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ECONOMY TOSCANA LA BELLEZZA CI SALVERÀ IL FUTURO DEL MONDO NELLE NOSTRE MANI SPERIMENTAZIONE ITALIA, VIA LIBERA ALL INNOVAZIONE

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Academic year: 2022

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(1)

MENSILE SULLE TENDENZE DELL’ECONOMIA TOSCANA

IL FUTURO DEL MONDO NELLE NOSTRE MANI 2021

ANNO DELLA SVOLTA GREEN

VINO.COM STORIA DI UN

SUCCESSO SPERIMENTAZIONE

ITALIA, VIA LIBERA ALL’INNOVAZIONE

LA BELLEZZA CI SALVERÀ

TOSCANA ECONOMY

MENSILE SULLE TENDENZE DELL’ECONOMIA TOSCANA

POSTE ITALIANE S.P.A. – SPEDIZIONE IN ABBONAMENTO POSTALE- AUT. N° 0024/2021 DEL 11.01.2021 PERIODICO R.O.C. ANNO I - N° 1 - FEBBRAIO 2021

(2)
(3)

S ommario

RUBRICHE: l’appuntamento fisso di ogni mese!

EDITORIALE

Dalla paura al sogno

05

di Giuliano Bianucci

STORIE DI COPERTINA

La bellezza ci salverà

06

intervista a Eike Schmidt di Arianna Fisicaro

2021, anno della svolta

11

intervista a Riccardo Breda di David Meccoli

Quando le scarpe resistono a tutto

13

intervista a Rodolfo Checcucci di Arianna Fisicaro

Lo scambio che fa crescere le aziende

16

intervista a Simone Genovesi di Umberto Alunni

La cultura e lo sviluppo sostenibile

18

intervento di Silvia Costa, la redazione

Progetto Ventotene

20

la redazione

L’imprenditore del mese

21

Cultura e impresa: la chiave del futuro

intervista a Paolo Carrara e Massimiliano Bini di Maria Salerno

L’impresa del mese

24

Da vino75.com a vino.com

intervista a Andrea Nardi Dei di Maria Salerno

Eco Rivoluzione

27

Quando “essere alla frutta” fa bene al pianeta

intervista a Emiliano Ferroni di Arianna Fisicaro

IN PRIMO PIANO

Da azienda tradizionale ad azienda 4.0

30

intervista a Darya Majidi di Maria Salerno

Perché le aziende dovrebbero dotarsi

32

di una connessione sicura?

di Daniele Alunni

Start up in vetrina

34

Lavorare sentendosi in vacanza

Intervista a Berardino D’Errico di Daniele Rovai

Start up e PMI innovative del mese

37

La pandemia e le differenze di genere

40

di Francesca Maltagliati

Le nuove imprese del mese

42

Pensare da economista

46

La teoria di J. Schumpeter

di Giorgio Scrofani

OPPORTUNITÀ DI BUSINESS

Bandi e finanza agevolata

49

Credito d’imposta beni Industria 4.0

51

di Sergio Gelsumini

Tramandare un’impresa di padre

53

in figlio

di Guido Doria

Zero burocrazia per l’innovazione

55

di David Meccoli

Focus Fiscalità: nuove misure

58

Digital transformation

di Carla Fanelli

Diritto d’impresa: nuove norme

60

Il nuovo codice della crisi di impresa

di Laura Bonarini

Consulenza del lavoro: le novità

62

Assunzioni agevolate nel periodo Covid-19

di Sara Spicciani

FORMAZIONE E IMPRESA

Giovanisì, il progetto della regione

65

Toscana per l’autonomia dei giovani

di Francesca Maltagliati

Nuovi imprenditori crescono

66

di Francesca Maltagliati

Dal mondo universitario

Nasce il primo corso di laurea italiano

69

in CyberSecurity

di Giorgio Scrofani

CyberChallenge.it 2020

71

Intervista a Luca Palumbo di Arianna Fisicaro

Scuola e lavoro

72

Educazione civica e sviluppo economico

di Giorgio Scrofani

Formazione manageriale

Cambiamento aziendale:

74

quando e come?

di Umberto Alunni

Il libro del Mese

76

L’economia “scienza umanissima”

di Francesca Maltagliati

(4)

Salute e sicurezza per le persone

Salute e sicurezza

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TOSCANA ECONOMY

FEBBRAIO, 2021 - N. 1

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COPIA SINGOLA Toscana Economy 6,00 euro

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(5)

Salute e sicurezza per le persone

Salute e sicurezza

(6)
(7)

di Giuliano Bianucci Direttore responsabile

 [email protected]

AL SOGNO DALLA PAURA

C’erano una volta i media. Verticali, or- dinati, comprensibili. Qui i quotidiani, là le riviste, più vicino la televisione, più lontano la rete e i social, gli eventi. Ogni canale con le sue regole e i suoi esperti.

Oggi non è più così. La notizia che ho letto non so più se è un articolo di quo- tidiano vista alla televisione durante la rassegna stampa o se mi è stata girato via whatsapp un link a twitter ripreso a sua volta da un video postato da que- sto o quell’influencer. Ma niente tornerà come prima, nemmeno i media.

Così abbiamo pensato che nella moltiplicazione di canali di comu- nicazione, esasperata da quasi un anno di lockdown, fosse necessario un filo di Arianna comunicativo nel quale una comunità di cittadini che lavorano, pensano, interagiscono potesse ritrovarsi e incontrarsi.

Interagire.

Così nasce TE, Toscana Eco- nomy.

Un po’ carta e un po’ web, un po’ push e un po’ social. Non importa da che ca- nale si entra nel merito dei contenuti che trattiamo, importante è entrarci, trovarsi con interlocutori interessati al

confronto piuttosto che al narcisismo da tastiera, al merito dei contenuti piut- tosto che alla loro spettacolarizzazione.

È così che TE si propone come co- munità di cittadini che si ritrovano, si scambiano informazioni utili, si conoscono e si frequentano nell’o- rizzonte del fare, del pensiero posi- tivo, della visione del futuro.

Cittadini influenti, nella pubblica am- ministrazione e nelle associazioni, nell’impresa e nel sociale, nella scuola e nelle professioni. Vecchi e nuovi sta- keholders. Influencer della realtà.

Dal Covid usciremo, ma nel frattem- po prepariamoci ad uscirne al meglio.

La nuova economia del mondo che cambia all’uscita del tunnel non la de- cideranno i virologi e nemmeno gli psicologi o gli opinionisti o i politici.

Tanto meno gli improbabili influencer dell’immaginario e i loro seguaci pronti a condividere illusioni e allusioni.

I nuovi decisori sono oggi i portatori di idee positive di futuro. Non si ri- conoscono per l’età ma per la loro capacità di pensare, immaginare, sognare e fare.

Si riconoscono per la voglia di condivi- dere, di essere avanguardie piuttosto

che esecutori che si autocommisera- no. I nuovi decisori però devono com- prendere i giovani, in modo prioritario.

Il nuovo mondo sarà basato su risorse che appartengono alle generazioni fu- ture. Sono i giovani, anche quelli non nati, che restituiranno le risorse che spenderemo dal Recovery Plan che non a caso è caratterizzato come Next Generation EU. Sono i giovani che do- vranno gestire un futuro di nuove pro- fessioni, di opportunità in parte ancora da inventare. Bene. Come facciamo a realizzare il nuovo mondo senza una capacità di confronto tra stakeholders e tra generazioni? Come facciamo ad andare avanti se ognuno si limita a dis- sodare l’orto di casa ragionando solo di difesa di privilegi e di apparenti diritti che la pandemia ha spazzato via?

