• Non ci sono risultati.

UNIVERSITA’ DEGLI STUDI DI PISA

N/A
N/A
Protected

Academic year: 2021

Condividi "UNIVERSITA’ DEGLI STUDI DI PISA"

Copied!
237
0
0

Testo completo

(1)

UNIVERSITA’ DEGLI STUDI DI PISA

Facoltà di Lettere e Filosofia

Corso di laurea Specialistica in Storia dell’Arte

TESI DI LAUREA SPECIALISTICA

ARCHITETTURA VERNACOLARE A LARI

Analisi tipologica delle abitazioni nel territorio di Lari

per l’elaborazione di strumenti d’indagine

Relatore Laureanda

Proff. ssa Denise Ulivieri Dott.ssa Catia Profeti

Controrelatori

Proff. ssa Lucia Nuti

Dott. ssa Simona Lunatici

(2)

INDICE

Prefazione p. 6

PARTE I CAMPO DI RICERCA

Capitolo I

1. Architettura Vernacolare p. 8

2. Il territorio antropizzato p. 16

APPENDICE 1 “LA LEGISLAZIONE A TUTELA DELL’ARCHITETTURA

VERNACO-LARE” p. 21

Capitolo II LA CASA RURALE IN TOSCANA

1. La casa rurale p. 25

2. Il resede p. 45 3. Arredo urbano: il verde, le immaginette, le rughe e i lavatoi p. 72

APPENDICE 2 “DELLE CASE DE’ CONTADINI” Ferdinando Morozzi p. 82

PARTE III STORIA DEL TERRITORIO E DELLE ABITAZIONI DI LARI

Capitolo I

1. Lari: vicariato e podesteria p. 98

2. La Toscana e le Colline Inferiori p. 109

3. I materiali edili e le abitazioni p. 116

4. Il contratto mezzadrile e gli insediamenti urbani nel comune di Lari p. 123

PARTE III STORIA DI LARI E DEI SUOI BORGHI

Capitolo I 1. I borghi p. 131 2. Lavaiano p. 134 3. Triana p. 142 4. Perignano p. 144 5. Quattro Strade p. 150 6. Casine-Spinelli-Fagiolaia e Visconti p. 155 7. Orceto p. 157 8. Boschi p. 160

(3)

9. La Capannina p. 166 10. Ripoli p. 168 11. Cevoli p. 171 12. Querceto p. 176 13. Canfreo p. 178 14. Capannile p. 180 15. Aiale p. 182 16. Colle p. 185 17. San Ruffino p. 187 18. Usigliano e La Sala p. 191 19. Sessana p. 195 20. Gramugnana p. 198 20. Croce p. 200 22. Casciana Alta p. 202

23. San Frediano Le Cave p. 207

24. Case sparse p. 210

PARTE IV LE AZIONI PER IL RECUPERO

Capitolo I

1. Piano di recupero del patrimonio storicizzato p. 215

2. Il nuovo Regolamento Urbanistico del Comune di Lari p. 220

3. Dall’abbandono al recupero p. 224

PARTE V PER CONOSCERE L’EDIFICATO

1. Metodologia d’indagine p. 229

2. Tipologia di schedatura p. 231

PARTE VI SCHEDATURA DEGLI EDIFICI

(4)

PARTE V PATTERN BOOK

4. Pattern Book del Comune di Lari p. 688

5. Campi di utilizzo delle schede e del Pattern Book p. 732

CONCLUSIONI p. 735

(5)

Δοκἓι δἑ μέγα τι εἲναι καὶ

χαλεπὸν ληφθἓναι ὁ τόποϛ

«sembra essere cosa di grande

importanza e difficile da afferrare il

Topos» -cioè lo spazio luogo.

(6)

Ai miei figli Mattia e Chiara

Ringraziamenti

I miei ringraziamenti vanno a tutti coloro che

mi hanno sempre voluto bene e che hanno…

…più o meno creduto in me.

Un grazie particolare a

Santiago Lanatta che mi ha aiutato a

(7)

PREFAZIONE

L’arte e lo spazio, il rapporto tra di loro, le forme e le problematiche che lo riguardano sono ge-neralmente riservate all’arte della scultura. Lo spazio vuoto, occupato da un oggetto, è includere ed escludere rispetto a un limite.

L’uomo ha un modo tutto suo di riempire il vuoto che lo circonda, v’instaura un dominio, nor-malmente dettato dalla stretta necessità che lo lega, alla sua esistenza nel vivere quotidiano. Orga-nizzare lo spazio vuoto è indispensabile all’individuo per la sua vita, in ogni parte del mondo in cui si trovi, è il modo di occupare il cosmo.

Da sempre l’uomo ha dovuto adattarsi all’ambiente in cui si è trovato a interagire, a sopravvive-re, ha dovuto rimodellare lo spazio, disboscasopravvive-re, bonificasopravvive-re, rielaborasopravvive-re, al fine d’insediarvisi, sia per la propria sussistenza nella vita diurna che per la sicurezza e protezione in quella notturna.

Luoghi dai quali gli Dei sono stati pian piano scacciati e lasciati sullo sfondo, siti che sono stati occupati da uomini ordinari, vi hanno creato ripari, case, spazi nei quali un nucleo ben definito d’individui, una comunità, ha creato relazioni, decidendo di risiedervi stabilmente, pensando alle necessità della sussistenza e alla difesa, il sentimento del co-appartenersi.1

Queste architetture hanno pian piano dato consapevolezza di se stesse e delle sue ragioni storiche e culturali.

L’architettura vernacolare, disciplina nata in America per studiare le abitazioni delle popolazioni primitive, ha costatato, che elementi e fattori, esigenze di vita particolari, legate all’ambiente, per-mettono la nascita di edifici e strutture uniche, svincolate dalla cosiddetta cultura architettonica alta, evidenziando come le varie comunità, sparse nel mondo hanno risposto in modo spontaneo all’esigenza del riparo e del vivere quotidiano.

Villaggi, centri abitati o città, sono stati edificati attraverso la manodopera di uomini, che ignari di una cultura ufficiale del costruire, li hanno realizzati in autonomia, rispondendo alle esigenze con opere funzionali, creando varie tipologie d’insediamento; è l’architettura dell’uomo che crea la pro-pria casa, in un determinato ambiente, proprio come tutti gli altri animali della terra.

Il vuoto che circonda tali edifici non è il nulla, bensì è il sito che accomuna, è l’ambiente che cir-conda la comunità che la rende identitaria di un dato luogo.

Il sentirsi accomunati dal vuoto che circonda le varie abitazioni, rende gli individui appartenenti proprio a quel sito.

(8)

Ognuno senza rendersene conto, si riconosce in una contrada che circonda un abitato, la tipolo-gia di insediamenti familiari che ci fanno sentire a casa, in un luogo piuttosto che in un altro. Co-struire le abitazioni con le proprie capacità, rispondendo alle esigenze della propria comunità, in un determinato ambiente, fa nascere talvolta una strana gara, quella tra chi crea l’oggetto-abitazione più funzionale e bella del luogo.

Il luogo una volta era il “dove e basta!”, oggi è divenuto un elemento di studio importante perché è attraverso l’analisi dei suoi elementi che si può comprendere a fondo una società sotto tutti i suoi aspetti, non solo con l’antropologia, la sociologia, la biologia, l’arte, la storia o la cultura, ma anche con l’architettura vernacolare.

(9)

PARTE I

CAMPO DI RICERCA

Capitolo 1

1. Architettura Vernacolare

Fin dagli anni Sessanta e Settanta del XX secolo, in Italia sorge l’esigenza di studiare la storia delle architetture degli uomini ordinari, e di come questi hanno saputo costruire edifici, rispondendo alle esigenze del quotidiano vivere, abitazioni, che sono conseguenze ovvie, delle varie organizza-zioni sociali e umane, e delle scelte in toto che li riguardano.

Gli edifici si mantengono nel tempo, la loro esistenza è una manifestazione tangibile, la loro forma iniziale è stata mutata dai molti interventi, derivati dal cambiamento delle società e della quo-tidianità. Grazie all’autoprogetto e all’autocostruzione in vari periodi, l’uomo ha edificato la sua dimora, secondo le varie necessità, rispondendo con la massima funzionalità alle esigenze del mo-mento.

In queste architetture, il progettista, il proprietario e l’esecutore di solito coincidono nella stessa persona o lo stesso gruppo sociale, e sono anonimi. Questi edifici sono strutture semplici, che

ri-spondono alle più ovvie esigen-ze della vita quotidiana.

