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Introduzione PAROLE SENZA TEMPO

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Academic year: 2021

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Introduzione

PAROLE SENZA TEMPO

Di avvenimenti la sua vita fu singolarmente povera; pochi cambiamenti e nessuna grande crisi ne interruppe mai il tranquillo fluire. Anche la sua fama si può dire che sia stata postuma; non raggiunse mai un vero vigore fino a quando lei non ebbe cessato di esistere. Il suo talento non attirò l’attenzione di altri scrittori, non la mise in contatto con il mondo letterario, né si fece in alcun modo strada attraverso l’oscurità del suo rifugio domestico. Ho quindi ben poco materiale per una biografia dettagliata di mia zia, ma ho un chiaro ricordo della sua persona e del suo carattere […] Molti potrebbero essere interessati a sapere se la rettitudine morale, il buongusto e il caloroso affetto dei quali lei rivestì i suoi personaggi fittizi esistessero realmente nella sorgente originaria dalla quale scaturiscono queste idee, e se queste doti fossero concretamente dimostrate da lei nelle molteplici relazioni della vita. Io posso davvero testimoniare che non c’era incanto nei suoi personaggi più affascinanti che non fosse un autentico riflesso del suo carattere dolce e del suo cuore affettuoso. 1

È con questa sorta di incipit introduttivo che James Edward Austen–Leigh (1798-1874) – nipote di Jane Austen in quanto figlio del fratello maggiore di lei, James Austen, e della sua seconda moglie Mary Lloyd – ci presenta la zia, May Jane Austen. Nel 1870, all’età di settantadue anni, James decide di pubblicare tutto il materiale raccolto dalla famiglia Austen integrandolo ai propri ricordi d’infanzia, dando così vita alla prima vera raccolta di memorie che sia mai stata scritta su di lei. Tuttavia, quella che ci viene presentata attraverso queste parole è l’immagine edulcorata e in qualche modo spenta di ciò che Jane Austen è stata davvero, nella sua vita privata e per i suoi lettori di ogni generazione a venire. Dobbiamo però considerare, nella nostra riflessione, la naturale parzialità con cui un membro della famiglia tanto vicino alla diretta interessata come James si sia dovuto sentire in dovere di riportare quelle che, comunque, restano delle

James Edward Austen-Leigh, Ricordo di Jane Austen e altre memorie familiari (titolo originale:

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preziosissime notizie di prima mano, senza considerare il fatto che il momento storico in cui Leigh si ritrovò a scrivere questo libro coincideva con l’epoca vittoriana, molto più perbenista di quella Regency in cui era vissuta Jane.

In realtà la breve vita di Jane Austen non fu affatto inconsapevole e tanto meno isolata; al contrario, possiamo affermare che fin da piccola abbia sempre avuto occasione di viaggiare molto, possibilità che era solitamente negata alle ragazze e, più in generale, alle donne di qualsiasi età e strato sociale, le quali nel migliore dei casi avevano la possibilità di spostarsi per brevi tragitti e solo se accompagnate. Numerose sono invece state le sue visite presso parenti e amici, le gite estive e i soggiorni in diverse città tra cui Bath, Southampton e Londra.

L’aver ricevuto dal padre un’educazione pari a quella dei fratelli in un ambiente familiare aperto e tollerante le ha permesso di acquisire quella consapevolezza e quel sovversivismo che i familiari hanno cercato in tutti i modi di nascondere dopo la sua morte, distruggendo molte delle lettere – unico “luogo” in cui Jane sentiva di potersi esprimere liberamente – e minimizzando comunque 2

il tono critico presente in quelle che invece possiamo consultare ancora oggi. Non solo il Memoir del nipote, ma anche la Biographical Notice del fratello Henry che si trova al suo interno evidenziano questa operazione, che mira a sostituire la reale essenza di Jane Austen con gli ideali tipicamente vittoriani di decoro e candore, creando un’immagine distorta della sua persona che ha dominato il panorama letterario per oltre un secolo, catalogandola agli occhi dei critici e dei lettori di

Secondo un articolo del Times risalente al 6 febbraio del 1885, “though not of the highest class

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as letters, they are full of instruction and, in parts, are extremely interesting. They have the great merit of being entirely natural… . Their chief if not their only interest consists both in their proceeding from her pen and in their proving how natural and charming she was.” (Deirdre Le Faye, Jane Austen’s Letters, Oxford University Press, Oxford, 2011, p. X).

