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Concordato preventivo e scioglimento dei contratti in corso di esecuzione - Judicium

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GIULIANA SCOGNAMIGLIO

Concordato preventivo e scioglimento dei contratti in corso di esecuzione1.

SOMMARIO: 1. Cenni al problema generale degli effetti spiegati sui contratti preesistenti dalle procedure concorsuali e dal concordato preventivo in specie. – 2. Concordato preventivo e contratti in corso di esecuzione: la novella del 2012. – 3. La nozione di “contratti in corso di esecuzione”. – 4. Una breve digressione sui contratti di durata ed il pagamento dei debiti per prestazioni anteriori nel c.p. – 5. Inefficacia, in caso di c.p., di clausole negoziali di scioglimento automatico dei contratti. – 6. I criteri ispiratori della decisione giudiziale sull’istanza di autorizzazione presentata ai sensi dell’art. 169-bis: comparazione e bilanciamento dei diversi interessi in gioco. – 7. Sospensione/scioglimento dei contratti in corso di esecuzione e disciplina del concordato “con riserva”. – 8. Profili procedimentali: modalità e tempo di presentazione dell’istanza ex art. 169-bis l. fall.; determinazione dell’indennizzo; individuazione di un subprocedimento nell’ambito del procedimento di c.p.; efficacia immediata del provvedimento reso dal giudice.

1. Cenni al problema generale degli effetti spiegati sui contratti preesistenti dalle procedure concorsuali e dal concordato preventivo in specie.

Il tema dell’incidenza che l’ingresso di un’impresa in una procedura concorsuale spiega sui rapporti contrattuali in essere al momento in cui la procedura stessa viene instaurata è meritevole di attenzione, oggi più ancora di ieri, se si considera il rilievo via via crescente che, nella disciplina della crisi d’impresa, ha assunto l’obiettivo della conservazione, là dove e nella misura in cui ciò sia possibile, dell’unità e del valore dell’organismo produttivo o di sue parti o rami; la sensibilità e l’attenzione nei riguardi dell’esigenza di favorire la conservazione e la continuità dell’impresa comporta inevitabilmente una pari attenzione per il “valore” della continuità del fascio di rapporti contrattuali che all’impresa fanno capo.

L’istanza conservativa appena richiamata non costituisce peraltro l’unico ed esclusivo criterio di analisi della problematica relativa ai contratti di cui è parte l’imprenditore in stato di crisi: accanto ed oltre a questa, è venuta assumendo man mano rilievo, anche alla stregua del diritto positivo, l’esigenza di dotarsi di strumenti idonei ad alleggerire

1 Questo scritto è destinato agli Studi in onore di Pietro Abbadessa.

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l’impresa decotta del fardello costituito da rapporti contrattuali (divenuti) scarsamente convenienti o comunque troppo onerosi, la permanenza dei quali potrebbe essere di ostacolo al rilancio dell’attività produttiva e diminuire le possibilità di recupero della sua redditività; esigenza che va, in ogni caso, contemperata e bilanciata con la tutela della legittima aspettativa del terzo contraente all’esatto adempimento del contratto, al suo mantenimento – in caso di rapporto contrattuale di durata - ovvero alla sua risoluzione quando appaia ragionevole e fondata la supposizione dell’incapacità, da parte dell’imprenditore in crisi, di far fronte al proprio obbligo di prestazione.

Gli interessi e le esigenze a cui si è fatto cenno assumono un rilievo ed un’ evidenza peculiari nel concordato preventivo, che – venuta meno l’amministrazione controllata – è oggi la procedura concorsuale che più esprime l’idea della continuità, perché il debitore che accede ad essa conserva la disponibilità e la gestione del patrimonio e, se l’impresa è ancora vitale, mantiene altresì la gestione dell’impresa, sia pure con le limitazioni previste dalla legge, senza che si dia luogo necessariamente ad una cesura, quale quella che si verifica, attraverso il fenomeno della gestione sostitutiva dell’impresa stessa da parte del curatore ovvero del commissario straordinario, rispettivamente nel fallimento o nell’amministrazione straordinaria.

Tuttavia, com’è noto, la legge fallimentare, nel testo originario del 1942, non dettava disposizioni specifiche riguardo al trattamento dei contratti in corso in quelle che all’epoca si soleva chiamare le procedure concorsuali “minori” (concordato preventivo ed amministrazione controllata).

Per converso, la legge del 1942 già conteneva una serie di disposizioni (raggruppate nel titolo II, capo III, sezione IV) concernenti gli effetti del fallimento sui “rapporti giuridici preesistenti” o pendenti: venivano in particolare enunciate alcune regole generali (nell’art.

72) accanto a disposizioni specifiche, riguardanti taluni singoli tipi contrattuali; ed ulteriori disposizioni erano disseminate in leggi diverse dalla legge fallimentare, a cominciare dal codice civile, che, ad esempio, regolava gli effetti del fallimento sul contratto di società (cfr. art. 2448 c.c. 1942). La disciplina degli effetti del fallimento sui contratti pendenti ha subito nel tempo, ed in particolare sulla base degli interventi di riforma che si sono succeduti e stratificati dal 2006 in poi (d. lg. n. 5/2006; d. lg. n.

169/2007; d. l. n. 83/2012, convertito in l. n. 134/2012), diversi rimaneggiamenti, restando però invariata nelle sue strutture di fondo, in particolare per quanto concerne la regola (art. 72, 1° co.) onde è sancito l’ingresso dei contratti pendenti, per effetto della

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dichiarazione di fallimento di uno dei contraenti, in uno stato di “sospensione”, destinato a protrarsi fino al momento in cui il curatore eserciti, con l’autorizzazione del compitato dei creditori, la propria scelta nel senso del subentro, ovvero dello scioglimento del vincolo negoziale, “salvo che, nei contratti ad effetti reali, sia già avvenuto il trasferimento del diritto”.

La medesima disciplina trova altresì applicazione, fatta ovviamente salva la diversità fra le due procedure sotto il profilo organizzativo2, nel caso di assoggettamento dell’impresa a l.c.a.: l’art. 201 l. fall. richiama infatti espressamente, in punto di effetti della liquidazione coatta sui “rapporti giuridici preesistenti”, le disposizioni del titolo II, capo III, sezione IV della medesima legge.

Per quanto riguarda, poi, l’amministrazione straordinaria delle grandi imprese in crisi, dispone l’art. 50 del d. lg. n. 270/1999, il quale istituisce un regime di prosecuzione dei contratti in corso, ma in stato di non definitività. E’ arduo stabilire in che cosa tale regime (di prosecuzione, per così dire, precaria) si distingua e si differenzi dalla sospensione, prevista testualmente, come si è constatato, per le ipotesi di fallimento e di l.c.a. In vero, anche nell’amministrazione straordinaria, all’organo della procedura (il commissario straordinario) è riconosciuto dal citato art. 50 il potere di sciogliersi dal rapporto contrattuale ovvero di subentrarvi, sulla base di una dichiarazione che, come chiarito dall’art. 1-bis del d. l. n. 134/2008, conv. in l. n. 166/2008, deve essere espressa (altrimenti detto: non può aversi subentro nel rapporto contrattuale per comportamento concludente del commissario).

Nell’assenza di indicazioni specifiche del diritto scritto3, le questioni legate alla sorte dei contratti pendenti in capo all’imprenditore assoggettato ad una delle procedure che si

2 Per cui si deve far riferimento all’autorità amministrativa che vigila sulla liquidazione in luogo del tribunale e del giudice delegato; al commissario liquidatore, invece che al curatore e al comitato di sorveglianza invece che al comitato dei creditori: cfr. art. 201, 2° co., l. fall.