Alcuni di questi insediamen-ti risalgono a civiltà definite

statiche o primarie, come ad

esempio i liguri in Italia. Carat-teristica di questi popoli, era che una volta individuato uno spazio adatto per lo stanziamen-to della loro tribù, lo trasforma-vano in “territorio” e non era più modificato. Il loro tenore di vita si fermava a livello di sem-plice sussistenza. Non vi era accumulo, non costruivano macchinari che potevano aiutarli a incre-mentare la produzione, non si avvalevano dell’ausilio degli animali in agricoltura, praticavano lo scambio ma non un vero e proprio commercio. Non avevano il concetto della proprietà privata e

Fig. 2- Immagine di un paesaggio ligure (Liguria-3_Resized To_600X1000. WEB)

Fig. 1- Paesaggio ligure

(10)

praticavano il comunismo delle terre. Con la tecnica agricola del debbio, bonificavano col fuoco un terreno, lo sfruttavano per qualche anno, per poi abbandonarlo e bonificarne un altro, mettendo in

atto la libera disponibilità dei suoli. Non erano prevaricatori nei confronti dei popoli vicini e non possedevano gerarchie di potere all’interno delle loro tribù, attuavano una “democrazia diretta” in cui l’intera comunità partecipava alle decisioni da prendere.2

La differenza è evidente rispetto a civiltà dinamiche, quali ad esempio i romani. Queste società si espandevano fino ai limiti del loro territorio, fintanto che non s’imbattevano in una società altret-tanto dinamica, andando incontro spesso a soluzioni violente.3Nelle società primarie, l’osservazione diretta della natura e il mantenimento dei suoi ritmi, delle regole, permettono una durata ciclica e identica nel tempo, maggiore che non nelle dinamiche.

2 P. Pierotti, Imparare l’ecostoria, Franco Angeli, Milano 2009, pp. 36-37. 3 P. Pierotti, Imparare… cit, p. 35.

Fig. 2- Paesaggio rurale (http://www.floraviva.it/Brevi/Brevi/paesaggio-rurale-langhe-roero-e-monferrato-candidato-unesco.html)

(11)

Utilizzano materiali reperibili con estrema facilità, spesso direttamente sul sito, si assicuravano nello stesso tempo le esigenze di protezione e riparo. Questo semplice modo di edificare è stato il garante di forme e simboli ontologici, con caratteristiche universali, quindi comuni alle le culture in tutto il mondo. 4

Gli esseri umani abitano la casa, ma anche tutto lo spazio occupato nella natura e nell’ambiente a essa circostante. Nella natura è forte la presenza dell’uomo, l’ambiente è un’unione dei due, e quan-do la presenza umana è assente, è oggi, un fatto voluto.

Attraverso l’uso quotidiano, una determinata area acquista identità, unicità ed è indicativa di un solo luogo, con ovvi riferimenti alla vita che vi si svolge in un determinato tempo, dando valore agli edifici che l’uomo abita quotidianamente, lasciando tracce anonime di costruzioni ordinarie5

. Nel 1866 lo zoologo tedesco Ernst Heinrich Haekel introdusse la parola “ecologia” per indicare genericamente il rapporto degli organismi viventi col loro ambiente e fra loro6. La ricerca, da questo

4 S. Gomiero, La Ruta della Paz, un progetto ecostorico di Jimenéz Deredia, Pisa University Press, Pisa, 2012, p.

14.

5 P. Pierotti, Il Metodo Ecostorico, Raccolta e saggi a cura di Denise Ulivieri, Pisa University Press, Pisa 2009. 6 Il termine passò a prestito tra le varie discipline tra cui l’agricoltura, per indicare l’influenza dell’ambiente sulle

re-se delle coltivazioni, ai naturalisti per indicare i rapporti tra le singole piante e i popolamenti vegetali nell’ambiente

Fig. 3 - Veduta da Usigliano, sullo sfondo vi si possono osservare delle pale eoliche (Archivio Personale Autrice, le foto sono sta-te scattasta-te, tra i mesi di marzo e setsta-tembre 3013)

(12)

punto di vista, vede l’uomo come animale, e tale a ragione fa parte degli studi che lo coinvolgono come tutti gli altri animali.

Lo storico convegno internazionale dal titolo “Gli studi di storia urbanistica: confronto di

meto-dologie e risultati” organizzato da Piero Pierotti, con sede a Lucca dal 24 al 28 ottobre 19757, por-tava alla luce una storia mai scritta. Riprendendo Aristotele, che considerava l’uomo come un essere che vive in società e si organizza con altri simili, allo scopo di costruire una rete di rapporti sociali, metteva in evidenza che:

“Le architetture costruite dall’uomo, sono la realizzazione concreta di questo sistema di comunicazione e

corrispondono alla situazione sociale in cui egli -l’uomo- si organizza.”8

Questo modo di vedere la storia degli eventi architettonici meno importanti, permise di prendere coscienza delle architetture create da tutti gli uomini nelle varie parti del mondo, abitanti-architetti- progettisti, anonimi e rimasti nel silenzio, danno avvio a una nuova disciplina che fu inizialmente definita ecostoria, rendendo ora comprensibile, anche la storia di quest’architettura. 9

Questa metodologia, tende a studiare la città come insediamento umano, insieme di architetture, inserite in un territorio, suolo e paesaggio, tenendo presenti i fatti che vi accadono socialmente, quelli economici o politici, che restano esclusi invece dalla disciplina dell’urbanistica. A tale propo-sito Aristotele diceva che:

“le dimensioni giuste di una città sono quelle che consentono ai suoi abitanti di conoscersi reciproca-mente per eleggere le loro magistrature e ai magistrati di poter emanare direttareciproca-mente le disposizioni che in-teressano ai cittadini senza ricorrere a un banditore con la voce di Stentore”.10

Gli ambienti urbani e le rispettive architetture di oggi, sono le tracce di chi ci ha preceduto, la forma delle case è stata la risposta più ovvia per una determinata funzione quotidiana, rispondendo alle esigenze naturali di un preciso ambiente, l’opera diretta dell’uomo è rintracciabile nelle opere edili, come nell’addomesticamento del suolo per le colture, l’edificio diviene in tale maniera, fonte d’informazione su aspetti ordinari della vita quotidiana del popolo che l’ha edificato.11

animato e inanimato. Infine tornò ancora agli zoologi per indicare i rapporti che legano gli animali al loro habitat, e così via, ma mai riferito all’uomo che ne restava escluso, nella scuola di Chicago, erano studiati con il nome di “sociologia umana” i rapporti che l’uomo teneva nelle città.

7 P. Pierotti, Il Metodo… cit., p. 71, in nota a fondo pagina. Riferimenti: Conclusioni del Convegno, in La

storiogra-fia urbanistica, a cura di L. Nuti e R. Martinelli, Lucca, CISCU, 1976 (d. u.).

8

P. Pierotti, Paradigmi di architettura, manuale storico critico di storia dell’edificazione, Pisa, Edizioni Plus, 2005, p. 91.

9 Piero Pierotti è stato docente del corso di “Ecostoria” presso la Facoltà di Storia dell’Arte di Pisa. Oggi il corso si

tiene ancora con la dicitura di “Architettura Vernacolare”.

10

Aristotele, Politica,a cura di C.A. Viano, Bur, Milano 2002. II 1330 a. I contadini devono essere preferibilmente schiavi, non della stessa razza e non di indole troppo vivace, suddivisi anch’essi in parti eguali fra proprietà pubblica e privata.

(13)

Dal 9 novembre 1964 al 7 febbraio 1965, al MoMa di New York, si tenne una mostra fotografi-ca, che fu un episodio senza precedenti, il titolo era “Architecure whitout Architects, a short

intro-duction to Non-Pedigreed Architecture”.

Bernard Rudofsky, curatore della mostra, nell’introduzione del catalogo poneva in evidenza il fatto che l’arte del costruire e il suo studio, riguardava da sempre solo le realizzazioni dei grandi ar-chitetti, lasciando così un vuoto enorme, quello delle architetture anonime, del quale si avvertiva ora, l’esigenza di colmare. Rudofsky, affermava

che non esisteva una classificazione per queste costruzioni e in mancanza di una vaga etichetta, decise di chiamarla:

“Architettura vernacolare anonima, spontanea, indigena, rurale”.12

La mostra fu un’azione decisamente

dissa-cratoria, un atto coraggioso, che poneva l’accento sull’anonimo aprendo le porte verso nuovi profili critici e nuovi campi di ricer-ca”.13

L’attenzione della mostra era incentrata sulle architettu-re che rispondono al bisogno primario dell’uomo: quello dell’abitare. Queste strutture mai prese in considerazione dagli esperti, erano quelle dei ripari abitati quotidianamente, costruiti rispondendo a pro-blemi immediati di necessità

climatiche, sociali, economi-che e culturali14.

12 B. Rudofky, Architecture Whitout Architects, Doubeday & Company, New York 1964, p. 2.

13 B. Zevi, Storia e Controstoria dell’architettura in Italia, Roma, Newton & Compton Editori, 2005 (seconda

edi-zione), p. 651.

14 G. Tosciri, tesi di laurea: Il Vernacolare: analisi critica di un concetto, Università degli studi di Pisa, Facoltà di

Lettere e Filosofia Corso di laurea Specialistica in Storia dell’Arte, Anno Accademico 2008/2009, relatore D. Ulivieri, p. 10.

