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CAPITOLO 3
La scelta di impiego di personale armato a bordo
SOMMARIO: 3.1. Vessel Protection Detachments e Private Naval Compains_ 3.2. Vessel Protection Detachments e Private Naval Companies nei confronti del diritto internazionale_ 3.3. I diritti umani secondo il diritto internazionale _3.4. I diritti umani secondo il diritto internazionale_3.5. La Responsabilità dello Stato relativa all'impiego della forza da parte di Vessel Protection Detachments e contractors_3.6. La Responsabilità dello Stato relativa alla violazione dei diritti umani commessa da Vessel Protection Detachments e contractors_3.7. Soft Law come sistema di strumenti alternativi_3.8. diritto internazionale applicabile a VPD e contractors.
3.1. Vessel Protection Detachments e Private Naval Companies
I principali problemi che sorgono per una soluzione di contrasto sul mare, basata esclusivamente sulle forze navali degli Stati, si
riconducono da un lato al dispiegamento permanente di unità e uomini nei quadranti a rischio pirateria, cosa che comporta un notevole peso per le finanze dello Stato in contrasto con la tendenza generale di riduzione delle spese militari da parte del governo1 e, per
1 J. J. CARAFANO, The United States' Use of Maritime Private Security from the
War of Independence to the 21st Century, in C. BERUBE, P. CULLEN (a cura di), Maritime Private Security. Market responses to piracy, terrorism and waterborne security risks in the 21st century, Abingdon (Regno Unito), New York, Routledge, 2012, p. 21.
76 l'aspetto tecnico operativo, non è di semplice gestione porre in essere azioni di repressione in uno spazio marittimo molto vasto come definito dalla High Risk Area 2 attraverso l'impiego delle poche navi militari che si trovano in una condizione sproporzionata rispetto a una piccola percentuale di episodi pirateschi3.
Pur volendo mantenere un'adeguata presenza militare, dal 2009, un buon numero di stakeholders, interessati alla sicurezza della navigazione, ha proposto una nuova ipotesi di tutela consistente nell'imbarco di squadre di sicurezza a bordo dalle navi mercantili che navigano in acque a rischio pirateria. Tale soluzione può concretizzarsi sia tramite la presenza di militari (Vessel Protection Detachments-VPD) che di personale fornito da compagnie private (Private Naval Companies-PCASPA).
I VPD, introdotti dall'azione comune 2008/851/PESC dell'Unione Europea, sono operatori inseriti recentemente nel settore della sicurezza marittima e del diritto del mare. Ritenuti come complementari alle forze navali già operanti negli spazi di mare interessati dalla pirateria, il ruolo dei VPD è stato più volte rimarcato dall'Unione dell'Europa Occidentale (UEO) nella Raccomandazione n. 840/2009 ove si legge che:
2 Decreto del Ministero della Difesa, 1. 2011, recante "Individuazione degli spazi
marittimi internazionali a rischio di pirateria nell'ambito dei quali può essere previsto l'imbarco dei Nulcei Militari di Protezione (NMP)". La HRA è un'ampia zona quadrangolare dell'Oceano Indiano, delimitata a sud dal Parallelo 12°S e ad est dal Meridiano 78°E, che include anche Seychelles e Maldive.
3 J. HARLOW, Soldiers at Sea. The Legal and Policy Implications of Using
Military Security Teams to Combat Piracy, in Southern California Interdisciplinary Law Journal, 2012.
77 "L'Assemblée, (i) constatant l'accroissement des actes de piraterie et de vols à main armée [...] et le danger qu'ils engendrent pour l'approvisionnement de la Somalie par le Programme alimentaire mondial (PAM) et pur le commerce international [...] recommande au Conseil d'inviter les Pays de l'UEO, en tant que membres the l'Union européenne [...] a multiplier les Equipes de protection embarquée (EPE) à bord des navires en transit. [...]"
I PCASPA possono essere considerati un sottoinsieme della più ampia categoria del Pivate Military and Security Companies (PMSC) ovvero imprese private specializzate alla fornitura di servizi relativi all’attività militare e di sicurezza.4
I ricorsi sempre più numerosi alle PMSC da parte di stati e organizzazioni internazionali è dovuto sia all'espansione di un sistema neoliberista incline ad affidare al mercato privato alcune funzioni tradizionalmente pubbliche e da un punto di vista geopolitico al minor ricorso alla sicurezza internazionale in seguito alla fine della guerra fredda 5 .
4 E. MARCHETTI, Private Military and Security Companies: il caso italiano nel
contesto internazionale, Quaderni IAI, 2013, Parte 1, cap. 3.
5 P. CULLEN, Surveying the market in maritime private security services e B. DE
WITT, Integrating private security into port security in a post-9/11 environment, in C. Berube, P. Cullen (a cura di), op. cit., p. 25-37 e 193-204.
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3.2. Vessel Protection Detachments e Private Naval Companies nei confronti del diritto internazionale
Nel considerare la scelta più appropriata per la difesa nella navigazione si riscontra una predilezione nei confronti della protezione offerta dai VPD rispetto ai servizi privati delle PNC, come possiamo anche comprendere dalle parole di Harlow “It is a core responsibility of governments around the world to ensure the freedom of the high seas”6.