3 Salvo il caso specifico dei contratti aventi ad oggetto il trasferimento non immediato della proprietà o di altro diritto reale su immobili da costruire (art. 3 del d. lg. n. 122/2005). La disposizione è stata poi recepita, con adattamenti, dall’art. 72-bis l. fall., per quanto riguarda gli effetti prodotti su detti contratti dal fallimento del costruttore (promittente venditore).Per quanto riguarda il concordato preventivo, sorge il dubbio se la disposizione più risalente sopravviva alla nuova regola generale dettata dall’art. 169-bis, che non menziona la fattispecie contrattuale di cui al d. lg. n. 122/2005. La questione non può essere qui affrontata: ci si limita ad osservare che la ratio di tutela dell’acquirente che ispira la disciplina dettata dal citato decreto del 2005 ed

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soleva qualificare come “minori”, ed in particolare al concordato preventivo, hanno comunque attratto nel corso degli anni dal 1942 in poi l’interesse della giurisprudenza teorica e pratica, sì da dar luogo ad un vivace dibattito, alimentato da una consistente produzione scientifica, anche di carattere monografico4.

Le soluzioni prospettate erano diverse5, variamente argomentate e variamente convincenti. In particolare si era sostenuto, in via alternativa:

- che, rilevandosi una lacuna nella disciplina positiva della procedura di concordato preventivo, essa dovesse essere colmata attraverso l’applicazione in via analogica della disciplina dettata, per quanto riguarda i contratti pendenti nel fallimento, dagli artt. 72 e seguenti l. fall.;

- che potesse giocare un ruolo la disposizione onde è disciplinato il compimento, da parte dell’imprenditore in concordato preventivo, di atti eccedenti l’ordinaria amministrazione (art. 167, co. 2, l. fall.), dovendosi ascrivere a tale categoria non solo l’atto consistente nella stipula di un nuovo contratto, bensì anche, da un lato, gli atti di esecuzione di contratti precedenza stipulati, dall’altro, l’atto di recesso da un contratto in corso, l’atto di mutuo dissenso o l’accordo transattivo sullo scioglimento di uno o più contratti determinati;

- che l’ingresso dell’imprenditore nella procedura concordataria fosse un fatto del tutto neutro rispetto alla pendenza di rapporti contrattuali non ancora

il carattere di specialità della disciplina medesima in confronto con quella generale contenuta nel (cronologicamente) successivo art. 169-bis l. fall. sembrano somministrare argomenti a favore della tesi affermativa (i.e., sopravvivenza della norma del 2005, con riferimento all’ipotesi dell’ammissione del promittente venditore al concordato preventivo).

4 Fra gli studi monografici risalenti, cfr., in particolare, quelli di: A. JORIO, I rapporti giuridici preesistenti nel concordato preventivo, Padova, 1973; P.F. CENSONI, Gli effetti del concordato preventivo sui rapporti giuridici preesistenti, Milano, 1988.

5 Per un sintetico quadro, cfr. A. MAFFEI ALBERTI (a cura di), Commentario breve alla legge fallimentare, 6^ ed., Padova, 2013, sub art. 169-bis.

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completamente eseguiti, nel senso che questi continuerebbero il proprio corso, senza alcuna variazione o deviazione rispetto alla disciplina ordinaria6.

In particolare, quest’ultima posizione era largamente accreditata nella giurisprudenza di merito e di legittimità7, ancora alla vigilia della recente novella, così come la tesi8 che escludeva l’applicazione in via di analogia delle norme relative agli effetti del fallimenti sui contratti dell’imprenditore; rispetto ad essa, l’intervento riformatore del 2012 ha operato un rilevante mutamento di rotta, che consiste nell’aver dato all’imprenditore che richieda l’ammissione al concordato la possibilità di sciogliersi dai rapporti contrattuali in corso, ovvero di sospenderne l’esecuzione per un determinato lasso temporale, su domanda dell’imprenditore stesso e con l’autorizzazione dell’autorità giudiziaria, alla quale tale domanda dev’essere indirizzata. La disciplina a cui si ha riguardo è enunciata in termini generali nell’art. 169-bis l. fall.9 ed ulteriormente precisata – per quanto

6 Osserva F. PETRUCCO TOFFOLO, Sospensione e scioglimento dei contratti in corso di esecuzione nel concordato preventivo, in www.ilfallimentarista.it, 2013, p.1, che la soluzione della prosecuzione senza soluzione di continuità dei rapporti contrattuali “creava problemi pratici evidenti con potenziale influenza negativa sul contenuto del piano e della proposta concordatari”; per cui la sorte dei rapporti pendenti veniva, di preferenza, “gestita negozialmente, essendo possibile la risoluzione consensuale o un accordo transattivo sulla sorte del rapporto e sulle conseguenze dell’eventuale suo prematuro scioglimento. In alternativa, il debitore poteva essere indotto a provocarne la risoluzione per proprio inadempimento prima dell’accesso alla procedura (…) al fine della cristallizzazione dei crediti conseguenti della controparte, così destinati ad essere pagati in moneta concorsuale (…)”.

7 Cfr., fra le altre, Cass., 1.03.2002, n. 3022; Trib. Prato 14.06.2012, in www.ilcaso.it (nel senso che la prosecuzione di un contratto pendente, proprio perché costituisce effetto naturale della domanda di c.p. e atto dovuto da parte dell’imprenditore, non sia da considerare alla stregua di un atto eccedente l’ordinaria amministrazione e non richieda pertanto l’autorizzazione ex art. 167 l. fall.).

8 Per la quale cfr., ad esempio, Cass., n. 578/2007; 18.05.2005, n. 10429; n. 968/1997; Trib. Genova, 11.011996, in Fallimento, 1996, 698, App. Firenze, 10.12.1990, in Dir. fall., 1991, II, 561. Cfr. altresì A. NIGRO, D.

VATTERMOLI, Diritto della crisi delle imprese, 2^ ed. Bologna, 2009, 373 s.; M. VITIELLO, Gli effetti del concordato preventivo, dell’esercizio provvisorio e dell’affitto dell’azienda del fallito sui rapporti giuridici pendenti, in SANZO (a cura di), Procedure concorsuali e rapporti pendenti, Bologna, 2009, 367 ss., 372 ss.; F. FIMMANÒ, Gli effetti del concordato preventivo sui rapporti in corso di esecuzione, in Fallimento, 2006, 1050 ss.

9 Art. 169-bis - Contratti in corso di esecuzione. I. Il debitore nel ricorso di cui all'articolo 161 puo' chiedere che il Tribunale o, dopo il decreto di ammissione, il giudice delegato lo autorizzi a sciogliersi dai contratti in corso di esecuzione alla data della presentazione del ricorso. Su richiesta del debitore puo' essere autorizzata la sospensione del contratto per non piu' di sessanta giorni, prorogabili una sola voltA. II. In tali casi, il contraente ha diritto ad un

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specificamente riguarda il c.d. concordato con continuità aziendale - dall’art. 186 bis, co. 3, l. fall.10 Entrambe le citate disposizioni sono state inserite, nella legge fallimentare, con il già menzionato d. l. n. 83/2012, convertito in l. n. 134/2012 e si applicano alle procedure di concordato “introdotte” – deve ritenersi, con la pubblicazione nel registro delle imprese del relativo ricorso11 - dal trentesimo giorno successivo a quello di entrata in vigore della legge di conversione del decreto medesimo12.

