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Il giardino di Francesco Fontana a Palazzo Colonna

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Academic year: 2021

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Studi sul Settecento Romano 33

Quaderni diretti da Elisa Debenedetti

Sapienza Università di Roma

Dipartimento di Storia dell’Arte e Spettacolo 2017

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PROPRIETÀ LETTERARIA RISERVATA

Studi sul Settecento Romano Rivista annuale, anvur classe A Direttore: Elisa Debenedetti Comitato editoriale:

Matteo Borchia – Sabina Carbonara Pompei – Maria Celeste Cola – Fabrizio Di Marco – Claudio  Impiglia – Maria Cristina Paoluzzi – Rita Randolfi – Simona Sperindei – Alessandro Spila – Marisa Tabarrini

Comitato Scientifico:

Aloisio Antinori – Liliana Barroero – Anna Ottavi Cavina – Ursula Verena Fischer Pace – Christoph Liutpold Frommel – Kristina Herrmann Fiore – Jörg Garms – Tommaso Manfredi – Christian Michel – Jennifer Montagu – Martin Olin – Steffi  Roettgen – Stella  Rudolph – Christina Strunck – Antonio Vannugli – Claudio Varagnoli

In copertina: Michelangelo Cerruti, Progetto per un soffitto, Berlino, Dalem, Kupferstichkabinett, disegno.

La rivista adotta il sistema del blind review: gli articoli presentati sono sottoposti al duplice vaglio prima del Comitato Scientifico, e poi dei revisori anonimi designati dal Comitato Scientifico stesso. È inoltre aperta a studiosi di qualsiasi livello di carriera, che possono inviare i loro contributi, anche in lingua inglese, francese, spagnolo, tedesco, non superiori alle dodici cartelle di massima, a Edizioni Quasar, via Ajaccio 41-43, 00198 Roma (redazione@edizioniquasar.it).

ISSN 1124-3910 ISBN 978-88-7140-812-5 Studi sui Settecento Romano

(Autoriz. Tribunale di Roma n. 403/86 del 18 agosto 1986) Direttore responsabile: Stefano Marconi

© Roma 2017 by Sapienza Università di Roma e Edizioni Quasar Edizioni Quasar di Severino Tognon srl

via Ajaccio 41-43 – I-00198 Roma, tel. (39)0685358444, fax (39)0685833591 per informazioni e ordini: www.edizioniquasar.it

Finito di stampare nel mese di novembre 2017

presso Centro Stampa di Meucci R. – Città di Castello (PG)

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Temi e ricerche sulla cultura artistica, I Antico, Città, Architettura, III

dai disegni e manoscritti dell’Istituto Nazionale di Archeologia e Storia dell’Arte