Toscana Economy nasce come prototi- po, per aiutare donne e uomini di buo- na volontà a capire meglio la trasforma- zione, a co progettare il futuro, a sentirsi comunità che pensa, che condivide.

Per ora siamo un esperimento, ma i pri- mi passi ci dicono che la strada è giusta.

La voglia di sognare per il genio italico è sempre venuta prima della paura del futuro.

(8)

Eike Schmidt, direttore Galleria degli Uffizi

È l’uomo dell’anno. Ha rivoluziona- to la divulgazione dell’arte e aperto nuove strade per la promozione del patrimonio culturale toscano. Eike Schmidt, il direttore della Galleria degli Uffizi, ci ha concesso di sco- prire un po’ della sua strategia vin- cente e, soprattutto, ci ha spiegato perché l’arte e la cultura sono tanto importanti per l’economia, non solo toscana.

LA BELLEZZA

CI SALVERÀ

INTERVISTA A Eike Schmidt direttore Galleria degli Uffizi

Giardino di Boboli. Le ultime opere di manutenzione risalgono agli anni

‘30 del 1900, ma grazie a questi inve- stimenti, che ci impegneranno per il prossimo decennio, adesso possiamo riportare tutto alla bellezza originale per conservarlo per le generazioni a venire. Tra i lavori più interessanti, il restauro e la rimessa in funzione di 4 fontane per adesso, delle 16 presenti, che sono un’attrazione per il pubbli- co».

Quindi l’arte genera anche un indotto economico, per esempio i lavori di manuten- zione?

«Si tratta di investimenti strategici, per rendere le visite più sicure, belle e fun- zionali, che generano economia.

Nel 2019 abbiamo avuto 4 milioni e 400 mila visitatori e siamo tor- nati nella top ten mondiale.

Direttore, partiamo dai fred- di dati: quali sono i numeri degli Uffizi?

«Nel 2019 abbiamo avuto entrate per 35milioni di euro e abbiamo potuto fare degli investimenti strate- gici: molti lavori edili, impiantistici, di manutenzione del patrimonio delle nostre tre realtà museali che, oltre agli Uffizi, comprendono Palazzo Pitti e il

La bellezza può salvare il mondo? Lo abbiamo domandato al direttore del più importante polo artistico toscano, Eike Schmidt, secondo cui “sta a noi salvare il mondo”. «La bellezza non può fare quello che farebbero Batman o Superman, ma può salvare noi. La bellezza è necessaria»

di Arianna Fisicaro giornalista

 [email protected]

© Foto: Nucci

STORIE DI COPERTINA

(9)

Il Tondo Doni di Michelangelo Buonarroti (1503-1504)

L’arte per

assolvere alla sua funzione emotiva deve essere

condivisa.

I visitatori devono essere messi in grado di potere godere delle opere

insieme

alla fine dell’800 e ora c’è la necessi- tà di organizzare il turismo, che è più difficile in Paesi come l’Italia e la Ger- mania, ma noi siamo in una situazione molto privilegiata perché abbiamo già centri di cultura diffusi, abbiamo tesori di prim’ordine sparsi, che vanno valorizzati anche con una strategia di comunicazione in rete, tra beni. Ab- biamo già alcuni sistemi museali in rete, come nel Casentino, ad esempio, ma questo non basta ancora.

La scorsa estate abbiamo visto che alcuni musei che avevamo noi a sistema, hanno segnato il numero più alto mai registrato di visitatori.

Un esempio, a Firenze, è l’Opificio delle pietre dure che ora è incluso nel biglietto degli Uffizi. Un altro è nel sud della Toscana e ad Anghiari, che ha triplicato le presenze.

Il 2021 sarà un anno di transizione, ma contiamo nel 2022.

Gli investimenti nel nostro patrimonio generano anche lavoro alle ditte che allestiscono i cantieri. E quando ab- biamo riaperto le porte degli Uffizi, il 3 giugno scorso, tutta l’economia cit- tadina è ripartita, grazie soprattutto ai turisti che volevano visitare il museo.

Qui non si parla di numeri astratti, la differenza si è potuta toccare con

mano: i ristoranti si sono di nuovo ri- empiti, quando i visitatori sono tornati al museo».

L’arte e la cultura possono essere un volano per l’econo- mia, non solo a Firenze. C’è una strategia precisa nella selezione dei luoghi toscani per il museo diffuso?

«Si, c’è. L’idea del museo diffuso risale

© Foto: Nucci

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Pothos, arte romana (età altoimperiale)

Eike Schmidt

L’idea della

delocalizzazione dell’arte risale all’800 ma noi siamo i primi a ripensare il concetto per le sfide attuali

© Foto: Nucci © Foto: Nucci

La gente cerca luoghi più piccoli con meno rischi di assembramen- to. Si parla anche di una nuova forma di turismo che collega arte e paesaggio. Questo è il grande modello del futuro. L’unica nostra possibilità di crescita è il museo diffuso.

Per quel che riguarda Firenze, invece, da due anni promuoviamo la bassa

stagione con forti sconti e iniziative promozionali per evitare il sovraffol- lamento estivo. Questo ha attratto visitatori e indotto a programmare i viaggi anche in mesi di bassa stagione.

È importante attingere a tutta la Tosca- na nello spirito del “patto di famiglia” di Maria Luisa Dei Medici, che aveva già una visione territoriale. Noi siamo i primi a ripensare questo concetto per

le sfide attuali, che non sono quelle di 30 anni fa, adattando dunque questa idea e sviluppando il modello di colla- borazione sistematica con le realtà più piccole della Toscana».

Come vengono scelti i luoghi del museo diffuso?

«La scelta dei luoghi nasce da una prassi già collaudata di fare mostre in parti diverse della Toscana. Non basta fare le mostre però, bisogna costruire una rete più stabile.

(11)

Corridoio di ponente

Torna il ciclo di incontri

“Dialoghi d’arte e cultura”,

dal 13 gennaio al 26 maggio ogni mercoledì alle 17.00

in diretta streaming sul canale Facebook delle Gallerie degli Uffizi

© Foto: Nucci

Abbiamo annunciato i primi 5 luo- ghi ma ma ne abbiamo almeno altri 15 sotto esame.

Noi possiamo attingere a musei già esistenti, sicuri, organizzati per valoriz- zare opere che non si vedrebbero mai altrimenti. Il principio di dislocazione dell’arte fa sì che in Toscana si possa-

no ricreare delle narrazioni intorno ad opere che raggiungono altre opere che si trovano sul territorio veicolando il “marchio Uffizi”. Il futuro sta nella fles- sibilità della gente e nello sviluppo di nuove forme di turismo ibrido perché di rado la gente vuole venire a vedere solo i musei. Ci sono luoghi in Toscana

dove è possibile pernottare e vivere non solo per vacanza, ma anche lavo- rando in smartworking e poi la sera vi- sitare le bellezze artistiche del posto».

L’inizio della collaborazione con il Festival Lucca Comics &

Games va in questa direzio- ne?

