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Capitolo I La posizione del coniuge superstite nella successione necessaria e il diritto di abitazione sulla casa adibita a residenza familiare e di uso sui mobili che la corredano

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Capitolo I

La posizione del coniuge superstite nella

successione necessaria e il diritto di abitazione

sulla casa adibita a residenza familiare e di uso

sui mobili che la corredano

Sommario: 1.1 Dall’usufrutto uxorio alle vocazioni legali - 1.2 “L’ipertutela” del coniuge superstite - 1.3 La rilevanza del diritto successorio del coniuge superstite nella Costituzione - 1.4 Riserva “qualitativa” o “quantitativa” del coniuge superstite – 1.5 Criteri per il computo del valore del diritto di abitazione della casa adibita a residenza familiare e di uso sui mobili che la corredano – 1.6 Segue. Il diritto di abitazione del coniuge superstite nei confronti dei figli coeredi conviventi - 1.7 Natura del diritto di abitazione e di uso dei mobili che la corredano - 1.8 Il titolo della chiamata del coniuge superstite - 1.9 Segue. Lesione della riserva a favore del coniuge superstite – 1.10 Oggetto del diritto di abitazione e di uso riservato al coniuge superstite - 1.11 I presupposti dell'attribuzione: titolarità della casa e dei mobili – 1.12 L’azione esecutiva promossa precedentemente al sorgere del diritto di abitazione del coniuge superstite - 1.13 Segue. Il problema della trascrizione dell’acquisto del diritto di abitazione.

1.1 Dall’usufrutto uxorio alle vocazioni legali

Nell’accingermi ad affrontare il tema propostomi, e quindi a trattare del diritto di abitazione sulla casa adibita a residenza familiare e di uso sui mobili che la corredano riconosciuto al coniuge superstite, è opportuno ricostruire in chiave storica come si è evoluta nel corso del tempo la posizione successoria del coniuge a partire dalla riforma del diritto di famiglia del 1975, (l. 19 maggio 1975 n.151).

La previgente disciplina del codice del 1942 riservava a favore del coniuge superstite un diritto di usufrutto, o come veniva definito nel linguaggio giuridico usufrutto uxorio. L’istituto dell’usufrutto uxorio riconosceva al coniuge superstite una tutela subordinata alla supremazia dei discendenti legittimi. Infatti, il testo originario dell’art. 581 c.c., al comma 1, disponeva che “Quando col coniuge concorrano figli legittimi, soli o con figli naturali, il coniuge ha diritto all’usufrutto di una quota di eredità”. Tale usufrutto era della metà, se alla successione concorreva con un solo figlio, e di un

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terzo negli altri casi. Inoltre l’ordinamento riconosceva ai discendenti legittimi la facoltà di commutare l’usufrutto uxorio in una rendita vitalizia che assicurava al superstite il mantenimento dello stesso tenore di vita goduto quando il de cuius era in vita. In altri termini, il coniuge superstite poteva subentrare nella piena proprietà dei beni solo qualora non vi fossero dei figli legittimi, ma, in ogni caso, subendo il concorso dei parenti fino al quarto grado. Si trattava di diritti successori attribuiti solo in caso di successione legittima, non anche in quella necessaria, la quale, invece, non gli dava alcuna garanzia contro una diversa volontà testamentaria. Pertanto, al coniuge non era riservata una quota in piena proprietà del patrimonio ereditario, bensì una quota in usufrutto. Ciò comportava, alla morte del coniuge superstite, l’estinzione dell'usufrutto sul patrimonio ereditario, con la consolidazione della piena proprietà in capo ai figli o agli ascendenti del de cuius.

E questo, nonostante che in sede ai lavori preparatori del codice, fosse stata avanzata la proposta di riconoscere al coniuge superstite diritti di proprietà, in considerazione del fatto che, avendo convissuto con il de

cuius, lo stesso avesse comunque concorso all’accrescimento del

patrimonio. L’ipotesi, com’è noto, venne scartata dal legislatore.

La scelta di attribuire al coniuge un mero diritto temporaneo, destinato come tale a estinguersi alla sua morte, trovava giustificazione nella concezione romanistica di famiglia che ha permeato l’attività di codificazione del 1942 in ossequio all’antica concezione della famiglia fondata su vincolo di sangue. In quest’ottica desueta i beni venivano trasmessi esclusivamente ai discendenti in linea retta del capostipite e la donna era guardata come soggetto acquisito “spurio”1. Attribuire una

quota in piena proprietà significava pregiudicare l’unità del patrimonio familiare o addirittura la sua dispersione allorché il coniuge sopravvissuto si fosse unito in un nuovo matrimonio civile. Tuttavia, la mutata considerazione della famiglia incentrata su un rapporto di coppia fra

1 A. BUCELLI, Il codice civile. Commentario Schlesinger – Busnelli. Dei legittimari,

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obblighi e diritti equivalenti e gli sviluppi socio-culturali, rendevano non più giustificabile l’attribuzione di un mero diritto temporaneo.

La riforma del diritto di famiglia, avvenuta con l.19 maggio 1975, n. 151 ha soppiantato l’usufrutto uxorio, riconoscendo al coniuge superstite una quota di legittima in piena proprietà destinata a variare a seconda se lo stesso concorre o meno con altri legittimari. In particolare, se chi muore lascia solo il coniuge a quest’ultimo spetta la meta del patrimonio dell’altro coniuge (art. 540, comma 1, c.c.). Là dove il coniuge superstite concorra con il figlio, a ciascuno spetta un terzo del patrimonio (art. 542, comma 1, c.c.); se vi sono più figli, ad essi spetta la metà del patrimonio, mentre al coniuge spetta la metà del patrimonio del defunto (art. 542, comma 2, c.c.). Quando il de cuius non lascia figli, ma ascendenti legittimi e il coniuge, a quest’ultimo spetta la metà del patrimonio e agli ascendenti un quarto (art. 544, comma 1, c.c.).

1.2 “L’ipertutela” del coniuge superstite

Occorre preliminarmente precisare come l’art. 540 c.c. esprima l’innovazione più radicale che la citata novella del 19 maggio 1975 n.151 ha apportato al diritto successorio. Il trattamento successorio della famiglia costituisce tema che investe l’intero sistema delle successioni, da sempre avvinto dalla dialettica tra autonomia del testatore – suprema espressione del diritto di proprietà – e tutela dei più stretti congiunti, assicurata dalle disposizioni in materia dei legittimari. Ho usato volutamente un termine al passato, giacché, forse mai come oggi, si avverte nel comune sentire uno iato, un distacco tra realtà sociale e sistema di regole giuridiche.Nel corso delle pagine che seguono si tenterà di chiarire il perché.

Ebbene, la riforma del diritto di famiglia, per certi versi epocale, infatti, non si è solo limitata ad annoverare il coniuge fra i legittimari cui spetta, qualora manchi solo in parte il testamento, una quota del patrimonio in piena proprietà del defunto, variabile a seconda che concorra, o meno, con

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i figli o con gli ascendenti, ma gli riserva un trattamento più favorevole, comportante il sacrificio non solo degli interessi familiari concorrenti, ma anche di quello della libertà di disporre mortis causa.

Infatti, il comma 2 dell’art. 540, c.c., riconosce a favore del coniuge superstite, anche quando concorre con altri chiamati, una speciale riserva, costituita dal diritto di abitazione della casa adibita a residenza familiare e di uso dei mobili che la corredano, se di proprietà del defunto o comuni. Siffatta previsione si inscrive nella scelta del legislatore di garantire al coniuge superstite una particolare tutela successoria, coerente con la concezione di famiglia meglio rispondente al dettato costituzionale di cui all’art. 29, cost., al quale, peraltro, si ispira la stessa riforma del diritto di famiglia.