Questa argomentazione si basa su un fondamentale principio che afferma che la protezione della libertà dell'alto mare e la repressione degli atti di pirateria è compito attribuito agli Stati. Nonostante non vi sia alcuna convenzione internazionale che legittimi la figura giuridica dei VPD è possibile sostenere che la loro natura militare è un vantaggio per fondarne la legittimità internazionale.
Per quanto riguarda le PMSC, si deve constatare che la loro crescente importanza di ruolo non corrisponde un'adeguata attività normativa. Inevitabilmente queste svolgono attività tradizionalmente attribuite agli Stati, riconosciute dal diritto internazionale di dominio statale, in quanti si trovano ad operare in ambiti spesso conflittuali e con uso di armi7.
6 J. HARLOW, Soldiers at Sea. The Legal and Policy Implications of Using
Military Security Teams to Combat Piracy, in Southern California Interdisciplinary Law Journal, 2012, p.589.
7 G. DEN DEKKER e U. PJ MYIER, The Right to Life and Self-defence of Private
Military and Security Contractors in Armed Conflict, in F. Francioni, N. Ronzitti (a cura di), War by Contract. Human Rights, Humanitarian Law and Private
79 Osservazioni similari possono essere formulate per le PNC in quanto l'autore C. Spearin afferma: "In many ways, the PSC expansion is occurring in a vacuum. Shippers, while often knowledgeable of nonlethal security measures and tactics for countering pirates, do not always have experience in managing violence; they must rely on PSC expertise. PSCs themselves, however, have varying levels of experience in maritime security."8
La possibilità per le navi mercantili di rifornirsi di scorte armate private comporta l'uso, da parte di queste, di armi da fuoco al di fuori della giurisdizione dello Stato di nazionalità; di conseguenza si sollevano problematiche relative alla legittimità soggettiva e oggettiva dell'uso della forza negli spazi internazionali. Operando in funzione antipirateria con l'ausilio dei VPD o dei contractors, è inevitabile il confronto con la disciplina internazionale riguardante tale crimine. L'inadeguatezza della disciplina giuridica rispetto al rilievo economico-strategico dei contractors si evidenzia nella mancanza di fonti di diritto internazionale a riguardo. Non vi è neanche la possibilità di poter fare affidamento sul diritto consuetudinario, in quanto vi è l’impossibilità di pervenire ad una opinio iuris condivisa dalla maggioranza della comunità internazionale. Tantomeno si ha una definizione univoca e
Contractors, New York, Oxford University Press, 2011, p. 190-192.
8 C. SPEARIN, A Private Security Solution to Somali Piracy? The U.S. Call for
Private Security Engagement and the Implications for Canada, in Naval War College Review, vol. 63, n. 4, 2010.
80 internazionale di contractors dimostrata dal fatto che si fa rientrare nella categoria di mercenariato che al contrario dispone di una disciplina di diritto internazionale9.
Concludendo si può constatare la necessità di ricorrere agli strumenti giuridici in essere, costituiti per scopi diversi, per inquadrare giuridicamente e regolamentare il ruolo dei VPD e dei PNC. Inoltre il diritto internazionale non fornisce linee guida a favore o contro la figura giuridica dei PMSC.10
9 L'istituto del mercenariato è ad oggi ritenuto illecito sia dal diritto internazionale
che da molte legislazioni interne. A titolo d'esempio si riporta l'art. 47 del I Protocollo addizionale (1977) alla Convenzione di Ginevra del 1949, che – dopo aver escluso che un mercenario possa godere dello status di legittimo combattente ai sensi del diritto internazionale umanitario, elenca le caratteristiche che una persona deve presentare, cumulativamente, per poter rientrare nella categoria del mercenario. Da notare che il comma 2, affermando che: “A mercenary is any person who: (a) is specially recruited locally or abroad in order to fight in an armed conflict; [...]”, esclude che tale definizione possa essere applicata al personale delle PNC, dato che essi non operano in situazioni di conflitto armato.
10 M. TEMPEST, Legal considerations for private naval company armed
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3.3. Legislazione dello Stato di bandiera relativa alla protezione dei mercantili
Secondo quanto riporta l'art. 92 della convenzione di Montego Bay: “1. Le navi battono la bandiera di un solo Stato e, salvo casi eccezionali specificamente previsti da trattati internazionali o dalla presente Convenzione, nell'alto mare sono sottoposte alla sua esclusiva giurisdizione. Una nave non può cambiare bandiera durante una traversata o durante uno scalo in un porto, a meno che non si verifichi un effettivo trasferimento di proprietà o di immatricolazione.
2. Una nave che navighi sotto le bandiere di due o più Stati impiegandole secondo convenienza, non può rivendicare nessuna delle nazionalità in questione nei confronti di altri Stati e può essere assimilata a una nave priva di nazionalità” 11
ne consegue che la nave privata in alto mare è soggetta alla giurisdizione del proprio stato di bandiera, pertanto l'ingaggio di una PNC a difesa della stessa presuppone che l'imbarco di personale armato sul mercantile rispetti la legislazione dello stato stesso.