«Oh il Lucca Comics! Abbiamo due realtà toscane che sono eccellenza assoluta nel loro campo, gli Uffizi e il Lucca Comics, che qui si abbinano perfettamente per generare qualcosa di più grande e aprirsi reciprocamen- te.

(12)

Nascita di Venere, Sandro Botticelli (1445-1510) Sala 41

La bellezza salverà il mondo?

«Prima di tutto la bellezza può salvare le nostre giornate. Poi sta a noi salva- re il mondo. La bellezza non può fare quello che farebbero Batman o Super- man, ma può salvare noi. La bellezza è necessaria».

Il museo troppo a lungo è stato visto come luogo di élite ma l’arte è così ricca che sa dare qualcosa a tutti quanti, emotivamente.

È necessario dunque aprirsi verso ciò che oggi è tra le principali forme di comunicazione figurativa. Prima c’era la pittura, olio su tela ma oggi ci sono anche i manga, i comics, il cinema e le serie tv. Tutto questo è un arricchi- mento che va condiviso insieme».

Che peso ha, dunque, la cul- tura nell’economia toscana?

«Enorme. La cultura ha un peso enor- me nella economia toscana. Abbiamo migliaia di musei ma potremmo aver- ne anche di più e ci impegniamo a far- lo perché non siamo solo città dell’ar- te ma anche della moda. La cultura è un concetto trasversale»

Per approfondimenti:

visita il canale youtube degli Uffizi!

Gli Uffizi dedicano un’Ipervisione a Dante:

visualizza le 88 tavole di Federico Zuccari per la prima volta digitalizzati in alta definizione

© Foto: Nucci

© Foto: Nucci

(13)

Riccardo Breda

Una regione più green, con più innovazione e formazione. Con un turismo che dovrà recuperare il (tanto) terreno perduto e con l’obiettivo di portare avanti una rivoluzione industriale 4.0. Ma sempre con la stella cometa delle piccole e medie imprese, vera ossatura dell’economia regionale. Sono i punti all’ordine del giorno per il 2021 di Riccardo Breda, presidente di Unioncamere Toscana dal gennaio 2018. Imprenditore grossetano, Breda ha iniziato la carriera associa- tiva come presidente del gruppo Giovani imprenditori Cna Grosseto nel 2000.

Nell’associazione artigiana ha poi ricoperto prima la carica di vicepresidente, fino a divenirne presidente provinciale nel 2013. Dal 2009 al 2014 è stato inoltre presidente di Grosseto Fiere.

Ha partecipato alla vita camerale come consigliere della Camera di Commercio di Grosseto dal 2003, divenendone presidente nel 2015.

Ha poi guidato la fusione dell’ente maremmano con la Camera di Commercio di Livorno e dal settembre 2016 è presidente della Camera di Commercio della Maremma e del Tirreno, primo ente nato per accorpamento in Toscana in segui- to alla riforma del sistema camerale.

Unioncamere Toscana è l’ente che, attraverso un’opera di coordinamento per l’adozione di strategie comuni, provvede alla promozione e allo sviluppo del sistema economico regionale, assicurando l’omogeneo indirizzo di azione delle Camere toscane.

2021

ANNO DELLA SVOLTA GREEN E DELL’INDUSTRIA 4.0

Le Camere di commercio toscane stanno investendo da tempo in progetti di conoscenza sull’economia circolare, per il presidente di Unioncamere Toscana, la sfida sarà quella di farne capire i benefici alle imprese che oggi si sentono ai margini

INTERVISTA A Riccardo Breda presidente Unioncamere Toscana e presidente della Camera di Commercio della Maremma e del Tirreno

Innovazione, Formazione, Turismo:

di David Meccoli giornalista

 [email protected]

STORIE DI COPERTINA

(14)

Presidente, come sono cam- biati i rapporti con le imprese in tempi di pandemia?

«È cambiato tutto, il Coronavirus ha purtroppo stravolto anche la vita lavo- rativa. Non è facile parlare di adempi- menti normativi e imprenditorialità a distanza. Ma ci siamo adeguati».

Uno dei fattori che più preoc- cupano le imprese sembra es- sere la crisi di liquidità.

«I nostri associati sono rimasti disorien- tati già durante il primo lockdown: ci chiedevano aiuto per capire i Dpcm, le chiusure delle attività, i codici Ateco.

Ma certo la preoccupazione più forte riguarda, da tempo, le risorse econo- miche. I ristori previsti dalla normativa aiutano solo in parte: i costi fissi conti- nuano a incidere in maniera sostanzia- le e verso le imprese le istituzioni do- vrebbero avere maggiore attenzione».

Il 37% dei fondi assegnati dal Recovery Plan saranno impie- gati in politiche ambientali.

Cosa può significare, questo, per le aziende toscane?

«È una grandissima opportunità. La nostra regione è conosciuta in tutto il mondo per le sue città d’arte, ma possiede anche un grande appeal per il suo ambiente. Con i nuovi finanzia- menti potranno essere sviluppate le economie circolari proprio a tutela di questo settore. E non si pensi che potranno essere utili solo alle grandi imprese: si aprono interessanti scenari anche per le Pmi, delle quali è ricco il nostro territorio. Le Camere di com- mercio toscane stanno investendo da

tempo in progetti di conoscenza sull’e- conomia circolare: la sfida sarà quella di farne capire i benefici alle imprese che oggi si sentono ai margini».

Cosa si intende per rivoluzio- ne industriale 4.0?

«Si tratta di un altro progetto che può portare enormi vantaggi. Tutto è inizia- to con uno studio fatto nel 2018 dalla Regione Toscana, che evidenziava al- cuni aspetti negativi del nostro sistema economico rispetto ai dati nazionali.

Con l’industria 4.0 si mira a recuperare questo gap investendo in formazione, innovazione, digitalizzazione, nuovi macchinari e processi produttivi. E questo al di là delle dimensioni dell’a- zienda. Paradossalmente la pandemia ha accelerato questo processo e fatto capire che chi non si adegua rischia di restare fuori dal mercato. E oggi la To- scana, sotto questo aspetto, è molto più avanti di due anni fa».

Quale è il piano di azione di Unioncamere per il 2021?

«Gli investimenti si concentreranno lungo una precisa linea strategica che si può riassumere in tre principali rami:

innovazione, formazione e turismo.

Certo, anche il 2021 sarà un anno par- ticolare: attendiamo di capire l’impatto che la seconda ondata del virus ha avu- to e avrà sull’economia toscana e poi decideremo la definitiva strategia d’a- zione. Ma già esistono interessanti ban- di a tutela di chi investe nella sicurezza di dipendenti e clienti, oppure diretti a singoli settori come lo smart working o gruppi particolari d’imprese. Mi auguro poi di trovare la massima condivisione

tra tutte le Camere di commercio, la Regione e i singoli Comuni, anche per l’individuazione dei migliori canali di finanziamento».

Il turismo, così importante per la Toscana e per il suo diretto territorio di “competenza” (la Maremma e il Tirreno), è stato uno dei settori maggiormente colpiti dalla crisi.

«È vero. Su questo vorrei sottolineare due storie. Una positiva, che ha visto una stagione estiva 2020 recuperare nonostante in tanti l’avessero data per persa. È stata una boccata d’ossigeno per le imprese costiere, ma anche per tanti agriturismi. L’altra, purtroppo, è negativa e ci dice che le città d’arte, a cominciare da Firenze, solo con il turi- smo nazionale non sopravvivono. I col- legamenti aerei ci raccontano di dati drammatici. E sono venuti a mancare, tanto per fare un esempio, i 3 milioni di crocieristi che ogni anno sbarcano al porto di Livorno. Gli aiuti arrivati non sono stati finora sufficienti: le imprese del turismo devono essere sostenute maggiormente».

