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3) LO STUDIO SULLA PROVENIENZA DEI METALLI 3.1 Definizione del luogo di provenienza

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3) LO STUDIO SULLA PROVENIENZA DEI

METALLI

3.1 Definizione del luogo di provenienza

3.1.1 Introduzione

Tra i vari campi di applicazione dell’archeometria, uno che ha conseguito notevole rilevanza, grazie ai risultati ottenuti, è quello della determinazione d’origine dei materiali costitutivi. Lo scopo principale è “... the objective

identification of local or non-local materials, and the isolation or elimination of specific stone, metal, or clay sources”1, con il proposito di poter

successivamente dedurre conclusioni riguardanti contatti tra popoli, spostamenti di popolazioni e merci, fino a poter esprimere ipotesi più fondate su risvolti politico-economici, e sulla produzione e sul commercio dei beni.

Il materiale che si è rivelato più ricco di informazioni è rappresentato dall’argilla delle ceramiche, mentre le analisi su altri materiali induce ancora a una certa cautela nell’interpretazione dei dati. L’importanza dello studio della provenienza dei manufatti ceramici è determinata, oltre che dalla frequenza dei ritrovamenti, anche dalla notevole diffusione di alcune tipologie in regioni distanti tra di loro. Anche per i manufatti metallici, secondi solo alle ceramiche in diffusione e frequenza nei ritrovamenti, lo studio della determinazione d’origine risulta ricca di aspettative e potenzialità.

A differenza di altri ambiti della ricerca archeometrica, come quelle analisi mirate a determinare la datazione assoluta, nelle quali “ad una domanda precisa

corrisponde spesso una risposta puntuale, pur con un determinato margine d’errore”2, il procedimento che mira alla determinazione della provenienza dei

1 Knapp e Cherry 1994, 2

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materiali incontra ostacoli più ardui prima di giungere a risultati apprezzabili e necessita di essere affrontato per gradi.

Risulta infatti fondamentale che l’archeologo orienti preliminarmente e prepari la ricerca di laboratorio con attenzione, cercando di sfruttare al meglio le potenzialità che ogni metodologia offre. Da un punto di vista tecnico, il riconoscimento del luogo d’origine presuppone un livello di conoscenze abbastanza elevato da poter individuare un insieme di parametri chimici e mineralogici che possano essere correlati con uno specifico materiale allo stato grezzo, o “sorgente”. Il confronto dei dati a disposizione, che risulta il fulcro di questa ricerca, necessita perciò di un lungo e paziente lavoro di analisi in laboratorio e di collezione oculata di dati analitici, con l’intento di creare un database abbastanza esteso da permettere una visione ampia, potenzialmente adatta a fornire conclusioni il più possibile oggettive, non contaminate da eventuali limitazioni sistematiche.

Per ogni materiale del quale si vuole indagare l’origine, sussistono specifiche tecniche analitiche (chimiche o mineralogiche), che risultano le più adatte a trarre informazioni dalla conformazione fisico-chimica del materiale stesso, quantificandone gli elementi compositivi, che siano gli elementi in

traccia, i maggiori costituenti, o gli isotopi di un elemento. La scelta della

tecnica è fondamentalmente dettata da fattori strumentali e dalla finalità dello studio.

Perché i dati siano affidabili, bisogna che vengano rispettati i criteri di qualità, fedeltà e riproducibilità. Si vengono così a creare dei gruppi di dati di riferimento, che verranno poi utilizzati per i successivi confronti e nelle successive ricerche di analogie compositive. A questo proposito, per poter utilizzare i risultati ottenuti anche in ricerche successive, i dati necessitano di una generale standardizzazione della ricerca in tutti i laboratori di analisi. Ciò si raggiunge con una taratura equivalente degli strumenti e con la verifica dei risultati confrontandoli con prove standard-internazionali.

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La associazione di informazioni dedotte dai dati analitici e il confronto tra di essi si presta poi ad essere effettuata, proprio in virtù del loro carattere quantitativo, tramite procedimenti statistici quali, per esempio, la cluster

analysis o le analisi multivariate. Da tali procedimenti deriva anche la

rappresentazione grafica dei dati, che ha lo scopo di visualizzare più facilmente i risultati ottenuti.

I metodi di analisi maggiormente usati per lo studio della determinazione d’origine sono fondamentalmente riferibili a due gruppi, i metodi chimici e quelli mineralogici. Tra i primi i più comuni ed utilizzati sono:

- La spettrografia ottica d’emissione (Oes, optical emission spectrometry), ora sostituita dalla più recente spettrometria a emissione di plasma con accoppiamento induttivo (Icps, inductively coupled plasma emission

spectrometry);

- L’assorbimento atomico (Aas, atomic absorption spectrometry), che consente l’analisi di sostanze inorganiche, in particolare di metalli non ferrosi, vetri e rocce;

- La fluorescenza a raggi X (Xrf, X ray fluorescence), molto efficace in quanto consente la misurazione di molti elementi, anche se presenta qualche problema nella valutazione degli elementi in traccia;

- L’attivazione neutronica (Naa, neutron activation analysis), metodo molto potente e rapido che necessita di campioni di ridotte dimensioni, anche se presenta il problema di non consentire la misurazione di alcuni elementi principali;

- La PIXE (particle induced X-ray emission), i cui vantaggi sono la velocità di analisi, l’estrema sensibilità a tutti i maggiori elementi dal sodio all’uranio, e la preservazione del campione, che non venendo danneggiato può anche essere riutilizzato per ulteriori analisi con altre tecniche.

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Tab.1. Metodi strumentali di analisi elementali e isotopiche (da Tykot 2004, Tab.2, pag.

409).

Gli esami mineralogici invece comprendono, ad esempio, l’esame al microscopio e la diffrattometria, e vengono utilizzati ampliamente per determinare l’origine delle ceramiche.

Altri tipi di analisi sono quelle che studiano gli isotopi di elementi compositivi del manufatto, sfruttando le differenze tra i rapporti isotopici caratteristici di ogni luogo di provenienza per individuarne l’origine. Tale metodologie sono state utilizzate ad esempio per le pietre (rapporti isotopici carbonio-ossigeno per i marmi), e per i metalli. Nel caso di elementi pesanti, come il piombo, è la TIMS (thermal ionisation mass spectrometry) ad essere stata particolarmente utilizzata, come vedremo nel prossimo paragrafo.

Una volta eseguite le necessarie analisi, è la fase interpretativa che ricopre poi un ruolo decisivo. Infatti, uscendo dall’oggettività analitica ed entrando in un ambito più soggettivo, nell’interpretazione finale bisogna comprendere

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esplicitamente come, e quanto, le associazioni derivate dalle tecniche analitiche e statistiche possano essere correlate con le azioni dell’uomo antico e con il contesto culturale: non può mai essere dato per scontato il legame tra il comportamento umano e i risultati delle metodologie scientifiche. Nella pratica archeologica rimane sempre il bisogno di un approccio teorico, che si eriga sulla base di concetti correlati con il comportamento e la percezione umana, con i contesti culturali.

Quando le ricerche vengono indirizzate a rispondere a precise domande poste in anticipo dall’archeologo, si stabilisce un equilibrio fruttuoso tra la precisione e le limitazioni scientifiche da un lato, e le incertezze e potenzialità di testimonianze materiali generate da complesse variabili comportamentali.3

3.1.2 Nell’ambito dell’Archeometallurgia

Per quanto riguarda in particolare i metalli, la determinazione d’origine in laboratorio presenta difficoltà specifiche, dovute a vari fattori. Il tentativo di trarre conclusioni dalle analisi in traccia, ad esempio, è reso assai difficile dalla particolare composizione dei giacimenti minerari, che presentano notevoli differenze nella loro struttura, anche nel raggio di brevi distanze, rendendo perciò spesso vano il confronto dei dati. Infatti, secondo il “postulato della provenienza”, un lavoro analitico deve essere in grado di distinguere tra distinte sorgenti di materiale grezzo, e che la variabilità composizionale deve essere più elevata tra i vari campi-sorgente piuttosto che all’interno di essi.4

Notevoli difficoltà derivano inoltre dal fatto che il rapporto tra gli elementi compositivi si modifica durante le varie fasi produttive, nel processo di estrazione dal minerale o nella lavorazione e messa in forma dell’oggetto.

