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2. Modelli matematici per servovalvole DDV per applicazioni aerospaziali

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17

2.

Modelli matematici per servovalvole DDV per

applicazioni aerospaziali

In questo capitolo sarà analizzato il modello matematico mediante il quale si descrive il comportamento dinamico di una DDV rotante, che è il tipo di servovalvola utilizzata nei sistemi di controllo FBW per velivoli ad ala rotante.

2.1

Schema di funzionamento del complesso DDV – attuatore

Il principio di funzionamento del complesso servovalvola DDV – attuatore è concettualmente piuttosto semplice: il movimento dello spool, generato dal motore della DDV, provoca l’apertura o la chiusura delle luci di trafilamento della servovalvola stessa consentendo la regolazione dell’afflusso di portata alle camere del attuatore (vedi figura 2.1).

Figura 2.1: schema di funzionamento del complesso servovalvola DDV – attuatore, per attuatore

(2)

18

2.2

Possibili architetture del modello del motore DDV rotante

La movimentazione dello spool della DDV è ottenuta attraverso l’applicazione di una coppia motrice (Tm) generata da un motore elettrico; tale motore è in genere costituito da j

bobine o coil (generalmente poiché la ridondanza elettrica è quadruplice sono presenti quattro bobine).

In mancanza di precise informazioni costruttive sull’architettura del motore, quelle possibili sono essenzialmente di due tipi:

• Il motore è costituito da quattro motori lineari indipendenti e magneticamente disaccoppiati disposti circonferenzialmente sullo shaft (Linear Torque Motor, LTM). Il motore è di tipo brushless a rotazione limitata (Brushless Motor Limited Angle,

BMLA).

Le informazioni fornite dall’Actuator Supplier (AS) [7] indicano una diminuzione della coppia all’aumentare dell’angolo di rotazione dello spool. La modellazione di questo effetto, a meno di non coinvolgere fenomeni di saturazione della corrente e di isteresi magnetica, non può essere rappresentata attraverso il modello LTM mentre è perfettamente concorde con il modello del BMLA.

Alla luce di questo fatto la modellazione del motore di coppia viene basata sul modello del BMLA. Per lo sviluppo analitico del modello del LTM si rimanda all’Appendice A.

(3)

19

2.3

Principio base di funzionamento del BMLA e

modellazione della dinamica del sistema

2.3.1 Generalità sui motori brushless

Il motore brushless a magneti permanenti da un punto di vista costruttivo è analogo ad una macchina sincrona nella quale è stato sostituito l’avvolgimento di eccitazione, disposto come noto sul rotore, con una serie di magneti permanenti in grado di instaurare al traferro un campo magnetico del tutto simile a quello prodotto dall’avvolgimento di eccitazione [8]. L’aggettivo brushless (senza spazzole) indica appunto che non essendoci nessun avvolgimento di eccitazione non è necessario predisporre un sistema strisciante per convogliare la corrente al rotore.

Generalmente i motori brushless si differenziano in due categorie: i DC – brushless (Direct Current - brushless) e gli AC – brushless (Alternate Current - brushless). La differenza sostanziale è che mentre nei primi il campo magnetico al traferro ha un andamento ad onda trapezoidale, tipico dei motori alimentati in corrente continua, nei secondi il campo al traferro ha un andamento sinusoidale tipico delle macchine a corrente alternata.

I motori di tipo brushless sono caratterizzati dall’erogare una coppia magnetica (per ciascuna fase presente) dipendente, tramite funzioni trigonometriche, dalla posizione angolare del rotore; in termini analitici si ha che:

(

cos ,sin

)

m

T = f θ θ (2.1) L’equazione 2.1 indica che se il motore non è limitato angolarmente e se la fase presente è solo una la coppia esibisce un andamento variabile in maniera sinusoidale. Per evitare l’andamento sinusoidale della coppia rendendola costante si realizza un motore brushless polifase (generalmente a due o tre fasi) pilotate alternativamente tra di loro: in questa maniera ogni fase esibisce ancora una coppia che è analiticamente rappresentabile secondo l’equazione 2.1, ma la somma di queste onde che sono angolarmente sfalsate genera una coppia che è sostanzialmente costante con la posizione angolare del rotore.

