TEORIA DELL’ONSET
4.1 Introduzione
Letteralmente onset significa “inizio improvviso e violento”. Nello studio dei motori MPD si indica con questo termine l’insorgere di alcuni fenomeni durante il funzionamento che ne fanno degenerare rapidamente le prestazioni.
Fin dalle prime prove condotte sui motori MPD fu subito chiaro che non era possibile spingersi troppo oltre la corrente di piena ionizzazione con l’intensità della corrente di scarica, senza innescare dei fenomeni che conducevano rapidamente al malfunzionamento del motore. In particolare si osservava una rapida erosione degli elettrodi ed un crollo della spinta prodotta, così come dell’efficienza.
In via del tutto generale sembrò che il parametro chiave nell’analisi dell’instabilità fosse il rapporto tra il quadrato della corrente di scarica e la portata di massa nel motore, a cui si cercò di dare un limite superiore. Si è poi arrivati alla conclusione che tale parametro deve essere più complesso, e deve tener conto anche di fattori come la geometria del motore e la massa atomica del propellente.
Fino ad oggi sono stati molteplici i tentativi di interpretazione dell’onset, basati su dati empirici o su teorie più o meno complesse. L’analisi di questo fenomeno resta comunque per molti aspetti oscura e ancora non conclusa. Quello che è certo è che il futuro dei motori MPD e le loro effettive probabilità di impiego sono strettamente legati alla risoluzione di questo problema.
4.2 Fenomeni di malfunzionamento
Tramite la sperimentazione si è arrivati a definire un parametro per valutare l’insorgenza delle condizioni di onset, correlando, per un dato propulsore, varie portate con le correnti di inizio dei fenomeni di instabilità:
m I & 2 * * =
κ
dove I* è la corrente critica di onset e si è visto che κ* dipende dalla geometria del propulsore e dal tipo di propellente impiegato.
Esprimendo la spinta di un motore MPD come:
2 bI T = con ⎟⎟ ⎠ ⎞ ⎜⎜ ⎝ ⎛ + =
ϕ
π
µ
eff c a r r b ln( ) 4e ricordando che l’impulso specifico è:
0 2 0 mg bI g m T IS & & = =
segue che l’onset è un fenomeno che limita l’impulso specifico ottenibile per un dato motore.
Un’ulteriore fatto verificato in via sperimentale consiste nel fatto che le fluttuazioni nei potenziali degli elettrodi, che sono quelle che più direttamente manifestano l’insorgenza del fenomeno onset, dopo aver raggiunto un picco di intensità massima, tendono ad attenuarsi sino a scomparire del tutto per valori crescenti della corrente, entrando in un regime nel quale permangono ancora tassi di erosione molto elevati, tanto da essere definito come ablation dominated.
In letteratura si possono reperire essenzialmente due schemi fondamentali per l’interpretazione dell’onset: l’uno riconduce questo comportamento ai processi che avvengono all’interno del plasma e a particolari forme di instabilità che lo caratterizzano, l’altro agli effetti che possono verificarsi in prossimità degli elettrodi.
Proprio a questo secondo ordine di motivi si riferisce l’ipotesi dell’anode starvation, intendendo con questa definizione una diminuzione della densità di carica nella regione dell’anodo in seguito all’incremento della componente assiale della forza di Lorentz sulle particelle cariche al crescere della corrente. Quando la densità di corrente richiesta per mantenere la conduzione nella regione anodica diviene più elevata del flusso elettronico di agitazione termica, cresce il campo elettrico tra gli elettrodi per aumentare la quantità di elettroni per la conduzione. In queste condizioni si possono verificare attaccamenti concentrati dell’arco sull’anodo che sono fonte di surriscaldamenti e fusioni locali dell’elettrodo.
