Cap. 1 Analisi Territoriale
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1. Analisi Territoriale
1.1. Il Contado delle sei miglia
1.1.1.
Epoca Antica
La storia insediativa della piana orientale di Lucca prende forma durante l’Impero romano con la nascita di primi nuclei paesani quali Marìlia (Marlia), Quarto (Capannori), Taxinius (Tassignano), Versicius (Verciano) e altri. Fin da subito i paesi si contrappongono alla città murata in un rapporto di mutuo scambio commerciale e culturale ma senza alcuna dipendenza economica e sociale.
Il paesaggio agrario sotto i romani viene organizzato secondo la centuriazione, ossia la suddivisione in unità quadrate di circa 710 m di lato (centurie) tramite strade rettilinee intersecanti ad angolo retto dette decumani e cardi (Figura 1‐1). La configurazione dei terreni e degli insediamenti viene sviluppata in lotti raggiungibili attraverso un sistema viario reticolare avente il fulcro nei due assi principali della città: il decumano massimo e il cardo massimo. Ancora oggi tale griglia resta leggibile ed imprime al territorio un carattere fortemente cartesiano. Figura 1‐1 Carta della piana con in evidenza la Centuriatio e il passaggio del paleoalveo dell’Auser
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Pagina | 4 Lo sviluppo della piana è poi indissolubilmente legato al suo ruolo di passaggio viario tra la città di Lucca e le altre città toscane in particolare Firenze, Pisa e Siena soprattutto per motivi militari e commerciali. L’ infrastruttura viaria principale è la via consolare Cassia e rapidamente sono raggiungibili la via Aurelia ed Emilia1.
La via Cassia, provenendo da Firenze raggiunge Lucca attraverso le stazioni di Hellana (Agliana di Montale), Pistoriæ (Pistoia), e Ad Fanum (Alberghi di Pescia). Entra in città dalla porta orientale attraversando il paese di Lunata e ne esce da quella occidentale. Dopo aver superato il colle di Quiesa, si unisce a Bozzano con la via Emilia proveniente da Pisa e diretta a Luni.
Dalla porta settentrionale parte invece la via per Luni che penetra a Nord la vallata del Serchio raggiunge Decimo miglio (Diecimo), Castelnuovo, Piazza al Serchio per poi dirigersi a destinazione attraverso la vallata dell’Aulella.
Lucca è poi facilmente collegata anche con Pisa. Due erano infatti le strade che escono dalla porta meridionale: la prima per Santa Maria del Giudice e la seconda che costeggia a Ovest il monte Pisano. Da Pisa attraverso la via Aurelia si raggiunge Roma (circa 300 Km).
Successivamente in epoca altomedievale la piana lucchese sarà raggiunta dalla via Francigena che, arrivando dai territori senesi, attraverserà Altopascio, le zone di Lunata e San Vito per poi raggiungere Camaiore e la Versilia.
Il tramonto dell’epoca romana rappresenta, come nel resto d’Italia, un periodo di decadenza e rovina, in particolare con l’arrivo delle popolazioni barbariche tutta la piana subisce numerosi saccheggi e distruzioni con conseguenti carestie ed epidemie. Le frequenti inondazioni dell’Auser2 poi contribuiscono a spopolare maggiormente la zona che diviene un’incolta terra di acquitrini e boschi.
La situazione migliora con la stabilizzazione dei longobardi e in particolare con gli interventi idraulici del vescovo Frediano. A lui si deve la confluenza delle acque dell’Auser, che passavano a Est di Lucca nelle zone di Lammari e Lunata, nell’Auserculus il ramo minore del fiume che lambiva la città a Nord‐ovest; in più viene creato un sistema di canali per lo scolo delle portate maggiori. La campagna subisce quindi la sua prima profonda trasformazione e 1 SARDI C., Vie romani e medievali nel territorio lucchese, Lucca, 1910. 2 L’antico ramo orientale del fiume Serchio oggi scomparso.
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Pagina | 5 gli acquitrini, notevolmente diminuiti, lasciano il posto a numerose terre fertili. Per alcuni paesi si creano dunque le condizioni ideali a un’espansione. E’ il caso di Lammari che allarga i suoi insediamenti verso S. Cassiano e Picciorana e il paese di Lunata che si espande verso Est. L’attività edilizia di conseguenza riprese e dal IX secolo nacquero in tutta la piana numerose chiese, pievi, palazzi e prese forza il sistema feudale che portò a una frantumazione dello stato in una miriade di potenti in lotta fra loro. Nascono le curtis, aziende rurali costituite da edifici e terreni suddivisi in due settori: :la pars dominica e la pars massaricia. La prima era riservata al signore ed era prevalentemente coltivata dai suoi servi, la seconda, divisa in campi chiamati mansi, era affidata in gestione ai coloni. Quest’ultimi in cambio erano tenuti sia a presentare giornate di lavoro gratis (corveès) sulle terre del signore, sia a concedergli una quota del raccolto: i tributi.
Nel XII‐XIII secolo si assiste a un’ulteriore espansione demografica nonostante perpetuino ancora alcuni problemi di allagamenti e stagnazioni dovuti al fiume. E’ questo il periodo in cui si afferma la vocazione per le “Sei miglia”3 all’ attività agricola, all’ allevamento del bestiame, e alla lavorazione della seta che i mercanti lucchesi esportano nel resto della penisola, in Francia, Inghilterra e Fiandre.
Per quanto riguarda le strutture abitative, nel tardo medioevo c’è una forte distinzione tra le abitazioni di collina e quelle di pianura. Le prime situate sempre all’interno delle mura del castello sono prevalentemente realizzate in pietra. Le seconde invece erano quasi esclusivamente di legno con pareti impastate di argilla e coperte con paglia. I nuclei familiari (mediamente 4‐5 persone) erano denominati “fuochi” e gli uomini abili “teste”. Nel 1331 risultavano nelle sei miglia 156 villaggi di cui 8 di frontiera4.
