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PARTE SECONDA. DIONYSII AREOPAGITAE DE DIVINIS NOMINIBUS INTERPRETE MARSILIO FICINO LIBER.

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PARTE SECONDA.

DIONYSII AREOPAGITAE DE DIVINIS NOMINIBUS

INTERPRETE MARSILIO FICINO LIBER.

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I TESTIMONI LATINI.

DESCRIZIONE E POSIZIONE

.

I. DESCRIZIONE DEI TESTIMONI.

1. I testimoni portatori di tradizione.

I

Dionysius Areopagita, De mystica theologia, De divinis nominibus, interprete Marsilio Ficino; inc. «Marsilius Ficinus Florentinus reverendo in Christo patri domino Ioanni Medici Cardinali suppliciter se commendat»; expl. «Impressum Florentiae per Laurentium Francisci Venetum». Firenze, Lorenzo d’Alopa, dopo 2 dicembre 1496; cm. 20, 5 × 14; 4°, gotica, ff. 148; le copie esaminate presentano l’assenza della lettera capitale, che evidentemente avebbe dovuto essere eseguita in un secondo momento (unica stampata a f. 75 v); le lettere guida sono per lo più assenti (eseguite a ff. 1 r, 16 v, 113 r – 148 v), il che spiega la presenza nelle successive edizioni a stampa, tutte dipendenti dall’incunabolo, di frequenti errori nella lettera iniziale, supplita congetturalmente, talvolta in maniera erronea.

Ho potuto verificare personalmente la corrispondenza (esatta) delle copie conservate sotto la segnatura: Firenze, BNCF Incun. Magl. K. 5. 16; Lucca, Biblioteca Capitolare Feliniana, cod. 34; Biblioteca Apostolica Vaticana, Incun. Ross. 1875; St. Barb. BBB. I. 39.

Bibliografia: IGI n. 3479; GW nr. 8410; P. O. Kristeller, Supplementum Ficinianum I, Firenze 1937, p. LXVIII; Aa. Vv., Marsilio Ficino e il ritorno di Platone. Mostra di

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manoscritti, stampe e documenti, 17 maggio – 16 giugno 1984. Catalogo a cura di S. Gentile, S. Niccoli e P. Viti, premessa di E. Garin, Firenze 1984, nr. 121, p. 157 [S. Gentile]; P. O. Kristeller, Marsilio Ficino and his Work after Five Hundred Years, Firenze 1987 p. 119; S. Gentile (cur.), Umanesimo e Padri della Chiesa. Manoscritti e incunaboli di testi patristici da

Francesco Petrarca al primo Cinquecento, s. l. 1997 nr. 110 [A. Daneloni] p. 384; W. J. Sheehan, Bibliothecae Apostolicae Vaticanae Incunabula, t. II, Città del Vaticano, 1997, D – 111.

P

Paris. Lat. 2613, fine XV sec., ff. II + 171 [271 per errore della numerazione moderna] + II’; prima e ultima carta di guardia incollate rispettivamente sul primo e sull’ultimo piatto della coperta; cartaceo; cm. 29 × 21; 17 quinioni regolari con numerazione araba a fine di ogni fascicolo e richiamo regolare; numerazione manuale moderna sul margine superiore destro; specchio di scrittura rigato a inchiostro diluito, una sola colonna di 25 ll., cm. 18, 7 × 12, 3; letterina iniziale azzurra e decorazione a penna a f. 1 r; titoli in rosso e altre iniziali in azzurro; bianchi i ff. 167 r – 169 v; scrittura bastarda all’antica vergata da una sola mano fiorentina.

Il ms. contiene: ff. 1 r – 17 v: Dionysius Areopagita, De mystica theologia interprete Marsilio Ficino; ff. 18 r – 166 v: ps. Dionigi, De divinis nominibus, sempre nella traduzione ficiniana; a f. 270 r: ricetta in francese; ff. 270 v e 271 r: schemi tratti dalle opere dionisiane.