Il nuovo trattamento successorio del coniuge superstite ha raccolto più critiche che consensi, e si deve convenire con la prevalente dottrina, la quale ha osservato come il legislatore del 1975 sia passato da un eccesso a l’altro nella tutela accordata al coniuge superstite, divenuto da mero usufruttuario dei beni della famiglia successore privilegiato2. Parte

minoritaria della dottrina ha invece apprezzato le scelte legislative volte a riconoscere, anche nell’ambito successorio, un’adeguata dignità al vincolo coniugale e alla parità di ciascun membro della famiglia, valori, questi, in precedenza mortificati dalla preoccupazione di difendere l’integrità del patrimonio familiare3. Argomentando in tal senso, sebbene in alcuni casi il

coniuge premorto può aver contribuito alla formazione del patrimonio comune in misura maggiore rispetto al coniuge superstite, è pur vero che, la disparità di contribuzione non è criterio idoneo a trovare applicazione nel diritto successorio per l’impatto sociale che è destinato a spiegare, giacché darebbe luogo a litigiosità ancora maggiori. In tal senso, pertanto, la scelta del legislatore è coerente con la natura della comunione spirituale

2 Cosi, V. SCALISI, Persona umana e successioni. Itinerari di un confronto ancora

aperto, in Riv. trim. dir. proc. civ., 1989, p. 289 ss.

3 In particolare, R. SCOGNAMIGLIO, Aspetti successori della riforma del diritto di

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e materiale, che è l’essenza del matrimonio. Per cui la ratio della scelta legislativa va individuata nella volontà di parificare la partecipazione dei coniugi alle ricchezze conseguite post nuptias, agli incrementi patrimoniali realizzati durante la vita matrimoniale, la cui attribuzione al solo coniuge che ne abbia procurato l’acquisto significherebbe ignorare il contributo, diretto o indiretto, materiale o morale, che l’altro coniuge di solito ha prestato alle fortune familiari, con propri sacrifici o rinunce, incentivando il risparmio comune, sostenendo, anche psicologicamente, l’attività del partner. Essendo chiaro che valutare tutto ciò in termini economici, caso per caso, sarebbe impensabile, il legislatore avrebbe stabilito in linea di principio la regola di una eguaglianza degli apporti di ciascuno4. Tuttavia,

queste osservazioni, se pur autorevoli, non possono disconoscere che il legislatore della riforma, avendo dato minor rilevanza sociale alla grande famiglia, ha finito col privilegiare il coniuge superstite rispetto ai parenti stretti del defunto.

Ciò è comprovato dallo stesso tenore letterale della disposizione recata al secondo comma dell’art. 540 c.c., il quale stabilisce che il diritto di abitazione sulla casa familiare e il diritto di uso dei mobili che la corredano, che spettano al coniuge in veste di legittimario, gravano sulla porzione disponibile e, qualora questa non sia sufficiente, sulla quota di riserva del coniuge ed eventualmente sulla quota riservata ai figli. Secondo altri5, la disciplina del diritto di abitazione è considerata insoddisfacente,

perché fondata su una valutazione astratta e aprioristica degli interessi in gioco.

Effettivamente, la riserva dei diritti di abitazione e di uso, è attribuita al coniuge superstite senza la verifica di un interesse meritevole di tutela, o dall’esistenza di interessi prevalenti, quale ad esempio quello dei figli. In senso analogo, per altro autore6, la disposizione in commento ha la

4 L. CARRARO, Il nuovo diritto di famiglia, in Riv. dir. civ., 1975, I, p. 101.

5 Cosi, V. SCALISI, Persona umana e successioni. Itinerari di un confronto ancora aperto,

cit., p. 406 ss.

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funzione, non tanto di tutelare la persona umana in quanto tale, piuttosto di avere concesso un privilegio connesso esclusivamente allo status di coniuge. In termini generali, si è rilevato che sarebbe stato meglio se il legislatore avesse considerato il coniuge, innanzitutto, come persona, in modo da graduare il regime successorio con riguardo alla sua condizione personale, economica, sociale, nonché alla durata del matrimonio e così via7. Certamente suggestiva è la proposta incentrata sulla promozione della

persona umana, perché in linea di principio è idonea a raggiungere una maggiore giustizia sociale nella distribuzione del patrimonio ereditario. Tuttavia, introdurre una pluralità di regimi differenziati, in considerazione della natura dei beni e delle qualità personali dei chiamati, dovrebbe valere per ogni chiamato alla successione, e non solo per il coniuge superstite. La proposta di abbandonare il principio della regolamentazione uniforme della vicenda successoria è impossibile nell’ambito del nostro sistema successorio. Difatti, una modifica radicale del sistema successorio, fondato su criteri non più oggettivi, ma soggettivi, suscita qualche perplessità, a causa della difficolta di individuare criteri per valutare il merito, il bisogno o altre condizioni dei soggetti chiamati alla successione8.

Del tutto condivisibile la tesi di chi ha mosso pesanti critiche al legislatore della riforma9, nell’aver derogato al principio della intangibilità della

legittima posto dall’art. 549 c.c., il quale ha finito col discriminare tra le varie categorie di legittimari in favore del coniuge. Difatti, la regola di cui all’art. 549 c.c. resta operante purché si tenga presente che il legislatore, con il capoverso dell’art. 540 c.c., ha introdotto una deroga nel senso che ormai solo la quota spettante al coniuge è in piena proprietà, quella degli altri legittimari, come avremmo modo di vedere in seguito, potrà, invece,

7 Tra cui A. MIRONE, I diritti successori del coniuge, Napoli, 1984, pp. 96 e 98.

8 G. BONILINI, Trattato di diritto delle successioni e donazioni. Vol. 3 La successione

legittima, Torino, p. 63.

9 G. VICARI, I diritti di abitazione e di uso riservati al coniuge superstite, in Dir.

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essere gravata dei diritti di godimento spettante al coniuge sopravvissuto ex art. 540 c.c..

Le conseguenze appaiono poco ponderate dal legislatore soprattutto quando si tratta di piccoli patrimoni in cui cade in successione la sola casa coniugale e il coniuge superstite è abbastanza giovane, per cui l’entità dei diritti di godimento può gravare notevolmente la quota degli altri legittimari. La conclusione che se ne può trarre è che si hanno diversi tipi di riserva: quella del coniuge non intaccabile, ma che può intaccare; quella dei discendenti che non può intaccare, ma che, a sua volta, può essere intaccata; quella degli ascendenti che sembrerebbe restare fuori dalle novità qualitative della riforma10. Ciò è comprovato, per altro, dal fatto che

il legislatore ha stabilito che: se i coniugi non abbiano optato per il regime della separazione dei beni, il regime legale tra i coniugi debba essere quello della comunione. Il regime della comunione legale dei beni comporta che tutti gli acquisti fatti successivamente al matrimonio, anche da uno solo dei coniugi, salvo che si tratti di beni personali, ai sensi dell’art. 179, c.c., cadono in comunione.

Come è facile intuire, la posizione giuridica del coniuge superstite risulta più favorita, rispetto a quella degli altri legittimari, in quanto, il coniuge già ottiene la comproprietà di tutti gli acquisti effettuati dall’altro coniuge, ivi comprese le aziende gestite da entrambi i coniugi e costituite dopo il matrimonio.

Occorre dire, comunque, che anche la cancellazione completa dell’usufrutto uxorio è apparsa criticabile11, poiché non è sicuro che questa

scelta comporti sempre un vantaggio per il coniuge superstite: in certi casi, infatti, egli, soprattutto quando è avanti negli anni, potrebbe trovare più conveniente disporre di una rendita derivante da una parte cospicua del patrimonio ereditario, piuttosto che riceverne una quota inferiore in piena

10 G. VICARI, I diritti di abitazione e di uso riservati al coniuge superstite, cit., p.1320 s. 11 L. MENGONI, Successioni per causa di morte. Parte speciale. Successione legittima, in

Trattato di diritto civile e commerciale Cicu – Messineo, continuato da L. Mengoni,

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proprietà. Tuttavia si tratta di ipotesi che non sembrano trovare sicuro riscontro nella società odierna. Infatti, oggi, il sistema economico non è più fondato sui grandi patrimoni personali tali da garantire al coniuge di poter vivere con il solo reddito di una quota di essi. Dall’altra parte, l’esperienza notarile è testimone del fatto che l’usufrutto non è uno strumento superato. Infatti, ancor oggi, il notaio si trova di fronte alla richiesta di modificare, con atto di ultima volontà, la previsione legale, quando il testatore ritiene di tutelare il proprio coniuge mediante un lascito costituito dal legato di usufrutto generale con facoltà del coniuge superstite di alienazione in caso di bisogno, in alternativa alla successione in una quota del patrimonio in piena proprietà12. Anche la giurisprudenza

di legittimità13 ammette il lascito di usufrutto generale. Tuttavia, la

Suprema Corte, mutando il proprio precedente indirizzo, ha stabilito che il lascito di usufrutto generale configura un’istituzione di erede e non un’attribuzione di legato. Di conseguenza, poiché il principio dell’intangibilità della legittima deve intendersi in senso quantitativo e non anche in senso qualitativo, non si avrà lesione di legittima se il valore del lascito rispetta la quota riservata al legittimario. Nel caso di specie, i coniugi non avevano avuti figli, e il marito aveva disposto per testamento nominando eredi i figli dell’unico fratello premorto e lasciando alla moglie l’usufrutto di tutti i suoi beni, immobili e mobili, allo scopo, evidentemente, di evitare che i beni di famiglia passassero, alla morte della moglie, ai parenti di lei.

