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II. Dal IX alla prima metà del X secolo

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II. Dal IX alla prima metà del X secolo

Premessa

Il periodo tra il IX e la prima metà X secolo è caratterizzato dalla lenta conquista della Sicilia bizantina per mano di contingenti militari Arabi e Berberi inviati dagli emiri Aglabiti d’Ifriqiyya e dal successivo processo di stabilizzazione del potere, conclusosi con al-Kalbi (948-964), fondatore dell’omonimo emirato kalbita.

Le fonti ricordano le scorrerie della flotta araba nel Canale di Sicilia a partire dalla seconda metà del VII secolo, con un crescendo progressivo nel corso dell’VIII, e una prima spedizione in Sicilia nel 7401. In seguito alla conquista persiana dell’Egitto e all’avanzata araba nell’Esarcato d’Africa, la Sicilia si trovò a ricoprire un ruolo fondamentale negli approvvigionamenti dell’Impero2. Per proteggere questa terra divenuta di confine, i Bizantini crearono uno specifico thema di Sicilia alla fine del VII secolo3. In questo modo l’Isola diventava di fatto una provincia militarizzata, con la presenza di guarnigioni permanenti di soldati, proprietari della terra che difendevano. La conquista araba dell’Isola richiese settantacinque anni, dal primo sbarco a Mazara, il 16 giugno dell’827, alla presa di Taormina nel 902. L’ultimo baluardo della resistenza bizantina, Rometta, cadrà solo nel 965. Le fasi della conquista sono note nel dettaglio grazie al resoconto fornito dalla cosiddetta Cronaca di Cambridge4, composta da un autore siciliano anonimo tra 988 e 10315. L’avanzata araba fu rapidissima nella Sicilia occidentale e in parte della Sicilia centrale, mentre richiese tempi ben più lunghi per il Val di Noto e il Val Demone (fig. 5). La lunga contrapposizione sul campo tra Arabi e Bizantini determinò la creazione di una frontiera interna all’Isola, i cui effetti economici e sociali sono in gran parte da indagare. La fine della conquista non portò stabilità nell’immediato. Numerosi scontri opposero Arabi e Berberi in Sicilia6 finchè l’ordine non fu ristabilito con Hasan al-Kalbi che alla metà del X secolo fondò l’emirato kalbita in Sicilia.

1

GABRIELI, SCERRATO 1979, p. 36.

2

La riprova materiale del ruolo di primo piano ricoperto dall’Isola nei rifornimenti dell’Impero è contenuta nei sigilli bizantini di Siracusa, attestanti la presenza di un embolator e la pratica del

kommerkion-coemptio, con vendite forzate di prodotti agricoli dalla metà del VII secolo. Vedi PRIGENT

2010. 3 O IKONOMIDÈS 1964. 4 A MARI 1880-1881, pp. 277-293. 5 S CHREINER 1975. 6 DE SIMONE 2003, p. 73.

(2)

II.1 La produzione, la circolazione e il consumo di manufatti ceramici tra il IX e la prima metà X secolo

Nonostante i recenti rinvenimenti abbiano arricchito i dati a nostra disposizione, la cultura materiale altomedievale siciliana è ancora poco nota.

Le evidenze sono esigue e insufficienti alla definizione di un quadro delle produzioni ceramiche che comprenda l’intero territorio regionale (fig. 6). Come è stato più volte segnalato, manca tuttora una sequenza stratigrafica continua che copra l’VIII e il IX secolo e che possa essere utilizzata per la costruzione di una prima seriazione della ceramica altomedievale7. Le nostre conoscenze sulle produzioni ceramiche migliorano notevolmente a partire dal X secolo.

Per quanto riguarda la produzione ceramica, l’assenza di resti di strutture produttive ascrivibili all’altomedioevo non ci permette di conoscere molto sulle officine e sugli aspetti legati alla loro attività.

Iniziando dall’VIII secolo, sono note alcune produzioni locali di ceramica grezza e depurata. Nella Sicilia occidentale, la ceramica da fuoco è costituita essenzialmente da olle8 e casseruole9 tornite rinvenute in contesti di tipo urbano o rurale, con morfologie in linea con le produzioni tardoantiche10. I rinvenimenti attestano la compresenza di ceramiche da fuoco tornite sia con cotture ossidanti sia con cotture riducenti e impasti calcitici, la cui introduzione non sembrerebbe anteriore all’VIII secolo.

Nella Sicilia orientale, i recenti scavi e le ricognizioni in area megarese hanno evidenziato l’esistenza di produzioni locali di pentole e casseruole (?) inquadrabili tra la metà del VII e l’VIII secolo11.

Le produzioni locali di ceramiche depurate note hanno un buon livello qualitativo generale. Si rinvengono frequentemente brocchette con corpo piriforme o fusiforme,

7 A

RCIFA 2010b, p. 107.

8 Cefalù – Duomo (A

RDIZZONE 2004, VIII secolo).

9

Cefalù – Duomo (ARDIZZONE 2004, VIII secolo). Ricognizioni Imera, siti di Passo Grande e Vallone S. Antonio (VASSALLO 1988). Ricognizioni Contessa Entellina, siti di Carrubbella UT 67; Calatamauro UT 133; Duchessa 2 UT 200; Miccina UT 216 (MANGIARACINA c.d.s.). Racalmuto - Colmitella (RIZZOET ALII 2012, p. 422, tav. I, 1-2, fine VII secolo). Ricognizioni Calatafimi (MOLINARI, NERI 2004, p. 122, nota 27). Monreale Survey (cfr. ARDIZZONE 2004, p. 378, nota 28. Si tratta di casseruole forse non appartenenti alla classe “a stuoia”).

10 A

RDIZZONE 2004.

11 A

RCIFA 2010a-b; CACCIAGUERRA 2010a. Per il quadro complessivo delle produzioni da fuoco vedi

(3)

attestate come elementi di corredo nelle sepolture altomedievali12. Sono note inoltre alcune forme della seconda metà dell’VIII secolo per la preparazione dei cibi, la dispensa e la mensa13. Dal punto di vista morfologico e tecnologico tali manufatti sono ancorati alla tradizione tardoantica14.

Tra le forme chiuse ricorrono i rinvenimenti di contenitori (anfore, anforette e brocchette) caratterizzati da anse con una profonda solcatura mediana (VIII-IX secolo). L’estrema frammentarietà dei rinvenimenti non ha per ora permesso una precisa ricostruzione delle caratteristiche morfologiche di questi contenitori.

La loro circolazione interessa in particolare i centri urbani e rurali della Sicilia orientale e centrale, con scarse attestazioni nella parte occidentale dell’isola.

La produzione di questi manufatti deve aver riguardato più centri, come indicato dalla presenza di anfore con impasti di tipo diverso15. La presenza di inclusi vulcanici in alcune anfore indica che uno o più centri produttori sono da localizzare in area etnea16. Recentemente è stata avanzata l’ipotesi che tra i contenitori con anse solcate rinvenuti in alcuni centri dell’Adriatico potrebbero esserci degli esemplari di produzione siciliana17. Se verificata, tale ipotesi aprirebbe nuovi scenari che attesterebbero esportazioni dalla Sicilia orientale verso l’Adriatico tra VIII e IX secolo.

Le uniche ceramiche siciliane di cui è nota una circolazione extra-regionale sono le lucerne ovoidali “a ciabatta”, rinvenute a Roma e Napoli18.

Per quanto riguarda le importazioni note, esse sono relative al contenuto delle anfore globulari altomedievali (vino o olio ?) e a ceramiche a vetrina pesante, con cronologie comprese tra VIII e prima metà X secolo.

L’evidenza delle anfore globulari di importazione segnala che le due parti dell’isola, occidentale e orientale, hanno rapporti commerciali con aree differenti19. La Sicilia occidentale mostra un’apertura verso l’area campana, mentre la Sicilia orientale è legata a contatti con le province bizantine. La diffusione di questi prodotti di importazione non interessa per il momento gli insediamenti dell’interno.

12 Passo Grande (V

ASSALLO 1988, VIII secolo). Vittoria – Lavina (PATITUCCI UGGERI 1976, inizi IX secolo) e Siracusa - Grotticelli (ORSI 1896, inizi IX secolo).

13

Per il quadro complessivo delle produzioni in ceramica depurata vedi ultra il paragrafo II.2.3.

14 ARCIFA 2010b, pp. 112-115. 15 A RCIFA 2004b. 16 Ibidem. 17

Cfr. CACCIAGUERRA 2012, p. 616. Le attribuzioni riguardano i rinvenimenti di Crotone (CORRADO

2001, p. 563, tav. XII, 115), Otranto (DE MITRI 2005, p. 414, fig. 8, 4), Torcello (LECIEJEWICZ, TABACZYNSKA, TABACZYNSKI 1977, p. 23, fig. 18, 26, forse residuale in un contesto di X-XII secolo).

18 C

ECI 1992; PATTERSON 1992.