Il codice come ha ben mostrato S. Gentile fu spedito, ancor prima della stampa dell’incunabolo, da Firenze a Germain de Ganay, interessato alla lettura delle opere dionisiane nella nuova ‘edizione’ tradotta e commentata da Marsilio.

Bibliografia: P. O. Kristeller, Supplementum Ficinianum, Firenze 1937 p. XXXVII (P 2) ; Bibliothèque Nationale, Catalogue général des manuscrits latins, t. II (1439-2692), publié sous la direction de Ph. Lauer, Paris 1940 p. 547; P. O. Kristeller, Iter Italicum III, London-Leiden 1983 p. 216; S. Gentile, Giano Lascaris, Germain de Ganay et la ‘Prisca Theologia’ in

Francia, «Rinascimento» 26 (1986), pp. 51-76; P. O. Kristeller, Marsilio Ficino and his

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2. I testimoni secondari.

Arg. Praeclarum opusculum Dionysii Areopagite de mystica theologia et de divinis nominibus Marsilio Ficino interprete impressioneque nova luculentum; a p. LXVII r si legge l’explicit da cui si ricava la datazione: «Impressum Argentine anno Domini MVcII [1502]. Finitum in die sanctorum martyrum Viti et Modesti»; ristampa anastatica, Frankfurt 1970. Quest’edizione riproduce l’incunabolo di Lorenzo d’Alopa, ma in più punti ne corregge gli errori, ed è difficile dire se per l’intervento di un editore sagacissimo o se grazie al ricorso ad una fonte affine al Paris. Lat. 2613. Quest’edizione riproduce l’Areopagita ficininano subito di seguito alla versione di Traversari pubblicata da Lefèvre d’Étalpes (Argentinae, in die Vitalis martyris MVcII, ff. I – CXVII) e seguito dalla versione dell’Eriugena e i commenti di vari autori (Argentine, VIII Kal. februa. Anno salutis nostre millesimo quingentesimo terno, ff. I – CCCXXIX) 1.

Ba1 Marsilii Ficini Florentini insignis philosophi platonici, medici atque theologi clarissimi Opera et quae hactenus extitere et quae in lucem nunc primum prodiere omnia, Basileae, ex officina Henricpetrina, 1561.

Questa edizione, per quanto concerne la traduzione e il commento a Dionigi Areopagita, dipende interamente e con ogni probabilità senza intermediari dall’incunabolo di Lorenzo d’Alopa (I), di cui riproduce tutti gli errori, aggiungendone anche numerosi propri.

Ba2 Marsilii Ficini […] Opera quae hactenus extitere et quae in lucem nunc primum prodiere omnia, Basileae, ex officina Henricpetrina 1576 (ristampa anastatica con una lettera di P. O. Kristeller e una premessa di M. Sancipriano, Torino 1962). Quest’edizione riproduce fedelmente la precedente, ma, essendo stata prodotta a distanza di così molti anni i caratteri furono riposizionati, sì che Ba2 riprende i già

numerosi refusi della precedente e ne aggiunge di propri, estremamente numerosi; il

1 Cf. P. O. Kristeller, Supplementum…, I pp. LXVIII – LXIX; S. Toussaint, L’influence de Ficin à Paris et le Pseudo-Denys des humanistes: Traversari, Cusain, Lefèvre d’Étalpes. Suivi d’un passage inédit de Marsile Ficin, «Bruniana et Campanelliana» 5/ 2 (1999), p. 385 n. 10.

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testo tanto della traduzione che del commento sono così sfigurati dagli errori da risultare pressoché incomprensibili.

