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PROGETTO IN.C.I.P.I.T. INIZIATIVA CALABRA PER L IDENTIFICAZIONE, PROTEZIONE ED INCLUSIONE SOCIALE DELLE

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P ROGETTO “IN.C.I.P.I.T.”

IN IZIATIVA C ALABRA PER L ’I DENTIFICAZIONE , P ROTEZIONE ED I NCLUSIONE SOCIALE DELLE

VITTIME DI T RATTA

Rassegna stampa trimestrale Giugno - Agosto 2020

a cura di Lucia Lipari

Associazione Piccola Opera Papa Giovanni ONLUS - Fondazione Città Solidale - Comunità Papa Giovanni XXIII Comunità Progetto Sud - Il Delta Cooperativa Sociale - Associazione Mago Merlino - Noemi Cooperativa Sociale

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IN.C.I.P.I.T – rassegna stampa trimestrale Marzo– Maggio 2020

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Sommario

SFRUTTAMENTO LAVORATIVO AI TEMPI DEL CORONAVISRUS

Caporalato. Calabria, braccianti trattati come schiavi e chiamati "scimmie" pag. 4 Reggio, tavolo di lavoro in Prefettura per contrastare lo sfruttamento lavorativopag. 7 I migranti sulle rotte del Covid: così rischiamo di importare (di nuovo) il virus pag. 8

Matteo Salvini richiama il governo: "Tra i 59 immigrati sbarcati a Crotone un caso di coronavirus.

Porti chiusi o sarà disastro" pag. 11

Nuovo sbarco di migranti a Crotone: arrivati in 43, quasi tutti pakistani, trasferite al Sant'Anna pag.

11

I vescovi della Calabria: no al caporalato, riconoscere la dignità di chi lavora pag.12

Turni massacranti per 1,5 euro l’ora, lavoratori stranieri sfruttati nei campi in Calabria pag. 14 Caporalato in Calabria, nuova inchiesta sullo sfruttamento dei migranti nella Sibaritide pag.15 Caporalato, costretti a lavorare per 1,5 euro all'ora: 7 persone ai domiciliari ad Amantea pag. 16 Braccianti sfruttati, l’Usb: “Contro il caporalato garantire i permessi di soggiorno a tutti” pag. 19 Lavoro, la Cgil striglia le categorie agricole del Cosentino: «Lotta al caporalato è priorità»pag. 21 Nuovo sbarco in Calabria, arrivati 115 migranti: tutti posti in quarantena, presenti 21 minori pag. 22 Amantea, l'esercito controllerà gli immigrati positivi pag. 23

Reggio Calabria, positivi al Coronavirus 7 immigrati sbarcati a Roccella Jonica pag. 25

Migranti, in Calabria arrivati 28 positivi al Covid. Santelli a Conte: “Pronta a bloccare sbarchi” pag.

26

Migranti, protesta in Calabria per l’arrivo di positivi al Covid. Santelli: «Requisire navi, Conte intervenga o vieto sbarchi» pag. 28

Nuovo sbarco di migranti a Crotone, tra loro donne e bambini non accompagnati pag. 29

Migranti, conclusa la regolarizzazione: 207mila domande. Netta prevalenza (85%) di colf e badanti pag. 30

Chiude la tendopoli di San Ferdinando, ma nessuna sistemazione per i migranti pag. 31

Smantellamento Tendopoli, “Piccola Opera”: «Trovare soluzione condivisa con Istituzioni» pag. 33

SFRUTTAMENTO SESSUALE

Tratta di esseri umani, vittime 12 milioni di bambine e bambini: sfruttati sessualmente, sul lavoro, e per il prelievo di organi pag. 35

In Italia sono migliaia i piccoli schiavi, tra prostituzione e lavoro nero pag.37

Migranti, 72 vittime ogni mese: torture, stupri ed esecuzioni, la rotta africana è “tra le più mortali al mondo”. “Libia non è luogo sicuro” pag 40

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IN.C.I.P.I.T – rassegna stampa trimestrale Marzo– Maggio 2020

“Tutti gli uomini sono stati creati uguali, che essi sono dotati dal loro Creatore di alcuni Diritti inalienabili, che fra questi sono la Vita, la Libertà e la ricerca delle Felicità; allo scopo di garantire questi diritti, sono creati fra gli uomini i Governi, i quali derivano i loro giusti poteri dal consenso dei governati; ogni qual volta una qualsiasi forma di Governo, tende a negare tali fini, è Diritto del Popolo modificarlo o distruggerlo, e creare un nuovo governo, che ponga le sue fondamenta su tali principi e organizzi i suoi poteri nella forma che al popolo sembri più probabile possa apportare Sicurezza e Felicità.”

(DICHIARAZIONE DI INDIPENDENZA DEGLI STATI UNITI D’AMERICA,4 LUGLIO 1776)

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IN.C.I.P.I.T – rassegna stampa trimestrale Marzo– Maggio 2020

4 SFRUTTAMENTO LAVORATIVO AI TEMPI DEL CORONAVISRUS

Caporalato. Calabria, braccianti trattati come schiavi e chiamati

"scimmie"

Avvenire.it di Antonio Maria Mira

Chiamati "scimmie" e trattati come schiavi, ai quali addirittura davano da bere l'acqua dei canali. Erano più di duecento o braccianti immigrati sfruttati da caporali e imprenditori, tra la Calabria e la Basilicata. Pakistani e africani, prelevati anche dai Cas (vietato) pagati 80 centesimi a cassetta di agrumi o 10 euro al giorno. Meno peggio le donne dell'Europa dell'Est costrette a raccogliere fragole per 28 euro al giorno. Cifre dalle quali venivano detratte le spese per il trasporto e il vitto. Condizioni disumane, completa illegalità, il tutto realizzato da gruppi organizzati, capaci anche di gestire traffici illeciti di immigrati e perfino matrimoni combinati, seguiti dopo pochi giorni da separazioni e divorzi,

per ottenere il permesso di soggiorno. È quanto ha

scoperto l'operazione "Demetra" della Guardia di Finanza del Comando Provinciale di Cos enza, coordinata dalla Procura di Castrovillari. Una delle più vaste compiute in Italia: 14 ordinanze di custodia cautelare in carcere, 38 ordinanze di arresti domiciliari e 8 ordinanze di sottoposizione all’obbligo di presentazione alla polizia giudiziaria; sequestro preventivo di 14 aziende agricole, 12 ubicate in provincia di Matera e 2 in provincia di Cosenza, per un valore stimato di quasi 8 milioni di euro, e di 20 automezzi utilizzati per il trasporto dei braccianti. L'accusa è di associazione per delinquere finalizzata all’intermediazione illecita e sfruttamento del lavoro (cosiddetto “caporalato”) ed al favoreggiamento dell’immigrazione clandestina.

L’indagine è partita dal controllo, effettuato dai finanzieri della Tenenza di Montegiordano, di un furgone che, diretto nelle campagne lucane, percorreva la statale 106 Jonica con a bordo 7 braccianti provenienti dalla sibaritide. Si è così giunti all’identificazione di numerosi soggetti, italiani e stranieri (in particolare, di nazionalità pakistana, magrebina e dell’Est Europea), impegnati in un’organizzata e fiorente attività di sfruttamento illecito di manodopera bracciantile e di favoreggiamento dell’immigrazione clandestina nella piana di Sibari. Le investigazioni, durate più di un anno, hanno visto le Fiamme Gialle impegnate in un’intensa attività di intercettazione, in numerosi e mirati servizi di osservazione e pedinamento, localizzazioni Gps, sequestri, acquisizioni documentali e assunzione di sommarie informazioni. Ed è emerso un quadro indiziario grave su reiterate condotte di sfruttamento e utilizzazione illecita di manodopera, spesso reclutata anche nei Cas, nonché di favoreggiamento dell’immigrazione clandestina. Come detto oltre 200 i braccianti reclutati

e condotti sui campi in condizioni di

sfruttamento, costretti a lavorare in assenza di dispositivi di protezione individuale, impie gati in turni di lavoro usuranti e costretti ad accettare condizioni di lavoro degradanti e no n conformi ai contratti collettivi.