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tutto il mondo come una pudica scrittrice di romanzi rosa. A questo proposito, lo storico di letteratura italiana Mario Praz, riferendosi proprio agli scritti dell’autrice, sosteneva che “gli affari di cuore delle ragazze sono il soggetto principale di questi romanzi; ma anche le scene d’amore son descritte con casto e contenuto linguaggio che sarebbe andato a genio al Manzoni.” . Questo è il volto 3

che Jane Austen ha avuto, per più di un secolo, agli occhi di molti lettori e critici. Eppure man mano che la critica stessa, con il passare dei decenni, fa luce sul contesto in cui Jane visse e sulla sua reale natura – grazie proprio alla biografia del nipote, pian piano arricchita anche da altre testimonianze familiari, e allo studio delle lettere rimaste – il linguaggio parodico che permea le sue opere acquista sempre maggiore evidenza e una visione più realistica di quello che è stata davvero Jane Austen si fa strada nell’immaginario collettivo: una scrittrice così profondamente radicata nella propria epoca da essere in grado di denunciarne i difetti e le ingiustizie, soprattutto nei riguardi dell’intero universo femminile.

Nei prossimi capitoli di questo elaborato saranno analizzati in modo particolare i temi dell’ironia, della forma epistolare e della formalità, cardini di un’analisi comparatistica e, successivamente, di un’operazione traduttiva di quella che possiamo considerare – per ricezione – la sua opera maggiore: Pride and

Prejudice. Tale analisi vuole mostrare non solo il fatto che questi elementi

facciano parte integrante dell’essenza di Jane Austen così come dei suoi romanzi, nei quali rivestono la funzione di espedienti letterari su diversi livelli della narrazione, ma anche quanto il nostro stesso linguaggio sia profondamente cambiato nel corso del tempo e la misura in cui determinate scelte traduttive possano cambiare la nostra percezione di una stessa opera rispetto ad altre, rendendola forse più attuale di quanto non potesse sembrare in passato.

E proprio quest’anno, il 2017, in cui ricorre il bicentenario della sua morte, ci rendiamo davvero conto di quanto Jane Austen sia viva ancora oggi. Sebbene il numero delle sue pubblicazioni sia stato inferiore rispetto a quello di molti altri

Mario Praz, Storia della letteratura inglese, Sansoni, Firenze, 1946, p.251.

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scrittori coevi e contemporanei, tutto ciò che riporta il suo nome viene considerato oro e sembra possedere qualcosa di particolare che ancora oggi è oggetto di studio. Perché così spesso ci si rivolge a lei con l’appellativo di “Jane”, se non addirittura “zia Jane”, e non con “la Austen”? Non esiste una risposta precisa e universale a questa domanda, ma forse una possibile motivazione risiede nel fatto che tra lettore e scrittrice si instauri – per volere stesso di quest’ultima – un’immediata confidenza a partire dall’incipit di ogni suo romanzo, che ci porta a voler conoscere di più non solo della storia che ci si accinge a leggere, ma anche di colei che si trova dietro a quelle pagine, con la sua capacità unica di coinvolgere il lettore e farlo immergere completamente nella trama. Forse è proprio questo suo tono confidenziale che ci permette di chiamarla per nome, usando lo stesso appellativo con cui le si rivolge con affetto il nipote nelle sue Memorie.

La stessa Virginia Woolf in The Common Reader ne esalta le qualità sostenendo che

Whatever she writes is finished and turned and set in its relation, not to the parsonage, but to the universe. […] Her genius is freed and active. At once our senses quicken; we are possessed with the peculiar intensity which she alone can impart. But of what is it all composed? Of a ball in a country town; a few couples meeting and taking hands in an assembly room; a little eating and drinking; and for catastrophe, a boy being snubbed by one young lady and kindly treated by another. There is no tragedy and no heroism. Yet for some reason the little scene is moving out of all proportion to its surface solemnity. […] Here, indeed, are all the elements of Jane Austen’s greatness. It has the permanent quality of literature. 4

Questo suo riuscire a trasmettere emozioni anche solo attraverso la presentazione di scene apparentemente ordinarie e di poco conto è dato dall’innata capacità di studio e rappresentazione della natura umana che sempre l’ha contraddistinta nel mondo letterario, e che le permetteva di ritrarre nel dettaglio e in maniera estremamente fedele la realtà che la circondava quotidianamente, descrivendo

Virginia Woolf, The Common Reader, The Hogarth Press, London, 1951, pp. 171-174.