(4)

20

2.3.2 Motori brushless a rotazione limitata (BMLA)

I BMLA sono dei motori brushless alimentati in corrente continua con una capacità di rotazione angolare limitata [9]: in altre parole il rotore non può compiere un giro completo di 360 deg, ma ha un massimo angolo di rotazione. Supponendo che il motore sia costituito da una sola fase la coppia che essa eroga è ancora data dalla relazione funzionale 2.1, inoltre se il massimo angolo di rotazione è abbastanza piccolo la diminuzione della coppia in funzione della rotazione è sufficientemente contenuta.

La corretta modellazione di un BMLA passa attraverso la conoscenza precisa della sua geometria interna. In assenza di specifiche informazioni quello che si può fare è costruire un modello sulla base di ipotesi ragionevoli.

Le ipotesi sulla base delle quali si sviluppa il modello del motore sono le seguenti: • Il sistema è fault-tolerant con quattro coil indipendenti.

• In condizione normal-operative tre coil sono attive ed una è in stand-by.

• La generazione della coppia magnetomotrice è ripartita in maniera equa su ogni coil attiva.

• Ogni coil è controllata da una sezione elettronica separata. • Sono trascurati gli effetti di mutua induttanza tra le coil.

Sulla base di queste ipotesi quindi la situazione è riconducibile allo schema semplificativo di figura 2.2.

(a) (b)

Figura 2.2: schema semplificativo per la modellazione di un BMLA: architettura motore fault-tolerant

(5)

21

Relativamente alla figura 2.2a è possibile notare la disposizione toroidale delle quattro bobine sulla parte statorica, il cui flusso di campo magnetico interagendo con quello prodotto dai magneti permanenti, disposti sulla parte rotorica, genera la coppia magnetomotrice.

In figura 2.2b è invece evidenziato lo schema del motore equivalente sulla base del quale viene modellata la dinamica della corrente e quindi la generazione della coppia magnetomotrice. Il motore equivalente è costituito da un’unica bobina e due magneti permanenti.

In figura 2.2b sono inoltre evidenziati i seguenti assi: l’asse di coil o asse della fase, l’asse diretto o asse polare (d), l’asse in quadratura o asse interpolare (q).

L’asse di coil è sempre fisso in quanto la coil è solidale allo statore e quindi non ruota; al contrario sia l’asse diretto e l’asse in quadratura ruotano solidalmente al rotore. Gli assi diretti ed in quadratura sono i due assi di simmetria del rotore è presentano riluttanze diverse: questo vuol dire che il flusso incontrerà un’opposizione diversa a seconda dell’asse considerato. L’angolo θ, che è l’angolo di rotazione dello spool, è anche l’angolo che istante per istante definisce la posizione dell’asse diretto e l’asse ortogonale all’asse di coil.

Si noti infine che per l’ipotesi secondo la quale la generazione della coppia magnetomotrice è ripartita in maniera equa su ogni coil attiva, il valore della coppia magnetica ricavato dalla modellazione del motore attraverso lo schema di motore equivalente deve essere moltiplicata per il numero di coil attive.

2.3.3 Modello dei circuiti elettrici di alimentazione

L’equazione della dinamica della corrente circolante nella bobina è data dalla seguente relazione [8]: coil coil d V R i N dt ϕ = ⋅ + ⋅ (2.2) La determinazione della dinamica della corrente è possibile solo se si esprime il valore dei flussi di campo magnetico all’interno del BMLA. Il calcolo dei flussi magnetici può essere determinato attraverso la costruzione di un circuito magnetico equivalente.

Le ipotesi sulla base delle quali si ricava il circuito magnetico equivalente sono:

• Il campo magnetico all’interno del BMLA è definito da due flussi magnetici primari: il flusso ϕc concatenato con la bobina ed il flusso ϕmconcatenato ai magneti permanenti.

(6)

22

• I suddetti flussi definiscono gli unici possibili percorsi per le linee di flusso.