Le terribili intercettazioni

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IN.C.I.P.I.T – rassegna stampa trimestrale Marzo– Maggio 2020

Le intercettazioni telefoniche e ambientali sono veramente terribili.

"Ai neri mancano un paio di bottiglie di acqua. Nel canale, gliele riempiamo nel canale", dice un caporale intercettato al telefono. Bottiglie oltretutto da raccogliere "in mezzo ai cespugli". Un trattamento disumano. Perchè certo non erano considerati persone.

"Dove sono le scimmie?", chiede uno degli imprenditore, protestando perchè ancora non sono arrivati. E poi gli accordi per i lavori da portare avanti il giorno dopo:

"Domani mattina là ci vogliono le scimmie", dice un altro imprenditore,

"e facciamo venire le scimmie, così cerchiamo di finire", risponde il caporale dall’altra parte del telefono. Parole durissime, pronunciate anche in dialetto. "Le condizioni lavorative variavano a seconda della tipologia del raccolto e dell’etnia dei lavoratori, e sono state documentate condizioni di vero sfruttamento, anche di violenze fisiche", ha spiegato il colonnello Danilo Nastasi, comandante provinciale della Guardia di Finanza di Cosenza. Non meno dure le parole del tenente colonnello Valerio Bovenga, comandante del

Gruppo della Guardia di Finanza di Sibari. "I

lavoratori venivano ospitati in locali fatiscenti, sporchi, senza riscaldamento, e molti di loro dormivano a terra, sfruttati e trattati come oggetti, senza nessun diritto". Eppure per abitarvi erano addirittura costretti a pagare una somma di denaro agli indagati.

Le organizzazioni

Due le associazioni criminali smantellate dalla Guardia di Finanza ed operanti tra la Calabria e la Basilicata. La prima, cui appartenevano, a vario titolo, 47 persone, era impegnata in una fiorente attività d’intermediazione illecita e sfruttamento del lavoro. Ed era così composta: 16 caporali, vertici del gruppo con compiti di direzione e controllo dell’attività illecita, erano loro a stabilire le modalità del reclutamento, a fissare le condizioni dell’impiego sui campi dei singoli braccianti, ad avere i rapporti con gli imprenditori-utilizzatori della manodopera, ad organizzare i furgoni utilizzati per il trasporto dei braccianti, a tenere la contabilità relativa alle giornate di lavoro svolte da ciascun bracciante, a retribuire quest’ultimo per la singola giornata di lavoro svolto mediante la corresponsione di somme di denaro non adeguate al lavoro prestato; 8 sub-caporali, con il ruolo di collaboratori diretti dei vertici del grupp, "la longa manus di questi ultimi nella gestione della manodopera bracciantile"; 22 "utilizzatori" che, attraverso le aziende agricole da loro gestite, ben 13, e sulla scorta di consolidati rapporti con i vertici dell’organizzazione criminale, impiegavano i braccianti reclutati nei campi, sottoponendoli a condizioni di sfruttamento ed approfittando del loro stato di bisogno. E questo grazie a un collaudato sistema di fittizie assunzioni, con

imponenti risparmi fiscali e

previdenziali. Un dipendente dell’amministrazione comunale di Rossano, abusando del suo ruolo, favoriva l'organizzazione criminale rilasciando documenti di identità e certificati di residenza in favore dei braccianti reclutati al fine di regolarizzarne la posizione sul territorio e consentire la fittizia assunzione da parte delle aziende.

Matrimoni "di comodo"

La seconda organizzazione, collegata alla prima, era composta da 13 soggetti, impegnata, oltre che nell’illecito sfruttamento della manodopera, anche nel favoreggiamento dell’immigrazione. Addirittura, dietro pagamento di cospicue somme di denaro, organizzava matrimoni “di comodo” finalizzati a garantire la permanenza, sul territorio italiano, di soggetti irregolari o favorire, mediante permessi di soggiorno per ricongiungimento familiare, l’ingresso di persone dimoranti all’Estero. Dopo essersi procurati la documentazione necessaria, gli indagati organizzavano le nozze presso il Comune di competenza e, nel giorno stabilito, con la compartecipazione di testimoni fittizi, aveva luogo

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IN.C.I.P.I.T – rassegna stampa trimestrale Marzo– Maggio 2020

6 decorsi i termini di legge, si attivavano subito per il procedimento di separazione e poi di

divorzio.

https://www.avvenire.it/attualita/pagine/calabria-braccianti-trattati-come-schiavi-e- chiamati-scimmie

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Reggio, tavolo di lavoro in Prefettura per contrastare lo sfruttamento lavorativo

IlReggino.it di Redazione

Ieri, presso il Palazzo del Governo di Reggio Calabria, su convocazione del Prefetto Dott. Mariani, si è svolto il Tavolo di Lavoro per confrontarsi in merito al Progetto “SULREME Italia” interventi per il contrasto e il superamento di tutte le forme di grave sfruttamento lavorativo e di grave marginalità/vulnerabilità dei migranti negli insediamenti delle Piane di Gioia Tauro (RC) e Sibari (CS). Nel corso dell’incontro il Prefetto, Dott. Mariani, ha presentato le proposte del Governo, sottolineando l’importanza del pronto intervento della Regione Calabria, al fine del superamento delle annose criticità, tristemente note a tutti noi.

Presenti al Tavolo l’Assessore regionale alle politiche agricole Gallo, i Sindaci delle aree di riferimento, le Associazioni delle categorie di settore e le Forze Sociali.

L’Assessore ha preso impegni su concrete messe in campo di risorse finalizzate a questo delicato e scottante problema. Per l’Ugl Calabria è intervenuta, su espessa convocazione, Ornella Cuzzupi, Segretario dell’Unione Regionale, già firmataria, per l’UGL del protocollo siglato nell’anno trascorso con il Prefetto Di Bari.

Nel corso del proprio intervento, Ornella Cuzzupi, ha evidenziato l’esigenza di contrastare in maniera decisa ogni forma di criminalità e caporalato, con la messa in essere di interventi mirati, quali l’accompagnamento assistito al lavoro dei migranti, al fine di tutelare gli stessi ed indebolire l’azione di sfruttamento da parte dei

”caporali”.Collocazione in abitazioni provviste di acqua , luce, gas e scarichi fognari, dignitose ed abitabili da più lavoratori. Visite mediche e profilassi adeguata per la tutela della salute personale e pubblica, necessarie per favorire un’integrazione reale, rispondente alla richiesta delle popolazioni residenti che, vivono a loro volta, disagi e difficoltà legate alla convivenza con i lavoratori extracomunitari, molto spesso privi di tutele igieniche.

L’Ugl Calabria unitamente alla CONFEDERAZIONE, pone attenzione, da sempre, al problema del Caporalato e si adopererà avvantaggiata piaga sociale venga debellata.

https://www.ilreggino.it/economia-e-lavoro/2020/06/13/reggio-tavolo-di-lavoro- in-prefettura-per-contrastare-lo-sfruttamento-lavorativo/

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I migranti sulle rotte del Covid: così rischiamo di importare (di nuovo) il virus

IlGiornale.it di Sofia Dinolfo Mauro Indelicato

Quelle che scorrono sono ore segnate dalla massima attenzione e d’allarme verso un nuovo problema di carattere sanitario per l’Italia a causa del coronavirus. Non un problema legato a forme di contagio sviluppatesi fra gli italiani irrispettosi delle regole di igiene e sicurezza personale e interpersonale ma un fattore di rischio proveniente dai migranti approdati nel territorio nazionale negli ultimi giorni.