Agli effetti della diminuzione della densità di carica in prossimità della superficie anodica si pone rimedio con l’iniezione del propellente, oltre che in prossimità del catodo, anche ad una distanza radiale maggiore. Questa particolarità di disegno è quella, tra le varie utilizzate, che ha sortito il miglior effetto ai fini pratici, avendo prodotto un incremento della corrente I* anche di un fattore due.
Le instabilità del plasma costituiscono la seconda delle cause cui vengono imputati i fenomeni di onset. Queste si manifestano sotto forma di perturbazioni oscillatorie che, interessando particelle cariche, si traducono in fluttuazioni locali del campo elettrico. Le cause di tali instabilità non sono tuttora note. In un plasma del tipo di quello accelerato dai propulsori MPD, le forti correnti che lo attraversano e la presenza di gradienti di temperatura costituiscono una sorgente dalla quale le instabilità attingono energia per sostenersi.
Per correnti inferiori a quella di piena ionizzazione sono proprio queste instabilità ad esaltare il moto elettronico, rendendo il fenomeno di ionizzazione del propellente molto rapido.
Raggiunta la completa ionizzazione, quantità di energia sempre più elevate estratte dalla corrente condotta portano ad un incremento del fenomeno dell’instabilità che ha come conseguenza variazioni di viscosità, alterazioni nei processi di scambio termico e, soprattutto, un aumento della resistività del plasma (resistività anomala), con conseguente riscaldamento turbolento che innalza le frozen flow losses, ossia aumenta il livello di energia che viene imprigionata nei moti interni del propellente e che non viene quindi utilizzata ai fini propulsivi.
Il fattore κ* è il risultato di una serie di sperimentazioni e puramente indicativo delle condizioni critiche non generalizzabile a priori a motori differenti. Per predire il fenomeno di instabilità si utilizzano tuttora i criteri di stabilità.
4.3 Criterio di stabilità di Tikhonov
Nell’analisi del funzionamento dei motori MPD condotta da Tikhonov, riveste un ruolo di particolare importanza il parametro A0 in
quanto da questo parametro dipendono le condizioni di funzionamento stabile dei motori.
A0 è definito come il rapporto tra la pressione magnetica e quella
gasdinamica nella sezione del condotto dove si raggiungono le condizioni soniche M=1. Infatti:
8
In particolare, nel caso di gas monoatomico, si ha γ = 5/3, da cui: 0.833 · 10 ·
dove a indica la velocità del suono del propellente, la portata di propellente, µ la permeabilità magnetica nel vuoto.
4.3.1 Motori senza campo magnetico applicato
Nel caso di motori MPD col solo campo magnetico autoindotto, il criterio di Tikhonov stabilisce che si raggiunge un funzionamento instabile quando il parametro A0 supera un certo valore limite (legato alla geometria
del motore).
In particolare questo criterio afferma che l’instabilità si raggiunge per:
3.6 0.5
dove Ra e Rc indicano rispettivamente i raggi dell’anodo e del catodo,
mentre le costanti 3.6 e 0.5 sembra siano state scelte a posteriori, come quei valori che meglio di tutti approssimano l’andamento di A0critico ricavato dalle
Seguendo questo criterio, per gli MPD col solo campo magnetico autoindotto, si ottiene la seguente curva che divide la zona di funzionamento stabile da quella di funzionamento instabile.
Figura 4.1 Limite di stabilità per motori MPD a campo magnetico autoindotto secondo il criterio di Tikhonov
Poiché per avere stabilità deve essere A0 ≤ f (Ra/ Rc), si vede che
anche il criterio di Tikhonov implica una limitazione superiore al valore del parametro I2/ , così come era stato intuito nei primi studi sui motori MPD.
Il criterio di Tikhonov ha però il pregio di tenere conto sia della geometria del motore (tramite il parametro Ra/ Rc), sia della temperatura e
della massa atomica del propellente (tramite il parametro a).
