Capitolo 4 – I sistemi innovativi per il bruciamento delle
scorie: HTR, GCFR, ADS
4.1 La Generation IV Initiative
La crescita della popolazione mondiale, il miglioramento della qualità della vita, la forte industrializzazione di realtà come la Cina e l’India, il problema del cambiamento climatico, le sempre minori quantità di petrolio disponibili ed il suo crescente costo implicano che nei prossimi cinquant’anni, nonostante tutte le diatribe in proposito, solo con una seria ripresa dell’opzione nucleare si riuscirà a far fronte a tutte queste esigenze. Per iniziativa del DOE è nata la GENERATION IV INITIATIVE: si tratta di un progetto a lungo termine, che si occupa di tutti gli aspetti connessi alla produzione di energia per via nucleare (nuovi reattori, cicli del combustibile innovativi, produzione di idrogeno e di acqua potabile, ecc.) e rappresenta la “naturale” evoluzione di questa tecnologia (fig. 4.1.1).
Figura 4.1.1 – L’evoluzione della tecnologia nucleare[4.1]
Questo progetto è caratterizzato da quattro scopi fondamentali[4.1][4.2] (tab. 4.1.1):
• Economicità di esercizio, ottenuta mediante più alta efficienza degli impianti e del ciclo del combustibile, semplificazioni impiantistiche, nuove tecniche di costruzione, modularità, produzione di idrogeno ed acqua potabile parallele a quella di energia elettrica;
• Sicurezza intrinseca e passiva anche nelle più severe condizioni incidentali; caratteristiche di sicurezza intrinseca “trasparenti”, ossia comprensibili anche per i non esperti, sì da aumentare, a meno di prese di posizione ideologiche, la confidenza dell’opinione pubblica nei confronti dell’energia nucleare;
• Minimizzazione del volume di scorie e della loro radiotossicità: un uso estensivo dell’energia nucleare necessariamente richiederà una diversa gestione del combustibile cosiddetto “esausto”; infatti, oggi alcuni paesi (USA soprattutto) adottano un ciclo di tipo once-through perché l’uranio è ancora disponibile a basso costo mentre il riciclo è relativamente poco competitivo. Tuttavia, riciclare significa recuperare uranio e plutonio per fabbricare nuovo combustibile e, quindi, ridurre la domanda di nuovo uranio dalle miniere (cfr. fig. 4.1.2). Inoltre, riciclando si riducono necessariamente i volumi occupati dagli HLW e la radiotossicità a lungo termine dovuta ad elementi pesanti con lunga vita media, (figg. 4.1.3 e 4.1.4);
• Resistenza alla proliferazione.
La IV Generazione mira, in sostanza, ad un “nucleare sostenibile”, capace di sfruttare al meglio le risorse disponibili nel rispetto dell’ambiente.
Figura 4.1.2 – Sfruttamento delle risorse di uranio vs. tempo con diversi approcci alla gestione del combustibile[4.2]
Figura 4.1.3 – Quantità di metalli pesanti vs. tempo con diversi approcci alla
gestione del combustibile[4.2]
Figura 4.1.4 – Esempio di ciclo del combustibile previsto dalla GENERATION IV[4.2]
Goals for Generation IV Nuclear Energy Systems
Sustainability–1 Generation IV nuclear energy systems will provide sustainable energy generation that meets clean air
objectives and promotes long-term availability of systems and effective fuel utilization for worldwide energy
production.
Sustainability–2 Generation IV nuclear energy systems will minimize and manage their nuclear waste and notably
reduce the long-term stewardship burden, thereby improving protection for the public health and the
environment.
Economics–1 Generation IV nuclear energy systems will have a
clear life-cycle cost advantage over other energy sources. Economics–2 Generation IV nuclear energy systems will have
a
level of financial risk comparable to other energy projects. Safety and Reliability–1 Generation IV nuclear energy systems
operations will excel in safety and reliability. Safety and Reliability–2 Generation IV nuclear energy systems
will have a very low likelihood and degree of reactor core damage.
Safety and Reliability–3 Generation IV nuclear energy systems will eliminate the need for offsite emergency response.
Proliferation Resistance and Physical Protection–1 Generation IV
nuclear energy systems will increase the assurance that they are a very unattractive and the least desirable route
for diversion or theft of weapons-usable materials, and provide increased physical protection against acts of terrorism.
Tabella 4.1.1 – Scopi della GENERATION IV INITIATIVE[4.2]
Le tipologie di reattori nucleari previsti dalla GENERATION IV INITIATIVE sono i seguenti:
o Gas-Cooled Fast Reactor
System (GFR)
o Lead-Cooled Fast Reactor
System (LFR)
o Molten Salt Reactor System (MSR)
o Sodium-Cooled Fast Reactor System (SFR)
o Supercritical-Water-Cooled Reactor System (SCWR)
o Very-High-Temperature Reactor System (VHTR)
L’obiettivo della Gen. IV è che i suddetti sistemi siano sviluppabili su larga scala a partire dal 2030 (tab 4.1.2).
Tabella 4.1.2 – Reattori della Gen. IV[4.2]
Dato che la Gen. IV è un progetto a lungo termine, sono stati identificati alcuni sistemi sviluppabili a breve termine (Near-Term Deployment, NTD), ovvero a partire dal 2015 o anche prima, aventi performances uguali o superiori agli Advanced Light Water Reactor della III Generazione in termini di economicità, sicurezza intrinseca e/o passiva, minimizzazione delle scorie, resistenza alla proliferazione. I reattori HTR si collocano in questa categoria, che viene anche chiamata[4.3] GENERATION III+, i cui componenti sono elencati in tab. 4.1.3.