Nella seconda metà del ‘300 succede un nuovo periodo di decadenza: nel 1332 l’invasione delle milizie fiorentine bruciò numerosi villaggi come Marlia, Lammari e Tassignano; le inondazioni del Serchio si fecero particolarmente aggressive e imprevedibili; le invasioni pisane sconvolsero la popolazione e infine la Peste nera provocarono un drammatico crollo della popolazione. 3 Le “Sei miglia” era un’ampia zona rurale della piana a est di Lucca che deve il suo nome proprio alla distanza dalla città. Oggi si identifica con i territori del Comune di Capannori. 4 LERA G., Capannori, vicende di una civiltà contadina, Promolucca edizioni, Lucca, 1992.
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Pagina | 6 La lenta ripresa e arriva solo con il XV secolo. E’ questo il periodo in cui le case iniziano a crescere ai lati e in altezza dando consistenza alle corti: organismi autosufficienti dove la proprietà della casa si univa alla terra circostante. Il ceto nobile invece si installa nelle ville e dimore signorili che sorgono principalmente nelle zone pedicollinari delle Pizzorne. Il paesaggio della piana di Lucca inizia così a delinearsi nelle sue peculiari caratteristiche che in parte sopravvivono tutt’oggi.
1.1.2.
Epoca Contemporanea
Così il Mazzarosa descrive a metà ottocento la pianura lucchese: “A vedere dall’alto questa pianura sembra proprio tutta un giardino. E’ divisa in tanti campi rettangolari più o meno grandi …; i quali campi hanno da ogni lato sul ciglio della fossa una fila d’alberi, cui si raccordano le viti “5.Dunque un grande giardino disegnato e organizzato da una trama di fossi, strade e vie vicinali che ha portato anche l’antico studioso a definire la pianura “ l’aspetto della vallata …è dei più belli che mai possa dirsi ”6.
Per quanto riguarda le opere civili è senza dubbio il periodo del Principato di Lucca e in seguito del Ducato (1805‐1847) che dà il via a una serie di trasformazioni urbane e ambientali che fortemente ha cambiato il volto del territorio.
La prima di queste è l’apertura nel 1809 di Porta Elisa nella cerchia rinascimentale a Est della città che innescò il processo di pianificazione e realizzazione di arterie stradali che da est entravano a Lucca. Si costruisce poi il cimitero della capoluogo (nella periferia ovest) che provoca un allontanamento delle abitazioni dovuto a un effetto repulsivo dato dal cimitero stesso, effetto tutt’oggi visibile. 5 A. MAZZAROSA, Le pratiche della campagna lucchese, Lucca, 1846, pag.20. 6 A. MAZZAROSA, Le pratiche della campagna lucchese, Lucca, 1846, pag 24.
Cap. 1 Analisi Territoriale Pagina | 7 Figura 1‐2 “Pianta geometrica della città di Lucca”, in scala 1:4000 disegnata dal prof. Paolo Sinibaldi nel 1843.
Una carta del 1843 (Figura 1‐2) rappresenta una città tutta compresa all’interno della cerchia murata, all’esterno invece si iniziano a formare i primi nuclei abitati periferici. Tali insediamenti sono sorti in prossimità del passaggio delle nuove infrastrutture come le linee tranviarie e la stazione ferroviaria. Il passaggio della tranvia in particolare diventa corridoio di espansione della città oltre le mura. Tre furono le linee: la Lucca‐Ponte a Moriano che passa da Borgo Giannotti, la linea verso Pescia che crea i primi insediamenti in località Arancio e la linea verso Maggiano che dà il via all’espansione di S. Anna. La creazione della linea ferroviaria e della stazione apporta poi nuovo impulso urbano nella zona sud di San Concordio al contrario di quanto avviene in numerose città italiane dove la linea ferroviaria blocca l’espansione.
Nel 1910 viene creato un nuovo traforo nelle mura: la Porta S. Anna al fine di far entrare all’interno della città la linea tranviaria per Maggiano, tale avvenimento porta ulteriore incremento all’espansione del quartiere S. Anna e successivamente ai territori a ovest della città.
Cap. 1 Analisi Territoriale Pagina | 8 Figura 1‐3 Schemi dell’espansione edilizia nelle corti secondo le regole del P.R. di Lucca del 1958. In azzurro i nuclei delle corti, in nero gli edifici di espansione. La linea tratteggiata delimita l’ambito dei 50 m intorno alla corte, all’interno del quale si poteva edificare. (fonte: Gilberto Bedini)
Mentre inizia una prima espansione nelle zone immediatamente all’esterno delle mura, i restanti territori della piana vivono una condizione essenzialmente agricola e legata al tradizionale sistema insediativo della “corte”. Per arrivare a una svolta decisiva si deve aspettare il secondo dopoguerra dove i profondi cambiamenti economici e sociali causano uno spostamento di una parte consistente della popolazione da “Lucca drento” a “Lucca fora”7. I motivi di tale spostamento sono da imputare a una ricerca di comodità, di una possibilità di usare più facilmente gli automezzi privati, insieme a un desiderio di vivere in ambienti più moderni e dotati di tutte le comodità.
Il clima di forte espansione edilizia portò Lucca nel 1958 a dotarsi del suo primo Piano Regolatore. Il Piano però si preoccupò di gestire la crescita urbana in termini quantitativi senza curarsi minimamente della qualità insediativa e della salvaguardia delle campagne. Per l’edificato rurale delle corti si concesse una possibilità di crescita di nuovi volumi da realizzare nell’ambito di 50 m dal perimetro delle corti stesse (Figura 1‐3).