Disattendere i divieti delle norme nazionali può avere effetti negativi per lo stato in termini di responsabilità internazionale per fatti avvenuti a bordo e per l'armatore che può subire sanzioni pecuniarie
11 Convenzione di Montego Bay, recante norme che attribuiscono agli stati i diritti
82 e perdere i diritti relativi all'immatricolazione nel registro navale nazionale.
A causa di queste limitazioni alcuni armatori potrebbero essere indotti a cambiare la bandiera del proprio mercantile con quella di uno Stato che ammette la presenza di PNC a bordo, cosa che potrebbe diventare rischiosa nell'eventuale scelta di una bandiera di comodo. Il rischio consiste nel fatto che spesso gli Stati titolari delle bandiere di comodo non assicurano un “genuine link” ovvero un collegamento effettivo, fra l'amministrazione e l'imbarcazione12, cosa che, invece, la Convenzione di Montego Bay richiede esplicitamente all'articolo 91:
“1. Ogni Stato stabilisce le condizioni che regolamentano la concessione alle navi della sua nazionalità, dell'immatricolazione nel suo territorio, del diritto di battere la sua bandiera. Le navi hanno la nazionalità dello Stato di cui sono autorizzate a battere bandiera. Fra lo Stato e la nave deve esistere un collegamento effettivo. 2. Ogni Stato rilascia alle navi alle quali ha concesso il diritto di battere la sua bandiera, i relativi documenti”.13
Il ricorso ai VPD è dovuto alla disponibilità di distaccamenti militari da impiegare in difesa delle navi mercantili sotto la regolamentazione
12 Il genunine link è menzionato nella Convenzione di Montego Bay all'art. 91: “1.
Every State shall fix the conditions for the grant of its nationality to ships, for the registration of ships in its territory, and for the right to fly its flag. Ships have the nationality of the State whose flag they are entitled to fly. There must exist a genuine link between the State and the ship.”
13 Convenzione di Montego Bay, 1982, recante norme che attribuiscono agli stati i
83 dei Ministeri Nazionali competenti, le direttive dei quali gli armatori interessati devono seguire.
Sia i nuclei militari che privati devono attenersi alla normativa internazionale in materia di pirateria; difatti, secondo gli articoli 100 e 107 della Convenzione di Montego Bay, agli Stati viene assegnata una extensive iurisdiction per combattere la pirateria marittima con l'uso di navi da guerra.
Riportando l'articolo 29 della Convenzione di Montego Bay:
“Ai fini della presente Convenzione, per "nave da guerra" si intende una nave che appartenga alle Forze Armate di uno Stato, che porti i segni distintivi esteriori delle navi militari della sua nazionalità e sia posta sotto il comando di un Ufficiale di Marina al servizio dello stato e iscritto nell'apposito ruolo degli Ufficiali o in documento equipollente, il cui equipaggio sia sottoposto alle regole della disciplina militare”14
Si può sintetizzare che la nave deve dipendere dallo Stato di bandiera e ospitare un equipaggio costituito da soggetti qualificati militarmente, condizione di difficile realizzazione che un mercantile non può soddisfare neanche in presenza di personale militare a bordo. Quindi è da escludere che i mercantili scortati possano porre in essere azioni i repressive di loro spontanea volontà`. Pertanto
14 Convenzione di Montego Bay, 1982, recante norme che attribuiscono agli stati i
84 l'autorizzazione di VPD e PNC a bordo non costituisce incompatibilità con la normativa internazionale in materia di pirateria; infatti, la Convenzione di Montego Bay non si pronuncia sulla possibilità delle navi di dotarsi di mezzi di autodifesa. Dal punto di vista dei principi vi può essere una compatibilità, ma nei fatti l'azione di queste squadre risulta incontrollabile relativamente alle loro competenze che potrebbero agire ultra vires.
La possibilità di superare i dubbi relativi all'uso della forza come prerogativa degli stati tramite una “letter of marque and reprisal”, ovvero lettera di corsa contemporanea, 15 lo stato autorizzerebbe le navi e il personale delle PNC a svolgere funzioni repressive nei confronti dei pirati. Tale proposta può generare il rischio di attribuire poteri superiori a quelli tacitamente consentiti dal diritto internazionale alle PNC; il problema non è connesso soltanto al fatto che a livello internazionale la figura del corsaro è illegale16, quanto piuttosto "is related to the exercise of functions which have elements of governmental authority. Arming vessels with contractors to fight piracy on the high seas has not yet passed the test of international practice." 17
15 Ron Paul è un ex parlamentare statunitense rappresentante del Texas. Nella sua
proposta per fronteggiare la minaccia pirata si è basato sull'art. 1, sez. 8 della Costituzione americana, nella parte in cui “The Congress shall have power to [...] declare war, grant letters of marque and reprisal, and make rules concerning captures on land and water”.
16 L'abolizione della guerra di corsa risale formalmente alla Dichiarazione di Parigi
del 1856, ma oggi la condizione illecita dell'attività di corsa è riconosciuta quale norma di carattere consuetudinario.
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3.4. I diritti umani secondo il diritto internazionale
La normativa internazionale sui diritti umani opera sulle attività dei VDP e contractors anti-pirateria.