2. Concordato preventivo e contratti in corso di esecuzione: la novella del 2012.

Queste le regole in cui si articola la disciplina dettata dagli artt. 169-bis e 186-bis, 3° co., l.

fall.:

(a) i contratti in corso di esecuzione non si risolvono per effetto dell’apertura della procedura di concordato preventivo, dunque proseguono13, secondo il programma fissato dalle parti: detta regola è espressamente enunciata solo indennizzo equivalente al risarcimento del danno conseguente al mancato adempimento. Tale credito e' soddisfatto come credito anteriore al concordato. III. Lo scioglimento del contratto non si estende alla clausola compromissoria in esso contenutA. IV. Le disposizioni di questo articolo non si applicano ai rapporti di lavoro subordinato nonche' ai contratti di cui agli articoli 72, ottavo co., 72 ter e 80 primo co..

10 Art. 186-bis (…)III. Fermo quanto previsto nell'articolo 169-bis, i contratti in corso di esecuzione alla data di deposito del ricorso, anche stipulati con pubbliche amministrazioni, non si risolvono per effetto dell'apertura della procedurA. Sono inefficaci eventuali patti contrari. L'ammissione al concordato preventivo non impedisce la continuazione di contratti pubblici se il professionista designato dal debitore di cui all'articolo 67 ha attestato la conformità al piano e la ragionevole capacità di adempimento.

11 Che quella della pubblicazione del ricorso ex art. 161 l. fall., e non quella della mera “presentazione” del ricorso medesimo, sia la data da assumere come punto di riferimento per individuare l’inizio della procedura di concordato preventivo è desumibile dal nuovo testo del co. 1 dell’art. 168 l. fall. , come modificato dal d. l. n. 83/2012, conv. in legge n. 134/2012.

12 Dunque, introdotte successivamente all’11 settembre 2012: cfr. l’art. 33, 3° co., del decreto legge richiamato nel testo.

13 Cfr. Trib. Monza, 16.01.2013, in www.ilcaso.it; Trib. Terni, 12.10.2012, ivi. Discende, fra l’altro, da quanto si afferma nel testo che la prosecuzione di un contratto pendente non possa considerarsi atto eccedente l’ordinaria amministrazione e pertanto non necessiti dell’autorizzazione giudiziaria ai sensi dell’art. 167 l.fall.: in tal senso, Trib. Prato, 14.06.2012, cit. in www.ilcaso.it.

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nell’art. 186-bis, 3° co., con riguardo alla specifica ipotesi del concordato “con continuità aziendale”, ma deve a mio avviso ritenersi implicita altresì nel disposto dell’art. 169-bis, che si applica ad ogni fattispecie concordataria, quali che siano il contenuto e l’oggetto della proposta di concordato (e cioè sia che essa si atteggi secondo il modello di una procedura meramente liquidatoria, da attuarsi eventualmente mediante la cessione del complesso dei beni ai creditori, sia che prenda la strada della “continuità aziendale”14, e cioè della continuazione dell’attività dell’impresa). A favore di questa tesi depone l’argomento logico-sistematico, contro quello testuale, che potrebbe in astratto suffragare una diversa soluzione, e cioè la tesi per la quale il principio di continuità dei rapporti contrattuali in generale si applicherebbe solo nel “tipo”

di concordato disciplinato dall’art. 186-bis. Se così fosse, tuttavia, si dovrebbe altresì assumere che la sorte dei contratti in corso nelle altre tipologie di concordato è regolata sulla base di principi diversi, e cioè assumere l’esistenza di una regola di scioglimento ovvero, alternativamente, di sospensione di detti rapporti: la prima, tuttavia, non è sostenibile, perché assoggetterebbe la procedura di concordato, tutta ispirata al concetto di continuità, ad una regola che non ha mai trovato applicazione neppure nella procedura liquidatoria per antonomasia, come il fallimento (così come disciplinato nella legge del 1942);

mentre l’assunto dell’esistenza di una regola generale di sospensione cozzerebbe contro il dato testuale, del tutto univoco sotto questo profilo, dell’art. 169-bis, che prevede la sospensione dei rapporti contrattuali come un’ipotesi particolare, assoggettata a determinate regole procedimentali (istanza del debitore, autorizzazione del giudice, ecc.). Si può dunque affermare che la continuazione dei rapporti contrattuali preesistenti in capo all’imprenditore assurge al ruolo di canone generale in materia di effetti del c.p. sui contratti in corso di esecuzione, e dunque di regola comunque applicabile, di default, là dove non siano stati richiesti, o siano stati rifiutati, lo scioglimento o la sospensione del contratto. La regola de qua trova applicazione anche in presenza di eventuali “patti contrari”,

14 Cfr. l’art. 186-bis, co. 3, che disciplina il trattamento dei contratti in corso di esecuzione nel concordato con continuità aziendale, lasciando comunque “fermo quanto previsto nell’art. 169-bis”.

Nel senso – invece – che la regola della prosecuzione dei rapporti contrattuali in corso si applichi soltanto alla peculiare fattispecie del concordato con continuità aziendale, L. STANGHELLINI, Il concordato con continuità aziendale, in Fallimento, 2013, 1222 ss., 1228.

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che l’art. 186-bis, co. 3, 2^ proposizione, dichiara inefficaci con riferimento alla fattispecie del concordato con continuità aziendale, lasciando così sopravvivere il dubbio (su cui si tornerà nel prosieguo) sulla validità ed efficacia di clausole negoziali che facciano discendere lo scioglimento di un determinato rapporto contrattuale dall’ingresso dell’imprenditore in una procedura di concordato che non preveda detta continuità. Di applicazione sicuramente limitata al concordato con continuità aziendale è l’ulteriore regola (art. 186-bis, 3°co., 3^

proposizione), secondo cui l’ammissione al c.p. non è di ostacolo alla continuità altresì dei contratti “pubblici”15, e cioè stipulati con pubbliche amministrazioni, purché un professionista designato dal debitore e munito dei requisiti di cui all’art. 67, 3°co., lettera d), l. fall. abbia positivamente attestato la conformità della continuazione di tali contratti con le previsioni del piano e formulato una prognosi positiva circa la capacità di adempimento del debitore medesimo.

(b) All’imprenditore proponente un concordato preventivo è consentito richiedere all’autorità giudiziaria16 l’autorizzazione17 allo scioglimento dei contratti in

15 Questa regola va ad integrare, per il profilo ivi considerato, il contenuto del d. lg. n. 163/2006, c.d. codice dei contratti pubblici, il cui art. 38, nel testo modificato dal citato d. l. n. 83/2012, stabilisce l’esclusione dalla partecipazione alle procedure di affidamento delle concessioni e degli appalti di lavori, forniture e servizi e l’incapacità di stipulare i relativi contratti a carico, fra l’altro, dei “soggetti”che si trovano in stato di fallimento, di liquidazione coatta, di concordato preventivo, salvo il caso del concordato con continuità aziendale, mentre dall’art. 140 s’inferisce che l’assoggettamento dell’appaltatore a fallimento, a l.c.A. o a concordato preventivo (deve ritenersi, senza continuità aziendale) è causa di risoluzione del contratto di appalto, tanto che in detti casi la stazione appaltante può interpellare progressivamente i soggetti partecipanti all’originaria procedura di gara, risultanti dalla relativa graduatoria, al fine di stipulare un nuovo contratto per il completamento dei lavori.