4.3.2 Motori con campo magnetico applicato
Nel caso di motori con campo magnetico applicato il criterio per il raggiungimento dell’instabilità proposto da Tikhonov rimane
sostanzialmente inalterato, purché al posto di A0 si introduca il seguente
parametro:
· 10
Con questo parametro (che ovviamente ha le stesse dimensioni di A0) il
criterio per questo secondo caso di motori con campo magnetico esterno risulta:
· 10 3.6
0.5
con Bc somma vettoriale del campo autoindotto e di quello applicato valutati
sulla bocca del catodo.
Giustificare la ragionevolezza di questo ragionamento e le interpretazioni fisiche che ne sono alla base è molto complesso. Si rimanda a Tommaso Misuri [11] per ulteriori approfondimenti.
È tuttavia doveroso ricordare anche il carattere fortemente empirico di questo criterio di stabilità. Come spiegato precedentemente, il secondo membro della disequazione precedente è stato derivato in base ai dati raccolti sperimentalmente. Ciò significa che anche il parametro a primo membro potrebbe semplicemente essere un parametro costruito “ad hoc” per inseguire nella maniera migliore possibile i risultati sperimentali.
Questa considerazione sembra particolarmente plausibile per il caso di motori MPD con campo applicato. Mentre per i quelli a campo autoindotto la scelta di A0 come parametro critico è suggerita dall’analisi del
processo accelerativo all’interno del condotto (si rimanda a Tommaso Misuri [11]), per il caso di motore a campo applicato non è disponibile alcun indizio su quale debba essere il parametro critico. Nella definizione del criterio di stabilità non è perciò da escludere che sia stato deciso di mantenere lo stesso parametro utilizzato in motori a campo autoindotto, modificando opportunamente il primo membro e giungendo così a creare il parametro A0* .
4.4 Analisi della stabilità attraverso la teoria del kink
Questa teoria interpreta il fenomeno dell’onset come un’instabilità della scarica di tipo macroscopico. In pratica si afferma che al superamento di un certo valore critico della corrente, la scarica che scocca tra gli elettrodi perde la sua simmetria e si deforma assumendo un andamento elicoidale (da cui il termine “kink-mode instability”).
La trattazione teorica dell’instabilità di tipo “kink” è stata affrontata da Schrade a Stoccarda già negli anni ’80: l’obiettivo era quello di dare una spiegazione fisica alla nascita del fenomeno dell’onset, spiegazione che era quasi del tutto assente nelle teorie precedenti (esse infatti si limitavano a constatare la presenza del fenomeno dell’onset in base ai dati sperimentali raccolti, ma non ne davano una precisa giustificazione fisica).
Recenti esperimenti eseguiti al Centrospazio hanno dimostrato la validità della teoria del “kink-mode”, rivelando la forma elicoidale che la scarica effettivamente assume al sopraggiungere dell’instabilità. In molte delle prove eseguite è stato anche introdotto un campo magnetico esterno per studiare il suo effetto sulla stabilità della scarica elettrica.
Nel caso di campo magnetico applicato diverso da zero si è fatto riferimento al criterio di Kruskal-Shafranov per definire la zona di funzionamento stabile per un motore MPD: è interessante il fatto che il limite di stabilità così individuato risulta in buon accordo con quello individuato dalla teoria del Tikhonov.
4.4.1 Criterio di stabilità di Schrade
La scarica che scocca tra gli elettrodi di un propulsore MPD è inizialmente simmetrica, come rappresentato nella Figura 4.2.
La teoria proposta da Schrade sostiene l’esistenza di un valore critico per la corrente: finché la corrente si mantiene al di sotto di tale valore critico, la scarica tenderà a rispondere ad eventuali perturbazioni in modo tale da ripristinare sempre la configurazione assialsimmetrica; quando la corrente supera il valore critico anche la più piccola perturbazione sarà invece in grado di generare instabilità, rompendo la simmetria della scarica elettrica e costringendola a “piegarsi” su se stessa. La scarica, al sopraggiungere dell’instabilità, non risulterà più attaccata all’anodo in modo diffuso, ma si attaccherà ad esso in un’area molto più ristretta (“spot”) causandone il surriscaldamento e l’erosione.