Fig. 4- paesaggio Africano

(http://www.architetturaecosostenibile.it/architettura/nel- mondo/fabrizio-carola-africa-cupole-terra-cruda-architetto-napoletano-090.html)

(14)

La mostra fotografica, rivoluzionò il modo di percepire le abitazioni vernacolari, il successo fu sensazionale, e si decise di allestirla anche in altri luoghi. L’esposizione divenne così itinerante e per undici anni, si tenne in più di ottanta sedi in tutto il mondo, creando interessi e curiosità mai vi-ste prima e non solo sul territorio americano.

Nello stesso anno in cui s’inaugurò la mostra al MoMa, dal 25 al 31 maggio 1964, venne orga-nizzato a Venezia il Secondo Congresso internazionale degli architetti e dei tecnici dei monumenti

storici, nell’occasione fu redatta la Carta di Venezia, un documento internazionale sulla

conserva-zione ed il restauro dei monumenti; elaborata da Piero Gazzola e Roberto Pane. Nell’occasione i due studiosi proposero la sostituzione della parola monumento con l’espressione bene culturale, già adottata dalla convenzione dell’Aja tenutasi dieci anni prima.15

La Carta di Venezia all’articolo “1”, pone l’interesse verso il costruire diffuso, diverso dalla sola architettura stilistica, e la nozione di “monumento storico”, comprendendo tanto la creazione archi-tettonica isolata, quanto l’ambiente urbano o paesaggistico, in quanto costituenti testimonianza di una civiltà in particolare, di un’evoluzione significativa, o di un avvenimento storico.

La nozione fu applicata non solo alle grandi opere, ma anche a quelle modeste che con il tempo avessero acquistato un significato culturale.

È proprio Gazzola che esalta il valore dell’edilizia minore, alla quale fu affidata la funzione di trasmettere, alle varie articolazioni urbane, il calore, il carattere e il colore, che rendono unica e irri-petibile ogni città.16 L’interesse intellettuale si rivolse da allora, anche verso ogni manufatto che po-tesse rivestire importanza storico-documentaria.

Nel nuovo clima culturale nacque nel 1965 l’International Council of Monuments and Sities -ICOMOS- di questo organo, il primo presidente fu proprio Gazzola.

Nel 1971 a Brno e Alti Tatra Re-pubblica Ceca e Slovacchia, ci fu la

conferenza sulla protezione

dell’architettura vernacolare, orga-nizzata dall’ICOMOS. Da questo

15

D. Ulivieri, Dall’architettura anonima all’architettura vernacolare, in Bollettino dell’Accademia degli Euteleti della città di San Miniato, vol. 78, p. 54.

16 P. Gazzola, La situazione urbanistica nelle nostre antiche città, in “Atti del VII Congresso nazionale di

urbanisti-ca” Bologna, 1958, pp. 437-438.

Figura 6- Villaggio rupestre (http://viaggi.virgilio.it/foto/gallery/citta-nella-roccia-petra-matera/mesa-verde-villaggio-indiano_mmid70374.html)

(15)

primo incontro, si ebbe proprio l’enunciazione e definizione dell’architettura vernacolare, che fu detta tipica, improvvisa, spontanea, minore o popolare, secondo la visione particolare, che nei di-versi periodi storici hanno avuto del fenomeno, occupando d’ora in poi una posizione di importanza particolare.17

“L’architettura vernacolare comprende una grande quantità di forme, tradizioni, usi e significati, ciò im-plica che questa architettura vada al di là del solo aspetto esteriore e che molto ci possa raccontare sulle civiltà che l’ha ideata, sulle modalità di insediamento e di adattamento, che determinano il “paesaggio cul-turale.”18

Nel 1972 l’UNESCO definisce “monumento” l’insieme architettonico e il sito, unendo in ogni complesso sia l’opera dell’uomo sia quella della natura, con omogenea resa artistica, formale, stori-ca, etnografistori-ca, scientifistori-ca, letteraria, leggendaria, tali da giustificarne la protezione e la valorizza-zione.

Il 1975 fu dichiarato anno del patrimonio architettonico, e dal 21 al 25 ottobre 1975 si tenne ad Amsterdam il Congresso Europeo del Patrimonio Architettonico, sempre nello stesso anno il Comi-tato dei Ministri del Consiglio d’Europa, adottò la Carta Europea del Patrimonio Architettonico Eu-ropean Charter of the Architectual Heritage.

Nel 1997 in Inghilterra Paul Oliver, uno dei maggiori esperti di architettura vernacolare, redige la monumentale opera, Encyclopedia of Vernacular Architecture of the World19, raccogliendo i con-tributi di 750 studiosi provenienti da oltre 80 paesi.

La “Carta dell’Architettura Vernacolare” (Charte du Patrimoine bâti Vernaculaire) promulgata durante la 12ª Assemblea generale dell’ICOMOS, che si tenne appunto in Messico, recita:

“il patrimonio architettonico vernacolare è motivo di orgoglio di tutti i popoli. Riconosciuto come una creazione caratteristica e pittoresca della società, si manifesta in modo informale ma organizzato; possiede, tuttavia, interesse e bellezza. È nello stesso tempo riflesso della vita contemporanea e testimonianza della storia della società. Sarebbe, quindi, indegno non cercare di conservare e di promuovere questa ricchezza che rappresenta, per l’umanità, la sua esistenza e il suo avvenire. Il patrimonio architettonico vernacolare è importante perché è l’espressione fondamentale della cultura di una collettività, delle sue relazioni con il territorio e, allo stesso tempo, è l’espressione della diversità culturale nel mondo. La costruzione vernacola-re è il mezzo tradizionale e naturale con il quale le comunità cvernacola-reano il loro habitat. È un processo evolutivo dettato dai cambiamenti e dall’adattamento in risposta alle condizioni sociali e ambientali. Ovunque nel mondo l’omologazione economica, culturale e architettonica minaccia la sopravvivenza di questa tradizione. Sarà compito di un gruppo pluridisciplinare di esperti, formato da governi, urbanisti, architetti, conservato-ri, preservate questo patrimonio.”20

17 P. Gazzola, Premier colloque sur les problèmes posés par la sauvegarde de l’architecturepopulaire, in

“Monu-mentorum Tutela”, Simposium ICOMOS, CSSR, Ochrana Pamiatok 9, 1971, p. 2.

18 S. Gomiero, La Ruta de la Paz… cit, p. 15.

19 P. Oliver, Encyclopedia of Vernacular Architecture of the World, University Press, Cambridge, 1997. 20 S. Gomiero, La Ruta de la Paz… cit, p. 13.

(16)

È evidente che l’architettura vernacolare, in quanto prodotto di una collettività, inse-diata indeterminato territorio, risente dell’omologazione della cultura e dei feno-meni di globalizzazione socio-economica, tali fatti rendono le strutture vernacolari estremamente vulnerabili, sottoponendole a problemi di usura ed equilibri interni, di in-tegrazione e di quotidianità.21

Queste architetture materiali, invece, de-vono essere conservate per le generazioni fu-ture, attraverso linee guida allo stesso modo in cui si tutelano e preservano le architetture monumentali22.

Le costruzioni vernacolari presentano ca-ratteristiche, quali l’applicazione di modalità costruttive condivise dalla comunità, caratte-ri locali o regionali, un ambiente di apparte-nenza, una coerenza di stile, di forma e aspetto.23

21

Carta dell’architettura vernacolare, ratificata durante la 12ª Assemblea Generale dell’ICOMOS, Messico, ottobre 1999.

22 Idem. 23 Idem.

(17)

2. Il territorio antropizzato

Per antropizzazione s’intende l’intervento dell’uomo sull’ambiente naturale allo scopo di adat-tarlo, e quindi trasformarlo e alterarlo, ai suoi interessi, spesso con effetti ecologicamente nefasti in termini di modificazioni irreversibili dell’ambiente; ne sono esempi l’agricoltura, il disbosca-mento, la costruzione di abitazioni, di impianti agricoli o industriali, ecc. 24

Fin dall’antichità il territorio è stato profondamente segnato con tecniche sia agrarie, che insedia-tive, come diretta risposta delle varie esigenze che di volta in volta si presentavano.

L’impiego dei metodi e dei materiali, che si rifacevano alla tradizione, per la costruzione delle case, garantivano una maggior resistenza al tempo, alle variabili e agli eventi imprevedibili che po-tevano capitare.

La natura non perdona chi non segue le sue regole, è sulle disgrazie dei soccombenti che si fonda la buona sorte dei vivi25.

