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Ditta individuale piena di debiti, cosa fare?

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Ditta individuale piena di debiti, cosa fare?

10 Marzo 2021 | Autore: Salvatore Cirilla

È possibile ripulire la propria posizione debitoria a seguito di una crisi imprenditoriale? Esistono degli strumenti ideati a tal fine?

La situazione economica del Paese era già complicata di suo; la situazione

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emergenziale provocata da questa pandemia non ha fatto altro che aggravare la situazione di piccoli e grandi imprenditori. Tuttavia, se da un lato le società di capitali hanno la possibilità di chiudere l’attività e, magari fallire, con buona pace dei creditori, il titolare di una ditta individuale resta vincolato con le proprie tasche ai beni maturati durante l’attività imprenditoriale. Infatti, i creditori, a differenza di quanto accade nelle società a responsabilità limitata, potranno agire direttamente nei confronti della ditta individuale, aggredendo i beni personali del titolare, siano essi beni immobili, che beni mobili.

Per evitare che una tale situazione spingesse i piccoli imprenditori a vivere per sempre perseguiti dai propri creditori o, comunque, a compiere dei gesti estremi, il legislatore ha ideato un piano finalizzato a riabilitare tali soggetti. In questo articolo, scopriremo cosa succede nel caso di ditta individuale piena debiti, cosa fare? Scoprirai, dunque, come funziona il procedimento ideato dal legislatore e quali sono i presupposti per usufruire di tale agevolazione.

Situazione debitoria compromessa: cosa fare?

La situazione di perdurante squilibrio tra le obbligazioni assunte e il patrimonio prontamente liquidabile per farvi fronte, che determina la rilevante difficoltà di adempiere le proprie obbligazioni, ovvero la definitiva incapacità di adempierle regolarmente è definita dal legislatore con il termine sovraindebitamento.

Tale squilibrio può concretizzarsi in una rilevante difficoltà ad adempiere e, cioè, in quella situazione di definitiva incapacità ad adempiere regolarmente, ovvero in quello stato di insolvenza che legittima il fallimento delle imprese ad esso soggette.

Per tali motivi, il legislatore ha previsto due procedure in favore dell’imprenditore, o del professionista, finalizzate ad eliminare i debiti accumulati nel tempo. La normativa nasce per dar rimedio anche al quadro reale delle famiglie sovraindebitate [1].

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La composizione della crisi

Questa procedura è diretta a risolvere le situazioni di sovraindebitamento che hanno coinvolto tutti i soggetti non fallibili, sia per i debiti legati all’attività professionale, o di impresa, sia per i debiti ad essa estranei. Grazie a questa procedura, è consentito al debitore concludere un accordo con i creditori per cancellare i propri debiti, dietro il pagamento di una parte del credito.

Tale strumento permette al debitore in stato di sovraindebitamento di proporre ai creditori, con l’ausilio di un organismo, un accordo di ristrutturazione dei debiti e di soddisfazione dei crediti sulla base di un piano che, assicurato il regolare pagamento dei titolari di crediti impignorabili:

preveda scadenze e modalità di pagamento dei creditori, anche se suddivisi in classi;

indichi le eventuali garanzie rilasciate per l’adempimento dei debiti e le modalità per l’eventuale liquidazione dei beni.

La proposta di accordo prevede la ristrutturazione dei debiti e la soddisfazione dei crediti attraverso qualsiasi forma, anche mediante cessione dei crediti futuri.

I requisiti

La proposta non è ammissibile quando il debitore:

è soggetto a procedure concorsuali;

ha già fatto ricorso allo strumento nei precedenti cinque anni;

ha subito, per cause a lui imputabili, la revoca dell’accordo;

ha fornito documentazione che non consente di ricostruire compiutamente la sua situazione economica e patrimoniale.

In tema di sovraindebitamento, il decreto di inammissibilità preclude la riproposizione della domanda nel limite del quinquennio a condizione che sia stato emesso dopo l’apertura della procedura e che il debitore abbia fruito degli effetti pieni dell’istituto.

Secondo la giurisprudenza, ai fini dell’ammissione alla procedura di composizione della crisi da sovraindebitamento, l’offerta del debitore nullatenente e privo

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di entrate lavorative che abbia ad oggetto un importo pari ad un quarto del debito deve ritenersi congrua sia alla luce della particolarità del caso di specie, sia perché l’Erario non avrebbe altre possibilità di recupero coattivo del credito [2].

La procedura iniziale

La proposta di accordo è depositata presso il tribunale del luogo di residenza o sede principale del debitore; nel mentre, la proposta deve essere presentata, a cura dell’organismo di composizione della crisi, all’agente della riscossione e agli uffici fiscali.

Unitamente alla proposta, vengono depositati l’elenco:

di tutti i creditori, con l’indicazione delle somme dovute;

di tutti i beni del debitore e degli eventuali atti di disposizione compiuti negli ultimi cinque anni, corredati delle dichiarazioni dei redditi degli ultimi tre anni e dell’attestazione sulla fattibilità del piano;

l’elenco delle spese correnti necessarie al sostentamento suo e della sua famiglia, previa indicazione della composizione del nucleo familiare corredata del certificato dello stato di famiglia;

le scritture contabili degli ultimi tre esercizi, unitamente a dichiarazione che ne attesta la conformità all’originale.

La procedura davanti al giudice

Una volta presentata l’istanza, si avvia la procedura giudiziaria. Il giudice, fissa con decreto l’udienza, disponendo la comunicazione ai creditori presso la residenza o la sede legale. Tra il giorno del deposito della documentazione e l’udienza non devono decorrere più di sessanta giorni.