A che punto è il processo di fusione tra le Camere di com- mercio toscane?

«Livorno e Grosseto, ovvero il mio terri- torio, si sono unite per prime, nel 2016.

Hanno fatto seguito Siena e Arezzo nel 2018 e pochi mesi fa Pistoia e Prato.

Con la conferma della Città Metropo- litana di Firenze e l’accorpamento tra Massa, Pisa e Lucca le Camere toscane diventeranno cinque: ormai la strada è tracciata».

(15)

Rodolfo Checcucci

re a una produzione di alta qualità che ha coinvolto marchi internazionali o propri delle aziende locali, ma in una fascia di mercato più alta. A ciò si deve aggiungere anche un po’ di apertura a quelle che sono le nuove tecnologie».

Quanta innovazione si può fare ancora nel settore?

«L’innovazione è quella che si concen- tra soprattutto nella velocità con cui

Presidente, cosa ci vuole oggi

per lavorare nel settore della calzatura?

«Tanta passione, dedizione e un po’›

di follia nell’intraprendere progetti nuovi e sempre più a largo raggio.

Monsummano era famoso un tem- po per mandare mensilmente milioni e milioni di paia di scarpe negli Stati Uniti. Questo non succede più quindi tutto il distretto si è dovuto riconverti-

LE SCARPE

RESISTONO A TUTTO

Rodolfo Checcucci, presidente di Assocalzature per Confindustria Toscana Nord:

«Il nostro comparto ha resistito a crisi che sembravano ingestibili, la pandemia ha velocizzato la ricerca di soluzioni per la riorganizzazione del settore. Nel frattempo formiamo i giovani»

© Foto: Nucci

QUANDO

Ogni scarpa una camminata, ogni camminata una diversa concezione del mon- do diceva il regista Nanni Moretti nel famoso film, ormai d’altri tempi, Bianca.

Eppure è vero che le scarpe dicono molto di tutti noi. Lo sa bene il neo presi- dente di Assocalzature per Confindustria Toscana Nord Rodolfo Checcucci, nel dipingere i tratti del futuro di un settore attraversato da una necessità di riorga- nizzazione ancora prima degli effetti Covid, partendo proprio dal comparto più importante, quello che affonda le sue radici nella storia economica del distretto di Monsummano e Segromigno.

di Arianna Fisicaro giornalista

 [email protected]

Passo dopo passo,

STORIE DI COPERTINA

INTERVISTA A Rodolfo Checcucci presidente Assocalzature per Confindustria Toscana Nord

(16)

Fare una bella scarpa è un’arte

Quanti giovani coinvolge il progetto di Assocalzature?

«Fino ad oggi il piano ha coinvolto diverse scuole a livello informativo e a seguire una ventina di ragazzi con stage operativi direttamente nelle aziende anche grazie al Ceq (Centro di eccellenza e qualità ndr) di Mon- summano».

Che numeri ha il settore ri- spetto al passato?

«La pandemia ha comportato una riduzione dei volumi certa, ancora da calcolare ma che dovrebbe ag- girarsi intorno ad almeno il 20%

di flessione, però l’esperienza ci dimostra che il settore della moda è anticliclico e quindi risponde me- glio alle crisi rispetto agli altri com- parti, risultando dunque resiliente.

Siamo fiduciosi nella ripresa se non ci saranno ulteriori stop generalizzati a livello mondiale».

Da quanto lavora nel settore calzaturiero?

«Io non tanto, ma con le aziende di famiglia siamo arrivati alla quarta ge- nerazione dalla fine dell’800 ad oggi.

si risponde al mercato. Dall’altro lato, inoltre, il prodotto deve mantenere una sua connotazione artigianale, vi- sta l’espansione del mestiere in zone del mondo dove i costi generali sono inferiori. Per questo è importante tra- mandare le conoscenze che abbiamo sull’artigianalità e italianità del pro- dotto e il futuro delle scarpe sta nel tramandare il mestiere alle nuove ge- nerazioni».

Quindi vi state concentrando anche sul ricambio genera- zionale?

«Il Covid ha rallentato tutti i percorsi e li stiamo rielaborando. Abbiamo fat- to delle campagne di avvicinamento al settore e al mestiere per i giovani e anche a livello di associazione stiamo valutando la ripresa dell’iniziativa È di moda il tuo futuro. Vogliamo aprirci un po’ di prospettive».

© Foto: Nucci

Il settore

calzaturiero

fattura a livello

nazionale oltre

14 Mrd di euro

(17)

La scarpa è un accessorio che parla di noi

© Foto: Nucci

Siamo partiti dal produrre scope e ci siamo ritrovati a fare le scarpe.

C’è un forte senso d’appartenenza al settore per quelle famiglie che ci hanno sempre lavorato».

E il settore fieristico in che stato versa?

«L’Italia ospita la più grande fiera del- la calzatura a livello internazionale, il Micam di Milano. Abbiamo avuto già un incontro con i responsabili della fiera ed è emerso che si tratta di un settore che era già oggetto di un ri- pensamento. Questa situazione sani- taria ha nel breve periodo peggiorato il panorama, ma nel lungo ha accele- rato la rielaborazione di soluzioni per riavvicinare i compratori alla fiera e per accompagnare gruppi di imprese

in nuovi mercati. Il settore non ha vo- glia di arrendersi».

Se dovesse dare un consiglio ai giovani o a chi vuole in- traprendere questo mestiere cosa direbbe loro?

«Ci vuole sicuramente passione e pa- zienza perché è un mestiere che si im- para anche con l’esperienza. Costruire una scarpa è un’attività che coinvol- ge come minimo una cinquantina di componenti che devono essere fusi insieme armonicamente e con una certa bellezza. La scarpa è un accesso- rio che ci dice anche un po’ chi siamo.

Tanti giovani spesso vengono e vor- rebbero subito arrivare a costruire una scarpa immediatamente ma quello non è possibile.

Senza nulla togliere all’abbiglia- mento fare una bella camicia è un’arte, ma fare una bella scarpa lo è anche di più.

Le scarpe ci rasserenano, con un bel paio di scarpe, se ci si sta bene si può arrivare molto lontano. Bisogna avere fiducia in quel che si fa, il nostro setto- re ha sempre superato delle crisi che sembravano insormontabili e ingesti- bili».

Per approfondimenti:

visita il sito di MICAM, il salone internazionale leader del settore calzaturiero.

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di Umberto Alunni giornalista

mente significativa: entro un ristret- to periodo è opportuno esplorare il maggior ambito di soluzioni possibili per individuare quella ritenuta più op- portuna e meglio in grado di far gem- mare il progetto della startup.

Risolta la “chimica” dell’individuazione del partner, segue la questione non meno importante di come agire in modo combinato: accordo commer- ciale, accordo a tempo, rete d’impresa, realizzazione di una terza entità giuri- dica, fusione, altro.

Esiste un modo per accelerare i tem- pi?

Esistono strumenti e processi in gra- do di supportare la startup in questo processo?