Figura 4.2 Scarica elettrica in configurazione assialsimmetrica
Per capire cosa avviene fisicamente all’interno della scarica bisogna immaginare la scarica elettrica come se fosse un tubo percorso da corrente: al centro scorre il plasma ad alta pressione ed esso è confinato nel tubo per effetto della forza di Lorentz (generata dall’interazione tra la corrente e il campo magnetico autoindotto). La forza di Lorentz, come si può vedere in Figura 4.2, tende infatti a comprimere il plasma verso il centro. Se però la scarica viene deflessa da una perturbazione, la forza di Lorentz aumenta dalla parte concava, perché su quel lato aumenta l’intensità del campo magnetico autoindotto (si noti come le linee del campo magnetico si avvicinano, Figura 4.3). Allo stesso tempo l’intensità della forza di Lorentz decresce sul lato opposto: questo normalmente porta come conseguenza il contrasto della curvatura e la simmetria tende ad essere ripristinata.
Il problema a questo punto è che il plasma ad alta densità contenuto all’interno della scarica non può più essere trattenuto dalla forza di Lorentz dal lato in cui essa è divenuta minore. Perciò questo sfugge dal tubo e nel farlo crea una spinta gasdinamica che agisce sul tubo di corrente e tende a portare la scarica a piegarsi sempre di più. Se visualizziamo una sezione della scarica, avremo la situazione mostrata in Figura 4.4.
Figura 4.3 Effetto della deflessione della scarica elettrica ad opera di una perturbazione
Figura 4.4 Sezione del tubo di corrente: la scarica è piegata verso destra. Sul lato destro la forza di Lorentz più debole della forza gasdinamica non riesce a contenere il
Esistono quindi due forze che agiscono sulla scarica elettrica: la forza di Lorentz, che tende a stabilizzarla e una forza gasdinamica generata dal riscaldamento del gas che invece agisce in senso opposto e tende a instabilizzarla.
Studiando l’equilibrio delle forze che agiscono su un volumetto generico del tubo di corrente si può arrivare ad individuare un valore critico per I, al di sopra del quale la forza gasdinamica generata dal getto di plasma in uscita dal tubo risulta sempre superiore a quella di Lorentz. In questa situazione la scarica tenderà a piegarsi sempre di più su se stessa e avremo così un comportamento instabile.
La trattazione matematica del problema è abbastanza complessa. Senza scendere in dettagli, ci si limita a riportare il criterio di stabilità trovato da Schrade al termine della sua analisi:
√ 8 1 2
dove T è la temperatura delle particelle, supposta uguale per ioni ed elettroni, M è la massa atomica del gas utilizzato come propellente. Il termine f (n) è un fattore che tiene conto della distribuzione della densità di corrente all’interno della scarica: a seconda del modello che scegliamo, tale fattore può variare tra 0.5 ed 1. Per una distribuzione parabolica della densità di corrente (n=2) si ha che f (n) = 0.9, come si può vedere in Figura 4.5.
Figura 4.5 Possibili distribuzioni della densità di corrente all’interno della scarica elettrica e relativi valori assunti da f (n)
4.4.2 Confronto tra il criterio di Schrade e quello di Tikhonov
Il criterio trovato da Schrade ed espresso dalla precedente relazione vale per motori MPD a campo magnetico autoindotto. Per questi motori si ricorda il criterio proposto da Tikhonov:
2· 10
3.6 0.5 Moltiplicando e dividendo per 2/γ si ottiene:
· 10 3.6
0.5· 2
Ipotizzando le temperature di ioni ed elettroni uguali, si può scrivere: 2
È possibile elaborare la disequazione del criterio di stabilità di Schrade per scriverla in una forma in cui il primo membro sia lo stesso della disequazione di Tikhonov: √ √2 1 √ 8 1 1 √ · 10 2 1 1 √
A questo punto si possono mettere in parallelo i criteri di Schrade e di Tikhonov e fare un confronto:
Tikhonov: · 10 3.6 0.5· 2 Schrade: · 10 2 1 1 √
Si vede immediatamente che i secondi membri sono molto diversi: nel criterio del Tikhonov compare il rapporto tra i raggi dell’anodo e del catodo, rapporto che in qualche modo tiene conto della geometria del propulsore; nel criterio di Schrade si tiene invece conto della distribuzione della corrente all’interno della scarica (tramite f (n)), ma non delle caratteristiche geometriche del propulsore.