• La riluttanza dei materiali ferromagnetici del rotore e dello statore viene trascurata. • Nei traferri in aria le linee di flusso sono dritte ed hanno forma regolare.

• Si assume che ogni magnete permanente sia un magnete in terre rare che lavora nel suo range lineare [10]. Si ipotizza di lavorare magneti Sm2Co17.

• Si trascurano i fenomeni di isteresi magnetica e di saturazione nei materiali ferromagnetici.

Sulla base delle ipotesi precedenti è possibile costruire uno schema della distribuzione dei flussi magnetici all’interno del BMLA, come evidenziato in figura 2.3. Nella medesima figura si evidenzia anche il percorso schematico delle linee di flusso, sulla base del quale si esprimono le riluttanze.

(a) (b)

Figura 2.3: circuito magnetico equivalente del BMLA: (a) schema della distribuzione dei flussi

magnetici, (b) percorso schematico delle linee di flusso per il calcolo delle riluttanze.

Poiché, come è già stato detto, il flusso incontra riluttanze lungo l’asse diretto e lungo l’asse di quadratura è necessario riferirsi a due circuiti magnetici differenti per modellare correttamente il valore del flusso.

(7)

23

Sostanzialmente ogni ramo del circuito impone al flusso magnetico di attraversare materiali differenti e traferri in aria. Ogni tratto può quindi essere caratterizzato da una riluttanza ℜ: si indica con ℜ la riluttanza lungo l’asse diretto e con d ℜ la riluttanza lungo q l’asse in quadratura, cioè:

2 A A 2 A e d q l g g μ μ μ ⎧ℜ = + ⎪⎪ ⎨ ⎪ℜ = ⎪⎩ (2.3)

Riferendosi ad un sistema di riferimento solidale al rotore è possibile scrivere le seguenti espressioni per i flussi magnetici:

sin cos cd d cq q m m d N i N i ϕ θ ϕ θ ϕ ⎧ = ⎪ ℜ ⎪ ⎪ = ⎪ ⎪ Φ ⎪ = ℜ ⎪⎩ (2.4)

Il flusso di campo magnetico lungo l’asse della coil è dato dalla somma algebrica delle componenti del flusso lungo l’asse diretto e lungo l’asse in quadratura (vedi figura 2.3a); analiticamente si ha che:

sin cos

c cd cq

ϕ =ϕ θ ϕ+ θ (2.5) Combinando la relazione 2.5 con le prime due della 2.4 si ha che:

2 2 sin cos c d q N i θ θ ϕ = ⋅ ⎛⎜ + ⎞⎟ ℜ ℜ ⎝ ⎠ (2.6) Il flusso complessivo è dato dalla somma di quello concatenato con la coil e dalla proiezione del flusso concatenato con i magneti permanenti lungo l’asse della coil; combinando l’equazione 2.6 con la terza delle 2.4 si ha:

2 2 sin cos sin m d q d N i θ θ ϕ= ⋅ ⎛⎜ + ⎞ Φ⎟+ θ ℜ ℜ ℜ ⎝ ⎠ (2.7)

(8)

24

A questo punto è possibile esprimere l’equazione della dinamica della corrente; combinando le relazioni 2.7 e 2.2 si ottiene:

( )

( )

2 2 2 2

2 sin cos sin cos cos

, m coil coil d q d q d coil coil b N di d V R i N i dt dt di R i L K i dt θ θ θ θ θ θ θ θ θ ⎡ ⎛ ⎞ ⎛ ⎞⎤ ⋅Φ ⋅ = ⋅ + ⋅⎢ ⋅⎜ + ⎟+ ⋅ ⎜ + ⎟⎥+ = ℜ ℜ ℜ ℜ ℜ ⎢ ⎝ ⎠ ⎝ ⎠⎥ ⎣ ⎦ = ⋅ + ⋅ + ⋅   (2.8) dove:

( )

( )

2 2 2 2 2 2 sin cos cos sin cos , coil d q m b d q d L N N d K i N dt θ θ θ θ θ θ θ ⎧ ⎛ ⎞ = ⋅ + ⎪ ⎜ ℜ ℜ ⎪ ⎨ ⎛ ⎞ ⋅Φ ⋅= + + ⎜ ⎟ ⎪ ⎝ ⎠ ⎩ (2.9)