Studi sul Settecento Romano

Quaderni a cura di Elisa Debenedetti

Edizioni Quasar 2017

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Le difficoltà di giungere a una visione chiara degli sviluppi nel tempo di un comples- so così ampio e diversificato nelle tante sue parti come il Palazzo Colonna in piazza Santi Apostoli, solo in tempi recenti e solo in parte sono state superate, grazie al trasferimento dell’Archivio famigliare a Subiaco, nel quale è stato possibile verificare con relativa puntualità le diverse fasi di costruzione dei vari corpi di fabbrica1. L’attuale palazzo posto sulla destra e sul retro della Basilica dei Santi Apostoli, formato da nuclei diversi sorti a partire dal primo Quattrocento, manca, tuttavia, di una sintesi complessiva corredata da immagini esaurien- ti che consenta agli studiosi di controllare il reale sviluppo distributivo e decorativo degli ambienti, soprattutto per quanto attiene alla parte più antica, vale a dire quella adiacente al lato meridionale della basilica, nella quale sappiamo che si trovavano le dimore dei Car- dinali Basilio Bessarione e Pietro Riario nella seconda metà del XV secolo. Questo edificio fu all’origine dell’insediamento prospiciente la piazza a partire dalla cessione che Giulio II della Rovere ne fece ai Colonna, alla quale si aggiunse la successiva assegnazione, nel 1513, da parte di Leone X, del Palazzo della Torre, sul lato nord della basilica, e del maestoso log- giato posto sopra il portico di accesso alla chiesa, che riuniva le due ali della residenza2. Ma con quella che possiamo definire una vera e propria requisizione che Sisto V operò nel 1589 tanto del Palazzo della Torre che del loggiato sulla piazza, restituendoli all’attiguo convento dei francescani3, il complesso rimase privo dei suoi principali punti forza, cosicché meglio si spiega la grande impresa della costruzione dell’imponente Galleria iniziata da Lorenzo Ono- frio Colonna nel 1661 sul lato sud del palazzo, poco dopo il matrimonio con Maria Mancini, nipote del cardinale Giulio Mazzarino, celebre per la sua eccentricità e per la sua amicizia con Luigi XIV. Il matrimonio dovette essere l’occasione di ricreare nel palazzo un ambiente che riecheggiasse la gloria della famiglia, narrata nella volta e nelle pareti dagli affreschi di Gio- vanni Coli e Filippo Gherardi con le gesta di Marcantonio II Colonna, il vincitore di Lepanto contro i Turchi nel 1571.

Sono i recenti apporti di Christina Strunck alla storia della fabbrica della Galleria che hanno fatto luce su come alcune indicazioni arrivate ad Antonio del Grande da Gianlorenzo Bernini dopo il 16744, portarono all’aggiunta delle due sale, cosiddette della Colonna bellica e dei Paesaggi, poste alle due estremità della Galleria e aperte su di essa con una coppia di co- lonne monumentali atte a favorire un sorprendente effetto scenografico che esaltasse la gloria di Casa Colonna. Nel dettaglio, la studiosa ha messo in luce come la conclusione dell’impresa, ricordata dal Valesio il 6 febbraio 1701 – quando Filippo II Colonna “nella galleria del suo palazzo fece un nobilissimo festino con copiosi rinfreschi e detta galleria era illuminata da più di trecento lumi con riflessi di cristallo” – fu dovuta al costante impegno di Carlo Fontana, a

Il giardino di Francesco Fontana a Palazzo Colonna

Lorenzo Finocchi Ghersi

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partire dal 1681, e poi anche del nipote Girolamo Fontana5, nella direzione della lavorazione dei marmi e degli stucchi di rivestimento dei tre grandi ambienti6. In particolare a Girolamo, che sarebbe poi morto poco più che trentenne nel settembre del 1701, spetterebbe il disegno dell’ampia vetrata a edicola che si apre, nella sala della Colonna bellica a oriente, sul pendio del Quirinale, dove si estende, fino alla sommità del colle, quello che era sempre stato chia- mato il giardino dei Colonnesi, e dove ancora oggi, nella parte più alta, si trovano i ruderi del cosiddetto tempio di Serapide, fra i quali era anche stata costruita una loggia con un colonna- to visibile in alcuni noti disegni del Cinquecento7. Si trattava di un angolo di natura dotato, come oggi, del resto, di un notevole fascino per il fatto di essere non un semplice luogo di svago e ricevimento, ma un ambiente naturale in cui la presenza dominante dei resti dell’an- tico tempio era non solo estremamente suggestiva, ma anche allusiva alla gloriosa antichità di Casa Colonna che ne deteneva, e ne detiene, il possesso da così tanti secoli.