Le possibilità operative dei contractors sono più limitate rispetto alla gamma dei servizi offerti da molte PMSC in zona di conflitto. Comunque la protezione dei diritti umani viene garantita in alcune fattispecie come confermato dalle risoluzioni relative alla pirateria Somala garantite dal Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite18. Anche per i pirati sussiste il diritto alla vita che fa parte del diritto consuetudinario. Nel caso che in un attacco posto in essere nei confronti di un'imbarcazione con a bordo VDP e contractors si arrivi alla morte di uno dei pirati, affinché tale azione non costituisca una violazione del diritto alla vita, questa deve essere giustificata come legittima difesa19.
Sebbene le regole sulla legittima difesa siano diverse da Stato a Stato, la presenza della convenzione europea dei diritti dell'uomo (CEDU) le riunisce all'interno di un'unica disposizione.
Con riferimento al diritto alla vita la CEDU afferma all'articolo 2.2.: “[...] Deprivation of life shall not be regarded as inflicted in
18 Nella Risoluzione. 1816, il Consiglio di sicurezza “Calls upon all States [...] to
cooperate [...] consistent with applicable international law including international human rights law [...]” (par. 11). A partire dalla Ris. 1851, si precisa che tutte le misure adottate “shall be undertaken consistent with applicable humanitarian and human rights law”.
19 F. LENZINI, F. FRANCIONI, The Role of Human Rights in the Regulation of
86 contravention of this Article when it results from the use of force which is no more than absolutely necessary:
(a) in defence of any person from unlawful violence;
(b) in order to effect a lawful arrest or to prevent the escape of a person lawfully detained; [...]”.
Analizzando le problematiche che si verificano in conseguenza di un attacco, come il trattenimento a bordo dei pirati in attesa di essere presi in custodia a terra, viene messo in rilievo il diritto alla libertà, la cui privazione non si configura come arbitraria e, affinché sia legalmente inoppugnabile, deve essere comunicata in modo comprensibile ai soggetti rei.
La legittimità della custodia viene subordinata ai tempi della giustizia, come il problema che sorge allorquando la nave si trovi lontana dalla terra costituendo una causa di forza maggiore, come deciso dal giudice nella sentenza Medvedyev, pur restando i dubbi sulla possibilità degli Stati a procedere penalmente nei confronti dei pirati. Comunque è proibito l'esercizio della tortura e dei trattamenti inumani e degradanti nei confronti dei detenuti, come stabilito dalla Convenzione di New York nel 1984.
A tal proposito la Corte Europea per i Diritti dell'Uomo stabilisce che "The obligation of the High Contracting Parties under [...] article 3 [of the CEDU], requires States to take measures designed to
87 ensure that individuals within their jurisdiction are not subjected to ill-treatment, including ill-treatment administered by private individuals." 20
20 L'art. 3 CEDU proibisce l'applicazione della tortura e di altri provvedimenti
disumani. La Corte europea per i diritti dell'uomo l'ha preso in considerazione nella sent. A. contro Regno Unito, 23 settembre 1998.
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3.5. La Responsabilità dello Stato relativa all'impiego della forza da parte di Vessel Protection Detachments e contractors
VPD e contractors anti-pirateria agiscono sulla base delle regole d'ingaggio e del diritto interno degli Stati nazionali. In caso di incidente, a fronte delle norme vigenti nello stato nazionale, potra` essere attribuita loro una responsabilità penale come nel caso dell'Enrica Lexie.
Come evidenziato dall'art. 4 del Progetto di articoli sulla responsabilità internazionale dello Stato 21 , redatto dalla Commissione di Diritto Internazionale, l'atto di un organo è imputabile allo Stato di nazionalità (art. 4) e questo è certamente il caso di militari in servizio, quali i VPD. Non si puo’ però applicare in principio lo stesso regime valido per i VPD ad un atto compiuto da un individuo privato, che manca di qualsiasi legame funzionale con l'amministrazione, a meno che lo Stato non controlli22 o diriga l'attività dell'individuo (art. 8 del Progetto), oppure finisca per
21 Il Progetto della CDI costituisce in parte una codificazione del diritto
internazionale consuetudinario in materia di responsabilità degli Stati, in parte propone regole innovative. N. RONZITTI, Introduzione al diritto internazionale, quarta edizione, Torino, Giappichelli, 2013., p. 378.
22 Ibidem; Circa l'imputabilità a detto Stato di azioni illecite compiute
materialmente da persone indipendenti non vi è unanime accordo nella dottrina. Il problema è stabilire il livello di controllo esercitato dallo Stato al di sopra del quale si può riconoscere una responsabilità statale per quell'atto (e non meramente per assistenza): la Corte internazionale di giustizia nei casi Nicaragua vs. Stati Uniti e Genocidio ha sposato la tesi del c.d. "effective control", inteso secondo criteri molto più restrittivi rispetto a semplice assistenza o sostegno tecnico-logistico. una chiara trattazione della nozione di “controllo” in questa sede si trova in E. MOLANO, Il ricorso all'uso della forza nei confronti degli attori non statali, in A. LANCIOTTI, A. TANZI, (a cura di), Uso della forza e legittima difesa
89 approvare l'azione (art. 11).