Lo abbiamo chiesto a Simone Geno- vesi, amministratore di Uplink Web Agency con sede a Cecina, Livorno.

anche la “mescola del sangue” con im- prese in grado di apportare elementi di novità al business.

Questa joint venture, i cui esiti pratici possono essere di vario tipo, concede benefici complementari ad entrambe le realtà.

Ma prima ancora di definire il confe- zionamento di un proficuo rapporto tra di loro, è opportuno che le me- desime si incontrino e, soprattutto, si dichiarino.

Da quando una startup manifesta la volontà di perdere il suo status e approcciare in modalità matura sul mercato, a quando tutto ciò si potrà realizzare, potrebbe passare troppo tempo con il possibile infrangersi del progetto sugli scogli dello sconforto.

Ecco, quindi, che il tempo e lo spazio diventano una variabile particolar-

LO SCAMBIO

CHE FA CRESCERE LE AZIENDE

B2B è l’acronimo dell’espressione inglese “business-to-business”, utilizzata per descrivere le transazioni commerciali tra imprese industriali, commerciali o di servizi all’interno dei cosiddetti mercati interorganizzativi o mercati B2B. Ne abbiamo parlato con Simone Genovesi, amministratore di Uplink Web Agency, azienda di Cecina specializzata nella fornitura di strumenti e servizi web

A dispetto delle moltissime incognite con cui deve misurarsi, ogni startup ha una certezza lapidaria: un tempo di permanenza ristretto nel suo status.

Il procrastinarsi oltre limite decrete- rebbe il de profundis del progetto.

Nel suo ambito è in qualche modo protetta e salvaguardata dalle borda- te del mercato: iscrizione in apposito registro presso la Camera di Commer- cio, possibilità di accedere a finanzia- menti agevolati, apertura a bandi per ulteriore sviluppo e contributi di vario genere.

Il prezzo di questo trattamento è pre- determinato: decidere cosa vorrà fare da grande, sempre se grande vuole diventare.

Nel suo percorso trova favore il pos- sibile incontro con aziende mature, le cui prospettive di sviluppo prevedano

B2B:

STORIE DI COPERTINA

INTERVISTA A Simone Genovesi amministratore Uplink Web Agency

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Simone Genovesi

processi di ricerca o produttivi, si può conoscere il team aziendale entrando in maggiore empatia con l’interlocu- tore. Nel Food si è arrivati allo smart taste con compratori del Tuscany da tutto il mondo. A questi sono stati in- viati campioncini di prodotti alimen- tari prevedendo degustazioni guidate on line e commento delle sensazioni».

Tra i tanti elementi di novità intercet- tati e valorizzati da Uplink vi è l’utilizzo dell’intelligenza artificiale: un wizard capace di generare matching in ma- niera semiautomatica e velocissima, con utilizzo di informazioni disponi- bili, basato su una profonda base di conoscenza, sulle profilazioni e sui desideri dei player, simulando un vero e proprio tour tra i desk dei soggetti interessati è aumentato sensibilmen- te le probabilità di business.

Al termine una domanda scontata: cosa ci potrà riser- vare il futuro?

«Il futuro è già arrivato».

Di cosa si occupa Uplink?

«Dal 2001 Uplink si occupa di inno- vazione Ict per imprese e istituzioni:

eCommerce, Web Marketing, CRM, eBusiness, processi innovativi B2B, per quest’ultimo segue l’organizzatore dell’evento in tutte le fasi: iscrizione, profilazione dei partecipanti, espres- sione delle preferenze di incontro, per arrivare agli algoritmi di matchmaking e dunque alla generazione dell’agen- da appuntamenti, che oggi si basa principalmente su Intelligenza Artifi- ciale».

Nel 2020 la Uplink ha innovato ancora il modo di far fare B2B e questi i nu- meri del solo secondo semestre 2020:

120 mila meetings, oltre 23 mila ope- ratori per 2,5 milioni di minuti ed oltre il 99% di soddisfazione!

«In estrema sintesi il business di Uplink è fare da ponte tra doman- da e offerta di innovazione tra chi la genera e chi la utilizza, in quanto acceleratore reale tra interlocutori reali.

Fino a pochi mesi fa avevamo abitua- to i nostri interlocutori ad eventi fisici preselezionati, con conoscenza tra di loro che partiva da mesi prima, aven- do possibilità di entrare già in contat- to tramite la nostra piattaforma con iscrizioni, ricerca, e ulteriori focalizza- zioni».

Pertanto, gli incontri programmati che avvenivano durante l’evento apicale B2B, nell’ordine di 15/30 minuti cia- scuno, più che continuare a parlare di fase interlocutoria, potevano già ave- re il sapore di una trattativa pre-com- merciale. Il black-out pandemico ha azzerato tutto ciò ma ben presto i cit-

tadini del mondo, attraverso il proprio smartphone, si sono accorti di avere sempre a portata di mano una tele- camera e un microfono. Da qui l’intui- zione di Uplink: utilizzare il know-how finora acquisito in tema di B2B tra- sportandolo in modalità on line.

«Non si parli di ripiego, ma di vera e propria rivoluzione, pur con valorizza- zione di quanto già funzionante». Con ciò si è superato il gap della location, moltiplicate le occasioni di incontro e raddoppiati i player per ciascun even- to. Il mondo ha scoperto di essere nel B2B con maggiore interattività e pro- fitto. A ciò si aggiunga l’arricchimento di live experience, prima d’ora preclusa.

«Il B2B che ha ad oggetto la nautica ha previsto la visita virtuale all’inter- no degli Yacht e posso assicurare che tutto ciò qualifica di sicuro la relazio- ne. In tema di turismo e ricettività si ha possibilità non solo di far vedere la struttura ma anche di entrare virtual- mente nelle Spa e coglierne le varie sfumature. In aziende che offrono innovazione, si può entrare nei loro

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sposo in toto il pensiero secondo cui

“più il mondo è tech, più ha bisogno di filosofia etica”. Questo se vogliamo davvero parlare di modernità e non di modernismo.

La cultura è diventata trasversale a tutti i programmi europei. Nei prossimi anni ci attende una rivo- luzione copernicana che consisterà anzitutto nell’integrazione di di- verse dimensioni e linguaggi.

Se da un lato progresso non signifi- cherà solo digitalizzazione, allo stes- so tempo sarà impensabile tornare all’antico. Il Covid ha imposto l’acce- lerazione di un processo di innova- zione che prevede l’integrazione di presenza e remoto e in questo modo sperimentazione di nuovi linguaggi, offerta, pubblici e produzione.

Un esempio di evoluzione dei lin- guaggi ci viene offerto dal mondodei nere un adattamento culturale che ci

prepari ai nuovi contesti in cui ci tro- veremo ad operare. Gli studi umani- stici e filosofici sono usciti dalla porta per rientrare dalla finestra, ad esempio oggi non esiste un’equipe di program- matori digitali che non tenga conto di un approccio “di visione” e per fortuna!

Qualsiasi operazione, anche tecnolo- gica non può essere affidata solo ai tecnici. Guai se fosse così! Mi viene in mente la digitalizzazione degli archivi e delle biblioteche che per un Paese ricchissimo di memoria come l’Italia è funzionale al suo rilancio. Il futuro dei musei è quello di diventare sempre più interattivi attraverso l’uso di nuovi linguaggi, ma si tratta di un’operazio- ne culturale, oltre che specialistica.