È particolarmente interessante osservare come si comportano i due criteri nel predire l’onset per il propulsore MPD utilizzato da Schrade a Stoccarda (il cui schema è riportato in Figura 4.6). Il propellente iniettato è Argon, quindi si assume γ = 5/3 (rapporto tra i calori specifici per gas monoatomici).
Assumendo una distribuzione di densità di corrente di tipo parabolico abbiamo f ( n ) = 0.9; di conseguenza il criterio di Schrade afferma che per la stabilità deve essere:
· 10 2
1
1
√ 0.82
Osservando la figura 4.6 si vede che il rapporto Ra/Rc può essere assunto
con buona approssimazione uguale a 6 (anche se una sua precisa valutazione non è così semplice). Con questo valore il criterio di Tikhonov fornisce:
· 10 3.6
0.5· 2
0.78
I due risultati ottenuti sono in eccellente accordo tra loro. Ora appare abbastanza ovvio che il criterio di Schrade individui con buona approssimazione la soglia di instabilità sul suo motore di riferimento, ma è stupefacente come il criterio di Tikhonov, sviluppato in un contesto del tutto estraneo, riesca a predire l’onset con questa precisione. D’altro canto è doveroso ricordare che, con tutta probabilità, il criterio di Tikhonov è stato ottenuto eseguendo una sorta di “best-fit” tra tutte le condizioni di onset rilevate nella pratica e contenute in una “banca dati” (nella quale sono riportati i valori della corrente critica associati alle differenti geometrie di MPD). Se anche il propulsore di Stoccarda (o uno molto simile) si trova in quella “banca dati”, non è poi così strano che questo criterio dia risultati tanto buoni. In realtà la situazione sarebbe ottimale solo se il criterio di Tikhonov desse gli stessi risultati di quello di Schrade fondandosi però su un principio fisico alla base dell’onset diverso da quello del “kink”.
Comunque sia stato concepito, il criterio di Tikhonov sembra avere un carattere molto più generale, in quanto è in grado di tenere conto di un’eventuale variazione della geometria del propulsore.
4.4.3 L’esperienza di Centrospazio/Alta
Le ultime campagne sperimentali condotte presso Alta S.p.A. sono state indirizzate allo studio del fenomeno di onset su motori MPD con campo magnetico applicato. Infatti uno degli scopi primari di queste attività è stato quello di comprendere l’effetto che un campo magnetico applicato dall’esterno può avere sulla stabilità della scarica in un motore MPD.
La serie di esperimenti condotti al Centrospazio ha subito fornito un importante risultato a sostegno della teoria del “kink-mode” proposta originariamente da Schrade: al superamento della corrente critica è stata infatti rilevata una rottura della simmetria della scarica ed una disposizione della stessa in configurazione elicoidale.
Basandosi sull’andamento dell’emissività del plasma in tre diverse sezioni del motore si è cercato di ricostruire la forma della scarica. In ognuna delle tre sezioni considerate è stato posizionato un gruppo di rilevatori in grado di misurare la luminosità del plasma lungo la propria “linea di vista”, vedi Figura 4.7. Poiché la luminosità è pari all’integrale dell’emissività calcolato sulla linea di vista, nota questa relazione tra luminosità ed emissività, dalle misure dei rilevatori è stato possibile ottenere una mappatura dell’emissività del plasma in ogni sezione.