Tra i propositi dell’archeometallurgia c’è proprio quello di studiare questi processi di produzione. Tramite metodologie scientifiche (spettrometria, diffrazione) si possono individuare anche le componenti minimali nella

3 Knapp e Cherry 1994, 4 4 Knapp e Cherry 1994, 2

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composizione di manufatti, scorie e minerali, che spesso risultano basilari nel rilevare e determinare, ad esempio, quale era la temperatura che veniva raggiunta nelle fornaci, o quali fluidificanti fossero aggiunti nell’estrazione dal minerale e quali componenti aggiunti come alleganti. Però, nel caso specifico della determinazione della provenienza, si è potuto verificare come lo studio della composizione in traccia non fosse sufficiente a creare delle associazioni convincenti tra manufatti o tra un manufatto e il giacimento d’origine.

Una metodologia ormai utilizzata da più di venti anni, che sembra essere in grado di affrontare questa problematica, è l’analisi degli isotopi del piombo (Lead Isotope Analysis, o LIA), proprio perché studia degli elementi, gli isotopi, che durante tutte le fasi produttive non cambiano il loro rapporto reciproco. Essi restano invariati all’interno del metallo, sin dalla sua presenza nel giacimento minerario, fino alla definitiva realizzazione dell’oggetto metallico. È questo assunto basilare del LIA che ha permesso interessanti sviluppi soprattutto nel campo dell’archeologia dell’età del Bronzo, come vedremo più avanti.

3.2 Metodologia LIA

3.2.1 Introduzione

La metodologia analitica che studia gli isotopi del piombo è stata uno degli argomenti più dibattuti nell’archeologia in ambito mediterraneo negli ultimi 25 anni. In particolare, tale metodologia rientra tra quelle sperimentate, con più o meno successo, nello studio della provenienza dei manufatti a base di rame risalenti all’età del Bronzo.

Nell’ambito dell’archeologia Egea ed Orientale, fino ai primi anni ’80 il problema della provenienza era ancora non del tutto chiaro e soprattutto risentiva della poca concretezza delle varie metodologie fino ad allora utilizzate, come ad esempio l’analisi degli elementi in traccia, che sebbene avesse dato notevoli risultati nello studio di altri materiali, come la pietra, l’ossidiana, la

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ceramica, non riusciva ad essere determinante nel definire la provenienza di materiali metallici. Era necessaria una tecnica nuova, che non venisse influenzata negativamente nei risultati analitici dall’eterogeneità dei giacimenti minerari o dalle complesse tecniche di estrazione del minerale e della fusione del metallo.

Questo nuovo, atteso, strumento di analisi sembrò potesse essere rappresentato proprio dall’analisi degli isotopi del piombo. I primi studi sugli isotopi erano già in corso in altri ambiti e contesti di indagine archeologica, riguardanti essenzialmente oggetti di piombo o d’argento, ma è dal 1982 che ufficialmente la metodologia LIA comincia ad apparire nel dibattito sulla provenienza del rame nel Mediterraneo nell’età del Bronzo5, assumendone un ruolo decisivo.

3.2.2 I principi base

Il risultato finale che si cerca di conseguire dall’analisi degli isotopi del piombo è anzitutto quello di raggruppare i manufatti che sembrano avere la stessa provenienza, e sicuramente quello di escludere quei giacimenti con composizione isotopica completamente differente (principio di esclusione). Da questo punto di partenza si spera poi di determinare quali giacimenti possano essere la probabile provenienza del metallo componente i manufatti.

Come già accennato, questa metodologia si basa sull’assunto che gli isotopi del piombo non subiscano variazioni (isotopic fractionation) nel loro rapporto reciproco durante i processi produttivi dei manufatti metallici. In altre parole, la composizione isotopica non dovrebbe essere suscettibile di variazioni dovute all’estrazione dal minerale o alla lavorazione del metallo, e resta invariata nel manufatto, nei pigmenti minerali, o nei vari prodotti derivati dall’estrazione dal minerale. Oltre a questo principio, che è valido per tutte le componenti metalliche nel giacimento, per lo studio della provenienza è però necessario che

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l’elemento analizzato abbia una composizione variabile in natura, ma costante nello stesso giacimento e area geografica. Il piombo offre tutte queste caratteristiche, e in più le sue variazioni nel valore isotopico sono abbastanza grandi rispetto all’errore analitico per poter essere valutate dall’attuale strumentazione (a differenza dei minerali più comuni del rame).

Il piombo consiste di 4 isotopi, che hanno differente massa atomica. La massa del 204Pb è la stessa del piombo all’epoca di formazione della terra,

mentre gli isotopi più pesanti, 206Pb,207Pb e 208Pb, sono poi derivati dal

decadimento dell’uranio e del torio. Da una fase in cui i tre elementi 204Pb, Ur e Th erano miscelati uniformemente nella terra liquida e surriscaldata, i tre elementi sono sottostati a vari processi geochimici di formazione durante il raffreddamento terrestre, aggregandosi a diversa concentrazione assoluta e relativa in diverse zone geografiche. Durante tale aggregazione, dall’uranio e dal torio derivano, in maggiore o minore quantità a seconda della loro concentrazione relativa al piombo, gli altri isotopi del piombo più pesanti. Infine, un’ulteriore differenziazione determinativa per la concentrazione isotopica avviene nel processo di formazione dei giacimenti. Nel processo di formazione del minerale del piombo (la galena, il più comune), il torio e l’uranio si distaccano e si separano, non producendo quindi più gli isotopi 206Pb,207Pb e

208Pb. In pratica, la formazione del minerale del piombo si può considerare a fini

archeometrici e geologici come l’arresto di un orologio radiometrico, che avviene in epoche diverse nelle diverse aree geografiche, a seconda del momento di formazione del giacimento. Ne deriva perciò che ogni giacimento presenta una sua precisa composizione isotopica, che dipende dall’era di formazione del giacimento.6 Questo vale sempre, tranne in quei rari casi in cui è ancora presente al giorno d’oggi un alto rapporto U/Pb, che determina una eccessiva variabilità all’interno dello stesso giacimento, come per esempio a Timna e Feinan e a Ergani Maden.7

6 Stos-Gale e Gale 1994, 99

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Perché questa proprietà risulti utile ai fini archeologici, è necessario che la concentrazione isotopica resti invariata anche nel metallo estratto dal minerale e nel manufatto, così da poter associare univocamente il metallo e il suo luogo di estrazione. Infatti, la composizione chimica varia nei processi produttivi metallurgici, a seconda della tecnologia utilizzata al tempo, ma invece non cambia la composizione isotopica, ovvero il rapporto relativo tra i vari isotopi dello stesso elemento.8

Come è sottolineato per esempio da P. Budd, risulta inoltre necessario che vengano soddisfatte le seguenti condizioni, nello studio della provenienza del rame tramite il LIA9:

- che il metallo originario di un manufatto provenga da un unico giacimento minerario;

- che ci sia stata poca attività di riciclaggio del metallo;

- che il piombo nei manufatti di bronzo e rame derivi esclusivamente da quello originario presente nel minerale di provenienza;

- che non ci sia aggiunta di piombo insieme all’aggiunta di stagno, nel caso dei bronzi (la cassiterite, minerale stannifero, è virtualmente libera dal piombo).

Sono state dibattute tali questioni in molte pubblicazioni, a volte in maniera controversa, allo scopo di confermare o smentire tali assunti, come vedremo in seguito. Si può anticipare intanto che una tipologia di manufatti in particolare sembrerebbe soddisfare tutti i requisiti richiesti: i lingotti oxhide.

Le analisi dei valori isotopici nei campioni minerari e nei manufatti si sono effettuate per anni tramite Thermal Ionisation Mass Spectrometry (TIMS). Lo spettrometro di massa distingue ioni di massa differente, accelerandoli e facendoli passare attraverso un campo elettromagnetico. Il campo deflette le traiettorie degli ioni in traiettorie circolari, il raggio delle quali è una funzione della massa dello ione stesso. La concentrazione isotopica del campione si calcola come valor medio di circa 60-100 misurazioni indipendenti. Con i

8 Gale 1999

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moderni spettrometri, la misurazione della concentrazione isotopica del Pb è molto precisa, ma purtroppo è molto laboriosa e dispendiosa in senso economico e di tempo, a causa della preparazione del campione prima dell’analisi. Negli ultimi anni comunque, si è utilizzata anche un’altra tecnologia, la Multi

Collector Inductively Coupled Plasma Mass Spectrometry (MC-ICP-MS) che

presenta un grado di precisione comparabile con il TIMS, ma che risulta migliore appunto nella relativa velocità nell’effettuare campionatura e analisi, e perciò “it can revolutionize” gli studi sulla provenienza10.