II. POSIZIONE DEI TESTIMONI PORTATORI DI TRADIZIONE.

1. I rapporti reciproci di I e P.

In una lettera a Bernardo Dovizi, databile all’autunno 1490, Ficino si rivolge all’amanuense di Lorenzo de’ Medici spiegando il motivo del proprio ritiro:

Recepi me nuper in secessum Montis Vecchii ne frequentes amicorum salutationes praesens hoc meum cui totus nunc incumbo Dionysiacum opus interpellarent. At vero – quod longe molestius est – non interpellant quidem me amici mei, quos iam desidero, sed interturbant quotidie exactores improbi et vexant, ut verius dixerim, extortores, post decimas illas mox studii pisani nomine, Florentinum hominem certe studiosissimum a divino circa Dionysium studio separantes 2.

Subito di seguito al prodigioso impegno profuso nella versione e nell’interpretazione delle opere plotiniane 3, Marsilio concentrò le proprie energie sugli scritti di un altro autore platonico, questa volta cristiano, e cioè Dionigi Areopagita. L’affinità delle opere e la densità del contenuto filosofico devono aver suggerito a Ficino la necessità di allestire una traduzione commentata analoga a quelle già preparate per Platone e

2 Cf. Op. p. 913, 1. La cronologia degli studi ficiniani su Dionigi Areopagita è ben conosciuta: cf. P. O.

Kristeller, Supplementum Ficinianum I, pp. CXV – CXVI; R. Marcel, Marsile Ficin (1433 – 1499), Paris 1958, pp. 517 – 521; Aa. Vv., Marsilio Ficino e il ritorno di Platone, Firenze 1984, p. 157; S. Gentile,

Giano Lascaris…, pp. 73 ss.; S. Gentile (cur.), Umanesimo e Padri…, p. 384.

3 Cf. A. M. Wolters, The First Draft of Ficino’s Translation of Plotinus, in Aa. Vv., Marsilio Ficino e il ritorno di Platone, Studi e documenti, I, p. 306: «This is an unrivalled feat in the history of Plotinus scholarship»

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Plotino. Nella primavera del 1491, grazie anche all’estrema brevità dell’opera, Marsilio aveva ultimato la versione e il commento al De mystica theologia 4:

Quod autem rogas, quid in praesentia moliar, Dionysii Areopagitae scripta relego, haec aggressus aestate superiore. Cum primum commentariis <in> Plotinum finem imposuissem, Dionysius mihi solus supererat declarandus, Platonicorum proculdubio summus. Hunc igitur eodem ordine quo Platonem atque Plotinum et transferre et summatim interpretari conamur, Platonica videlicet ratione. Librum eius De mystica

theologia iam absolvimus. Nomina nunc divina prosequamur.

La stesura della traduzione e del commento a De di divinis nominibus, resa probabilmente più faticosa dal fatto che in quei mesi Ficino stava lavorando anche alla revisione delle stampe di Plotino 5, dovette assorbire molte delle energie dell’ormai non più giovane Marsilio. In una lettera a Martino Uranio del 20 luglio 1491, egli lamenta una certa stanchezza, accresciuta dal caldo estivo e dall’assiduo lavoro:

Valeo equidem bene, quantum habitudo, aestas, assidua litterarum studia ferunt. Prosequor, ut iam pridem scripsi, divina Dionysii nomina. Recognosco Plotinum intera dum exprimitur a librariis; quatuor posthac aut ad summum quinque mensibus, ut arbitror, erit expressus 6.

Ancora nel settembre 1491, sempre a Martino Uranio, Ficino lamentò un certo ritardo nella stesura dei commentari dionisiani:

Mitto ad te reliquum commentarii nostri in Philebum, quinterniones quatuor. Plotini librorum impressio proximo huic Martio erit, ut arbitror, absoluta, magnifico Medicis Laurentii sumptu formaque regia. Constituit mox quoque Platonis nostri libros eadem

4 Lettera a Pierleone Platonico, Op. p. 920, 3. L’integrazione <in> è suggerita da Kristeller, Supplementum…, I, p. CXV. Si noti come le affermazioni della lettera preannuncino l’esposizione programmatica del prologo della traduzione: Dionigi è Platonicorum proculdubio summus; il commento cerceherà di procedere brevemente (summatim) ponendo in risalto, in particolar modo, il contenuto platonico delle opere dionisiane.