7
Termini vernacolari lucchesi che stanno a indicare la parte di città compresa all’interno della cerchia murata (drento) e l’altra parte collocata all’esterno (fora).
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1.2. Il Sistema della Mobilità
1.2.1.
Studio della Mobilità Preesistente
La viabilità oggi presente sul territorio della piana di Lucca si configura come una rete avente una propria gerarchia e funzionalità in base alla tipologia di collegamento. Facendo riferimento al Piano di Indirizzo Territoriale P.I.T. della Regione Toscana si definisce, in relazione al territorio della provincia di Lucca, un sistema di infrastrutture viarie sulla base di un criterio sottolineante l’aspetto funzionale. Vengono così individuate le seguenti categorie di strade: Grandi direttrici di collegamento nazionale (direttrici autostradali), identificabili in base al nuovo codice della strada come tipologia non inferiore a strada extraurbana principale: _ Autostrada A11 Firenze ‐ Pisa Nord con i caselli di ingresso: Lucca Est e Capannori. Direttrici di interesse regionale, identificabile in base al Nuovo Codice della Strada come tipologia non inferiore a strada extraurbana secondaria. _ SS12 bis del Brennero dir. Pisa ‐ Lucca, classificata di accesso nell’ambito metropolitano Pisa – Livorno nel tratto San Giuliano ‐ Lucca._ SS439 Sarzanese – Valdera, classificata come direttrice primaria da Lucca a Follonica all’innesto con la SS 1, di servizio ai sistemi locali da Pietrasanta a Lucca. _ SS435 Lucchese, dir. Lucca – Pistoia, classificata come direttrice primaria da innesto SS 66 a Pistoia. Direttrici di interesse provinciale: _ SP Romana di collegamento tra il comune di Lucca ed il comune di Altopascio. _ SP3 Morianese, segue la sponda destra del fiume Serchio parallelamente alla SS 12 del Brennero. _ SP Bientina – Altopascio, da innesto SS 439 ad Altopascio A11. _ SP2 Lucca – Camaiore – Viareggio, attraversante la zona collinare del camaiorese. _ SP di Sant’Alessio, collegamento tra la SS 12 del Brennero e la SS439 Sarzanese –
Valdera in prosecuzione verso Massarosa.
_ SP Viale Europa, di collegamento tra SS435 Lucchese nei pressi di Lunata e SS12 bis del Brennero in località Marlia.
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Pagina | 12 Direttrici di importanza comunale:
_ Circonvallazione della città, corre parallelamente alle mura urbane incassando il traffico locale tra centro e periferia e il traffico verso la Garfagnana e le direttrici autostradali. _ Viali di raccordo nella prima periferia come il Viale Europa verso i caselli autostradali, o Viale Dante Alighieri di collegamento tra la SP Romana e la SS435 Lucchese. _ Via delle Ville di collegamento tra la città e le zone collinari del capannorese Direttrici di nuova previsione, di tipologia extraurbana principale o secondaria verranno trattati nei paragrafi successivi
Linee di collegamento ferroviario: a binario unico e in parte non elettrificati sono sottoutilizzati sia per il trasporto commerciale che dei viaggiatori causa la lentezza delle linee.
_ Linea Lucca ‐ Aulla, che raggiunge la media valle e la Garfagnana. E’ una linea non elettrificata e a binario unico. Le numerose stazioni che attraversa e la difficoltà di passaggio nel territorio ne fanno una linea assai lenta. _ Linea Viareggio ‐ Lucca ‐ Firenze, elettrificata e a binario unico (a eccezione del tratto i cui è affiancata dalla Lucca ‐ Pisa) ha tempi di percorrenza leggermente più veloci della precedente ma tuttavia insoddisfacenti per le potenzialità. Si possono quindi identificare due tipi di direzioni prevalenti: una nord‐sud e un’altra di tipo est‐ovest. La prima consente il collegamento tra la città con la Garfagnana a nord e la provincia di Pisa a sud, l’altra direzione interessa invece i collegamenti con la Versilia a ovest e le provincie di Pistoia e Firenze a est.
Il centro urbano della città di Lucca rappresenta in questo scenario il punto focale e quindi di confluenza di tutte le infrastrutture che si sono citate, ad eccezioni della direttrice autostradale. Tali infrastrutture si inseriscono sulla circonvallazione in prossimità delle mura rinascimentali riprendendo il proprio percorso dopo un attraversamento della circonvallazione stessa.
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1.2.2.
I Problemi della Mobilità
Numerosi sono i problemi che le giunte comunali si trovano da generazioni a dover risolvere circa il tema della mobilità e delle infrastrutture nella piana lucchese. E’ infatti da quando il traffico veicolare si fece sentire nella città (anni ’60‐’70) che non si è ancora risolto il problema dello smaltimento delle congestioni che tutt’ora si vengono a creare su strade troppo vicine a centri abitati e su infrastrutture assolutamente inadatte a un certo tipo di traffico.
I problemi che sono emersi sono da imputare a:
Volume di traffico consistente in particolari ore di punta: ovvero l’inadeguatezza delle infrastrutture assolutamente sottodimensionate e incapaci di far fronte a picchi di traffico ordinari. Questo è il caso ad esempio di via del Brennero assolutamente sottodimensionata e inadeguata al traffico pesante.
Attraversamento di zone abitate: questione che fa emergere l’aspetto della pericolosità sia per gli automobilisti che per la popolazione. Inoltre è causa di rallentamenti e deterioramento della qualità della vita per gli abitanti. Sicuramente degno di nota è il caso si Via Salicchi a S. Marco dove la troppo frequente congestione del traffico pesante, ha esasperato gli abitanti della zona. Tracciato non idoneo al transito dei mezzi pesanti: una mancanza quindi di infrastrutture adatte al transito dei mezzi pesanti e una totale inadeguatezza di quelle esistenti; basti pensare al fatto che i mezzi pesanti transitano sulla circonvallazione a pochi passi dalle mura urbane. Congestione nelle intersezioni tra circonvallazione e viabilità esterna: creazione quindi di ingorghi in prossimità delle intersezioni affidati quasi esclusivamente alla gestione semaforica. La circonvallazione della città è una delle zone più critiche e i continui incroci impediscono un corretto smaltimento dei veicoli (Figura 1‐6).