16 E’ previsto che la competenza al rilascio di detta autorizzazione spetti al giudice delegato, ovviamente sul presupposto che questi sia stato già designato, essendo intervenuto il decreto di ammissione alla procedura di c.p.; altrimenti al tribunale, al quale viene presentata la proposta concordataria: cfr. art. 169-bis, co. 1.

L’istanza di cui all’art. 169-bis non può essere presentata, e comunque il giudice che ne è stato investito ai sensi di detta disposizione non potrà pronunciarsi su di essa, qualora l’imprenditore abbia già proposto, dinanzi ad altro giudice, domanda di risoluzione per inadempimento di quello stesso contratto per il quale invoca, con l’istanza de qua, l’autorizzazione allo scioglimento: in tal senso T. Roma, sez. fall., 6.11.2013, CP- 65/13, inedita.

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corso, ovvero alla sospensione degli stessi per un periodo massimo di sessanta giorni, prorogabile una sola volta. In entrambi i casi18, il terzo contraente in bonis è tutelato mediante la corresponsione di un indennizzo, il cui importo è ragguagliato a quello che sarebbe da lui ottenibile a titolo di risarcimento del danno per inadempimento; il relativo credito è assimilato, dal punto di vista del regime del suo soddisfacimento, a quelli sorti anteriormente alla domanda di concordato. Il trattamento previsto dall’art. 169-bis per il credito da indennizzo sembra introdurre un’incrinatura nel regime legale della prededucibilità. Alla stregua delle indicazioni che scaturiscono dal disposto dell’art. 111 l. fall. e della lettura che ne ha offerto la giurisprudenza, i crediti dovrebbero qualificarsi come prededucibili in ragione sia del momento (successivo all’ingresso dell’imprenditore nella procedura concorsuale) in cui sorgono, sia del nesso di occasionalità/strumentalità che li collega alla procedura, nel senso che il credito è sorto in occasione o in funzione della procedura e che il pagamento dello stesso è coerente con gli interessi della massa e dunque risponde agli scopi della procedura concorsuale, risultando utile al buon esito della stessa19. La ratio della soluzione adottata dal legislatore sembra tuttavia agevolmente decifrabile: da un lato, attraverso la classificazione fra i concorsuali del credito del contraente in bonis per l’indennizzo che gli spetta a norma dell’art. 169-bis, si persegue l’obiettivo di agevolare l’imprenditore concordatario nel processo di smantellamento di rapporti contrattuali non più coerenti con i mutati indirizzi

17 Sull’ampiezza del potere di delibazione e di decisione in tal modo attribuito all’autorità giudiziaria, che potrà influire addirittura sulla fattibilità del concordato, concedendo o negando le autorizzazioni richieste ai sensi dell’art. 169-bis, cfr. L. PANZANI, I nuovi poteri autorizzatori del tribunale e il sindacato di fattibilità nel concordato, in Società, 2013, 565 ss., 572.

18 E non solo nel caso dell’autorizzazione allo scioglimento: nello stesso senso ad es. F. LAMANNA, La legge fallimentare dopo il decreto “sviluppo”, in Il Civilista, 2012, 53.

19 Cfr., ad esempio, Cass., 5.03.2012, n. 3402.

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gestionali e di favorire, quindi, la soluzione concordataria delle crisi d’impresa20; dall’altro, si consegue il risultato di rendere il titolare di detto credito partecipe della votazione sulla proposta di concordato: partecipe, dunque, di un significativo potere di voice in ordine al buon fine della procedura, tanto più nel caso – che ci si può rappresentare come del tutto frequente nella pratica – in cui i contraenti interessati dal regime dell’art. 169-bis siano più d’uno e siano perciò

“naturalmente” destinati a formare una classe ai sensi dell’art. 160 l. fall.

L’opzione per lo scioglimento del rapporto contrattuale s’impone al contraente in bonis: questi, infatti, subisce l’iniziativa dell’imprenditore in crisi, ed il conseguente eventuale provvedimento autorizzatorio del giudice, salvo – sul piano procedimentale – il suo diritto al contraddittorio (cfr., più avanti, § 7) e – sul piano sostanziale – il suo diritto ad un indennizzo commisurato all’importo che gli sarebbe spettato, al di fuori del concordato, a titolo di risarcimento del danno; né può, una volta che sia stato depositato il ricorso per c.p. e proposta l’istanza ex art. 169-bis, avanzare egli stesso domanda di scioglimento del contratto. Il limite è dato dall’ipotesi della pregressa inadempienza dell’imprenditore, a fronte della quale, si è ritenuto21, il contraente in bonis può proporre la domanda di risoluzione del contratto ovvero far valere una eventuale clausola risolutiva espressa anche dopo il deposito del ricorso per concordato preventivo se poi l’iniziativa risolutoria era stata promossa, da parte del terzo contraente in bonis, anteriormente al deposito della domanda di concordato, da un lato, questo evento non dovrebbe spiegare alcuna incidenza sull’iniziativa stessa; dall’altro ne risulterebbe paralizzata, si deve ritenere, la facoltà dell’imprenditore di avvalersi degli strumenti di intervento sul contratto previsti dall’art. 169-bis l. fall. A precludere l’esercizio di detta facoltà varrebbe altresì, secondo la giurisprudenza, la trascrizione della domanda di esecuzione

20 Cfr. F. LAMANNA, La legge fallimentare ecc., cit., 53, il quale evoca i problemi che la pratica aveva lasciato emergere anteriormente alla riforma, quando la liberazione del debitore da un contratto preesistente alla domanda di concordato preventivo poteva essere perseguita, per esempio attraverso la via dell’inadempimento e della conseguente risoluzione, solo a costi molto elevati (il pagamento “in moneta buona” del risarcimento danni).

21 Cfr. F. LAMANNA, La nozione di “contratti pendenti” nel concordato preventivo, in www.ilfallimentaristA.it, novembre 2013 (consultato quando il presente lavoro era già in bozze).

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in forma specifica di un contratto preliminare, purché avvenuta anteriormente al deposito della domanda di concordato22.

(c) Le regole enunciate nel 1° co. dell’art. 169-bis non prevedono espressamente alcuna limitazione del proprio ambito di operatività, in relazione alla tipologia di concordato: deve perciò ritenersi, così riprendendo un’osservazione già svolta poc’anzi, che esse possano essere invocate indipendentemente dai contenuti della proposta concordataria e dalle specifiche modalità in essa previste per l’attuazione del (piano di) concordato, e cioè sia che si tratti di un concordato totalmente o parzialmente liquidatorio, o di un concordato con cessione dei beni ai creditori, ovvero di un concordato in continuità aziendale: in particolare, con riferimento a tale ultima ipotesi, oggi disciplinata dall’art. 186-bis, depone chiaramente in questo senso il 3° co. della citata disposizione, che dichiara, per ciò che concerne i contratti in corso, doversi tener “fermo quanto previsto nell’art.

169-bis”.