L’equazione precedente può essere notevolmente semplificata se l’angolo di rotazione dello spool è, come in questo caso, molto piccolo. Sotto questa ipotesi l’espressione precedente assume la seguente forma:

2 cos m coil coil q d N N di V R i dt θ θ ⋅Φ ⋅ = ⋅ + ⋅ + ℜ ℜ  (2.10) Si ritiene importante far notare che la possibilità di trascurare i termini sin2θ, cos2θ e

2 2 sin cos d q d dt θ θ ⎛ ⎞ + ⎜ ⎟ ⎜

⎝ ⎠ è ovviamente subordinata al fatto che il massimo angolo di rotazione sia sufficientemente piccolo ma anche al fatto che la corrente, o meglio il prodotto

2 2 sin cos d q d i dt θ θ ⎛ ⎞ ⋅ ⎜ + ⎟ ℜ ℜ

⎝ ⎠, non sia eccessivamente grande: in questo caso infatti il termine del secondo ordine potrebbe risultare non trascurabile.

2.3.4 Modello della dinamica del PWM

Generalmente per rendere più rapida la risposta in corrente del circuito, la tensione di alimentazione alle bobine viene fornita da un opportuno servo-amplificatore che, realizzando un controllo in ciclo chiuso sulla corrente della bobina, fornisce la tensione V sulla base coil dell’errore rilevato tra la corrente di comando e quella effettivamente circolante nella bobina.

(9)

25

Nell’ambito di questo lavoro di tesi la tensione ai capi della bobina è ottenuta con un controllo in ciclo chiuso sulla corrente che fa uso della tecnica del PWM.

La Modulazione di Larghezza di Impulso (Pulse Width Modulation o PWM) è un tipo di modulazione analogica in cui l’informazione è codificata sottoforma di durata nel tempo di ciascun impulso di un segnale [11]. La durata di ciascun impulso può essere espressa in rapporto al periodo tra due impulsi successivi: questo è il cosiddetto concetto del duty cycle. Un duty cycle pari 0% implica un impulso di durata nulla, cioè in pratica assenza di segnale, mentre se il duty cycle è pari al 100% questo significa che l’impulso termina nel momento in cui inizia il successivo [11]. In figura 2.4 è riportato il segnale modulato con la tecnica PWM a partire dal segnale originale.

Figura 2.4: esempio di segnale modulato attraverso la tecnica del PWM [11].

Come è possibile osservare dalla figura 2.4 la modulazione avviene confrontando il segnale di ingresso (linea verde di figura 2.4) con un’onda a dente di sega (linea blu di figura 2.4) avente una frequenza almeno di dieci volte maggiore rispetto all’ampiezza di banda del segnale. Il segnale modulato (linea rosa in figura 2.4) avrà impulsi di ampiezza proporzionali a quelli del segnale.

Nell’ambito di questo lavoro di tesi il PWM è modellato attraverso una dinamica tri-stato; in particolare a seconda del segnale di errore registrato dal sistema di controllo il PWM fornisce ai capi della coil una tensione di alimentazione pari a ±Vcoil max o 0 generando un segnale in uscita simile a quello rosa riportano in figura 2.4. La tensione di alimentazione ai

(10)

26

capi della coil è fornita attraverso un ponte H (o H bridge) controllato attraverso opportune porte o gate.

In figura 2.5 ed in tabella 2.1 sono riportati rispettivamente lo schema dell’H bridge e le logiche di funzionamento dei gate; l’analisi della tabella 2.1 consente di comprendere il motivo per cui il PWM è, in questo caso, modellato attraverso una logica tri-stato.

Figura 2.5: schema dell’H bridge.

GATE VAB STATE G1 G2 G3 G4 1 1 0 0 X X 0 0 1 1 X X 1 0 1 0 0 X 0 1 0 1 0 Zero

1 0 0 1 +Vcoilmax High

0 1 1 0 −Vcoil max Low

(11)

27 2.3.5 Modello della dinamica dello spool

Il modello della dinamica dello spool è ottenuto attraverso un semplice bilancio del momento della quantità di moto.