Fig. 8- Messina disastro ambientale 1 ottobre 2009 (http://www.ecoo.it/s/disastri-ambientali/page/3/)

24 Tratto da: http://www.treccani.it/enciclopedia/antropizzazione/ 25 P. Pierotti, Imparare… cit., p. 116.

(18)

La comprensione della natura e delle sue regole, l’esperienza che ne deriva, dove ignorata ha causato fenomeni tragici, tra cui le alluvioni, che hanno spazzato via le abitazioni di nuova costru-zione, dove la tradizione non era stata osservata, poste a poca distanza dalle superstiti vecchie, come avvenne nel 1994 in Piemonte durante un’alluvione eccezionale. Gli alluvionati di Asti Nuova, tro-varono rifugio in Asti Vecchia che non era stata allagata. Nello stesso anno il Reno allagò Colonia,

dove per rendere più omogeneo il flusso delle acque e scorre-vole la navigazione, erano stati canalizzati, con sponde di ce-mento il fiume e i suoi affluenti. Sempre nello stesso periodo la cittadina di Cinque Terre in Liguria, assistette alla terribile riesumazione dei defunti, trascinati a valle dalla violenza del-le acque a causa deldel-le forti piogge che dilavarono i terrazza-menti, sui quali si trovava il cimitero, ormai privati della quo-tidiana manutenzione da parte degli abitanti.

Lo studio dell’ecologia, prende in esame gli equilibri pre-cari e complessi cui è sottoposta la natura e dove l’uomo è parte integrante. Se esistessero solo erbivori o carnivori, il si-stema non reggerebbe poi molto, e assisteremmo allo spostar-si degli equilibri in modo drastico ed irrimediabilmente deva-stante. Nella sua evoluzione l’uomo è venuto ad assumere sempre più il ruolo di ultimo anello della catena alimentare, egli si ciba di tutto e salvo eccezioni ormai rarissime, nessuno si ciba più di lui.

Storicamente l’uomo ha esercitato la funzione di antagonista, nei confronti di tutto il vivente, ve-getali inclusi, però, cacciando, bruciando, coltivando

ha mantenuto per millenni l’ecosistema in equili-brio, e da tutto questo dipendeva la sua stessa esi-stenza.

L’essere umano non è un distruttore sistemico dell’ambiente in cui vive, ma a un certo momento della sua storia, si è indirizzato contro di esso, intro-ducendo elementi di distruzione.

Le comunità, i paesaggi, i biomi e l’ambiente Fig. 9- Asti allagamento, 5 novembre 1994

fiume Tanaro, 70 vittime e 2.226 sfollati.

(http://it.wikipedia.org/wiki/Alluvione_del_T anaro_del_1994)

Fig. 10- Frana causata da forti piogge, Cinque Terre mar-tedì 1 novembre 2011 (WWW.Tankerenem.com ).

(19)

possono mantenere delicati equilibri nel tempo e nelle evoluzioni, adeguandosi di volta in volta ai cambiamenti legati ai cicli della natura, nel rispetto delle diversità dei vari luoghi e delle condizioni climatiche, pedologiche e geomorfologiche.26

Le vecchie strutture nate come risposta alla vita quotidiana, non sono più ritenute validi o man-tenute attive, incoraggiati anche dalle ultime economie, dalla globalizzazione e dai nuovi mercati, hanno reso inospitali molti di questi territori e improduttivi alle nuove esigenze di mercato.

La paura che gli equilibri ecologici fossero compromessi e che la terra potesse divenire nemica per l’esistenza della vita dell’uomo è un fatto abbastanza recente.

Lo studio degli edifici dislocati sui vari territori, ci indica, quali sono stati nel tempo, i processi evolutivi spontanei e autonomi, che hanno permesso le nostre attuali architetture.

Gli individui si sentono “a casa” nel momento in cui riconoscono il luogo circostante alla propria abitazione, non è necessario esservi dentro fisicamente. Riconoscere un luogo come proprio piutto-sto che un altro, è comune in tutti gli uomini ed è inconscio.

Il riconoscersi appartenenti ad un logos, nel quale ci si sente facenti parte come società, è un ar-chetipo che va oltre quello della famiglia, ci fa riconoscere uniti, non solo paesani o cittadini, ma in senso più ampio come popolo, come tutti facenti parte di uno stato geografico ben definito con con-fini ed eventi naturali comuni e riconoscibili.27

Ciò che chiamiamo paesaggio è il risultato di un intreccio, difficilmente reversibile, tra la storia naturale e quella umana. La considerazione che l’uomo ne sia estraneo, deriva dallo strapotere che egli ha raggiunto nella capacità di modificare l’ambiente, ma l’uomo già modificò l’ambiente nel momento in cui, impugnò un ramo d’albero per prolungare il suo braccio.28

Il paesaggio è la fisionomia che si riconosce tipica di un territorio, ne caratterizza la zona in ter-mini di fattori fisici, antropici, biologici ed etnici; non è un semplice stato dell’animo o una sensa-zione puramente soggettiva.

Il paesaggio amato e riconosciuto, caro, è invece indipendente dallo stato dell’animo,

“non ci propone solo una “forma”, percepibile visivamente. Esso stimola infatti, tutti gli altri sensi, per-ché ci offre un insieme di sensazioni uditive, olfattive, tattili, perfino gustative. Dentro un paesaggio ci si può immettere, percorrerlo, esplorarlo tramite le quattro dimensioni della nostra percezione. In più esso vive. La “forma” di un paesaggio è dunque assai più complessa di quella di un quadro o di una scultura, e anche di un’architettura. Perciò l’educazione al paesaggio, è anch’essa più complessa dell’educazione all’arte”.29

26 V. Ingegnoli, Landscape ecology: a widening foundation, edizione Springer, Berlino, 2005.

27 Il termine paesaggio deriva dalla fusione della parola francese paysage, con l'italiano paese. La parola nasce a fine

Ottocento, ed è legata in particolare modo alla pitture e al realismo delle vedute paesistiche. Il “paesaggio” risponde una vasta area di significati, ampi, variegati e molteplici, ed è impossibile restringere il suo senso ad un unico metodo di classificazione.

28 P. Pierotti, Imparare… cit., pp. 100-101. 29 P. Pierotti, Il Metodo… cit., p. 105.

(20)

Il paesaggio è l’estetica con la quale si presenta un paese, creata dall’azione cosciente o meno e sistematica della comunità umana che si è insediata, che sul suolo produce i segni della sua cultura,

proprio per questi motivi dovrebbe essere esso stesso garante della sua esistenza.

Il paesaggio rappresenta un elemento chiave del benessere individuale e sociale, e la sua tutela, la sua gestione e la sua progettazione, comportano diritti e responsabilità per ciascun individuo, per-ché vi è naturalmente incluso. In questo senso è forse oggi possibile cominciare a parlare di diritto al paesaggio.

Non si può musealizzare un territorio, è vivo, non si possono obbligare le persone a mantenere l’uso delle case a utilizzi legati alla vita del passato ed esserne i relativi custodi.30

Il paesaggio è il risultato del nostro modo di vivere.

Le norme, che oggi tutelano le architetture, dovrebbero prendere in considerazione anche le esi-genze socio-economiche di coloro che vi vivono, studiando le opportunità di eventuali interventi da portarvi a termine, dando nuovo sviluppo e benessere al territorio.

30 P. Pierotti, Il Metodo… cit., pp. 110-111.

(21)

È nel paesaggio che ancora oggi gli uomini riescono ad apprezzare un senso del bello, paragona-bile e talvolta superiore a quello suscitato dalle opere d’arte, tant’è che in questo momento, il turi-smo è un mercato in attivo e garante di una buona economia; i suoi prodotti sono le bellezze pae-saggistiche normalmente antropizzate, tutelate finalmente come beni preziosi dai governi e dagli en-ti mondiali.

Oggi la legislazione tutela gli ambienti nei quali viviamo e operiamo quotidianamente, gli inter-venti promossi mantengono vitali e protetti i vari territori, rispettandone le singole vocazioni agrico-le e non solo, testimonianze della nostra esistenza storica sul pianeta che abitiamo.

(22)

APPENDICE 1

LA LEGISLAZIONE A TUTELA DELL’ARCHITETTURA VERNACOLARE

La Convenzione Europea si caratterizza per aver assegnato al paesaggio la qualità specifica di soggetto giuridico autonomo, dandogli la possibilità di entrare a pieno diritto a far parte dei beni culturali che appar-tengono all’umanità. Le leggi applicate, circa l’importanza e la validità della gestione dimensionale paesag-gistica del territorio, riguardano non solo il paesaggio, ma anche tutti quegli elementi che lo compongono, le nostre abitazioni, i nostri prodotti.

Una delle prime leggi emanate in Italia fu la n. 1497 del 1939, è stata applicata, di fatto, fino ai giorni no-stri giorni, con tutte le varie integrazioni, è divenuta nel 1999 un Testo Unico. La legge fu inizialmente pro-mulgata per cercare di assicurare un rigido controllo da parte dello stato, sui vari interventi che potevano provocare eventuali danni ai vari beni che si riferivano alla storia, avente interesse archeologico, storico, arti-stico, ambientale, paesaggiarti-stico, archivistico e librario, e ogni altro bene che costituisse testimonianza mate-riale avente valore di civiltà.31

Una prima legge promulgata circa il paesaggio e le architetture che lo riguardano comprese quelle verna-colari, è stata la legge del 24 dicembre 2003, n. 378, che da le “Disposizioni per la tutela e la valorizzazione dell’architettura rurale”. La legge si pone come scopo di salvaguardare e valorizzare le tipologie di architet-tura rurale, quali insediamenti agricoli, edifici o fabbricati rurali, presenti sul territorio nazionale, realizzati tra il XIII e il XIX secolo e che costituiscono testimonianza dell’economia rurale tradizionale.32

Il decreto è regolamentato dai vari ministri delle politiche agricole, forestali e ambientali, con quelle della tutela del terri-torio, su proposta delle regioni interessate, previa intesa in sede di conferenza, il decreto in questione defini-sce pure i criteri tecnico-scientifici per la realizzazione degli interventi e le modalità tecniche e costruttive coerenti anche con i principi dell’architettura bioecologica.33

Questa legge non è mai stata applicata.