Già perché due di loro sono risultati positivi ai tamponi sul Covd-19. Per un terzo arrivato invece v’è ancora da attendere il risultato del tampone. Nello specifico, a risultare positivi ai test sono un migrante di origini pakistane giunto in Calabria lo scorso 13 giugno attraverso una barca a vela dalla Turchia e un migrante algerino arrivato in Sardegna a metà mese. Quest’ultimo ha avvertito i sintomi della malattia all’interno del centro di accoglienza Monastir. Per quanto concerne la situazione di Agrigento il migrante di cui si sospetta il possibile caso da coronavirus è ancora da accertare. L'uomo si trovava a bordo della nave Moby Zazà quando ha avvertito i sintomi del malessere e adesso è ricoverato all’ospedale San Giovanni di Dio di Agrigento. Proprio lì, il reparto Covid è stato chiuso il 12 giugno scorso visto i dati incoraggianti registrati nel territorio provinciale in coincidenza con la fase 3. Adesso, in virtù di questa situazione e dei possibili nuovi rischi che il fenomeno migratorio rappresenta, non è da escludere che il reparto possa essere riaperto anche se dall’ospedale ancora non è trapelata alcuna voce ufficiale in tal senso.

Le rotte “positive” che preoccupano l’Italia

Considerato quanto accaduto nelle ultime ore, per l’Italia si apre il serio rischio di nuovi focolai accesi dai migranti che non seguono una sola rotta. Quello che è accaduto fa capire infatti come la Nazione sia circondata su più fronti: la rotta turca che interessa la Calabria, la rotta libica che interessa la Sicilia e quella algerina che incide sulla Sardegna. Un campanello d’allarme che sottolinea come l’Italia potrebbe trovarsi da un momento all’altro a fronteggiare un forte rischio.

In questo contesto i riflettori sono accesi sul fronte turco dove si guarda con sospetto agli arrivi dal Pakistan. Al momento nel territorio nazionale si contano 144 mila casi di contagio da coronavirus e più di 2.700 vittime. Si tratta di numeri destinati a salire in modo impetuoso come fanno sapere le autorità di Islamabad che parlano addirittura di un raddoppio di casi a fine mese e di un milione di contagiati a fine

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luglio. Nonostante le restrizioni basate sul distanziamento sociale e sul rispetto delle misure di igiene, la situazione non lascia spiragli di luce. La fase che vive il territorio pakistano dunque non fa ben pensare per quelli che potrebbero essere i prossimi arrivi nel territorio italiano, a maggior ragione se non controllati.

La situazione in Libia

Sul fronte sanitario, a creare anche preoccupazioni in queste ore è la Libia. Proprio 48 ore fa il governo di Tripoli guidato da Fayez Al Sarraj ha annunciato la proroga delle misure di distanziamento sociale almeno fino al 27 giugno prossimo. Segno di come nel Paese qualcosa al momento non quadri. I numeri, per la verità, almeno ufficialmente appaiono bassi: in totale, le autorità tripoline hanno annotato dall’inizio della pandemia 467 casi, tra questi in 10 occasioni le complicazioni hanno portato alla morte dei pazienti. Il primo caso di coronavirus in Libia è stato registrato il 26 marzo scorso, si trattava di un paziente di ritorno da un viaggio in Arabia Saudita. Da allora, in tutto il Paese si è scatenata la paura per una possibile diffusione dell’epidemia su larga scala. Anche perché la situazione, soprattutto a Tripoli, da un punto di vista militare proprio in quelle settimane ha iniziato a precipitare per via della ripresa della battaglia attorno la capitale.

La mancata certezza sui dati del contagio

Come si sa la Libia è un Paese in guerra lacerato da divisioni e dalla presenza di centinaia tra fazioni e gruppi che controllano il territorio. In un contesto del genere è difficile controllare un eventuale avanzamento del coronavirus, così come è apparso subito proibitivo poter fornire dati certi: “I numeri ufficialmente sono bassi – commenta l’analista Alessandro Scipione – Ma la situazione sul campo non permette di poter considerare del tutto affidabili i dati delle autorità”. Anche perché di governi che in Libia si contendono il potere ce n’è almeno due: oltre a quello di Al Sarraj insediato a Tripoli, c’è l’esecutivo provvisorio non riconosciuto internazionalmente stanziato in Cirenaica. Tra i due governi è nata sul coronavirus una guerra nella guerra, volta a mostrare alla popolazione chi potrebbe essere in grado di gestire meglio l’emergenza.

Entrambi gli esecutivi hanno imposto misure di distanziamento sociale e coprifuoco notturni. Nelle ultime ore il governo di Tripoli ha registrato 13 nuovi casi di contagio, soltanto oggi quello presente in Cirenaica invece almeno 3. Come detto in precedenza, Al Sarraj ha deciso di prolungare le misure di contenimento anti Covid fino al 27 giugno, questo potrebbe indicare una situazione ben più grave di quella trapelata dai dati ufficiali. Ed anche le Nazioni Unite hanno in tal senso lanciato l’allarme: in un report del 14 maggio scorso in particolare, è stata espressa preoccupazione per l’incidenza che il coronavirus potrebbe avere su una Libia già presa gravemente dalla guerra.

Le preoccupazioni per l’Italia

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10 Quanto trapela dal Paese nordafricano è fonte dei maggiori timori per l’Italia sul

fronte immigrazione. Anche perché se è già difficile valutare la situazione complessiva della Libia, a maggior ragione appare arduo capire il contesto sanitario riguardante i campi di accoglienza dove migliaia di migranti sono attualmente rinchiusi. E da dove molti di loro sarebbero pronti a partire già nelle prossime settimane. Lo si evince anche da un recente report dei servizi segreti, secondo cui almeno ventimila migranti attualmente detenuti in Libia potrebbero salpare dalle coste nordafricane.

I campi gestiti dal governo si presentano in condizioni proibitive, molte di queste strutture sono state chiuse ad inizio emergenza proprio perché potenziali focolai invettivi. Poi ci sono i campi gestiti dalle associazioni criminali dei trafficanti, dove è impossibile anche solo andare a verificare la situazione.

Se l’epidemia dovesse prendere piede all’interno dei centri, il rischio è che decine di migranti potrebbero contrarre il virus. E, da qui, sbarcare poi in Italia veicolando quindi il Covid. Uno scenario che, alla luce di quanto sopra descritto e degli episodi riportati ad inizio articolo, non appare affatto remoto. Anche perché occorre considerare un altro elemento: i migranti potrebbero ammalarsi in Libia, così come arrivare nel Paese nordafricano con il coronavirus. Nigeria e Costa d’Avorio, due delle nazioni da cui si parte alla volta della Libia, non sono del tutto immuni dalla pandemia.

L’attenzione su questo fronte è quindi tutt’altro che da ridimensionare.

https://www.ilgiornale.it/news/cronache/coronavirus-nuove-minacce-dalle- rotte-dei-migranti-1871561.html

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Matteo Salvini richiama il governo: "Tra i 59 immigrati sbarcati a Crotone un caso di coronavirus. Porti chiusi o sarà disastro"

LiberoQuotidiano.it

Un caso di coronavirus tra i 59 immigrati sbarcati in Calabria, ma la sinistra preferisce concentrarsi su Matteo Salvini e sbeffeggiarlo per un lapsus più che evidente, quello sui

"porti aperti e porti chiusi" in Senato. Proprio il leader della Lega ed ex ministro degli Interni richiama Palazzo Chigi e le maggioranza alle loro responsabilità nel garantire la sicurezza all'Italia: "Mentre il governo lavora per cancellare i Decreti sicurezza e a Bergamo scoppia l’ennesimo scandalo sul business dell’accoglienza - tuona Salvini -, a Crotone sbarcano 59 immigrati e spunta un caso di coronavirus. Porti chiusi o sarà un disastro". E stavolta non c'è lapsus che tenga: chi vuole capire, capisca.

https://www.liberoquotidiano.it/news/italia/23325471/matteo-salvini-

coronavirus-caso-migrante-positivo-59-sbarcati-crotone-governo-porti-chiusi.html

Nuovo sbarco di migranti a Crotone: arrivati in 43, quasi tutti pakistani, trasferite al Sant'Anna

IlQuotidianodelSud.it

di Antonino Anastasi

CROTONE – Mentre il secondo tampone esclude la positività al Coronavirus del 17enne pakistano sbarcato sabato scorso insieme ad altri 60 migranti, si registra un nuovo sbarco, e l’attenzione resta grande.