Generalmente nei motori per DDV è presente una molla di centraggio il cui scopo è quello di creare in effetto di richiamo eleatico dello spool; in questo caso le informazioni fornite dall’Actuator Supplier [7] indicano che la molla di centraggio non è presente, per cui l’equazione di bilancio della quantità di moto risulta:

( )

,

shaft shaft m flow friction

J θ+D θ=T θ i +T +T (2.11) Nel caso si prenda in esame la DDV isolata (o come si dice “a secco”) la coppia di flusso idraulico non compare nel bilancio di quantità di moto, mentre compare quella di attrito. Il modello più semplice che si può utilizzare per esprimere la coppia di attrito è quello coulombiano, secondo cui:

sgn( )

friction friction

T = −T θ (2.12)

La coppia magnetomotrice può essere calcolata utilizzando il concetto di co-energia [9]; considerando l’equazione 2.8 e moltiplicando per il valore della corrente circolante nelle bobine si ottiene la potenza assorbita (P ) dal BMLA: in

( )

, 2 2 sin2 cos2 sin2 cos2 m cos in coil d q d q d N di d P i R i N i i i dt dt θ θ θ θ θ θ = ⋅ + ⋅ ⋅⎢⎡ ⋅⎛⎜ + ⎞⎟+ ⋅ ⎜⎛ + ⎞⎟⎥⎤+ ⋅Φ ⋅ ⋅ ⋅θ ℜ ℜ ℜ ℜ ℜ ⎢ ⎝ ⎠ ⎝ ⎠⎥ ⎣ ⎦  (2.13)

La coppia magnetomotrice erogata dal motore al variare della corrente è data dalla seguente relazione funzionale:

( )

, in m P i T θ θ =  (2.14) da cui si ricava la seguente espressione:

2 2

1 2

2sin cos 2sin cos cos m m m m d d q T = ⋅ ⋅N i Φ θ +N i⎜⎛ θ θ − θ θ ⎟⎞=T +T ℜ ℜ (2.15)

(12)

28

dove T è il termine di coppia “primario” e m1 T è il termine di coppia “secondario”, cioè: m2

( )

1

2 2 2 2

2

cos

2sin cos 2sin cos 1 1

sin 2 m m d m d q d q T N i T N i N i θ θ θ θ θ θ Φ ⎧ = ⋅ ⋅ ⎪ ⎨ = = ⋅ ⋅ ⎜ ⎟ ⎜ ⎟ ⎪ ⎩ (2.16)

Sotto le stesse ipotesi sulla base delle quali si semplifica l’espressione della corrente, anche l’espressione precedente può essere semplificata ottenendo:

cos m m d N T = ⋅Φ ⋅ θ ⋅i ℜ (2.17) Se con ncoil si indica il numero di bobine attive, la coppia erogata dal motore è data dalla

relazione 2.15 (o 2.17 nel caso si assuma valida la semplificazione) moltiplicata per il numero di bobine attive.

2.3.6 Calcolo dell’area dei tubi di flusso e del numero di avvolgimenti della bobina Per implementare la modellazione fin qui riportata è necessario andare ad esprimere il valore dell’area dei tubi di flusso, il numero di avvolgimenti della singola bobina ed il valore della forza magnetomotrice dei magneti permanenti.

Assumendo che la lunghezza dei magneti permanenti (lm) e la grandezza del traferro

magnetico ( g ) siano parametri noti è possibile esprimere il valore di Φ , A ed N. m

Se Hc è la coercitività magnetica dei magneti permanenti ed lm la loro lunghezza, la forza

magnetomotrice dei magneti permanenti è data dalla seguente relazione [10]:

m H lc m

Φ = ⋅ (2.18) Per calcolare il numero di avvolgimenti per la singola bobina (N) e l’area della sezione dei tubi di flusso (A) è sufficiente conoscere l’induttanza della singola bobina (Lcoil) a

rotazione nulla, ed il guadagno coppia-corrente, a rotazione nulla, della singola bobina (Kb),

infatti: 2 2 2 2 0 sin cos coil d q q N L N θ θ θ = ⎛ ⎞ = ⋅⎜ + ⎟ = ℜ ℜ ℜ ⎝ ⎠ (2.19)

