato il mesotelioma in un individuo ed attengono quindi alla diagnosi eziologica di malattia. È quindi necessario che a contesti disciplinari diversi vadano assegnate nozioni causali diverse. Funzioni della totalità del DNA presente nelle cellule e delle caratteristiche che ne regolano l’espressione.. 1.
(25) File riservato ad esclusivo fine di studio 24. M. Lotti. Nel processo penale per stabilire la causa della malattia che ha colpito un lavoratore ci si deve muovere necessariamente nel perimetro della medicina clinica, della diagnostica individuale. Un terreno scivoloso e permeato dall’incertezza perché la medicina clinica è attività artigianale, anche se basata sulla scienza e tesa a diventarlo. Ciò nonostante, come si è detto, è possibile in clinica un’inferenza di causalità basata su due criteri: la certezza della diagnosi e l’evidenza dell’esposizione. Naturalmente vi sono diversi livelli di precisione diagnostica e di evidenza dell’esposizione. Considerando ad esempio che su 130 tumori localizzati nella pleura solo uno, a seguito di accertamenti più approfonditi, risulta poi trattarsi di mesotelioma (Cagle e Allen, Respirology, 2011, n. 16 p. 430 ss.) si è ricercato e definito il consenso sui criteri dignostici indispensabili (Asbestos, Asbestosis and Cancer: Helsinki criteria for diagnosis and attribution, 2014). Questo non accade quando ci si accontenta di criteri incompleti, usati per scopi diversi e in ambiti estranei alla clinica, quali ad esempio quelli in uso presso il Registro Nazionale dei mesoteliomi. Anche l’esposizione può essere valutata molto diversamente: averne riscontro dalla narrazione del paziente, dalla disponibilità di dati di igiene industriale o dalla presenza dell’asbesto nei tessuti dell’apparato respiratorio del paziente affetto da mesotelioma pleurico. Nella sostanza, le diagnosi eziologiche sono il risultato di ciò che potremmo definire con termine anglosassone un «educated guess». Cioè di una congettura qualificata, una valutazione del medico che abbia preso in considerazione e valutato tutte le informazioni derivanti dalla scienza e dall’analisi critica degli elementi riferiti al singolo caso in esame. In particolare il clinico considera i risultati degli studi epidemiologici come un riferimento generale nell’ambito della causalità, perché identificano fattori di rischio e non cause. Poiché l’epidemiologia come già detto studia le popolazioni in un determinato contesto, le inferenze che derivano da questi studi sono applicabili esclusivamente alle popolazioni. Ne consegue che i criteri di causalità usati in epidemiologia che comprendono forza dell’associazione, coerenza degli studi, specificità del fattore di rischio, temporalità tra esposizione al fattore di rischio e insorgenza della malattia, QMBVTJCJMJUËCJPMPHJDBEFMMBBTTPDJB[JPOFFBOBMPHJBDPOBMUSJGBUUPSJEJSJTDIJPoJDPTJEEFUUJDSJUFSJEJ)JMMo )JMM Proceeding of the Royal Society of Medicine, 1965, n. 58, p. 295 ss.) valgono per l’epidemiologia e solo per essa. Sarebbero catastrofiche per un paziente le conseguenze, ad esempio quelle terapeutiche, di una diagnosi eziologica basata su analogia con altre malattie o sulla plausibilità biologica. È quindi necessario evitare la confusione in tema di causalità tra epidemiologia e clinica. Il sapere clinico è certamente legato alle molte osservazioni epidemiologiche, ma anche idrogeno ed ossigeno sono strettamente legati alla produzione di acqua eppure restano elementi distinti. Epidemiologia e clinica sono semplicemente diverse. Certo, nel processo penale entrano in tensione ed è giusto che sia così, contrariamen-.