Affinché le misurazioni intraprese da diversi gruppi possano essere confrontabili, e i vecchi database risultare compatibili con le nuove analisi al MC-ICP-MS, è necessario che tutti i laboratori siano uniformati alla stessa calibrazione standard. Nel caso delle analisi degli isotopi del piombo, questo standard internazionale è l’SRM-981 (Standard Reference Materials), e il suo utilizzo in tutti i laboratori impegnati nel LIA perciò assicura riproducibilità e accuratezza dei dati, ottenendo l’eliminazione di errori sistematici.11

Da una corretta caratterizzazione isotopica dei giacimenti e dei manufatti metallici è possibile un lavoro di confronto e di stima sulla possibile provenienza dei manufatti stessi. La correttezza nell’interpretazione dei dati dipende esclusivamente dalla quantità dei dati analitici disponibili, relativi al maggior numero possibile di giacimenti, e da una valida comprensione delle caratteristiche isotopiche e geochimiche dei giacimenti stessi.

Le metodologie statistiche sono lo strumento utilizzato nel definire e discriminare i vari campi isotopici caratteristici di ogni giacimento, grazie anche al supporto di rappresentazioni grafiche. Essendo tre i rapporti tra gli isotopi, per visualizzarli su carta bisogna utilizzare appropriati strumenti matematici: 12

• Si disegnano 2 diagrammi bivariate ordinari. Se sono presenti sovrapposizioni in uno dei due, non necessariamente appaiono anche nell’altro.

10 Baker e al. 2006, 45 11 Niederschlag e al. 2003 12 Gale 1991

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Ciò significa che, perché due campi siano “effettivamente” sovrapposti, le due ellissi devono combaciare in entrambe i diagrammi (e anche in questo caso comunque, non è detto che coincidano effettivamente: infatti si tratta comunque di sezioni perpendicolari arbitrarie in una distribuzione di dati in uno spazio a tre dimensioni). Il campo si disegna posizionando in un grafico i dati dei campioni estratti, con una certa confidence (per es. 90%) e con un certo errore statistico (0.1%): ne risulta una linea ellissoide attorno ai punti in questione.

• Altrimenti si può utilizzare un approccio più quantitativo, che usa la

multivariate statistics per includere tutti e tre i rapporti isotopici insieme allo

stesso tempo. Nel caso del LIA, dove due o più gruppi di dati vengono confrontati, è stato spesso utilizzata la discriminant function analysis (utilizzabile nella variante stepwise). Questo metodo di analisi statistica investiga quanto bene si possono separare vari gruppi di dati, e produce una valutazione numerica (grazie a software come BMDP programme 7M) del grado di separazione tra i gruppi. Cioè, fornisce un metodo per valutare oggettivamente, probabilisticamente, quanto un dato (per esempio preso da un lingotto) rientri nel campo dei singoli giacimenti, confrontando e valutando tra tutti quale sia la provenienza più probabile.

Comunque, una visualizzazione in tre dimensioni tramite software appropriati risulta ancor più chiara e esente da determinazioni errate di “apparenti” sovrapposizioni.

3.2.3 Gli inizi

Fin dagli inizi, la nuova metodologia ha sollevato interesse tra gli studiosi, proprio per l’importanza della problematica della metallurgia del rame e del bronzo. Infatti essa risulta assai più complessa di quella dell’argento o del piombo, e assume un ruolo di estrema rilevanza in valutazioni di tipo tecnologico, economico e antropologico sull’età del Bronzo.

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Come per molte delle nuove metodologie utilizzate per la prima volta in ambiti archeologici, inizialmente non è stata effettuata una completa valutazione delle effettive potenzialità e delle eventuali limitazioni del LIA. Come già avvenuto per il metodo di datazione al radiocarbonio, ad esempio, la metodologia scientifica è stata accolta dagli archeologi con un eccessivo entusiasmo, che è poi scemato in fretta con la comparsa delle prime incertezze, fino a toccare addirittura estremi di sfiducia sull’utilizzo delle scienze in contrasto con un approccio più tradizionale.13

Per tutti gli anni ‘80, l’Isotrace Laboratory di Oxford, rappresentato da Noёl Gale e Zophia Stos-Gale, detenne quasi il monopolio sulle ricerche, nel raccoglimento dei dati isotopici, e nella loro pubblicazione, almeno per quanto riguarda il Mediterraneo, dalla Sardegna a Cipro. I due studiosi presentarono però i loro risultati in maniera semplicistica e con il minimo indispensabile di informazioni scientifiche, appoggiandosi ad un corredo di grafici esplicativi chiari anche per chi non avesse conoscenze di fisica, geologia o statistica. In altre parole, in queste prime pubblicazioni è mancato quel rigore che caratterizza le pubblicazioni scientifiche vere e proprie, pur di risultare comprensibile a tutti. In sintesi, come ironizza J. Muhly14, il team di Oxford “... told archaeologists

what they wanted to hear”, permettendo alle ricerche archeologiche di ripartire

sulla base di nuovi dati.

Vennero compiute le prime misurazioni isotopiche dei giacimenti di rame sia a Cipro15 che in Sardegna, così come nel giacimento del Laurion e nelle isole Cicladi. Un altro team, quello di Heidelberg-Mainz, produsse studi importanti sul Nord-Egeo e sull’Anatolia, ma pubblicò pochi dati LIA fino al 1990. Anche il gruppo di Sayre-Yener alla Smithsonian Institution dalla fine degli anni ’80 cominciò a lavorare sull’Anatolia, ma le ricerche sul Mediterraneo vero e proprio erano ancora tutte monopolizzate della Oxford University.16 Solo dal

13 Muhly 1995; Pernicka 1995 14 Muhly 1995, 55

15 Spooner e Gale, 1982 16 Muhly 1995, 57

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1990 alcune pubblicazioni sulle applicazioni LIA nel Mediterraneo furono prodotte anche del gruppo Sayre-Yener17 e del team Heidelberg-Mainz, relativamente ai ritrovamenti metallici effettuati in siti sparsi nel bacino mediterraneo.18

Dalle prime analisi relative l’origine dei lingotti oxhide ritrovati in siti sardi di età nuragica risultò che essi risultavano prodotti con rame estratto da giacimenti ciprioti.19 Le conclusioni del gruppo di Oxford, poi riaffermate anche

in successive pubblicazioni20, suscitarono approvazioni ma non solo. Alcuni

oppositori ad esempio hanno sostenuto che, essendo la Sardegna di per sé ricca di giacimenti, risulta perlomeno strano che le comunità nuragiche si rifornissero di rame da Cipro21; altri concentravano l’attenzione su valutazioni discordanti nel contenuto in traccia di arsenico in alcuni lingotti22. Da queste questioni si può dire che sia iniziato il dibattito, che ancora non si è spento.

3.2.4 Il Dibattito

Per avere una visione chiara della metodologia LIA applicata all’archeologia dell’Età del Bronzo è basilare andare a riproporre quali siano stati i punti di debolezza, e quali le certezze, di tale metodo analitico.

Riassumendo, gli aspetti attorno ai quali ruota la discussione sul LIA sono i seguenti:

• La chiarezza e la completa comprensione da parte della comunità scientifica dei dati pubblicati, riguardanti sia i giacimenti, sia i manufatti metallici.

• La definizione dei campi isotopici caratteristici (fingerprint) dei giacimenti minerari (il caso specifico di Cipro è stato tra i più discussi).

17 Sayre e al. 1992; Yener e al. 1991 18 Muhly 1995, 57 e Bibl.Cit.

19 Gale e Stos-Gale 1986; Stos-Gale e al. 1986 20 Gale e Stos-Gale 1992; Gale 1989; 1991 21 Knapp e al. 1988

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• Il problema di eventuali sovrapposizioni dei campi isotopici di giacimenti diversi.

• L’utilizzo delle analisi in traccia come supporto o smentita dei risultati sul LIA (per esempio il contenuto di arsenico o il rapporto tra i contenuti di oro e argento).

• La difficoltà nel trovare i giusti metodi statistici che fuor di ogni dubbio permettano una corretta valutazione dei dati analitici.

• La giusta interpretazione dei dati, che risulta complicata da fattori di vario genere di natura archeologica, come l’interpretazione delle tecniche metallurgiche del tempo, ancora in gran parte sconosciute, o l’eventuale azione di riciclo del metallo.