19

(4)

Nella Sicilia occidentale nel corso dell’VIII secolo arriva il vino contenuto nelle anfore globulari prodotte in più centri nella Baia di Napoli, ricollegabili in alcuni casi a proprietà della Chiesa romana20. È stato ipotizzato che il vino flegreo venisse imbarcato nelle navi che facevano ritorno in Sicilia dopo aver trasportato a Roma il grano dei possedimenti del Patrimonium Sancti Petri siciliano21. Rimane a nostro avviso da verificare la persistenza di un commercio di tipo “annonario”, ancora nell’VIII secolo, come è stato ipotizzato per spiegare le attestazioni di anfore di area flegrea in Sicilia. Il commercio del vino contenuto in queste anfore potrebbe essere slegato da un circuito “annonario” e non aver subito interruzioni in seguito alla confisca del Patrimonium dopo il 732-733 d.C., che riguardò anche i possedimenti siciliani delle Chiesa romana22. Le attestazioni di queste anfore sono in generale connesse a contesti di ambito ecclesiastico. Tale legame, ove consentito dalla natura del ritrovamento, è stato verificato anche in Sicilia23. I rinvenimenti di anfore flegree riguardano in particolare i centri costieri della Sicilia occidentale e meridionale, Siracusa e Malta24. Le attestazioni siciliane non sono quantitativamente rilevanti e inoltre sono spesso decontestualizzate. Non ci consentono quindi al momento di percepire l’entità di tali scambi e di precisarne meglio la cronologia, sebbene essa sia stata comunque fissata tra la fine del VII e il primo quarto dell’VIII secolo25. Il giudizio sulla continuità o rottura del commercio di derrate tra queste aree necessita quindi a nostro avviso di una casistica più ampia e che poggi su dati maggiormente stratificati.

Diversa la situazione nella Sicilia orientale, dove si rinvengono invece anfore globulari altomedievali di provenienza orientale inquadrabili nell’VIII secolo26 . La loro distribuzione interessa le aree costiere tra Messina e Siracusa e alcuni grandi insediamenti rurali in area megarese27. Anche in questo caso i rinvenimenti sono poco stratificati e inoltre provengono in molti casi da ricognizioni subacquee o di superficie. Nel caso del contesto di S. Agata al Carcere a Catania questi contenitori sono ascrivibili

20 D E ROSSI 2005. 21 A RDIZZONE 2000, p. 405; DE ROSSI 2005, p. 547. 22 P RIGENT 2004. 23

DE ROSSI 2005;ARDIZZONE 2000;ARDIZZONE 2010, pp. 58-60.

24

ARDIZZONE 2010, pp. 58-60 e p. 71, fig. 8.

25 Ibidem.

26 Per l’area megarese (C

ACCIAGUERRA 2012): Castello svevo di Augusta, recupero (tipo Sarachane 35/42, VIII secolo). Xirumi (tipo Sarachane 40/41, VIII-inizi IX secolo). Priolo – Castellaccio (tipo Sarachane 40/41, VIII-inizi IX secolo). San Cusumano (tipo Sarachane 40/41, VIII-inizi IX secolo). Siracusa (tipo Sarachane 40/41, VIII-inizi IX secolo). Punta Castelluccio (tipo Sarachane 58 A, IX secolo). Megara Iblea.

27

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alla fine dell’VIII secolo28. Anfore globulari altomedievali sono inoltre attestate a Lipari29 e Malta30. Le altre importazioni note si riferiscono alla ceramica a vetrina pesante, diffusa tra VIII-IX secolo soprattutto nella Sicilia orientale sia in ambito urbano che in aree suburbane e rurali e che segnalano contatti con l’area laziale, adriatica e orientale 31.

Per quanto riguarda le aree costiere della Sicilia centro-orientale, gli indicatori noti segnalano un modello di consumo simile tra città e aree rurali prossime alla costa32. Tra i vettori degli scambi in questo periodo vi sono probabilmente anche gli Amalfitani. Sappiamo infatti che commercianti greci, provenienti probabilmente dalla Sicilia sono menzionati nelle fonti romane di VIII secolo33. Essi vengono progressivamente sostituiti dagli Amalfitani nel corso del IX secolo34 che quindi potrebbero aver avuto un ruolo di rilievo nella commercializzazione dei prodotti tirrenici in Sicilia.

Le evidenze ascrivibili al IX secolo sono estremamente frammentarie e provengono solamente dalla Sicilia centrale e orientale. Nessun contesto di IX secolo è noto nella parte occidentale dell’isola, dove si conta solo qualche attestazione di anse con solcatura mediana (VIII-IX secolo). Alla fine dell’VIII secolo nella Sicilia orientale compaiono delle ceramiche da fuoco modellate a mano con decorazioni incise definite “a stuoia”, che segnalano un cambiamento nella produzione ceramica dell’area meridionale della Sicilia centrale e orientale. Le attestazioni di ceramiche “a stuoia” si sono moltiplicate negli ultimi anni. Recenti indagini a Rocchicella di Mineo35 e S. Agata al Carcere36 hanno permesso di stabilire un punto fermo nella definizione cronologica della classe tra la fine dell’VIII e gli inizi del IX secolo. Per il resto, la quasi totalità dei rinvenimenti proviene da indagini di superficie o prive di supporto stratigrafico37. La durata di tale produzione non è quindi ancora nota. Le interpretazioni date alla comparsa delle ceramiche “a stuoia” sono sostanzialmente antitetiche:

28 A RCIFA 2010a, pp. 25-27. 29 ARCIFA 2012a. 30

BRUNO, CUTAJAR 2002; BRUNO 2004, pp. 156-157, X secolo.

31 C ACCIAGUERRA 2010b, p. 29. 32 C ACCIAGUERRA 2009b, p. 293; CACCIAGUERRA 2012, p. 616. 33 DELOGU 2007, pp. 114-115. 34 Ibidem. 35 A RCIFA 2004a. 36 Ibidem. 37

(6)

- la comparsa delle ceramiche “a stuoia” segnala un cambiamento dei modi e dell’organizzazione della produzione in quell’area piuttosto che essere indizio dell’arrivo di popolazioni alloctone38. L’origine di tali prodotti è locale;

- le ceramiche “a stuoia” sono un portato alloctono. La loro presenza è dovuta allo stanziamento di contingenti militari provenienti dalle province orientali dell’impero bizantino39.

Tra le due ipotesi, la seconda è quella che a nostro avviso presenta alcuni problemi. In quest’ultimo caso non è stato trovato nessun confronto per questa forma ceramica, ma solo per la sua decorazione. Essa trova confronti in area adriatica e in aree nelle quali è stata sottolineata l’influenza della cultura barbarica. In particolare si è posto l’accento sull’appartenenza di tale decorazione a un gusto decorativo di area barbarica che si diffonde nei Balcani in seguito alle invasioni slave40.

La diffusione capillare della classe, sia in contesti urbani sia rurali della parte meridionale della Sicilia centrale ed orientale, rende difficile giustificare l’ipotesi di una produzione realizzata dai soldati. Inoltre, la produzione di ceramica su scala domestica è generalmente di competenza femminile.

Dal punto di vista morfologico e tecnologico, la casseruola con orlo introflesso non rappresenta una novità in Sicilia. Forme del tutto simili sono attestate nelle casseruole da fuoco diffuse in area occidentale già nell’VIII secolo (cat. 1.21.1-4) e la loro presenza è quindi legata al consumo di determinati alimenti nell’isola. La casseruola trova confronti con esemplari modellati a mano attestati nell’Africa bizantina, in Sardegna a Santa Filitica (fine VI-VII secolo), in Liguria41, in Toscana42.

Anche le caratteristiche tecnologiche delle ceramiche “a stuoia” ovvero l’impasto calcitico e la cottura riducente, sono preesistenti alla loro comparsa in Sicilia.

La questione dell’origine di tale produzione in Sicilia rimane a nostro avviso ancora aperta, poichè i dati attuali non convergono univocamente verso un’interpretazione ma lasciano aperte più possibili chiavi di lettura per il fenomeno.

La loro presenza potrebbe essere dovuta ad esempio all’emergere di una produzione di tipo domestico a partire dalla fine dell’VIII secolo. A sostegno di tale ipotesi si può far riferimento a una certa standardizzazione delle forme e alla presenza di casseruole “a

38 Cit. MOLINARI 2008, p. 387. 39 A RCIFA 2010c, p. 82. 40 Cit. A RCIFA 2010c, p. 74. 41 Cit. A RDIZZONE 2004, p. 378. 42 CANTINI 2003 pp. 79-81.

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stuoia” con impasti differenti in uno stesso sito43, difficilmente spiegabile ipotizzando la produzione dei manufatti in loco da parte dei militari (o del loro seguito), ma che potrebbe segnalare invece un commercio di tali manufatti e che certamente indica l’esistenza di una pluralità di centri produttori.

Le casseruole “a stuoia”, per le loro caratteristiche, potrebbero costituire un caso di prodotto ibrido. Su una forma già esistente in Sicilia, impiegata per le necessità della cucina locale, potrebbe essersi innestata la decorazione “a stuoia” che trova confronti per il momento, come abbiamo visto, con l’area adriatica e balcanica. Esse potrebbero quindi indicare un’avvenuta trasmissione culturale (che è sempre dovuta a forti interazioni sociali tra gruppi differenti), come è stato verificato per alcune produzioni di ceramiche da fuoco scandinave modellate a mano di età medievale44. In quest’ultimo caso, è stato possibile attribuire allo stanziamento di Slavi in Scandinavia alcune modificazioni sopraggiunte nelle produzioni locali. L’arrivo di questi nuovi gruppi in Scandinavia è leggibile con l’inizio di produzioni ceramiche la cui forma è in linea con le produzioni locali precedenti, è quindi funzionalmente di tradizione scandinava, ma inizia ad avere decorazioni incise (prima assenti) il cui gusto decorativo è di area slava. Le produzioni di ceramica depurata note per il IX secolo hanno un buon livello qualitativo45. Tra i contenitori anforici ricorrono i rinvenimenti di manufatti con anse a solcatura mediana che, come abbiamo visto, si collocano per il momento tra VIII e IX secolo.