5 Cf. Marcel, Marsile…, p. 521. 6 Op. p. 928, 2.

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exprimi dignitate. Ego vero curabo pro viribus ut emendatior sit expressione secunda quam prima… Dionysii libri iamdiu nobis incepti propter occupatione, eiusmodi aliquanto tardius absolventur 7.

Il lavoro di traduzione e di commento di Dionigi, in effetti, occupò Marsilio per ancora quasi un anno, se è vero che solo nel proemio del De sole, composto nell’autunno 1492, Ficino potrà affermare, rivolto a Piero de’ Medici, di tenere fra le mani la versione di Dionigi 8.

Nel frattempo, Germain de Ganay, il consigliere regio e decano di Beauvais protagonista della cultura parigina dell’ultimo scorcio del Quattrocento, di cui S. Gentile ha posto giustamente in luce gli interessi teologici ma anche occultistici e magici 9, si interessava al nuovo lavoro di Ficino su Dionigi Areopagita. L’interesse per questo autore sarà stato stimolato in de Ganay dalle sue simpatie per il Platonismo e per la «prisca theologia», che gli fruttarono, fra l’altro, la dedica del De resurrectione dello ps. Atenagora da parte di Ficino e del De magia naturali ad opera di Lefèvre d’Étalpes; ma a queste ragioni di affinità contenutistica si dovrà aggiungere anche la venerazione del canonico di Nôtre Dame per l’Areopagita, ancora considerato come il discepolo prediletto di Paolo e come il vescovo di Atene che aveva presieduto anche alla Chiesa parigina onorandola con l’effusione del proprio sangue.

Rispondendo ad una richiesta di Germain de Ganay, Ficino gli aveva scritto: «mittam ad te primo quidem Dionysii Platonicorumque multorum libros quos iam diu petisti»10. L’invio del volume dovette subire ritardo per un qualche motivo, tanto che, in una seconda lettera scritta al de Ganay, Ficino ribadì la propria volontà di mettergli a disposizione i propri lavori sugli autori platonici:

Ego vero plurimi facio probari amarique abs te, laude prae ceteris et amore dignissimo; quam igitur tibi gratum sit nostra visere tam nobis optabile tibi prorsus

7 Lettera a Martino Uranio del 23 novembre 1491. Op. p. 929, 3. Nel testo, seguo le correzioni di

Kristeller (Supplementum I, p. CXV): secunda in luogo di secundo e nobis in luogo di vobis.

8 De Sole, Op. p. 965: «Praesertim quia Dionysius noster Areopagita, Platonicorum primus, cuius

interpretationem in manibus habeo, similem Solis ad Deum comparationem libenter amplectitur».

9 S. Gentile, Giano Lascaris…, pp. 64 ss.

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gratificari. Videbis, ut spero, mox nonnullos hinc ad te Platonicos venientes; vidisses et Areopagitam simul, Platonicorum culmen, si nunc eo habitu qui et ipsum et te decebet accedere potuisset: exscriptoris et librarii neglegentia impedivit accessum. Paucos, ut spero, post dies veniet cum epistolis. Exscriptum iam tibi est commentarium in

Parmenidem, quotidie rescribitur in Timaeum 11.

Si può presumere che di lì a poco, probabilmente prima della fine del 1494, il manoscritto sia alla fine giunto a Parigi; sappiamo altresì, grazie alle ricerche di S. Gentile, che il manoscritto inviato in Francia da Firenze è da identificarsi col Paris. Lat. 2613 (P).