La cura che la Strunck vede nella progettazione della finestra della Sala della Colon- na bellica, mirata alla giusta illuminazione dell’ambiente per gli effetti luministici ricercati all’interno, si spiega però anche con un altro fatto di rilievo: il 17 ottobre 1698, Innocenzo XII aveva concesso al Connestabile Filippo II Colonna di poter costruire un ponte su via della Pilotta per collegare la Galleria con il giardino8, che, quindi, si voleva evidentemen- te integrare strettamente a quello che era il luogo di ricevimento più sontuoso che Roma potesse vantare, paragonabile al tempo solo alla grandiosità di Versailles, a testimoniare il desiderio dei Colonna di dimostrare la loro condizione di principi sovrani. Potrebbe esse- re stato il secondo matrimonio di Filippo con Olimpia Pamphili, avvenuto nel 1697, dopo essere rimasto vedovo di Lorenza della Cerda, figlia del duca di Medina Coeli9, a spingere il Principe a questa nuova impresa contando di affidarla a Girolamo Fontana. Infatti, in seguito al nuovo matrimonio, decise di lasciare al fratello Carlo, che poi sarebbe divenuto cardinale, l’appartamento che fino ad allora aveva abitato al piano nobile lungo via della Pilotta, per tra- sferirsi nell’appartamento adiacente alla Galleria, dal quale, per raggiungere il giardino, aveva bisogno di un nuovo ponte su via della Pilotta. È opportuno ricordare che nel contempo fu costruito, sempre sotto la direzione di Girolamo Fontana, un secondo ponte di collegamen- to su via della Pilotta tra il palazzo e il giardino all’estremità verso nord dell’appartamento che Filippo aveva lasciato al fratello, probabilmente per consentirgli lo stesso agio di poter accedere autonomamente dall’abitazione alla villa. Molto successivi sono invece i due ponti in corrispondenza della sala ovale della cosiddetta Galleria Nuova o Rustica e della sala della volta dorata dell’appartamento cardinalizio, costruiti durante i lavori diretti da Paolo Posi alla metà del Settecento10.

L’idea di Filippo II di riunire la Galleria al giardino implicava naturalmente una nuova sistemazione di questo, per la quale il primo passo dovettero essere le nicchie al di là del pon- te in cui collocare le statue a figura intera di Fabrizio, Prospero e Marcantonio II Colonna, con dei lavori che però si conclusero solo nel 1713, sotto la direzione di Alessandro Specchi, nel frattempo divenuto architetto di Casa Colonna11. Ma per quanto attiene al ninfeo che si estende in forma di cascata digradante dalla sommità del colle con delle scale laterali che conducono ai vari livelli, finora non è stato chiarito a chi si deve l’aspetto che conserva anco- ra oggi12 (Figg. 1-8). Il fatto che nella pianta del Falda (1676) (Fig. 9) compaia già l’accenno all’esistenza di un impianto non può escludere che i materiali e i moduli decorativi che oggi

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caratterizzano il ninfeo, non siano stati mutati nel tempo, fino ad assumere dettagli ornamen- tali che, a mio parere, sono da riferirsi alla pratica progettuale di Francesco Fontana13.

Alcune fonti inedite, ritrovate molti anni orsono, mi consentono oggi, dato che solo recentissima è la possibilità di accedere al giardino, di confrontarle con il ninfeo esistente, po- tendone attribuire il progetto con relativa sicurezza a Francesco Fontana, il quale, alla morte improvvisa nel 1701del cugino Girolamo, assiduo frequentatore della casa-studio del padre Carlo nei pressi di piazza della Colonna Traiana14, dovette prenderne il posto come architetto di fiducia dei Colonna, portando avanti la sistemazione del giardino non ancora compiuta.