L’antidoto è quello del filosofo Lucia- no Floridi, direttore del Digital Ethics Lab dell’Università di Oxford, di cui

LA CULTURA

QUARTO PILASTRO DELLO

SVILUPPO SOSTENIBILE

In Italia lo chiamiamo più spesso Recovery Fund, perdendo però il senso di responsabilità verso le nuove generazioni racchiuso, invece, nell’espressione scelta dal Consiglio d’Europa per descrivere il pacchetto di misure per la ripresa post Covid ovvero “Next Generation Eu”. Lo ha voluto puntualizzare subito, Silvia Costa per sottolineare anche il carattere “rivoluzionario” insito nel provvedimento

La redazione

La cultura è il quarto pilastro dello svi- luppo sostenibile.

Se non c’è investimento nella cul- tura, la cultura non si rigenera, non è vero che è una risorsa illimitata.

Basta una generazione di ignoranti per distruggere un patrimonio e ne- gli ultimi 10 anni a onor del vero le dinamiche culturali dello sviluppo sono state sostenute attivamente dal- la Comunità Europea, e io mi sento di avere dato il mio piccolo contributo attraverso molti progetti, ma ora urge un’accelerazione e “Next Generation Eu” si muove proprio in questa dire- zione. Proviamo a fare degli esempi concreti.

Tra 10 anni, il 75% dei lavori sarà di- verso da quello di oggi, per accom- pagnare questo cambiamento non occorrerà solo lo sviluppo di nuove competenze specifiche, bensì soste-

UE, Silvia Costa:

STORIE DI COPERTINA

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Silvia Costa

Silvia Costa è stata la

presidente della Commissione per la cultura e l’istruzione al Parlamento Europeo dal 2014 al 2017

ordinamento forte a livello centrale si è rivelato assolutamente inefficace mettendo in luce il federalismo del- le disuguaglianze, perché alcuni ter- ritori - e la Toscana tra questi - hanno reagito sicuramente meglio di altri, anche grazie a direttori di musei capa- ci e competenti, ma occorre ripensare la gestione globale, a mio avviso.

Infine, il Covid ha mostrato che dal punto di vista delle competenze digitali il nostro Paese è molto in- dietro, è un gap che occorre col- mare.

Se prima l’alfabetizzazione informati- ca era legata soprattutto alla presenza di figli all’interno del nucleo familiare, alla cultura o al tipo di impiego, oggi, è diventata un’esigenza per tutti e così come è stato fatto anni addietro per l’alfabetizzazione in senso stretto occorrerà alfabetizzare informatica- mente l’intera comunità.

videogames.

Per le persone della mia generazione i videogiochi erano associati alla vio- lenza e ad un certo imbarbarimento culturale, al contrario, oggi, esistono illuminati esempi di videogioco appli- cato al patrimonio culturale e all’edu- cation. Questo è un settore che ha da- vanti a sé una prateria e per il mercato italiano ed europeo sta diventando una scommessa, oltre che un’oppor- tunità. In Italia sono già in essere dei progetti che vedono la collaborazio- ne di giovani autori di videogiochi con il Cnr.

Il nostro Paese vive molto di turismo, non a caso l’Italia è la meta in cima ai sogni dei viaggiatori di tutto il mon- do, questo ha comportato giocoforza una sofferenza maggiore dell’intero comparto in seguito alla pandemia.

Ma il Covid ha messo in evidenza an- che la fragilità strutturale della cultura nel nostro Paese, lo status degli artisti e di tantissime categorie che lavorano non solo da precari, ma senza nessu- na tutela.

Un’altra criticità emersa è quella della suddivisione regionale delle politiche, il decentramento in assenza di un co-

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Panopticon del carcere di Santo Stefano

Il progetto conta su un finanziamento di 70 milioni di euro, destinato dal CIPE agli interventi necessari per pre- servare la struttura e consentirne la valorizzazione. Santo Stefano può e deve diventare il simbolo della ripar- tenza dell’Europa. Un progetto rivolto prevalentemente alle giovani gene- razioni e teso al rafforzamento della coscienza europea.

dell’ex carcere dell’isola di Santo Stefa- no. Un carcere durissimo, che solo nel 1952 dopo la nascita della Repubblica democratica, con l’arrivo del direttore illuminato, Eugenio Perucatti, a cui vor- rei si intitolasse il museo, conobbe una vera trasformazione e una nuova vita che va raccontata».

Sarà una riqualificazione ecososte- nibile con finalità prevalentemente culturali, dunque, considerando il valore naturalistico del sito ma, soprattutto, il ruolo che questo edi- ficio ha rivestito nella storia della Resistenza fino al fascismo.

PROGETTO

VENTOTENE

PER IL RECUPERO DEL CARCERE DI SANTO STEFANO

La redazione

Esattamente un anno fa, Silvia Costa, è stata nominata dal Governo Conte:

commissario straordinario per “pren- dersi cura” dell’ex carcere di Santo Stefano, nell’isolotto accanto a Vento- tene, cuore storico e pulsante da cui nacque l’idea di Europa. «Una Scuola di alti pensieri dove saranno ospitate esperienze di cittadinanza, di forma- zione e di creatività artistica». Questa l’idea di Silvia Costa, Commissaria stra- ordinaria di Governo per il recupero e la realizzazione dell’ex carcere bor- bonico sull’isola di Santo Stefano, per trasformare il luogo dove per 200 anni sono stati imprigionati detenuti comu- ni insieme a oppositori politici, come Luigi Settembrini e Silvio Spaventa fino agli antifascisti e padri costituenti Sandro Pertini e Umberto Terracini.

«Quest’anno - ha spiegato la Commis- saria - proprio in una fase importante di rilancio del progetto politico euro- peo dopo la crisi pandemica, si cele- breranno gli 80 anni del Manifesto di Spinelli, Rossi e Colorni, scritto nel con- fino dell’isola di Ventotene. Sarà l’occa- sione anche per legare questa storia a quella meno nota ma significativa

Per approfondimenti:

visualizza il video di presentazione del progetto

STORIE DI COPERTINA

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Presidente Museo della Carta Paolo Carrara

penso al cartone ondulato usato so- prattutto nel settore degli imballag- gi o la carta per uso sanitario di cui è aumentata esponenzialmente la domanda – ha evidenziato Carrara – altri hanno riconvertito la produ- zione con le mascherine ad esempio, che prima non venivano prodotte».

Il settore, dunque, non solo ha retto, ma sembrerebbe per così dire esser- si quasi “avvantaggiato” dalla crisi. E probabilmente ha favorito quel cam- biamento naturale verso il quale ci si stava, comunque, avviando.

«Sì, il Covid ha rappresentato un acce- leratore di alcuni processi già in atto, penso agli investimenti sulla soste- nibilità (recupero degli scarti, riciclo, attenzione costante all’ambiente, utilizzo di cellulosa proveniente da Se si guardano i dati, quello cartario,

è il distretto industriale toscano ad avere risentito meno della pandemia.

Nel primo semestre 2020, il distretto della carta di Lucca, ha visto aumen- tare addirittura le esportazioni - +4,5%

a 523 milioni di euro - rispondendo agli aumentati bisogni d’igiene (e non solo) dei consumatori mondiali nella fase Covid. Ce lo conferma Paolo Car- rara, imprenditore del settore cartario da oltre 30 anni e presidente del Mu- seo della carta di Pescia, che abbia- mo incontrato insieme a Massimiliano Bini, direttore del museo.