12 E. MARMOCCHI, La successione del coniuge dopo la riforma del diritto di famiglia, in

Giur. it, 1985, p. 145 ss.

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1.3 La rilevanza del diritto successorio del coniuge

superstite nella Costituzione

L'art. 540, comma 2, c.c., è direttamente collegabile a numerose disposizioni costituzionali. Certamente l'art. 2 cost., il quale riconosce e garantisce i diritti inviolabili dell'uomo nelle formazioni in cui si svolge la sua personalità, l'art. 30 cost. il quale contempla il dovere dei genitori di «mantenere, educare ed istruire i figli», ancora, l'art. 31 cost. che sancisce l'impegno della Repubblica nel senso di agevolare la formazione della famiglia, infine l'art. 37 cost. sulla garanzia della donna lavoratrice sì da assicurare la protezione della madre e del bambino. A tali disposizioni meritano di essere affiancati l'art. 3 cost., in quanto la disponibilità del diritto all'abitazione non può non ricomprendersi tra «gli ostacoli di ordine economico e sociale che, limitando di fatto la libertà e l'uguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana», e gli art. 42 e 47 cost., in tema, rispettivamente, di conformazione del diritto dominicale alla «funzione sociale», e di rilevanza della proprietà dell'abitazione.

La diretta connessione della disposizione in commento con la disciplina fondamentale è destinata, come si avrà modo di osservare, ad orientarne le vicende applicative. Essa, in particolare, porta ad escludere l'ammissibilità degli indirizzi che individuano la ratio dell'istituto nell'intento di tutelare il coniuge esclusivamente sotto il profilo economico-patrimoniale, e di più a non condividere integralmente l'orientamento che la identifica in esigenze genericamente «etiche o sentimentali».

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1.4 Riserva “qualitativa” o “quantitativa” del coniuge

superstite

Il diritto di abitazione spettante al coniuge superstite sulla casa familiare costituisce, nell'ambito del microsistema successorio, argomento vivacemente dibattuto ed oggetto di alcune recenti pronunce giurisprudenziali e, tuttavia, ancora particolarmente problematico.

A tal fine è necessario valutare le questioni inerenti alla sua incidenza quantitativa, la natura giuridica dell'attribuzione del diritto di abitazione e le modalità di acquisto e tutela.

Si discute, fra l’altro, se la riserva accordata dal legislatore al coniuge superstite, tramite i diritti di abitazione e di uso, sia una riserva meramente qualitativa, quantitativa oppure entrambe. Infatti, può accadere, che il coniuge sia stato beneficiato dei diritti di uso e di abitazione per testamento da parte del coniuge defunto oppure che tali diritti siano stati a lui assegnati in sede di divisione ereditaria. Ci si chiede allora, se, in tal caso, tali diritti rappresentino in ogni caso un'aggiunta alla quota di riserva del coniuge (riserva anche quantitativa); oppure se il coniuge non abbia diritto ad alcuna aggiunta quando l'interesse all'abitazione sia già stato soddisfatto (riserva meramente qualitativa). Secondo una prima ricostruzione, visto che la norma di cui all’art. 540, comma 2, c.c. trova la sua ratio nell’esigenza di garantire al coniuge superstite di continuare a vivere nella casa e tra le cose dove si è svolta la vita coniugale, e nello stesso tempo assicurargli sicurezza e stabilità di vita in una casa che costituisce anche un simbolo importante del suo stato sociale, i diritti di abitazione e di uso non sorgerebbero in capo al coniuge qualora questi li avesse già ricevuti in modo diverso.

In altri termini, al coniuge non spetterebbe una quota di riserva maggiorata. L’opinione in esame è tuttavia nettamente minoritaria14, posto

14 E. PEREGO, I presupposti della nascita dei diritti di abitazione e di uso a favore del

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che la dottrina maggioritaria15 ritiene che la norma in esame attribuisca ai

diritti in questione la funzione di porzione aggiunta, cioè un qualcosa in più, un surplus. Porzione che rileva in primis ai fini qualitativi, ossia garantisce al coniuge il godimento della casa familiare, ma anche, e in un secondo momento ai fini quantitativi, per stabilire il valore ed il modo in cui essi vanno ad incidere sulle quote di ciascun legittimario.

Pertanto al coniuge superstite spetterà, ricorrendo i presupposti di cui all’art. 540, comma 2, c.c., sia la quota di patrimonio riservata dalla legge che, in aggiunta, il legato in esame. Del resto, milita, in favore di tale tesi, il tenore letterale della norma, la quale, stabilendo che il diritto di abitazione e di uso dei mobili, gravino prioritariamente sulla disponibile, ha inteso garantire al coniuge non solo una determinata composizione qualitativa della sua legittima, ma ha ritenuto di attribuirgli anche un aumento quantitativo.

Inoltre, se si ammettesse che il coniuge, beneficiato per testamento della casa e dei relativi arredi, debba imputare alla propria quota di legittima il valore dei diritti di abitazione e di uso, si avrebbe una macroscopica e irrazionale disparità di trattamento rispetto al coniuge che nulla ha ricevuto e che avrebbe diritto ad ottenere sia i due diritti sia la quota in piena proprietà che gli spettano, in qualità di legittimario. Ciò, peraltro trova conferma dalla giurisprudenza della Cassazione16, la quale ha

sottolineato che l’esigenza di continuare ad abitare nella ex casa adibita a residenza familiare ha non solo un valore economico, ma, prima ancora, un valore morale per garantire al coniuge superstite di conservare memoria della vita coniugale pregressa, quali la conservazione della memoria del coniuge scomparso e delle relazioni sociali goduti durante il matrimonio.

15 L. MENGONI, Successioni per causa di morte. Parte speciale. Successione necessaria,

cit., p. 166; G. GABRIELLI, Commento agli artt. 536, 537, 538, 540, 542, 544 e 548 c.c., in Comm. Cian – Oppo – Trabucchi, 5, Padova, 1992; G. CATTANEO, La vocazione

necessaria e la vocazione legittima, in Trattato di diritto privato, diretto da P. Rescigno,

Torino, 1982, 5, p. 446 ss.

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Altre volte, la stessa giurisprudenza di legittimità17 ascriveva la ratio della

norma alla moderna “sociologia della salute”, intendendo quest’ultima non solo nel senso negativo di assenza di malattia, ma anche nel senso positivo di stato di benessere fisico e psichico. Sulla scia di tale sentenze, si è affermato18 che, la ratio di questa attribuzione di diritti determinati,

consistente nell’esigenza di garantire al coniuge superstite la persistenza nel godimento della casa adibita a residenza familiare e dei mobili che ne costituiscono l’arredamento, si rinviene, non tanto o non solo al fine di conservagli l’ambiente etico – affettivo in cui è convissuto con il coniuge poi defunto, quanto e soprattutto per preservarlo dal pericolo che dopo la morte del coniuge si venga a trovare senza un punto di riferimento abitativo sul quale aveva fatto riferimento e, quindi, di consentirgli di continuare ad abitare nella casa e con le cose che gli erano familiari.

Si potrebbe aggiungere che i diritti di abitazione e di uso dei mobili mortis

causa costituiscono la continuazione, per il tempo successivo alla morte di

uno degli sposi, delle prerogative sorte con la celebrazione del matrimonio ed ispirate al fondamentale principio della solidarietà familiare, il quale impone l’obbligo di coabitazione nel luogo scelto di comune accordo.