Tabella 4.1.3 – Reattori della GENERATION III+[4.2]
Fra questi reattori, nel presente lavoro ci si focalizza sui reattori a gas a spettro sia termico che veloce perché sono quelli di cui da ormai molti anni si occupa il nostro gruppo di ricerca.
Infine, si inserisce nell’ultima sezione del presente capitolo qualche nota relativa al sistema ADS, che non fa parte dei concetti di reattori previsti per la Generation III+ e per la Generation IV ma che comunque è oggetto di numerosi studi in questi ultimi anni, anche in relazione alla capacità di bruciamento degli attinidi.
4.2 I reattori a gas ad alta temperatura
I reattori a gas ad alta temperatura (chiamati HTR e HTGR rispettivamente in Europa e negli Stati Uniti) sono stati i primi ad essere proposti subito dopo l’esperimento di Fermi[4.4]. Tuttavia se ne contano in tutto il mondo solo alcuni esemplari sperimentali per vari motivi, legati in primo luogo alla realizzazione negli anni ’50 di reattori ad acqua leggera per i sommergibili, che da soli avevano occupato il mercato. Molteplici sono le caratteristiche che attualmente li rendono estremamente competitivi rispetto agli stessi LWR. In sintesi[I.3][I.4][4.5][4.6]:
• core completamente ceramico e di grande capacità termica; • refrigerante non corrosivo e neutronicamente non attivo (elio);
• grande versatilità nella scelta del combustibile (in forma di ossidi, carburi, nitruri e contenente uranio, plutonio, torio);
• bassa densità di potenza (qualche kW/l con conseguente maggior sicurezza); • possibilità di utilizzo del ciclo diretto ed alta temperatura (rendimenti anche del
50%, contro il 33% degli attuali PWR e il 40% previsto per l’EPR).
Le conseguenze di queste scelte costruttive si sono dimostrate particolarmente promettenti sin dagli ormai vecchi prototipi realizzati negli anni ’50-’60 in Inghilterra, Germania e Stati Uniti (rispettivamente DRAGON, AVR e Peach Bottom). Innanzitutto, la scelta dell’elio come refrigerante permette un disaccoppiamento praticamente completo della neutronica dalla termofluidodinamica nonché, grazie alla sua completa assenza di reattività chimica ed all’abbinamento ad un core ceramico, il raggiungimento di temperature di esercizio molto elevate1, con enorme beneficio per il rendimento e per la semplificazione impiantistica2: infatti, non attivandosi, l’elio può essere mandato direttamente in turbina senza la necessità dello scambiatore intermedio gas-acqua. In secondo luogo, l’elevata capacità termica del core e la sua bassa densità di potenza comportano una estrema sicurezza intrinseca anche nelle condizioni più gravose di LOCA (come dimostrato sperimentalmente durante la simulazione di incidente sul reattore AVR di Jülich[I.3]).
Un discorso a parte merita il combustibile, costituito da microparticelle, che è la vera peculiarità di questo tipo di reattori. Carburi (o nitruri o ossidi) di uranio e/o plutonio e/o torio costituiscono un kernel, del diametro che varia da circa 0.1 fino a 0.5 mm, rivestito successivamente da (fig. 4.2.1):
Figura 4.2.1 – La particella TRISO[I.3]
1 Nei vecchi GCR la reazione grafite-CO
2 e l’uso di combustibile e camicia metallici non permetteva il
raggiungimento di tali temperature
2 I reattori prototipo sopra menzionati lavoravano comunque in ciclo indiretto; il ciclo diretto ad alta
temperatura, inoltre, è stato reso possibile dai nuovi materiali resisi disponibili (ad esempio acciai e superleghe di nichel) per le turbine
• un primo strato di grafite pirolitica dello spessore di circa 95/100 µm (porosa, che permette l’accumulo dei prodotti di fissione, anche volatili e gassosi, senza eccessive tensioni);
• altri due strati di grafite pirolitica ad alta densità aventi lo spessore di 40/100 µm (particella BISO);
• oppure come la precedente con in più uno strato di SiC fra i due strati esterni di grafite, con la funzione di accrescere la resistenza strutturale e la capacità di trattenere i prodotti di fissione (particella TRISO).
Le particelle TRISO sono state pensate appositamente in funzione di un ciclo diretto, che richiede la massima purezza possibile del refrigerante nel circuito primario.
Si è verificato sperimentalmente che le particelle TRISO in assenza di acqua e aria trattengono perfettamente i prodotti di fissione fino a 1600°C[I.3]; in presenza di interazione diretta fra particella e aria (in ciclo diretto non c’è praticamente rischio di contatto fra particella e acqua) la temperatura massima deve essere invece abbastanza inferiore[I.3] (sostanzialmente non superiore ai 1300°C).
Per quanto riguarda l’elemento di combustibile, costituito dai prima citati microelementi, esistono attualmente tre opzioni principali:
• tipo sfera (pebble): tante microparticelle distribuite uniformemente nella parte interna di una sfera di grafite del diametro di 60 mm; questo tipo di soluzione consente, fra l’altro, la possibilità di ricarica continua e quindi di mantenere basso l’eccesso di reattività a inizio vita del core;
• tipo block: le microparticelle sono distribuite questa volta in cilindretti di grafite (diametro 12 mm, altezza 49 mm) a loro volta raggruppati in una matrice di grafite;
• tipo pin-in-block: simile alla soluzione precedente, le barrette, forate al centro, sono prima incamiciate in una guaina di grafite; le barre così ottenute vengono infine inserite a loro volta in una matrice grafitica.
La scelta di una qualsiasi di queste soluzioni permette, grazie alla resistenza delle microsfere, alla diluizione del combustibile e al migliore comportamento sotto irraggiamento della grafite rispetto ai metalli, la possibilità di arrivare a burnup estremamente elevati.