Bassa velocità di deflusso: il limite, quasi ovunque, dei 50 km/h, che porta inesorabilmente, a lenti smaltimenti del traffico. Il vero problema resta comunque l’inadeguatezza delle infrastrutture.
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Pagina | 14 Presenza di passaggi a livello: elemento di impedenza al deflusso risolvibile solo con
ammodernamenti infrastrutturali quali sottopassi (costruito nel 2005 sul Viale Castracani) o cavalcavia (viale Europa).
Inquinamento acustico e atmosferico: ovvero un problema derivante dai precedenti che può essere risolto con il maggior smaltimento del traffico e evitando il passaggio nei centri abitati.
Figura 1‐6 Incrocio sulla Circonvallazione con il Viale Castracani.
1.2.3.
Mobilità di Previsione
Si è visto quindi come i collegamenti del territorio provinciale si vadano ad integrare con la viabilità di tipo urbano, generando una maglia stradale avente come nodo nevralgico l’anello dei viali di circonvallazione. Esso risulta quindi essere caricato sia del traffico in attraversamento che da quello con origine e destinazione la città di Lucca. Subito emerge dunque un’inadeguatezza sia strutturale che funzionale della viabilità, il tutto a incrementare un rallentamento veicolare e un aumento dell’ inquinamento.Gli interventi che devono essere fatti dovranno quindi affrontare, il miglioramento delle interconnessioni, il potenziamento infrastrutturale e la riprogettazione funzionale.
Cap. 1: Analisi Territoriale Pagina | 15 I maggiori problemi si localizzano poi nel settore a Est della città dove nasce il problema di smistamento veicolare per i traffici: industriali nelle zone di Porcari, commerciali per l’area di Capannori e del terziario verso i comuni della Media valle e Garfagnana. Va inoltre rilevato che negli ultimi anni si è andato progressivamente sviluppando un’attività produttiva (industriale, commerciale e terziaria) nei comuni della Media Valle. Questo fatto è stato determinato da una scarsa reperibilità di terreni destinati a tal scopo della Piana e, contemporaneamente, da un’apertura dei comuni della Media Valle alle attività produttive (per incrementare e controbilanciare la perdita di mano d’opera dedita all’agricoltura e l’emigrazione della popolazione verso la Piana). Ne è conseguito che alcune delle industrie più significative della Provincia di Lucca, soprattutto del comparto cartario, hanno spostato in tutto o in parte i loro stabilimenti nella Media Valle. Questi flussi veicolari attraversano quindi, da Nord a Sud tutta l’area suburbana della città di Lucca interferendo con il traffico generato all’interno della stessa andando a compromettere ulteriormente una situazione già di per sé precaria. I Regolamenti urbanistici di Lucca e Capannori hanno indicato in un sistema di nuovi assi e attraversamenti la soluzione a gran parte di questi problemi (Figura 1‐7): Il collegamento, complanare all’asse autostradale Firenze – Pisa Nord, tra la barriera di San donato e la zona industriale di Mugnano, incorporando i progetti di sistemazione dello svincolo di Viale Europa e della bretellina si San Michele in Escheto;
L’asse Nord‐sud che collega il ponte Carlo Alberto, attraversa i territori ai margini del capannorese e l’area di studio, per giungere in località Antraccoli all’autostrada.
Il completamento e la prosecuzione dell’asse viario orientale esistente (tra la Via Romana e la Via della SS. Annunziata), in direzione nord‐ovest attraverso l’area industriale dell’Acquacalda fino a collegarsi con la SP per Camaiore, scavalcando il fiume Serchio e la ferrovia Lucca – Aulla, e in direzione sud fino all’altezza del plesso scolastico dell’ITI Enrico Fermi, ricollegandosi al tratto di viabilità est‐ovest di variante alla via Romana; I tratti est‐ovest a chiusura della maglia di collegamento tra la viabilità di cui ai punti
precedenti, individuati a nord all’altezza dell’abitato di SS. Annunziata e a sud all’altezza di San Filippo, quale variante della Via Romana;
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Cap. 1: Analisi Territoriale
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1.4. Il Paesaggio dell’Acqua
1.4.1.
La Piana di Lucca e il Serchio
Il passaggio da un regime lacustre ad un regime fluviale, provocato dal progressivo ritiro del mare, ha come conseguenza il protrarsi della foce del Serchio, che allunga il suo corso di circa 34 Km arrivando a scaricare le sue acque nell’Arno all’altezza di Calcinaia9.
Inizia così un lungo processo alluvionale che porta la conca lucchese ad essere percorsa e modellata dal Serchio; “si va formando la tela e si prepara quel panorama di stagni, laghetti, lagune, dorsi alluvionali e isolette, che caratterizzano l’evoluzione delle aree in alluvionamento e lo sviluppo dei delta e degli estuari”10.
E’ in epoca preistorica che la situazione orografica si stabilizza risultando, nei suoi tratti principali, simile a quella odierna: una piana chiusa a settentrione dalle alpi Apuane e dalle Pizzorne, di fronte il monte Pisano e due sbocchi, l’uno sulla depressione di Bientina e l’altro su quella di Ripafratta11.