Nella Sicilia orientale i vasai realizzano inoltre forme chiuse con decorazioni dipinte in rosso sopra uno strato di argilla liquida46. I motivi decorativi a volute o cappi annodati si riallacciano a produzioni diffuse in Italia centro-meridionale. Le analisi archeometriche hanno consentito di localizzare a Taormina una produzione locale di ceramiche dipinte (fine IX-inizi X secolo). Il rinvenimento di contenitori dipinti in rosso con motivi a cappi annodati con impasti differenti indica che altri centri si affiancano a questo. Le produzioni dipinte sono diffuse sia nei contesti urbani sia in quelli rurali della Sicilia orientale e spesso in associazione alle casseruole “a stuoia”. È stata notata una certa affinità tra questi contenitori anforici e quelli dipinti in rosso con anse

43

ARCIFA 2004b.

44R

OSLUND 2009, in particolare pp. 187-188. Ringrazio la Prof.ssa A. Molinari per avermi segnalato i contributi di M. Roslund.

45 Cfr. ultra il paragrafo II.2.3. 46

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analoghe, ma non è chiaro se le officine produttrici di ceramica dipinta in rosso producessero anche contenitori con anse solcate.

Le evidenze indicano una generale riduzione del numero di forme del registro ceramico di VIII-IX secolo, se comparato con i periodi precedenti. Nonostante ciò, il registro ricostruibile per la Sicilia orientale appare abbastanza articolato nelle classi e nelle forme. La riduzione delle forme della ceramica da fuoco potrebbe indicare delle modificazioni nella dieta verso il consumo di un numero minore di alimenti o di cibi che richiedono cotture differenti rispetto a prima. Le ceramiche da fuoco con impasto calcitico e cottura riducente sono particolarmente adatte a un impiego per cotture lunghe. Le olle con queste caratteristiche sono generalmente associate a preparazioni di carni per bollitura47,di ortaggi o di legumi.

La mancanza di riferimenti all’alimentazione nelle fonti scritte altomedievali siciliane e di dati archeozoologici o archeobotanici non ci permette di dire molto sull’argomento. In generale, si sottolinea come nell’altomedioevo aumenti notevolmente il consumo di carne, latte e formaggi. La conformazione convessa del fondo delle olle e delle casseruole può indicare un loro utilizzo direttamente sul focolare. La casseruola, in alcuni casi affiancata all’olla (ad es. a Marettimo e Cefalù), doveva trovare un impiego specifico nella preparazione di alcuni cibi. La riduzione del corredo ceramico interessa anche le forme utilizzate nella preparazione dei cibi e per la mensa. Sulla base delle evidenze note, non è del tutto chiaro in che misura sopravvissero le ceramiche da mensa tra VIII e IX secolo, se cioè si sia perpetuata la distinzione funzionale tra forme da fuoco e da mensa, magari anche in forme meno definite rispetto a prima. I rinvenimenti di forme aperte da mensa sono rarissimi e limitati a catini o coppe che hanno il medesimo impianto morfologico (cat. 3.2.1 e 3.5.1-2). È necessario ricordare che il corredo da mensa poteva essere integrato da manufatti realizzati in legno, in genere invisibili all’archeologo.

L’esistenza di differenti produzioni artigianali tornite (ceramiche grezze, depurate prive di rivestimento e, nella Sicilia orientale, ceramiche dipinte in rosso) segnala che nel corso dell’altomedievo devono aver continuato ad operare vasai professionisti la cui presenza presuppone l’esistenza di una certa domanda di prodotti artigianali. Allo stato attuale delle conoscenze, la distribuzione delle classi ceramiche identificate segnala

47 L’analisi dei residui organici ha mostrato ad esempio la presenza di grassi di origine animale. Cfr.

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chiaramente l’emergere o l’accentuarsi48 di differenze nella cultura materiale tra la Sicilia occidentale ed orientale in questo periodo. Inoltre, l’area costiera ed alcuni centri rurali della Sicilia orientale mostrano un livello di consumo elevato, con la presenza di una certa articolazione dei corredi ceramici, di ceramiche dipinte in rosso e ceramiche a vetrina pesante di importazione.

La mancanza di importazioni ascrivibili al IX secolo ha fatto ipotizzare l’esistenza di una cesura o drastico ridimensionamento nei rapporti commerciali tra questa parte dell’isola e centri esterni del Mediterraneo nel IX secolo. Nella Sicilia orientale si rinvengono invece alcune anfore globulari altomedievali di provenienza orientale49 o adriatica50. Anfore globulari altomedievali sono inoltre attestate a Lipari51 e Malta52. Inoltre, nella Sicilia orientale continuano ad essere attestate importazioni di ceramica a vetrina pesante nel corso del IX e della prima metà del X secolo53.

Il quadro dei contatti con centri esterni alla Sicilia, delineato sulla base delle importazioni, andrebbe precisato ricorrendo ad analisi archeometriche per identificare la provenienza di questi manufatti, soprattutto nel caso di produzioni la cui origine è spesso di difficile definizione come la ceramica a vetrina pesante.

La mancanza di contesti di IX secolo, in particolare nella Sicilia occidentale, sottomessa rapidamente dagli Arabi, non consente di valutare inoltre l’impatto della conquista e delle successive ondate migratorie sulle produzioni ceramiche.

Non è chiaro quale fu l’impatto della conquista araba sulla preesistente rete di rapporti commerciali dell’Isola, in particolare nell’area orientale. L’orientamento attuale sembra indicare una persistenza di traffici con l’area adriatica, tirrenica e con Malta54.

Agli inizi del X secolo questo panorama si rinnoverà nelle forme e nelle funzioni con l’introduzione della lucerna a cupola (cat. 3.34.2) e del vaso da noria (cat. 3.33.1). La compresenza di differenti modi di produzione è attestata anche nei contesti della prima metà del X secolo da Palermo, dove sono presenti ceramiche da fuoco sia tornite sia modellate a mano. Questi contesti sono i primi a mostrare la presenza di vasai e di produzioni ceramiche arabe, evidente sia nell’introduzione di nuove forme e funzioni,

48

MOLINARI 2008, p. 386.

49 Punta Castelluccio (Sarachane 58 A, IX secolo). Cfr. C

ACCIAGUERRA 2012, p. 615.

50 Tipo Otranto 1 o affine: Taormina – cisterne Ferraù/Cigala Managò (IX-inizi X secolo). Siracusa (X

secolo). Cfr. ARCIFA 2004b; CACCIAGUERRA 2012, p. 615.

51 A

RCIFA 2012a.

52 B

RUNO, CUTAJAR 2002; BRUNO 2004, pp. 156-157, X secolo.

53 C

ACCIAGUERRA 2009b.

54

(10)

sia nelle decorazioni dipinte in rosso della nuova produzione di anfore palermitana (cat. 4.15.6-8).

II.2 Le ceramiche di produzione locale e di importazione

Il capitolo presenta le classi identificate descrivendone le caratteristiche tecnologiche, i tipi morfologici principali e discutendo le principali problematiche aperte che le riguardano. Fornisce inoltre il quadro delle attestazioni della classe nell’isola corredato dai i relativi riferimenti bibliografici e cronologici. Le informazioni riguardanti la datazione dei rinvenimenti non sono presenti nei casi in cui il contesto di provenienza ha scarsa affidabilità oppure se si tratta di recuperi da ricognizioni o comunque privi di supporto stratigrafico.

II.2.1 Grezza priva di rivestimento (catalogo 1.)

Le prime attestazioni di produzioni ceramiche altomedievali sono ascrivibili all’VIII secolo e provengono dalla Sicilia occidentale. Le forme utilizzate per la cottura dei cibi sono l’olla e la casseruola. Le olle rinvenute nel Duomo di Cefalù e datate alla prima metà dell’VIII secolo, hanno orlo a tesa orizzontale o estroflesso e corpo globulare con parete talvolta carenata (cat. 1.22.1a; 1.22.3a; 1.22.4a-b). Le caratteristiche tecnologiche di questi manufatti indicano una realizzazione artigianale al tornio veloce con cottura in ambiente ossidante. Le analisi mineralogico-petrografiche eseguite su due campioni tra cui l’olla 1.22.3a hanno rivelato una produzione locale che utilizzava argille affioranti nei dintorni di Cefalù e nell’area del fiume Imera55. Insieme alle olle sono attestate delle casseruole con orlo introflesso ingrossato, spalla carenata e parete emisferica (cat. 1.21.1a-2a), tecnologicamente simili alle olle. La recente revisione dei materiali di Cefalù56 sottintende una produzione locale sia per tutte le olle (cat. 1.22.1a; 1.22.1c; 1.22.2; 1.22.3a; 1.22.4a-b) sia per le casseruole ivi rinvenute (cat. 1.21.1a-2a). Le forme di questi manufatti si inseriscono pienamente all’interno della produzioni di tradizione romana o tardoantica. L’olla è un tipo morfologico di larghissima diffusione attestato già nel I sec. d.C57. Questo contenitore è presente fino all’VIII secolo e, dopo il vuoto documentario del IX secolo, ricompare agli inizi del X secolo nei contesti di quartiere

55A

LAIMO ET ALII 2000;ALAIMO,GIARRUSSO 2004a.

56 A

RDIZZONE 2000.

57

(11)

castello San Pietro a Palermo. L’assenza di contesti di IX secolo non consente di chiarire se l’olla fu utilizzata anche nel corso di questo secolo oppure se venne reintrodotta in seguito alla conquista araba.