Come già accennato, l'unico reale incidente ipotizzabile per questi reattori è rappresentato dalla scenario che prevede l’ingresso di aria nel core principalmente per la possibilità di reazione fra aria (in particolare l’ossigeno) e grafite ad alta temperatura e fra ossigeno e SiC per dare ossido di Si: in questa eventualità sarà fondamentale un’adeguata refrigerazione del core in modo da portarlo e mantenerlo al di sotto dei 1300 °C, temperatura fino alla quale le particelle si comportano egregiamente, dal punto di vista del trattenimento dei prodotti di fissione, anche in presenza di aria[I.3].
Un ulteriore aspetto da considerare riguardo le particelle e gli elementi di combustibile dei reattori HTR è quello dello stoccaggio del combustibile esausto: risulta che la matrice di grafite è un’ulteriore ottima barriera anche a lungo termine contro il rilascio dei prodotti di fissione. Comunque, anche considerando in maniera estremamente cautelativa le particelle TRISO esposte direttamente agli agenti atmosferici si hanno i risultati riportati in fig. 4.2.2.
Figura 4.2.2 - Frazione incrementale di kernel che si trova esposta all’ambiente esterno[I.3]
Tuttavia, a questo proposito è necessario fare una precisazione: in un’ottica di otti
mizzazione del ciclo del combustibile potrebbe presentarsi l’opportunità del riprocessamento del combustibile TRISO, cosa che potrebbe sembrare piuttosto complicata vista la natura stessa degli elementi in gioco; inoltre è interessante sottolineare che il combustibile esausto rappresenta solo il 4% della massa totale estratta dall’HTR (per confronto, il combustibile è il 70% del materiale estratto da un LWR), per cui è necessario mettere a punto delle tecniche di recupero degli attinidi aventi un’efficienza molto superiore rispetto a quella attuale[4.7]. Tuttavia, è utile ricordare che sono già stati condotti studi in proposito, di cui si fa menzione per completezza, rimandando alla bibliografia di riferimento per una trattazione esauriente. Il primo esempio interessante è quello della JAERI per gli elementi di combustibile del reattore HTTR3[4.8], che sfrutta un processo preliminare di combustione degli strati esterni della particella per poi passare al classico processo PUREX (fig. 4.2.3): l’elemento di combustibile viene tagliato per estrarne i compact, sottoposti quindi a combustione per asportarne lo strato più esterno di carbonio pirolitico. Si arriva così allo strato di SiC, che è la parte più difficile da togliere essendo fatta apposta per garantire elevata tenuta contro la fuoriuscita dei prodotti di fissione gassosi e non: esso viene, in questo caso4 macinato meccanicamente (“crushing”) e poi trattato con un getto di vapore (“jet grinding”) che facilita la separazione delle particelle più grosse e meno dense di SiC da quelle più piccole e più dense contenenti il kernel. A questo punto con una nuova
3 Reattore sperimentale di tipo pin-in-block
4 Il processo qui proposto è uno di quelli studiati; per ulteriori approfondimenti vedi [4.9]; sebbene ci
siano processi più promettenti di altri, nessuno per adesso è stato realizzato su scala industriale. Si stima che, se il costo del reprocessing per un LWR sia di circa 1000 $/kg, per le TRISO esso dovrebbe aggirarsi sui 2000 $/kg [4.10]
combustione vengono rimossi i due rimanenti strati di carbonio pirolitico giungendo così al kernel di ossido che, una volta dissolto in soluzione di acido nitrico, può essere sottoposto al classico processo PUREX per la separazione di U e Pu da attinidi minori e prodotti di fissione.
Figura 4.2.3 - Schem
Un’altra possibilità deriva dagli studi della CEA5[4.7], che prevedono delle diff
elevata efficienza e minimizzare la produzione di polveri, consiste nel sottoporre i
a di riprocessamento adottato dalla JAERI per il combustibile del reattore HTTR[4.8]
erenze rispetto al processo appena descritto: la rimozione della grafite costituente la parte strutturale degli elementi di combustibile viene realizzata mediante una serie di punte realizzate e disposte opportunamente in modo da ottenere la minima contaminazione della grafite da parte del combustibile esausto. Successivamente si provvede a frantumare il cilindretto di grafite che racchiude le particelle tramite onde acustiche o correnti pulsate: quest’ultimo metodo, messo a punto nell’ottica di ottenere
compact ad impulsi dai 200 ai 500 kV con correnti di scarico dai 10 ai 20 kA. In presenza di acqua (fig. 4.2.4) si crea un arco elettrico in prossimità del solido che si propaga preferenzialmente attraverso di esso: così in pochi microsecondi energia di densità dai 10 ai 100 J/cm si deposita nelle microporosità del materiale; si assiste ad un incremento di temperatura e di pressione rispettivamente di 10000 K e di 1010 Pa: ciò provoca l’immediata rottura del compact in piccoli pezzi. Infine, si estrae il kernel previa rimozione per via termica degli strati di materiale che lo racchiudono (cicli termici successivi che provocano l’ossidazione del carbonio pirolitico in CO2 e del SiC
in SiO2 e CO2).