(26) File riservato ad esclusivo fine di studio Mesotelioma: scienza e congetture nel processo penale. 25. te alla paciosa complementarietà o intercambiabilità di epidemiologia e clinica spesso voluta sostenuta e accettata. Una causazione individuale che ha valore solo in quella particolare circostanza è definita da un esercizio intellettuale che cerchi di evitare le troppo facili equazioni proposte da taluni, in base alle quali il pericolo (la presenza di asbesto in un ambiente di lavoro) sia eguale al rischio (la probabilità per cui il pericolo si avveri) e infine che il rischio corrisponda alla causa della malattia nel singolo paziente. Quanto alle domande di cui sopra la scienza, come si vedrà, ha ben poche congetture da offrire come risposta. 3. La cancerogenesi Il cancro è fondamentalmente una malattia genetica (Varmus, Science, 2006, n. QTT (MJTUVEJEJQBUPMPHJBNPMFDPMBSFIBOOPEJNPTUSBUPDIFEJWFSTPÒJM repertorio ed il numero di mutazioni2 che una cellula può acquisire in seguito all’instaurarsi di instabilità genomica3 e quindi la varietà di strategie e di cornici temporali per acquisire le caratteristiche emblematiche della cellula neoplastica (Burrell et al., Nature, 2013, n. 501, p. 338-345 ss.). Inoltre sono diversi i microambienti nei quali i tumori insorgono e si sviluppano, come anche l’influenza dell’ambiente in generale FRVFMMBEFMHFOPNBJOEJWJEVBMFTVMQSPDFTTPEJDBODFSPHFOFTJ )BOBIBOF8FJOCFSH Cell, 2011, n. 144 p. 646 ss.). Infine, i meccanismi epigenetici possono innescare e contribuire allo sviluppo del cancro modificando l’espressione dei geni e quindi all’acquisizione delle caratteristiche di cellula neoplastica. Questi includono la metilazione del DNA, le alterazioni degli istoni e l’espressione dei microRNA (Petronis, Nature, 2010, n. 465, p. 721 ss.). In questo contesto le nostre conoscenze sul cancro sono enormemente aumentate negli ultimi anni. Ad esempio, l’identificazione e la sequenza di singole mutazioni a carico di oncogeni e geni oncosoppressori che alterano le funzioni geniche più rilevanti (driver mutations) hanno reso più intellegibili le fasi della cancerogenesi (Vogelstein e Kinzler, New England Journal of Medicine, 2015, n. 373, p. 1895 ss.), anche se difficilmente possono rivelare l’eziologia di una neoplasia. Le numerose informazioni derivate dagli studi su colture cellulari, spesso impiegati nella scoperta di quanto sopra accennato e degli effetti delle sostanze cancerogene, hanno però dei limiti. Ad esempio, tutti i tumori mostrano un’ulteriore dimensione di complessità perché contengono in aggiunta alle cellule neoplastiche anche un vasto e variabile repertorio di cellule normali. Tra queste vi sono, ad esempio, quelle infiammatorie che vengono reclutate creando in tal modo il microambiente del tumore che anch’esso contribuisce all’acquisizione delle caratteristiche di 2 3. Alterazioni permanenti della struttura lineare del DNA. Condizione iniziale del processo di cancerogenesi che facilita l’acquisizione di mutazioni..