La casseruola si diffonde ampiamente nel Mediterraneo occidentale tra V e VI secolo58. I confronti più stringenti per i tipi di Cefalù possono istituirsi con i rinvenimenti, estremamente frammentari, dalle ricognizioni di Imera. Contenitori con orli simili, ascrivibili all’VIII secolo, sono stati recuperati nei siti di Passo Grande (cat. 1.21.2b e 1.21.2d) e Vallone S. Antonio59 (cat. 1.21.2c e 1.21.3). Casseruole di tipo diverso sono attestate inoltre nel sito di Colmitella, nell’agrigentino, in contesti di fine VII secolo (fig. 7, C).

Gli scavi del complesso “Case Romane”, nell’isola di Marettimo, hanno portato alla luce olle (cat. 1.22.1b e 1.22.3b) e casseruole (cat. 1.21.4) con forme affini ai tipi osservati a Cefalù ed inquadrabili anch’essi nell’VIII secolo60.

Sebbene la morfologia sia simile, le caratteristiche tecnologiche di questi ultimi contenitori mostrano delle differenze sostanziali rispetto a quanto osservato in precedenza. L’olla 1.22.1b, rinvenuta fuori contesto, è lavorata al tornio e presenta un impasto grigio scuro ricco di mica. I tipi 1.22.3b e 1.21.4, realizzati a mano o al tornio lento, hanno invece un corpo ceramico caratterizzato da calcite spatica macinata e sono cotti in ambiente riducente. La loro superficie esterna è di colore rosso a causa della riossidazione nella fase finale di cottura o di raffreddamento. Il colore eterogeneo del corpo ceramico ha fatto ipotizzare per queste ceramiche una cottura in buca61.

Le analisi archeometriche eseguite su tutti questi manufatti non hanno fornito indicazioni precise sulle possibili aree di produzione di questi manufatti62.

Olle affini ai tipi di Marettimo e Cefalù sono state segnalate nel territorio di Calatafimi (MOLINARI, NERI 2004, p. 122).

Nella Sicilia orientale, recenti ricognizioni nell’area rurale a Nord di Siracusa hanno permesso di isolare un gruppo di ceramiche da fuoco tornite di fabbricazione locale. Si tratta di casseruole (cat. 1.21.5a-6) e pentole (cat. 1.25.2a-4) con cronologie comprese tra fine VII e prima metà VIII secolo e diffusione ristretta all’area megarese63.

58 C.A.T.M.A. 1991. 59 VASSALLO 1988. 60 A RDIZZONE 2004, pp. 375-379. 61 A

LAIMO,GIARRUSSO 2004a,p.408.

62 Ibidem. 63

(12)

Il contesto catanese di pieno VIII di Sant’Agata al Carcere ha aggiunto nuovi dati sulle produzioni ceramiche altomedievali. Riguardo alle produzioni da fuoco, sono attestate pentole con orlo estroflesso ingrossato ed anse complanari (cat. 1.25.1a-b) e olle con orlo estroflesso ingrossato (cat. 1.22.5-8). L’origine locale di questi manufatti è indiziata dalla presenza di inclusi lavici nell’impasto64. Altre produzioni sono molto meno conosciute e rappresentano al momento attestazioni isolate. Tra queste, le olle rinvenute ai Giardini Iblei65 (Ragusa) con orlo estroflesso arrotondato, breve collo cilindrico, corpo ovoidale/sferico.

Infine, una pentola biansata con filtro sulla parete all’attacco col versatoio66 (fig. 7, B) è stata rinvenuta in una sepoltura indigena riutilizzata nell’alto Medioevo sul Monte Casasia (RG).

Avanzando nella prima metà del X secolo, i contesti (solo parzialmente editi) di quartiere castello San Pietro a Palermo mostrano una compresenza di ceramiche da fuoco sia a cottura riducente sia ossidante67. Nell’ultimo caso si tratta di grandi tegami e olle (cat. 1.22.9) con orlo a tesa estroflesso, corpo globulare con superficie esterna cordonata e fondo convesso. Il loro impasto, del tipico colore rosso mattone con inclusi di calcite, sembra indicare una produzione locale dei manufatti68.

In questi contesti è attestata inoltre per la prima volta una forma di nuova introduzione, lo scaldavivande (cat. 3.8.1), utilizzato nei paesi arabi per riscaldare i liquidi e non presente in Sicilia nei periodi precedenti.

II.2.2 Grezza con decorazione “a stuoia” (catalogo 2.)

La classe delle ceramiche “a stuoia” comprende sia casseruole con orlo introflesso, spalla carenata, corpo emisferico/globulare, sia contenitori con orlo estroflesso (al momento inediti).

La denominazione della classe deriva dalla presenza di un motivo decorativo inciso o realizzato a stecca nella parte inferiore del corpo, definito “a stuoia” per l’intreccio determinato dalle linee che lo compongono. Un secondo motivo, costituito da una serie

64 A

RCIFA 2010b, p. 112. I risultati delle analisi archeometriche condotte sui materiali di Sant’Agata al Carcere sono al momento inedite ed in corso di stampa in FABBRI, GUALTIERI, AMADORI (a cura di), Atti della XI Giornata di Archeometria della Ceramica (Pesaro 2007).

65P

LATAMONE,FIORILLA 2006, p. 192.

66 F

OUILLARD, FRASCA, PELAGATTI 1994-1995.

67 A

RCIFA 1998a, pp. 277-278.

68

(13)

di fasce parallele alternate a fasce verticali incise è stato identificato negli scavi di Contrada Gerace (Enna)69. Una ulteriore decorazione costituita da piccoli cerchi incisi può interessare la carenatura al di sotto dell’orlo.Le casseruole erano foggiate a mano o al tornio lento utilizzando argille cui era aggiunta calcite spatica macinata70 e successivamente cotte in atmosfera riducente. Le pareti interne erano lisciate, in alcuni casi con l’impiego di argilla diluita71.

Le caratteristiche tecnologiche di questi contenitori (compresenza di impasto calcitico e cottura riducente) li rendevano particolarmente resistenti e adatti ad un utilizzo prolungato sul fuoco. Le osservazioni su esemplari con superficie esterna non fumigata hanno fatto ipotizzare un uso polifunzionale delle forme72, per il fuoco o la preparazione dei cibi, sebbene l’impianto morfologico delle casseruole ed in particolare il fondo convesso non sembri particolarmente adatto per un utilizzo diverso dalla cottura.

La convessità del fondo sembra indicare un utilizzo delle casseruole a diretto contatto con il focolare, sul quale venivano adagiate.

A Rocchicella ed in alcuni siti nell’area di Morgantina oggetto di ricognizioni, è stata notata la presenza di due differenti tipi di impasto per le casseruole “a stuoia”.

Le analisi petrografico-mineralogiche eseguite su un campione da Rocchicella hanno suggerito una cottura in buca dei manufatti e non hanno escluso una produzione locale73. I rinvenimenti mostrano la ricorrenza di due tipi, la casseruola (cat. 2.21.1a) e il contenitore con orlo estroflesso (inedito).

Le recenti indagini archeologiche fissano la comparsa di queste ceramiche nella Sicilia orientale alla fine dell’VIII secolo. Due frammenti di ceramiche “a stuoia” sono presenti negli strati finali della fase di pieno VIII di Sant’Agata al Carcere (CT)74.

A Rocchicella, le casseruole rinvenute nei livelli d’uso della capanna altomedievale sono associate a due folles di Michele I (811-813). Altri esemplari provengono da una buca nell’area della fattoria settecentesca e sono stati recuperati insieme ad un follis di Michele II (820-829). Nello strato che sigillava queste fosse erano presenti inoltre due folles di Teofilo (829-842).

69

BONANNO ET ALII 2010, p. 264 e p. 270, fig. 12.

70 A

LAIMO, GIARRUSSO 2004a, p. 406 e p. 408, campione 18/1. Un secondo corpo ceramico, meno attestato e non analizzato in sezione sottile, è caratterizzato da argille micacee e dall’alta frequenza di calcite a spigoli vivi di medie dimensioni. Cfr. ARCIFA 2004a, p. 390.

71 A

RCIFA 2004a, p. 390.

72 Cfr. A

RCIFA 2004a p. 390 e ARCIFA 2010c, p. 68.

73 A

LAIMO, GIARRUSSO 2004a, p. 408.

74

(14)

Sebbene le altre attestazioni di ceramiche “a stuoia” siano meno definite sul piano cronologico rispetto a quanto visto per Sant’Agata e Rocchicella, non è da escludere al momento una possibile continuazione di tali produzioni oltre la metà del IX secolo75. A partire dalle prime segnalazioni, i rinvenimenti di ceramiche “a stuoia” si sono moltiplicati rapidamente, disegnando un quadro di diffusione caratteristico che interessa l’area centrale e meridionale della Sicilia orientale. Sono attestate sia nei siti rurali dell’interno, sia in contesti urbani.