Figura 4.2.4 – Principio della frantumazione della grafite mediante correnti pulsate: compact prima (a) e dopo (b) il trattamento[4.9]
azione attuale dei reattor
Uno sguardo infine alla situ i HTR di potenza. Attualmente
sono in fase di sviluppo i seguenti:
2]: Rappresenta una via di mezzo fra gli HTR classici e quelli di più moderna concezione. E’ del tipo a pebble, a ricarica
dulo: 116.3 MWel
o Rendimento: 44%
e: 500 °C circa e in uscita dal core: 900 °C circa • PBMR (Sudafrica)[4.11][4.1
continua (con il vantaggio, come già accennato, di non dover disporre di una elevata reattività iniziale nel nocciolo), di tipo modulare. Mentre nel concetto originario si avevano tre distinti recipienti in pressione, uno per ciascuna delle turbine (alta, media, bassa pressione), oltre al vessel contenente il core, il progetto è stato recentemente (2005) modificato e semplificato. E’ interessante osservare i seguenti dati:
o Potenza di ogni mo
o Temperatura dell’He in ingresso al cor o Temperatura dell’H
o Pressione di esercizio: 8.5 MPa o Arricchimento: 8% in U235
Com reattore di bassa densità di potenza capace di smaltire passivamente, per conduzione, convezione e irraggiamento il calore di
• mente del primo progetto
commerciale di HTR di concezione più avanzata. E’ costituito da due soli
o Rendimento: 48 %
ta dell’He dal core: 850 °C nel core: 490 °C
rburo di uranio (UCO) in raneamente sia microsfere
• VHTR
Initiative, è in sostanza un reattore HTR capace di raggiungere altissime
Va iscono
stanzialmente da quelli degli impianti con turbine a gas convenzionali. e tutti gli HTR, si tratta di un
decadimento in condizioni incidentali. Proprio per questo è assente il contenimento, fatto che potrebbe essere visto come uno svantaggio rispetto agli LWR attuali, ma invece rappresenta un vantaggio non indifferente: il contenimento non viene realizzato perché reso inutile, risparmiando grandemente sui costi di realizzazione. Infine, la piccola taglia di ogni modulo può apparire svantaggiosa nell’eventualità che si voglia allestire un impianto di elevata potenza: per esempio, per avere l’equivalente di un LWR da 1000 MWel
occorrono 10 moduli; tuttavia risulta assai adeguata per piccoli paesi che non dispongono di reti elettriche paragonabili alle nostre;
GT-MHR (General Atomics)[4.11]: si tratta storica
recipienti in pressione collegati da un’unica tubazione. Peculiare è il calettamento su un unico albero di turbina, compressore e alternatore (tutti contenuti all’interno del medesimo vessel). E’ previsto che l’impianto, di piccola taglia, sia costruito interamente sotto il livello del suolo, in modo da garantire l’asportazione passiva del calore per conduzione in condizioni incidentali. Se ne elencano di seguito le caratteristiche principali:
o Potenza nominale: 600 MWth
o Pressione di esercizio: 7 MPa o Temperatura di usci
o Temperatura ingresso dell’He
o Combustibile: microsfere con kernel in ossica elementi di tipo block; sono presenti contempo
con uranio naturale, sia microsfere con uranio arricchito al 20% in U235.
(AREVA)[4.2][4.13]: concetto appartenente alla Generation IV
temperature (1000 °C) per la produzione di idrogeno parallela a quella di energia elettrica. Pertanto, a differenza dei reattori prima citati per esso è previsto il ciclo indiretto: sarà necessario pertanto uno scambiatore di calore gas-gas (fig. 4.2.5) per realizzare l'accoppiamento fra impianto nucleare e impianto chimico.
notato che i cicli termodinamici di questi impianti non differ so
Figura 4.2.5 - Il reattore VHTR[4.13]
Per completezza, un cenno brevissimo anche ai due reattori HTR di ricerca attualmente funzionanti:
• Il già citato HTTR giapponese, usato per condurre test di vario tipo fra cui quelli sui materiali e sulle stesse microparticelle, con temperature dell’He in uscita dal core fino a 850÷950 °C, pressione di esercizio di 4 MPa, arricchimenti dal 3 al 10% in U235, potenza termica di 30 MW, possibilità di utilizzo di veleni bruciabili per contrastare l’eccesso di reattività iniziale, studi di produzione termochimica dell’idrogeno;
• Il reattore cinese HTR-10, di tipo a pebble, da 10 MW di potenza termica, con temperature di esercizio paragonabili al precedente, pressione di esercizio di 3 MPa, utilizzato per condurre esperimenti sui reattori ad alta temperatura, e come il precedente, anche per la produzione termochimica nucleare dell’idrogeno.
4.3 I reattori veloci ed il reattore GCFR
Fin dall’inizio dello sviluppo della tecnologia nucleare a scopo civile, i reattori veloci sono stati oggetto di studio[4.14]: è stato chiaro fin da subito che solo questi reattori sono una garanzia, nei fatti, contro un’eventuale penuria futura di combustibile nucleare (possibilità sottolineata anche da uno studio recente[4.15]). Ingiuste motivazioni di carattere politico ed economico ne hanno per un lungo periodo arrestato
lo sviluppo, tuttavia si sta assistendo ad un rinnovato interesse per questa tecnologia, visti gli intrinseci vantaggi rappresentati da:
• Noccioli estremamente compatti grazie all’assenza di moderatore;
• Possibilità di bruciare gli isotopi del plutonio e, almeno in linea di principio, gli attinidi minori, realizzando così l’auspicata chiusura del ciclo del combustibile nucleare;
• Possibilità di alti burnup grazie alla ridotta influenza dei prodotti di fissione (in qualità di veleni);
• Possibilità di autosostentamento dal punto di vista del materiale fissile;
• Ampie possibilità di scelta dei materiali strutturali grazie alle ridotte catture parassite;
• Più alti rendimenti termodinamici, rispetto ai reattori termici, grazie all’impiego di refrigerante metallico o gassoso che permettono di raggiungere temperature molto più alte che non con l’acqua; le alte temperature consentono inoltre lo sfruttamento del calore di scarto di origine nucleare, disponibile al condensatore, per attività parallele alla produzione di energia elettrica come la produzione di idrogeno e la desalinizzazione6 dell’acqua di mare.
Per contro, nei reattori veloci bisogna fare i conti con coefficienti di reattività Doppler meno negativi di quelli dei reattori termici e con una minore frazione di neutroni ritardati (due problemi risolubili non superando certe percentuali in massa di fissile) nonché con un coefficiente di vuoto positivo7.