Per sintetizzare al massimo l’opinione prevalente espressa sul punto dalla dottrina e giurisprudenza, è sufficiente limitarsi a ricordare che la posizione accordata dal legislatore al coniuge superstite nella successione necessaria presenta vantaggi sia in termini quantitativi, sia in termini qualitativi.

Da un lato, infatti, il coniuge consegue sempre, in piena proprietà, una quota almeno pari a quella dei figli e addirittura superiore se questi sono più di due; dall’altro, accanto ai risvolti patrimoniali, il medesimo ha la possibilità di cumulare, alla quota di legittima, il diritto di abitazione e di uso che gli permette di dare sfogo a valori extrapatrimoniali, al fine di mantenere i rapporti affettivi con la casa coniugale ove si è sviluppato il

17 Cass. 6 ottobre 1979, n. 5172, in Foro it., 1979, I, c. 2302.

18 Cass. 23 maggio 2000, n. 6691, in Dir. giust, 2000, n. 21, p. 55; Cass. 6 aprile 2000, n.

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consortium vitae, nonché il godimento degli arredi che, sotto il profilo

affettivo, hanno fondamentale importanza. Dunque, come avremo modo di vedere in seguito, dalla lettera della legge, interpretata alla luce dell'intento legislativo di favorire il coniuge superstite, si ricava che questi diritti si aggiungono alla quota riservata al coniuge dall'art. 540, comma 1, c.c.: ci si troverebbe dunque di fronte ad un’aggiunta di tipo qualitativo e non solo quantitativo. In altre parole, non è condivisibile l’opinione di chi rileva che i diritti di abitazione e di uso non si aggiungono, ma vengono a comprendersi nella quota di riserva.

Affermare che la situazione è identica a quella che si avrebbe se il de cuius avesse disposto per testamento in favore del coniuge i legati di abitazione e di uso, non equivale a riconoscere al coniuge una irrazionale condizione di privilegio. Per la verità, tanto il diritto di abitazione, quanto il diritto d'uso si estinguono con la morte del titolare: considerando questa attribuzione come aggiuntiva al coniuge certamente si riconosce un vantaggio, che tuttavia dura finché egli rimane in vita. Ritenuto che i diritti di abitazione e di uso si calcolano in relazione all'età del coniuge superstite, anche se, per comodità di divisione, gli viene assegnato in proprietà il corrispondente valore capitale, ne risulta una misura della sua quota complessiva che normalmente non comporta una grave sproporzione nei confronti degli altri eredi19. Tuttavia, vi è un dato normativo di non poca rilevanza.

Difatti, è chiaro che con questa aggiunta il legislatore del 1975 ha infranto due principi tenuti fermi dal legislatore del 1942, in base ai quali le quote di riserva erano intangibili e la quota disponibile era garantita nella misura minima pari ad un terzo del patrimonio dell’ereditando. Ad ogni modo, come si avrà modo di chiarire in seguito, questo surplus è ammissibile in quanto la casa familiare apparteneva al de cuius in proprietà esclusiva o in comune con l’altro coniuge.

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1.5 Criteri per il computo del valore del diritto di

abitazione della casa adibita a residenza familiare e di

uso sui mobili che la corredano

Ogni volta che si apre una successione è frequente che sorgono questioni tra gli eredi, sia in caso di successione senza testamento (cd. successione legittima), sia in caso di successione regolata da un testamento, relativamente alla formazione delle quote dei singoli eredi.

La quota di legittima del coniuge, si è visto, varia dalla metà ad un quarto della massa ereditaria a seconda degli altri chiamati con i quali concorre. Prima di entrare nel merito della questione è opportuno richiamare una recente pronuncia della Suprema Corte20, la quale precisa che, in tema di

successione necessaria, per accertare la lesione di legittima, va dapprima determinato il valore della massa ereditaria e quello, quindi, della quota disponibile e della quota di legittima, che dell’eredità costituiscono una frazione. A tal fine, occorre procedere, anzitutto, alla formazione del compendio dei beni relitti ed alla determinazione del loro valore al momento dell’apertura della successione; quindi, alla detrazione dal

relictum dei debiti, da valutare con riferimento alla stessa data; e, ancora,

alla riunione fittizia, cioè meramente contabile, tra attivo netto e donatum, costituito dai beni di cui sia stato disposto a titolo di donazione, da stimare, in relazione ai beni immobili ed ai beni mobili, secondo il loro valore al momento dell’apertura della successione (artt. 747 e 750 c.c.), ed invece con riferimento al valore nominale quanto alle donazioni in denaro (art. 751 c.c.). Devono calcolarsi, quindi, la quota disponibile e la quota indisponibile sulla massa risultante dalla somma tra il valore del relictum al netto ed il valore del donatum, ed imputarsi, infine, le liberalità fatte al

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legittimario, con conseguente diminuzione, in concreto, della quota ad esso spettante (art. 564 c.c.).

Per quanto più specificamente a noi interessa, in materia di diritti riservati ai legittimari, la determinazione della porzione disponibile, su cui devono gravare in primo luogo i diritti, in favore del coniuge, di abitazione sulla casa adibita a residenza familiare e di uso sui mobili che la corredano, e delle quote di riserva, deve avvenire considerando il valore del relictcum (e del donatum, se vi sia stato), comprensivo del valore della casa familiare in piena proprietà. Questo è quanto ha stabilito la giurisprudenza di legittimità21. Nel caso di specie, la Cassazione è stata investita del compito

di determinare le modalità di calcolo delle quote spettanti ai vari legittimari in concorso con il coniuge, là dove la sentenza impugnata22,

ritenendo che il diritto di abitazione non incidesse quantitativamente sul compendio ereditario, calcolava le quote dei vari eredi sul valore risultante dalla detrazione del valore capitale del diritto di abitazione e di uso dall'asse ereditario.

In tema di successione necessaria, la disposizione di cui all'art. 540, comma 2, c.c. determina un incremento quantitativo della quota contemplata in favore del coniuge, in quanto i diritti di abitazione sulla casa adibita a residenza familiare e di uso dei mobili che la corredano (quindi, il loro valore capitale) si sommano alla quota riservata al coniuge in proprietà.

Posto che la norma stabilisce che i diritti di abitazione e di uso gravano, in primo luogo, sulla disponibile, la Corte indica le operazioni da compiere: come prima operazione si deve calcolare la disponibile sul patrimonio relitto, ai sensi dell'art. 556 c.c., e, per conseguenza, determinare la quota di riserva. Calcolata poi la quota del coniuge nella successione necessaria, in base a quanto stabiliscono gli artt. 540, comma 1 e 542 c.c., alla quota di riserva cosi ricavata si devono aggiungere i diritti di abitazione e di uso, il cui valore viene a gravare sulla disponibile. Se poi la disponibile non è

21 Cass. 19 aprile 2013 n. 9651, in Giust. Civ. Mass. 2013. 22 App Roma, 28 febbraio 2006, in Giur. it., 2006, I, 154.

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sufficiente, i diritti di abitazione e di uso gravano, anzitutto, sulla quota di riserva del coniuge, che viene ad essere diminuita della misura proporzionale a colmare l'incapienza della disponibile. Se neppure la quota di riserva del coniuge risulta sufficiente, i diritti di abitazione e di uso gravano sulla riserva dei figli o degli altri legittimari.