Le attestazioni comprendono Aidone – Cittadella (ALLEN 1970, p. 376). Augusta e territorio. Butera – castello. Caltanissetta – Santo Spirito (FIORILLA 2010, p. 98). Catania – Sant’Agata al Carcere (ARCIFA 2010, pp. 32-36), Sant’Agata la Vetere. Centuripe - Monte Guazzarano, Scifa 3 (BIONDI 2002, p. 65, fig. 22, n. 21.46 e p. 70,

fig. 26, n. 25.8). Delia (SCUTO, FIORILLA 2010, p. 79). Enna – Contrada Pisciotto,

Castello di Lombardia, San Cataldo (PLATAMONE, FIORILLA 2006, p. 190), Rocca di

Cerere, Contrada Gerace (BONANNO ET ALII 2010, pp. 264-265; p. 270 fig. 12; p. 271,

fig. 13-14). Favara - casale Saraceno (CASTELLANA, MCCONNELL 1998, pp. 130-136,

nn. 92/109, 92/107). Licodia Eubea. Lentini – Santa Maria la Cava (FRASCA 2004, pp.

92-94). Melilli e area megarese (CACCIAGUERRA 2008, p. 446). Mineo – Rocchicella

(ARCIFA 2004a-b). Milocca. Monte Casesia (FOUILLARD, FRASCA, PELAGATTI

1994-1995, p. 471, fig. 152, 548). Monte Conca (ARCIFA, TOMASELLO 2005, pp. 661-664).

Montevago - Casale di Caliata (FIORILLA 2010, p. 98). Morgantina (con numerose

attestazioni nel territorio soprattutto in piccoli siti attorno a Cittadella). Muculufa. Piazza Armerina (FIORILLA 2006a, p. 132). Sofiana (FIORILLA 2009b, pp. 337-338) e

territorio. Ragusa Ibla- Santa Maria di Gesù (DI STEFANO, FIORILLA 2006, pp. 191-192). Ramacca e territorio, con numerose attestazioni dai siti di Contrada Rocca e Contrada Calvino (ALBANESE PROCELLI ET ALII 2007, p. 48). Santa Croce Camerina (DI

STEFANO, FIORILLA 2000, p. 246). Siracusa. territorio di Gela (BERGEMANN 2004); Villarosa - Case bastione. La seconda forma attestata, caratterizzata da orlo estroflesso, ha un areale di diffusione più ristretto rispetto alle casseruole e risulta attestato per il momento ad Aidone, Ragusa ed Enna76. Caratteristiche peculiari, non meglio specificate, sembrano avere infine i rinvenimenti di Monte Giulfo presso Villarosa77.

75 Secondo S. Fiorilla le casseruole “a stuoia” verrebbero utilizzate fino alla comparsa delle prime

invetriate islamiche nella seconda metà del X secolo. Cfr. FIORILLA 2010, p. 98.

76 Cfr. A

RCIFA 2010a, p. 33 e p. 34, nota 70.

77

(15)

Le ceramiche “a stuoia” sono state oggetto di diversi contributi con l’obiettivo di precisare l’origine, il contesto di produzione e le ragioni dietro la loro comparsa in Sicilia, questioni a nostro avviso sostanzialmente aperte78.

II.2.3 Depurata priva di rivestimento (catalogo 3.)

Le forme attestate per preparazione dei cibi e la mensa sono bacili (cat. 3.1.1-3), catini (cat. 3.2.1) e coppe (cat. 3.5.1-2).

I bacili di pieno VIII secolo da Sant’Agata al Carcere79 (cat. 3.1.1-2b) hanno diametro compreso tra cm 28 e 30, orlo ingrossato a tesa orizzontale o ad uncino, corpo troncoconico con in alcuni casi attacchi per anse o prese. Queste forme sono associate a fondi piani. Un contenitore simile, con orlo tesa leggermente estroflessa del diametro di cm 40, anse complanari all’orlo, corpo troncoconico con fondo convesso (cat. 3.1.3) è attestato nei livelli d’uso della capanna altomedievale a Rocchicella (inizi IX). Funzione simile, per la preparazione dei cibi o la mensa, è stata ipotizzata anche per le casseruole “a stuoia” che non presentano tracce di esposizione al fuoco.

In Contrada Gerace (Enna), queste ceramiche erano associate a forme chiuse con orli a profilo quadrangolare o bifido, di cui si ipotizza un uso nella preparazione dei cibi80. Da Rocchicella proviene un catino da mensa di produzione locale81 con orlo verticale o introflesso e parete carenata, talvolta con decorazione incisa al di sotto dell’orlo (cat. 3.2.1). Forma del tutto analoga hanno le coppe rinvenute a Sant’Agata al Carcere che presentano un versatoio ricavato nell’orlo e una marcata nervatura all’altezza della carena (cat. 3.5.1-2).

Numerose brocchette con corpo piriforme o fusiforme sono attestate come elementi di corredo nelle sepolture altomedievali ad es. nella necropoli di Vittoria e Grotticelli (fig. 7, A). La morfologia di questi contenitori è rimasta sostanzialmente invariata nel tempo e trova confronti in prodotti siciliani di V-VII secolo82.

Disponiamo di informazioni decisamente più vaghe riguardo ai contenitori anforici. Tra i rinvenimenti ricorrono con frequenza delle anse con profonda solcatura mediana relative a differenti produzioni di anfore, anforette e brocche. La frammentarietà dei

78 Su questi temi si rimanda alle considerazioni contenute supra al paragrafo II.1. 79

ARCIFA 2010b, p. 113.

80 B

ONANNO ET ALII 2010, p. 265 e p. 271, fig. 14.

81 A

RCIFA 2004a, p. 395.

82 P

UGLISI, SARDELLA 1998; PUGLISI 2001; RIZZONE, SAMMITO 2006. Si tratta di brocchette depurate prive di rivestimento o ricoperte da un ingobbio chiaro.

(16)

ritrovamenti non consente di chiarire né le caratteristiche morfologiche complessive dei contenitori con anse di questo tipo né la loro cronologia, al momento probabilmente da comprendere tra VIII e IX secolo. A Rocchicella le anse solcate hanno sezione ovale schiacciata e sono state rinvenute insieme a forme chiuse tornite sia di produzione locale (cat. 3.15.1, 3-4) sia di provenienza generica83.

A Sant’Agata al Carcere, le anse solcate hanno sezione ovale non schiacciata e si ritrovano associate a contenitori con orli a sezione triangolare, anse complanari all’orlo, fondi piani 84. Il loro corpo ceramico è ricco di degrassanti vulcanici85, indicatori di una produzione locale. La presenza di anse con profonda solcatura mediana è segnalata inoltre da B. Bruno a Malta.

Tra le anfore di importazione sono state identificate con sicurezza i contenitori prodotti in area flegrea (cat. 5.15.1-1) e ad Otranto (fig. 8, B), mentre altri rimangono di generica provenienza dal Mediterraneo orientale (cat. 7.15.1).

Per quanto riguarda la ceramica per l’illuminazione, i contesti di VIII secolo hanno restituito diversi esemplari di lucerne “a ciabatta” (cat. 3.33.1).

Tali lucerne sono realizzate a matrice e prodotte tra tardo VII e inizi IX secolo in più centri a partire dal modello delle lucerne siciliane “a rosario”86. Rispetto a quelle si caratterizzano per una maggiore flessibilità di utilizzo dovuta alla differente dimensione dei due fori di alimentazione presenti, dei quali il maggiore consentiva l’introduzione di combustibile diverso dall’olio. La fattura sembra essere in genere meno accurata rispetto ai tipi “a rosario” e le decorazioni più semplici o addirittura assenti. Una produzione di lucerne “a ciabatta” siciliane è stata recentemente identificata in area catanese, in contesti di pieno VIII secolo87. In Sicilia queste lucerne sono state rinvenute nel Duomo di Cefalù (TULLIO 1985), nel territorio di Calatafimi (MOLINARI, NERI 2004, p. 122) a Catania - Sant’Agata al Carcere (ARCIFA 2010a-b) e nel Museo Archeologico

della città. Una recente sintesi dei rinvenimenti di lucerne “a ciabatta” comprendente il quadro delle attestazioni è in FRAIEGARI 2008. Sono segnalate a Roma nella Crypta Balbi (CECI 1992; PATTERSON 1992; FRAIEGARI 2001), al Museo Nazionale Romano e

83 Ivi, p. 216. 84 A RCIFA 2010b, p. 115, fig. 10, 44. 85 Cfr. supra nota4. 86 M AZZUCCATO 1977; CECI 1992.

87 Mi riferisco alle lucerne di Sant’Agata al Carcere. Cfr. A

RCIFA 2010b, p. 112. I risultati delle analisi archeometriche sono al momento inedite ed in corso di stampa in FABBRI, GUALTIERI, AMADORI (a cura di), Atti della XI Giornata di Archeometria della Ceramica (Pesaro 2007).

(17)

da vari altri contesti romani (FRAIEGARI 2008)88, a Napoli - Santa Patrizia; Carminiello

ai Mannesi (ARTHUR, PATTERSON 1994) ed in Piazza G. Bovio (CARSANA 2004, pp.

23-24, fig. 7-8).

Le analisi archeometriche sui materiali di questi contesti hanno attribuito a produzioni della Sicilia gli esemplari di uno solo dei quattro gruppi identificati alla Crypta Balbi mentre nel caso dei manufatti napoletani rimane l’incertezza tra una possibile produzione siciliana o campana89.

I contesto di inizi X di quartiere castello San Pietro attestano la comparsa di un nuovo tipo di lucerna, di forma circolare circolare con serbatoio chiuso a cupola e lavorazione al tornio (cat. 3.34.2). Tali lucerne sono documentate ampiamente nel bacino del Mediterraneo e nel Vicino Oriente in età bizantina90. In Sicilia la forma non è attestata nei contesti altomedievali e la sua introduzione sembra connessa alla presenza islamica nell’Isola.