È giunto infatti a Crotone un altro veliero, anch’esso salpato dalla Turchia, con a bordo 43 migranti, quasi tutti pakistani (c’è anche qualche afghano). La Squadra Mobile ha individuato due presunti scafisti anch’essi lituani.

I tamponi sono stati fatti subito su 5 minori non accompagnati. Nel carico umano anche 7 donne e 7 bambini.

Dopo i primi soccorsi e accertamenti sanitari, sono stati trasferiti nel centro di accoglienza di Sant’Anna per l’assistenza e l’identificazione. Nella struttura verrà applicata la quarantena prevista dalle normative sull’emergenza sanitaria.

https://www.quotidianodelsud.it/calabria/crotone/cronache/2020/06/21/nuovo -sbarco-di-migranti-a-crotone-arrivate-43-persone-quasi-tutte-pakistane-

trasferite-al-centro-di-santanna/

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I vescovi della Calabria: no al caporalato, riconoscere la dignità di chi lavora

Vaticannews di Tiziana Campisi e Adriana Masotti

In una lettera diffusa oggi, i vescovi calabresi condannano il fenomeno del caporalato e auspicano da parte del governo provvedimenti più ampi a tutela dei lavoratori stagionali impiegati nelle campagne. Ribadiscono il dovere del rispetto della dignità di ogni persona e denunciano il controllo sul territorio di organizzazioni criminali che utilizzano metodi mafiosi. Torna, in particolare in prossimità dei mesi estivi, la questione dei tanti lavoratori stagionali, per lo più immigrati, che vengono impiegati nelle campagne, in particolare, per la raccolta di pomodori. E tornano ad emergere le loro difficili condizioni di lavoro, molto spesso sottopagato, in nero e quindi privo di diritti e tutele, la loro drammatica situazione abitativa, in una parola lo sfruttamento a cui molti sono vittime.

La condanna dello sfruttamento nell'agroalimentare

E’ in un contesto simile che la Chiesa in Calabria si pone a fianco di questi lavoratori e si fa portavoce delle loro legittime richieste. “Come vescovi calabresi intendiamo ancora una volta alzare la nostra voce ed esprimere la ferma condanna di tutte le situazioni di sfruttamento nella filiera agroalimentare e soprattutto del fenomeno del caporalato”, scrivono i presuli della Calabria in un appello lanciato oggi in cui sottolineano “la necessità dell’affermazione dei principi della dignità della persona umana e della sacralità del lavoro”, e condannano “ogni forma di sfruttamento come attentato alla dignità dell’uomo, che, in quanto peccato sociale, grida vendetta al Cielo”.

Il caporalato, un male sempre presente

Il fenomeno del caporalato è per i vescovi “un male antico e sempre presente, magari sotto forme diverse nel tempo e spesso ignorato”. I presuli denunciano poi la presenza sul territorio delle organizzazioni criminali che utilizzano metodi mafiosi per assicurarsene il controllo. “La nostra condanna del fenomeno è forte e netta – affermano i presuli –. In diverse circostanze abbiamo definito la mafia l’antivangelo, perché nega la libertà e la verità che ci sono state consegnate dal mistero pasquale della risurrezione di Cristo Gesù”. Per la Conferenza episcopale calabrese

“un’autentica opera di conversione e di liberazione dei territori dalle mafie passa, quindi, pure dal superamento della piaga del caporalato”, un fenomeno "che rappresenta senza dubbio - scrivono i vescovi - una delle vie di adorazione del male", di cui ha parlato Papa Francesco nell’omelia pronunciata a Cassano all’Jonio nel 2014.

Un passo avanti, ma resta ancora molto da fare

Con riferimento ai migranti, i vescovi sottolineano poi il passo positivo compiuto dal

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governo, sotto il profilo della tutela della salute e della lotta all’illegalità, inserendo la questione del lavoro stagionale nel Decreto Rilancio, adottato pochi giorni fa.

Tuttavia per i presuli non si tratta ancora di misure sufficienti, perché sono presenti limitazioni “a determinate categorie, procedure non sempre semplificate e la breve durata dei permessi rendono evidenti la necessità di una svolta ancor più radicale”.

Lo testimonia oggi anche lo sciopero degli invisibili, indetto nei campi della Piana di Gioia Tauro. In conclusione, per i vescovi il cammino è ancora lungo per giungere ad una piena tutela dei diritti di tutti i lavoratori.

https://www.vaticannews.va/it/chiesa/news/2020-05/vescovi-calabria-appello- lavoro-caporalato-immigrati-diritti.html

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Turni massacranti per 1,5 euro l’ora, lavoratori stranieri sfruttati nei campi in Calabria

Fanpage.it di Antonio Palma

In manette cinque imprenditori locali e due stranieri che svolgevano un ruolo di intermediazione. L’inchiesta ha portato alla luce una situazione drammatica in cui i braccianti agricoli stranieri non solo erano sfruttati con paghe da fame per lunghe ore di lavoro nei campi ma erano anche costretti a vivere in situazioni di degrado assoluto.

Costretti a turni di lavoro massacranti non stop che duravano anche 26 ore con pause pranzo in cui erano obbligati a mangiare a terra, il tutto ovviamente in nero e con una paga da fame che prevedeva appena 1,50 euro all’ora. Sono le terribili condizioni in cui erano costretti a lavorare diversi braccianti agricoli stranieri, letteralmente sfruttati da imprenditori agricoli e loro caporali nei campi della Calabria. La scoperta da parte della polizia di stato di Paola, nel Cosentino, che questa mattina ha seguito sette ordinanza di custodia cautelare nei confronti di altrettante persone accusate di sfruttamento di manodopera. Nell’ambito della stessa operazione sequestrata anche un'azienda agricola di Amantea dove sarebbero avvenuti i fatti, in provincia di Cosenza.

L’inchiesta, partita da una denuncia di uno dei lavoratori sfruttati, ha portato alla luce una situazione drammatica in cui i braccianti agricoli stranieri non solo erano sfruttati con paghe da fame per lunghe ore di lavoro nei campi ma erano anche costretti a vivere in situazioni di degrado assoluto. Le vittime, per lo più lavoratori provenienti dal Bangladesh, erano costretti a vivere in dieci in un appartamento di 70 metri quadrati ammassati gli uni sugli altri in condizioni disumane. Le abitazioni erano prive di servizi igienici minimi con bagni rotti e inefficienti.

In manette cinque imprenditori locali e due stranieri che svolgevano un ruolo di intermediazione. Per tuti disposti gli arresti domiciliari. Le accuse sono di sfruttamento del lavoro per i primi e di intermediazione illecita per i secondi che, secondo l’accusa, riscuotevano il denaro per assumere gli altri e rivestivano una posizione di privilegio all'interno dell'azienda.

https://www.fanpage.it/attualita/turni-massacranti-per-15-euro-lora-lavoratori- stranieri-sfruttati-nei-campi-in-calabria/

https://www.fanpage.it/

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Caporalato in Calabria, nuova inchiesta sullo sfruttamento dei migranti nella Sibaritide

GazzettadelSud di Luigi Cristaldi

Gli accertamenti degli inquirenti disposti dopo l’operazione “Demetra” contro il caporalato – le cui indagini risalgono al 2017/2018 – hanno confermato che il consolidato sistema criminoso escogitato dagli indagati è ben lungi dall'essere dismesso.

Non è un caso che siano diverse le operazioni ad essa collegate alle quali lavorando i militari della guardia di finanza del gruppo di Sibari e della tenenza di Montegiordano, i principali reparti che si occupano della lotta al caporalato nella Sibaritide. Da fonti vicine agli investigatori emerge come ci sia anche un fascicolo aperto sulla protesta scoppiata a fine aprile nel piazzale antistante le poste cittadine.

Circa una cinquantina di africani di diverse etnie (ghanesi, nigeriani, gambiani e senegalesi) decisero di dire basta ai soprusi e protestare. Si scagliarono contro i caporali e contro il sistema denunciando tutto ai sindacati e ai carabinieri per far valere le loro ragioni. Con nomi e prove.