Secondo C. Beaucillon, J. Fernandez e H. Raspail esistono due criteri per imputare ad uno Stato una violazione delle norme sull'uso della forza da parte di una PMSC: primo, l'esercizio da parte della PMSC di un'autorità governativa espressamente attribuita da un atto dello Stato contraente;23 secondo, proprio i criteri contenuti nell'articolo 8 del Progetto CDI24. C'è anche un'altra possibilità, probabilmente più realistica con riguardo al settore dei contractors anti-pirateria, connessa al concetto di due-diligence. Nel diritto internazionale questo principio afferma che è dovere degli Stati predisporre adeguate misure atte a prevenire violazioni internazionalmente rilevanti. Si può quindi osservare che:
“[...] a 'failed act' or omission of the State authorities may constitute a breach of what had been lawfully expected of them with regard to the activities of persons of companies over which State organs have regulatory power. In other words, thanks to what is called the due-diligence principle in international law, a State may be held accountable for prima facie private acts that cannot be directly
23 Riprendendo l'art. 5 del Progetto della CDI: “Conduct of persons or entities
exercising elements of governmental authority. The conduct of a person or entity which is not an organ of the State under article 4 but which is empowered by the law of that State to exercise elements of the governmental authority shall be considered an act of the State under international law, provided the person or entity is acting in that capacity in the particular instance”.
24 C. BEAUCILLON, J. FEMANDEZ, H. RASPAIL, State Responsibility for
Conduct of Private Military and Security Contractors Violating Ius ad Bellum, in F. FRANCIONI, N. RONZITTI (a cura di), op. cit., p. 403-404.
90 attributed to a State”25.
Gli autori continuano sottolineando anche l'importanza di tale principio a livello di diritto interno: gli Stati, dovendo adottare le misure necessarie per assicurare il rispetto degli obblighi internazionali ed evitare loro violazioni, potrebbero essere ritenuti, almeno in parte, responsabili per atti compiuti da una PNC se, al tempus commissi delicti, non vi era nell'ordinamento di quello Stato un sistema normativo sufficientemente in grado di regolare l'attività di contractors26
.
Dal momento che non sono gli Stati ad ingaggiare personale privato per scortare i mercantili in difesa dagli attacchi dei pirati ma gli armatori, comporta che lo stato non abbia un pieno controllo sugli atti delle PNC. Se le violazioni compiute dai contractors non possono essere imputate ne` allo stato di bandiera ne` a quello di nazionalita`, ne consegue che un atto compiuto da questi ultimi non realizza una responsabilita` internazionale in capo a questi Stati. In relazione a quanto sopra si riporta quanto esprime la prof.ssa Angela del Vecchio:
“Per quanto riguarda ogni azione e l'eventuale uso illegittimo delle armi da parte dei contractors, la responsabilità dello Stato di
25 Ibidem, p. 408-409.
26 Ibidem, p. 413-414, ove si legge che: “In the context of State responsibility for
the acts of PMSCs violating ius ad bellum, the State is therefore bound to prohibit, in its domestic order, the perpetration of any violation of ius ad bellum by private actors. Such uniform law provisions [...] could eventually lead to establish State responsibility for the lack of domestic regulation [...]”
91 bandiera [...] esisterà solo qualora si dimostri - secondo quanto previsto dal diritto internazionale per gli atti illeciti compiuti da privati - che esso ha omesso di prevenire o non ha punito a livello di diritto interno le condotte illecite. La responsabilità delle azioni dei contractors ricadrebbe sulle compagnie armatoriali, come del resto su di esse ricadrebbe in generale anche la responsabilità nei confronti delle famiglie dei contractors eventuali vittime di uno scontro con i pirati.”27
Nei casi sopradetti, l'unica possibilità di rilevare una responsabilità dello Stato si ha ricollegandosi al principio della due-diligence anche se lo Stato manca di adeguate misure preventive 28; inoltre, si puo` richiamare anche un altro concetto, ovvero quello del c.d. Receptus, relativo ai casi in cui uno Stato, pur avendo la giurisdizione, non procede all'azione penale nei confronti del soggetto o si rifiuta di estradarlo.
Concludendo si puo` affermare che in entrambe le situazioni cambia la natura della responsabilità in capo agli Stati; infatti, nel caso dei VPD si ha uno stato imputato dell'atto in sé (l'uso della forza), mentre nel caso dei contractors lo stato è imputato di illiceità legata alla mancata due-diligence o al receptus.
27 A. DEL VECCHIO, Operazioni di contrasto della pirateria in acque
internazionali, Audizione al Senato della Repubblica, 15 giugno 2011, in www.senato.it.
28 Non vi sono standard sul livello di regolamentazione minimo perché lo Stato
eviti la propria responsabilità; tuttavia, si possono far rientrare nella normativa necessaria sulle PMSC le regole relative alle qualifiche e alle licenze che le imprese devono dimostrare di possedere.
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3.6. La Responsabilità dello Stato relativa alla violazione dei diritti umani commessa da Vessel Protection Detachments e contractors.
Le considerazione relative alle regole sull'uso della forza fino ad ora svolte possono essere confermate anche nei riguardi delle violazioni dei diritti umani. Inoltre, il Patto internazionale sui diritti civili e politici (ICCPR) e la CEDU confermano i doveri degli Stati che fanno parte di questi trattati determinando la responsabilita` a livello internazionale dello Stato che non rispetta questi obblighi.