Mentre in passato si puntava a costruire reattori con alto rapporto di conversione, oggi l’idea è quella di ottenere un CR~1: in questo modo il reattore è autosufficiente dal punto di vista del materiale fissile e necessita solo di aggiunta di fertile, con ovvi vantaggi dal punto di vista della non-proliferazione. Si prevede inoltre, per i nuovi impianti, il riprocessamento in situ8 con sola separazione chimica: ciò ha evidenti vantaggi, in quanto renderebbe possibili
o i cicli multipli e pertanto il completo bruciamento del plutonio in tutti i suoi isotopi;
o il bruciamento almeno parziale dei MA, limitando quindi lo HLW, a meno delle perdite intrinseche ai processi tecnologici, ai soli prodotti di fissione (che raggiungono il livello della radiotossicità per ingestione di miniera in qualche centinaio d’anni);
o la resistenza alla proliferazione.
6 L’idea di sfruttare l’alta temperatura per usi paralleli alla produzione di elettricità non è nuova: era stato
per esempio previsto l’uso per la desalinizzazione dell’acqua di mare del reattore veloce sovietico BN350, divenuto critico nel ‘73[4.14]
7 Si tratta di un problema rilevante per i reattori a metallo liquido in caso incidentale: la strategia
americana per ovviare a questa problematica è stata la realizzazione di noccioli schiacciati tali da compensare l’incremento di reattività dovuto ai vuoti con l’aumento delle fughe (a scapito del rapporto di conversione); la strategia europea e sovietica è stata invece la predisposizione di opportune salvaguardie che rendessero estremamente improbabile il LOCA[4.14]
8Anche l’idea del riprocessamento in situ non è una novità, bensì si era già avutacon il reattore americano
Prima di passare ad un’analisi più dettagliata dei reattori di interesse per il presente lavoro, è opportuno dare una breve giustificazione del fatto che i reattori veloci sono capaci di sfruttare al meglio isotopi non solo fissili ma anche fissionabili[4.14]. In flusso veloce, tutti gli isotopi sono fissili: si metta a confronto il cosiddetto “parametro di reattività” dell’U238 e degli isotopi del Pu; tale parametro dà un’indicazione del loro contributo all’economia neutronica. Esso è definito come:
Parametro di reattività = νσf −σf −σc =σf(ν −1−α)
Il parametro di reattività rappresenta quindi i (ν-1-α) neutroni che il materiale in esame fornisce per ogni fissione, moltiplicati per σf .
Un parametro di reattività negativo significa che il materiale assorbe più neutroni di quanti ne è capace di produrre. Per i principali isotopi del Pu (eccetto il Pu242) e per
molti attinidi minori esso è positivo, e ciò spiega perché in tali reattori questi isotopi migliorano di fatto l’economia neutronica. Si riporta di seguito (tab. 4.3.1) un confronto fra il parametro di reattività, mediato sullo spettro, per alcuni isotopi rispettivamente nel reattore HTR e nel reattore GCFR, ottenuto sulla base dei dati forniti dal codice MCNP nel corso di calcoli di criticità.
Pu-238 Np-237 Pu-239 Pu-240 Pu-241 Pu-242 Am-243 Cm-244 Σc HTR 3.12E+01 5.35E+01 8.30E+01 1.44E+02 4.68E+01 4.65E+01 8.31E+01 2.75E+01
Σf HTR 2.19E+00 2.65E-01 1.39E+02 3.46E-01 1.31E+02 2.28E-01 2.53E-01 8.90E-01
Σc GCFR 8.81E-01 2.02E+00 6.93E-01 7.63E-01 6.01E-01 6.32E-01 2.06E+00 9.18E-01
Σf GCFR 1.20E+00 3.62E-01 1.97E+00 4.07E-01 2.94E+00 2.90E-01 2.35E-01 4.66E-01
ν termico 2.90E+00 2.52E+00 2.90E+00 2.87E+00 2.98E+00 2.93E+00 3.20E+00 3.24E+00 ν veloce 2.90E+00 2.70E+00 2.96E+00 2.90E+00 3.04E+00 2.93E+00 3.40E+00 3.42E+00
α HTR 1.42E+01 2.02E+02 5.97E-01 4.16E+02 3.57E-01 2.04E+02 3.28E+02 3.09E+01
α GCFR 7.34E-01 5.58E+00 3.52E-01 1.87E+00 2.04E-01 2.18E+00 8.77E+00 1.97E+00
P.R. HTR -2.70E+01 -5.31E+01 1.81E+02 -1.43E+02 2.13E+02 -4.61E+01 -8.25E+01 -2.55E+01 P.R. GCFR 1.40E+00 -1.40E+00 3.17E+00 1.03E-02 5.40E+00 -7.23E-02 -1.50E+00 2.10E-01
Tabella 4.3.1 – Parametro di reattività dei principali isotopi del plutonio e dei principali attinidi minori
Una curiosità: uno degli svantaggi legati all’uso di U235 in un reattore veloce è, oltre al più basso fattore η, la capacità di tale nuclide di rallentare i neutroni per scattering anelastico[4.15].
Il reattore GCFR (Gas Cooled Fast Reactor), fig. 4.3.1, è uno dei sei concetti di reattori previsti per la IV Generazione.
Anche il reattore veloce a gas (non necessariamente elio) non è un’idea nuova: è stato infatti studiato già negli anni ’60 e ’70 sia in Europa, sia in Unione Sovietica, sia negli Stati Uniti.