Dato l’allontanamento di P da Firenze prima della stampa dell’incunabolo (I), si può preventivamente escludere la derivazione di I da P per l’ovvio motivo della loro distanza geografica. Inoltre, ad assicurarci del fatto che I non dipende da P neppure per il tramite di un’ipotetica copia di P rimasta presso Ficino, sta il fatto che in P troviamo errori dai quali I è esente (si riportano solo i casi più significativi):

1, 6, 4 apprehendere om. P; 1, 12, 9 Iuppiter: supra P; 1, 23, 2 cogitatione (gr. dianoiva"): cognitione P; 2, 9, 2 varietatem (gr. to; me;n poivkilion): veritatem P; 2, 26, 3 iam vivente: uniente P; 4, 3, 7 lumen: om. P; 4, 4, 5 donorum (gr. dwvrwn): bonorum P; 4, 16, 6 ab initio distinxisse om. P; 4, 39, 5 more (gr. oijkeivw" eJautoi§"): amore P; 4, 58, 3 iniustitia contra iustitiam: iustitia contra iniustitiam P; 4, 61, 3 malum est om. P; 4, 65, 5 ad id quod videtur om. P; 4, 90, 3 in Charmide: in cardine P; 4, 121, 2 propriorum (gr. tw§n oijkeivwn ajgaqw§n): principiorum P; 5, 25, 2 suscipientiumque: suspicientiumque P; 6, 4, 2 vergentem (gr. ajrjrJeph§): urgentem P; 7, 14, 2 et in ipso (gr. ejn aujtw/§): om. P; 8, 22, 3 portio muneris: portio numeris P; 9, 8, 6 dignis (qeoprepevsi): signis P; 10, 1, 3 perque suum bis scripsit P; 11, 14, 3 ac per se et in se ipso patri quoque conciliat om. P; 12, 2, 2 nomina:omnia P; 13, 13, 4 defecimus (gr. ajpopeplanhvmeqa): deficimus P.

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A conferma dell’ipotesi di S. Gentile, secondo cui P sarebbe stato inviato a Parigi prima della stampa dell’incunabolo, possiamo addurre le prove che dimostrano l’indipendenza di P da I: in effetti, dopo la realizzazione dell’edizione a stampa, sarebbe stato molto più comodo spedire in Francia una copia dell’incunabolo anziché un codice manoscritto, e, d’altro canto, se P fosse solo una trascrizione di I ne riporterebbe i guasti testuali; ma I presenta errori da cui P è esente (elenchiamo solo gli esempi più illuminanti):

1, 5, 3 nominisque vacatio (gr. ajnwnumiva): nominisque vocatio I; 1, 10, 3 ex sedulo: ex seculo I; 1, 16, 16 unitatem: vivitatem I; 1, 20, 8 circa visum: circa iustum I; 1, 25, 2 increpasse (gr. ejpiplh§xai): more passe I; 2, 1, 5 perfectior est: perfectionem I; 2, 8, 3 coniuncta: cuncta I; 2, 18, 2 naturam dico: naturam duo I; 3, 6, 5 rudium: radium I; 3, 10, 3 debilitatis (gr. ajsqeneiva"): delibatis I; 4, 15, 6 integrum: vite gravi I; 4, 27, 13 per proportionem: per portionem I; 4, 27, 10 multiplicitate: multiplicate I; 4, 48, 6 magorum: magnorum I; 4, 61, 3 effectivum (gr. poihtikovn): effectuum I; 4, 75, 2 incoinquinatum (gr. ajlwvbhton): in quo inquinatum I; 4, 101, 2 implet malignitate (gr. kakiva" ajnapivmplhsi): implet magnitudine I; 4, 101, 2 undenam (gr. povqen): unde naturam I; 5, 7, 2 calere: calore I; 5, 30, 4 complectitur (gr. perievcei): compellitur I; 6, 3, 3 cognatione: cognitione I; 7, 4, 2 cum sensibus alitur (gr. suntrovfw/ tw§n aijsqhvsewn): aliter I; 7, 7, 3 sed etiam: videlicet I; 7, 7, 3 miseris: miscens I; 8, 8, 4 permanentque: permanentemque I; 9, 3, 3 ad puncta linee: punctaline I; 10, 3, 3 Deum: deinde I; 10, 4, 3 insenescibilem: insensibilem I; 10, 6, 2 ingenita (ajgevnhta): incognita I; 11, 7, 5 consequuntur: conservantur I; 11, 15, 8 sententiam: sentiam I; 11, 17, 2 invenisse: mutius se I; 11, 18, 4 essentia naturaque: essentiarum nanque I; 12, 5, 1 rex: rerum I; 13, 3, 5 Deo: discendo I; 13, 6, 3 qua: aqua I.