Per quanto riguarda il problema della giurisdizione di uno Stato nei confronti dei pirati catturati in alto mare si conferma la responsabilità, per la tutela dei diritti umani, non solo delle persone sul proprio territorio, ma anche di quelle poste sotto il proprio controllo de facto all'estero. Pertanto i VPD in qualità di forze dipendenti dallo stato rientrano in questo schema esercitando anche un controllo de iure. In conseguenza di ciò si puo` affermare la responsabilità internazionale di uno Stato riguardo la tutela dei diritti umani di pirati sotto la custodia di un VPD. 29
Per quanto riguarda i contractors invece, a quanto afferma G.Pinzauti, nel caso che una PMSC venga assunta da una compagnia privata, in assenza di legami fra lo Stato di nazionalità della compagnia e la stessa PMSC, lo Stato in questione non dovrà
29F. LENZERINI, F. FRANCIONI, The Role of Human Rights in the Regulation of
PMSCs, in F.Francioni, N. Ronzitti (a cura di), op. cit. , p. 32-33. L'applicabilità della CEDU in base a questi requisiti è stata sottolineata dalla Corte europea dei diritti dell'uomo nella già citata sent. Medvedyev.
93 rispondere degli eventuali abusi dei diritti umani, superato dalla protezione dello Stato territoriale e dello Stato di nazionalità della PMSC (home state) 30.
La questione è che non esiste alcuno Stato territoriale in alto mare; la giurisprudenza non si è pronunciata sulla responsabilità di uno Stato di cui una nave batta bandiera.31
Il diritto interno di alcuni Stati assimila al proprio territorio le navi battenti la sua bandiera anche se non vi sono condizioni sufficienti perché lo Stato di bandiera possa garantire la protezione che assicura sul proprio territorio alle navi private registrate.32 Per quanto riguarda la PNC, in base al suo dovere di due-diligence, lo Stato di appartenenza si rende responsabile relativamente all'applicazione della legge interna riguardante la sanzione dei colpevoli.
Altra questione riguarda il caso in cui una PMC, nell'esercizio delle
30 G. PINZAUTI, Adjudicating Human Rights Violations Committed by Private
Contractors, in F. FRANCIONI, N. RONZITTI (a cura di), op. cit., p. 167: “[...] the State of nationality has only a residual duty [...] At the end of the day, the contractual relationship takes place between purely private subjects. Therefore, one cannot mandate the State of nationality of the hiring company to exercise tight control on the performance of the contract [...] the obligation to prevent and redress is incumbent upon the territorial State and the PMSC's home State [...]”
31 Naturalmente il problema si pone solo quando lo Stato di nazionalità della PNC
e lo Stato di bandiera della nave differiscono.
32R WEINZIERL, U. LISSON, Border Management and Human Rights. A
study of EU Law and the Law of the Sea, German Institute for Human Rights, 2007. Disponibile su: http://www.institut-fuer-menschenrechte.de/ p. 63, che riguardo nello specifico al principio di non-refoulement in alto mare sostengono che “[...] the actions of private persons on ships which, for example, are putting persons down in their human-rights- abusing country of origin, in principle do not create a foundation for liability of the Flag State before the EctHR”. Si sosterrebbe dunque la tesi per cui la giurisdizione esclusiva in alto mare per lo Stato di bandiera è innegabile per quel che riguarda il diritto ad esercitarla in caso di reati commessi a bordo, ma non sempre è sufficiente a determinare in capo allo Stato un obbligo, subordinandosi quest'ultimo nel caso di specie alla concreta possibilità per le autorità statali di esercitare un controllo effettivo durante la navigazione.
94 sue funzioni di antipirateria, compia un atto che individua una responsabilità internazionale e, al contempo, non esista alcuna possibilità di imputare tale atto a uno Stato o ad una organizzazione internazionale.33
Secondo quanto afferma S. Macleod, "Today it is generally accepted that private business actors, including PMSCs, are capable of violating, and do violate, human rights",168 ma ciò nonostante, la maggior parte degli Stati e delle iniziative volte a irrobustire la c.d. Corporate Social Responsibility (CSR):34
“[...] adhere to a traditional perception of the subjects of international law, which leads to a situation whereby international human rights law is interpreted as only imposing direct obligations upon States and not business actors. [...] initiatives such as the UN's Global Compact and the OECD's Guidelines on Multinational Enterprises, focus on reminding States of their obligations under international human rights law rather than imposing direct responsibility upon business actors.”35
Ciò è soprattutto determinato dal fatto che "[...] corporations
33 N. D. WHITE, Institutional Responsibility for Private Military and Security
Companies, in F. FRANCIONI, N. RONZITTI (a cura di), op. cit., p. 381-395.
34 La CSR, spronata da episodi che hanno palesato violazioni di diritti umani,
diritto del lavoro e diritto ambientale da parte di attori economici internazionali, è un concetto relativamente recente e ancora acerbo per quanto riguarda il corpo di norme vincolanti e i meccanismi di enforcement. Nel 2005 l'ex Segretario Generale dell'ONU Kofi Annan, insoddisfatto del panorama normativo internazionalmente applicabile alle imprese private, ha incaricato il prof. John Ruggie (Università di Harvard) di studiare il tema, idenficarne le debolezze e proporre alcune soluzioni. Un'analisi sugli obiettivi raggiunti, nonché sui punti deboli dello studio, è in S. MACLEOD, op. cit., in F. FRANCIONI, N. RONZITTI (a cura di), op. cit., p. 343-361.