(d) Una limitazione dell’ambito di operatività delle regole enunciate nel 1° co.

dell’art. 169-bis è invece prevista con riferimento a taluni tipi di contratto o di clausola contrattuale, essendo testualmente disposto che le regole in questione non si applicano: (i) alla clausola compromissoria, che, ove inserita in un qualunque tipo di contratto suscettibile di scioglimento ai sensi dell’art. 169-bis, sopravvive comunque, nonostante la vicenda risolutiva che in ipotesi abbia colpito il restante contenuto contrattuale, in ossequio ad un principio di favore per la soluzione extragiudiziaria di eventuali controversie fra le parti contraenti ed al principio altresì di autonomia della clausola in questione rispetto al contratto a cui accede (cfr. art. 808, 2° com, c.p.c.); (ii) al contratto di lavoro subordinato; (iii) al contratto preliminare di compravendita, trascritto ai sensi dell’art. 2645-bis c.c., avente ad oggetto un immobile ad uso abitativo, destinato a costituire l’abitazione principale dell’acquirente o di suoi parenti ed affini entro il terzo grado, ovvero un immobile ad uso non abitativo destinato costituire la sede principale dell’attività d’impresa dell’acquirente; (iv) al contratto di finanziamento destinato ad uno specifico affare, di cui all’art. 2447, 1° co., lettera b, c.c.; (v) al contratto di locazione di immobili stipulato

22 Cfr. Trib. Padova, 15.01.2013, in www.ilcaso.it; Trib. Padova, 26.03.2013, ivi.

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dall’imprenditore concordatario in qualità di locatore. Riguardo ai rapporti contrattuali testé elencati non sussiste, dunque, la possibilità per l’imprenditore che ha proposto domanda di concordato di invocarne lo scioglimento o la sospensione ai sensi dell’art. 169-bis. E’ agevole rilevare che i casi di esclusione dalla disciplina dettata da quest’ultima disposizione sono del tutto eterogenei e che la statuizione normativa che apparentemente li accomuna risponde, a seconda dei casi, a rationes diverse: tutela di valori di solidarietà sociale e del lavoro come diritto della persona, di rilevanza costituzionale (è il caso del rapporto di lavoro subordinato); tutela dell’acquisto dell’abitazione principale o comunque dell’esigenza di conservazione della “casa” (è il caso del preliminare di vendita di immobili destinati ad abitazione principale della parte acquirente e della locazione); tutela dell’impresa, attraverso la protezione del diritto contrattuale all’acquisto della proprietà dell’immobile destinato a costituirne la sede principale (è il caso del preliminare di vendita di immobili aventi detta destinazione); tutela dell’esigenza di non interrompere, con l’ammissione dell’imprenditore al concordato, i flussi di finanziamento destinati a specifici affari ed al tempo stesso di assicurare ai finanziatori la continuità del rapporto.

E’ peraltro da osservare che, specie con riferimento al primo e all’ultimo dei casi considerati, la continuazione del rapporto si spiega e si giustifica in ragione della continuazione altresì dell’attività d’impresa; per cui la scelta normativa non appare facilmente comprensibile in difetto di tale presupposto (e con riferimento, in particolare, ai concordati di contenuto liquidatorio). Per quanto riguarda i contratti pubblici, di cui sia parte un imprenditore in crisi, viene invece disattivata la regola della continuazione: essi, dunque, non sopravvivono all’ingresso dell’impresa nel concordato, e cioè si sciolgono, eccetto che – come si è detto - nel caso di concordato con continuità aziendale (cfr. art. 186-bis, 3°co., l. fall.; art. 38 codice dei contratti pubblici), in cui “rivive” la regola generale dettata dall’art. 169-bis (continuazione del rapporto contrattuale, salvo che l’imprenditore non decida di avvalersi della facoltà di promuovere l’istanza di autorizzazione allo scioglimento o alla sospensione).

3. La nozione di “contratti in corso di esecuzione”.

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Esposta, in termini per ora succinti e sommari, la disciplina contenuta nelle disposizioni specificamente introdotte dalla recente novella sul tema della sorte dei rapporti contrattuali nel concordato preventivo, conviene interrogarsi riguardo ai confini della fattispecie che quella disciplina investe; fattispecie che le citate disposizioni individuano testualmente mediante il riferimento ai “contratti in corso di esecuzione”, mentre, per identificare la fattispecie delle regole omologhe, sopra richiamate, in materia di fallimento, l.c.a. e a.s., si adottano espressioni non coincidenti, come “rapporti giuridici preesistenti”

(intitolazione della sezione IV del capo III, titolo II, l. fall.), “rapporti pendenti” (art. 72, 1°

co.), “contratti in corso” (rubrica dell’art. 50, d. lg. n. 279/1999).

Il quesito può essere ulteriormente precisato, posto che sia l’art. 72 l. fall., sia l’art. 50 d. lg.

n. 270/1999 definiscono l’insieme dei rapporti pendenti o preesistenti come quello costituito dai contratti a prestazioni corrispettive, anche ad esecuzione continuata o periodica, ancora ineseguiti o non compiutamente eseguiti da entrambe le parti alla data di apertura del fallimento o dell’amministrazione straordinaria e che tale definizione non viene richiamata nelle disposizioni relative alla sorte dei contratti nel concordato preventivo dell’impresa.

Occorre allora domandarsi se quella definizione valga altresì a fissare il contenuto della nozione di “contratti in corso di esecuzione”, a cui si fa riferimento, senza tuttavia precisarla, nell’art. 169-bis e nell’art. 186-bis, co. 3, l. fall.

In merito a tale questione si sono registrate, fin dall’entrata in vigore dell’art. 169-bis, opinioni discordi: in particolare, si sono levate voci a favore della tesi che vuole la categoria dei “contratti in corso di esecuzione”, a cui fa testualmente riferimento l’art. 169- bis, più ampia di quella dei contratti pendenti a cui ha riguardo la disciplina del fallimento. Essa comprenderebbe, in particolare, anche i contratti “unilaterali”; ne resterebbero fuori solo quei contratti “il cui rapporto non prevede alcuna esecuzione che non sia il pagamento da parte del debitore concordatario di un debito scaduto (o anche non scaduto ma senza che la parte in bonis debba più fare alcunché)”23.

23 Cfr. M. FABIANI, Per una lettura costruttiva della disciplina dei contratti pendenti nel concordato preventivo, in www.ilcaso.it, 11 marzo 2013, 7; anche B. INZITARI, I contratti in corso di esecuzione nel concordato: l’art. 169- bis l.fall., in www.ilfallimentarista.it, 2013, 1, ritiene che nell’art. 169-bis non sia presente “il riferimento restrittivo, contenuto nell’art. 72 l. f.”, con la conseguenza che occorrerebbe leggere l’espressione “contratti in

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L’assunto non è a mio avviso convincente. L’argomento letterale e soprattutto quello sistematico depongono in senso contrario, indirizzando verso una lettura del dato testuale che identifichi la fattispecie a cui si applica la disciplina dettata dall’art. 169-bis con quella già disciplinata dalle norme sui contratti pendenti nel fallimento e nell’amministrazione straordinaria.