Quest'anno le cose sono peggiorate. Dopo l’arrivo del Coronavirus per loro le cose sono cambiate in peggio. I caporali gli hanno imposto nuove regole al ribasso: 25 euro al giorno senza contratto. «Molti di noi – dicono ancora – vivono a casa con questi pakistani, siamo venti in casa. Abbiamo un solo bagno senza le condizioni igieniche minime. Ora non ce la facciamo più ed è tempo di lottare per una giusta causa perché non siamo ladri e non vendiamo droga, siamo qui per lavorare e costruire il futuro delle nostre famiglie».

E mentre in tv l’eco del presidente del Consiglio Giuseppe Conte raccontava – in pieno lockdown – di mantenere il distanziamento sociale per i prossimi giorni, loro ai carabinieri mostrano come siano costretti a viaggiare in dieci in una macchina da sei posti o in una ventina in un furgoncino che di posti ne conterrebbe soltanto la metà.

https://cosenza.gazzettadelsud.it/articoli/cronaca/2020/07/20/caporalato-in- calabria-nuova-inchiesta-sullo-sfruttamento-dei-migranti-nella-sibaritide- aa87d639-3aba-4862-875a-7879bb2159db/

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Caporalato, costretti a lavorare per 1,5 euro all'ora: 7 persone ai domiciliari ad Amantea

Nell'azienda agricola turni fino a 26 ore. I braccianti bengalesi colpiti da lancio di oggetti quanto protestavano o chiedevano di poter fare una pausa

LaRepubblica di Alessia Candito

Erano costretti a lavorare anche per 26 ore di fila senza pause per 1,5 euro l’ora, né riposi se non un rapido pasto da consumare per terra, obbligati a vivere in condizioni disumane e ospitati in alloggi fatiscenti. E per mesi hanno sopportato, fin quando non hanno deciso di denunciare chi li trattava come schiavi. Su richiesta della procura di Paola diretta da Pierpaolo Bruni, all’esito delle indagini dirette dal pm Antonio Lepre, sette persone sono state arrestate per caporalato e messe ai domiciliari ad Amantea, nel tirreno cosentino. Fra loro ci sono cinque noti imprenditori della zona Gennaro, Francesco, Rocco, Saverio e Roberto Suriano, titolari dell’azienda agricola "La Carota"

finita sotto sequestro e due caporali stranieri che lavoravano per loro, Anouar Hossain Mizan e Das Kakon.

Imprenditori noti, facce conosciute nella cosiddetta "buona società" della zona, che forti del proprio denaro e del proprio potere si sentivano in diritto di usare i lavoratori come cose. Ma a quel regime degradante, "irrispettoso della dignità umana" dice chi ha indagato, i braccianti si sono ribellati e si sono rivolti al commissariato di Paola, diretto dal vicequestore Giuseppe Zanfini. E agli investigatori hanno fornito una descrizione dettagliata del quotidiano inferno che erano costretti a subire.

"Un giorno, mentre scaricavo il camion ai mercati di Cosenza sono accidentalmente caduto facendomi male – ha messo a verbale una delle vittime - Invece di essere aiutato sono stato sgridato Roberto Suriano che brandendo un bastone mi è venuto contro minacciandomi di colpirmi. Dolorante mi sono dovuto rialzare e mettere al loro posto tutti i pomodori che mi erano caduti". Un’altra invece ha raccontato di

"essere stato sempre trattato come un animale, con insulti e cattive parole dirette contro la mia persona. Un giorno Franco Suriano dopo avermi sgridato per una stupidaggine mi ha pure lanciato addosso una cassetta facendomi male. Visto le minacce subite ho molta paura di eventuali rappresaglie nei mei confronti". I lavoratori, tutti originari del Bangladesh e richiedenti asilo, erano obbligati a turni massacranti con minacce e insulti, per una paga misera e ben lontana da quanto previsto dal contratto agricolo. Sulla carta era tutto regolare, ma in realtà erano costretti a lavorare molto di più di quanto previsto dal part-time che gli imprenditori li avevano obbligati a sottoscrivere. Il classico schema del lavoro grigio, estremamente diffuso in agricoltura e che oggi ha reso impossibile ai più accedere alla regolarizzazione prevista nel Decreto Rilancio.

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"Ho lavoravo come tutti i miei connazionali dalle ore 07.30 fino alle ore 13.00, quindi facevo due ore di pausa fino alle 14.30, continuavo a lavorare fino a tarda serata caricando vari mezzi e non terminavo prima delle ore 22.00 – 24.00 – spiega uno dei lavoratori - Nei giorni di Martedì, Giovedì e Domenica oltre le ore 24.00. Sono andato in tutto a Cosenza cinque volte rientrando sempre alle ore 12.00 del giorno successivo, ricevendo una paga di 30 euro". Giornate di 26 ore per una paga da fame, che erano costretti ad accettare. Soprattutto quando diventavano irregolari.

I Suriano non facevano nulla per far avere loro documenti, anzi, ben consapevoli delle difficoltà dei lavoratori e della loro ricattabilità ne approfittavano. Lo sa bene una delle vittime, che non appena ha visto scadere il proprio permesso da richiedente asilo è stato costretto a lavorare anche oltre i limiti dell’umana resistenza". Da quel momento - ha messo a verbale - la mia condizione si è molto modificata e sono iniziati i maltrattamenti e lo sfruttamento da parte di tutti i Suriano che profittando del fatto che potevo lavorare per nessun altra azienda hanno iniziato ad incalzarmi facendomi lavorare con orari e turni massacranti. Sono pertanto iniziati i miei viaggi notturni verso il mercato ortofrutticolo di Cosenza, viaggi che diversamente non effettuavo quando la mia posizione di straniero era regolare".

Quando i lavoratori protestavano o invocavano una pausa, venivano bersagliati con oggetti per costringerli a continuare a stare a schiena curva e lavorare. Oppure costretti con l’inganno a dimissioni volontarie. "Il mio connazionale era fisicamente molto debole e non si sentiva. Malgrado ciò il Roberto Suriano non solo non gli ha permesso di mangiare qualcosa ma gli ha pure detto che se non andava a Cosenza l’avrebbe licenziato. La stessa domanda è stata fatta a me e alla mia risposta negativa sono stato trattato in malo modo. Un paio di giorni dopo mi hanno chiamato in Ufficio e ingannandoci con il fatto che dovevamo firmare la busta paga ci hanno fatto firmare le dimissioni volontarie".

Per gli imprenditori, commenta un investigatore, quei lavoratori non erano che strumenti, macchine agricole da spremere fino ad esaurimento del carburante. Solo dopo potevano andare a recuperare le forze, ma per loro c’erano a disposizione solo alloggi fatiscenti con bagni malfunzionanti, senza riscaldamenti e in locali con 7 posti letto in meno di 70 metri quadrati. Ovviamente di proprietà di una parente dei Suriano e che pagavano a caro prezzo.

Condizioni degradanti, lesive della dignità umana, si legge nelle carte. Anche per mangiare i lavoratori bengalesi dovevano accasciarsi per terra, perché solo gli italiani avevano diritto ad un tavolo. Tutte circostanze che gli agenti del commissariato di Paola, coordinati dalla procura, hanno verificato in tempi record. In pochi mesi, sono stati acquisiti gli elementi necessari a chiedere l’arresto degli imprenditori e dei loro caporali.

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18 Per il pm Lepre, l’unica misura adeguata sarebbe stata il carcere perché quanto

emerso nel corso dell’indagine a carico dei Suriano è indice "di una radicata personalità criminale e di assoluta indifferenza al rispetto di ogni regola giuridica, la cui violazione è stata scientificamente programmata al fine di poter conseguire il massimo dei profitti economici dall’attività aziendale". Per di più, sottolinea il pm "gli indagati hanno dimostrato un’inusuale pervicacia e spregiudicatezza criminale che viene evidenziata ancora di più in un momento storico delicato in cui vi è reale pericolo per la salute delle persone. Infatti nonostante le dovute restrizioni per limitare la diffusione del virus (Sars-Cov2-19), in spregio ad ogni più elementare rispetto della dignità umana e valore della persona in quanto tale, sfruttano i lavoratori non fornendo loro neppure le basilari misure di protezione (mascherine o altro)". Il giudice per le indagini preliminari ha optato invece per i domiciliari, ma come richiesto dalla procura l’azienda è finita sotto sigilli.