Ognuno di questi punti non si presenta come una problematica a sé stante, affrontabile separatamente dagli altri. I vari aspetti della questione, come è facile immaginare, si intrecciano tra loro, e nello sviluppo del dibattito si sono sempre influenzati reciprocamente, in maniera più o meno diretta.

a) Definizione del campo isotopico di un giacimento

Questo punto è basilare, perché è possibile fare stime significative sulla provenienza del rame solo determinando in maniera appropriata il campo isotopico caratteristico del maggior numero possibile di giacimenti sfruttabili in Età del Bronzo. Nel valutare il campo isotopico di un giacimento bisogna attuare una campionatura appropriata, selezionando i minerali con criteri specifici di carattere geologico. Bisogna inoltre stabilire quali sono quei minerali che gli antichi erano effettivamente in grado di estrarre con la tecnologia del tempo: per esempio, nel caso specifico del complesso del Troodos, a Cipro, è necessario analizzare in particolare i campioni di calcopirite.23

Il gruppo di Oxford ha pubblicato i dati relativi ai fingerprints di vari giacimenti nel Mediterraneo, con particolare riguardo a quello cipriota,

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aggiornandoli di volta in volta. Il campo isotopico relativo a Cipro è quello che verrà ora analizzato come caso specifico, per l’importanza che tale isola ricopre come crocevia di scambi commerciali e culturali nel Mediterraneo durante l’Età del Bronzo.

Il primo insieme di dati su Cipro era basato su 11 campioni, l’analisi dei quali fu pubblicata su Nature, in un articolo di stampo geologico.24 Poi nel corso

degli anni ci sono state aggiunte, rettifiche e chiarimenti, che hanno portato alla versione finale25, che invece è basata su 210 campioni e che presenta dei risultati

estremamente differenti.

Nel corso degli anni è stato sottolineato più volte come il team di Oxford abbia peccato più volte di alcune imprecisioni sistematiche che ne hanno minato in parte l’oggettività e la precisione; in particolar modo, l’“ambiguità” nel presentare i dati ritenuti validi per identificare il campo cipriota ha stimolato più volte i dubbi del team di Bradford.26 È stato rimarcato che, per amor di chiarezza e rigore, sarebbe sempre necessaria la pubblicazione di tutti i dati mineralogici degli isotopi del piombo riferibili ai “campi sorgenti” (cioè i giacimenti da cui sono stati estratti i campioni), cosa che non è sempre avvenuta, specialmente nel caso di Cipro. Ad esempio, nella letteratura riferita a Cipro, fino al 199427 solo meno della metà dei dati utilizzati negli studi dell’Isotrace Laboratory avevano avuto una completa pubblicazione.28

Oltre a questo, si è avvertita la mancanza di un criterio valido in maniera risolutiva sulla scelta di quali dati fossero da ritenere significativi del campo isotopico. Riguardo la scelta dei campioni caratterizzanti un campo, le considerazioni sono state spesso contrastanti nel corso degli anni, in conseguenza di nuove stime nate sia da approfondimenti di natura geologica, sia da suggerimenti e critiche esterne al gruppo di Oxford. In particolare, la

24 Spooner e Gale, 1982 25 Gale e al. 1997

26 Budd e al. 1995; Scaife e al. 1999 27 Stos-Gale e Gale 1994

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questione sugli outlying samples ha sollecitato numerosi interventi da parte degli studiosi. I cosiddetti outliers sono quei campioni minerali che presentano valori isotopici troppo distanti da tutti gli altri, e che perciò non vengono valutati come caratterizzanti e vengono isolati statisticamente allo scopo di definire le sorgenti minerarie più precisamente e compattamente. Si otterrebbe così una definizione migliore dei campi isotopici dei giacimenti che risultano pertanto più difficilmente sovrapposti.29

Ma è lecito escludere dei campioni allo scopo “utilitaristico” di individuare un campo isotopico più definito? O può risultare un arbitrio ingiustificato e deviante? Come già ha affermato K.A. Yener30, c’è la possibilità che gli outliers siano genuini dati isotopici del giacimento. Se così fosse, l’eliminazione di questi dati ritenuti come “non buoni” avrebbe falsato il confronto tra i vari campi isotopici dei giacimenti. Il gruppo di Oxford invece, pronunciandosi in proposito, ha affermato che spesso i dati rivelatisi come degli outliers non sono stati altro che errori di calcolo31, piuttosto che una casuale “eccezione” (non giustificabile su basi geologiche) nella composizione isotopica del giacimento, come invece ritiene E.V. Sayre32. In effetti, è possibile che siano stati commessi degli errori di calcolo in alcune misurazioni, soprattutto se effettuate prima della metà degli anni ’80, epoca precedente all’introduzione di tecniche più sofisticate nelle strumentazioni.

In alcuni casi però sono stati esclusi degli outliers senza motivazioni convincenti. Ad esempio, due esempi di outliers presentano una storia particolare, che ripropongo perché è sintomatica di come alcuni dubbi e questioni abbiano lasciato un alone di perplessità ad un attento approfondimento sul dibattito sulla metodologia LIA. Provenienti dalle miniere di Mousoulos, questi campioni presentano valori isotopici differenti da tutti gli altri esemplari utilizzati nel definire il campo cipriota, e non sono stati mai pubblicati, dal

29 Sayre e al. 1992 30 Yener e al. 1991

31 Gale e Stos-Gale 1992, 313 32 Sayre e al. 1992

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198233 fino a prima del 1997. Le ragioni addotte da N.H. Gale e Z. Stos-Gale per la loro esclusione non sembrano essere fondate34, soprattutto quando si afferma che il procedimento è giustificato dall’assenza di tracce archeologiche di sfruttamento minerario in quell’area: in verità, non ci sono tracce archeologiche certe di sfruttamento minerario in nessun sito cipriota dell’Età del Bronzo.35

Anche le due motivazioni addotte nel 1997 da Z. Stos-Gale36, sembrano poco

fondate. Sostenere che i valori siano da scartare perché nessun “... ancient

metals from anywhere in Mediterranean” si sovrappone alla composizione

isotopica del piombo dai giacimenti di Mousoulos, è contrario allo stesso principio del LIA, che si basa sull’acquisizione dei campi isotopici caratteristici di tutti i giacimenti che potrebbero essere stati sfruttati in passato. E anche l’asserzione che non sarebbe stato possibile sfruttare Mousoulos in epoca preistorica perché il giacimento è troppo profondo, e sembrerebbe anche essere vero, e la giustificazione essere fin qui sensata, perde di credibilità se nella stessa pubblicazione del 1997 compaiono ben 7 campioni da Mousoulos, presentati stavolta perché anche altri siti provenienti dalla Kalavassos spreading

axis offrono una composizione simile.37 Concludendo, sembra alquanto strano

che alcuni dati non venissero inizialmente considerati per poi essere presentati solo quando la loro presenza era in qualche modo giustificata da valutazioni di diverso genere.

A volte sorge il sospetto che qualche piccola manipolazione sia stata mirata a far sì che “i conti tornino”, purtroppo screditando un metodo che per la sua complessità meriterebbe di basarsi su regole precise e assunti validi.

Tornando alla questione generale della definizione dei campi isotopici caratteristici, è inoltre necessario stabilire quali sono quelle unità, geologiche e geografiche, che possono essere rappresentate da un campo sorgente, visto che 33 Spooner e Gale 1982 34 Gale e Stos-Gale 1995, 37 35 Scaife e al. 1999, 123 36 Stos-Gale e al. 1997, 87 37 Scaife e al. 1999, 124

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con l’aumentare dei dati a disposizione dei giacimenti, le conclusioni sembrano divenire sempre più complesse, anziché semplificarsi.