L’architettura vernacolare ha visto una tutela maggiore con leggi regionali, attraverso le quali i vari terri-tori hanno dimostrato un notevole rispetto per le proprie realtà e tradizioni locali, che hanno potuto garantire una tutela legale agli insediamenti umani originari.

In Toscana troviamo la legge regionale del 21 maggio 1980 n. 59, B.R.U.T 30-5-1980, n. 32 che riguarda le norme e gli interventi per il recupero del patrimonio edilizio esistente, modificato in seguito dalle LL. RR. 5/95, 64/95. Con la finalità di disciplinare gli interventi sul patrimonio edilizio esistente, recuperando gli edi-fici e le varie situazioni di degrado presenti nelle zone di recupero, valorizzando gli assetti sociali produttivi esistenti e utilizzando in maniera compatibile, il carattere degli immobili, tutto teso a dare un riequilibrio del-le funzioni sul territorio. Soddisfacendo al tempo stesso del-le esigenze residenziali e il recupero deldel-le attività produttive compatibili con il territorio, dotando l’insieme di servizi pubblici e collettivi, garantendo una tute-la e valorizzazione dei caratteri culturali, espressivi, ambientali e di testimonianza storica degli edifici che vi si trovano e delle aree di particolare valore paesistico.34

31 R. Lorenzi, M.P. Semprini, La tutela del paesaggio tra economia e storia, dal restauro dei monumenti al governo

del territorio, Convegno di studi, Pisa 25-26 febbraio 2005, Villa Verrucchio (RN), 2006, p. 16.

32 Legge 24 dicembre 2003, N. 378 “Disposizioni per la tutela e la valorizzazione dell’architettura rurale” pubblicata

nella Gazzetta Ufficiale n. 13 del 17 gennaio 2004, art. 1.

33 Legge 24 dicembre 2003, N. 378 “Disposizioni per la tutela… cit. art. 2.

34 Legge regionale del 21 maggio 1980 n. 59 (B.R.U.T 30-5-1980, n. 32 parte prima) modificato in seguito dalle LL.

(23)

Gli interventi pratici di questa legge sul patrimonio edilizio esistente riguardano la manutenzione ordina-ria, la manutenzione straordinaordina-ria, il restauro e il risanamento conservativo, la ristrutturazione edilizia e quel-la urbanistica.35

Una legge regionale, applicata dai vari enti comunali in Toscana, è la legge del 15 febbraio 1989, n. 93 per la protezione del patrimonio architettonico, derivante dalla firma alla Convenzione che gli Stati Membri del Consiglio d’Europa, questi si erano impegnati ad attuare una più stretta unione per gli interessi culturali promuovendone gli ideali e i principi anche del patrimonio architettonico, riconoscendo che rappresenta un’espressione insostituibile della ricchezza e della varietà del patrimonio culturale europeo, un'inestimabile testimonianza del nostro passato ed un bene comune a tutti i popoli; ricordando l'importanza di tramandare un sistema di riferimenti culturali alle generazioni future, di migliorare l'ambito di vita urbana e rurale e di favorire, con l'occasione, lo sviluppo economico, sociale e culturale degli Stati e delle Regioni; affermando che è opportuno accordarsi sugli orientamenti fondamentali di una politica comune che sia garante della sal-vaguardia e della valorizzazione del patrimonio architettonico. 36

Le leggi regionali del 7 maggio 1895 n. 57, riguardanti i finanziamenti per la redazione e l’attuazione del patrimonio edilizio esistente modificando la legge regionale del 2 novembre 1999, n. 58 che dettava le norme sulla tutela dell’artigianato artistico e tradizionale toscano e le disposizioni degli oneri contributivi per gli apprendisti artigiani, sono confluite nella legge regionale de 27 luglio 2004, n. 39.37 La legge detta ulteriori disposizioni per il sostegno dei piccoli comuni sia per i servizi di pubblica utilità sia per le attività economi-che finanziano la redazione e l’attuazione di piani di recupero, del patrimonio edilizio esistente, prevedendo un contributo economico.38

L’art. 14 prevede il recupero dei terreni marginali, localizzati nel territorio dei vari comuni in situazioni di maggior disagio, su aziende zootecniche per la produzione di foraggi freschi o per il pascolo.

Legge 2004 modificata nel 2006, dà alle regioni autonomia su alcuni tipi di beni39, non più di competenza dello Stato. Qualora l'interesse culturale riguarda il patrimonio architettonico, se questo è stato riconosciuto con provvedimento ministeriale, compete al ministero, in altri casi compete alla regione che ne dovrà garan-tire la promozione della conoscenza, non solo culturale ma anche architettonica, dei vari territori per lo svi-luppo della cultura.40

Un’altra legge toscana ma non d’interesse prettamente vernacolare è in materia di territorio e urbanistica, è la Legge regionale 1 Gennaio 2005, n. 1. Tratta le norme per il governo del territorio (Bollettino Ufficiale n. 2 parte Prima, del 12-01-2005) questa detta le disposizioni per il governo del territorio promuovendo, nell’ambito della Regione, lo sviluppo sostenibile delle attività pubbliche e private che incidono sul territorio medesimo. A tal fine lo svolgimento delle attività e l’utilizzazione delle risorse territoriali e ambientali deve avvenire garantendo la salvaguardia e il mantenimento dei beni comuni e l’uguaglianza di diritti all’uso e al

35 Legge regionale del 21 maggio 1980 n. 59… op. cit., art. 2.

36 Legge 15 febbraio 1898, n. 93. Vista la Convenzione culturale europea firmata a Parigi il 19 dicembre 1954 ed in

particolare l'articolo 1 di detta Convenzione; Vista la Carta Europea del Patrimonio Architettonico adottata dal Comita-to dei Ministri del Consiglio d'Europa il 26 settembre 1975 e la Risoluzione (76) 28, dottata il 14 aprile 1976, relativa all'adeguamento dei sistemi legislativi e regolamentari nazionali alle esigenze di una conservazione integrata del patri-monio architettonico; Vista la Raccomandazione 880 (1979) dell'Assemblea Parlamentare del Consiglio d'Europa rela-tiva alla conservazione del patrimonio architettonico; Tenendo conto della Raccomandazione n. R (80) 16 del Comitato dei Ministri agli Stati membri, relativa alla formazione specializzata di architetti, urbanisti, ingegneri del genio civile e paesaggisti, come pure la Raccomandazione n. R (81) 13 del Comitato dei Ministri adottata il 1› luglio 1981, relativa alle azioni da intraprendere a favore di alcuni mestieri nel settore dell'attività artigianale minacciati di estinzione.

37 Bollettino Ufficiale n. 29, parte prima del 4 agosto 2004. 38

Legge 15 febbraio 1898, n. 93. Capo III, Comma 2 bis: contributo previsto per la redazione e l’attuazione de piani di recupero una somma che può giungere fino a euro 25.000,00.

39 Manoscritti, autografi, carteggi, incunamboli, raccolte librarie, nonché libri, stampe, incisioni, non appartenenti

al-lo stato.

40

Legge 24 marzo 2006, n. 156. Visto il decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42, recante il Codice dei beni cultu-rali e del paesaggio, ai sensi dell'articolo 10 della legge 6 luglio 2002, n. 137; sono esercitate dalle regioni. Qualora l'in-teresse culturale delle predette cose sia stato riconosciuto con provvedimento ministeriale, l'esercizio delle potestà pre-viste dall'articolo 128 compete al Ministero.

(24)

godimento dei beni comuni, nel rispetto delle esigenze legate alla migliore qualità della vita delle generazio-ni presenti e future.41

Molto più interessante è il regolamento del 9 febbraio 200742, che espone le norme per il governo del ter-ritorio, all’articolo 1 individua i criteri e gli indirizzi per gli strumenti di pianificazione territoriale, gli atti del governo e regolamenti edilizi comunali, per garantire che tutti gli interventi di trasformazione del territorio siano compiuti nel rispetto della qualità urbana, ambientale, edilizia e di accessibilità, al fine di prevenire e risolvere i fenomeni di degrado. Dando una maggiore autonomia agli enti comunali, con strumenti quali la pianificazione territoriale, i comuni possono individuare i vari obiettivi strategici per l'incremento della qua-lità del patrimonio insediativo, tenendo conto delle esigenze e delle dotazioni necessarie a riequilibrare e qualificare gli insediamenti esistenti, con particolare riferimento alle nuove previsioni, agli interventi di tra-sformazione o di riqualificazione urbanistica.