I principali vantaggi offerti dal GCFR refrigerato ad elio sono[4.17][4.18]:
• Ridotte catture parassite da parte del refrigerante;
• Core completamente ceramico che permette di raggiungere temperature molto elevate;
• Compatibilità chimica del refrigerante con i materiali strutturali anche alle alte temperature;
• Possibilità di realizzare il ciclo Brayton diretto;
• Refrigerante che in caso di fuoriuscita per incidente non reagisce violentemente né con l’acqua né con l’aria;
• Core con alta inerzia termica, che non necessita (almeno in linea di principio) di sistemi attivi di rimozione del calore di decadimento (DHR).
Figura 4.3.1– Il reattore GCFR[4.2]
Il peggiore incidente che può accadere su un tale tipo di reattore è la depressurizzazione completa per perdita di refrigerante dal circuito primario: l’elio, essendo un gas, necessita di alte pressioni per asportare l’alta densità di potenza del GCFR (dai 40 ai 100 MW/m3 a seconda dei casi) e ciò aggrava questo tipo di incidente. Tuttavia, l’opportuna progettazione del core in modo tale da rendere piccole le perdite di carico al suo interno (∆pmax=0.52 bar) potrebbe rendere possibile l’asportazione del
calore per circolazione naturale.
Sono stati pensati vari concetti di elemento di combustibile per il reattore veloce a gas, fra cui si ricordano9:
• Core con Coated Particles (che sono una evoluzione di quelle del reattore termico HTR);
• Core con fuel plates di tipo CERCER (combustibile immerso in una matrice omogenea di tipo ceramico), con possibilità di assembly dedicati al bruciamento dei MA.
4.4 Il sistema ADS (Accelerator-Driven System)
I sistemi ADS in realtà non fanno parte degli argomenti da trattare nella presente tesi, però, per completezza ed anche perché le notizie su di essi sono spesso frammentarie e confuse, si ritiene utile illustrarebrevemente anche tale tecnologia.
Gli ADS sono dei sistemi sottocritici: essi non sono in grado di autosostenersi senza una sorgente esterna di neutroni generati di solito da un acceleratore di protoni. Sono stati ideati vari tipi di sistemi ADS basati su[2.2][4.19][4.20]:
• reattori ad acqua sottocritici di tipo PWR;
• reattori a gas ad alta temperatura (HTGR) sottocritici;
• reattori sottocritici a spettro veloce al piombo o piombo-bismuto, che sono i più promettenti e, quindi, attualmente più studiati.
Il principio base di funzionamento di un ADS è la spallazione causata da un fascio di particelle cariche ad alta energia che incidono su un bersaglio, da cui viene emesso un certo numero di neutroni. Questi neutroni, muovendosi in un mezzo moltiplicante, provocano fissioni e, quindi, consentono almeno in linea di principio un guadagno di energia10(fig.4.4.1).
Figura 4.4.1 - Principio di funzionamento dell’ADS[4.21]
10 Inizialmente si era pensato di trasmutare direttamente gli attinidi e i prodotti di fissione tramite la
spallazione stessa; tuttavia questa idea è stata successivamente abbandonata perché non energeticamente conveniente
4.4.1 Il processo di spallazione
Esistono molti processi nucleari che permettono di produrre neutroni ma il più conveniente da un punto di vista energetico è l’uso di protoni ad alta energia11, come illustrato in tab. 4.4.1.
Tabella 4.4.1 - Reazioni nucleari adoperate per produrre neutroni[4.20]
Per spallazione s’intende, in generale, l’interazione fra un bersaglio ed adroni di alta energia (protoni, neutroni, pioni, ecc.) o nuclei leggeri (deuteroni, tritoni, ecc.) di energia da qualche decina di MeV a qualche GeV. A seconda dell’energia del proiettile e del tipo di bersaglio verranno emesse da quest’ultimo delle particelle leggere, in particolare neutroni. Si ha una collisione iniziale fra proiettile e bersaglio che comporta una serie di reazioni (fig. 4.4.2) molto rapide (“cascata intra-nucleare”, circa 10-22 s), durante la quale fuoriescono dal nucleo alcune particelle secondarie ad alta energia (>20 MeV) e una cascata di particelle a (relativamente) bassa energia (<20 MeV): ovvero, dopo la cascata intra-nucleare il nucleo resta in uno stato fortemente eccitato cui segue quindi il rilassamento, durante il quale il nucleo emette principalmente neutroni a più bassa energia (<20 MeV; “evaporazione”). Le particelle emesse possono causare (fig. 4.4.3), soprattutto se il bersaglio è spesso, ulteriori spallazioni (“cascata inter-nucleare”) oppure fissioni e/o reazioni (n,xn). Nel caso di bersagli ad elevato Z (Pb, W) la fissione veloce spesso compete con l’evaporazione. I materiali più adatti come bersaglio sono quelli ad elevato Z perché fornisconoun più alto rendimentodi neutroni (fig. 4.4.4). Lo spettro di spallazione è molto simile a quello di fissione, solo che il suo picco è spostato verso 3÷4 MeV (fig. 4.4.5).