(27) File riservato ad esclusivo fine di studio 26. M. Lotti. DFMMVMBOFPQMBTUJDB )BOBIBO Lancet, 2014, n. 383, p. 558 ss.; Junttila e Sauvage, Nature, 2013, n. 501 p. 346 ss.). Ciò avviene apportando al microambiente tumorale molecole bioattive che comprendono fattori di crescita a sostegno della proliferazione cellulare, fattori di sopravvivenza che ostacolano la morte cellulare4, enzimi che facilitano l’angiogenesi e le metastasi, ed altri segnali. Infine, le cellule infiammatorie possono rilasciare sostanze, in particolare specie reattive dell’ossigeno, che in certi momenti del processo di cancerogenesi possono causare mutazioni nelle cellule contigue, accelerando la loro evoluzione verso la malignità (Qian e Pollard, Cell, 2010, n. 141, p. 39 ss.; DeNardo et al. Cancer Metastasis Review, 2010, n. 29, QTT(SJWFOOJLPWet al., Cell, 2010, n. 140, p. 883 ss.). Infine si ricorda che nell’insorgenza e nello sviluppo del cancro vi è anche una componente stocastica legata alla possibilità di errori nella duplicazione cellulare delle cellule staminali nel corso della vita che può combinarsi con gli effetti di sostanze cancerogene (Tomasetti e Vogelstein, Science, 2015, n. 347, p. 78 ss.). Il variabile repertorio di mutazioni ed alterazioni epigenetiche che si osserva nelle neoplasie dello stesso tipo istologico in diversi individui e la varietà dei fenomeni coinvolti nel processo neoplastico portano alla inevitabile conclusione che il cancro non è un fenomeno unico ma deve essere inteso come un insieme di differenti fenomeni che hanno una qualche somiglianza e vengono realizzati con modalità e tempi EJWFSTJOFMTJOHPMPTPHHFUUP %F1BMNBF)BOBIBO Molecular Oncology, 2012, n. 6, p. 111 ss.). 4. Il mesotelioma Lo sviluppo del mesotelioma sulla base dei dati disponibili è coerente con quanto ora descritto in termini generali per le neoplasie? Come tutte le neoplasie maligne, il mesotelioma si sviluppa attraverso un processo formalmente analogo all’evoluzione darwiniana, nel quale una successione di WBSJB[JPOJHFOFUJDIFoJOTUBVSBOEPPHOVOBEJFTTFVOUJQPEJWBOUBHHJPEJDSFTDJUBo porta alla progressiva conversione della cellula normale in una neoplastica. Alcuni elementi stanno ad indicare come l’insorgenza e lo sviluppo del mesotelioma correlato all’esposizione all’asbesto siano dettati dal make-up genetico di ogni individuo. Per ciò che riguarda la suscettibilità all’insorgenza del mesotelioma asbesto correMBUPoQSFNFTTPDIFVOBWBSJBCJMFQSPQPS[JPOFEJNFTPUFMJPNJOPOSJDPOPTDFBMDVOB QSFHSFTTB FTQPTJ[JPOF BMMBTCFTUP o WB SJMFWBUP DIF TPMP VOB QJDDPMB GSB[JPOF DJSDB 5%) di soggetti esposti all’asbesto sviluppa il mesotelioma e che in alcuni individui sono sufficienti esposizioni relativamente modeste per causarne l’insorgenza mentre in altri anche esposizioni massicce, pur idonee allo sviluppo di altra patologia 4. Meccanismi di morte cellulare (apoptosi) protettivi attraverso l’eliminazione delle cellule danneggiate..