La pianura vede correre libere e disarginate le acque del Serchio e dei torrenti delle Pizzorne che disegnano una ragnatela di rami principali e piccoli corsi, fra i quali con il passare del tempo se ne definiscono alcuni più importanti. Il primo e maggiore, l’Auser, che scorre a Est della piana, confluisce nella depressione bientinese e raggiunge le acque dell’Arno, il secondo, l’Auserculus, scende invece a Ovest della piana per dirigersi verso la stretta di Ripafratta dove una parte confluisce ancora nell’Arno e un’altra raggiungeva il Mar Tirreno. In seguito con il proseguire dell’accumulo dei depositi alluvionali dell’Arno si crea un ostacolo al libero defluire delle acque dell’antico ramo orientale del Serchio, creandosi quindi le condizioni per la formazione di una zona paludosa che occuperà la depressione di Bientina.
Al centro della pianura, su un rialzo formato dai depositi alluvionali del Serchio, quasi un’isola in mezzo ai rami del fiume, insieme vie di comunicazione e mezzo di difesa, si 9 MASINI R., I due laghi pliocenici…, op. cit., p.278. MENCACCI P., ZECCHINI M., Lucca Romana, Lucca, 1982, p.11. NARDI R., NOLLEDI G., ROSSI F., Geologia.., op. cit., p.133. 10 MASINI R., L’idrografia…, op.cit., p.18. 11 MASINI R., L’idrografia…, op.cit., p.18.
Cap. 1: Analisi Territoriale
Pagina | 20 formeranno le condizioni ideali per la nascita di un villaggio di pescatori e cacciatori. Il toponimo Lucca, da una radice celto‐ligure “luk”, luogo paludoso, ha un chiaro riferimento a un villaggio e poi a una città fondata in vicinanza delle acque.
1.4.2.
I Rami del Fiume
In antichità quindi, la conca lucchese era attraversata dai due rami del fiume Auser, oltre a una fitta ragnatela di corsi d’acqua che formavano isole e piccole lagune. Mancando l’arginatura gli alvei del fiume non erano ovviamente rettilinei, ma alquanto ampi e tortuosi, soggetti a notevoli variazioni in caso di alluvioni e straripamenti.
Il passaggio dei rami del fiume nelle campagne di Lucca e Capannori (Figura 1‐10) è ampiamente documentato dalla toponomastica, infatti i nomi di molte località traggono la loro origine proprio da questo passaggio. Ancora una volta emerge questo indissolubile legame tra l’insediamento e l’elemento acqua che così fortemente caratterizza questo territorio.
Il corso del Serchio arrivando da Nord nella piana si divide quindi in due rami all’altezza di
Vicus Asulari, letteralmente il villaggio dell’isola (S. Pietro a Vico) proprio perché si trovava in un’isola al centro dei rami del fiume. Da qui il corso d’acqua volgeva una parte a Oriente verso Lammari (Auser) e l’altra parte verso la città (Auserculus).
L’Auserculus deve il suo nome proprio alle sue limitate dimensioni (è il ramo più piccolo e quindi con minor portata del fiume). Esso costeggia la piana morianese e la collina di Monte San Quirico per poi dividersi nuovamente in due rami. Uno sfiora minacciosamente le mura della città passando in prossimità della chiesa di San Vincenso (attuale S. Frediano) e più a Ovest quella di Santa Maria del Corso o Ursimanni (oggi di S. Anna) e l’altro attraversa i territori di Sant Alessio fino a ricongiungersi al precedente ramo in località Montuolo.
L’Auser ,il ramo principale, ha un andamento più tortuoso e irregolare e l’ampiezza spesso raggiunge le centinaia di metri.
Da Vicus Asulari l’Auser volge verso Oriente bagnando Lammari (da “lama”, luogo paludoso)12, descrive un grande arco a falce di luna e raggiunge Lunata (da “lunatas”, a
12
Cap. 1: Analisi Territoriale
Pagina | 21 forma di mezzaluna). Giunge poi al villaggio di Antraccoli così chiamato per essere posto in mezzo alle acque del fiume (da “inter aquas”), qui infatti L’Auser volge una parte verso Sud e il lago di Bientina e una parte verso sud‐ovest. Il ramo verso meridione scende attraverso Quarto e Tassignano per poi riempire la zona palustre del Lago di Bientina. Mentre il ramo sud‐occidentale corre a poca distanza a sud di Lucca bagnando le località di Toringo, Mugnano, Verciano, Pontetetto (dal ponte costruito sul fiume), Vicopelago (il “vicus” che si trovava ai margini di una grande distesa d’acqua di un “pelagus”), Meati (da “meatus”: corso, corrente) infine si congiunge all’Auserculus presso Montuolo detto Flexo (da “flexus”, curva, perché accanto a questa località il fiume cambiava direzione e piegava verso sud).
Figura 1‐10 Assetto Idrografico e Infrastrutturale della Piana di Lucca in epoca altomedievale Sono in evidenza la Centuriatio romana, le principali arterie di riferimento, i rami dell’Auser e Auserculus e il lago di Bientina.
1.4.3.
La Regimazione
Da sempre se il Fiume rappresenta per questo territorio un valore, in quanto ottimo mezzo di comunicazione e difesa oltre che elemento essenziale per l’agricoltura, per l’allevamento e per l’approvvigionamento delle risorse idriche, ha anche significato un enorme problema a causa delle frequenti piene, straripamenti e allagamenti delle coltivazioni.Cap. 1: Analisi Territoriale
Pagina | 22 In epoca romana iniziarono delle prime opere volte all’arginazione e al controllo delle piene, ma le invasioni dei goti e dei longobardi fecero di nuovo precipitare la situazione.