L’incunabolo I e il cod. P si presentano quindi come due portatori di tradizione indipendenti l’uno dall’altro; ma come spiegare il loro rapporto?

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Si pone quindi il problema di determinare se i due testimoni risalgano ad una fonte comune già inficiata da errori di trascrizione: è, questo, un compito particolarmente rischioso, data la difficoltà del dettato ficiniano e la complessità del contenuto. In alcuni casi, tuttavia, il confronto col testo greco offerto dal codice Vy utilizzato da Ficino aiuta ad individuare nella traduzione alcune imprecisioni che difficilmente potranno essere state commesse dallo stesso Marsilio:

1. In Dion. Areop. DN 1, 23, 3 (DN 1, 5 p. 117, 15): tw/§ ei\nai tauvthn hJ tw§n o{lwn paragwgh; kai; uJpovstasi": il testo di IP è il seguente: «eo ipso quod est ipsa universa producta sunt atque subsistunt». Il v. est di IP tuttavia, oltre a non corrispondere al senso del testo greco, rende il periodo latino asintattico, e va con ogni probabilità corretto in ex.

2. In Dion. Areop. DN 2, 25, 3 (DN 2, 8 pp. 132, 19 – 133, 1): kai; to; pu§r qermai§non kai; kai§on ouj levgetai kaivesqai kai; qermaivnesqai. Il testo di IP è: «Atque et in his cum calefaciat utraque, neque uri tamen neque calefieri dici solet»: ma in his è evidentemente inaccettabile, e il parallelo col testo greco suggerisce la palmare correzione ignis.

3. In Dion. Areop. DN 3, 6, 2 (DN 3, 2 p. 139, 16 ss.): tou§ kleinou§ kaqhgemovno" hJmw§n JIeroqevou ta;" Qeologika;" stoiceiwvsei" uJperfuw§" sunagagovnto" hJmei§" wJ"

oujc iJkanw§n ejkeivnwn a[lla" te kai; th;n parou§san qeologivan sunegrayavmeqa. La traduzione di Ficino, in questo punto, è piuttosto libera; eccone il testo che si legge in IP «cum enim inclitus praeceptor noster Hierotheus Theologica elementa mirabiliter profecto collegerit, mirabiliter forte aliquis cur nos, quasi minus illa sufficiant, et alibi et hic theologica conscripserimus». Ma il secondo mirabiliter, nonostante l’assenza nel gr. di un verbo che indichi meraviglia, è indifendibile e va evidentemente corretto in mirabitur per rendere sintattico il periodo.

4. In Dion. Areop. DN 4, 43, 3 (DN 159, 6 – 8): wJ" ajlhqh;" ejrasth;" kai; ejxesthkwv", wJ" aujtov" fhsi, tw/§ qew/§ kai; ouj th;n eJautou§ zw§n, ajlla; th;n tou§ ejrastou§

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zwh;n wJ" sfovdra ajgaphthvn. Il testo di IP è: «tanquam velut amator atque in Deo, ut inquit, extra se positus vivensque iam vitam non suam sed amatoriam, tanquam prorsus amabilem»: velut amator, oltre a non corrispondere al testo greco, è perfettamente asintattico, e va corretto in verus amator.