Per rendere i campi isotopici più facilmente distinguibili tra loro, alcuni hanno ipotizzato che la suddivisione di un campo unico in due o più campi isotopici più piccoli, conseguiva il risultato di una migliore discriminazione tra di essi. Ad esempio, E.V. Sayre e lo Smithsonian Group38 ha ipotizzato che

l’area anatolica del Taurus potesse essere suddivisa in differenti campi isotopici, e ha inoltre proposto una divisione del campo cipriota in due sottogruppi. La sua teoria è basata però esclusivamente su valutazioni statistiche astratte e labili, e non su considerazioni relative alle strutture geologiche delle regioni, e perciò risulta infondata.39

Basandosi invece su approfondimenti di tipo geologico, l’idea della suddivisione di un vasto campo isotopico in più giacimenti risultata valida. È infatti possibile affermare che a Cipro sono presenti diverse formazioni geologiche, limitate da quattro spreading axis che determinano fino a 5 sottogruppi isotopici, e addirittura sembrerebbero individuabili singole miniere, ognuno con caratteristiche geofisiche e isotopiche distinte.40 Ciò è giustificato proprio dal fatto che il quantitativo di dati sempre più ampio (43 dati presi in considerazione nel 1994, e quasi 200 nel 1997) ha permesso di pervenire a conclusioni più precise. Sicuramente notevoli progressi sono stati fatti nel campo delle analisi, e la pubblicazione del 1997 presenta il quadro più completo inerente l’isola di Cipro finora pubblicato, ma bisogna comunque tener presente che anche in questa pubblicazione sono presenti degli errori e delle omissioni.41 Nuove analisi potranno portare a nuove deduzioni.

38 Sayre e al. 1992, 82

39 vd. Stos-Gale e al. 1997

40 Stos-Gale e Gale 1994; Stos-Gale e al. 1997, Gale 1999, 115; Gale e Stos-Gale 1999, 271-3 41 Scaife e al. 1999

(19)

b) Sovrapposizioni tra i campi isotopici

Un altro aspetto controverso è quello delle sovrapposizioni tra i campi isotopici di diversi giacimenti, che impediscono una esatta discriminazione nel valutare la provenienza del metallo.

Tali sovrapposizioni devono emergere in un ideale spazio a tre dimensioni, creato dalle tre variabili isotopiche (ovvero i rapporti tra i quattro valori isotopici), che risultano tutte determinanti nella definizione del campo.42

Alcuni studiosi hanno evidenziato come fossero troppo simili i valori isotopici di alcuni giacimenti, come ad esempio quelli di Cipro e della Sardegna, sollevando dubbi sulle conclusioni del gruppo di Oxford, per esempio riguardo la provenienza cipriota del metallo dei lingotti ritrovati in contesti nuragici.43 In ogni caso i giacimenti del Sud-Ovest sardo, e di Funtana Raminosa nel centro, presentano una composizione decisamente differente rispetto a quelli ciprioti (sono originari di un’età compresa tra Devoniana e Cambriana, ben più antichi dei giacimenti Cretacei da Cipro). I giacimenti del Nord-Ovest (depositi Terziari) invece sono simili, ma risultano anch’essi in ogni modo ben distinti dal campo cipriota, anche nel caso in cui esso sia inteso come unico e non venga suddiviso in cinque sottocampi.44 Inoltre, visto che nessun lingotto si inserisce nel campo isotopico dei giacimenti sardi,45 la loro probabile origine cipriota non sarebbe contraddetta.

Dato che le sovrapposizioni sono spesso solo apparenti, come è stato più volte sottolineato46, uno strumento statistico utile per la discriminazione è stata la discriminant function analysis.

Sulla base della stepwise discriminant analysis, H. Gale perciò ha affermato che i giacimenti di Cipro, di Kythnos e del Laurion risultano ben differenziati, così come quelli di Ergani Maden, Laurion e Taurus 2B, e

42 per es. Gale 1991; Gale e Stos-Gale 1992

43 Muhly 1991; Knapp e Cherry 1994; Budd e al. 1995 44 Gale e Stos-Gale 1995, fig.2

45 Stos-Gale e al. 1997, fig.7 46 Gale 1991; Stos-Gale e Gale 1994

(20)

appaiono distinti anche Taurus 2A, Kythnos e Cipro. L’unico caso in cui questo tipo di analisi non ha potuto risolvere tutti i dubbi di sovrapposizione tra campi, è quello dei giacimenti di Thasos e Kythnos.47

Tuttavia, come vedremo più avanti, anche l’utilizzo della discriminant

analysis è stato criticato e ritenuto non del tutto giustificato, generando ulteriori

scetticismi sull’utilizzo del LIA da parte del gruppo di Oxford.

c) Utilizzo delle analisi in traccia

Nello studio dei metalli si è cercato di valutare se l’analisi in traccia potesse essere di aiuto nell’individuare il luogo di provenienza del metallo. Come si è già detto, il metodo si è rivelato insufficiente se utilizzato isolatamente, ma in alcuni casi ha giocato un ruolo importante nel confermare o smentire deduzioni tratte dal LIA.

Ad esempio, il rapporto nelle concentrazioni di Oro e di Argento presenti in lingotti e manufatti sembrerebbe confermare alcune conclusioni del gruppo di Oxford. È stata infatti riscontrata l’esistenza di uno specifico fingerprint nella concentrazione di Au\Ag dei lingotti e dei manufatti in rame o bronzo del Tardo Bronzo Cipriota.48 La concentrazione di Au\Ag non è in grado da sola di fornire alcun indizio sulla provenienza geografica49, tuttavia essa rappresenterebbe un elemento di verifica dei risultati isotopici (Fig.3.1).

47 Gale 1991, figg. 5-6-7

48 Gale 1991 49 Budd e al. 1995

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Fig.3.1 Concentrazione di Oro e di Argento di alcuni manufatti bronzei - provenienti dai

siti ciprioti di Ayios Dhimitrios, Maa, Pyla e Hala Sultan Tekke – e di lingotti oxhide provenienti da varie regioni del Mediterraneo (da Stos-Gale e al. 1997, pag.112, fig.9)

Infatti, nel caso specifico di quei manufatti in rame o bronzo relativi al Tardo Bronzo IIC (o più tardo), se i riusltati della metodologia LIA hanno assegnato un’origine cipriota, il rapporto Au\Ag fornisce un indizio supplementare, ottenuto tramite una linea d’indagine completamente indipendente. Questa duplice verifica è stata compiuta per alcuni manufatti e alcuni lingotti trovati a Cipro, per alcuni lingotti dei relitti di Ulu Burun e Capo Gelidonya, e per i lingotti sardi oxhide. I manufatti bronzei sardi, da Santa Maria in Paulis, che invece risulterebbero di produzione locale, hanno una concentrazione di Au\Ag del tutto dissimile.50 L’affidabilità di tale ipotesi risulta ulteriormente confermata dal fatto che anche in altre pubblicazioni più recenti il rapporto Au\Ag è venuto a sostegno della provenienza cipriota di molti lingotti.51

Per quanto riguarda la concentrazione di altri elementi in traccia, sono emerse troppe discordanze tra quei manufatti che invece isotopicamente

50 Gale 1991, 210-219, fig.8 e 15 51 Stos-Gale e al.1997

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risultavano affini, ed è rimasto perciò un certo disaccordo sull’effettiva utilità di tali analisi per avere indicazioni geografiche sulla provenienza. L’Arsenico ad esempio, presenta una concentrazione troppo difforme se si confrontano i lingotti provenienti dal relitto di Ulu Burun52, e quelli ritrovati a Cipro esaminati dal team di Oxford53 e quelli studiati da J. Muhly54. Il gruppo di Bradford ha

ritenuto che questa potrebbe essere una conferma dell’ipotesi per cui nei lingotti sarebbe presente metallo originario di più fonti, compreso del metallo di riciclo.55 In realtà, sembrerebbe più probabile che il contenuto di arsenico

semplicemente non sia in grado di fornire utili informazioni a proposito della provenienza, essendo la sua concentrazione troppo variabile.56

Anche nel caso dello Stagno, il contenuto in traccia non risulta utile per definire la provenienza del metallo, ma semmai per valutazioni di altro tipo, relative alla purezza dei lingotti di rame e al grado di alligazione dei manufatti.

Per quanto riguarda il contenuto di Ferro, la sua concentrazione è stata a volte ritenuta utile per stabilire se avevano avuto luogo tecniche di fire-refining, o cicli di ri-fusione.57 Le opinioni in tal senso sono però rimaste contraddittorie, lasciando aperti forti dubbi riguardo al fatto se effettivamente tali tecniche siano rilevabili grazie al contenuto in ferro, visto che gli archeologi non conoscono praticamente alcun dettaglio su quali fossero le pratiche metallurgiche messe in atto in Età del Bronzo.