(28) File riservato ad esclusivo fine di studio Mesotelioma: scienza e congetture nel processo penale. 27. asbesto-correlata, risultano prive di effetto (Carbone et al., 2012 Journal of Cellular Physiology, 2012, n. 227, p. 44 ss.). Inoltre, vi sono delle famiglie con modesta esposizione ambientale all’asbesto nelle quali il 50% dei componenti ha sviluppato il mesotelioma: recentemente è stato anche individuato il gene (BAP1) le cui mutazioni predispongono all’insorgenza della malattia (Testa et al., Nature Genetics, 2011, n. 43, p. 1022 ss.; Bott et al., Nature Genetics, 2011, n. 43, p. 668 ss.). Per quanto riguarda l’arco temporale nel quale si può sviluppare il processo canDFSPHFOFUJDPEFMNFTPUFMJPNBBTCFTUPDPSSFMBUPoMBDPTJEEFUUBMBUFO[B DJPÒJMUFNQP DIFJOUFSDPSSFUSBMJOJ[JPEFMMFTQPTJ[JPOFFMBDPNQBSTBDMJOJDBEFMMBNBMBUUJBoBOch’esso è molto probabilmente determinato da fattori genetici. Il registro italiano dei mesoteliomi riporta una latenza media pari a 44.5 ± 11.9 anni5 (Marinaccio et al., 2007 European Jounal of Cancer, 2007, n. 43, p. 2711 ss.) e quindi con una variabilità particolarmente ampia. Analogamente, i trattati di riferimento sull’argomento indicano una latenza media di 30-40 anni, che può anche raggiungere i 70 anni e oltre (Robinson e Chahinian, Mesothelioma, Martin Dunitz, London 2002; Roggli et al., Pathology of Asbestos-Associated Disease 4QSJOHFS /FX:PSL *OëOF JMEPDVNFOUPEJDPOTFOTPEJ)FMTJOLJJOEJDBJOBOOJMBMBUFO[BNJOJNBQFSMJOTPSHFO[B del mesotelioma (Asbestos, Asbestosis and Cancer: the Helsinki Criteria for Diagnosis and Attribution. Scandinavian Journal of Work Environment & Health, 1997, n. 23, p. 311 ss.), anche se sono stati riportati nella letteratura rarissimi casi di mesotelioma con latenze inferiori (10-15 anni). Quindi la prima considerazione sulla biologia del mesotelioma asbesto-correlato, per quella parte che è temporalmente racchiusa nella latenza, riguarda la sua grande variabilità, con latenze che possono essere comprese tra 10 e 70 anni e che non richiedono necessariamente una continuità di esposizione. (Lanphear e Buncher, 1992 Journal of Occupational and Environmetal Medicine, 1992, n. 34, p. 718 ss.; Neuman et al., 2001 International Archives of Occupational and Enviroonmental Health, 2001, n. 74, p. 383 ss.). La latenza non sembra influenzata dall’intensità/durata dell’esposizione perchè non vi è correlazione tra questa e il numero delle fibre misurate nel polmone (Mowé, et al., Scandinavian Journal of Work Environment & Health, 1984, n. 10, p. 293 ss.). Sono stati osservati tempi di latenza relativamente brevi in soggetti con valori molto bassi di contenuto di fibre nel polmone (Neuman et al., International Archives of Occupational and Environmental Health, 2001, n. 74, p. 383 ss.), ovvero tempi di latenza molto lunghi in soggetti con elevate pregresse esposizioni (Bianchi et al., Industrial Health, 2001, n. 39, p. 161 ss.). (MJ TUVEJ EJ DBODFSPHFOFTJ TVHMJ BOJNBMJ JOEJDBOP MBTTFO[B EJ DPSSFMB[JPOF USB dose/durata dell’esposizione ed insorgenza del mesotelioma. Uno studio su gruppi di ratti esposti per via inalatoria a diverse forme mineralogiche di asbesto per periodi 5. Media ± deviazione standard..