Su tali presupposti la pronuncia in commento accoglie il ricorso in quanto la sentenza impugnata aveva invece calcolato le quote spettanti al coniuge e agli altri legittimari non sull'intero asse, bensì sulla porzione che residuava una volta decurtato dall'asse il valore dei diritti sulla casa familiare spettanti al coniuge superstite, con ciò facendo gravare il valore dei diritti in questione sulle quote dei figli, e ciò anche quando - come nel caso concreto posto all'attenzione della Corte - la disponibile risulti in grado di comprendere il valore dei menzionati diritti sulla casa familiare. Affermato il suddetto principio di diritto, la Corte ha cura di evidenziare che la conclusione raggiunta non si pone in contrasto con il recente arresto delle Sezioni Unite23 che, intervenendo sull'argomento, ancorché in ipotesi

di successione ab intestato, hanno affermato che il valore capitale dei diritti sulla casa familiare deve essere stralciato dall'asse ereditario per poi procedere alla divisione di quest'ultimo tra tutti i coeredi secondo le norme della successione legittima, non tenendo conto dell'attribuzione dei suddetti diritti secondo un meccanismo assimilabile al prelegato. Con la pronuncia in commento la Corte specifica che il meccanismo proposto dalle Sezioni Unite nella menzionata pronuncia è destinato a trovare applicazione solo con riguardo alla successione legittima, dove non sussiste un problema di incidenza dei diritti degli altri legittimari per effetto dell'attribuzione dei diritti di abitazione e di uso al coniuge, con la conseguenza che non trovano applicazione le disposizioni in materia di riserva a favore del coniuge (art. 540, comma 2, c.c.).

Già, in tempi meno recenti, la stessa giurisprudenza di legittimità24, dopo

aver affermato che l’art. 540 c.c. costituisce un unicum di intangibilità

23 Cass., S.U. 27 febbraio 2013, n. 4847, in Fam. Dir., 2013, p. 983. 24 Cass. 23 maggio 2000, n. 6691, in Dir. giust, 2000, n. 21, p. 55.

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qualitativa, individua due contenuti del diritto a favore del coniuge superstite: il primo, suppletivo, nel senso di assegnare comunque i diritti di abitazione e di uso al coniuge superstite nel caso in cui la casa coniugale e i relativi arredi siano esclusi, per disposizione testamentaria, dalla quota allo stesso riservata in piena proprietà o in essa solo parzialmente compresi; il secondo, integrativo, nel senso che il godimento di tali diritti debba essere avvalorato in aggiunta alla quota di riserva spettante al coniuge superstite, risultante dalla divisione della massa ereditaria al netto di quel valore.

Quindi, in considerazione della finalità assistenziale non solo di tipo materiale ma anche (e soprattutto) sentimentale dei diritti attribuiti ex art. 540 c.c., si può affermare che il capoverso della norma in questione, prevede due possibili scenari ereditari. Se la disponibile è abbastanza capiente da permettere il soddisfacimento delle speciali riserve successorie, quantitative e qualitative, del coniuge, queste ultime potranno determinare la vanificazione di eventuali disposizioni testamentarie, redatte dal defunto a vantaggio di soggetti estranei. Quanto agli effetti, il fenomeno è assimilabile all’istituto della dispensa dall’onere dell’imputazione previsto dall’art. 564, c.c., in favore di un legatario, che riunisca in sé anche la qualità di legittimario 25. Ove, invece, la disponibile

non risulti sufficiente, la regola è che i diritti di abitazione e di uso gravino sulla quota di riserva del coniuge prima, e poi su quella dei figli.

Deve notarsi che l’intento del legislatore è stato di accordare prevalenza ai diritti di abitazione e di uso, anche a scapito della stessa quota in piena proprietà spettante al coniuge, pur di soddisfarlo nelle sue peculiari esigenze esistenziali e affettive.

Il legislatore ha espressamente considerato l'ipotesi di concorso del coniuge con i figli, trascurando invece l'ipotesi di concorso del coniuge con gli ascendenti legittimi del de cuius. Secondo la giurisprudenza di

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legittimità26, nonostante il silenzio del legislatore sul punto, la norma deve

trovare applicazione anche nell’ipotesi di un eventuale concorso del coniuge con ascendenti del de cuius e non solo con i figli. Tuttavia, l’interpretazione fornita dai giudici di legittimità contrasta con l’opinione dottrinale maggioritaria27, secondo la quale l’art. 540, comma 2, c.c.,

dovrebbe considerarsi una disposizione eccezionale, dettata a tutela esclusiva dello specifico interesse dei discendenti. E ciò perché, a detta dei sostenitori di tale tesi, la norma impone l’imputazione del legato ex lege, anzitutto, alla quota di riserva del coniuge e, solo successivamente, se questa è insufficiente, alla loro quota. Viceversa, secondo l’interpretazione fornita, nell’ipotesi di un eventuale concorso del coniuge con ascendenti del de cuius, ove il valore del legato ecceda la disponibile, dovrebbe gravare, contemporaneamente e proporzionalmente, sia sulla riserva del coniuge sia sulla riserva degli ascendenti.

Egualmente inaccettabile appare l’opposta teoria28 che vorrebbe

assoggettare gli ascendenti ad un trattamento successorio addirittura più vantaggioso rispetto ai figli, escludendo la loro quota di legittima da qualsiasi sopportazione dei diritti di abitazione e di uso spettante al coniuge superstite. La motivazione di tale opinione risiede nel fatto che lo speciale trattamento dei figli si giustifica con il dovere assistenziale posto dalla legge a loro carico nei confronti del genitore. A dire il vero, a nostro avviso deve ritenersi, piuttosto che la lacuna normativa sia dovuta ad una svita del legislatore, il che appare plausibile, se si pensa che la norma è stata inserita dalla novella all’ultimo momento. Pertanto, dato che la previsione dell'art. 540, comma 2, c.c., ci permette, da un lato, di calcolare

26 Cosi, Cass., 6 aprile 2000, n. 4329, in Nuova giur. civ. comm., 2001, I, p. 440; Cass., 23

maggio 2000, n. 6691, in Dir. giust, 2000, n. 21, p. 60.

27 Tra cui, E. PEREGO, I presupposti della nascita dei diritti di abitazione e di uso a

favore del coniuge superstite, cit., p. 720 ss.; G. GABRIELLI, Commento all’art. 540 c.c.,

cit., p. 71.

28 A. MASCHERONI, Il nuovo trattamento successorio del coniuge superstite, in Il nuovo

diritto di famiglia. Contributi notarili, Milano, 1975, pp. 629- 631; A. RAVAZZONI, I diritti di abitazione e di uso a favore del coniuge superstite, in Dir. famiglia, 1978, p. 221

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il peso dei legati sulla quota disponibile e, dall’altro, sulle quote riservate ai vari legittimari, è condivisibile la tesi di chi ritiene la norma suscettibile di interpretazione estensiva, tenendo presente che la legge assoggetta i diritti di legittima alla medesima disciplina29. Del resto, l’estensione analogica

della disciplina prevista per i figli anche alla fattispecie di concorso fra coniuge ed ascendenti è giustificata dalla stessa lettera della norma, rappresentato dall’inciso “anche quando concorre con altri chiamati”, in quanto tale affermazione, in mancanza di specificazione, non può che riferirsi a tutti gli altri legittimari (rectius, anche gli ascendenti).

1.6 Segue. Il diritto di abitazione del coniuge superstite

nei confronti dei figli coeredi conviventi

Nel caso di decesso di uno dei coniugi, può porsi il problema di conciliare il diritto di abitazione riconosciuto al coniuge superstite, non solo, come cercheremo di spiegare nelle pagine che seguono, con le pretese di eventuali creditori o aventi causa del proprietario dell’immobile, ma anche con eredi comproprietari. Quando si parla di situazioni giuridiche legate alle eredità, i casi senza dubbio più diffusi sono quelli che riguardano le comunioni ereditarie.

Consideriamo l’ipotesi più semplice, ossia quella in cui l’asse ereditario

tempore apertae successionis sia costituito soltanto dell’immobile adibito

a residenza familiare ed il coniuge superstite concorra con un solo figlio. In tal caso, spetta ad entrambi la metà dell’abitazione. Pertanto, la quota di comproprietà in capo al coniuge superstite e figlio è la stessa senza alcuna differenziazione. Tuttavia, il diritto maturato dal coniuge rispetto a quello del figlio è significativamente diverso.

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Al coniuge superstite, infatti, è attribuito il diritto di abitazione sulla casa adibita a residenza familiare e l’uso dei mobili che l’arredano. La legge garantisce in via esclusiva al coniuge superstite il diritto alla conservazione dell’abitazione famigliare e, solo di riflesso, accorda analoga tutela ai figli minorenni e maggiorenni non autosufficienti (in linea peraltro con il favor per la famiglia garantito dall’art. 29 della Cost.).