La concentrazione in traccia del Piombo interessa in particolare l’affidabilità delle indagini LIA nel determinare l’origine del metallo dei manufatti. Infatti, in alcuni casi le analisi in traccia58 rivelano un contenuto in piombo troppo elevato, che può far supporre che sia avvenuta dell’aggiunta di piombo eventualmente estraneo al giacimento di rame originario, aggiunto ad esempio come fluidificante, che falserebbe i valori isotopici del manufatto. V. 52 vd. Paragrafo 3.3.3 53 Gale e Stos-Gale 1986 54 Muhly 1991 55 Budd e al. 1995 56 Gale e Stos-Gale 1995

57 per esempio, Budd e al. 1995, 25 in proposito al riciclaggio, e la risposta di Gale e Stos-Gale 1995, 35 58 ad esempio le analisi in Stos-Gale e Gale 1994, 215-216

(23)

Kassianidou evidenzia come questa questione sia stata spesso tralasciata, e sottolinea la necessità che le pubblicazioni dei dati LIA vengano correlate dai dati sulla composizione chimica del campione analizzato.59

I lingotti oxhide, che come abbiamo visto (vd. Paragrafo 2.2.2) sono composti praticamente di rame puro, sono una categoria di manufatti per cui lo studio della provenienza non viene influenzata negativamente dalla presenza in traccia di piombo.

Altri elementi (Zinco, Cobalto) sono stati studiati per verificare se fossero diagnostici nellla determinazione della provenienza, ma i risultati hanno dato esito negativo. Spesso infatti giacimenti non presentano una composizione omogenea, e, con le tecniche di estrazione primitive, la concentrazione degli elementi in traccia varia notevolmente (sia per volatilità, o per alte temperature, ecc.), come hanno dimostrato le sperimentazioni di Tylecote nel 197760.

d) Metodi statistici

Come già accennato (vd. Paragrafo 3.1.1), il carattere quantitativo dei dati analitici fa sì che il confronto e le associazioni tra di essi possano essere affrontati con metodi statistici.

Tali metodi, per esempio la cluster analysis o le analisi multivariate, permettono

- di individuare gruppi aventi composizione simile; - di confrontare i vari gruppi tra di loro;

- di quantificare la probabilità che un campione appartenga ad un determinato gruppo, o che due campioni appartengano ad uno stesso gruppo.

In altre parole, il ruolo che la statistica ricopre nell’ambito dell’archeologia quantitativa è quello di strumento in grado di “... formalizzare e quantificare i

procedimenti d’analisi dei dati, che altrimenti possono essere condotti solo in

59 Kassianidou 2005, 337

(24)

forma impressionistica”61. A parte le varie problematiche che influenzano

l’affidabilità dei dati, come l’accuratezza analitica e la precisione nelle rilevazioni, in più bisogna considerare le difficoltà nel determinare il giusto metodo statistico da utilizzare a seconda delle differenti problematiche sulla provenienza.62

Nell’ interpretazione e nella resa grafica dei risultati, i dati sono stati presentati usualmente nella forma di punti a due dimensioni (bivariate plots), le quali di solito hanno la forma *\206Pb o più raramente *\204Pb (che sarebbe preferibile perché permette una più facile interpretazione dei processi geologici63). Il problema è che nella rappresentazione in 2 dimensioni potrebbero risultare coincidenti dei campi che in realtà non coincidono in 3 dimensioni. Per la risoluzione dei plots a due dimensioni sono stati perciò applicati metodi statistici più sofisticati applicati ai dati isotopici, come la ”linear discriminant function analysis”, LDFA64, e “the multivariate normal

approach” dello Smithsonian Group65, in relazione ai campi isotopici di Cipro e

di altri giacimenti.

Le valutazioni quantitative basate su tali metodologie presuppongono una distribuzione di tipo “normale” o “Gaussiana” dei valori isotopici dei campioni, e ciò ha sollevato qualche obiezione circa l’effettiva legittimità nell’utilizzarli. Data la natura dei modelli geologici usati nel descrivere l’evoluzione degli isotopi del piombo, infatti è improbabile che la loro distribuzione abbia caratteristiche di “normalità”.66

Per ottenere un campo isotopico ben correlato con la conformazione geologica dei giacimenti metalliferi, il corretto approccio statistico dovrebbe attraversare i seguenti passaggi:

61 Terrenato 2000, 239 62 Cherry e Knapp, 1991 63 Scaife e al. 1999 64 Gale e Stos-Gale 1992; 1995 65 Sayre e al. 1992; 1995 66 Scaife e al. 1999

(25)

- si identifica il giacimento da un punto di vista geologico-morfologico e geografico, di qualunque estensione esso sia;

- si prelevano campioni scelti, e con essi si definisce il campo isotopico, che comprenda tutti i campioni prelevati, senza esclusioni di outliers;

- alla fine, si valuta se è applicabile un qualunque modello statistico che ne semplifichi la distribuzione dei dati (come ad esempio la normalità

multivariata).

Il gruppo di Oxford ha utilizzato la LDFA per determinare campi isotopici separati, e per valutare la probabilità di appartenenza di un manufatto a questo o a quel deposito. La LDFA risulta utile nelle valutazioni quantitative, per ridurre il numero delle dimensioni necessarie a descrivere un insieme di dati, ed è altrettanto utile come visualizzazione grafica, evitando “false” sovrapposizioni dei vari gruppi con la possibilità di discriminarli al meglio. Dal punto di vista quantitativo, prima vengono calcolati i centri dei vari gruppi, insieme alle distanze Mahalanobis dal centro del gruppo, per ogni data point. Successivamente, sulla base della distribuzione del χ2, si può valutare quanto un

punto sia compatibile con una appartenenza a un determinato gruppo.67

La stepwise LDFA, utilizzata in alcuni casi dal team di Oxford68, prende in considerazioni le variabili una per volta, e viene valutato in che misura queste migliorino la discriminazione. Ovviamente, escludendo una variabile da tre iniziali si otterrà un grafico 2D, che è una rotazione di uno degli originali grafici a due dimensioni (bivariate plot).

Questo metodo di elaborazione dei dati LIA potrebbe però essere usato inappropriatamente, se non si soddisfano alcuni assunti. Infatti, in un LDFA, andrebbero considerati tutti i possibili giacimenti di provenienza del rame (cosa in pratica impossibile) e, dal punto di vista statistico, ogni insieme di dati dovrebbe avere la stessa matrice di dispersione.69

67 Gale 1991

68 Gale e Stos-Gale 1992; Stos-Gale e Gale 1992 69 Scaife e al. 1999

(26)

È necessario, al fine di trarre conclusioni statistiche nel comparare i gruppi, che i gruppi stessi vengano caratterizzati sulla base di un appropriato numero di dati. Per quanto riguarda il numero minimo di campioni necessari per determinare il campo di un giacimento è stato detto che utilizzando la

multivariate statistical analysis servirebbero almeno 4 volte, o 10 volte, il

numero delle variabili.70 Nel caso del LIA perciò il numero dei campioni

analizzati per ogni giacimento dovrebbe essere almeno 12 o 30.

Nell’interpretare statisticamente i dati, si devono fare poi altre considerazioni. Bisogna intanto considerare che la discriminazione dei dati in gruppi separati potrebbe anche non riflettere un’effettiva distinzione, bensì variabilità.71

Concludendo, credo che mantenendo soddisfatti alcuni criteri di base (come una buona caratterizzazione dei campi isotopici con un numero sufficiente di campioni, prelevati su criteri geologici) i risultati possano essere ritenuti almeno molto probabili, se adattati bene ad altre valutazioni di tipo geografico e soprattutto archeologico.

e) Attività di riciclo?

Una questione dalla quale è impossibile prescindere è quella inerente all’attività di riciclaggio del metallo. Uno dei presupposti perché la tecnica dell’analisi isotopica del piombo sia giustificata, e potenzialmente sfruttabile, è quello che il metallo presente nel manufatto, lingotto o altro oggetto che sia, provenga da un unico giacimento minerario, senza inclusi metallici provenienti da oggetti di scarto.

Si sono cercati metodi analitici che fossero in grado di determinare se un oggetto sia il prodotto di ri-fusione o riciclaggio, ma i tentativi sono naufragati nell’impossibilità di trovare adeguate metodologie.72

70 Stos-Gale e Gale 1994

71 Cherry e Knapp 1994 72 Gale 1997

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Le testimonianze archeologiche forniscono qualche indizio di una qualche attività di riciclo durante l’Età del Bronzo, come evidenziato ad esempio nel “Foundry Hoard” ad Enkomi73 e nel carico del relitto di Capo Gelidonya74, ma la questione rimane incerta.