Infine effettuando la misura in tre diverse sezioni si è ricostruito anche l’andamento in senso assiale dell’emissività e quindi è stata ottenuta un’immagine completa della forma che assume la scarica nello spazio (la scarica passa nelle regioni in cui viene rilevata maggiore emissività).
È stato così possibile ricostruire la scarica in un grafico 3D, osservadone l’andamento elicoidale per valori superiori al limite di stabilità, come si vede in Figura 4.8.
Si è quindi passati alla caratterizzazione dell’instabilità MHD, che si è rivelata essere di tipo kink con m=1 n=1 (m periodicità azimutale e n periodicità longitudinale), e sono state effettuate misure in istanti successivi, vedendo l’evoluzione della scarica nel tempo. È stato osservato che la scarica ruota in senso antiorario, mantenendo la struttura elicoidale, con una frequenza di rotazione dell’ordine dei 50 kHz. Questo tipo di instabilità può essere considerato come la diretta causa dell’elevata energia dissipata e della forte riduzione di efficienza del motore ad elevate potenze.
L’origine fisica del processo non è stata ancora capita ed è tuttora oggetto di studi teorici e sperimentali. Sembra però certo che il kink sia generato in prossimità del catodo per poi evolvere verso l’anodo in modi differenti. Questo è probabilmente dovuto alla complessa struttura del campo magnetico nella regione anodica, che causa attacchi della corrente sull’elettrodo che non contribuiscono alla spinta. Infatti a regimi di alte
correnti è possibile ipotizzare che le distorsioni della colonna di plasma causate dal kink possono generare non solo una variazione della struttura del campo magnetico, ma anche variazioni delle componenti della forza di Lorentz (j x B) che possono essere dirette in senso azimutale o radiale. In questo modo le asimmetrie create nella distribuzione di corrente portano il sistema a generare forze di spinta la cui risultante non è solamente assiale: questo causa limitazioni dell’aumento della spinta in regime di onset, come ampiamente descritto in letteratura.
A questo punto si è individuato come possibile tecnologia di contrasto dell’instabilità l’utilizzo di un setto in camera di accelerazione. Sono state quindi effettuate una serie di prove atte a caratterizzare le prestazioni del motore MPD oggetto della sperimentazione e poi una serie di prove con un setto per osservare la variazione delle prestazioni ottenute.
Figura 4.7 Disposizione dei rilevatori per misurare l’emissività del plasma nel motore
Figura 4.8 Immagine 3D della scarica dopo il superamento del limite di stabilità
I segnali di caratteristica elettrica misurati sono mostrati in Figura 4.9 per differenti valori del campo magnetico.
Quello che è emerso è che il setto ha diviso la scarica in due zone differenti e la colonna di plasma non ha subito avvitamenti con il risultato di una soppressione dell’instabilità. Si è potuto effettuare un confronto tra le caratteristiche elettriche del motore equipaggiato con il setto e le caratteristiche elettriche del motore senza setto. È stato così notato come le caratteristiche elettriche coincidano per valori bassi di corrente, mentre divergano per valori di corrente superiori alla corrente critica. In particolare le caratteristiche elettriche del motore equipaggiato con il setto si attestano su differenze di
potenziale più basse, vedi Figura Figura 4.9 Caratteristiche elettriche
Figura 4.10 Confronto caratteristiche elettriche
Tutto ciò ha portato ad un forte guadagno nell’efficienza, poiché la potenza assorbita dal motore in condizioni critiche è stata notevolmente abbassata, non sussistendo più l’instabilità. I risultati raggiunti sono estremamente importanti non solo dal punto di vista fisico, poiché provano che l’abbassamento dell’efficienza in regime di onset è legato all’istaurarsi del kink, ma anche da un punto di vista tecnologico, poiché si apre così la possibilità per i motori MPD di lavorare ad alte efficienze al di sopra dei regimi critici.