Quando però sorge un conflitto tra coniuge titolare del diritto di abitazione e figlio maggiorenne autosufficiente, prevale necessariamente il diritto del primo, anche se il figlio convivente ha il possesso derivante dalla comproprietà ereditaria. Cosi al riguardo, ha stabilito un giudice di

merito30, che decidendo nelle forme del procedimento sommario di

cognizione, ha stabilito che la figlia maggiorenne autosufficiente non può vantare nessun diritto sull’abitazione, ma potrà promuovere l’azione per lo scioglimento della comunione ex art.1111 cc, al fine di ottenere la liquidazione della propria quota di proprietà, ma sempre facendo salvo il diritto reale di abitazione della madre, che potrà continuare a vivere all’interno dell’abitazione ereditata. Semplificando il discorso, significa che il diritto di abitazione vantato dalla vedova, a seguito della morte del proprio marito, ha sempre una prevalenza dettata dalla legge, rispetto alla comunione necessaria che si viene a creare con gli eventuali figli della coppia.

In altri termini, l’attribuzione del diritto di abitazione ex art.540, comma 2 c.c. al coniuge superstite finisce con l’atteggiarsi come una deroga al principio generale dettato dall’art.1102 c.c. in tema di comunione, secondo il quale “ciascun partecipante può servirsi della cosa comune, purché non ne alteri la destinazione e non impedisca agli altri partecipanti di farne parimenti uso secondo il loro diritto. Infatti, sostenere diversamente significherebbe garantire, nel caso di specie, anche all’altro figlio, comproprietario ma non convivente, l’uso della cosa comune.

30 Trib. Taranto II sezione, 5 novembre 2013, ordinanza n. 2577, ex art. 702 bis c.p.c., in

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1.7 Natura del diritto di abitazione e di uso dei mobili

che la corredano

Sebbene la natura del diritto di abitazione e di uso abbia oscillato tra l’ipotesi volta a qualificarli come veri e proprî diritti di credito, e quella che li ha annoverati tra i diritti reali in senso tecnico, la dottrina prevalente, con l’avvallo della giurisprudenza31, si è ormai orientata a ritenere che i

diritti previsti dall’art. 540, comma 2, c.c., sono certamente da ricollegare alle tradizionali figure di diritti reali di godimento, disciplinate dagli artt. 1021 – 1026 c.c.. Ad avvallare tale conclusione, si consideri il carattere dell’immediatezza, in forza del quale i diritti in questione si acquistano senza che occorra la collaborazione di terzi. Inoltre, la loro natura personale cozzerebbe con la ratio della norma, che è quella di assicurare al coniuge superstite, senza la cooperazione di alcuno, il godimento di beni fondamentali per la sua esistenza32. Dall’altro canto, ove si trattasse di

diritti di credito, si dovrebbero inquadrarli nell’ambito del comodato gratuito, allora, non avrebbe senso il motivo che il legislatore l’abbia differenziati.

Tuttavia, in considerazione delle valutazioni effettuate, correttamente, si ritiene che una integrale applicazione di quella disciplina comporterebbe, in alcuni casi, una sostanziale lesione degli interessi protetti dalla normativa in materia successoria, proprio, in ragione della peculiarità della fonte da cui il diritto di abitazione e di uso mortis causa deriva. La soluzione appare preferibile, in quanto, la circostanza che il legislatore abbia usato il medesimo nomen iuris (abitazione) in due norme differenti, non giustifica l’applicazione della disciplina dei diritti reali in senso

31 Cass. 13 marzo 1999, n. 2263, in Vita not., 1999, I, cit., p. 238.

32 A. RAVAZZONI, I diritti di abitazione e di uso a favore del coniuge superstite, cit., p.

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tecnico, dal momento che il diritto di abitazione di cui all’art. 540 c.c. è un diritto a contenuto speciale.

Sotto tale profilo appare giustificato che il legislatore abbia definito come abitazione tanto il diritto che attribuisce all’habitator di pretendere di abitare una casa qualsiasi, o parte di essa, in relazione ad un bisogno certo e determinato, quanto il diritto del coniuge superstite che, invece, può pretendere il godimento senza alcuna limitazione di un determinato

immobile, in relazione alla sua qualità di coniuge33. Pertanto,

nell’applicazione della disciplina, si deve aver riguardo alle differenze del diritto, che attengono ai presupposti, alla ratio, ai soggetti, all’oggetto del diritto, le quali sembrano individuare un diverso contenuto del diritto di abitazione mortis causa, rispetto al diritto reale tipico.

Difatti, con l’ultimo capoverso dell’art. 540 c.c, il legislatore, ha voluto tutelare non solo gli interessi economici del coniuge superstite ma anche (e forse prevalentemente) i suoi interessi personali, morali e psicologici, quali la conservazione della memoria del coniuge scomparso, il mantenimento dello stesso tenore di vita, delle relazioni sociali e degli “status symbol”. In altre parole, il legislatore ha voluto garantire al coniuge superstite la continuità nel godimento di ciò che costituiva l’ambito in cui si svolgeva la vita familiare, e tale esigenza può essere soddisfatta solo con la conservazione dello stato di fatto esistente al momento dell’apertura della successione34. Con ciò confermando a tale diritto di abitazione una valenza

che trascende l’aspetto patrimoniale per evidenziarne l’intuitus personae. In primo luogo è da ritenersi non applicabile la disposizione, di cui all’art. 1022 c.c., secondo cui, chi ha il diritto di abitazione di una casa, può abitarla limitatamente ai bisogni suoi e della sua famiglia35. Qualora infatti

l’habitator sia il coniuge superstite, visto che la norma mira ad assicurare

al coniuge superstite il godimento dell’ambiente in cui si svolgeva la vita

33 M. G. FALZONE CALVISI, Il diritto di abitazione del coniuge superstite, Napoli, 1993,

p. 168.

34 App. Venezia 3 febbraio 1982, in Riv. not., 1983, p. 534.

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23

familiare, si deve necessariamente far riferimento alla circostanza che quella casa era destinata a residenza familiare, al tempo dell’apertura della successione, non essendo possibile, ad esempio, che il titolare della nuda proprietà possa costringere il coniuge superstite ad esercitare il suo diritto di abitazione solo sulla parte della casa sufficiente a soddisfare le sue esigenze abitative. Per fare un esempio concreto, se la residenza familiare fosse un palazzo con cento stanze, il coniuge superstite avrebbe diritto ad abitarlo tutto intero; anche se in ogni stanza ci fosse un televisore, e ovviamente il coniuge superstite non potrebbe guardare più di un televisore alla volta, avrebbe comunque diritto ad usare tutti i televisori, perché per il legislatore il coniuge superstite deve poter vivere come viveva prima36. Nello stesso senso appare la giurisprudenza37, secondo la quale ai

diritti reali di abitazione della casa adibita a residenza familiare e di uso dei mobili che l’arredano, attribuiti al coniuge superstite dall’art. 540, comma 2, c.c. non si applicano gli artt. 1021 e 1022 c.c. nella parte in cui limitano il diritto in relazione al fabbisogno del titolare. Non potrebbe invece il padre impedire alle figlie di prendersi i vestiti della madre defunta custoditi negli armadi di casa assumendo che, che ai sensi dell’art. 540 c.c., nulla si deve toccare nella casa familiare. Infatti, i vestiti erano beni personali, e il diritto d’uso può estendersi solo ai beni mobili che arredavano la casa familiare.38

Generalmente, invece, si ritiene applicabile, anche in materia ereditaria, il divieto stabilito dall’art. 1024 c.c., in base al quale, i diritti di uso e di abitazione, in ragione della loro natura personalistica, non si possono cedere o dare in locazione. Tuttavia, secondo un orientamento ormai consolidato, la giurisprudenza di legittimità ritiene questa norma derogabile, in quanto prevista a tutela non già di interessi pubblici, bensì a

36 L. MENGONI, Successioni per causa di morte. Parte speciale. Successione legittima,

cit., p. 175 ss..

37 Per tutte cfr. App. Venezia 3 febbraio 1982, in Riv. not., 1983, p. 534; Cass. 13 marzo

1999, n. 2263, in Vita not. 1999, I, p. 238.