(29) File riservato ad esclusivo fine di studio 28. M. Lotti. variabili da un giorno a due anni (alla stessa concentrazione quotidiana) ha dimostrato che l’incidenza del mesotelioma era simile in tutti i gruppi, e quindi non correlata alla dose cumulativa e alla durata dell’esposizione. Analogamente, anche le latenze (in questo caso intese come il periodo tra l’inizio dell’esposizione e la morte degli animali) erano le stesse, anch’esse quindi indipendenti dalla dose/durata dell’espoTJ[JPOF 8BHOFSet al., British Journal of Cancer, 1974, n. 29, p. 252 ss.). È, quindi, da escludere che la dose/durata dell’esposizione sia un fattore in grado di influenzare significativamente nei ratti l’insorgenza della malattia e l’anticipazione dell’evento. La seconda considerazione che deriva quindi da questi studi riguarda l’impossibilità di accertare se la dose/durata dell’eposizione possa accelerare nell’uomo l’insorgenza del mesotelioma. Infine a conferma che il mesotelioma correlato all’asbesto, al pari di qualsiasi neoplasia, si innesca e si sviluppa sotto controllo genetico, studi sperimentali hanno dimostrato che l’incidenza e la latenza del mesotelioma sono determinate da specifiche alterazioni dei sistemi di controllo cellulare orchestrati da geni oncosoppressori. Topi transgenici (Arf e Tp53 deficient mice) e criceti nei quali la proteina p53 è stata inibita (hamster infettati con virus SV40) sviluppano più frequentemente e molto più precocemente il mesotelioma in seguito ad esposizione ad asbesto di quanto si osserva negli animali wild-type (Marsella et al., Environmetal Health Perspectives, 1997, n. 105, p. 1069 ss.; Vaslet et al., Toxicological Scieces, 2002, n. 68, p. 331 ss.; Altomare et al., Proceedings of the National Academy of Sciences, 2009, n. 106, p. 3420 ss.; Kroczynska et al., Proceedings of the National Academy of Sciences, 2006, n. 103, p. 14128 ss.). Inoltre, anche la prognosi della malattia è sotto controllo genetico ed epigenetico. Si è infatti osservato che mutazioni dei geni p53/DNA repair e Pi3k (Lo Iacono et al., Journal of Thoracic Oncology, 2015, n. 10, p. 492 ss.) e un’alterata regolazione epigenetica dell’integrina a7 (Laszlo et al., The Journal of Pathology, 2015, doi: 10.1002/ path 4567) hanno entrambe valore prognostico nei pazienti affetti da mesotelioma. Pertanto l’unicità dei processi di cancerogenesi, l’osservazione che solo una minoranza degli individui esposti all’asbesto sviluppa il mesotelioma, che le latenze e le alterazioni genetiche evidenziate nei mesoteliomi mostrano una notevole variabilità individuale, oltre che i dati sperimentali, confermano il ruolo preponderante della genetica nel determinare la suscettibilità e la durata del processo patogenetico del mesotelioma in seguito all’esposizione ad asbesto. 5. Conclusioni Da quanto sommariamente descritto sulle attuali conoscenze dei processi di cancerogenesi e sul mesotelioma (i fatti) è intuitivo capire come le risposte che vengono offerte dai consulenti delle parti nel processo penale alle domande sopra indicate siano solo congetture (fattoidi)..
(30) File riservato ad esclusivo fine di studio Mesotelioma: scienza e congetture nel processo penale. 29. Quanto all’inizio della neoplasia in seguito ad una esposizione professionale ad BNJBOUPoDJPÒRVBOEPTJBBWWFOVUBMBUSBTGPSNB[JPOFEJVOBDFMMVMBEBOPSNBMFB OFPQMBTUJDBoÒJNQPTTJCJMFJEFOUJëDBSMPDPOVOFWFOUPTQFDJëDPEFMQSPDFTTPEJDBOcerogenesi cui fare riferimento. Per quanto riguarda invece il ruolo delle esposizioni successive all’innesco del processo di cancerogenesi, e quali, possono averlo influenzato i fattoidi si accavallano. Innanzi tutto non sapendo quando inizia il processo e poi quando il tumore acquisisce autonomia di crescita viene a mancare la possibilità di definire l’aggettivo «successive». L’unico dato relativamente sicuro è dato dalla latenza che come si è