(13)

29 0 m b d N T K i θ = ⋅Φ ∂ = = ∂ ℜ (2.20)

Combinando le relazioni 2.3, 2.19 e 2.20 si ottiene l’espressione dell’area della sezione del tubo di flusso ed il numero di avvolgimenti della singola bobina:

2 2 A Lcoil g N μ ⋅ = ⋅ (2.21)

(

22

)

m coil b m L g N K l g Φ ⋅ ⋅ = + (2.22)

(14)

30

2.4

Modello per il calcolo dei trafilamenti e delle forze di

flusso nella DDV lineare

2.4.1 Flusso attraverso un orifizio

Per caratterizzare le prestazioni idrauliche delle DDV, o più in generale delle servovalvole, è necessario andare ad esprimere l’efflusso di portata da un generico orifizio caratterizzato dalla’apertura o chiusura della luce di trafilamento della DDV durante il suo movimento.

In riferimento alla figura 2.6 la relazione che governa l’efflusso di portata dal generico orifizio è data da [12]:

(

)

1 sgn 1

i i i i i i

Q =K P+P P P+ (2.23) dove Pi+1 e Pi sono le pressioni rispettivamente a valle ed a monte dell’orifizio e Ki è il coefficiente di trafilamento dell’orifizio.

Figura 2.6: schema dell’efflusso di fluido attraverso il generico orifizio.

Il coefficiente di trafilamento dell’orifizio è legato all’area della luce di trafilamento

i

A attraverso la seguente relazione [12]:

2

i di i

K C A

ρ

= (2.24) dove ρ è la densità del fluido idraulico e Cdi il coefficiente di scarica dell’orifizio.

Studi sperimentali e teorici hanno dimostrato che il coefficiente di scarica dipende dalla geometria dell’orifizio (forma del condotto, superficie dell’orifizio, etc.) e dal numero di Reynolds [12], matematicamente si ha che:

(15)

31

(

geometria, Re

)

di

C = f (2.25) Specializzando la precedente relazione funzionale al caso dell’efflusso di fluido dall’orifizio di una DDV, si ottiene che [12]:

2 0 2 1 1 i i v ci di c C C C A C A ⋅ = ⎛ ⎞ − ⋅⎜ ⎝ ⎠ (2.26)

In particolare per quanto riguarda le grandezze dell’equazione 2.26 si possono fare le seguenti considerazioni:

• Il coefficiente di velocità (Cv) è un fattore empirico che viene inserito per tenere conto del fatto che, a causa degli effetti viscosi, la velocità di efflusso è minore di quella che si otterrebbe applicando all’orifizio l’equazione di Bernoulli.

• Il coefficiente di contrazione (Cci) è un fattore che indica la contrazione subita dalla vena fluida durante il passaggio attraverso l’orifizio; riferendosi ancora alla figura 2.5 si ha che [12]: 2 0 i i ci A C A = (2.27)

Nel caso di piccole aperture dell’orifizio o piccoli salti di pressione il numero di Reynolds può essere sufficientemente basso da far si che il regime di flusso sia laminare; in questo caso il legame tra la portata e la pressione è di tipo lineare ed il coefficiente di scarica risulta espresso dalla seguente relazione [12]:

_ laminare Re di

C =δ (2.28)

dove δ, che è ancora dipendente dalla geometria, è detto coefficiente di efflusso laminare. Il coefficiente di scarica in regime di flusso laminare, espresso dalla relazione 2.28, aumenta e tende a diventare costante quando il regime di flusso è completamente turbolento. In questo caso il valore del coefficiente di scarica è dato dalla seguente relazione [12]:

[

]

_ turbolento 0.6 - 0.8 di

(16)

32

Le equazioni 2.28 e 2.29 sono valide rispettivamente nel caso di regime di flusso completamente laminare e regime di flusso completamente turbolento. Nel caso di flusso “misto”, cioè della possibilità della cosiddetta laminarizzazione del flusso di orifizio [13] è possibile esprimere il coefficiente di scarica attraverso la seguente relazione [14]:

_ turbolento Re tanh Re di di t C =C ⎝ ⎠ (2.30)

dove Ret è il numero di Reynolds a cui si ha la transizione da laminare a turbolento ed Re è il numero di Reynolds che, per un orifizio, è definito dalla seguente relazione [12]:

0 Re Q Dh A ρ μ ⋅ ⋅ = ⋅ (2.31) dove μ è la viscosità dinamica del fluido idraulico e D è il diametro idraulico dell’orifizio. h

Se si considera un orifizio rettangolare e sottile, che è il caso di interesse per quanto riguarda lo studio delle servovalvole, l’espressione 2.31 risulta [12]:

2 Re Q w ν ⋅ = ⋅ (2.32) dove ν è la viscosità cinematica del fluido idraulico.

La schematizzazione dell’orifizio come rettangolare sostanzialmente consiste nel supporre che la luce di trafilamento possa essere immaginata come un rettangolo avente un lato costante (w) e l’altro che è variabile a seconda della rotazione dello spool.

2.4.2 Flusso attraverso una servovalvola a quattro vie

In relazione alla figura 2.7, che rappresenta lo schema di una DDV rotante a quattro vie1, le equazioni che governano il flusso di portata di fluido idraulico attraverso le luci di trafilamento sono date da:

1 4

2 3

bilancio di portata nella valvola

a b Q Q Q Q Q Q = − ⎧ ⎨ = ⎩ (2.33)

1: la simmetria radiale dei condotti è necessaria per evitare che le forze di pressione premano lo spool contro la sua sede nella cassa, generando attriti coulombiani inaccettabili.

(17)

33

1 1 0

2 2 0

3 3

4 4

caratterizzazione del flusso negli orifizi

a b b S a S Q K P P Q K P P Q K P P Q K P P ⎧ = − ⎪ ⎪ = − ⎪ ⎨ = − ⎪ ⎪ = − ⎪⎩ (2.34) 1 1 2 2 3 3 4 4 2 2

coefficiente di trafilamento per il generico orifizio 2 2 d d d d K C A K C A K C A K C A ρ ρ ρ ρ ⎧ = ⎪ ⎪ ⎪ ⎪ = ⎪ ⎨ ⎪ = ⎪ ⎪ ⎪ = ⎪ ⎩ (2.35)

Le equazioni 2.35, che rappresentano l’espressione del coefficiente di trafilamento per il generico orifizio, dipendono esclusivamente dall’area dell’orifizio considerato nel caso in cui si consideri un regime di flusso turbolento; in questo caso infatti il coefficiente di scarica risulta costante.

(a) (b)

(18)

34

L’apertura della luce di trafilamento è subordinata alla rotazione dello spool; poiché le rotazioni in gioco sono piuttosto piccole è possibile confondere l’arco del cerchio con la corda.

È quindi possibile scrivere che:

s m

x = ⋅ (2.36) r θ

Come già detto le aree delle luci di trafilamento sono funzione della rotazione dello spool (θ ); in particolare, riferendosi alla figura 2.7b, per θ >0 le luci di trafilamento di area A1 e A3

si aprono mentre si chiudono quelle di area A2 e A4. Poiché la servovalvola risulta essere

simmetrica e tenendo conto della relazione 2.36 si ricavano con immediatezza le seguenti relazioni:

( )

( )

( )

( )

1 3 2 4 1 2 a s b s s s A A A x A A A x A x A x = = ⎧ ⎪ = = ⎨ ⎪ = ⎩ (2.37)

A questo punto è necessario dare un’espressione delle aree in funzione della posizione dello spool. Per far questo si tiene conto del gioco radiale (radial clearance, Cr) tra spool e

sleeve e del ricoprimento negativo (underlap, u) che si ha quando il cassetto di distribuzione è in posizione centrata. È importante precisare che anche quando lo spool è in posizione centrata la generica luce di trafilamento non risulta completamente chiusa, per cui si ha sempre un flusso di fluido idraulico. Tale passaggio di flusso, il cosiddetto Lekage Flow, riveste un’importanza fondamentale nell’ambito dell’innalzamento della temperatura del fluido nei condotti.