Di nuova introduzione anche il vaso da noria (cat. 3.33.1), forma particolare legata ad uno specifico utilizzo nelle norie (o senie), macchine per il sollevamento dell’acqua da pozzi o corsi d’acqua, ampiamente attestate nel mondo arabo.

La forma è lavorata al tornio, ha in genere orlo a sezione triangolare estroflesso, corpo campaniforme e superficie esterna cordonata. Le caratteristiche del corpo ceramico sembrano rimandare ad una produzione palermitana91.

II.2.4 Dipinta in rosso (catalogo 4.)

Le attestazioni siciliane di ceramica dipinta in rosso coprono un lungo arco cronologico tra VI e XIII secolo. Un recente contributo di sintesi su queste produzioni ha evidenziato come i rinvenimenti più antichi, di VI-VII secolo, siano una serie di attestazioni isolate, probabilmente non facenti parte di un panorama unitario e tra le quali potrebbero trovarsi delle importazioni92.

Per quanto riguarda più specificamente l’altomedievo, i rinvenimenti di VIII e IX secolo sono esigui e al momento concentrati nella Sicilia orientale. Le forme attestate sono anfore, anforette e brocche. La frammentarietà dei reperti ha permesso raramente la ricostruzione della morfologia di questi manufatti.

88 FRAIEGARI 2008. 89 P AVOLINI 1998, p. 134. 90 A RCIFA 2010b, p. 124. 91 P EZZINI 2004, p. 367, 4.3. 92 ARCIFA, ARDIZZONE 2009, p. 171.

(18)

Tra quelle ricostruite vi è la brocca da Monte Casasia (cat. 4.15.1), con corpo globulare, anse a nastro con solcatura mediana impostate tra collo e spalla, fondo piano. La superficie esterna è dipinta da un motivo a a cappi in rosso.

Un frammento di ceramica dipinta in rosso con decorazione a cappi e punti è stato rinvenuto anche nei livelli d’uso della capanna altomedievale a Rocchicella, associato a casseruole “a stuoia”.

Genericamente riferibili all’alto Medioevo le due brocchette recuperate in Contrada Minà – Capritti presso Adrano (ora conservate nel Museo Regionale) con decorazione dipinta in rosso con banda orizzontale all’altezza dell’orlo e bande verticali che si sviluppano dal collo verso il fondo.

Un gruppo di dipinte in rosso proviene inoltre dai riempimenti delle cisterne Ferraù e Cigala Managò nel centro storico di Taormina, datati tra fine IX ed inizi/prima metà X secolo93. Qui sono state distinte tre forme, anfore, anforette e brocchette. I caratteri che accomunano questi contenitori sono le anse a sezione ovale e il motivo decorativo costituito da cappi continui e punti dipinti in rosso. Il corpo ceramico di colore rosso arancio con inclusi micacei sembra indicare una produzione locale di questi manufatti94. Avanzando nella prima metà del X secolo, i contesti palermitani di quartiere castello San Pietro mostrano la presenza di anfore dipinte in rosso di produzione locale, prime attestazioni di una produzione che giungerà alla fine del XII secolo. Le superfici di questi manufatti sono schiarite o brunite/scurite intenzionalmente durante la cottura. Fanno parte della classe anche bottiglie e vasi con filtro dipinti in rosso.

I tipi riferibili alla prima metà del X secolo sono decisamente diversi da quelli immediatamente successivi95. Si tratta di contenitori con collo cilindrico, orlo a fascia (cat. 4.15.7) o ingrossato e appiattito (cat. 4.15.8) oppure a sezione triangolare (cat. 4.15.9), anse a sezione ovale, pareti cordonate e larghi fondi umbonati96. Il corpo può essere globulare o ovoidale. Il tipo di decorazione che caratterizza gli esemplari di prima metà X è costituito da larghe bande verticali alternate a linee sinuose in rosso/bruno(fig. 7, D)97. Anche le anse, l’orlo ed il collo potevano essere decorate da una banda in rosso, disposta verticalmente nel caso dell’ansa.

93 ARCIFA 2004b, pp. 219-222. 94 Ivi, p. 221. 95 A RDIZZONE 1997-1998. 96 A RCIFA, LESNES 1997, p. 408. 97 Ibidem.

(19)

Durante la prima metà del X secolo il motivo decorativo che ricorre maggiormente è costituito da larghe fasce verticali alternate a linee sinuose continue, anch’esse disposte verticalmente, dipinte in rosso. Questo motivo è meno utilizzato nella seconda metà secolo e sembrerebbe scomparire alla fine del X, dato che non è attestato nei contesti di XI secolo98. Un unico esemplare, riferibile ad un’anfora da trasporto probabilmente locale, presenta parete cordonata e decorazione a cappi annodati dipinti in rosso (fig. 8, A) che richiama i rinvenimenti della Sicilia orientale99.

II.2.5 Anfore di importazione dall’area flegrea (catalogo 5.)

Si tratta di contenitori che seguono nell’impianto morfologico dei nuovi tipi diffusi in oriente. Hanno in genere orlo ingrossato ribattuto all’esterno, corpo globulare/piriforme, con una capienza di 25-30 litri. Trasportavano il vino flegreo prodotto anche all’interno delle terre di proprietà della Chiesa.

Queste anfore furono prodotte tra VII secolo inoltrato e IX secolo in più centri tra cui Cuma, Ischia e Miseno. De Rossi ha mostrato il possibile collegamento fra la fornace di Miseno e le proprietà della Basilica dei SS. Pietro e Marcellino, e come i rinvenimenti di questa tipologia anforaria siano in generale legati a contesti di ambito ecclesiastico100. È stato ipotizzato che il vino flegreo venisse imbarcato nelle navi che facevano ritorno in Sicilia dopo aver trasportato a Roma il grano dei possedimenti del Patrimonium

Sancti Petri siciliano101. Secondo questa ipotesi questi beni erano inseriti in un circuito

commerciale gestito direttamente dalla Chiesa. La distribuzione delle anfore di area flegrea dovrebbe aver subito una flessione o addirittura una cesura in seguito all’applicazione dei provvedimenti di Leone III Isaurico, che di fatto rese indisponibili i patrimoni della Chiesa nel Meridione dopo il 733. Un recente quadro delle attestazioni è in DE ROSSI 2005 e, in particolare per i rinvenimenti siciliani, in ARDIZZONE 2010. Tali anfore sono state rinvenute nei centri produttori di Miseno (DE ROSSI 2002, p. 840; MINIERO 2000, p. 91), Cuma (DE ROSSI 2005,p.542) e Ischia – Lacco Ameno (MONTI

1991); inoltre a Pozzuoli (ARTHUR 1993); Benevento (CARSANA 1998, pp. 187-190, tav. 105 nn. 5 e 8); Napoli - Santa Patrizia (ARTHUR 1993), Carminiello ai Mannesi (ARTHUR 1993), cortile Archivio Storico del Banco di Napoli (ARTHUR 1993); Roma – 98 A RCIFA, ARDIZZONE 2009, p. 177. 99 Ivi, fig. 3, 2. 100 D E ROSSI 2005. 101 ARDIZZONE 2000, p. 405; DE ROSSI 2005, p. 547.

(20)

Crypta Balbi (ROMEI 2004, p. 281, tav. II, 8-11), S. Lorenzo in Pallacinis (PAROLI

1993), Santa Maria in Cosmedin (MAZZUCCATO 1977, fig. 68), Santa Prisca (PAROLI

1993); Porto – xenodochio di Pammachio (CIARROCCHI, MARTIN, PAROLI, PATTERSON

1993, pp. 231-243); Cagliari (MUREDDU 2002). In Calabria a Tropea (DI GANGI, LEBOLE DI GANGI 1998, fig. 6, p. 110), Paleapoli (LEBOLE DI GANGI 1991, fig. 10). In Francia a San Peyre (CITTER, PAROLI, PELLECUER, PÉNE 1996, pp. 126-132).

I rinvenimenti siciliani sono inquadrabili tra fine VII e VIII secolo (prima metà) e la loro distribuzione interessa la costa occidentale e Marettimo, statio nelle rotte da e per il Mediterraneo meridionale e la Sicilia. Anfore di area flegrea sono attestate a: Marettimo – Case Romane (ARDIZZONE, DI LIBERTO, PEZZINI 1998). Favignana (ARDIZZONE

2010). Cefalù – Duomo (TULLIO 1985). Palermo – Palazzo Galletti (ARDIZZONE 2000);

Trapani - San Vito Lo Capo (ARDIZZONE 2000). Mondello (ARDIZZONE 2010). Marsala

(ARDIZZONE 2010). Lipari (CIABATTI 1978, p. 24, fig. 12). Agrigento – fornaci

necropoli paleocristiana (ARDIZZONE 2008, p. 184 e p. 185, fig. 35, 99.3), residuale.

Canale di Sicilia (ARDIZZONE 2000). Camarina (ARDIZZONE 2010). Ribera – Capo della

Secca (ARDIZZONE 2000). Rinvenimenti di anfore campane sono inoltre segnalate a

Malta (BRUNO 2004).

II.2.6 Anfore di importazione tipo Otranto o affine (catalogo 6.)

Due sole segnalazioni riguardano il rinvenimento in Sicilia di anfore prodotte ad Otranto. Si tratta di contenitori anforici (capienza lt. 23,5) utilizzati per il trasporto di liquidi, forse olio102 o vino103, caratterizzati da un’orlo ingrossato ed estroflesso, collo troncoconico, anse a sezione ovale impostate tra la metà del collo e la spalla, corpo globulare con fondo convesso.