visto è estremamente variabile. Considerando la lunga persistenza delle fibre di asbesto nell’ambito polmonare è evidente l’impossibilità di distinguere con la loro misura nel pezzo chirurgico o post-mortem a quali esposizioni possano essere ascritte e tantomeno far combaciare le concentrazioni con i tempi e i modi del processo di cancerogenesi che come si è visto sono largamente variabili. Quanto alla domanda se l’aumento dell’intensità o della durata dell’esposizione possano avere anticipato l’insorgenza della malattia può essere sufficiente la constaUB[JPOFDIFOPOWJÒDPSSFMB[JPOFUSBJMDPOUFOVUPEJëCSFOFMQPMNPOFoFTQSFTTJPOF EFMMBDDVNVMPEJëCSFOFMUFNQPFEFMMBMPSPMFOUBSJNP[JPOFoFMBMBUFO[BEFMNFsotelioma. Si deve poi considerare anche la tossicità delle fibre, per cui molte cellule non potranno subire la trasformazione neoplastica in condizioni di accumulo di fibre ma saranno destinate a morire per apoptosi6 (Bocchetta et al., Proceeding of the National Academy of Sciences USA, 2000, n. 97, p. 10214 ss.). Quindi la proposizione che viene spesso formulata in base alla quale il continuo stress prodotto dal progressivo accumulo di fibre sulla singola cellula aumenterebbe la probabilità di sviluppo del mesotelioma non è necessariamente vera. Un esempio di come spesso le nostre deduzioni logiche differiscano, e di molto, dalla logica di madre natura che per essere esplorata e compresa richiede invece grande umiltà. Si deve quindi concludere che l’evidenza del ruolo della genetica nella suscettibilità individuale all’insorgenza del mesotelioma e nella sua prognosi, della variabilità delle latenze, dell’influenza del microambiente nel quale si sviluppa il tumore, impossibile da valutare, della varietà di alterazioni genetiche/epigenetiche che si riscontrano, sono tutti elementi indicativi dell’impossibilità di risposte scientificamente o anche solo razionalmente accettabili. Così dall’evidenza che ogni tumore anche dello stesso istotipo è diverso da un altro, la medicina moderna si è avviata verso la cosiddetta medicina di precisione, che già in parte permette terapie «sartoriali» per ogni singolo paziente aggredendo le specifiche alterazioni che si possono riscontrare nel tumore di cui è portatore (Collins e Varmus, New England Journal of Medicine, 2015, n. 372, p. 793 ss.a). Pertanto le deduzioni che tendano a dare risposte generali 6. Cfr. nota 4..
(31) File riservato ad esclusivo fine di studio 30. M. Lotti. alle domande che il processo pone e che siano applicabili a tutti i casi sono intrinsecamente sbagliate. In questo contesto sono aleatorie anche le considerazioni spesso richieste dal processo penale che riguardano il consenso prevalente nella comunità scientifica. Ricordando che la scienza non ha nulla a che fare con la democrazia si può osservare DIFJMDPOTFOTPTVMMFSJTQPTUF GBUUPJEJ EBEBSFBEBMDVOFEJRVFMMFEPNBOEFoOPO BUVUUFoTJSJTDPOUSBRVBTJFTDMVTJWBNFOUFOFMMBUUFHHJBNFOUPNFTTJBOJDPEFMMBNBHgior parte della comunità epidemiologica italiana: forse perché in Italia la sacrosanta esigenza solidaristica per le vittime di questa patologia trova una sua originale traduzione nel processo penale invece che in quello civile, come invece avviene in molti altri paesi. La questione sta forse nelle diverse accezioni/graduazioni del principio della prova «al di là del ragionevole dubbio» così come vengono declinate nel mondo. Da quanto esposto è comunque evidente che la soglia del dubbio scientifico sta ben al di sotto della ragionevolezza e che il confronto nel processo penale avviene con congetture tese alla ricerca di una conferma nei fatti di verità più o meno precostituite. Un metodo che rappresenta l’opposto di quello impiegato dalla scienza. Come anche il concetto di probabilità logica inteso come un enunciato che verte sulla scienza e che lega un’evidenza scientifica con un’ipotesi e quello di credibilità razionale