Con il decreto, il giudice:

rende pubblica la proposta e il decreto nel registro delle imprese;

ordina, ove il piano preveda la cessione o l’affidamento a terzi di beni immobili o di beni mobili registrati, la trascrizione del decreto, a cura dell’organismo di composizione della crisi, presso gli uffici competenti;

dispone che, sino al momento in cui il provvedimento di omologazione diventa definitivo, non possono, sotto pena di nullità, essere iniziate o proseguite azioni esecutive;

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dispone che la sospensione non opera nei confronti dei titolari di crediti impignorabili.

All’udienza, i creditori fanno pervenire dichiarazione sottoscritta del proprio consenso alla proposta, come eventualmente modificata almeno dieci giorni prima dell’udienza. La mancata dichiarazione sarà considerata come una dichiarazione d’assenso.

Se il giudice accerta la presenza di iniziative o di atti in frode ai creditori, può disporre la revoca del decreto, ordinando la cancellazione della trascrizione dello stesso, nonché la cessazione di ogni altra forma di pubblicità disposta.

Omologazione dell’accordo

Affinché si possa raggiungere l’omologazione, sarà necessario che l’accordo sia raggiunto con i creditori rappresentanti almeno il sessanta per cento dei crediti.

L’omologazione deve intervenire nel termine di sei mesi dalla presentazione della proposta.

I creditori muniti di privilegio, pegno o ipoteca dei quali la proposta prevede l’integrale pagamento non sono computati ai fini del raggiungimento della maggioranza e non hanno diritto di esprimersi sulla proposta, salvo che non rinuncino in tutto o in parte al diritto di prelazione.

L’accordo cessa, di diritto, di produrre effetti se il debitore non esegue integralmente, entro novanta giorni dalle scadenze previste, i pagamenti dovuti secondo il piano alle amministrazioni pubbliche e agli enti gestori di forme di previdenza e assistenza obbligatorie. L’accordo è altresì revocato se risultano compiuti durante la procedura atti diretti a frodare le ragioni dei creditori.

Se l’accordo è raggiunto, l’organismo di composizione della crisi trasmette a tutti i creditori una relazione sui consensi espressi e sul raggiungimento della percentuale. Nei dieci giorni successivi al ricevimento della relazione, i creditori possono sollevare contestazioni; in tal caso, l’organismo di composizione della crisi trasmette al giudice la relazione, allegando le contestazioni ricevute, nonché un’attestazione definitiva sulla fattibilità del piano.

Quando uno dei creditori che non ha aderito, o che risulta escluso, o qualunque

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altro interessato contesta la convenienza dell’accordo, il giudice lo omologa se ritiene che il credito può essere soddisfatto dall’esecuzione dello stesso in misura non inferiore all’alternativa liquidatoria.

L’accordo omologato è obbligatorio per tutti i creditori anteriori al momento in cui è stata eseguita la pubblicità. Il reclamo, anche avverso il provvedimento di diniego, si propone al tribunale e del collegio non può far parte il giudice che ha pronunciato il provvedimento.

La liquidazione dei beni

L’altra procedura prevista dal legislatore per eliminare la posizione debitoria insormontabile riguarda la richiesta di liquidazione del suo patrimonio.

La procedura è molto simile a quella del piano di esdebitazione, ma non è soggetta al raggiungimento della maggioranza delle adesioni da parte del creditore.

I requisiti

Per essere ammessi alla procedura occorre dimostrare:

di avere dato tutte le informazioni e la documentazione utili per rendere conoscibili i beni del debitore;

di non aver beneficiato di altra esdebitazione negli otto anni precedenti la domanda;

di aver svolto un’attività produttiva di reddito adeguata rispetto alle proprie competenze e alla situazione di mercato o, in ogni caso, deve aver cercato un’occupazione;

di aver soddisfatto, almeno in parte, i creditori per titolo e causa anteriore al decreto di apertura della liquidazione;

di non essere stato condannato, né di aver posto atti in frode ai creditori.

La procedura davanti al giudice

L’istanza sarà sempre presentata al tribunale, dove andrà fatto un inventario di tutti i beni del debitore. Inoltre, occorrerà depositare una relazione con la quale indicare:

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le cause dell’indebitamento e la diligenza impiegata dal debitore persona fisica nell’assumere volontariamente le obbligazioni;

il giudizio sulla completezza e attendibilità della documentazione depositata a corredo della domanda;

l’esposizione delle ragioni dell’incapacità del debitore persona fisica di adempiere le obbligazioni assunte;

l’indicazione della eventuale esistenza di atti del debitore impugnati dai creditori;

il resoconto sulla solvibilità del debitore persona fisica negli ultimi cinque anni.

La domanda di liquidazione è inammissibile se la documentazione prodotta non consente di ricostruire compiutamente la situazione economica e patrimoniale del debitore.

Presentata la domanda, verrà designato un liquidatore che provveda a tutte le questioni formali (tra tutte, le pubblicità presso i pubblici registri) e ordini la consegna, o il rilascio, dei beni facenti parte del patrimonio di liquidazione.

La liquidazione

Dopo aver verificato l’elenco dei creditori e l’attendibilità della documentazione, il liquidatore formerà l’inventario dei beni da liquidare e comunicherà ai creditori l’operato; quest’ultimi dovranno fare domanda di partecipazione alla liquidazione, tramite ricorso da presentare in tribunale, allegando i documenti dimostrativi dei diritti fatti valere.

Si formerà, quindi, lo stato passivo delle domande pervenute dai creditori e, unitamente, un progetto di distribuzione delle somme che saranno liquidate ai creditori, analizzando i vari diritti di prelazione.

I creditori non soddisfatti dalla procedura di liquidazione potranno presentare reclamo e ottenere la revoca del provvedimento, facendo così salva l’interezza del proprio credito.

[1] Legge n.3 del 2012

[2] Tribunale Napoli, 05/04/2017

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