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archetipi validi per ogni epoca. Anche il nipote sottolinea questo suo dono ammettendo che “qualcuno ha ipotizzato che prendesse i suoi personaggi da individui di sua conoscenza. Sono così realistici che si presumeva dovessero essere state persone reali, poi semplicemente trasferite, così com’erano, sulla pagina.” . 5

Le vendite dei romanzi scaturiti dalla penna di Jane, inizialmente poco apprezzati dal pubblico inglese, videro un’impennata solo verso la fine del XIX secolo grazie anche alla pubblicazione delle Memorie scritte dal nipote. L’Inghilterra era diventata, oramai, un Paese industriale attraversato da treni a vapore e improntato verso il futuro, un contesto nel quale le parole di Jane Austen sembravano probabilmente trasmettere l’ideale di un luogo più semplice e genuino ormai perduto per sempre. Così, i romanzi divennero un vero e proprio tesoro nazionale venerato da un numero sempre maggiore di “Janeites” appassionati alle storie e ai loro personaggi, che manifestavano il proprio affetto soprattutto nei confronti di Elizabeth Bennet, eroina dell’opera austeniana senza dubbio più apprezzata e discussa: Pride and Prejudice.

In seguito, queste opere rappresentarono per i loro lettori una via di fuga dagli orrori della Prima Guerra Mondiale: la short story di Rudyard Kipling The Janeites, pubblicata nel 1924 all’interno della rivista Story-Teller,

MacLean’s and Hearst’s International, narra

le vicende di un comune soldato che si unisce ad un gruppo di ufficiali per formare una società segreta di “Austen Lovers”.

Tuttavia, per rintracciare l’origine del termine “Janeite”, oggi ormai ampiamente utilizzato e riconosciuto nel panorama letterario,

James Edward Austen-Leigh, Ricordo di Jane Austen e altre memorie familiari, op. cit., p. 126.

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dobbiamo fare un salto temporale fino al 1894, quando l’editore londinese George Allen pubblicò un’edizione di Pride and Prejudice (meglio conosciuta come “Peacock Edition” grazie alla sua elegante copertina raffigurante l’immagine di un pavone) arricchita dalle illustrazioni di Hugh Thomson e dalla prefazione di George Saintsbury, nella quale troviamo per la prima volta questa parola: “and in the sect - fairly large and yet unusually choice of Austenians or Janites […] I, for my part, declare for Pride and Prejudice unhesitatingly. It seems to me the most perfect, the most characteristic, the most eminently quintessential of its author’s works.” 6

La maestria dell’autrice consiste non solo nel rendere importante e significativo ogni singolo personaggio appartenente ai propri romanzi, ma anche nel provocare nel lettore l’illusione di essere il suo interlocutore privilegiato, il diretto destinatario di confidenze e ammiccamenti chiamato a condividere opinioni affini a quelle della voce narrante che, da parte sua, sembra fargli l’occhiolino di rimando, in segno di approvazione. Ogni generazione di “Janeites” stabilisce, in qualche modo, il proprio personale rapporto con la figura di Jane: c’è chi le si rivolge per un consiglio e chi invece vi si ispira prendendola come uno dei primi modelli di emancipazione femminile; infine, c’è chi ne trae conforto nei momenti difficili, vedendola come una zia saggia pronta a suggerire la maniera giusta per affrontare determinate situazioni nella nostra vita di tutti i giorni.

Chi di noi non conosce un subdolo Mr Wickham, un’altezzosa Lady Catherine o un’isterica, materialista Mrs Bennet? Chi non sogna di trovare il proprio Mr Darcy o di possedere il coraggio e la determinazione di Elizabeth Bennet? Ecco quindi spiegato, forse, il segreto dell’“immortalità” di Jane Austen: il fatto che le vicende da lei rappresentate siano state e saranno sempre attuali. Perché per quanto il tempo possa passare e la nostra realtà essere distante da quella in cui Jane è vissuta, ci sono cose che non cambiano mai e che lei è riuscita a descrivere,

George Saintsbury, Preface to Pride and Prejudice (1984): http://www.jausten.it/

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seppur con ironia ed estrema leggerezza, in maniera spiazzante e sorprendentemente veritiera.

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