che sta ad indicare ipotesi cui è impossibile attribuire un grado di conferma (Stella, Leggi scientifiche e spiegazione causale nel diritto penale (JVêSÒ .JMBOP 2000): la scienza muove i suoi passi dalle ipotesi ma richiede necessariamente robuste verifiche sperimentali per giungere alle sue temporanee conclusioni. Le conoscenze e gli strumenti per la verifica delle ipotesi formulate nel processo penale sui mesoteliomi non sono attualmente a disposizione della scienza. È forse opportuno ricordare quanto a proposito un magistrato commentava: «Riguardo alla relazione tra scienza e legge non è solo essenziale capire la scienza ma anche accettare il fatto che la scienza non è in grado di offrire le risposte che il giudice si aspetta di avere. Altrimenti vi è il pericolo che i tribunali ascrivano le decisioni alla scienza anche se non hanno nulla a che fare con essax (FOOBSJ JOScience, Law and the Courts in Europe, a cura di Santosuosso et al. Ibis, Pavia 2004). A conclusione di questa discussione risalta la totale mancanza di una parte construens: questo perché la scienza non è di utilità nell’offrire risposte alle domande del processo penale relativo ai casi di mesotelioma. «Si deve ricordare che una delle fatiche di Ercole fu ripulire le stalle di Augia. Si dovrebbe tener presente che non fu suo compito riempirle di nuovo», (MZNPVS Dimostrare credere, pensare, Raffaello Cortina Editore, Milano 1999). Ad altri il compito, anche se sembrerebbe evidente che l’unica soluzione stia nella ricerca della responsabilità civile amministrativa e non in quella penale (Stella, Giustizia e Modernità (JVêSÒ .JMBOP 4PMPJOUBMNPEPTJQVÛ rendere giustizia all’individuo, alla società, alla scienza..
(32) File riservato ad esclusivo fine di studio Esposizione ad amianto e disastro ambientale. 31. "üòõĂÿ(ñĂ÷ñþù. Esposizione ad amianto e disastro ambientale tra diritto vivente e prospettive di riforma. Sommario: 1. Esposizione a sostanze tossiche: i limiti e le difficoltà dell’accertamento del OFTTPDBVTBMFo0MUSFJMEJSJUUPQFOBMFEFWFOUPo-BjSJTDPQFSUBxBQQMJDBUJWBEFJEFMJUUJ DPOUSPMJODPMVNJUËQVCCMJDBEBMEJTBTUSPBNCJFOUBMFBMEJTBTUSPTBOJUBSJPo*MDBTPj&UFSOJUxo0TTFSWB[JPOJEJDBSBUUFSFTJTUFNBUJDPo%FTDSJ[JPOFFTVTTVO[JPOFEFMMFWFOUP MFDPOOPUB[JPOJTQB[JPUFNQPSBMJEFMMFWFOUPEJTBTUSPTPo-FSFEJUËEFMQSPDFTTPj&UFSOJUx o*MEFMJUUPEJdisastro ambientale (art. 452 quaterDQ USBEJSJUUPQFOBMFFQSPDFTTPo Considerazioni conclusive.. 1. Esposizione a sostanze tossiche: i limiti e le difficoltà dell’accertamento del nesso causale A causa dell’opacità e dell’elevato periodo di latenza dei processi causali innescati, intensità, estensione e gravità delle proiezioni offensive dell’attività d’impresa non sono il più delle volte misurabili e verificabili se non dopo un considerevole lasso di tempo, allorquando si manifestano eventi di danno di cui risultano vittime più persone, in passato esposte a sostanze tossiche o pericolose per la salute umana. Alla prova della correlazione tra determinate tipologie di esposizione di tipo professionale e determinate forme di offesa alla vita e alla salute umana, nel contesto di una diffusa contaminazione ambientale, si perviene, infatti, solo quando si dispone di conoscenze scientifiche che attestino il nesso di successione regolare tra classe di antecedenti (esposizione) e classe di susseguenti (evento di danno), secondo un criterio «generalizzante» e «ripetibile», fondato sulla frequenza con la quale determinati eventi si verificano in una data cerchia di soggetti, esposti al fattore di rischio preso in considerazione. Secondo le più attendibili ricostruzioni dottrinali, la predetta correlazione probabilistica, risultato delle ricerche sulla popolazione (cosiddette leggi epidemiologiche), pone in condizione di stabilire che l’incidenza di determinate patologie risulta.
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