38 D. CULOT, I rapporti patrimoniali fra coniugi: prima e dopo la separazione, Milano,

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24

tutela della posizione giuridica del nudo proprietario39. Pertanto,

un’eventuale violazione del divieto in questione, nell’ambito ereditario, non potrebbe concretare un abuso dei diritti, tale da produrre l’estinzione del diritto di abitazione, ma potrebbe determinare la nullità del negozio di cessione o l’obbligo, per il coniuge superstite, di restituire al nudo

proprietario i frutti indebitamente percepiti attraverso il rapporto contrattuale di locazione40. Di conseguenza, anche ammessa l’applicabilità

di tale disposizione ai diritti in esame, il coniuge potrà comunque disporre di essi, cedendoli, purché ciò avvenga con il consenso degli eredi nudi proprietari della casa familiare.

A tal proposito, nel variegato panorama giurisprudenziale che ha affrontato la tematica in esame, merita di essere richiamata una pronuncia della giurisprudenza di merito41. Nel caso di specie, il coniuge superstite e i

figli nudi proprietari avevano concesso ipoteca volontaria a favore di un istituto bancario. Nel corso di un’esecuzione immobiliare promossa dallo stesso istituto contro gli stessi eredi inadempienti veniva disposta la vendita all’asta dell’immobile, che veniva aggiudicato a un terzo e, il giudice ordinava il rilascio dell’immobile. La vedova proponeva opposizione al precetto di rilascio proposto dal terzo aggiudicatario, eccependo che in qualità di erede e coniuge superstite dell’originario proprietario aveva diritto di uso e abitazione sulla casa familiare. La Corte, confermando la derogabilità del diritto invocato della donna, ha pure confermato che, col consenso degli altri coeredi nudi proprietari, la vedova ben poteva disporre del diritto in questione. Pertanto, seguendo tale impostazione, si evince, che se il coniuge superstite e i figli nudi proprietari

39 Tra cui, Cass. 25 marzo 1969, n. 637, in Foro it., 1960, I, p. 756; Cass. 18 ottobre 1961, n.

2217, in Foro it., 1962, I, p. 59; Cass. 31 luglio 1989, n. 3565, in Mass. Giust. civ., 1989, p. 849; Cass. 2 marzo 2006, n. 4559, in Mass. Giust., civ. 2006, p. 645.

40 F. DE MARTINO, Usufrutto, uso, abitazione, in Comm. cod. civ., a cura di A. Scialoja e

G. Branca, Bologna – Roma, 1978, IV ed., 358, testo e nota 3; A. FINOCCHIARO – M. FINOCCHIARO, Diritto di famiglia, I, Milano, 1988, p. 371 ss..

41 App. Venezia, 3 luglio 2000, in CULOT D., Separazione e divorzio in appello, Milano,

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hanno acceso ipoteca volontaria in favore di un terzo a garanzia del proprio credito, non limitando l’ipoteca alla sola nuda proprietà – cosa fattibile ai sensi dell’art. 2814 c.c. – hanno in realtà concesso ipoteca sull’intero immobile, e correttamente l’intero immobile è stato poi messo all’asta.42

Inoltre, le peculiarità di questo diritto d’uso successorio impongono di non considerare applicabili alcune delle norme dettate in tema di usufrutto che lo sarebbero, altrimenti, in forza del richiamo operato dall’art. 1026 c.c., il quale ammette che l’estinzione dei diritti in questione possa avvenire anche per prescrizione ventennale (art. 1014 c.c.) e per abuso del beneficiario (art. 1015 c.c.).

Opinando diversamente, significherebbe introdurre, arbitrariamente, dei limiti non contemplati dalla disciplina successoria, talché l’unica causa di estinzione immaginabile è la morte del coniuge43. Del resto, proprio il

richiamo operato dall’art. 1026 agli artt. 1014 e 1015 c.c., potrebbe indurre ad escludere che il diritto di abitazione possa estinguersi per tacita rinuncia, qualora il coniuge superstite trasferisca altrove la propria residenza. Di contro, si potrebbe affermare in maniera del tutto giustificata, che cosi opinando si rischia di comprimere ulteriormente il diritto del nudo proprietario quando il titolare del diritto di abitazione lasci disabitata, per lungo tempo, la casa, per mancanza di effettivo bisogno.

Appare evidente che, nel silenzio legislativo, entrambe le suesposte considerazioni, in aperto contrasto tra loro, sono degne di accoglimento sul piano delle tipologie di decisioni giurisdizionali adottabili, riteniamo, quindi, auspicabile un intervento del legislatore, al fine di colmare un vuoto normativo.

L’unica eccezione, pur se territorialmente circoscritta, agli esposti principi, circa l’esclusione di qualunque limitazione all’esercizio da parte del

42 D. CULOT, I rapporti patrimoniali fra coniugi: prima e dopo la separazione, cit., p.

271.

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coniuge dei diritti reali sulla casa adibita a residenza familiare, è imposta dalla l. prov. Bolzano 28 novembre 2001, n. 17 (Legge sui masi chiusi 2001). Il maso chiuso è un’azienda agricola, composta da una casa di abitazione, con i relativi annessi rustici (art. 2, comma 1). La successione

mortis causa del maso segue la regola, secondo cui l’intera unità poderale

è attribuita ad un unico assuntore. Nell’ipotesi di mancanza di disposizioni testamentarie o di accordi tra i chiamati a succedere, sono preferiti i discendenti che crescono o sono cresciuti nel maso, compresi i figli adottivi e coloro che subentrano per rappresentazione al coniuge superstite; quest’ultimo è preferito a tutti gli altri parenti, se dall’ultima assunzione del maso siano passati cinque anni o se, da almeno cinque anni abbia collaborato alla conduzione del maso. Per il coniuge superstite non assuntore del maso, l’art. 34 prevede che egli abbia diritto, vita natural

durante, ad un adeguato mantenimento secondo le condizioni di vita locali

e la capacità produttiva del maso, salvo che il coniuge sia in grado di mantenersi con redditi propri o proprie sostanze. Inoltre, i diritti di abitazione e di uso dei mobili che la corredano, devono essere esercitati tenendo conto della razionale conduzione del maso e delle esigenze familiari dell’assuntore. E’ evidente che, alla base di queste disposizioni restrittive, prevalgono gli interessa della produzione, sui, contrapposti, interessi familiari e personali del coniuge superstite.

1.8 Il titolo della chiamata del coniuge superstite

La novità introdotta dall’art. 540, comma 2, c.c., testimonia la preoccupazione del nostro legislatore di inaugurare una politica più solida a tutela dei diritti successori del coniuge superstite, che efficacemente, è stata definita “sociologia della salute”44. Il diritto che sorge ex art. 540 c.c.,

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probabilmente perché inserito all’ultimo momento dalla novella del 19 maggio 1975 n. 151, rappresenta uno degli istituti successori fra i più discussi e incerti, oggetto di numerosi dibattiti dottrinale e giurisprudenziale, la cui soluzione non può prescindere dall’esatta definizione del titolo della chiamata del coniuge superstite e dal corretto coordinamento della stessa con le altre disposizioni che regolano la materia successoria. Come abbiamo più volte sottolineato, l’art. 540 c.c. riconosce al coniuge superstite, a titolo di legittima, due diritti di diversa natura: il primo, di tipo tradizionale, consistente in una quota in proprietà del patrimonio ereditario; l’altro, di carattere innovativo, e soltanto eventuale (legato cioè alla condizione della proprietà o comproprietà dei beni da parte del de cuius), rappresentato da specifici diritti sui cespiti determinati.

E’ fortemente discussa, in dottrina e giurisprudenza, la natura giuridica dell’attribuzione dei diritti di abitazione della casa familiare e di uso dei mobili che l’arredano.

Secondo una ricostruzione, rimasta tuttavia minoritaria, è stata avanzata l’ipotesi secondo la quale tali diritti sarebbero acquistati a titolo universale, o perché costituirebbero un ampliamento della quota ereditaria di riserva

del coniuge superstite45, o perché rappresenterebbero una riserva

autonoma e separata rispetto alla quota del patrimonio relitto conseguibile del coniuge superstite in modo cumulativo o alternativo a quest’ultima46.