In generale, deve allora ritenersi che nelle citate disposizioni in materia di concordato preventivo si abbia riguardo a contratti:

(i) che siano stati stipulati anteriormente all’inizio della procedura, coincidente con il deposito, rectius con la pubblicazione nel registro delle imprese (argomenta ex art. 168 l. fall.) del ricorso ex art. 161 l. fall.; che siano opponibili alla massa ai sensi dell’art. 45 l. fall. (richiamato, per quanto riguarda il c.p., dall’art. 169) e per i quali non siano fino a quel momento intervenute cause di scioglimento o di risoluzione;

(ii) dai quali non residuino in capo all’imprenditore posizioni meramente passive oppure soltanto attive, suscettibili come tali di essere regolate rispettivamente come debiti dell’imprenditore concordatario, da pagare secondo la percentuale prevista nella proposta e nel piano, ovvero come crediti, facenti parte in quanto tali dell’attivo da esibire altresì nella proposta e nel piano;

(iii) rispetto ai quali abbia un senso economico e giuridico prospettare una vicenda di sospensione (s’intende, dell’esecuzione), e cioè dei quali si possa dire che la fase esecutiva del rapporto non si è ancora completata;

(iv) rispetto ai quali sia possibile configurare una vicenda di scioglimento o eventualmente di sospensione come vicenda bilaterale, che investe e colpisce entrambe le parti del rapporto: nonostante il carattere ellittico – già segnalato - del dettato normativo, è ragionevole assumere che la disciplina in esame si applichi non a qualunque rapporto contrattuale in corso di esecuzione24, e cioè non ancora compiutamente eseguito dall’una o dall’altra parte, ma solo ai corso”, di cui alla prima disposizione, come inclusiva di tutti i rapporti contrattuali in qualunque modo pendenti fra l’imprenditore che aspira al concordato e soggetti terzi.

24 Come taluni ritengono: cfr., per alcuni riferimenti, la precedente nt. 22.

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contratti a prestazioni corrispettive, in cui il sinallagma non si sia – alla data rilevante come sopra identificata - pienamente realizzato, residuando ancora prestazioni a carico di entrambe le parti25. L’assunto trova conferma e conforto nel dato comparatistico (per esempio, nel diritto tedesco: cfr. § 103 InsolvenzOrdnung; nel diritto statunitense: cfr. US Code, Section 365). In ogni caso, esso ha dalla sua l’argomento sistematico. Infatti, in assenza dei menzionati presupposti, occorrerebbe riconoscere che la legge ha attribuito all’imprenditore concordatario il potere di sottrarsi, temporaneamente26 o addirittura in via definitiva, ai propri obblighi contrattuali nei confronti del contraente in bonis, che ha già interamente adempiuto la propria prestazione. Una siffatta posizione

25 Cfr. P.F. CENSONI, La continuazione e lo scioglimento dei contratti pendenti nel concordato preventivo, in www.ilcaso.it, 2013, 2. Non dovrebbe perciò farsi rientrare nella categoria di contratti contemplata dall’art.

169-bis il contratto di anticipazione bancaria, nel quale “la prestazione fondamentale a carico della banca, consistente nella erogazione e messa a disposizione del denaro in favore del cliente, si sia già esaurita e non rimanga altro che la controprestazione di restituzione a carico del cliente”, “cosicché non vi sono due reciproche prestazioni da sospendere, in equilibrio sinallagmatico-funzionale, ma una sola, come nel mutuo, ciò che pone la fattispecie al di fuori del campo di applicazione della norma di cui all’art. 169-bis”. Questa si riferisce ai contratti ancora ineseguiti o non compiutamente eseguiti da entrambe le parti, “di modo tale che il sacrificio che è imposto in forza di legge alla controparte in bonis trovi riscontro nella reciproca sospensione della prestazione” posta a carico del l’imprenditore concordatario: il che è possibile, ad esempio, nel contratto di leasing (se viene sospeso il pagamento del canone, lo è anche l’uso del bene), ma non in quello di anticipazione bancaria, che “è contratto bilaterale a livello genetico, ma sostanzialmente unilaterale nella fase funzionale del sinallagma, in cui eventuali obblighi accessori della banca (di rendiconto, di diligenza, ecc.) non incidono sulla struttura fondamentale del rapporto”: cfr. Trib. Vicenza, decr. 25 giugno 2013, in www.ilcaso.it. Nel caso del contratto di appalto, deve ritenersi che lo scioglimento potrebbe essere autorizzato solo se residuino prestazioni a carico sia del committente (in relazione al pagamento del prezzo), sia dell’appaltatore (in relazione al completamento dell’opera o del servizio oggetto di appalto).. Riguardo ad un contratto di mutuo, stipulato ed adempiuto dalla mutuante prima del deposito della domanda ex art.

161 l. fall., il Trib. Monza, 16.01.2013, cit., in www.ilcaso.it, ha statuito nel senso che esso non può qualificarsi come un rapporto pendente ai sensi dell’art. 169-bis, “configurandosi l’obbligazione restitutoria gravante sul mutuatario come debito disciplinato dall’art. 55 l. fall. in forza del richiamo contenuto nell’art. 169 l. fall.

Conf., da ultimo, F. LAMANNA, La nozione di “contratti pendenti” nel concordato preventivo, cit.

26 La tesi sostenuta nel testo non è pacificamente condivisa. Cfr., ad es., nel senso che la “sospensione” del rapporto contrattuale possa essere autorizzata ex art. 169-bis anche a fronte della perdurante prestazione da parte del contraente in bonis, o, altrimenti detto, che l’autorizzazione del giudice possa investire anche soltanto uno dei termini del rapporto, e cioè la prestazione del debitore, B. INZITARI, I contratti in corso di esecuzione nel concordato, cit., 2.

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sarebbe difficilmente conciliabile con l’assunto, da cui si son prese le mosse, secondo cui la novella in materia di contratti in corso di esecuzione nel c.p. ha inteso agevolare il perseguimento di finalità conservative dell’impresa, non invece incentivare l’inadempimento, da parte dell’imprenditore decotto, dei contratti in essere, mettendogli in mano uno strumento abnorme, che non è in alcun modo previsto dal diritto comune dei contratti e che, se può risultare assai conveniente per l’imprenditore in crisi, minaccia di rovesciare un costo sproporzionato sull’altro contraente.

4. Una breve digressione su contratti di durata ed il pagamento dei debiti per prestazioni anteriori nel c.p.

Se l’istanza a cui ha riguardo l’art. 169-bis, co. 1, non viene presentata (ovvero, qualora se ne ritenga possibile la proposizione in un momento successivo a quello del deposito del ricorso ex art. 161 l. fall.27, finché non viene presentata), il rapporto contrattuale prosegue secondo il programma originario delle parti e ad esso si applica la disciplina ordinaria dei contratti a prestazioni corrispettive28.

Dunque, se una delle parti non adempie regolarmente, l’altra può rifiutare l’adempimento della propria prestazione (c.d. eccezione di inadempimento)29, oppure invocare la clausola

27 Sul problema segnalato nel testo ci si intratterrà più avanti, nel § 8.

28 La prosecuzione del rapporto contrattuale non è ovviamente incompatibile con la rinegoziazione fra le parti delle condizioni del medesimo, così come pattuite in origine, allo scopo di adeguarle al mutato assetto della realtà economica sottostante, segnalato dal ricorso (di uno dei contraenti) alla procedura concorsuale di concordato: infatti, secondo un’opinione accreditata nella giurisprudenza teorica e pratica (v., per quest’ultima, Cass., 20.04.1994, n. 3775; Cass., 18.09.2009, n. 20106), si deve affermare la sussistenza, nei contratti di durata, di un obbligo a rinegoziare, avente la sua fonte nel principio di buona fede. Cfr. in tal senso Trib. Bologna, 26.04.2013, in www.ilcaso.it.