Comunque, per quanto esistano incertezze in relazione all’utilizzo del LIA nell’individuare la provenienza di manufatti riciclati, nel caso dei lingotti oxhide tali dubbi si dissiperebbero. Recenti analisi metallografiche infatti attestano che i lingotti non possono essere stati prodotti con del metallo proveniente da oggetti riciclati.75

3.3 I risultati delle analisi LIA

Già dalle prime pubblicazioni in cui sono stati esposti risultati sulle analisi LIA è risultato che Cipro è stata la principale fonte di rame dei lingotti oxhide, escludendo i lingotti più antichi di Creta.76 Nella rivista Archaeometry del 1997 sono stati pubblicati i dati isotopici relativi a 78 lingotti oxhide del Tardo Bronzo rinvenuti a Cipro, a Creta, in Sardegna, in Grecia, in Turchia e in Bulgaria. La conclusione di questa rassegna è stata che il rame di tutti i lingotti databili dal XIV secolo in più proverrebbe esclusivamente da un’unica regione mineraria nel nord di Cipro, e specialmente da una zona di Apliki.77 In questo articolo si afferma che, con l’aumentare dei dati isotopici desunti dai giacimenti minerari, è possibile ricreare dei campi isotopici specifici per le singole miniere, a differenza di ciò che si riteneva precedentemente.78 In questo modo, si è verificato come nel TB per produrre i lingotti oxhide si utilizzassero quasi esclusivamente le miniere cipriote situate sulla cosiddetta Solea spreading axis,

73 Courtois 1982; Courtois e al. 1986 74 Knapp e al. 1988

75 Hauptmann e al. 2002, 18 76 Gale e Stos-Gale 1986; Gale 1991 77 Stos-Gale e al. 1997

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che comprende, oltre ad Apliki, le miniere di Mavrovouni, Skouriotissa, Alestos e Memi (Fig.3.2).

Fig. 3.2 Confronto tra i dati LIA dei giacimenti minerari della Solea spreading axis con

i valori isotopici dei lingotti oxhide di rame rinvenuti in siti ciprioti della Tarda Età del Bronzo (da Stos-Gale e al. 1997, 113, fig.10)

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Per quanto riguarda i manufatti di rame o di bronzo provenienti da varie aree del Mediterraneo centrale e orientale invece risulta che la provenienza del metallo è molto varia, e in ogni singola area geografica sono altri giacimenti minerari ad essere sfruttati in prevalenza.79

I risultati delle analisi LIA sui lingotti oxhide e sui manufatti di rame e bronzo dell’Età del Bronzo nel Mediterraneo sono discussi nel dettaglio nei paragrafi successivi, e poi, per quanto riguarda i lingotti oxhide, riassunti nel Catalogo finale.

3.3.1 Creta e l’Egeo

Le analisi degli isotopi del piombo compiute su manufatti di rame hanno evidenziato come già dal Tardo Neolitico il metallo giungesse a Creta da giacimenti situati al di fuori dell’isola, come la vicina isola di Kythnos.80 A Chrysokamino, nell’area di Kavousi a est di Creta, è stata trovata la prima fornace cretese, dell’AM III, in cui, dal minerale importato dalle Cicladi e dal Laurion, veniva estratto il metallo.81

Soprattutto nelle fasi più avanzate dell’Età del Bronzo si intensificano le relazioni internazionali che portano l’Egeo ad approvvigionarsi di metallo da vari giacimenti del Mediterraneo. Durante il periodo Neopalaziale, i Minoici raggiungono infatti il massimo grado della loro influenza come potenza marittima e, come risulta dalle analisi isotopiche, il rame sfruttato in questo periodo proviene ora anche dal Laurion e da Cipro, nonché da giacimenti del Vicino Oriente.82

Dalle analisi degli isotopi del piombo compiute su 120 manufatti di rame rinvenuti in numerosi siti sparsi sull’isola di Creta, durante il periodo TM I emergono almeno quattro differenti giacimenti di origine. Il Laurion

79 Stos-Gale e al. 1997, 109-115, Tab.6, fig.9-12; vd. Stos-Gale e Gale 1994 per le analisi LIA sulle altre

tipologie di manufatti bronzei ciprioti.

80 vd. Stos-Gale e Gale 2003, 87, nota 20

81 Betancourt e al. 1999; Betancourt 2006; Stos-gale e Gale 2003, 91 82 Lo Schiavo 2006, 1323; Stos-Gale e Gale 2003, 94

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sembrerebbe la fonte primaria (48 manufatti bronzei), ma anche i giacimenti di Bolkrdag in Turchia risultano sfruttati. Dalle miniere cipriote proviene il rame di 28 oggetti, 26 dei quali sono rappresentati da lingotti di rame puro. Il restante 19% è costituito in gran parte dai lingotti oxhide da Ayia Triada e Zakro, che hanno invece una provenienza ancora non definita da un giacimento Precambriano, forse situato in Afghanistan.83

Si può affermare quindi, dalle analisi compiute sulla provenienza dei manufatti metallici, che a Creta nel TB venivano sfruttate molteplici sorgenti minerarie, in particolare dal Laurion e da Cipro, con leggere variazioni su scala regionale.84

Per quanto riguarda la diffusione del rame cipriota, sappiamo che era sicuramente in circolazione nell’Egeo già nel periodo Protopalaziale, come dimostrato dai risultati delle analisi LIA sui manufatti di Gournia85, Mochlos86 e Poros Irakliou. Dai contesti MM II di Mallia risulta addirittura un utilizzo ancor più precoce di rame proveniente da Cipro, insieme al piombo del Laurion, e al rame dell’Anatolia, che risulta comunque la fonte primaria per l’approvvigionamento di questo metallo. A Mallia “… la variété des sources

rend peu vraisemblable qu’il y ait eu une seule route du cuivre, et le métal devait faire l’objet d’échanges en de multiples points de contact le long de la côte anatolienne”87. D’altronde questa ipotesi si accorda bene con le

testimonianze di relazioni esistenti tra Creta e siti come Mileto e Samotracia.88 Inoltre, anche nelle Cicladi è attestato un utilizzo precoce del rame cipriota, anche se di modesta portata, come è stato identificato per il rame di alcuni oggetti da Akrotiri, e anche di frammenti di lingotti oxhide da Keos. Alcuni

83 Soles e Stos-Gale 2004, 57, Tab.5

84 Stos-Gale e al. 2000, 212; vedi anche Knapp 1990, 131-132, Tab.2-3 e Bibl.Cit.

85 Stos-Gale e al.1997, 110-114, Tab.6, fig.11; tra i manufatti, tutti e 4 i frammenti di lingotti oxhide risultano

provenire dalla miniera di Apliki.

86 Soles e Stos-Gale 2004 87 Poursat e Loubet 2005, 120

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manufatti ritrovati a Rodi (della Media Età del Bronzo) confermano questa origine.89

Per quanto riguarda il caso dei lingotti90, si è giunti ultimamente a modificare la precedente convinzione91 che prima del XIII secolo a.C. i lingotti ciprioti non fossero diffusi nell’Egeo. Infatti sia i lingotti da Mochlos (CR6 nel Catalogo) che i frammenti da Gournia (CR8), datati al TM IB, sono gli esemplari più antichi finora rinvenuti che abbiano una composizione isotopica riconducibile alla miniera cipriota di Apliki.92

Altri lingotti oxhide (del Tipo 1) relativi allo stesso periodo provengono da Ayia Triada (CR1), Kato Zakro (CR3) e Tylissos (CR2), ma hanno un’origine ancora non definita, e i risultati della metodologia LIA hanno finora scartato come possibile provenienza del rame tutti i giacimenti finora analizzati. I lingotti di Tylissos, e alcuni di Ayia Triada, sembra che provengano da uno sconosciuto giacimento del periodo Devoniano, mentre la maggior parte degli esemplari da Ayia Triada proverrebbero da un altro giacimento anch’esso sconosciuto, di formazione più antica, Precambriana, forse situato in Afganistan, Iran o Asia centrale.93 Diversamente, il mezzo lingotto del Tipo 2 (TM III) dal santuario dei Sacelli di Ayia Triada risulta prodotto con rame di Apliki.94

Per quanto riguarda i 19 frammenti di lingotti di Mochlos, alcuni provengono da lingotti oxhide: il frammento IC.226 (lingotto oxhide del Tipo 1) e i frammenti IC.230, IC.235-238, tra i più piccoli. Altri provengono da lingotti di forma circolare, mentre la maggior parte presenta dimensioni troppo ridotte per consentire di individuare la forma originaria. Analisi metallografiche ed isotopiche sono state effettuate su 17 degli esemplari, e risultano tutti essere composti di rame puro. Cipro risulta essere il luogo di provenienza privilegiato

89

Graziadio 2005, 324-325 e Bibl.Cit.