Un primo decisivo intervento di regimazione delle acque si ebbe nella seconda metà del sesto secolo che la tradizione storica e agiografica attribuisce al Santo Frediano, vescovo della città. Il vescovo, abitando nella chiesa di S. Vincenso in prossimità del fiume, sapeva bene quali pericoli causavano quelle acque. Egli poi viaggiando spesso fra i fedeli della zona apprese il continuo stato di preoccupazione in cui versava la popolazione delle campagne, che spesso vedeva le proprie coltivazioni rovinate, piombando nella fame e nella miseria. Molte sono le ipotesi circa l’opera di Frediano sul fiume, ma gli studiosi sembrano concordare sul fatto che la sua opera riguardò il convogliamento delle acque dell’Auser in un unico ramo, ponendo così rimedio alle inondazioni che troppe volte avevano devastato le campagne. Il vescovo poi fece certamente costruire una solida arginatura impedendo così alle acque di allagare il contado.
Purtroppo le numerose battaglie che videro coinvolta Lucca, insieme ai periodi di carestia, fecero venir meno la salvaguardia e il potenziamento delle opere di arginatura che così di nuovo riportarono la situazione delle campagne a livelli drammatici.
Per molti secoli il problema Serchio rimase al centro dei dibattiti e dello studio degli esperti e si era intuito che la soluzione stava nell’arginatura e nella deviazione di alcuni rami del fiume.
La soluzione definitiva arrivò soltanto alla fine del ‘700 quando il problema della regolazione del fiume fu affrontato scientificamente e risolto da due valentissimi esperti: Gian Attilio Arnolfini e Lorenzo Nottolini. Il primo costruì solidi argini in grossi massi di pietra, rinforzando così il letto del Serchio. L’Architetto Nottolini successivamente, chiamato a far parte della magistratura del fiume nel 1818 continuò e portò a termine l’arginatura iniziata dall’Arnolfini. Egli compì il definitivo “addirizzamento” dal suo ingresso nella piana fino oltre il Ducato sul pisano (Figura 1‐11) che nel frattempo si era occupato di regolare il corso dirigendolo più velocemente verso il mare (eliminando quindi le anse e tortuosità nei pressi di Vecchiano). Nottolini si occupò poi dell’alveo per “restringerlo o allargarlo secondo il volume delle sue acque in uno spazio dalle centoquaranta alle dugento cinquanta braccia,
Cap. 1: Analisi Territoriale
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incassarlo in sponde parallele di sassi grossissimi, alte da almeno otto braccia perpendicolari; chiuderlo finalmente con argini alti e fortissimi in una larghezza di braccia seicento”13.
Gli argini, progettati e realizzati dall’ingegnere‐architetto, che costituiscono l’arginatura attuale, rappresentano veramente la soluzione che i lucchesi avevano perseguito per tanti secoli, anche se non impediscono del tutto che il Serchio faccia sentire ancora oggi la sua minacciosa presenza. Figura 1‐11 Planimetria dell’area interessata dal progetto del Nottolini (in rosso la nuova sistemazione).
1.4.4.
Una Fitta Rete
Oggi la situazione idrografica della piana appare notevolmente mutata rispetto a quella prima del Nottolini: il lago di Sesto (o Bientina) è bonificato per dar spazio alle colture, il Serchio è ben saldo entro i suoi forti argini e una fitta rete di canali, canalette e scoline circonda la città e attraversa la piana a est di Lucca.
Degli antichi corsi dell’Auser restano gli importanti canali dell’Ozzeretto che scorre a Est e diviene elemento di confine comunale tra Lucca e Capannori, il Canale Rogio che
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Cap. 1: Analisi Territoriale
Pagina | 24 provenendo dalla depressione bientinese confluisce assieme all’Ozzeretto a sud‐est della città, infine dalla confluenza di questi il canale Ozzeri, arginato e canalizzato dal Nottolini che confluisce a sua volta nel Serchio a sud di Ripafratta (Figura 1‐12).
L’Ozzeretto in particolare sarà oggetto di analisi per questa tesi in quanto si forma in prossimità dell’area di studio e rappresenta inoltre elemento di memoria storica per quest’ambiente e territorio. Figura 1‐12 Schema grafico della rete dei canali e fossi della piana: in evidenza Ozzeri, Ozzeretto, Rogio e Serchio.
1.4.5.
L’Architettura dell’Acqua nella Piana
Abbiamo analizzato finora lo stretto legame che unisce l’acqua ai territori di Lucca e di come ne abbia influenzato il sistema ambientale e il paesaggio. A questo punto però è necessario affrontare il fecondo rapporto fra acqua e architettura.Cap. 1: Analisi Territoriale
Pagina | 25 La città stessa nasce come isola tra le acque dei fiumi e la sua forma si evolve condizionata dalla presenza dell’Auserculus che minaccia le mura a nord della città. Così come la città anche le campagne e i suoi paesi, abbiamo detto in precedenza, devono molto al passaggio del fiume.
Per un’analisi di questo legame si è deciso di affidarsi allo studio di Jellicoe , noto paesaggista inglese del secolo scorso.
Jellicoe distingue tre fasi che caratterizzano la forma e la struttura del paesaggio e l’uso dell’acqua in architettura e nella qualificazione della scena urbana14.