Da quanto riscontrato risulta che Francesco Fontana, a partire dal 1702 e almeno fino al 1706, viene incaricato dall’amministrazione Colonna di controllare numerosi lavori compiu- ti in tutte le loro principali proprietà, site a Genzano, Pofi, Marino, Rocca di Papa, Paliano, Carsoli, Tagliacozzo, Avezzano e anche nel Palazzo di Roma, stimandone i costi e autoriz- zandone i pagamenti agli esecutori. Infatti, il 18 luglio 1703, Francesco autorizza un paga- mento destinato “al giardino di Roma”15, al quale ne segue un secondo conclusivo il 31 luglio 1703 a favore di Angelo Sassi scalpellino dovuto a “lavori di peperino, cioè piedestalli guide e parapetti fatti da lui nel corr[ent]e anno per serv[izi]o del nostro giardino alla Pilotta. In conf[ormi]tà della misura e stima del Cav[alie]re Fran[cesc]o Fontana n[ost]ro Architetto”16. Sappiamo poi da una serie di conti tarati da Alessandro Specchi il 10 maggio 1710, che furono pagati al mastro Antonio Giobbe “s[cudi]. 2,90, per n. 6 giornate d’huomini a pigliare li sassi al giardino delle statue e portate all’altro giardino”, a conferma che parte delle sculture che si trovavano nel “giardino delle statue”, ossia l’attuale cortile delle scuderie, furono trasportate nel ninfeo della Pilotta 17. Da tali note pare chiaro che la sostituzione di “piedestalli, guide e parapetti” che era avvenuta nel corso di tutta la prima parte del 1703 dovesse essere stata qua- si totale per essere durata molti mesi. Uno dei tratti più caratteristici del ninfeo del giardino Colonna, poi, è certo l’uso esclusivo del peperino per fondarne la struttura: sotto un grande arco in mattoni oggi intonacato posto alla sommità del pendio e sovrastato da una balaustra, si diparte in discesa il rivolo della cascata al centro, il cui letto è pavimentato con blocchi e finte rocce. Ai lati scendono due rampe di scale parallele fino al livello intermedio dove si tro- va uno spazio ellissoidale in cui, al centro, l’acqua continua a scorrere in una sorta di canale nel quale è collocata una barca in peperino ornata da delfini, come se vi navigasse, a memoria della gloria navale di Marcantonio Colonna. Le rampe che vi girano attorno ridiscendono ad angolo retto, in forma di gradinate, al livello di base da cui parte l’ascesa, che è il medesi- mo sul quale si affaccia il ponte proveniente dall’appartamento “della Pilotta” prima citato, abitato prima da Filippo II Colonna e poi dal fratello Carlo a partire dai primissimi anni del Settecento. Tale ponte, edificato in seguito, favorì un accesso diretto al giardino anche da questo appartamento, migliorandone ulteriormente il prospetto del palazzo in quel punto, caratterizzato da una convessità muraria di base (Fig. 4). Vi si vede una facciatina molto raffinata per il grazioso terrazzo coperto da un treillage a padiglione che domina il ninfeo, la quale sembra anch’essa essere stata progettata da Fontana per una serie di rilevanti analogie stilistiche riscontrabili in altre sue opere e disegni, come vedremo.

Ma quanto al ninfeo, la paternità di Francesco, oltre che dalla presenza accertata sul cantiere, pare confortata dal confronto calzante con i progetti con cui si era cimentato, proba- bilmente nello stesso periodo, per la sistemazione della Pigna Vaticana e di una vasca antica nel nicchione del cortile superiore del Belvedere vaticano (Figg. 10-11), che possiamo vedere

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in due suoi disegni di progetto ritrovati in passato da chi scrive, in cui si nota un’impostazio- ne analoga del prospetto di base con le due scalinate simmetriche a cornice di un pezzo antico al centro in alto, mentre in basso, la vasca prevista a conclusione dell’insieme nel Belvedere, è sostituita nel giardino Colonna da un sarcofago antico18. Ulteriore elemento che accomuna i due episodi è la scelta del bosso per la decorazione delle rampe, disegnato nelle ipotesi per il cortile in Vaticano, e piantato effettivamente nel giardino della Pilotta.