Non è la prima volta che in Calabria arrivano arresti e sequestri per caporalato. Due settimane fa sessanta persone, fra cui i titolari di 14 aziende agricole fra il cosentino e il materano, sono finite in carcere o ai domiciliari per il sistematico sfruttamento dei lavoratori.

"Ancora una volta si dimostra l'efficacia della legge contro il caporalato. Continuiamo a lavorare per rafforzarla ulteriormente nella parte della prevenzione e restituiamo a questi uomini una vita e un lavoro dignitosi, togliendoli dall'invisibilità", ha dichiarato la ministra per le Politiche agricole, Teresa Bellanova commentando l'operazione.

https://www.repubblica.it/cronaca/2020/06/23/news/caporalato_costretti_a_la vorare_per_1_5_euro_all_ora_7_persone_ai_domiciliari_a_paola-259956440/

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Braccianti sfruttati, l’Usb: “Contro il caporalato garantire i permessi di soggiorno a tutti”

IlDispaccio

"È notizia di oggi l'individuazione e lo smantellamento di una vasta rete di sfruttamento tra Calabria e Basilicata, grazie alle indagini della Guardia di Finanza.

Circa 200 braccianti sono stati lesi nei diritti fondamentali e nella loro dignità: sfruttati per 10 euro al giorno, costretti a vivere in condizioni indegne e insalubri e a dormire a terra, considerati alla stregua di oggetti da caporali e aziende, vittime di violenze fisiche oltre che sottopagati. Non è un caso se nelle intercettazioni questi lavoratori vengono definiti 'scimmie' da caporali e padroncini. Sessanta dei quali sono stati arrestati o sono destinatari di misure cautelari, con l'accusa di associazione per delinquere finalizzata all'intermediazione illecita e sfruttamento del lavoro ed al favoreggiamento dell'immigrazione clandestina.

PUBBLICITÀ

USB si rallegra del successo dell'operazione investigativa, che ha permesso di smantellare un'organizzazione dedita allo sfruttamento di esseri umani. Ribadiamo ancora una volta che fino a quando le politiche migratorie e del lavoro in Italia non assicureranno diritti certi per questi lavoratori, il caporalato persisterà, approfittando della condizione di necessità e di estrema precarietà che alcune categorie in particolare sono costrette a fronteggiare.

I matrimoni finti, al centro dell'operazione 'Demetra', erano funzionali all'ottenimento di permessi di soggiorno per i nuovi schiavi reclutati dalle aziende, 14 delle quali sequestrate tra la provincia di Matera (12) e quella di Cosenza (2), per un valore di oltre 8 milioni di euro.

Le responsabilità delle aziende nella piaga dello sfruttamento devono essere oggetto di maggiore attenzione da parte delle istituzioni, dato che spesso ci si concentra sul caporalato senza considerare che queste figure – i caporali – altro non sono che catene di mediazione tra la domanda e l'offerta. Inoltre la filiera agro-alimentare, subordinata ai diktat della Grande Distribuzione Organizzata, gioca un ruolo determinante nel generare occasioni di sfruttamento, dato che genera decine di milioni di euro ogni anno, ma massimizza i profitti nel risparmiare sui salari ai lavoratori, oltre che sulla riduzione dei compensi ai produttori locali.

Più in generale, è l'assenza di diritti a porre migliaia di lavoratori stranieri nel mirino di caporali e sfruttatori. Fino a quando il permesso di soggiorno – la patente per un soggiorno regolare in Italia – sarà di arduo ottenimento, nonché vincolato alla 'magnanimità' del datore di lavoro, così come strutturato nel processo di

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20 regolarizzazione posto in essere dal governo, i casi di sfruttamento non diminuiranno,

e il potere di vita e di morte sui migranti sarà sempre nelle mani di organizzazioni criminali pronte a fare affari con pezzi dell'agroindustria.

Ancora una volta, chiediamo con forza diritti e dignità per tutte e tutti". Lo scrive in una nota il coordinamento lavoro agricolo Unione Sindacale di Base.

https://ildispaccio.it/calabria/246693-braccianti-sfruttati-l-usb-contro-il-caporalato- garantire-i-permessi-di-soggiorno-a-tutti

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Lavoro, la Cgil striglia le categorie agricole del Cosentino: «Lotta al caporalato è priorità»

LaCnews24 di Redazione

Il segretario Sposato critica l'assenza delle sigle di comparto dal tavolo istituzionale convocato dalla Prefettura. «Segnale inquietante, servono protocolli di legalità»

«Una delle priorità in Calabria è la lotta al caporalato, al lavoro povero, sfruttato.

Sono molte le aziende che in agricoltura, in edilizia, nel commercio, nel turismo e nei servizi che pagano i lavoratori in nero, grigio, con buste paga formali e la metà dei soldi reali. Lavoro sottopagato, che non consente ai giovani di crearsi una prospettiva di vita».

Lo afferma, in una dichiarazione, il segretario generale della Cgil Calabria, Angelo Sposato.

«In agricoltura, le ultime operazioni giudiziarie – aggiunge Sposato – hanno consegnato uno spaccato che denunciamo quotidianamente come Cgil a tutti i livelli. Le inchieste ci dicono che, oltre allo sfruttamento del lavoro, c'è una sistematica alienazione dei diritti umani, un esproprio dell'identità, una riduzione in schiavitù. Per queste ragioni occorre un inasprimento delle pene contro gli sfruttatori e i caporali».

«L'assenza delle categorie agricole al tavolo istituzionale convocato ieri dalla Prefettura di Cosenza - dice ancora il segretario generale della Cgil Calabria – è un segnale inquietante che va stigmatizzato e segnalato alle federazioni nazionali. Se ci sono sfruttati, ci sono sfruttatori e l'assenza di ieri non è un bel segnale. Vanno sottoscritti i protocolli di legalità in edilizia e in agricoltura e istituita la rete del lavoro agricolo di qualità incidendo sul trasporto e collocamento pubblico, sulle politiche abitative. Serve il rispetto dei contratti nazionali di lavoro. La lotta al caporalato è lotta alla 'ndrangheta, che controlla tutta la filiera agricola. Per queste ragioni è necessaria la responsabilità sociale della grande e media distribuzione».

«La Cgil, la Flai, la Fillea, tutte le altre federazioni di categoria e le Camere del Lavoro – conclude Sposato – in questa battaglia ci sono quotidianamente».

HTTPS://WWW.LACNEWS24.IT/CRONACA/LAVORO-CGIL-STRIGLIA-CATEGORIE-AGRICOLE-

COSENTINO-LOTTA-CAPORALATO-PRIORITA_121137/

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Nuovo sbarco in Calabria, arrivati 115 migranti: tutti posti in quarantena, presenti 21 minori

Migranti in Calabria: grosso sbarco in queste ore a Crotone. Arrivati in 115, tra cui 26 donne e 21 minori. Tutti sono stati posti in quarantena

Strettoweb

Centoquindici migranti – tra i quali 68 uomini, 26 donne e 21 minori – sono sbarcati nella notte nel porto di Crotone. Si tratta di persone di nazionalità afgana, iraniana, siriana e somala che erano a bordo di un’imbarcazione intercettata dalla Guardia costiera al largo delle coste di Soverato. L’imbarcazione, secondo le prime informazioni, sarebbe partito dal porto di Antalaya in Turchia. Ad accogliere il gruppo sulla banchina del porto di Crotone c’era il dispositivo coordinato dalla Prefettura. I sanitari del Suem 118 che hanno effettuato un primo screening non hanno rilevato alcun problema sanitario. La Croce rossa di Crotone ha successivamente provveduto al trasferimento delle 115 persone, tra cui diversi gruppi familiari, nel Centro di accoglienza di Isola Capo Rizzuto dove i migranti sono stati posti in isolamento come prevedono le procedure anti-Covid per la quarantena.