90 vd. Paragrafi 2.3.1 e 2.3.2 per tutti i ritrovamenti dell’Egeo 91 Muhly 1991

92 Soles e Stos-Gale 2004, 57

93 Gale e Stos-Gale 1986 (ci sono anche le analisi dei componenti di 9 lingotti da Ayia Triada -As al 0.12%-

pag.93, Tab.3); Gale 1991, 224-226, Fig.19 (in Fig.19 però i dati di Gale non appaiono chiari).

94 Cucuzza e al. 2004, 151, Tab.1-2 e Bibl.Cit.; la provenienza cipriota è ulteriormente confermata anche dal

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del rame di questo sito, che doveva essere importato sia in forma di lingotto che in frammenti. Tredici di questi frammenti presentano una composizione isotopica identica ai minerali provenienti dalla miniera di Apliki, come risulta anche per la maggioranza di tutti i lingotti oxhide del XIII e XII secolo trovati in vari siti del Mediterraneo e dell’Anatolia.95 Altri quattro frammenti

proverrebbero sempre da Cipro, dalla stessa regione di Apliki, ma da differenti miniere, come Skouroiotissa e Mavrovouni. Altri due frammenti, dalla forma indefinibile, proverrebbero invece da miniere situate tra Larnaca e Nicosia. Un ultimo frammento (IC.242) presenta una composizione isotopica che ancora non è stata riscontrata in alcuna miniera cipriota, ma che è comunque identica alla composizione di una scoria da Kalavassos-Ayios Dimitrios. Altri tre oggetti, hanno inoltre una composizione identica a quella delle scorie rinvenute a Enkomi, sebbene non ne sia stata identificata la miniera. Concludendo, sicuramente il rame dei lingotti da Cipro veniva utilizzato nel fabbricare oggetti, come risulta dalla piccola dimensione dei frammenti, che venivano rifusi nel forgiare manufatti, e dalle copper spills di rame cipriota.96

Anche i frammenti di lingotti oxhide di Kommos, di epoca palaziale finale, proverrebbero da Cipro. In particolare, uno di tali frammenti (KOM 82) presenta dei valori isotopici che si collocano a cavallo tra il campo isotopico della miniera di Apliki e di Mavrovouni.97

I 3 frammenti di rame rinvenuti a Khania hanno composizione isotopica identica a quella riscontrata nei lingotti di Gournia. Perciò questi frammenti, assegnati rispettivamente al TM IB, TM II e al TM III A1 (nonostante non se ne possa definire la cronologia con certezza assoluta) facevano parte di lingotti oxhide che provengono da Cipro, e più esattamente da Apliki.98 Sono stati analizzati anche numerosi altri oggetti del sito, composti di rame, bronzo o piombo, e dalle analisi risulta che a Khania si utilizzava metallo proveniente da

95 Stos-Gale e al. 1997

96 Soles e Stos-Gale 2004, 48-49, Tab. 1, 2; Stos-Gale e Gale 2003, 97 97 Stos-Gale e al.1997, 110-114, Tab.6, fig.11

(33)

numerosi giacimenti.99 In particolare risalta la presenza di metallo cipriota (11 oggetti) che, sorprendentemente, nel periodo Neopalaziale è assai più frequente del metallo attico, essendo il giacimento del Laurion utilizzato soltanto per la produzione degli oggetti in piombo. Da sottolineare infine come a partire dal periodo miceneo compaiano anche dei manufatti realizzati con rame sardo.100

Abbiamo visto (Paragrafo 2.3.2) che nel resto dell’Egeo i rinvenimenti di lingotti oxhide non sono così numerosi come a Creta.101 Le analisi LIA hanno

dimostrato che il rame di questi lingotti proviene quasi esclusivamente dalla miniera di Apliki a Cipro, a parte due dei dieci lingotti ritrovati a Micene, nel Poros Wall Hoard, che sono invece compatibili con quelli di Tylissos e con tre dei lingotti da Ayia Triada.102 Per quanto riguarda l’approvvigionamento di metallo, comunque sembra accertato che le fonti minerarie fossero molteplici, così come è stato già visto per Creta, e che in particolare il giacimento più sfruttato fosse quello del Laurion.103

3.3.2 Cipro

Si è visto (vd. Paragrafo 2.3.3) che a Cipro sono stati rinvenuti numerosi lingotti oxhide, integri o in frammenti. La provenienza del rame di questi lingotti, genericamente databili al periodo successivo alla metà del XIII sec. fino a circa il 1200 a.C, risulta essere locale.

L’ipotesi di una provenienza cipriota è confermata dalle indagini LIA, che mostrano come i lingotti dall’Enkomi Foundry Hoard (uno integro e cinque dei frammenti, CY1 nel Catalogo), Mathiati (4 degli undici frammenti rinvenuti,

CY2) e Skouriotissa (tutti e sette i frammenti rinvenuti, CY2) rientravano nel

99

vd. Catalogo in Stos-Gale e al. 2000, 207

100 Stos-Gale e al. 2000, 210-211 101 Mangou e Ioannou 2000

102 Stos-Gale e al.1997, 110-114, Tab.6, fig.11; vedi anche Gale 1989, 255, fig. 29:16; 265, Tab. 29:7

103 Stos-Gale 1988, 282, fig.13: ad Ayia Irini (Kea), oltre ai due frammenti di lingotti oxhide provenienti da

Cipro, sono stati rinvenuti frammenti di copper slag, MM I-TM IB, e frammenti di rame, TM III, provenienti dal Laurion; in Gale 1989, 255, fig. 29:16; 265, Tab. 29:7 inoltre risulta che 4 attrezzi e un lingotto piano-convesso del Poros Wall Hoards, TE IIIB-IIIC, fossero prodotti con rame del Laurion.

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campo isotopico cipriota104, e più specificatamente in quello della miniera di Apliki. Lo stesso risultato è stato ottenuto per il lingotto di Maa-Palaeokastro (CY6), i cinque da Maroni-Vournes (CY4), e i due da Pyla-Kokkinokremos (CY5). L’unico che differisce dagli altri è uno dei frammenti di Skouriotissa, il cui rame sembra provenire piuttosto dalla miniera di Mavrovouni o Skouriotissa.105

Tali risultati sono poi ulteriormente rafforzati dai risultati delle analisi composizionali, che hanno rilevato come tali lingotti, in un diagramma Au\Ag, rientrino perfettamente nel supposto campo definito dai manufatti ciprioti del TB a base di rame (Fig.3.1).106

Alcune analisi sono state compiute anche su manufatti ciprioti provenienti da vari contesti, e il risultato è che il rame cipriota era già sfruttato e diffuso durante il periodo AC IB, come indicano i manufatti trovati nella necropoli di Vounous107, ed è stato utilizzato per tutta l’Età del Bronzo, come risulta dai manufatti dei contesti TC IIC a Kalavassos-Ayios Dimitrios, Pyla, e Hala Sultan Tekke.108

3.3.3 I Relitti

a) Ulu Burun

Nel 1991 sono state pubblicati da N.H. Gale i risultati delle analisi sugli isotopi di 10 lingotti del relitto (anche se nella Tabella di riferimento compaiono soltanto i dati di tre di essi: KW 147, KW 390, KW 632)109, comprendenti 4 oxhide, 5 piano-convessi e uno slab. È risultato che tutti i loro valori sono raggruppati all’interno del campo isotopico cipriota (con l’eccezione di un lingotto piano-convesso, di provenienza incerta).110 Lo stesso sembrerebbe confermato anche dalla concentrazione in traccia di Au\Ag nei lingotti oxhide,

104 Gale 1991, fig.9; Stos-Gale e al. 1986, 129-130, fig.5 105 Stos-Gale e al. 1997, Tab.6, fig.10

106 Gale 1991, 210-211, fig.8; Stos-Gale e al. 1997, Tab.6 107 Stos-Gale e al. 1991

108 Stos-Gale e al. 1986; Stos-Gale e Gale 1994 109 Gale 1991, 227-231, Tab.2

Figura

Fig. 3.2  Confronto tra i dati LIA dei giacimenti minerari della Solea spreading axis con
Fig  3.2    Composizione  isotopica  dei  lingotti  di  Ulu  Burun,  confrontata  con  la

Riferimenti

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