29 E’ dubbio invece se la parte contrattuale in bonis possa avvalersi della c.d. eccezione dilatoria (art. 1461 c.c.), e cioè sospendere l’esecuzione della prestazione da essa dovuta, in conseguenza della presentazione, da parte dell’altro contraente, della domanda di ammissione a c.p. La soluzione, a mio avviso, non può che essere articolata in relazione alle circostanze del caso concreto (conf. A. NIGRO, D. VATTERMOLI, Diritto della crisi delle imprese, cit., 373 s.; nel senso della possibilità di invocare comunque l’art. 1461 c.c. nei confronti dell’imprenditore assoggettato a c.p., ad es. M. VITIELLO, Gli effetti del concordato preventivo ecc., cit., 374 ):

altrimenti detto, la presentazione di detta domanda non è di per sé valutabile, nell’attuale contesto

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risolutiva espressa eventualmente inserita nel testo contrattuale, oppure citare in giudizio l’altra per la pronuncia di risoluzione del contratto e la condanna al risarcimento del danno fermo restando che, nel caso di azione di risoluzione per inadempimento e di condanna al risarcimento danni esercitata dal contraente in bonis, questi non potrà comunque promuovere azioni cautelari, né azioni esecutive sul patrimonio dell’imprenditore, se non dal momento in cui il decreto di omologazione del concordato è divenuto definitivo (art. 168, co. 1, l. fall.).

Le prestazioni dovute dall’imprenditore concordatario all’altro contraente (a titolo di pagamento, di risarcimento del danno da ritardo, eccetera), che siano maturate successivamente alla pubblicazione nel registro delle imprese del ricorso di cui all’art. 161 (cfr. artt. 168 e 184 l. fall.), gravano sulla massa: vanno cioè pagate alla scadenza secondo il regime della prededuzione e non sono soggette alla falcidie concordataria.

La regola applicabile è dunque simile a quella espressamente dettata (dall’art. 104 l. fall.) con riguardo alla prosecuzione dei contratti in caso di fallimento con esercizio provvisorio dell’impresa, ma anche a quella vigente nell’ipotesi in cui, a prescindere dall’esercizio provvisorio, il curatore fallimentare abbia deciso di optare per il subentro nel rapporto contrattuale.

Per converso, i debiti anteriori, sorti a fronte delle prestazioni eseguite dal contraente in bonis in un momento antecedente rispetto alla presentazione della domanda di c.p., come nel caso di fallimento sono soggetti alla disciplina della insinuazione nel passivo e al pagamento in moneta fallimentare, così vanno – nell’ipotesi del concordato – soddisfatti secondo i criteri e secondo la percentuale previsti nella proposta e nel piano che l’accompagna.

normativo, come segnale univoco di peggioramento delle condizioni patrimoniali del contraente, tale da mettere in pericolo il conseguimento della controprestazione, posto che la giurisprudenza (cfr. ad esempio Cfr. Cass., 15.06.2002, n. 7060) ha correttamente affermato che il peggioramento, per legittimare questa forma di autotutela del contraente in bonis, deve essere serio ed irreversibile. In ogni caso, sull’eventuale

“sospensione della prestazione in autotutela” da parte del contraente in bonis dovrebbe prevalere, se anteriore, l’iniziativa dell’imprenditore che presenta l’istanza di autorizzazione ex art. 169-bis.

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Deve a mio avviso ritenersi che ciò valga altresì - in questo diversificandosi la disciplina del c.p. rispetto a quella dettata per il caso di fallimento – con riferimento ai crediti (del contraente in bonis) scaturenti da contratti ad esecuzione continuata o periodica (che, in base ad una valutazione di tipo empirico, si può supporre costituiscano la tipologia più frequente di contratti suscettibili di prosecuzione o destinati comunque a proseguire nel corso della procedura concordataria).

In vero, la regola del “trascinamento” enunciata al riguardo, con riferimento alla procedura di fallimento, dall’art. 74 l. fall. (che prevede il pagamento integrale delle consegne già avvenute o dei servizi già erogati sulla base di contratti ad esecuzione continuata o periodica nei quali il curatore sia subentrato), non è richiamata dalle norme sul concordato preventivo e non sembra perciò, di per sé, suscettibile di applicazione a quest’ultima procedura; mentre deve ritenersi applicabile, in virtù delle norme di rinvio ricordate all’inizio, alle procedura di l.c.a. (cfr. art. 201 l. fall.) e di amministrazione straordinaria (cfr. art. 51 d. lg. n. 270/1999), per lo meno con riferimento ai crediti derivanti da prestazioni pregresse eseguite sulla base di un contratto di somministrazione30 e salvo, nell’a.s., il caso che il somministrante sia un imprenditore operante in condizione di monopolio (cfr. art. 51, co. 2, d. lg. n. 270/1999).

Tale soluzione appare, in termini generali, difficilmente controvertibile alla stregua dei dati positivi e corrisponde infatti all’orientamento maturato nella giurisprudenza di merito e di legittimità31 già anteriormente alla novella del 2012; né sembra in alcun modo scalfita o smentita dal disposto, del tutto “neutro” al riguardo, dell’art. 169-bis. E’ possibile che essa sollevi qualche dubbio sul piano della ragionevolezza e dell’equità: è infatti incontestabile che le controparti in bonis di contratti ad esecuzione continuata o periodica ricevono, nel caso di assoggettamento dell’impresa a fallimento, un trattamento migliore rispetto a quello che la legge accorda loro in caso di concordato preventivo e sono perciò

30 E’ infatti specificamente a questo tipo contrattuale, e non ai contratti ad esecuzione continuata o periodica in generale, che faceva riferimento la disposizione dell’art. 74 l. fall., nel testo vigente al momento in cui furono dettate le norme di rinvio ricordate nel testo. Si pone qui il consueto problema – che non può essere trattato in questa sede - di stabilire se le disposizioni di una legge che facciano rinvio ad altre, risalenti ovviamente ad un momento anteriore, includano nel rinvio (che viene allora detto “mobile”) anche le successive modifiche delle disposizioni richiamate.

31 Cfr. Cass., 18.05.2005, n. 10429; Cass., 30.01.1997, n. 968; Trib. Varese, 11.04.2011, in www.ilcaso.it, documento 4440.

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incentivate, nel primo caso a differenza che nel secondo, a mantenere la continuità del rapporto con l’imprenditore in odore di decozione.

Ad attenuare la segnalata asimmetria di trattamento, vale la circostanza, già richiamata, che i contraenti in bonis dell’imprenditore concordatario, se sono altresì creditori dell’imprenditore ammesso al concordato, hanno titolo per partecipare alla votazione sulla proposta concordataria ed hanno quindi la possibilità di esprimere con il voto il proprio eventuale dissenso rispetto al “trattamento” riconosciuto ai loro crediti, così come prefigurato nella proposta concordataria.

Una parziale deroga al divieto di pagamento integrale dei crediti da consegne eseguite o servizi erogati anteriormente alla proposta concordataria sembra tuttavia scaturire, nel caso in cui la domanda di concordato, preveda la c.d. continuità aziendale, dalla disposizione dell’art. 182-quinquies, co. 4, l. fall., alla cui stregua può essere autorizzato dal tribunale, eventualmente previa assunzione di “sommarie informazioni”, il pagamento in prededuzione ai crediti anteriori per prestazioni di beni o servizi32 che un professionista munito dei requisiti di cui all’art. 67, co. 3, lettera d), abbia attestato essere indispensabili (“essenziali”) “per la prosecuzione dell’attività d’impresa” e comunque “funzionali ad assicurare la migliore soddisfazione dei creditori”; crediti che è possibile derivino da prestazioni dedotte ed eseguite nell’ambito di un rapporto contrattuale di durata, stipulato anteriormente e proseguito, in virtù del disposto degli artt. 169-bis e 186-bis, dopo la presentazione della domanda di concordato33.