Si è però reso necessario un approfondimento del comportamento del motore con differenti tipi di setti, unitamente alla necessità di avere una banca dati più ampia sull’argomento, per una maggiore sicurezza sui risultati: in questo contesto è stata inserita la presenti tesi.
4.4.4 Criterio di stabilità di Kruskal-Shafranov
Si tralascia la trattazione matematica alla base di questo criterio, rimandando per un suo approfondimento a Tommaso Misuri [11].
Questo criterio è utilizzabile per motori MPD con campo magnetico applicato.
Supponendo che R sia il raggio della colonna di plasma in esame e che L sia la sua lunghezza caratteristica, il criterio di Kruskal-Shafranov afferma che per la stabilità deve valere:
dove Bz e Bφ sono rispettivamente le componenti assiale e azimutale del
campo magnetico.
Introducendo il parametro λ = µI/ψ, dove ψ (= πR2 Bz) è il flusso del campo
magnetico applicato, la disequazione può essere scritta come: 4
I valori di λsono stati valutati per via sperimentale in corrispondenza di differenti lunghezze caratteristiche (L) della colonna di plasma, sia per regimi di funzionamento stabili (I < Icr) che per regimi di funzionamento instabili ( I > I cr).
Riportando i risultati ottenuti in un grafico, si ottiene la Figura 4.11. La linea tratteggiata rappresenta il limite di stabilità predetto in base alla disequazione, cioè in base al criterio di Kruskal-Shafranov. I punti individuati da un rombo nero rappresentano regimi di funzionamento stabile, quelli individuati da una croce invece sono i regimi critici di funzionamento. I risultati sperimentali sembrano davvero in ottimo accordo con quanto previsto dalla teoria di Kruskal-Shafranov: le rilevazioni effettuate mostrano che tutti i regimi di funzionamento instabile si trovano proprio al di sopra della curva tratteggiata, nella zona in cui la disequazione non risulta verificata.
Figura 4.11 Confronto tra risultati sperimentali e limite di stabilità previsto dal criterio di Kruskal-Shafranov
4.4.5 Confronto tra il criterio di Tikhonov e il criterio di Kruskal- Shafranov
A questo punto sembra che sia il criterio di Kruskal-Shafranov, che quello di Tikhonov siano in grado di definire in maniera abbastanza precisa il limite di stabilità per il funzionamento di un motore MPD con campo magnetico applicato. I due criteri sono però stati ottenuti per strade del tutto diverse e sembra quindi doveroso cercare di capire se tra di essi esiste qualche relazione.
Per farlo si prova a riconsiderare le disequazione di base associate ai due criteri e ad elaborarle:
Tikhonov:
· 10 3.6
da cui: 4 3.6 · · 0.5 · 1 Kruskal-Shafranov: 2 da cui: 4 1 4 e assumendo Ra-Rc = L/2, si ottiene: 4 2
Entrambi i criteri si basano su considerazioni che coinvolgono i rapporti tra pressione magnetica (legata sia al campo applicato che a quello autoindotto) e pressione gasdinamica. Essi predicono con discreta precisione il limite di stabilità. Tuttavia le disequazioni associate dei due criteri, anche nella loro versione rielaborata, rimangono ancora piuttosto diverse; in particolare a secondo membro ci sono dei termini completamenti differenti.
Si vede per esempio che il criterio di Kruskal-Shafranov sembra non essere legato al valore di e inoltre il campo magnetico applicato compare al numeratore piuttosto che al denominatore come nel criterio di Tikhonov. Questo ultimo fatto è particolarmente strano, perché se per Tikhonov aumentare troppo l’intensità di Bz può finire col portare all’instabilità, per il
criterio di Kruskal-Shafranov un aumento di Bz è sempre un fattore