HTTP://WWW.STRETTOWEB.COM/2020/08/MIGRANTI-CALABRIA-SBARCO-CROTONE-SOVERATO-

COVID-QUARANTENA/1048576/

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Amantea, l'esercito controllerà gli immigrati positivi

La Repubblica di Alessia Candito

LO SBARCO DI 13 BENGALESI CON IL CORONAVIRUS AVEVA PROVOCATO SCONTRI E BLOCCHI STRADALI NELLA CITTADINA CALABRESE.I SOLDATI PRESIDIERANNO LA STRUTTURA IN CUI GLI STRANIERI SONO OSPITATI.NESSUNO ENTRA E NESSUNO ESCE.MA I CITTADINI LOCALI CONTINUANO A PROTESTARE.

Dal capoluogo bruzio, dove sono impiegate nell'ambito dell'operazione "Strade sicure" - si è deciso nel corso di una riunione estesa anche alle forze armate e al dipartimento di prevenzione dell'azienda sanitaria - le pattuglie sono state dirottate nel piccolo centro della tirrenica e schierate attorno allo stabile. Se per difendere i migranti dalle proteste o evitare che qualcuno si allontani, nessuno lo ha detto. Di certo, le regole sono chiare. Nessuno entra e nessuno esce. Solo medici, infermieri e personale autorizzato a portare cibo e beni di prima necessità sarà autorizzato ad entrare nella struttura.

La prima notte è scivolata via senza incidenti. Dopo lo scioglimento del presidio spontaneo che per l'intera giornata di ieri ha bloccato la statale, non ci sono state ulteriori proteste. Oggi, lunedì, in mattinata però potrebbero tornare le tensioni. A breve dovrebbe iniziare un nuovo sit-in di fronte al Comune, retto da commissari prefettizi dopo lo scioglimento per mafia dell'amministrazione. A nulla è servito l'incontro, avvenuto nel tardo pomeriggio di ieri, fra una delegazione di cittadini e le autorità.

Quei migranti - si sono intestarditi i manifestanti - devono andare via. "Non si tratta di una protesta contro i migranti. Amantea è stata ed è ad oggi una terra di accoglienza che vive di turismo soprattutto nel periodo estivo" sostengono. C'è - sostengono - paura di possibili contagi e possibili ricadute sull'economia turistica della zona. "Sono già arrivate le prime disdette" lamentavano ieri in piazza. Eppure, a differenza di villeggianti e fuori sede di ritorno, per i quali è stato sospeso l'obbligo di tampone, i migranti sono stati testati, vengono monitorati regolarmente e non possono avere alcun contatto con l'esterno.

Amantea non è l'unico paese in cui siano stati trasferiti i migranti soccorsi nel Mediterraneo e accompagnati a Roccella Jonica. Lì sono rimasti i minori non accompagnati, 20 di cui 5 positivi, ma è stato il sindaco Vittorio Zito a spegnere sul nascere ogni polemica. "Se è un dovere organizzare l'accoglienza dei minori non

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24 fuga dalla propria casa, il dolore per quello che hanno visto e la paura per il futuro, lo

fai al meglio e basta" ha scritto su Facebook. La tutela della salute dei cittadini di Roccella è una priorità - ha spiegato - ma è possibile gestire in sicurezza la situazione senza "generare alcun pericolo per i cittadini e i turisti. Ma facendo attenzione a non abbandonare nemmeno per un istante la preoccupazione di garantire il pieno rispetto della dignità di questi esseri così fragili". E aggiunge "Sappiamo che dobbiamo farlo, perché è nostro dovere di uomini farlo". Anche a Bova Marina, dove è stato trasferito un altro gruppo di naufraghi, è bastata la convocazione di un consiglio comunale straordinario previsto per stasera per tranquillizzare i cittadini.

Di tutt'altro segno le iniziative del governo regionale della forzista Jole Santelli, che ieri ha scritto al premier Giuseppe Conte una missiva che ha i toni di un aut-aut. Senza l'invio di "navi lazzaretto" da ormeggiare di fronte alle coste come la Moby Zazà - minaccia Santelli - "non esiterò a vietare gli sbarchi". E anche il leader della Lega, Matteo Salvini soffia sul fuoco. "Porti spalancati, immigrati positivi al virus ma italiani sotto controllo e minacciati di restare in "stato di emergenza" fino a Capodanno"

afferma, per poi concludere "Ci sono decine di nuovi casi di immigrati positivi al virus, questo governo mette in pericolo l'Italia".

HTTPS://WWW.REPUBBLICA.IT/CRONACA/2020/07/13/NEWS/AMANTEA_L_ESERCITO_CONTROL LERA_GLI_IMMIGRATI_POSITIVI-261793567/

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Reggio Calabria, positivi al Coronavirus 7 immigrati sbarcati a Roccella Jonica Reggio Calabria: sette migranti, tra cui un minore, dei 70 sbarcati stamattina a Roccella Jonica, sono risultati positivi al coronavirus

Strettoweb di Danilo Loria

Sono 7 i migranti, tra cui un minore, dei 70 sbarcati a Roccella Jonica, cittadina dell’Area Metropolitana di Reggio Calabria, risultati positivi al coronavirus. Gli immigrati, appena giunti nella locride, erano stati sottoposti a tampone da parte del personale medico specializzato dell’Azienda sanitaria reggina. I sette risultati positivi al Covid 19, oltre ad essere stati separati dagli altri migranti, saranno trasferiti entro due giorni al massimo, nell’ospedale Celio di Roma

http://www.strettoweb.com/2020/08/roccella-coronavirus-migranti- positivi-reggio-calabria/1051845/

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Migranti, in Calabria arrivati 28 positivi al Covid. Santelli a Conte:

“Pronta a bloccare sbarchi”

Dopo lo sbarco di 28 migranti a Roccella Jonica, risultati positivi al Covid, la presidente della Regione Calabria, Jole Santelli, chiede al presidente del Consiglio, Giuseppe Conte, di predisporre una nave quarantena per le persone in arrivo via mare, altrimenti si dice pronta a bloccare gli sbarchi. Proteste ad Amantea per l’arrivo di alcune delle persone sbarcate nelle scorse ore.

Fanpage

di Stefano Rizzuti

Dopo lo sbarco di 70 migranti provenienti dal Pakistan, soccorsi al largo di Caulonia e arrivati a Roccella Jonica, 28 di loro sono risultati positivi al Coronavirus. Tra di loro anche cinque minorenni. Dopo la comunicazione della notizia si è subito aperta la polemica, con la presidente della Regione Calabria, Jole Santelli, che rivolge un appello al presidente del Consiglio, Giuseppe Conte, sostenendo che devono essere messe a disposizione dei migranti delle navi quarantena, altrimenti vieterà gli sbarchi.

Per Santelli “l’unica soluzione in grado di evitare pericoli per la salute della popolazione calabrese non può che essere quella di procedere alla requisizione di unità navali, da dislocare davanti alle coste delle regioni italiane maggiormente interessate dagli sbarchi, a bordo delle quali potranno essere svolti i controlli sanitari sugli immigrati e potrà essere assicurata, in caso di positività, l'effettuazione del periodo di quarantena obbligatoria”.

L'appello di Santelli a Conte

La presidente della Regione Calabria si attende una risposta del governo

“rapidissima”. E avverte: “In caso contrario non esiterò ad agire, esercitando i miei poteri di ordinanza per emergenza sanitaria, vietando gli sbarchi in Calabria. Voglio evitare un braccio di ferro con il governo, ma ho l'obbligo di difendere i calabresi e chi ha scelto di passare in Calabria le proprie vacanze”. Ben diversa, invece, la reazione del sindaco di Roccella Jonica (provincia di Reggio Calabria), Vittorio Zito, secondo cui la situazione è stata gestita al meglio e accogliere questo persone è un

“dovere”.