In una prima fase scorreva senza freno in corsi che si scavavano la strada da soli, originati da sorgenti o torrenti, fino a confluire in un lago per poi arrivare al mare. Nel caso di Lucca dunque la condizione antica fino agli interventi medievali, dove la fitta rete di corsi d’acqua dominava le campagne e il Serchio e sfociava nel lago di Sesto e nell’Arno. In una seconda fase l’acqua viene deviata, catturata e regimata in canali, raccolta in bacini e vasche, adoperata per usi civili e industriali. Per Lucca tale fase la si può far partire dal 180 dC, continuare nel VI secolo con gli interventi del vescovo Frediano per arrivare al ‘300 con la realizzazione del Condotto Pubblico (Figura 1‐13)
Tali interventi hanno poi influenzato notevolmente il tipo di edilizia, come nel caso del Condotto che ha dato origine alla creazione di edifici manifatturieri seriali lungo il suo corso (Figura 1‐14). Figura 1‐13 La seconda fase secondo Jellicoe, ovvero la regimazione delle acque. 14 G.A. JELLICOE, L’Architettura del Paesaggio, Comunità ed, Milano, 1969, p.36
Cap. 1: Analisi Territoriale Pagina | 26 Figura 1‐14 La fabbrica Cantoni sul Condotto Pubblico (XIX secolo). La terza fase che Jellicoe individua, è quella nella quale l’acqua può essere considerata anche come elemento di espressione formale. Egli afferma: “Nella terza fase, non solo le forma nate nel movimento naturale ma anche quelle della cattività hanno ispirato l’uomo a trasformare l’acqua in opera d’arte”15. L’espressione formale per l’acqua era principalmente attribuita alle fontane pubbliche e alle vasche delle ville nobiliari.
Contrariamente ad altre città a Lucca, fin dal Medioevo, non si ebbero fontane pubbliche, la ragione è da trovarsi nella cospicua disponibilità di acqua di falda a pochissimi metri di profondità. Si attingeva quindi soprattutto a pozzi privati o pubblici. La presenza di pozzi era inoltre diffusissima nelle campagne e ancora oggi riscontrabile nelle “corti” dove il pozzo è uno dei suoi elementi principali. Bisogna arrivare alla metà dell’ottocento per vedere zampillare numerose fontane nelle piazze della città per uso potabile. All’interno dei giardini sia dei palazzi nobiliari che delle ville di campagna vasche, ninfei, grotte, peschiere e bagni
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Cap. 1: Analisi Territoriale
Pagina | 27 già dal rinascimento contribuirono a creare scenari emblematici, evocativi e decisamente poetici (Figura 1‐15).
Figura 1‐15
Vista del giardino e del laghetto della Villa Reale di Marlia (XVII secolo).
Cap. 1: Analisi Territoriale
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1.5. Il Paesaggio Agro‐ambientale
Il paesaggio agrario secondo Emilio Sereni è “quella forma che l’uomo, nel corso ad ai fini delle sue attività produttive agricole, coscientemente e sistematicamente imprime al paesaggio naturale”16.
L’agricoltura in questi territori è da sempre un’attività fondamentale e non deve essere intesa come il solo lavoro nei campi, ma come una vera prima forma di pianificazione territoriale operata dall’uomo. Ogni singola zona scelta per le attività agricole è il risultato di un’attenta analisi delle risorse, del clima e della geografia, l’evoluzione economica e sociale ha poi fatto il resto restituendo oggi un paesaggio unico.
La campagna di Lucca oggi è un organismo complesso costituito da più sub‐sistemi territoriali17. Nella piana abbiamo i seminativi, con preponderanza di mais nelle zone umide (pertinenze dell’Ozzeri e Ozzeretto). Nella zona di S. Alessio abbondano i fagioli mentre nella piana del Morianese è tradizionalmente presente l’orto‐floricoltura e la frutticoltura. Infine salendo nelle zone collinari prevalgono vigneti e oliveti spesso posti su terrazzamenti.
Circa le forme e la topografia del paesaggio agrario questo è stato il risultato di una lenta evoluzione sia economica che culturale, il territorio si trova così ad essere un insieme elementi dove ogni segno è il frutto della storia. Per questo motivo è necessario conoscerla proprio per essere consapevoli delle azioni che andremo a compiere e che modificheranno il territorio.
Il paesaggio agrario a differenza del sistema insediativo ha avuto uno sviluppo molto lento rispetto ai cambiamenti economici e sociali, le mutazioni inoltre sono avvenute principalmente per motivi funzionali e sociali escludendo in parte motivazioni legate alla
venustas che invece spesso poteva influenzare le altre attività umane. L’epoca romana, abbiamo detto nei capitoli precedenti, ha condizionato fortemente la storia insediativa e urbanistica di Lucca e della sua piana. Circa il paesaggio agrario non possiamo 16 SERENI E., Storia del paesaggio agrario, Laterza, Bari, 2004, pag.29. 17 COMUNE DI LUCCA − Piano Strutturale: Relazione Generale di Sintesi, p.11‐13.
Cap. 1: Analisi Territoriale
Pagina | 29 che confermare questa influenza e anzi è necessario sottolineare come questa fase sia proprio quella che abbia dato un’ impronta e una struttura paesaggistica talmente forte da arrivare fino a oggi. Il motivo di tale conservazione è da ricercare in una tendenza propria delle forme del paesaggio agrario. Esse sono portate a “perdurare e restare in quelle forme, anche quando siano scomparsi i rapporti tecnici, produttivi e sociali che ne hanno condizionato l’origine”18. Ecco perché ancora adesso le forme date dalla centuriazione romana restano visibili e immutate, se non forse in alcuni punti dove sono avvenuti grossi cambiamenti ambientali, come la deviazione di un fiume, o infrastrutturali, come il passaggio della linea ferroviaria o autostradale.
E’ sotto il dominio romano poi che si diffonde la tecnica del maggese (la messa a riposo periodica dei campi al fine di ricaricarli di sostanze fertili) e il sistema agrario a campi chiusi nei quali i confini di proprietà restano stabilmente segnati da recinzioni o siepi. In contrapposizione a questo, nasceva il sistema a campi aperti dove, l’assenza di delimitazioni, li destinava al pascolo e all’allevamento.
Nella bassa età imperiale però la necessità di utilizzare un maggior numero di terre per il pascolo, si fa più forte. Si decide così di utilizzare anche i campi destinati alla semina per questo scopo (dopo il raccolto avrebbero ospitato i pascoli). Il risultato di questa mutazione è la diminuzione fino quasi alla scomparsa dei campi chiusi a favore dei campi aperti.