Contenitori affini al tipo Otranto 1 sono stati rinvenuti nei riempimenti delle cisterne di Taormina (fig. 8, B) e datati entro la metà del X secolo e a Siracusa in contesti di X secolo104. Anche i recenti rinvenimenti di Malta (BRUNO 2004, p. 156, fig. 47, 4-5) hanno cronologie dalla metà del X secolo.

102 Ibidem. 103 L EO IMPERIALE 2004, p. 332. 104 CACCIAGUERRA 2012, p. 615.

(21)

II.2.7 Anfore di importazione orientale (catalogo 7.)

Anfore globulari altomedievali di generica provenienza orientale sono attestate lungo la costa orientale della Sicilia e a Malta. I rinvenimenti nella maggior parte dei casi non provengono da scavi archeologici, con l’eccezione di Sant’Agata al Carcere e Taormina. Un’anfora globulare di produzione orientale (cat. 7.15.1) è attestata nelle stratigrafie di fine VIII secolo105 di Sant’Agata al Carcere. Dal riempimento delle cisterne nel centro storico di Taormina provengono anfore con corpo piriforme, pareti cordonate e decorazione incisa ad onda, confrontate con produzioni bizantine dell’area del Mar Nero, databili a partire dal X secolo106.

Le altre attestazioni riguardano Lipari (ARDIZZONE 2000, p. 205); Punta Castelluccio

(LA FAUCI,p. 24, fig. 13); Melilli - S. Caterina (CACCIAGUERRA 2008, p. 435, fig. 17-18

e p. 446, fig. 21, a); Cittadella di Vendicari (ARDIZZONE 2000, p. 405) e Malta (BRUNO,

CUTAJAR 2002).

II.2.8 Vetrina pesante (catalogo 8.)

La classe comprende sia forme aperte sia chiuse per gli usi della mensa, caratterizzate da superfici rivestite da uno spesso strato di invetriatura piombifera e realizzate in monocottura. La produzione di ceramica a vetrina pesante è attestata in Italia in più centri in epoca tardoantica nell’Italia Cisalpina e a Roma. Nel corso del VII secolo si colloca la transizione tra le produzioni di vetrina pesante tardoantica e quelle altomedievali, avvenuta attraverso un sostanziale spostamento dei centri produttivi107. Le produzioni di vetrina pesante attribuibili a Roma non superano il VI secolo108 e quelle di area padana la metà del VII109. Dopo un vuoto di più di un secolo, nuove produzioni di ceramica a vetrina pesante sono attestate nel IX secolo nell’Esarcato e nella laguna di Venezia110. Quanto alla Sicilia, è stata avanzata più volte l’ipotesi dell’esistenza di una produzione locale di ceramica a vetrina pesante che però non trova al momento un riscontro materiale. I rinvenimenti siciliani sono stati oggetto di una

105 A RCIFA 2010a, p. 25. 106 ARCIFA 2010b, p. 123. 107 Cit. C ACCIAGUERRA 2010b, p. 26. 108 P AROLI 1992, p. 35. 109 C ACCIAGUERRA 2010b, p. 26. 110 Ibidem.

(22)

recente sintesi111. Le attestazioni in Sicilia si stanno moltiplicando negli ultimi anni e sono concentrate soprattutto nella parte orientale, nell’area di Siracusa e Catania. I manufatti ascrivibili all’VIII-IX secolo hanno una diffusione che interessa non solo le città ma anche i grandi insediamenti suburbani e rurali112. I rinvenimenti siciliani sono estremamente eterogenei per morfologie e provenienze. Le forme maggiormente attestate sono le brocche (cat. 8.19.1) e gli scaldavivande o chafing dishes (cat. 8.8.1-3). Solo in alcuni casi è stato possibile determinare con una certa sicurezza la provenienza delle ceramiche a vetrina pesante rinvenute in Sicilia, che sono state attribuibite ad area romana113, salernitana114 e costantinopolitana115. I dubbi sull’esistenza di un possibile centro di produzione locale e sulla localizzazione dei centri produttori della vetrina pesante rinvenuta in Sicilia potrebbero essere sciolti con una nuova campagna di analisi archeometriche comprendenti il complesso dei materiali rinvenuti.

Tra VIII e prima metà X secolo la ceramica a vetrina pesante è attestata a Palermo - SS. Trinità o Magione (D’ANGELO, GAROFANO 1995, p. 339, P 40 bis), VIII-IX secolo;

negli scavi all’esterno della Cattedrale (DI STEFANO 2002, p. 311), VIII-IX secolo.

Taormina – cisterna Cigala Managò (ARCIFA 2004b, p. 222, fig. 3, 9), IX-inizi X secolo.

Catania – Sant’Agata al Carcere (ARCIFA 2010b, p. 119, fig. 2), VIII secolo inoltrato.

Nesima (MARCHESE 2003; CACCIAGUERRA 2010b, p. 28), IX secolo; Augusta – Xirumi

(CACCIAGUERRA 2008, p. 446, fig. 12 b), VIII-IX secolo. Melilli - Poggio Manchitta

(CACCIAGUERRA 2010b), VIII-IX secolo. Siracusa – Galleria Regionale Palazzo

Bellomo (PAROLI 1992, pp. 39-41, in part. p. 39 nota 27), con materiali provenienti da

diversi scavi in città tra cui Contrada Belvedere (VIII-IX secolo) e Piazza Minerva (X-XI secolo). Muculufa (CACCIAGUERRA 2010b, p. 30, fig. 1), VIII-IX secolo. Piana degli Albanesi – Contrada Sant’Agata (GRECO, MAMMINA 1993-1994), . Patti Marina – Villa di Patti (VOZA 1978,p.575), VIII-IX secolo (?).

111 C

ACCIAGUERRA 2009b e 2010b.

112 Ibidem. 113

Nesima (MARCHESE 2003; CACCIAGUERRA 2010b, p. 28), IX secolo. Siracusa - Contrada Belvedere (PAROLI 1992, p. 40), VIII-IX secolo.

114 Siracusa – Piazza Minerva (P

AROLI 1992, p. 41), X-XI secolo.

115 Piana degli Albanesi – contrada S. Agata (G

RECO, MAMMINA 1993-1994). Taormina – cisterna Cigala Managò (RIZZO, ARCIFA 2004, pp. 50-51), IX-inizi X secolo.

(23)

II.3. I contesti

Provincia di Trapani

ISOLA DI MARETTIMO – CONTRADA CASE ROMANE VIIISECOLO

Tipologia contesto: insediamento monastico/statio ?.

Gli scavi condotti in Contrada “Case Romane” hanno mostrato l’esistenza di un complesso con diverse fasi di occupazione e frequentazione anche nel corso del Medioevo. L’area oggetto d’indagini è situata nella parte orientale dell’isola, a mezza costa (m 260 s.l.m.). Comprende un edificio militare tardo repubblicano, una chiesa basiliana di VI-VII, una cisterna e canalizzazioni di IV-VI sec. Gli scavi hanno interessato l’interno dell’edificio con funzione militare e l’area antistante l’ingresso. Le evidenze di VIII secolo provengono dai vani III e IV dell’edificio militare. Nel vano IV è stata scavata una fossa disturbata in parte da attività recenti, che ha restituito tra l’altro anfore di importazione dalla Campania di VIII secolo (cat. 5.15.1-11). Ceramiche da cucina (cat. 1.22.1b, 3b, 1.21.4) di analoga cronologia provengono inoltre dal battuto US 114 e dalla soprastante US 115 (purtroppo dalla stratigrafia poco affidabile). I riempimenti di alcune fosse individuate all’interno del vano IV, hanno restituito altre anfore importazione campane di fine VII-VIII secolo. Tali contenitori erano presenti inoltre nello strato che ha sigillato contemporaneamente tutte le fosse.

BIBLIOGRAFIA: ARDIZZONE, DI LIBERTO, PEZZINI 1998.

Provincia di Palermo

CEFALÙ –DUOMO VIII SECOLO

Tipologia contesto: abitazioni in contesto urbano.

La documentazione materiale di VIII secolo dal Duomo di Cefalù116 (PA) è relativa ad un insediamento precedente alla costruzione della fabbrica, le cui evidenze sono state disturbate dall’impianto di un muro che sosteneva il colonnato dell’edificio di culto117. I materiali rinvenuti sono stati oggetto di recente revisione da parte di F. Ardizzone118, che ha confermato la datazione all’VIII secolo attribuita da A. Tullio, autore degli scavi.

116T ULLIO 1985. 117 A RDIZZONE 2000, p. 403. 118 ARDIZZONE 2000.

(24)

Sono state recuperate numerose olle e casseruole (cat. 1.22.1a, 1c, 1.22.2, 3a, 4a-b e cat. 1.21.1a, 2a) associate a lucerne “a ciabatta” e ad un sigillo del patrizio Antioco datato alla prima metà dell’VIII secolo119. Numerose le anfore di importazione campana ivi attestate.

BIBLIOGRAFIA: TULLIO 1985; ARDIZZONE 2000 e 2004a.

PALERMO – QUARTIERE CASTELLO SAN PIETRO FINE IX(?)X-XII/XVI SECOLO

Tipologia contesto: abitazioni in contesto urbano.

Nella seconda metà degli anni ‘80 una serie di indagini archeologiche interessarono il quartiere San Pietro a nord-ovest della Cala, l’antico porto di Palermo. La zona oggetto degli scavi fu quella compresa tra il castello a Mare e Piazza XIII Vittime.