Figura 4.4.2 - Cascata intra-nucleare[4.20]
Figura 4.4.4 - Neutroni di spallazione emessi per protone in funzione dell’energia del protone e del materiale[4.20]
4.4.2 Il core sottocritico
Parte integrante dell’ADS è il blanket moltiplicante che circonda il bersaglio. Da un bilancio neutronico su di esso si ottiene:
ν ) 1 ( eff eff h h fiss k k N N − Γ = con:
Nfiss totale fissioni
Nh fissioni dovute ai protoni di alta energia
Γh neutroni prodotti nel blanket dalle reazioni ad alta energia
keff fattore di moltiplicazione per le reazioni a bassa energia ν neutroni prodotti dalle fissioni a bassa energia
Il principale parametro caratterizzante un ADS è il fattore M di amplificazione, attraverso le fissioni, dei neutroni prodotti per spallazione12; la quantità 1-keff è inoltre
una misura della distanza dalla criticità. Si deduce in particolare che:
eff k M − = 1 1
Ovviamente, è di fondamentale importanza che l’acceleratore necessiti di meno energia di quanta ne viene prodotta. Nel caso, per esempio, dell’amplificatore di energia (EA) studiato presso il CERN di Ginevra (FEAT Experiment) si hanno i seguenti dati: un protone di 1 GeV incide su un bersaglio di piombo e produce circa 30 neutroni di spallazione; keff=0.98 e quindi M=50; si producono pertanto per ogni protone
30·50=1500 neutroni di fissione. Circa il 40% di questi neutroni dà a sua volta fissione e di conseguenza, supponendo di avere 200 MeV/fissione, si ricavano: 0.4·1500·200 MeV=120 GeV. Il guadagno di energia è stato perciò: G=120 GeV/1 GeV=120(13). Supponendo un rendimento ηth→el=45% si ottengono 120·0.45 GeV=54 GeV di energia
elettrica. Se il rendimento dell’acceleratore è del 50%, esso necessiterà di 2 GeV di energia per accelerare il protone a 1 GeV. Quindi, l’EA, se si assumono valide le ipotesi precedenti, non solo risulterebbe autosufficiente ma produrrebbe addirittura un surplus di energia[4.20].
4.4.3 Vantaggi e svantaggi di un ADS: confronto con un reattore FBR
Come si è già accennato, i reattori ADS termici sono stati sostanzialmente abbandonati a causa di una serie di inconvenienti che qui non si menzionano14. Si considerino dunque i reattori ADS refrigerati a Pb o eutettico Pb-Bi[4.21]. Molte delle soluzioni tecniche pensate ricalcano di fatto quelle dei reattori veloci critici refrigerati a metallo liquido. I principali vantaggi e svantaggi dell’ADS sono riassunti in tab. 4.4.2. Si sottolineano in particolare i seguenti aspetti:
• Energia netta inferiore ad un reattore critico a causa dell’alimentazione dell’acceleratore15: ciò significa, per esempio, che a parità di potenza elettrica netta immessa in rete, un ADS con keff = 0.95 produce circa il 14% in più di
12 k S k k k k S P n − Λ = + + + + + + Λ = 1 ...) .... 1
( 2 3 con k < 1; S = neutroni/s; Λ = tempo di
generazione dei neutroni pronti = 10-7 s; P = potenza in termini di popolazione neutronica asintotica; dunque 0 0 1 1 − = −ρ ≅ S k S P
13 G = 120 è una stima ottimistica, in quanto è stata ottenuta ipotizzando la sorgente simmetrica (nella
realtà per ottenere la sorgente simmetrica bisognerebbe adottare alcuni accorgimenti fra cui l’illuminazione del bersaglio con più fasci protonici, problema non banale dal punto di vista tecnico e che implica ulteriore spesa energetica)
14 Si ricordi solo che tali reattori non erano dei veri bruciatori di attinidi bensì dei reattori che
producevano un quantitativo minimo di attinidi sfruttando il ciclo Th232÷U233
15 Attualmente si punta alla realizzazione di ciclotroni di potenza fino a 10 MW e di acceleratori lineari
HLW (prodotti di fissione) ed emette circa il 20% in più di calore nell’atmosfera rispetto ad un impianto nucleare critico;
• Necessità di sostituzione annuale della finestra attraverso cui passa il beam protonico (operazione che richiede la fermata del reattore);
• Introduzione del tubo di guida dei protoni che non consente di tenere il circuito primario sigillato dal resto (effetto sulla strategia della difesa in profondità); • Costo e complessità d’impianto elevati;
• Mancanza di esperienza su tale tecnologia (inclusi lo studio del comportamento dei materiali in presenza di piombo ad alta temperatura e lo studio di tipi di acceleratori di particelle finora mai costruiti);
• Necessità di barre di controllo (per scram e controllo della reattività a lungo termine), di sistema di contenimento e di salvaguardie passive e/o attive come nei reattori critici;
• Possibilità di incidenti del tutto analoghi a quelli dei reattori ordinari (per esempio, incidenti dovuti a insufficiente asportazione di calore dal nocciolo); • Possibilità di incidente dovuto a mancata interruzione o interruzione ritardata del
beam protonico (tuttavia sono stati studiati sistemi di emergenza passivi capaci di evitare un tale scenario);
• Possibilità dell’instaurarsi di fenomeni di disaccoppiamento dovuti alla presenza della sorgente e alle grosse dimensioni del reattore (tale eventualità è drasticamente ridotta grazie all’impiego del piombo che ha ottime proprietà diffusive);
• Aumento dei fattori di picco dovuto all’introduzione di una sorgente esterna; keff
piuttosto diverso da una zona all’altra del reattore;
• Tempi necessari per raggiungere l’equilibrio del ciclo del combustibile dell’ordine della vita dell’impianto (30 anni circa).
