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Prescrizione quote condominiali

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Prescrizione quote condominiali

Autore: Redazione | 13/11/2017

Recupero crediti in condominio: quali sono i termini per riscuotere le somme dei contributi di ordinaria e straordinaria amministrazione da parte dell’amministratore?

Tra gli svariati compiti che la legge attribuisce all’amministratore di condominio vi è quello della riscossione delle quote che ogni proprietario è tenuto a versare. Il recupero dei crediti è un’attività che avviene oggi in modo molto più celere

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rispetto al passato. Difatti l’amministratore, senza bisogno di convocare l’assemblea per farsi autorizzare, deve procedere – entro massimo sei mesi dall’approvazione della spesa – nei confronti dei condomini morosi. Si tratta di un vero e proprio obbligo che grava sul rappresentante del condominio, a pena di responsabilità personale. L’amministratore è così tenuto a nominare autonomamente un avvocato di propria fiducia, senza sottoporre il nominativo all’assemblea. Il legale dovrà richiedere in tribunale un decreto ingiuntivo provvisoriamente esecutivo. Ma fino a quando può farlo? Quando scade il credito del condominio? La prescrizione delle quote condominiali è un argomento che cruccia molti debitori; per cui cerchiamo di vedere cosa prevede la legge a riguardo.

Cos’è la prescrizione dei crediti del condominio

Come ogni credito, anche quelli del condominio cadono in prescrizione. Con la prescrizione decade ogni possibilità di chiedere il pagamento degli arretrati e il debitore è definitivamente libero da ogni obbligo.

Esistono due diversi termini di prescrizione a seconda che si tratti dell’obbligo del proprietario verso il condominio o dell’obbligo dell’inquilino verso il proprietario.

Vediamole singolarmente qui di seguito.

Prescrizione delle quote di condominio dovute dal condomino

Partiamo da un’importante precisazione: è condomino solo chi è proprietario dell’appartamento. Solo a quest’ultimo l’amministratore può chiedere il pagamento delle quote e non all’inquilino (al di là dei patti tra quest’ultimo e il locatore).

Il termine entro cui l’amministratore può chiedere le spese di condominio al titolare dell’immobile è di cinque anni. Scaduto questo termine, il credito si prescrive.

Dunque la prescrizione delle quote condominiali è quinquennale.

I cinque anni della prescrizione iniziano a decorrere dal giorno dell’approvazione della delibera dello stato di riparto, da parte dell’assemblea, delle spese in

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questione (siano esse di ordinaria o straordinaria amministrazione).

L’amministratore può interrompere il termine di prescrizione con l’invio di una lettera di diffida e messa in mora. Ognuna di queste comunicazioni infatti ha l’effetto di bloccare il decorso della prescrizione e farlo decorrere nuovamente da capo. Quindi, chiunque riceva una lettera di diffida per il pagamento delle quote condominiali dovrà contare i cinque anni di prescrizione partendo dal giorno in cui il postino gli ha consegnato detta raccomandata.

Come detto, nell’eventualità in cui uno o più condòmini non paghino le rispettive quote di spesa, l’amministratore è obbligato a recuperare le somme, entro sei mesi a decorrere dalla chiusura dell’esercizio a cui si riferisce il debito. E se non agisce nei termini previsti dalla legge, curando anche l’eventuale azione giudiziaria, l’assemblea può revocargli l’incarico e obbligarlo a risarcire il danno al condominio.

Il primo passo che l’amministratore compie è la scelta dell’avvocato che fa senza consultare l’assemblea. Nominato il legale, quest’ultimo invia una diffida al moroso e, in caso di inadempimento, si procura in tribunale un decreto ingiuntivo immediatamente esecutivo. Dopo qualche giorno dalla notifica (non c’è bisogno di aspettare i 40 giorni consueti) in caso di mancato pagamento, si al pignoramento dei beni intestati ai condòmini morosi, che l’amministratore individua attraverso una ricerca in Conservatoria.

Prescrizione delle quote di condominio dovute dall’inquilino

Diversa è l’ipotesi in cui l’appartamento sia in affitto. In tal caso, il conduttore è tenuto a pagare nei confronti del locatore solo le quote di condominio su di lui gravanti per legge, ma non le altre. Verso il condominio resta comunque obbligato solo il proprietario di casa. Per cui, se l’inquilino non paga, il locatore rischia in prima persona il decreto ingiuntivo e il pignoramento, a meno che non anticipi le somme al condominio, anche quelle dovute dal suo inquilino. Se la morosità dell’inquilino nel pagamento delle spese condominiali supera due mensilità di canone, il locatore può almeno sfrattarlo.

La prescrizione delle quote di condominio che il padrone di casa può chiedere all’inquilino è di 2 anni. Dunque il conduttore è tenuto a versare gli arretrati degli

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ultimi 24 mesi. Anche qui il padrone di casa può agire con un decreto ingiuntivo nei confronti del debitore e/o, come detto, con un’ingiunzione di sfratto.

Il termine di prescrizione per le quote che gravano sull’inquilino decorre da:

se l’edificio in cui è ubicata l’abitazione è di proprietà di un singolo locatore, dalla data di chiusura della gestione del singolo esercizio annuale [1];

se l’immobile è in condominio, dalla data in cui è stato approvato il consuntivo delle spese con delibera dell’assemblea dei condomini;

negli altri casi, dal giorno in cui il diritto può essere fatto valere [2].

In caso di affitto, infatti, esistono due diversi rapporti:

il rapporto tra condominio e proprietario dell’appartamento:

quest’ultimo è obbligato a pagare le quote intere, anche quelle gravanti sul conduttore, benché nel contratto di locazione sia stata inserita un’apposita clausola ove si prevede che tali spese gravino sull’inquilino; si tratta, infatti, di accordi che valgono solo tra le parti e non sono opponibili al condominio. La prescrizione è, come detto prima, di cinque anni;

il rapporto tra inquilino e proprietario: qui l’inquilino è tenuto a versare le parti di spese di condominio su di lui gravanti. La prescrizione è di due anni; così ha precisato, di recente, la Cassazione [3]. In altre parole, il locatore può esigere dal conduttore il versamento dei cosiddetti «oneri accessori» (ossia appunto le spese di condominio) entro e non oltre un biennio.

Contratto di affitto non dichiarato

Se il contratto di locazione è in nero, ossia non è stato registrato all’agenzia delle entrate, l’inquilino non deve pagare i canoni di locazione e gli oneri di condominio, in quanto tutti i patti si considerano come non esistenti. Anzi, secondo l’ultimo orientamento della Cassazione [4], gli eventuali pagamenti fatti in precedenza, nonostante la mancata registrazione del contratto, vanno restituiti.

Note

[1] Cass. sent. n. 8609/2006. [2] Cass. sent. n. 4588/1995. [3] Cass. ord. n.

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3947/2015; Cass. sent. n. 7184/2003. [4] Cass. sent. n. 25503/16.

Riferimenti

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