L’efflusso di fluido attraverso le luci di trafilamento ed il passaggio di fluido nelle camere della servovalvola generano delle forze che agiscono direttamente sullo spool, che in letteratura vengono chiamate Forze di Flusso.

La componente stazionaria delle forze di flusso, che è quella che riveste importanza ai fini dell’analisi dei trafilamenti, è inclinata di un angolo ψ rispetto all’orizzontale; essa può quindi essere scomposta in due componenti: una è ortogonale all’asse dello spool, mentre l’altra è tangente alla circonferenza dello stesso. L’angolo ψ è detto jet angle (o angolo di deviazione del getto) ed è definito come l’angolo acuto compreso tra la direzione del getto e l’asse dello spool e sotto l’ipotesi di fluido irrotazionale, non viscoso ed incompressibile

(19)

35

dipende dalla apertura assiale della luce e dal gioco radiale secondo la seguente relazione dovuta a Von Mises [12]:

1 sin ln tan cos

2 2 2

1 cos ln tan sin

2 4 2 s r x C π ψ π ψ ψ π ψ π ψ ψ ⎡ ⎛ ⎞⎤ + ⋅ − ⋅ ⎝ ⎠ ⎣ ⎦ = ⎡ ⎛ ⎞⎤ + ⋅ − ⋅ ⎝ ⎠ ⎣ ⎦ (2.38)

In figura 2.8 è proposta una rappresentazione grafica dell’equazione 2.38, in cui si evidenzia l’influenza del gioco radiale sul valore del jet angle.

Figura 2.8: rappresentazione grafica dell’equazione del jet angle [12].

Poiché la forza di flusso assiale si oppone sempre al moto dello spool la sua azione è sempre stabilizzate. È quindi immediato comprendere il motivo per cui la forza di flusso assiale è assimilata all’azione esercitata da una molla di centraggio.

Se 1,..., 4i= è l’indice che identifica l’i-esima via della servovalvola la componente assiale totale della forza di flusso può essere espressa mediante la seguente relazione [15]:

( )

2 4 1 1 i cos a i tot i i c i Q F C A ρ ψ = =

− ⋅ ⋅ (2.39) dove vanno tenute in conto le seguenti relazioni [15]:

(20)

36

(

)

1 2 1 2 2 sgn i i d i i i Q C A P P P P ρ = − − (2.40)

1 sin ln tan cos

se 1,3

2 2 2

se 2, 4

1 cos ln tan sin

2 4 2 i i i i i s s s s r i i i x u x i x u x i C ψ π ψ π ψ ψ π ψ π ψ ⎡ ⎛ ⎞⎤ + ⋅ − + = ⎧ ⎝ ⎠ ⎣ ⎦ = = ⎨ − = ⎡ ⎛ ⎞⎤ + ⋅ − ⋅ ⎝ ⎠ ⎣ ⎦ (2.41)

e dove A è dato dalle relazioni 2.37 mentre i Cdi =Cd in quanto il flusso è assunto completamente turbolento negli orifizi.

La componente di forza di flusso tangente moltiplicata per il raggio dello spool genera la coppia di flusso; considerando la relazione 2.39 si può scrivere che:

( )

2 4 1 1 i i cos flow i m i c i Q T r C A ρ ψ = ⎛ ⎞ = − ⋅ ⋅ ⋅ ⎝

⎠ (2.88)

la quale evidenzia come anche la coppia di flusso abbia l’effetto di un’azione di centraggio, che in questo caso è assimilabile all’azione di una molla torsionale.

Figura

Figura 2.1: schema di funzionamento del complesso servovalvola DDV – attuatore, per attuatore
Figura 2.2: schema semplificativo per la modellazione di un BMLA: architettura motore fault-tolerant
Figura 2.3: circuito magnetico equivalente del BMLA: (a) schema della distribuzione dei flussi
Figura 2.4:  esempio di segnale modulato attraverso la tecnica del PWM [11].
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