Il D.p.g.r.t 6/r 2007, permette ai singoli comuni la gestione dei relativi territori in materia agraria sia delle vecchie, che delle nuove abitazioni e le norme di attuazione da applicare sia nel casi si intenda mantenere le originarie funzioni d’uso agricolo esistenti, sia nel caso di nuovi riadattamenti delle vecchie strutture abitati-ve esistenti, il decreto preabitati-vede pure la tutela dei fondi destinati alla produzione agricola.43

41 Legge regionale 03 Gennaio 2005, n. 1 Norme per il governo del territorio (Bollettino Ufficiale n. 2 parte Prima,

del 12-01-2005) art 1.

42 Bollettino Ufficiale n. 2, parte prima del 14 febbraio 2007. Regolamento di attuazione dell' articolo 37 , comma 3, della legge regionale 3 gennaio 2005 n. 1(Norme per il governo del territorio) - Disposizioni per la tutela e valorizza-zione degli insediamenti.

(25)

CAPITOLO II

LA CASA RURALE IN TOSCANA

1. La casa rurale

Fig. 12- Paesaggio collinare toscano, veduta da Usigliano, Lari (foto C. Profeti 2013)

I primi insediamenti sorti nei secoli intorno al Mille in Toscana, sono in agglomerati compatti, villaggi o castelli, mentre la casa sparsa o isolata è quasi del tutto inesistente, eccetto piccole struttu-re, utilizzate soprattutto come rifugio e per le greggi.

In molti casi, le abitazioni sparse sono antiche residenze padronali, con corte interna e case cir-costanti disposte in modo da creare all’esterno una muraglia continua.

Quando in seguito i feudatari furono chiamati a vivere in città, non tagliarono mai i contatti con la campagna, al contrario vi estesero i loro domini investendo in questa maniera i guadagni fatti con le attività urbane.

(26)

L’interesse per la terra contagiò anche gli altri cittadini che cominciarono a com-prare terre nelle campagne circostanti, ap-profittando delle ricchezze accumulate e della crisi agricola, che intanto aveva di-strutto i piccoli agricoltori. Queste prime case sono ispirate nelle loro forme a quella dei signori, che già erano presenti, ma

evol-vono in tipi diversi, come nel caso delle ville trecentesche narrate da Boccaccio.

Lo schema a corte, si presenta con le case costruite sui tre lati della corte stessa, mentre sul quarto lato vi è anco-ra uno spazio chiuso da un alto muro sul quale si trova il portone d’ingresso protetto da una tettoia.

Nel Quattrocento l’esigenza dei nuovi signori di crear-si nuove case, fece crear-si che le ville presero a diffondercrear-si e le vecchie residenze, tra cui il castello feudale, chiuso e ar-roccato in posizione di rilievo e a forma di torre, furono adattate ad abitazioni per i contadini, dove ora risiedeva-no, mentre le loro case divennero le stalle per gli animali. I contadini a loro volta adattarono le loro abitazioni ai

gu-sti cittadini e presero a modello le ville, che avevano le tipologie strutturali an-cora legate al mondo dello svago fuori città.

Nel momento in cui i contadini occu-parono e modellarono, secondo le pro-prie necessità, i volumi delle vecchie ca-se signorili declassate, le nuove residen-ze, furono costruite secondo un progetto ben preciso e studiato, rispondendo alle esigenze dettate dalle nuove mode. Fig. 13 Siena, castello di Celsa, frazione di Sovicille.

Http://www.mondimedievali.net/castelli/toscana/siena/provin cia02.htmVeduta

Fig. 15- Casa con corte interna. http://immobiliare.mitula.it/casa-cavallo-toscana

Fig. 14- Casa disposta a corte. In Biasutti, cit. TAV. 2

(27)

La cacciata dei Medici a causa di Carlo VIII, la guerra contro Pisa, e l’indebolimento politico di Firenze furono causa di un disinteresse per il mondo agricolo.

Durante il Cinquecento i mercanti furono alieni all’agricoltura, perché dediti essenzialmente al commercio; fu Cosimo I a interessarsi affinché il grano non mancasse e a far bonificare molti terreni, potendo così favorirne, anche una certa esportazione. Le campagne assistettero ad un nuovo fermento e a una fortissima ripresa industriale e commerciale che con Lorenzo il Magnifico vedrà un suc-cessivo incremento.44

Soprattutto nella pianura pisana furono realizzate esca-vazioni di canali per lo scolo delle acque, furono eretti ar-gini e costruiti mulini e case, risistemati gli acquedotti e le strade. Gli ampi pascoli furono riconvertiti a coltivazioni. Cosimo divenne in certo senso il primo committente delle case coloniche, e il Buontalenti, il loro primo architetto. In seguito, I Medici de-dicarono sempre più attenzione e accortezza alle strutture e architetture dei loro regni.

I figli di Cosimo cercarono di incrementare le produzioni agricole con viti e olivi, in modo che l’agricoltura avesse il primato sul commercio, così molti dei principali mercanti fiorentini, portaro-no in Toscana i loro fondi, si diffuse la coltura del gelso per i bachi da seta e in breve tempo la To-scana fu il regno più coltivato d’Italia.

Cosimo II e le due duchesse che lo seguirono, portarono avanti una colonizzazione lenta ma pro-gressiva, senza rotture, iniziando il processo che nel Settecento e poi nell’Ottocento ha fatto della campagna un paesaggio intensamente

umanizzato.

Molte ville e case minori risalgono ai secoli precedenti il Seicento specie nelle immediate vicinanze di Firenze, ma da qui si diffusero nelle campagne e nei campi, anche grazie alla tecnica dei terrazzamenti.

44L. Gori Montanelli, Architettura rurale… cit., p. 14.

Fig. 16- Casa torre nel castello di Cevoli (foto C. Profeti 2013)

Fig. 17- Villa di Poggio a Caiano. http://it.wikipedia.org/wiki/Ville_medicee.

(28)

La cultura delle piantagioni risale in preva-lenza al Sette-Ottocento, soprattutto sotto il governo di Pietro Leopoldo, con le magnifiche opere di bonifica e la riorganizzazione delle fattorie.

Le prime residenze costruite furono sicu-ramente le ville. Solo in seguito, si avvertì l’esigenza di costruire delle case per i contadi-ni e per i lavoratori, per i quali icontadi-nizialmente furono riadattate le vecchie case, per le nuove esigenze delle fabbriche rurali. Le vere e pro-prie case coloniche iniziarono a essere costruire solo dopo il Settecento.

Fu un cambiamento di mentalità, una fase armonica e consapevole, compositiva, distri-butiva e formale, anche se la vita rurale è di norma fortemente conservatrice, periodica-mente muta, soggetta alle influenze delle cit-tà, delle mode o dei vari stili dominanti.

Le prime testimonianze delle case rurali, non solo in Toscana, sono rintracciabili nelle pitture. In queste è da tener presente che, par-ti come il paesaggio erano ritenute inupar-tili al soggetto di un quadro, quindi condotte in modo alquanto convenzionale.

I tetti sono le prime cose che risaltano all’occhio, alcuni sono in tegole ed embrici, altri in paglia, con i muri di legno, la pittura di paese diventa più realistica solo più tardi,

in questa seconda fase, le fonti migliori sono più facili da reperire negli inventari dei beni

dei vari enti, negli estimi e censimenti vari, anche presso personaggi privati. Fig. 18- Villa Toscana

.it/http://www.whiteandwedding.it/public/Files/rif000001/430/olivo 23.jpg

(29)

Risalgono al Cinquecento i disegni dei poderi più antichi, e mostrano già alcuni dei caratteri del-la casa rurale attuale.45

Le pitture ritraggono spes-so edifici in muratura a due o più piani, con tetto a due sgrondi, di scarsa pendenza, coperti da tegole ed embrici, nella maggioranza dei casi la scala è esterna, ma senza co-pertura di tettoia o altro. È presumibile anche dove non raffigurata, essa esistesse, su uno dei lati nascosti,

perché la disposizione delle finestre, escludono che a pian terreno, trovassero posto vani adibiti all’abitazione propriamente detta.46

In queste prime case disegnate, è da notare che la facciata in cui si apre l’ingresso principale, è nel la-to del comignolo del tetla-to, o in quello della gron-daia, disposizione che in seguito è divenuta assai

45 R. Biasutti, La casa rurale in toscana, Nicola Zanichelli Editore, Bologna, ed. 1938, pp. 16-17. 46

R. Biasutti, La casa rurale… cit. p. 17. Un edificio raffigurato ha tre piani, senza considerare il sottotetto o solaio, altri presentano una parte sopraelevata che potrebbero essere già la torretta colombaria, a giudicare dalla forma e dalle aperture, gli annessi isolati sono rari, ma esistono quasi sempre costruzioni minori addossate ai muri principali, o alle tettoie aperte.

Fig. 20- Ambrogio Lorenzetti, Il Buon Governo, Siena.