Le ricerche nei tre saggi (a, b e c) mostrarono l’urbanizzazione dell’area nel corso del X secolo, che si sovrappose ad una piccola necropoli probabilmente islamica (saggio b). Nella zona vennero costruite delle abitazioni che si affacciavano su delle strade, e che furono smantellate per la costruzione del muro di cinta la cui datazione rimane problematica e da comprendere tra l’età normanna e gli interventi cinquecenteschi del Ferramolino. Le attività edilizie proseguirono nell’XI e nel XII secolo con la costruzione del castello a Mare e delle chiese di San Pietro la Bagnara e di San Giovanni Battista. L’area fu parzialmente abbandonata tra XIII e XIV secolo per essere nuovamente interessata dall’espansione urbana nel corso del Cinquecento.

I contesti di quartiere castello San Pietro, editi solo parzialmente, sono quelli che al momento forniscono le evidenze più antiche (a partire dalla fine del IX/inizi X secolo) relative alle produzioni islamiche nella Sicilia occidentale. La ceramica da fuoco è costituita essenzialmente da olle globulari con orlo a tesa (cat. 1.22.9). Tra le produzioni in ceramica depurata ricorrono brocchette dal corpo globulare (cat. 3.20.1) caratterizzate da superficie schiarita. I contesti di castello S. Pietro restituiscono i primi esemplari di ceramica dipinta in rosso di produzione palermitana (4.15.6-8), con pareti decorate da a linee sinuose alternate a sottili bande verticale (fig. 7, D) ed un’unico frammento con decorazione a cappi annodati disposti verticalmente che ha ordito decorativo simile alle produzioni di IX secolo della Sicilia orientale (fig. 8, A). Una novità è costituita dall’attestazione di lucerne tornite a cupola (cat. 3.34.2) che sostituiscono le precedenti

119

(25)

lucerne realizzate a matrice (cat. 3.34.1). La ceramica invetriata è costituita da catini carenati di importazione dal Nord Africa (cat. 19.2.1).

Per i contesti di seconda metà X-XI secolo vedi ultra il paragrafo III.4.

BIBLIOGRAFIA: ARCIFA, DI STEFANO, DE FLORIS, PESEZ 1989a-b; PESEZ 1995b; ARCIFA, LESNES 1997.

Provincia di Catania

CATANIA -SANT’AGATA AL CARCERE PIENO VIII SECOLO

Tipologia contesto: discarica in contesto urbano.

Scavo all’interno dell’oratorio della chiesa. Piccolo saggio in corrispondenza di un antico salto di quota collina che definiva il limite naturale dell'antica acropoli.

In un momento non meglio precisato l'accesso all'area acropolica venne sbarrato da un muro, riutilizzato con funzione di fortificazione. Lo scavo condotto lungo una piccola porzione del paramento E di questo muro ha mostrato la presenza di diversi livelli di accumulo per scarico, databili tra VII ed il pieno VIII secolo.

La datazione del contesto di pieno VIII si basa sulla presenza di lucerne a ciabatta in associazione ad anfore a corpo globulare o sub-cilindrico di generica produzione orientale (cat. 7.15.1) e ceramica a vetrina pesante Petal ware (cat. 8.4.1 e 8.8.2), proveniente dagli strati più tardi della sequenza.

BIBLIOGRAFIA: ARCIFA 2010a-b.

NESIMA METÀ VII O IX SECOLO (?) Tipologia contesto: insediamento monastico.

Gli scavi condotti alle pendici della collina di Monte Po’ hanno messo in luce un edificio di culto e le fasi di cantiere per la sua costruzione. Tale struttura era già stata individuata alla fine degli anni venti ma non non ne erano state colte le reali dimensioni. Si tratta di una basilica ad una sola navata, abside con corda d’arco di 8 m, pianta a croce latina. L’edificio di culto è attribuito genericamente ad età bizantina e fu impiantato in un’area insediativa. Il complesso fu oggetto di aggiunte di corpi di fabbrica e sovrapposizioni di strutture murarie nel corso del tempo. I materiali al momento editi sono relativi alla sola classe della ceramica a vetrina pesante.

Numerosi frammenti di boccali, brocche e catini erano all’interno di uno strato di riempimento di una vasca utilizzata per lavorare la calce. La ceramica a vetrina pesante

(26)

era associata a sigillata chiara D, due folles di Eraclio I (610-641 d.C.) e ad una fibula a croce in bronzo e venne datata alla prima metà del VIII secolo. Le osservazioni sulla posizione stratigrafica dei rinvenimenti hanno però fatto ipotizzare a G. Cacciaguerra una datazione più tarda per tali materiali, collocabili nel IX secolo120.

BIBLIOGRAFIA: MARCHESE 2003; CACCIAGUERRA 2010b.

MINEO -ROCCHICELLA FINE VIII-INIZI IX/ FINE X– P.M.XI SECOLO

Tipologia contesto: insediamento rurale.

Il sito occupa una collina della piana dei Margi (quota m 201 s.l.m.), pochi chilometri ad ovest dell’abitato di Palagonia. È noto per la presenza di un santuario (hestiaterion) di V secolo dedicato agli dei Palici. Dal 1995 è oggetto di scavi archeologici che stanno mettendo in luce le fasi di occupazione tardoantica e medievale compresa tra VI e XII secolo d.C., seppure con alcune cesure insediative «tra l’ultima occupazione bizantina e la fase di inizio IX e tra quest’ultima e l’insediamento di fine X-XI secolo»121. Le indagini condotte nell’area del santuario hanno consentito di individuare un piccolo edificio di culto absidato (fine VI-VII sec.) che imposta due dei suoi muri perimetrali sugli ambienti dell’hestiaterion. La datazione dell’edificio è risultata problematica per l’assenza di strati d’uso sul piano pavimentale relativo all’edificio. La chiesa, per la quale si ipotizza una funzione di oratorium privato, sarebbe da mettere in relazione con il coevo abitato le cui tracce sono state accertate nell’area meridionale del rilievo (Complesso C). Negli strati soprastanti l’edificio di culto sono state rinvenute delle casseruole a “stuoia”, la cui comparsa è da circoscrivere al momento tra la fine dell’VIII e gli inizi del IX secolo.

Nella parte meridionale della collina, nella cosiddetta area del Complesso C, è stata messa in luce parte di una abitazione con muri in blocchi calcarei squadrati legati da terra e piano pavimentale di marna ascrivibile alla fine del VI-VII sec. I lavori agricoli hanno purtroppo compromesso in parte la stratigrafia dell’area. In un momento successivo all’abbandono della casa venne costruita al centro dell’ambiente una struttura con un basamento murario ad andamento curvilineo e copertura in coppi vacuolati, interpretato come capanna122. I livelli d’uso hanno restituito casseruole con

120

CACCIAGUERRA 2010b, p. 28.

121 A

RCIFA 2008c, p. 291.

122 La capanna di Rocchicella non rappresenta un’attestazione isolata. Sono da riferire a questa tipologia

abitativa i rinvenimenti di Cittadella di Morgantina (ALLEN 1970) e Rocca di Cerere ad Enna (inedito, inf. in ARCIFA 2010c).

(27)

decorazione “a stuoia” (cat. 2.21.1a-d), bacili acromi (cat. 3.1.3), un catino (3.2.1), contenitori anforici di diverse dimensioni (cat. 3.15.1-5) ed un frammento di ceramica dipinta in rosso con decorazione a linee e punti. Due folles di Michele I (811-813) datano l’utilizzo della struttura ai primi decenni del IX secolo123. Le indagini nei pressi della fattoria settecentesca hanno portato allo scavo di alcuni contesti chiusi, costituiti da una serie di fosse di età altomedievale che hanno restituito nuovamente ceramiche “a stuoia”. Dallo strato che sigillava le buche provengono un follis di Costantino V (741-775) e due folles di Teofilo (829-842).

BIBLIOGRAFIA: ARCIFA 2004a-b; ARCIFA 2008c; ARCIFA 2010a-c.

Provincia di Siracusa

SIRACUSA -GROTTICELLI INIZI IX SECOLO

Tipologia contesto: necropoli.

Il sepolcreto è situato a nord della latomia di S. Venera a Siracusa e si compone di fosse, camere ipogeiche scavate nella roccia e colombari. Tra il 1894 e il 1895 Paolo Orsi indagò una quarantina degli ipogei del sepolcreto e due di questi restituirono evidenze per i primi decenni del IX secolo. L’ipogeo V, manomesso, restituì un’anforetta, alcune brocche depurate, due “piattelli”, due lucerne “lenticolari” e un follis di Leone V e Costantino VII (813-820). L’ipogeo XXVI risultò completamente spoliato e vi si rinvenne soltanto un follis di Michele II e Teofilo (820-829) sul fondo. BIBLIOGRAFIA: ORSI 1896.

Provincia di Ragusa

VITTORIA INIZI IX SECOLO

Tipologia contesto: necropoli.

La necropoli bizantina della Lavina a Vittoria è situata alle propaggini meridionali di Colle d’Oro, lungo la strada comunale della Martorina. Il sepolcreto è composto da 45 fosse scavate nella roccia di cui 41 sono sicuramente sepolture124. Le tombe sono a forma rettangolare o stondata agli angoli con incasso per l’alloggiamento del coperchio. Tra i rinvenimenti del sepolcreto, tre tombe (13, 16 e 28) sono inquadrabili agli inizi del

123 A

RCIFA 2008c, p. 295.

124

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