95 (including PMSCs) do not have the requisite level of autonomy to be subjects of international law and thereby to be responsible for internationally wrongful acts”. 36
96
3.7. Soft Law come sistema di strumenti alternativi
In riferimento a quanto già rilevato precedentemente, il diritto internazionale pubblico non puo` che offrire interpretazioni di norme e principi stabiliti per altri scopi nei riguardi di VPD e contractors. In alternativa abbondano strumenti di soft law come atti, dichiarazioni e raccomandazioni di diversa fonte che adottano la forma e il contenuto degli strumenti legislativi ma, non essendo vincolanti nei confronti del destinatario, non hanno la stessa efficacia. Lo strumento dell'autoregolamentazione accomuna le PNC alle PMSC. Molte società private per supplire al vuoto normativo hanno sviluppato alcune linee guida e codici di condotta e, sebbene sia insufficiente, il sistema di self-regulation non è un semplice proforma; a tale proposito E. Cusumano mette in rilievo la produzione di codici di condotta da parte di PMSC, che si autoimpongono obbligazioni e requisiti diminuendo la possibilità di controversie e quindi crolli di reputazione37. Gli strumenti di Soft law hanno comunque un'efficacia limitata sulle misure anti-pirateria rilevanti nel settore delle PMSC perché si riferiscono alle PMSC di terra che non copre il raggio di azione delle PNC.38
37 E. CUSUMANO, Policy Prospects for Regulating Private Military and Security
Companies, in F. Francioni, N. Ronzitti (a cura di), op. cit., p. 24.
38 Un'opinione parzialmente divergente è sostenuta da C. SPEARIN, op. cit., in
merito al Documento di Montreux. L'autore sostiene che vi sono tre motivi per tenerlo in considerazione in tema di lotta alla pirateria: primo, nonostante si concentri sui conflitti armati, propone raccomandazioni valide anche in contesti senza ostilità, tra cui la pirateria (espressamente menzionata nei commenti dei sottoscrittori); secondo, il linguaggio generale del documento presenta vari punti
97 Tra i documenti di Soft law che risultano attinenti più da vicino al contesto delle PMSC anti-pirateria, si segnala in particolare il GUARDCON, un modello standard di contratto formulato nel 2012 dal Baltic and International Maritime Council (BIMCO) per fornire ad armatori e PNC interessati uno schema contrattuale idoneo a regolare i rapporti giuridici in relazione alla fornitura di servizi di sicurezza marittima. Sono precisati sia alcuni requisiti che il personale deve possedere quali professionalità, moralità e adeguatezza fisica e mentale, sia disposizioni sull'uso della forza. La Clausola 12 del modello GUARDCON stabilisce che prima di imbarcarsi la PNC deve accertarsi che esistano:
• copertura del contraente per la responsabilità del PCAS; • copertura della PNC nei confronti di terzi danneggiati e verso
cose;
• copertura personale degli agenti per danni personali. Il modello adotta poi lo schema “knock-for-knock” (clausola di rinuncia alla rivalsa) per l'assicurazione verso terzi, ovvero che ciascuna parte contraente si assume la responsabilità per i danni che siano eventualmente cagionati o subiti da cose o persone sotto la propria responsabilità:
• nel caso dell'armatore, l'equipaggio e il comandante;
compatibili con la nozione di pirateria (ad esempio si fa riferimento all'attività di “armed guarding and protection of persons and objects”); terzo, i consigli contenuti in merito alle procedure di controllo e agli standard professionali possono facilmente applicarsi anche alle PNC.
98 • nel caso della PNC, il personale di scorta. 39
39 GUARDCON : è il contratto standard per il linguaggio di guardie armate a bordo
99
3.8. diritto internazionale applicabile a VPD e contractors
Alla luce di quanto fino ad ora rilevato è necessario evidenziare come possano configurarsi le regolamentazioni di VPD e contractors in funzione antipirateria nei confronti del diritto internazionale. L'esistenza stessa del Soft law come tentativo di regolamentazione di PMSC e PNC presuppone che la comunità internazionale preferisca accettarle.
Non esiste una regolamentazione specifica da parte del diritto internazionale relativa all'uso della forza armata da parte delle PMSC; difatti le navi private non possono condurre azioni repressive, né i VPD né i contractors sono titolari dei poteri complessivamente assegnati agli Stati nell'ambito del Maritime Law Enforcement, ma solo del diritto alla legittima difesa di sè e di altri.