«Il settore carta è quello che ha im- pattato meno la crisi determinata dal Covid, anzi ci sono state delle linee produttive che hanno regi- strato un vero e proprio boom:

CULTURA E IMPRESA:

NEL DIALOGO

LA CHIAVE DEL FUTURO

La cultura può creare impresa? Lo abbiamo chiesto a Paolo Carrara e Massimiliano Bini, rispettivamente presidente e direttore del Museo della Carta di Pescia, da cui nel 2018, dopo un anno di incubazione presso il Social Business Lab di Pistoia, è stata costituita l’Impresa Sociale Magnani Pescia Srl

L’ IMPRENDIT ORE DEL MESE

INTERVISTA A Paolo Carrara e Massimiliano Bini rispettivamente presidente e direttore del Museo della Carta di Pescia di Maria Salerno

giornalista

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STORIE DI COPERTINA

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Un momento della lavorazione

Filigrana

l’Italia da sempre ha un vantaggio strategico:

adattabilità e capacità di venire fuori dai guai

© Foto: Irene Nucci

© Foto: Alessandro Sansoni

di un patrimonio immateriale arric- chitosi nei secoli, si è fatto promotore dell’impresa grazie alla quale siamo tornati a fabbricare la carta a mano fili- granata, realizzando un trasferimento di competenze e creando nuovi posti di lavoro. Allo stesso tempo, l’Impre- sa ci consente di conservare in vita un patrimonio di antichi saperi che altrimenti sarebbe andato perduto».

Il progetto dell’Impresa sociale ha preso avvio nel 2012 con l’obiettivo di utilizzare l’esperienza e il saper fare di mastri cartai, filigranisti e cucitrici, ormai in pensione, provenienti dalla più prestigiosa cartiera della Valleriana ovvero le Antiche Cartiere Magnani di Pescia, per formare giovani deside- rosi di imparare i segreti della fabbri- cazione della carta a mano: un piano di salvaguardia e di trasmissione inter- generazionale di competenze e di sa- peri destinati altrimenti a disperdersi.

«Nel nostro caso è stato il museo che ha dato origine all’impresa, a riprova che la cultura può essere utilizzata per creare ricchezza – ha aggiunto il foreste correttamente gestite secon-

do rigorosi standard ambientali, socia- li ed economici), una sempre maggior trasparenza, l’impiego di strumenti di comunicazione sempre più efficaci, la cultura come leva per creare impre- sa».

Un esempio di come l’ordine degli addendi nel binomio impresa-cultura possa essere ribaltato è rappresentato

proprio dall’Impresa sociale Magnani la cui creazione è stata promossa pro- prio dal Museo della Carta di Pescia.

«Non a caso l’abbiamo battezzata una startup del XV secolo – ha sottolineato il direttore del Museo Massimiliano Bini – dove il nuovo e vecchio co- esistono e si rafforzano a vicenda. Il Museo, nel rispetto della propria mis- sione e nell’ottica della salvaguardia

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Cucitura

© Foto: Michela Osteri

nibile per pubblici in qualsiasi parte del modo». Quindi di fatto potrem- mo realmente riuscire a trasformare quest’enorme catastrofe in un’oppor- tunità? La risposta è sì, per entrambi.

Il presidente Carrara ammette di avere una visione ottimista del futuro. «Il passato ce lo insegna, dalla crisi ci si risolleva sempre più forti.

Il mondo è cambiato tantissimo nell’ultimo anno, l’Italia da sempre ha un vantaggio strategico: adatta- bilità e capacità di venire fuori dai guai.

Ci sono anche dei fattori esogeni, nei confronti dei quali possiamo fare poco da soli, ma se adottassimo un minimo di ragionevolezza a livello globale e realizzassimo una coopera- zione internazionale vera, fondata sul bene comune riusciremmo a risolvere molti problemi. Se piantassimo mille miliardi di alberi secondo un gruppo di ricercatori svizzeri potremo elimi- nare dall’atmosfera la metà della CO2 presente, ma se invece di farlo conti- nuiamo a dar fuoco all’Amazzonia per coltivare la soia dove vogliamo anda- re?” Il futuro, dunque, è nelle nostre mani.

presidente Carrara – con la cultura si mangia come dice qualcuno, è chia- ro che non può sostiture l’apparato produttivo, ma può dare una mano sostanziale all’economia. Ecco perché i due settori devono dialogare tra loro, essere complementari, rafforzarsi a vicenda». E proprio in questa siner- gia il direttore Massimiliano Bini vede l’orizzonte futuro. «La pandemia ci ha insegnato che mai come adesso è ne- cessaria un’opera di mediazione, più aumenta la tecnologia più avremo bi-

sogno di nuovo umanesimo, di filoso- fi. Il mondo in presenza non può esse- re trasformato nel mondo on line, ma quelli che oggi vengono considerati beni non essenziali come i musei, lo saranno sicuramente nel futuro, rap- presentando i marchi culturali di interi territori, è già molto stretto il rapporto musei/impresa e il futuro è l’heritage marketing. Se la pandemia ha fatto sì che la digitalizzazione divenisse una necessità, domani sarà una virtù con un’offerta culturale ampliata e dispo-

Direttore Museo della Carta Bini Massimiliano

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Andrea Nardi Dei

Se fino a qualche anno fa avessimo suggerito ad un amante del vino di acqui- stare un Brunello di Montalcino docg o un Bolgheri Superiore doc on line ci avrebbe probabilmente liquidati con un’occhiata dubbiosa, sentenziando che il vino non è un prodotto che si acquista sul web. Oggi Vino.com, l’enoteca on line che consente di scegliere tra più di 4000 etichette di vini, vende oltre 10 mila bottiglie al giorno. Nel periodo pre-Covid vendeva una media di 1.700 bottiglie al giorno. Il lockdown giocoforza ha dato un impulso decisivo all’e-commerce. A maggio 2020 ha registrato una crescita di fatturato del 246% sullo stesso mese del 2019. Aumentato anche il numero di nuovi utenti: oltre 600 mila in più (40 mila nel solo mese di marzo 2020). Cambiata anche la frequenza di acquisto:

passando dal 10 al 15% (calcolata sugli utenti con almeno 2 acquisti nel perio- do) e il volume della spesa per carrello, cresciuta del 25% con un aumento del 15% del numero di bottiglie.

Nasce nel 2012, quando lo startup studio Nana Bianca accoglie il progetto Vino75.com e lo aiuta a crescere, lo scorso novembre diventa Vino.com e si apre ai mercati internazionali. Chiude il 2020 con un fatturato di 30 milioni di euro, più di tre volte quello del 2019. Abbiamo chiesto ad Andrea Nardi Dei, Ceo e founder di Vino.com di raccontarci la sua azienda

INTERVISTA A Andrea Nardi Dei Ceo e founder di Vino.com

DA VINO75.COM A

VINO.COM

storia di un’idea di successo

L’ IMPRESA DEL MESE

Cosa è successo, Andrea?

«Tutto il settore del food ha avuto un’accelerazione durante il lockdown, i consumatori hanno cercato canali di vendita alternativi a quelli tradizionali, in molti, hanno sperimentato l’e-com-

merce per la prima volta, apprezzan- done servizio, praticità, sicurezza, pro- fondità di gamma.