Va da sé che l’origine del ninfeo risale a un moderno ripensamento del teatro d’acqua di Villa Aldobrandini a Frascati, ben noto a Fontana che, dei giardini delle ville tuscolane doveva avere conoscenze precise, per i lavori seguiti nel territorio e possedendo lui stesso un villino a Castelgandolfo, dove sarebbe morto anzitempo nel 170819. Nel giardino Colonna ritorna l’arco con lo sfondo roccioso come resa visuale della sorgente della fonte, e il dolce digradare dell’acqua pare rallegrare le statue delle ninfe poste sui piedistalli, le quali sono modellate con fantasiosi reintegri moderni di pezzi antichi: ne deriva un singolare pastiche antiquariale di sapore arcadico quindi, in cui la corsa delle giovani ninfe trova conclusione nel centauro che sovrasta il sarcofago al centro delle rampe di risalita posto a raccolta delle ac- que. Il carattere teatrale del complesso è accentuato anche dall’insolita presenza della barca di pietra al centro della spianata ellissoidale intermedia, un punto che induce a riflettere sull’ori- ginalità di Francesco nell’interpretazione del classicismo paterno, che sembra stemperare con una fresca fantasia sua propria, non potendosi escludere che a lui spetti la messa in evidenza del naviglio ponendolo al centro dell’ellisse (Fig. 7). In un tale progetto all’insegna della più spigliata raffinatezza, sembra d’intravedere un futuro sviluppo dell’architettura di Francesco in direzione del “barocchetto” prossimo al désengagement del rococò d’oltralpe, soprattutto per l’originale sperimentazione di forme e materiali al fine di proporre, come si vedrà, uno stile di vita comodo e attraente.

È opportuno ricordare che, anche di recente, si è pensato che la veduta incisa da Giu- seppe Vasi nel decimo libro delle Magnificenze di Roma del 1761, rappresentasse effettiva- mente lo stato del giardino Colonna20 (Fig. 12), ma in realtà vi compare l’ampio complesso di un grande giardino all’italiana al piano inferiore, con una serie di arcate e terrazzamenti previsti nel progetto di Paolo Posi di metà Settecento, quando probabilmente l’intimismo grazioso del giardino fontaniano doveva apparire troppo minuto di fronte all’insorgere di un gusto per un classicismo di forme ben più stentoreo. Un dipinto attribuito ad Abraham L.R.

Ducros e datato 1782 (Fig. 13), che ritrae il giardino in una veste romantica, sommerso dalla vegetazione, rende bene l’idea della levità dell’intervento primo settecentesco sulla natura rispetto alla retorica pesantezza del progetto di Posi.

Sulla base di quanto affermato, vi è un secondo punto che suggerisce per via stilistica un secondo intervento di Francesco nel palazzo, da individuare nell’elegante facciatina con- vessa prima citata (Fig. 4), dove si apre il portale che collega con il ninfeo, attraverso il ponte, quello che era divenuto l’appartamento del Cardinale Carlo Colonna (Fig. 14). Il portale ad arco, finemente inserito al centro dell’aggetto convesso del filo del palazzo su via della Pilotta, è stretto tra due setti murari che, quasi come un paravento, formano il parapetto del grazio- so terrazzo che si apre al livello superiore, coperto da una singolarissima pergola a cupola, connessa alla ringhiera centrale in ferro. Ne risulta una sorta di padiglione di verzura in cui le piante del ninfeo, poi poste anche sui piedistalli del ponte, avrebbero dovuto ornare il cen- tro della facciatina con un ampio pergolato, favorendone la fusione con l’ambiente naturale

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circostante21. Lo squisito carattere intimo e pittoresco di tale formula decorativa, estraneo a tutte le scelte formali di Posi nel Palazzo, manifesta, a mio parere, la libertà di Francesco nel prendere in considerazione nuovi modelli progettuali e decorativi lontani dai canoni abitua- li del classicismo paterno, come si nota anche nella sperimentazione originale di materiali diversi, come il legno, di cui Francesco si sarebbe servito con grande creatività nel progetto per la volta della Basilica di San Pietro in Vincoli22, o come il ferro, scelto dall’architetto negli studi compiuti negli stessi anni per una copertura nella quale esporre il Torso del Belvedere in Vaticano (Fig. 15). In uno di questi, in particolare, colpisce l’idea di farne una cineseria, in cui una tettoia a ombrello in ferro appare sostenuta da volute schiettamente rococò che si apparentano con tutta disinvoltura alle curve dei monti e alle stelle dello stemma di Clemente XI Albani. Segnalo infine che un possibile conforto documentario a tale ipotesi attributiva può derivare dalla considerazione di un pagamento notevole di duecetottantasette scudi de- voluto il 7 novembre 1705 al suo stretto e geniale collaboratore “Nicola Michetti Pittore…