Fig. 21- disegno di casa colonica

(http://www.romagnatoscana.org/index.php?title=La_casa_r urale)

Fig. 22- Disposizione della canna fumaria in alcune abita-zioni. In Biasutti, TAV 1.

(30)

ra, mentre portici e loggiati in alcune zone non hanno ancora fatto la loro comparsa.

Queste case sono di tipo unitario, con tutti i vani essenziali raccolti sotto lo stesso tetto, le stalle sono a pian terreno e i vani d’abitazione al primo piano, magazzini e granai, a un secondo piano, se-condo il tipo semplice ancora molto diffuso in To-scana.

In seguito i documenti sono rintracciabili negli allivellamenti e nei contratti di affitto soprattutto dal 1770 al 1787.

Talvolta negli estimi per ogni podere sono date le carte delle piante a pianterreno, senza però indi-care l’uso dei singoli vani, vi sono casi isolati di capanne, adibite a casa contenenti talvolta anche la stalla, e riportano anche le torri colombaie, con tetto a quattro spioventi, e disposte al centro del tet-to principale.

La forma più comune di colombaia è quella con tetto unico o due spioventi, con tettuccio più basso sul lato opposto che porta alle finestrelle dei piccioni. Molti edifici che hanno la cucina al pian terreno, accedono alla torre colombaria situata a un’estremità attraverso scale interne. Con il passare del tempo la colombaia fu spesso trasformata in abitazione.

Le prime descrizioni della casa rurale risalgono alle relazioni dello storico Carlo Massimiliano Mazzini, che dovevano fornire dettagliate informazioni sulle abitazioni della Toscana.47

Nella relazione è evidente che la casa colonica toscana sorge comunemente isolata sul rispettivo podere, e in posi-zione spesso centrale a esso, sul punto più elevato. Due sono le tipologie più frequenti, uno con scala esterna, o stile aretino, che dall’aia conduce ad un log-giato con accesso alla cucina e poi alle camere, e l’altro con scala interna, stile a corte, per lo più con cucina a pian terre-no e con un grande loggiato prospicente l’aia.

47 C.M. Mazzini, la Toscana agricola studi sulle condizioni dell’agricoltura e degli agricoltori delle province di

Fi-renze, Arezzo, Siena, Lucca, Pisa e Livorno, 3° edizione, Aracne Editrice, FiFi-renze, 1884.

Fig. 23- Casa colonica su una collina it.wikipedia.org/wiki/Case_rurali_toscane

Fig. 24- Casa colonica con scala esterna, Cortona.

http://www.alunnoimmobiliare.it/it/vendite/54-case-coloniche-ristrutturate/589-casa-colonica-nei-pressi-di-cortona/ Fig. 23- Casa colonica sulla parte più alta della collina.

(31)

A quest’epoca sono già in uso entrambe le due strutture tipicamente settecentesche.48

Il primo tipo si trovava inizialmente solo in collina, il secondo in pianura, inoltre sorsero anche altre forme. Nei suoi scritti Mazzini parla anche della colombaia, descritta come una specie di torre che sormonta la casa, in cui si notano, al posto delle finestre, numerose piccole fessure per l’ingresso dei piccioni, di proprietà del padrone. Alcune residenze hanno una valenza estetica in ri-ferimento alla loro presenza nella natura, raggruppamenti armonici nel paesaggio circostante.

Alcuni tipi di strutture invece, sono veri e propri castelli declassati a case coloniche, chiusi in un unico recinto sul carattere della villa, o piccola casa di campagna.

Negli insediamenti composti di case messe su tre lati, tipo corte o recintate, vi è stata mantenuta la torre. La copertura di queste case è a due falde, una a settentrione e una a mezzogiorno, dove vi è una sporgenza maggiore, sotto alla quale è lasciato lo spazio per gli ingressi dei volatili.

48R. Biasutti, La casa rurale… cit. p. 23.

Fig. 25- Casa colonica con torre, senza scala esterna, (http://immobiliare.mitula.it/casale-rustico-toscana-montespertoli)

Fig. 26- Casa colonica con torre colombaia con scala interna. Certaldo (Firenze)http://www.bettitoscana.it.

Fig. 27- Casa colonica derivante da un vecchio castello. Figline Valdarno. http://www.ecvacanze.it/it/camping/camping-village/norcenni-girasole-club/villanorcenni/Casa colonica con torre colombaia senza scala esterna,

(32)

La casa rurale toscana rientra nel tipo mediterraneo o sud europeo, caratterizzata dalla costruzione in muratura a due o più piani e dal tetto a spioventi coperto da laterizi o lastre di pietra. Tipica forma è quella a pianta quadrangolare o ret-tangolare, con tetto a due spioventi, disposti sui lati lunghi. Sotto la gronda del tetto vi è l’entrata, ma talvolta si può trovare anche nel lato corto.

La stanza per eccellenza è la cucina, dove si raduna l’intera

fami-glia per man-giare in ogni periodo dell’anno e per i lavori casalin-ghi, nei giorni di cattivo tempo, ma anche per le veglie invernali nelle lunghe serate.49 In alcune zone intorno al camino si trova il pancone o pancaccio, per 10, 12 e 15 persone a semicerchio e munito di spalliera alta tanto da sopravanzare le teste dei seduti.

La cucina, più o meno spaziosa, è indice della grandezza del podere, mentre le altre stanze sono pro-porzionali al numero dei lavoratori necessari al pode-re, le mura sono intonacate di dentro e di fuori, la

stal-la sovrapposta al fienile è in molti tipi, quasi un’appendice della ca-sa, ma non sono sempre in comu-nicazione diretta, come pure la concimaia, per lo più esposta a settentrione.50

Un altro tipo della casa coloni-ca, è quello con loggiati ad archi a piano terreno, eco delle novità in-trodotte nel Cinquecento, che ha consolidato il tipo classico della casa colonica toscana, con il

49 Le veglie nelle stalle son in uso solo nei pochi territori, dove il combustibile scarseggia, soprattutto dove sono i

castagneti si resta nel metato , il luogo dove si seccano le castagne.

50 C.M. Mazzini, La Toscana agricola …cit., pp. 314-317.

Fig. 29 A- Casa colonica con portico e loggiato. In Biasuttti p. 26

Fig. 28- Pianta con cucina a primo piano. In Biasutti, cit, p. 15.

Fig. 29 B- Casa colonica Lucignano, Arezzo. http://www.bancadellecase.it/casa-colonica-plurilocale-in-vendita-a-lucignano_525905

(33)

lume a blocco sovrastato da una o due torri colombaie, e aperta nella facciata meridionale in una o due sequenze di loggiati. Soprattutto in epoca rinascimentale, le logge sono oltre che ad arco ad ar-chitrave, tagliate nel corpo della facciata, portici, tettoie, coperture a loggetta delle scale esterne, ti-pico della casa quadrata massiccia, con le piccole finestre ben collocate nell’ampia facciata e la tor-re colombaria che corona l’edificio.

Dal Seicento all’Ottocento le strutture con torre e loggiato, tradizioni del Cinquecento dovute al-le strutture realizzate dal Buontaal-lenti, sono la maggioranza, soprattutto durante il periodo della grande ripresa agricola del Settecento, nel Valdarno e fino a Pisa, nel blocco principale della casa, la colombaia e i loggiati possono dar luogo a una serie di combinazioni diverse, il tipo che tende al quadrato è prevalente ogni volta che la co-struzione nasce di sana pianta e non sono un riadattamento.

Il blocco a due piani, nel tipo più diffuso, ha l’abitazione sovrapposta al rustico, situato al piano terreno, dove si trovano pure la stal-la, la cantina, i magazzini, il trinciaforaggi e così via. Nel piano superiore invece la cucina è centrale e le altre stanze sono situate tutte intorno.

Il portico avvertito come necessario fin dai

tempi dell’Alberti, è un luogo di lavoro all’aperto ma coperto è pure uno svincolo dalle stalle. La loggia o verone, si trova di solito al piano superio-re, è in un certo senso un lusso, non essendo ne-cessaria, se non come soggiorno all’aperto, o co-me protezione della cucina dal caldo estivo, è uti-lizzato soprattutto come luogo di riposo per i lavo-ri femminili. La mancanza di un’effettiva

necessi-tà, ha portato in molti casi la sua chiusura, per ottenere nuovi spazi per l’abitazione, così queste log-ge sono ora interne alla massa, con le aperture ad arco nel piano terreno, mentre al piano superiore si trovano sia ad arco sia architravate, e possono avere due o tre aperture con ampiezza variabile. In molti altri casi il loggiato è a pian terreno, esterno e rimane adagiato alla casa.

Fig. 31- F. Morozzi, Delle case de’ contadini, Firenze 1770, p. 40.

(34)

Anche le torri colombaie, si trovano in queste struttu-re, sono una o due, disposte in facciata o al centro del tet-to solitamente a quattro falde.

L’elemento significativo di queste strutture è la scala, esterna negli esempi tardi è natia, ossia proviene da un progetto prestabilito, negli altri casi, di solito è interna. Nei casi più antichi di case costruite interamente da pro-getto se la scala è esterna, era comunemente incorporata entro la massa, mentre nella pianura pisana, le case a blocco, con torre, hanno già la scala esterna coperta dalla tettoia.