Sindaco di Roccella Jonica: accogliere migranti è dovere

Zito spiega su Facebook: “Roccella ospita 20 migranti, minori non accompagnati,

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sbarcati la scorsa notte. Lo fa perché è un suo preciso dovere dettato dalla legge. Ma lo fa anche perché crede che quando si è chiamati a svolgere il proprio dovere lo si deve fare fino in fondo. E se è tuo dovere organizzare l'accoglienza dei minori non accompagnati – ragazzini di 13, 14 o 15 anni che hanno negli occhi la tristezza della fuga dalla propria casa, il dolore per quello che hanno visto e la paura per il futuro – lo fai al meglio e basta”.

Migranti, le proteste ad Amantea

Ma la situazione è complessa anche ad Amantea, dove i cittadini sono scesi in strada per protestare contro l’arrivo di una parte di questi migranti, chiusi dentro un centro del comune. In totale 48 adulti, di giovane età, sono stati trasferiti tra Bova e Amantea, in due strutture attrezzate sia per gli accertamenti che per la quarantena.

Ad Amantea, come detto, alcuni cittadini hanno protestano sdraiandosi a terra e chiedendo il trasferimento dei migranti in un altro centro. Anche se al momento sono isolati all’interno della struttura. Altri venti persone, tutte minori, invece, sono ospitati a Roccella Jonica all’interno di una struttura individuata dal Comune e presidiata dalle forze dell’ordine.

https://www.fanpage.it/politica/migranti-in-calabria-arrivati-28-positivi-al-covid- santelli-a-conte-pronta-a-bloccare-sbarchi/

https://www.fanpage.it/

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Migranti, protesta in Calabria per l’arrivo di positivi al Covid. Santelli:

«Requisire navi, Conte intervenga o vieto sbarchi»

IlSole24Ore

La statale SS18 è stata bloccata ad Amantea (Cosenza) a causa di una protesta legata all’arrivo di alcuni migranti positivi al Covid 19, sbarcati a Roccella Jonica. L’iniziativa è stata promossa contro la decisione di collocare in una struttura Cas (Centro di accoglienza straordinaria) 24 migranti del Bangladesh (non del Pakistan, come si era appreso in precedenza), di cui 13 risultati positivi al Covid-19, trasferiti ieri sera da Roccella Jonica (Reggio Calabria). Una protesta che è stata attuata con due blocchi stradali in due punti differenti sulla statale 18, l’arteria che collega sul Tirreno la Calabria con la Lucania e la Campania.

Alcuni manifestanti si sono sdraiati a terra chiedendo sicurezza e il trasferimento immediato dei migranti in un centro più idoneo. La task force dell’Asp di Cosenza ha avviato i protocolli e sta gestendo in loco il focolaio dei migranti. La governatrice Jole Santelli ha scritto a Conte: «La requisire navi per i controlli, altrimenti non esiterò ad agire, vietando gli sbarchi in Calabria».

Santelli: situazione esplosiva, il Governo intervenga

«I 28 migranti positivi al Covid-19 arrivati ieri a Roccella Jonica ha affermato Santelli - confermano gli enormi rischi connessi agli sbarchi di persone che arrivano da Paesi in cui l’epidemia è ancora fuori controllo. Siamo stati facili profeti quando abbiamo avvertito il governo circa i pericoli relativi a un’immigrazione fuori controllo.

Purtroppo, però, non abbiamo avuto ascolto e ora ci troviamo tutti a dover far fronte alle conseguenze di queste non scelte». «Lo Stato, il Governo - ha aggiunto -devono essere presenti e affrontare una situazione che, da qui in avanti, potrebbe diventare ancora più esplosiva». Per la presidente della Regione l’unica soluzione è «la requisizione di unità navali, da dislocare davanti alle coste delle regioni italiane maggiormente interessate, a bordo delle quali potranno essere svolti i controlli sanitari sugli immigrati e in caso di positività la quarantena obbligatoria». Santelli ha scritto al premier Giuseppe Conte che senza una risposta rapida «non esiterò ad agire, vietando gli sbarchi in Calabria».

https://www.ilsole24ore.com/art/migranti-protesta-calabria-l-arrivo-positivi- covid-santelli-requisire-navi-conte-intervenga-o-vieto-sbarchi-

ADsMeyd?refresh_ce=1

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Nuovo sbarco di migranti a Crotone, tra loro donne e bambini non accompagnati

IlQuotidianodelSud

CROTONE – Sono 61 i migranti sbarcati oggi al porto di Crotone. Si tratta di 49 uomini, due donne e 10 minori, di cui cinque non accompagnati.

Il gruppo era a bordo di una imbarcazione intercettata, al largo delle coste calabresi, dalla motovedetta Cp321 della Guardia costiera sulla quale sono stati trasbordati e condotti al porto di Crotone.

Le operazioni di sbarco, coordinate dalla Prefettura di Crotone, si sono svolte sotto il controllo delle forze dell’ordine con l’ausilio del Suem 118, della Croce Rossa Italiana e dell’Usfam.

Le persone soccorse, provenienti in gran parte da Iran, Turchia, Egitto con presenze anche di siriani, yemeniti, afgani, pakistani e palestinesi, sono tutte in buone condizioni di salute e sono state trasferite al Centro di accoglienza di Isola Capo Rizzuto dove saranno sottoposte a tampone e poste in quarantena come prevede il protocollo anti-covid.

https://www.quotidianodelsud.it/calabria/crotone/cronache/2020/08/26/nuovo -sbarco-di-migranti-a-crotone-tra-loro-donne-e-bambini-non-accompagnati/

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30 LA SANATORIA - Migranti, conclusa la regolarizzazione: 207mila domande. Netta

prevalenza (85%) di colf e badanti.

La procedura di regolarizzazione dei rapporti di lavoro è stata avviata lo scorso 1 giugno per tre settori: agricoltura, lavoro domestico e assistenza alla persona.

IlSole24Ore

Si è conclusa la procedura di regolarizzazione dei rapporti di lavoro avviata lo scorso 1 giugno per agricoltura, lavoro domestico e assistenza alla persona: 207.542 le domande ricevute dal portale del ministero dell'Interno, in prevalenza da colf e badanti (85%); il resto ha riguardato il lavoro subordinato. La Lombardia è la regione da cui sono state inviate il maggior numero di richieste per il settore del lavoro domestico e di assistenza alla persona (47.357) mentre al primo posto per il lavoro subordinato si trova la Campania (6.962). Si tratta di un numero di domande di regolarizzazione non distante da quelle previste nella relazione tecnica del decreto rilancio, che ipotizzava 220 mila: 176 mila presentate dal datore di lavoro per favorire l'emersione del lavoro nero e 44 mila quelle attivate da cittadini stranieri con permesso di soggiorno scaduto.

Il doppio binario della sanatoria

La sanatoria, scattata il 1° giugno e conclusa il 15 agosto (con una deroga di un mese rispetto alla data iniziale) ha previsto un doppio binario: da un lato la possibilità per il datore di lavoro di sottoscrivere un nuovo rapporto di lavoro subordinato con un cittadino straniero o di dichiararne uno irregolarmente instaurato. In entrambi i casi i cittadini stranieri devono essere presenti sul territorio nazionale prima dell'8 marzo 2020. Dall'altro lato è prevista per gli stranieri con permesso di soggiorno scaduto dal 31 ottobre 2019 la possibilità di chiedere un permesso di soggiorno della durata di sei mesi convertibile in permesso di lavoro in caso di assunzione. Il primo procedimento si incardina presso lo sportello unico dell'immigrazione. Il secondo si svolge presso le Questure.

I costi - Capitoli costi: 500 euro a carico del datore di lavoro per ogni lavoratore regolarizzato, «a copertura degli oneri connessi alla procedura di emersione». E 130 euro a carico del lavoratore straniero con permesso scaduto. Solo nel caso di dichiarazione di sussistenza di un rapporto di lavoro irregolare al contributo forfettario di 500 euro da pagarsi prima della presentazione della domanda, deve aggiungersi il pagamento delle somme dovute dal datore di lavoro a titolo retributivo, contributivo e fiscale, il cui importo verrà fissato da un decreto del Ministero del Lavoro e delle Politiche sociali.

https://www.ilsole24ore.com/art/migranti-conclusa-regolarizzazione-207mila- domande-netta-prevalenza-85percento-colf-e-badanti-ADTZKqj

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