per saldo et intiero pagamento della pittura, indoratura et altro dal med[esi]mo Michetti fatto per n[ost]ro serv[izi]o nel p[rese]nte anno nell’appartamento terreno del n[ost]ro Palazzo a SS. Apostoli in conform[i]tà del conto stimato e tassato dal Cav[alie]re Fran[cesco] Fontana n[ost]ro Architetto”, al quale ne sarebbe seguito un altro di centocinquantadue scudi il 23 febbraio 1706 sempre per lavori di pittura nel palazzo23. E che un architetto di valore come sarebbe divenuto in seguito Michetti avesse iniziato la carriera come imbiancatore e indo- ratore tra le maestranze legate a Francesco Fontana, è un punto che dimostra come la scelta dei suoi collaboratori, se si pensa anche a Filippo Juvarra, non fosse casuale ma invece ben meditata sulle loro capacità tecniche, per conferire il miglior effetto alla resa concreta d’idee progettuali e decorative nuove e aperte a stimoli di provenienza europea.

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NOTE

1 Vedi di recente E. A. Safarik, Palazzo Colonna, Roma 2009. Un’approfondita disamina delle tra- sformazioni del palazzo alla metà del Settecento, basata sulla trascrizione di una vastissima quantità di documenti di cantiere conservati nell’Archivio Colonna, depositato presso la Biblioteca di Santa Scolastica di Subiaco, è la tesi di Dottorato non pub- blicata (ma consultabile al sito: http://hdl.handle.

net/10805/1479) di A. Spila, Interventi settecenteschi nel palazzo Colonna ai SS. Apostoli e giardino sul Quirinale, Sapienza - Università di Roma, a.a. 2009-

‘10. Si veda poi, sul giardino Colonna, il bel disegno di Pierre Adrien Pâris pubblicato da E. Debenedet- ti, Ville e giardini in un disegnatore francese del Set- tecento, in Eadem (a cura di), Carlo Marchionni: ar- chitettura, decorazione e scenografia contemporanea (“Studi sul Settecento Romano”, 4), Roma 1988, in part. pp. 342-344 e fig. 5, p. 357.

2 In proposito cfr. S. Isgrò, Gli affreschi di Pinturic- chio nella palazzina della Rovere. Un contributo agli studi sui palazzi dei Santi Apostoli (secoli XV-XVI), in S. Colonna (a cura di), Roma nella svolta tra Quattro e Cinquecento, Roma 2004, pp. 297-312.

3 Anche per la bibliografia precedente vedi R.  Schiffmann, Roma Felix. Aspecte der Städtebau- lichen Gestaltung Roms unter Papst Sixtus V, Bern, Frankfurt am Main, New York, Lang 1985, p. 30; L. Fi- nocchi Ghersi, La Basilica dei Santi Apostoli a Roma tra il XV e il XIX secolo, tesi di Dottorato, II ciclo, Di- partimento di Storia dell’Architettura dell’Università di Roma “La Sapienza”, 1990, pp. 75-78; G. Simon- cini, “Roma Restaurata”. Rinnovamento urbano al tempo di Sisto V, Firenze 1990, pp. 48-49. Sulle com- mittenze artistiche dei Colonna nel Cinquecento e nel Seicento vedi F. Nicolai, Mecenatismo e collezionismo dei Colonna di Paliano attraverso le esperienze di Fi- lippo I (1578-1639) e Marcantonio V (1608-1659), in Idem, Mecenati a confronto, Roma 2009, pp. 111-156.

4 Anche per la bibliografia precedente vedi C. Strunk, Il lieto fine di una lunga storia: l’apporto di Carlo e Girolamo Fontana alla realizzazione della Galleria Colonna di Roma, in M. Fagiolo, G. Bonaccorso (a cura di), Studi sui Fontana. Una dinastia di archi- tetti ticinesi a Roma tra Manierismo e Barocco, Roma 2008, pp. 225-236.