Tra i sostenitori della tesi in questione, vi è anche l’opinione47, per vero,

senza particolare seguito, di chi si rifà all’institutio ex re certa previsto dall’art. 588, comma 2, c.c., quale esempio di successione a titolo universale su beni determinati. Si è, tuttavia, fatto correttamente notare, che mentre nel caso dell’institutio ex re certa, l’acquisto dei beni in

45 V. E. CANTELMO, La situazione del coniuge superstite, in Rass. dir. civ., 1980, p. 51 s;

A. MIRONE, I diritti successori del coniuge, cit., p. 143 s.

46 M. G. FALZONE CALVISI, Il diritto di abitazione del coniuge superstite, cit., p. 43. 47 C. TRINCHILLO, Il trattamento successorio del coniuge superstite, in Scritti in onore di

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28

funzione di quota è a titolo derivativo, qui l’acquisto dei diritti di abitazione e di uso è a titolo costitutivo48.

È noto, tuttavia, che l'interpretazione dominante, in dottrina49 come in

giurisprudenza50 afferma che i diritti di abitazione della casa familiare e di

uso dei mobili, rappresentano l’oggetto di una vocazione anomala a favore del coniuge. Più specificamente, si tratta di una vocazione a titolo particolare, ossia un’attribuzione patrimoniale a causa morte priva del carattere dell’universalità51. Trattandosi di un’attribuzione a titolo

particolare, sembra, scontato affermare che si tratta di legato ex lege in entrambi i casi di specie. A tale risultato si perviene svolgendo molteplici argomentazioni: a partire dalla considerazione che esso trova la sua fonte direttamente nella legge, al punto che la migliore dottrina lo considera l’esempio più emblematico di legato ex lege52; in secondo luogo,

l’accoglimento di questa tesi comporta quale immediata conseguenza, che, trattandosi di legati, il loro conseguimento da parte del coniuge avviene ipso iure, ai sensi dell’art. 649, c.c., ossia, come meglio si vedrà in prosieguo, automaticamente sin dal tempo dell’apertura della successione, senza la necessità dell’accettazione e fatta comunque salva la facoltà di rinunciare; in terzo luogo, si tratta di un legato ex lege di specie, giacché costituisce una speciale riserva a favore del coniuge superstite, che si viene

48 F. CIRIANNI, Questioni sui diritti attribuiti al coniuge superstite dal comma 2 dell’art.

540 c.c., in Riv. not., 1999, p. 823.

49 L. MENGONI, Successione per causa morte. Parte speciale. Successione necessaria,

cit., p. 170; L. MEZZANOTTE, La successione anomala del coniuge, Napoli, 1989, p. 73; G. GABRIELLI, Commento all’art. 540 codice civile, in Commentario alla riforma del

diritto di famiglia, a cura di L. Carraro, G. Oppo e A. Trabucchi, I, Padova 1977, p. 70; A.

RAVAZZONI, I diritti di abitazione e di uso a favore del coniuge superstite, cit., p. 231.

50 Cass. 10 marzo 1987, n. 2474, in Vita not., 1987, p. 750; Cass. 27 febbraio 1998, n. 2159,

in Giur. it., p. 1794; Cass. 16 maggio 2000, n. 6231, in Mass. Giust. civ., 2000, p. 1021; Cass. 23 maggio 2000, n. 6691, in Giur. it., 2001, p. 248; Cass. 6 aprile 2000, n. 4329, in

Vita not., p. 141.

51 Così, A. MASCHERONI, Il nuovo trattamento successorio del coniuge superstite, cit.,

p. 635; G. BONILINI, Manuale di diritto ereditario e delle donazioni, cit., p. 129; G. Vicari, I diritti di abitazione e di uso riservati al coniuge superstite, cit., p. 1314.

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ad aggiungere alla quota di beni che a lui è variamente riservata a titolo di proprietà, a seconda del suo eventuale concorso con altri legittimari. Viceversa, non sembra apprezzabile la tesi di una parte della dottrina53 ed

una isolatissima giurisprudenza54 che propendono per la qualificazione

dell’attribuzione in termini di prelegato ex lege, sottolineando che, nella fattispecie, rileverebbero, ai sensi dell'art. 661 c.c., i requisiti integranti l'istituto del prelegato: da un lato, il legato sarebbe posto in favore di un coerede; dall'altro, gravando anzitutto sulla disponibile, sarebbe da considerarsi come posto a carico di tutta l'eredità. Dunque, i diritti di abitazione e di uso al coniuge dovrebbero essere soddisfatte a priore e per intero a carico di tutta l’eredità, per poi effettuare sul residuo la divisione secondo le quote di eredità, nell’ipotesi che il coniuge concorresse con altri legittimari. La tesi, pur autorevolmente sostenuta, non convince del tutto. Non soltanto, perché l’attribuzione dovrebbe necessariamente essere subordinata alla qualità di erede del coniuge, ma soprattutto, perché l’art. 540, comma 2, c.c., esclude che il legato in parola venga imputato all’intera eredità.

Non può trascurarsi, infatti, che la norma assume espressamente quale presupposto soggettivo della loro attribuzione, non la qualità di erede, ma soltanto quella di coniuge del de cuius.

Per quanto attiene il primo requisito, invero, può difettare, dal momento che il coniuge superstite non necessariamente è erede, ben potendo ad esempio, essere un legittimario pretermesso in via testamentaria, che abbia, però, ricevuto in vita, da parte del de cuius, donazioni sufficienti a fargli conseguire una quota di patrimonio eguale o, addirittura, superiore, alla quota di patrimonio che la legge gli riserva. In questi casi, il coniuge superstite, non può reputarsi erede, sicché l’eventuale legato ex lege a lui

53 L. CARRARO, La vocazione legittima alla successione, Padova, 1979, p. 119; C. M.

BIANCA, Diritto Civile. Le successioni, V ed., Milano, 2015, p. 181.

54 App. Venezia 3 febbraio 1982, in Giur. it., II, p. 292; Trib. Verona 12 dicembre 1989, in

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fatto, non può considerarsi un prelegato, perché non sarebbe un legato fatto a favore di un erede, bensì un legato fatto a favore di non erede55.

Dall’altro, contro la tesi del prelegato, si oppone, la lettera della legge, che non addossa l’attribuzione dei diritti in questione in modo indistinto e proporzionale su tutte le quote di riserva degli eredi, come disposto per il prelegato, ma, viceversa, prevede un ordine ben definito, in base al quale distribuire il peso, rappresentato dai diritti di abitazione e di uso dei mobili in favore del coniuge, sulle varie quote ereditarie.

Difatti, l’art. 540, comma 2, c.c. prevede a chiare lettere che il diritto di abitazione incide in primis sulla sola quota disponibile, e solo qualora questa risulti insufficiente, sulla quota di riserva del coniuge ed eventualmente sulla quota degli altri legittimari. Anche la giurisprudenza, nelle occasioni in cui ha affrontato la questione, già in alcune, risalenti, pronunzie di merito56 aveva accolto la tesi dottrinale prevalente,

qualificando l’attribuzione in questione come riserva, non solo qualificativa, ma anche quantitativo. Nel caso di specie, i giudici hanno precisato che, se il testatore attribuisce la casa familiare in piena proprietà al coniuge, il diritto di abitazione non si estingue per confusione, ma deve essere capitalizzato.

Appurato che, nella successione necessaria, l’attribuzione dei diritti di abitazione e di uso costituiscono legati ex lege e di specie, il loro conseguimento da parte del coniuge superstite si verifica ipso iure, immediatamente all’apertura della successione, secondo la regola di cui all’art. 649, comma 2, c.c., senza bisogno di alcuna accettazione. Alla luce delle varie opinioni espresse in ordine alla natura dell’attribuzione ed alla sua autonomia, rispetto alla quota di eredità devoluta al coniuge in piena proprietà; la dottrina si è chiesta se il coniuge superstite può rinunciare all’eredità, ritenendo il legato del diritto di abitazione.

55 V. BARBA, Sui diritti di abitazione e di uso spettanti al coniuge superstite. Riflessioni

intorno a una recente sentenza delle Sezioni Unite: quando il dubbio è un omaggio alla speranza, in Jus civile, 2013, 10, p. 629.

56 Trib. Taranto, 14 luglio 1978, in Dir. fam., 1979, p. 116; Trib. Bari, 21 gennaio 1982, in

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