Abbiamo aumentato del 30% i volu- mi di vendita, ma il nostro brand era già pronto, come azienda eravamo

già nel flusso, abbiamo semplicemen- te cavalcato l’onda, intercettando le esigenze del pubblico e cercando di soddisfarle, migliorando l’esperienza di acquisto. Noi vendiamo vino, il con- sumatore deve avere l’opportunità di Maria Salerno

giornalista

 [email protected]

STORIE DI COPERTINA

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Founder Vino.com

Target Vino.com:

· Il principale sono gli uomini 35-54 anni medio-alto spendenti.

· In crescita i

Millennial e le donne +5% sull’audience complessiva nel periodo del lockdown

ma tecnologica e l’ingresso in Nana Bianca.

All’epoca rappresentava 100 can- tine, oggi intrattiene rapporti con oltre 1.000 cantine nazionali e in- ternazionali e commercializza oltre 4.000 etichette.

È un’enoteca digitale innovativa, che si contraddistingue nel mercato dell’e-commerce per la tipologia di cu- stomer journey che offre ai suoi clienti:

sommelier virtuale, schede prodotto corredate di informazioni dettagliate unite a contenuti editoriali originali e a immagini in alta definizione per cia- scun vino o superalcolico acquistabile nel suo shop online. Si contraddistin- gue anche per una struttura organiz- zativa dinamica e leggera, composta di una ventina di professionisti al 51%

donne, che rappresentano tutti gli esperti necessari a operare in un con- testo competitivo nazionale e interna- zionale.

Grazie alla partnership con Aliba-

ba, nel 2016 nasce Vino75 China, la piattaforma per esportare e vendere vino in Cina attraverso Tmall Choice e Tmall Global di Alibaba.

L’11 novembre 2020, Vino75 diventa Vino.com.

«Sì, siamo riusciti grazie agli investi- menti ad accelerare il processo di in- ternazionalizzazione, oggi nel mer- cato tedesco riusciamo a fare i volumi che facevamo in Italia nei primi due anni di vita. Adesso puntiamo a Gran Bretagna, Francia, Spagna e Svezia. Il bello del nostro mondo è che non si perde mai lo spirito e la determinazio- ne di quando si è in fase di lancio».

Quella di Vino.com è sicura- mente la storia di un’idea di successo. Cosa possiamo sug- gerire a chi ha un sogno nel cassetto e vuole conquistare il suo mercato di riferimento?

«Rimanere sempre critici col proprio prodotto, innamorarsi è bene, ma di scegliere e sapersi orientare nella

scelta».

Eppure, fino a qualche tempo fa l’idea di vendere il vino on line era vista con scetticismo, soprattutto da un certo tipo di acquirente...

«Sì, esiste una generale diffidenza verso l’e-commerce e da parte dell’im- prenditoria del vino all’inizio veniva- mo visti come i ragazzi che lavorano dal sottoscala, con pochi costi e senza esperienza. Mi sentivo solo in un mer- cato che viveva di retaggi storici. Poi le cose sono cambiate perché hanno avuto modo di toccare con mano che anche dietro una piattaforma tec- nologica c’è conoscenza, esperienza, professionalità. Anche i dubbiosi han- no avuto modo di ricredersi, vedendo i nostri volumi, la serietà che ci man- tiene sul mercato».

Vino.com nasce come Vino 75, nel 2012, con lo sviluppo della piattafor-

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Una schermata del sito Vino.com

Curiosità primi 3 mesi 2020

Denominazioni più vendute:

· Prosecco Superiore

· Alto Adige 7% 12%

· Franciacorta 4%

· Terre Siciliane 4%

· Champagne 3%

Il numero di utenti di Vino.com a marzo-aprile 2020 è aumentato del 2.728%, oltre il 70%

degli utenti ha utilizzato il cellulare per navigare sul sito

nologica, si è avvantaggiato, chi non aveva dimestichezza con la tecno- logia ha dovuto accelerare. In fondo, il Covid non ha fatto altro che deter- minare un’accelerazione di processi che erano già in essere. E per i quali noi eravamo pronti. Ovviamente non si deve guardare alla tecnologia come un cilindro magico che può risolvere tutto, ma il nostro futuro è lì. I giovani sono naturalmente orientati, ma biso- gna seguirli di più in questa evoluzio- ne. La ridistribuzione di tecnologia, è a mio avviso, la migliore forma di inve- stimento, oggi».

bisogna essere anche realistici, rima- nere coi piedi per terra, non voler far troppo, ma concentrarsi su obiettivi concreti. Insomma, fare un esercizio di sintesi. E soprattutto non scoraggiarsi di fronte alle difficoltà, che non man- cano: la burocrazia infinita, la diffiden- za nei confronti dell’ultimo arrivato, la necessità di doversi confrontare con soggetti più grandi».

Oggi la tecnologia è un ele- mento imprescindibile in qualsiasi business. Vino.com è partito indubbiamente av- vantaggiato dal fatto di es- sere una realtà digitale, di- versamente è andata a chi si è dovuto “reinventare” infor- matizzandosi.

«Chi ha investito in innovazione tec-

Per approfondimenti:

Leggi il nostro precedente articolo su Nana Bianca

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Emiliano Ferroni

comincia a vedere i suoi frutti.

«Io mi occupo più degli aspetti com- merciali, avendo una formazione eco- nomica – si presenta Emiliano Ferroni – mentre Daniele Bonacchi è un chi- mico che ha esperienza pluridecen- nale in materia e a lungo ha lavorato per multinazionali svizzere. Ha lavora- to a progetti importanti mettendo a punto l’uso di nanotecnologie o an- cora il grafene. Insieme abbiamo volu- to fare qualcosa per aiutare l’ecologia e la sostenibilità ambientale».

La start up è partita decisamente in quarta, ha già interessi all’estero oltre che in Italia e conta di fare numeri im- portanti a stretto giro, nonostante il periodo non proprio propizio.

«La nostra idea era quella di riuscire a produrre a costi accessibili – prose- gue Ferroni – oggetti di uso comune La plastica, senza la plastica. È l’idea

vincente dei soci Emiliano Ferroni e Daniele Bonacchi, che insieme han- no dato avvio ad un progetto non solo ambizioso, ma soprattutto utile per la terra.

Arianna Fibers è la nuova rivolu- zionaria azienda che sta mettendo a punto un modo completamente diverso di stampare oggetti di uso quotidiano con una plastica che preveda il 30% almeno di materiale organico al suo interno.

Fare materiale sintetico con i torsoli delle mele, con i gusci della frutta sec- ca o con le fibre di lino si può e i due soci lo hanno dimostrato.

L’idea è piaciuta alla Fondazione Ca- ripit che ha finanziato il loro progetto vincendo un bando specifico nell’a- prile del 2019 e ora la Arianna Fibers

QUANDO

“ESSERE ALLA FRUTTA”

FA BENE AL PIANETA

Arianna Fibers è una nuova start up tutta pistoiese che ha ripensato il modo di produrre plastica: da oggi giacche in ecopelle, oggetti di uso quotidiano, vasi e lettiere possono essere prodotte con scarti organici come torsoli di mela, gusci di frutta secca, fibre di lino

ECO RIV OL UZIONE

© Foto: Nucci

di Arianna Fisicaro giornalista

 [email protected]

INTERVISTA A Emiliano Ferroni founder Arianna Fibers

STORIE DI COPERTINA

Riferimenti

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