Tabella 4.4.2 - Confronto fra un reattore critico ed un ADS[4.21]
Vantaggi di un Accelerator-Driven System Svantaggi di un
accelerator-driven systems
Progettazione ed esercizio
♦___ La possibilità di operare con keff<1 apre la
strada a nuovi concetti di reattore, anche di tipo finora non sviluppato per ragioni di economia neutronica ♦___ In particolare, ciò consente di progettare dei puri bruciatori di TRU e/o MA, minimizzando così la frazione di reattori dedicati alla trasmutazione nel parco reattori ♦___ La proporzionalità fra la potenza del reattore e la corrente dell’acceleratore semplifica il controllo del reattore
♦___ Acceleratore: è richiesta un’altissima affidabilità per la protezione delle strutture da shock termici♦___ La finestra ed il bersaglio sono soggetti a condizioni eccezionali di tensione, corrosione e irradiazione ♦___ Il nocciolo
sottocritico:la presenza della sorgente esterna
accresce i fattori di picco di potenza ♦___ Occorre un compromesso fra il fattore di moltiplicazione dei neutroni e la potenza dell’acceleratore ♦___ Complessità di impianto piuttosto elevata ♦___ Riduzione dell’efficienza netta a causa del consumo di energia da parte dell’acceleratore
Sicurezza
♦___ Il margine dalla prontocriticità può essere aumentato di quantità che non dipendono dalla
frazione di neutroni ritardati ♦___ Ciò consente
un esercizio sicuro anche di noccioli con caratteristiche di sicurezza “degradate” dalla presenza di elevate quantità di MA ♦___ Viene
eliminato l’eccesso di reattività, permettendo di
progettare noccioli in cui la probabilità di accadimento di incidenti di reattività è ulteriormente ridotta
♦___ Necessità di studiare nuovi tipi di transitori (l’intensità della sorgente neutronica esterna potrebbe variare rapidamente mentre risultano deboli i feedbacks nei noccioli caricati solo da TRU e/o MA)
Nelle tabb. 4.4.3 e 4.4.4, alla fine del capitolo, sono riportate le caratteristiche peculiari di un sistema ADS, non possedute dai reattori di tipo critico.
4.4.4 Uso dell’ADS per il bruciamento dei prodotti di fissione a lunga
vita media (LLFP) e degli attinidi (TRU); l’opzione del combustibile “fertile-free”
Lo spettro veloce dell’ADS al piombo o al piombo-bismuto (si stima ottimisticamente che l’energia media sia attorno ai 225 MeV[4.19]) permette, almeno in teoria, di eliminare gli attinidi per fissione. Non si vedono però sostanziali vantaggi rispetto all’utilizzo di un reattore veloce critico: tutt’al più, la sottocriticità potrebbe consentire una maggiore percentuale in massa, ad ogni carica, di TRU che sono caratterizzati da bassissime frazioni di neutroni ritardati.
In particolare si è pensato di sfruttare la sottocriticità dell’ADS per utilizzare combustibili “fertile-free”, che come si è visto non sono adottabili nei reattori critici a causa della bassa frazione di neutroni ritardati e del piccolo coefficiente Doppler. Ciò non toglie che l’ADS sia esente da problemi correlati a tale tipo di combustibile. Per esempio, l’assenza di conversione di fertile in fissile con l’aumentare del burnup comporta la necessità di compensare la diminuzione di reattività: ciò può essere ottenuto con l’uso di barre di controllo o con la variazione della intensità del fascio protonico o con opportune strategie di refueling, possibilità, queste, che necessitano ancora tutte di studi approfonditi. Infatti, si hanno due diverse esigenze che vanno in direzioni opposte: da una parte è auspicabile un burnup elevato, che richiede una sorgente potente e capace di adeguarsi alla progressiva diminuzione di reattività (quindi, di fatto si tratterebbe di una sorgente di taglia superiore a quella necessaria per gran parte del ciclo eccetto che alla fine dello stesso); dall’altra, un piccolo margine di sottocriticità consentirebbe di usare una sorgente meno potente e come tale meno dispendiosa.
La sottocriticità ha inoltre un rovescio della medaglia del punto di vista del controllo: il punto di lavoro di un ADS è di (β+∆) dalla condizione di prontocriticità, dove β è la frazione di neutroni ritardati (diversa a seconda del combustibile) e ∆ è il margine di sottocriticità. Un reattore critico dista dalla prontocriticità invece solo di β. L’effetto netto è che percentualmente l’ADS è meno sensibile al feedback Doppler rispetto ad un reattore critico, a parità di combustibile e di altre condizioni. Inoltre, sebbene il sistema sottocritico non ha, in quanto tale, una risposta esponenziale ad un piccolo incremento di reattività, si tenga presente che i tempi caratteristici della sorgente, che di fatto controlla la dinamica dell’ADS, sono dell’ordine dei 10-7 s, contro i 10 s dei neutroni ritardati. E’ evidente come sia altrettanto importante lo studio dei sistemi di controllo per un reattore siffatto.
Si è pensato di sfruttare l’ADS al piombo anche per la trasmutazione (TARC: Transmutation Adiabatic Resonance Crossing) di due prodotti di fissione a lunghissima vita media, il Tc99 e lo I129, sfruttando le proprietà nucleari del piombo che è, fra gli elementi pesanti, il più trasparente ai neutroni di energia inferiore ad 1 MeV: si tratta di aumentare le probabilità di cattura per risonanza dei due isotopi attraverso collisioni elastiche con piccolo incremento letargico (λ=3 cm e valore di ∆E/E inferiore alla larghezza delle risonanze del LLFP da bruciare), come mostrato in fig. 4.4.7. Dagli esperimenti condotti presso il CERN risulta che la quantità di Tc99 e I129 eliminati in questo modo è doppia rispetto alla quantità prodotta contemporaneamente dalle fissioni.
Figura 4.4.7 - Principio ARC (Adiabatic Resonance Crossing)[4.20]
Tuttavia, si osserva che questa proprietà non è dovuta alle particolari caratteristiche del sistema ADS bensì al tipo di refrigerante utilizzato, il piombo puro, che può essere impiegato anche nei reattori veloci critici. Piuttosto, in questo caso, si può dire che il “merito” del sistema sottocritico è il suo forte eccesso di neutroni in presenza di combustibile “fertile-free”16, che possono essere sfruttati per assorbimenti “utili”.
Tabel la 4.4.3 – C arat te ri st ic he pecul ia ri di un si st
ema ADS (cont
inua i
n t
Tabel la 4.4.4 – C arat te ri st ic he pecul ia ri di un si st
ema ADS (prosi
eguo del
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ta