5 C. Strunck, Girolamo Fontana, in Fagiolo, Bo- naccorso (a cura di), Studi sui Fontana, 2008, cit., pp. 430-431.

6 Ivi, pp. 225-229.

7 Safarik, Palazzo Colonna, 2009, cit., pp. 66-67.

Vedi anche M.G. Picozzi, Le sculture degli apparta- menti. Contributo alla storia delle antichità della fami- glia Colonna, in Eadem (a cura di), in Palazzo Colon-

na. Appartamenti. Sculture antiche e dall’antico, Roma 2010, pp. 12-57.

8 Strunk, Il lieto fine, 2008, cit., pp. 233-234.

9 Safarik, Palazzo Colonna, 2009, cit., p. 44.

10 Ivi, p. 134; C. Strunk, Berninis unbekanntes Meis- terwerk: die Galleria Colonna in Rom und die Kunst- patronage des Römischen Uradels, München 2007, pp.

127 nrr. 749, 555, 557 (18 giugno 1701); Spila, Inter- venti settecenteschi, 2009-’10, cit., pp. 160-162.

11 Ivi, p. 151; Strunk, Il lieto fine, 2008, cit., p. 228.

La studiosa ha ritrovato anche due rimandi del 1703 a Francesco Fontana per quanto attiene allo sterro e alla costruzione del muraglione per l’esedra: Eadem, Berninis unbekanntes Meisterwerk, 2007, cit., pp. 342- 343 nrr. 159, 558.

12 A. Mazza, Roma. Ninfeo del Giardino di Palazzo Colonna, in V. Cazzato, M. Fagiolo, M.A. Giusti (a cura di), Atlante delle grotte e dei ninfei d’Italia. To- scana, Lazio, Italia meridionale e isole, Milano 2001, pp. 221-223. Per una considerazione delle modifiche apportate al giadino dai lavori diretti a metà Settecen- to da Paolo Posi, vedi Spila, Interventi settecenteschi, 2009-’10, cit., pp. 163-175.

13 Id, in Ivi, p. 152, definisce seicentesca la cosiddetta catena d’acqua del ninfeo.

14 G. Bonaccorso, Casa alla Colonna Traiana, in Idem, M. Lucci, Le case dei Fontana a Roma, in Studi sui Fontana, 2008, cit., pp. 468-469.

15 Roma, Archivio Segreto Vaticano, Fondo Colonna, 13, c. 88.

16 Ivi, c. 93.

17 Roma, Archivio Colonna, Giustificazioni del Libro Mastro, G. 1710, parte 2°, I.A.I.34: “Conto e misura delli lavori di muro fatti a tutta robba, spesa e fattura da M[ast]ro Antonio Giobbe Capom[ast]ro murato- re in servitio dell’Ill[ustrissi]mo Sig[no]re Gran Con- testabile D[on] Filippo Colonna nelli suoi Palazzi e case poste in Roma”. La segnatura è quella da me rilevata nel 1987-‘88, quando l’Archivio era conser- vato nel Palazzo Colonna di Roma. Sul cortile delle statue allestito alla metà del Seicento, anche per la bibliografia precedente cfr. M.G. Picozzi, Le sculture degli appartamenti, 2010, cit., pp. 56-57. Nell’Inven- tario stilato alla morte di Filippo II Colonna nel 1714 (Archivio di Stato di Roma=ASR, Notai dell’A.C., nrr. 5782-5783, cit., e in parte trascritto in Strunck, Berninis unbekanntes Meisterwerk, 2007, cit., pp.

486-487) sono citati il “giardinetto delle statue…con 17 vasi grandi con dentro agrumi ordinari parte con piedestallo di peperino, parte di muro e parte di mar- mo” e anche numerosi pezzi di scultura come statue, busti, teste e frammenti. Sulla provenienza di alcune

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delle statue del ninfeo si veda T. Checchi, Il collezio- nismo antiquario di Filippo II Colonna (1663-1714):

l’acquisto della raccolta del cardinale Giacomo Filippo Nini, l’arredo della galleria grande e della fontana del- la cascata nel giardino sul Quirinale, in F. Parrilla (a  cura di), Collezioni romane dal Quattrocento al Settecento: protagonisti e comprimari, Roma 2014, pp.