La scala esterna è favorita dal clima dolce e dalla vita sociale sicura.51

Accanto alle case nate da un progetto, soprattutto quando il contratto mezzadrile prevedeva la sua edifica-zione all’interno del podere, si nota tutta una serie di case edi-ficate in modo spontaneo e graduale, rielaborazioni di strutture preesistenti, riunione di elementi morfologici della casa classi-ca con una libertà fuori degli schemi.

Il primo esempio della casa colonica progettata aveva un impianto volumetrico definito, “facciata a loggiato con torre colombaia”.

Alcune tipo-logie sono iden-tificate secondo la disposizione

della cucina e della stalla, in-tesi come ambienti fondamentali della casa, abitazio-ne e rustico, abitazio-nei tipi rudimentali la casa può essere

51 R. Biasutti, La casa rurale… cit., p 13.

Fig. 34- Casa tipo “elementaire”, in Biasutti, cit. p. 122. Fig. 32- Tipologie di case edificate in maniera

ca-suale. In Biasutti, cit. TAV. 4

Fig. 33- Tipologie di case edificate su più li-velli. In Biasutti, cit. TAV. 4

(35)

suddivisa in soli questi due ambienti, che possono costituire nuclei di due edi-fici separati, o far parte di una costru-zione unica. Se uniti, possono, a loro volta essere contigui o giustapposti, nel primo caso abbiamo la Maison élémen-taire, definita dallo storico Deaman-geon.52

In alti casi la cucina è a pian terreno e sopra vi sono le camere, su un lato, la stalla accanto alla cucina e sopra è il fienile. Qui oltre alla stalla

può esserci pure il magazzino, il fienile e il granaio, disposti al primo piano o nel sottotetto.53

La cucina può essere al pian terreno, con l’ingresso dall’esterno, alla quale si accede ad un altro locale adibito a salot-to, e nella cantina, che a sua volta ha pure un ingresso esterno, si-tuato sul lato posteriore. Dalla cantina si passa, a volte nella ti-naia, nella parte anteriore della casa. Con ingresso autonomo, si accede alla stalla non comunicante con gli altri vani, e solo rara-mente, con la cantina, o con la tinaia oppure con la parata dei car-ri e attrezzi. Questa parata o portico, sempre nel corpo dell’edificio ha un enorme ingresso ad arco senza chiusura sul davanti. Addossati e con un muro in comune si hanno sul retro il

forno, il portico e il pollaio.

La concimaia dove sono riposti i sughi è invece staccata lontana dalla casa, di solito coperta con una tettoia a spiovente, unico o doppio.

Nella casa, al primo piano si acce-de tramite scala interna, in muratura, qui si trovano anche le camere. Nei

52

H. Demangeon, L’habitation rurale en France. Essai de classification des principaux types. «Annales de Géo-graphie», vol. XXIX, Parigi, 1920.

53 H. Demangeon, L’habitation rurale en France…cit. Si tratta della maison en Hauteur, ma per questa tipologia

l’autore pone l’abitazione sopra il rustico.

Fig. 37- Tipologia di casa per due famiglie con pianta simmetrica. In Biasutti, cit., p. 60.

Fig. 36- Scala interna con accesso alla cucina al pian terreno, podere Manetti, Perignano, Lari, (foto C. Profeti 2013). Fig. 35- Casa tipo su un solo piano, in Biasutti, cit. p. 122

(36)

rari casi in cui ci sia un secondo piano, vi si può trovare pure il granaio, che di solito è invece al primo piano, insieme alle camere. Sempre sotto lo stesso tetto, ma non comunicante con le stanze, al primo piano si trova a volte anche il fienile, che si apre sopra la carraia, con ingresso rettangolare o ad arco, cui si accedeva con scala a mano.

I locali delle due abitazioni sono generalmente simmetrici rispetto al muro in comune, così pure i due rustici sono disposti alle due estremità.

Nelle case più recenti e in quelle più vicine ai centri abitati prevalgono i mattoni, mentre nelle al-tre, soprattutto in quelle di montagna prevalgono le pietre squadrate.

Cucina, stalle e gli altri servizi rurali, tutti a pian terreno sono invece casi rarissimi, perché di so-lito le camere sono per intero al primo piano, con il fienile. In questo caso prevale la libera comuni-cazione interna tra le parti, sebbene persistano ingressi separati.54

In questi edifici la scala può essere esterna o interna. La scala esterna manca pure nel caso in cui entrambe le parti hanno accesso a pian terreno, ma situate su pendio.

Al pian terreno c’è la cucina, e pos-sono essere presenti il salotto, la di-spensa e il tinaio, al primo piano, si trovano le camere e il granaio, mentre la cantina e la stalla sono separate dal-la casa.

Queste case, sono costruite di nor-ma in nor-mattoni, con scala interna, porta ad architrave a due battenti divisi ver-ticalmente, le finestre chiuse da soli vetri, ossia prive di imposte, e quelle del pianterreno hanno l’inferriata, il tetto è a doppio spiovente inclinato debolmente verso le facciate, con la gronda poco sporgente e coperta da te-gole ed embrici, non è mai presente la colombaia. Alla cucina si accede diret-tamente dall’esterno, il focolare è bas-so con la gola del camino nel corpo

54 R. Biasutti, La casa rurale… cit., pp. 2- 28.

Fig. 38 B- Casa con ingressi su più piani, San Ruffino, Lari (foto C. Profeti, 2013)

(37)

della parete.

La carraia si stende in altezza di entrambi i piani, al pian terreno, mentre al piano superiore c’è il fienile, cui si accede da una scala a mano attraverso una grossa apertura a finestrone. In altri casi il fienile si può trovare in un annesso addossato su uno qualunque dei lati della casa. Pure il porcile e il pollaio possono trovarsi addossati mentre la concimaia è di solito isolata e scoperta. L’annesso isolato indipendente è invece poco frequente, perché il tipo descritto è rigorosamente in un unico modulo, specialmente nelle case abbinate.55

L’annesso isolato, se presente può essere costituito da un unico locale, contenente la stalla o il fienile, o da due, come carraia sotto e il fienile sopra, in questo caso al fienile si accede sempre con la scala a mano, attraverso la solita apertura anteriore, se il rustico è attaccato alla casa, è a due spioventi inclinati verso i fianchi della costruzione, mentre se è addossato, è ad un solo spiovente inclinato pure verso il fianco.

La scala esterna è una struttura tipica di tutta la costa toscana. Può avere la tettoia e i pilastri che la sorreggono, costituendo l’elemento formale più interessante della fac-ciata principale. In alcuni casi la scala è interamente co-perta, altre volte la tettoria segue l’inclinazione della scala, altre tipologie ancora,

hanno ballatoi e

log-giati che coprono

l’intera facciata, in al-cuni casi si possono trovare sui lati più corti laterali. Un’ulteriore ca-ratteristica della scala è la tipologia seminterna, perché si svi-luppa fra un portico o un portone (inferiore) e una loggia al pia-no superiore. Nei casi dove sopia-no presenti dei terrazzamenti, si avranno case a blocchi di volumi, sia semplici, sia complessi, chiusa tra muri, in cui prevalgono i pieni e dove i vuoti si limi-tano a piccole finestre, le strutture sono coperte da tetti, che ri-portano la disposizione dei parallelepipedi di muratura e il mo-vimento delle varie angolazioni, nelle sue varie falde.

55 R. Biasutti, La casa rurale…cit., pp. 51-53.

Fig. 39 B- Scala esterna con colonne e copertura dell’accesso ottenuta da una sporgenza del tetto, Riparbella Cecina. http://www.baseimmobiliare.com/toscana/ grande-casa-colonica-piscina

Fig. 39 A- Tipologie di scale interne. In Biasutti TAV 6

Riferimenti

Documenti correlati

Pour résumer, nous pouvons affirmer que, pour ce qui concerne les premiers informateurs enregistrés, la consonne /ʁ/ du français standard finit par être remplacée par le

 Valore economico aziendale derivante dal reimpiego di materiale di scarto. Tale progetto è infatti reso possibile grazie alla vicinanza di produzioni

preamble the law explicitly declares that “full equality between men and women must project itself also over functions that are merely representative or symbolic.” Its reach

might provide some guidance on the relevance of time periods elapsed between the infringements, one should note the GC’s statement in Michelin: «the Commission’s practice in

In that case, a positive shock to ψ which would allow the household, for instance, to borrow more, would lead to a first-order inflow of credit to domestic households which would

Come citato in precedenza nell’approfondimento sul caso di Arezzo Calcio, all’utilizzo di metriche fornite dalle diverse piattaforme social, è opportuno

Disregarding the issue of whether the proxies chosen are actually good proxies for the phenomena that they aim to characterize, the hypothesis that

Il lavoro di Say ha costituito un importante pilastro della teoria dell’imprenditorialità, ed il suo operato è stato più volte rivisitato in letteratura tanto