5. In Dion. Areop. DN 4, 59, 5 (DN 4, 19 p. 164, 15): ou[te ga;r to; h|tton qermo;n h] yucro;n tw/§ pleivoni ejnantivon. Il testo di IP è: «nec minus calidum aut frigidum minus calido frigidove repugnat»: il secondo minus non corrisponde al testo greco e non dà alcun senso, sì che andrà corretto in maiori o in maius per farlo corrispondere al greco e per ricostituire il senso del paragone filosofico.

6. In Dion. Areop. DN 4, 63, 4 (DN 4, 20 p. 166, 2): h\n a]n ta; qeiovtata kai; presbuvtata th;n tw§n ejscavtwn e[conta tavxin. Il testo fornito da IP è inficiato da una evidente diplografia: «divinissimaque divinissima queque et antiquissima infimorum ordinem obtinerent»: divinissimaque andrà perciò espunto.

7. In Dion. Areop. DN 7, 22, 4 (DN 7, 4 p. 199, 21 – 200, 2): pasw§n aujth;n ei\nai kai; aJploustevran kai; qeiotevran, ma§llon de; to; aujth;n ei\nai th;n movnhn ajlhqh§ kai; mivan kai; aJplh§n qeognwsivan. Il testo di IP è: «hanc videlicet esse omnium scientiarum simplicissimam atque divinissimam, immo hanc esse solam veram unicamque hanc simplicem divinorum cognitionem». Il terzo hanc, tuttavia, non traduce il testo greco (kai; mivan kai; aJplh§n) ed andrà con ogni probabilità corretto in ac, facilmente corrottosi per la presenza, poco sopra, dell’anafora di hanc.

8. In Dion. Areop. DN 10, 8, 2 (DN 10, 3 p. 216, 18 ss.): aijwvnia me;n kai; e[gcrona kata; tou;" sunegnwsmevnou" aujtoi§" prosupakouvein trovpou". Il testo di IP, che a prima vista potrebbe sembrare soddisfacente, è a mio avviso inficiato da un errore di trascrizione: «eterna et temporalia iuxta cognatos suosque modos debemus accipere»: cognatos non corrisponde affatto a sunegnwsmevnou" e andrà probabilmente corretto in cognitos.

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9. In Dion. Areop. DN 11, 14, 3 (DN 11, 5 p. 221, 5 – 6): tiv a[n ti" ei[poi peri; th§" kata; Cristo;n eijrhnocuvtou filanqrwpiva" kaqV h}n ouj mh; mavqwmen e[ti polemei§n. Il testo di IP è: «quid autem de Christi clementia pacem profundente dicemus, per quam dicimus non ultra pugnare»: dicimus, oltre a non tradurre il gr. mavqwmen, non dà senso, e andrà corretto in discimus.

A questi casi, che mi sembrano palmari, si può aggiungere un altro punto in cui la correzione, anche se non inevitabile, pare raccomandabile, e in cui il testo ha comunque subito un qualche guasto:

10. In Dion. Areop. DN 1, 16, 9: «qui [scil. intellectus] lumen intelligibile ita temperatum tam facile cernit quam oculi lumen quodlibet in corporibus videt quodammodo solidis [Solis P] alioquin minime discernendum»: il verbo singolare videt non concorda con oculi che pare da intendere come nom. pl., e sorge il sospetto che vada coretto in vident.

Nei punti sopra elencati, dunque, i testimoni sono accomunati da errori evidenti, che guastano la struttura sintattica del periodo, alterano il senso che ci aspetteremmo di trovare leggendo l’originale greco, e che per di più sono fonicamente o graficamente simili al termine che ci attenderemmo come corretto.

Questi errori che accomunano IP non possono essere a mio avviso che stati ereditati dal loro modello comune, che chiameremo w. L’albero genealogico dei testimoni sarà dunque riassunto in uno stemma bifido:

w

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