93-110, qui pp. 100-102.

18 Spila, Interventi settecenteschi, 2009-’10, cit., asse- gna il progetto della scala a Nicola Salvi, p. 166.

19 L. Finocchi Ghersi, Francesco Fontana, in Studi sui Fontana, 2008, cit., pp. 438-439.

20 P. Coen, Le magnificenze di Roma nelle incisioni di Giuseppe Vasi, Roma 1996, p. 267. La questione è stata chiarita da A. Spila, Antico contro Moderno: Sal- vi, Posi, Vasi e Piranesi sulla “Mirabile Anticaglia”del Giardino Colonna al Quirinale, in V. Cazzato, S. Ro- berto, M. Bevilacqua (a cura di), La Festa delle Arti, Roma, I, 2014, pp. 560-565.

21 Strunck, Berninis unbekanntes Meisterwerk, 2007, cit., pp. 112-113, menziona notevoli lavori di ritrut- turazione dei due piani superiori dell’appartamento cardinalizio alla Pilotta già a partire dal 1686 sotto la

direzione di Carlo Fontana. Anche Spila, Interventi set- tecenteschi, 2009-’10, cit., p. 96, 99, conferma l’esistenza di due piani superiori dell’appartamento cardinalizio già prima dell’intervento di Paolo Posi alla metà del Set- tecento, quando, con la costruzione della Galleria Ru- stica e della Sala ovale, furono eliminate le sostruzioni del passetto di collegamento su via della Pilotta tra la grande Galleria e l’appartamento cardinalizio. Riten- go che l’attuale convessità del prospetto del palazzo in corrispondenza del ponte verso il giardino, quindi, sia stata solo perfezionata da Posi rifinendo una base mura- ria preesistente con l’elevazione di un “muro centinato ovato” (ivi, p. 141), in modo di ricreare in facciata un pendant alla convessità della Sala ovale della Galleria Rustica. Il terrazzo sovrastato dalla pergola a padiglione esisteva già al tempo dei lavori di ristrutturazione diret- ti da Posi, durante i quali avvenne il taglio di parte del parapetto in muratura per sostituirlo con la ringhiera in ferro (ivi p. 99) che vi si vede oggi.

22 G. Zandri, Francesco Fontana e il soffitto di San Pietro in Vincoli, in “Storia dell’Arte”, 100, 2000, pp.

123-144.

23 Roma, Archivio Segreto Vaticano =ASV, Fondo Co- lonna, cc. 381, 434.

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Figg. 1-7. Vedute del ninfeo di Palazzo Colonna.

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Fig. 8. Pianta del ninfeo del giardino Colonna (da P. Letarouilly, Edifices de Rome Moderne, III, Paris 1840).

Fig. 9. Veduta del sito di Palazzo Colonna, da G.

B Falda, Pianta di Roma, Roma 1676.

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Figg. 10-11. Francesco Fontana, Studi per la sistemazione della Pigna nel nicchione del Belvedere vati- cano. Firenze, Biblioteca Nazionale Centrale, Fondo Panciatichiano, 177.

Fig. 12. G. Vasi, Delle magnificenze di Roma Antica e Moderna, X, Roma 1761, nr. 193.

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Fig. 13. Abraham Louis Rodolphe Ducros, Il Giardino Colonna, circa 1780, ubicazione ignota.

Fig. 14. Subiaco, Mo- nastero di Santa Scola- stica, Archivio Colon- na, pianta del Palazzo Colonna di Roma, sec.

XIX.

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Fig. 15. Francesco Fontana, Studio per la sistemazione del Torso del Belvedere. Firenze, Biblioteca Na- zionale Centrale, Fondo Panciatichiano, 177.

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