I contractors, se non hanno un esplicito mandato governativo per conto di uno Stato, possiedono lo stesso status dei privati cittadini, basandosi sul fondamento della legittima difesa. 40 Come spiegato da Ronzitti il riferimento della CDI alla legittima difesa di persone private non era "[...] to the right of self- defence of States as embodied in Article 51 of the United Nations Charter. It was to the
40 in questo contesto è d'aiuto il commentario della CDI sul Progetto di una
Convenzione sulla pirateria (1956), che discute il diritto della nave attaccata di reagire ad un assalto. L'art. 45 è relativo al diritto esclusivo per mezzi militari (cui si sono aggiunti quelli in servizio di Stato con la UNCLOS) di compiere azioni repressive nei confronti della pirateria. Nel commentario la CDI ha precisato però che ciò non esclude il diritto alla legittima difesa per attori non militari; infatti “this article does not apply in the case of a merchant ship which has repulsed an attack by a pirate ship”.
100 right of self-defence of human beings, a right which is recognized by all legal orders of the members of the international community." 41 Spesso i natanti sono accompagnati da battelli di scorta forniti dalle PNC; a tale proposito, sulle questioni di responsabilità individuale per atti commessi a bordo delle imbarcazioni di scorta, si riporta che, a parere del BIMCO, il comandante dell'imbarcazione protetta non dovrebbe essere chiamato a rispondere di tali atti, operando queste unità in maniera indipendente dalla nave stessa. 42 Come evidenzia M. Tempest:
“Do these armed private vessels have the "right" to violently intervene on behealf of a third threatened party - more specifically if their "client" is attacked by pirates? The answer is that they "probably" have such a right (and maybe even a duty) while in international waters, on the "high seas". [...] The "duty to intervene" rules may change in the territorial waters of a nation. And there may be a high threshold to cross to show justification for such interventions. For that reason, knowledge of local law is vital [...]" 43 emerge una questione importante relativa alla possibile incompatibilità fra le legislazioni degli Stati sull'uso della forza
41 N. RONZITTI, in F. Francioni, N. RONZITTI (a cura di), op. cit., p. 42-43.
A. PETRIG, The Use of Force and Firearms by Private Maritime Security Companies against Suspected Pirates, in International and Comparative Law Quarterly, 2013, p. 688.
42 J. J. PITNEY, J-C. LEVIN, op. cit., p. 117-118 sulle questioni di responsabilità
individuale per atti commessi a bordo delle imbarcazioni di scorta; si riporta che, a parere del BIMCO, il comandante non dovrebbe essere chiamato a rispondere di tali atti, operando queste unità in maniera indipendente dalla nave protetta.
101 armata. A seconda del luogo e delle circostanze si puo` verificare il caso che diversi Stati abbiano competenza giurisdizionale su un episodio riguardante l'atto di personale di sicurezza privato, quindi la responsabilità penale delle PNC dipende dalle differenze che lo Stato di bandiera, il home State, lo Stato territoriale o quello delle eventuali vittime presentano relativamente al diritto alla legittima difesa e all'uso delle armi, inoltre sulla possibilità di poter immettersi nelle acque territoriali degli Stati con a bordo armamenti e personale militare. Nel prosieguo di questo elaborato44 verra` affrontata la tematica che investe sia le PNC che i VPD, con la conseguenza che se si ritiene che il raggio di azione di queste organizzazioni non debba incorrere in violazioni di legge, il regime giuridico al quale devono attenersi deve essere conforme alla legislazione degli Stati coinvolti.
Per quanto riguarda la tutela dei diritti umani durante la custodia di pirati catturati, l'articolo 107 della Convenzione di Montego Bay esclude categoricamente che tale compito possa essere svolto da personale privato. Ma il commentario della CDI sull'articolo 45 sostiene che tale diritto possa essere esercitato dalle navi militari. Oltre a ciò l'articolo 8 della Convenzione SUA 45 si concentra sui poteri del comandante della nave cui è accordato il diritto di custodire e consegnare alle autorità una persona sospettata di aver
44 Capitolo 5.
45 Convenzione SUA, 10.3.1988, recante n orme per la repressione di atti illeciti
102 commesso i reati di cui all'art. 3 della stessa, come la legislazione italiana che nel codice della navigazione all'articolo 1135 stabilisce: “Agli effetti dell'art. 221 del Codice di procedura penale sono ufficiali di polizia giudiziaria: [...] 2) i comandanti delle navi o degli aeromobili, riguardo ai reati commessi a bordo in corso di navigazione, nonché riguardo agli atti di polizia giudiziaria ordinati e alle delegazioni disposte dall'autorità giudiziaria”.
Riguardo a ciò, A. Petrig afferma che un'imbarcazione mercantile, priva di personale militare, possa custodire i pirati senza incorrere in qualche violazione da parte dell'equipaggio. 46
La questione sopra considerata ha un risvolto internazionale e uno interno: in ambito internazionale l'impiego di VPD coinvolge lo Stato di nazionalità relativamente alla responsabilità internazionale per violazioni che possano essere commesse dai militari, in virtu` del nesso funzionale fra Stato e i propri organi. In ambito interno invece, riguardo all'impiego di PNC che non svolgono funzioni pubbliche, non si puo’ attribuire la responsabilità diretta allo Stato per i loro atti, difatti tali organizzazioni sono sanzionabili solo in base al diritto penale interno in quanto la responsabilità internazionale non viene frequentemente invocata nel business sector. Pertanto l'operatività delle PNC, in funzione anti-pirateria, è legata alle regole di ingaggio relative alle problematiche delle responsabilità.