Inizia così una sorta di disgregazione del paesaggio agrario che viene portata agli estremi durante le invasioni barbariche, portando a compimento un processo di decadenza e devastazione già iniziato nell’ultima fase dell’impero. Nasce il paesaggio dei ruderi e delle città morte da una parte e il paesaggio pastorale‐agricolo degradato e privo di forma dall’altra. Il reticolo delle vie vicinali, dei confini e delle alberature si frantuma.
La popolazione delle campagne più esposta ai pericoli rispetto agli abitanti della città, in risposta al panorama che si è venuto a creare, si organizza nelle Curtis19. Tali Curtis sono sotto i protettorati dei Castra, casali fortificati tipici delle zone pianeggianti, i quali si occupavano dell’avvistamento e difesa dagli attacchi esterni. In questo periodo il paesaggio dei fitti boschi e delle foreste si espande e gli acquitrini e le paludi dominano le piane più basse (il Serchio invade nuovamente le campagne), allargando 18 SERENI E., Storia del paesaggio agrario, op. cit., pag.31. 19 Per approfondimenti vedi paragrafo 2.1: Il contado delle sei miglia.
Cap. 1: Analisi Territoriale
Pagina | 30 le infezioni malariche. Nasce il paesaggio forestale, la selva oscura e impervia ricca di pericoli e minacce, questi sono i luoghi dove trionfa l’attività della caccia.
In città resta invece una certa organizzazione delle colture in orti e campi divisi da recinzioni o alberature. I rapporti tra città e campagna si allentano così come i rapporti economici grazie al fatto che i castra o i borghi divengono sempre più indipendenti economicamente, politicamente e militarmente.
Bisogna attendere l’ XI secolo e l’età dei comuni, per veder riprendere l’attività di coltura nelle campagne, la bonifica degli acquitrini e le prime canalizzazioni. In questo clima di rinascita si diffondono le colture dell’olivo, della vite e del castagno nella Piana.
Nascono poi nuovi elementi paesaggistici nella società comunale: la cittadella (un borgo fortemente fortificato), le ville, i castelli, le abbazie. Tuttavia, si osserva che le rocche e i monasteri appaiono ora meno isolati tra loro e indipendenti e la città si impone nuovamente dominando sulle campagne.
Le forme agrarie si riorganizzano in prossimità della città o dei borghi, ma sfumano nuovamente man mano che ci si allontana da queste (Figura 1‐16). A distanza dai centri abitati il paesaggio della selva e dei boschi dedicato alla caccia, regna incontrastato. Figura 1‐16 Il paesaggio agrario suburbano nell’Età Comunale in un particolare del “Buon Governo” del Lorenzetti.
Si giunge al Rinascimento, dove i cambiamenti sociali e culturali imposti non tardano a travolgere anche il mondo agricolo. Gli effetti sono soprattutto nelle tecniche di coltura, con
Cap. 1: Analisi Territoriale
Pagina | 31 la ripresa del maggese rispetto ai campi ad erba e lo sviluppo delle piantagioni arboree e arbustive. Si diffonde poi dalle Americhe la coltura del frumento che prevarrà sui cereali inferiori.
I campi chiusi si affermano fortemente e anzi la chiusura si fa più geometrica e i lati paralleli sono delimitati da scoline per la raccolta delle acque in eccesso. Il paesaggio dei pascoli nelle terre incolte diminuisce a vantaggio di nuove tipologie, come i campi a prato o ad erba medica rigorosamente chiusi.
Il paesaggio nel Rinascimento si fa un intrico di campi chiusi a prato o pascolo, divisi per mezzo di siepi, di file d’alberi, di stecconati, di fossi, secondo linee che seguono il rilievo collinare. Grazie agli studi di Leonardo da Vinci le tecniche idrauliche si diffondono, in particolare per l’irrigazione e per le opere di bonifica.
Il bel paesaggio toscano oltre alla funzione produttiva assume anche funzione estetico ‐ artistica del pensiero umanista (Figura 1‐17). Figura 1‐17 Il campi a chiusura viva nel paesaggio rinascimentale in un particolare della “Fuga in Egitto” di Gentile da Fabriano. Con le grandi scoperte geografiche si è introdotto in queste zone nuove colture, che hanno rivoluzionato l’agricoltura in Italia come mais, patata, pomodoro, tabacco e fagiolo. Alcune di queste come il mais, abbiamo detto, soppiantano completamente gli altri cereali e la polenta
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Cap. 1: Analisi Territoriale Pagina | 33 Figura 1‐19 L’estensione del paesaggio dei campi chiusi in una carta di Prato del ‘700.
Uno degli elementi che più ha inciso sulla trasformazione del paesaggio agrario è stato l’introduzione della ferrovia che specialmente con l’Unità d’Italia, ha visto il suo prolificarsi in tutta la penisola. La diffusione della rete ferrata quindi, insieme all’abbattimento delle barriere doganali, ha favorito la formazione di un mercato nazionale dei prodotti agricoli e la conseguente specializzazione regionale delle colture.
Dopo la prima guerra mondiale le lotte dei lavoratori e la loro emancipazione sociale, ha permesso un nuovo miglioramento delle condizioni lavorative e quindi anche un cambiamento nel paesaggio. Si riducono drasticamente i campi incolti e il sistema a maggese sparisce quasi completamente insieme al tradizionale sistema dei campi ad erba.
Le innovazioni tecniche e tecnologiche poi, portano un maggior sfruttamento delle terre con un minor lavoro per l’uomo.
Infine in questi ultimi decenni, si è riscoperto il ruolo che il paesaggio agrario ha rivestito come testimone della storia culturale, sociale ed estetica di un territorio. Riscoperta che ha permesso di sviluppare una maggior cultura di tutela e rispetto sia da parte della popolazione che dei legislatori.