La deroga alla regola onde è interdetto, nel concordato, sottrarre al criterio del concorso uno o più crediti anteriori – sia pure rientranti nella categoria per la quale l’art. 74 l. fall.

dispone il pagamento integrale in caso di fallimento - è tuttavia subordinata all’autorizzazione dell’autorità giudiziaria, la quale a sua volta presuppone il parere di un professionista designato dal debitore e munito dei requisiti di professionalità ed indipendenza indicati nell’art. 67, co. 3, lettera d). Questi è richiesto di attestare

32 Il medesimo trattamento (e cioè il pagamento in prededuzione) è previsto a favore dei crediti derivanti da finanziamenti c.d. ponte, erogati all’imprenditore da un terzo (non necessariamente una banca o un intermediario finanziario), in funzione della presentazione della domanda di ammissione alla procedura di concordato preventivo, qualora i finanziamenti siano previsti dal piano.

33 Cfr. A. MAFFEI ALBERTI (a cura di), Commentario breve alla legge fallimentare, cit., sub art. 182-quinquies, II, 4; L. ABETE, Il pagamento dei debiti anteriori nel concordato preventivo, in Fallimento, 2013, 1108 ss, 1110 ss.

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l’essenzialità delle prestazioni, onde sono originati i crediti del cui soddisfacimento si tratta, ai fini della prosecuzione dell’impresa e la conseguente funzionalità del pagamento integrale all’obiettivo fondamentale della “migliore soddisfazione dei creditori”.

L’eventuale iniziativa del debitore, volta al pagamento per intero di determinati crediti anteriori (in ipotesi inerenti a contratti pendenti, proseguiti dopo la presentazione del ricorso per concordato preventivo), è dunque circondata di molteplici cautele: sul presupposto che il debitore abbia proposto la relativa domanda, l’autorizzazione può essere rilasciata solo a condizione che un professionista qualificato ed indipendente abbia rilasciato il parere di cui si è detto; a meno che il debitore non disponga di nuove risorse finanziarie, che gli siano state apportate “senza obbligo di restituzione o con obbligo di restituzione postergato alla soddisfazione dei creditori” (cfr. art. 182-quinquies, co. 4, ultima proposizione), nel qual caso può chiedere di essere autorizzato al pagamento, senza dover produrre l’attestazione positiva del professionista.

Dunque: (i) i crediti vantati dal terzo contraente in bonis in relazione alle prestazioni eseguite a favore dell’imprenditore concordatario sulla base di un contratto di durata proseguito dopo l’ingresso nella procedura sono da soddisfare secondo le regole ordinarie, e cioè a carico della massa dei creditori, (ii) i crediti vantati dal medesimo terzo contraente in relazione a prestazioni da lui eseguite, in favore del medesimo imprenditore, anteriormente all’inizio della procedura vanno soggetti alla falcidie concordataria, a meno che non ne venga dal giudice autorizzato il pagamento in prededuzione a norma dell’art.

182-quinquies, co. 4, quando ricorrano i presupposti ivi menzionati e la proposta di concordato ed il relativo piano prevedano la prosecuzione dell’attività d’impresa ex art.

186-bis.

5. Inefficacia, in caso di c.p., di clausole negoziali di scioglimento automatico dei contratti.

Il potere di iniziativa riguardo allo scioglimento/sospensione del contratto, riconosciuto all’imprenditore concordatario dall’art. 169-bis, è stato talora34 ricondotto alla fattispecie del diritto potestativo.

34 Cfr. Trib. Monza, 21.01.2013, in www.ilcaso.it; Trib. Salerno, 25.10.2012, in www.ilfallimentaristA.it. .

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Si è tuttavia giustamente replicato che una siffatta ricostruzione pecca di semplicismo: non sussiste infatti un rapporto diretto fra l’imprenditore ed il contraente in bonis, classificabile secondo la coppia di situazioni soggettive diritto potestativo/soggezione. Il potere di scioglimento non si attua e non si realizza ex se nei confronti dell’altra parte contrattuale, in quanto richiede, come inequivocabilmente stabilito dall’art. 169-bis, l’intervento autorizzatorio del giudice35, che dovrà esercitarlo sulla base di determinati criteri e di un’accurata ponderazione, finalizzata al loro reciproco contemperamento, dei diversi interessi in gioco (al riguardo si veda il paragrafo seguente).

Richiede, altresì ed in ogni caso, l’iniziativa del debitore: lo scioglimento (così come la sospensione) del rapporto contrattuale non possono verificarsi automaticamente in conseguenza della presentazione della domanda di concordato (né dell’accoglimento della stessa o della successiva omologazione del patto concordatario), neppure nell’ipotesi di concordato qualificabile – dal punto di vista del contenuto della proposta – come meramente liquidatorio.

Potrebbe la soluzione essere diversa nel caso in cui il contratto preveda e disciplini espressamente l’ipotesi dell’assoggettamento di una delle parti al c.p., facendone derivare lo scioglimento immediato del rapporto? Altrimenti detto, potrebbe una siffatta clausola contrattuale considerarsi legittima, posto che – come già si è constatato - il principio dell’inefficacia di patti o clausole convenzionali che ricolleghino all’instaurazione della procedura di concordato lo scioglimento dei rapporti contrattuali anteriori ed ancora pendenti è enunciato expressis verbis con riferimento al modello del concordato con continuità aziendale (art. 186 bis, co. 3) e non con riferimento al concordato in generale?

Ora, sembra ragionevole assumere che il medesimo principio trovi applicazione in tutte le ipotesi di concordato (in continuità, liquidatorio, ovvero misto), indipendentemente – dunque - dalle modalità di attuazione dello stesso e dai contenuti della proposta e del piano.

A favore di detto assunto milita innanzi tutto l’argomento sistematico, e cioè la coerenza del principio, onde è precluso all’autonomia negoziale delle parti dettare regole che

35 Si è discorso in dottrina, con riferimento all’ipotesi di risoluzione del vincolo contrattuale contemplata nell’art. 169-bis, di atto negoziale unilaterale di scioglimento del contratto o di atto negoziale di recesso, per il cui esercizio serve l’autorizzazione giudiziale o la cui efficacia è subordinata a detta autorizzazione.

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facciano discendere lo scioglimento del contratto dall’ingresso dell’imprenditore nella procedura di c.p., con la regola generale per la quale i rapporti contrattuali in corso proseguono nel concordato, a sua volta del tutto coerente con la struttura e le finalità di detta procedura concorsuale, che può prescindere dallo stato di insolvenza dell’imprenditore e che comunque è imperniata sulla permanenza in capo al’imprenditore in crisi della gestione e del possesso dei beni costituenti il suo patrimonio e la sua azienda, salva la loro eventuale messa in liquidazione, o la cessione ai creditori, se previste nella proposta e nel piano come mezzo per realizzare il miglior soddisfacimento dei creditori medesimi.

A corroborare l’argomento sistematico, si potrebbe addurre, ancora, l’argomento “a fortiori”, basato sulla presenza di un siffatto principio nella disciplina del fallimento, cosi come novellata dal d. lg. n. 5/2006: ora, se per l’art. 72, co. 6, l.fall. sono prive di effetto le clausole negoziali che fanno dipendere dall’assoggettamento dell’imprenditore alla procedura fallimentare la risoluzione dei rapporti contrattuali preesistenti, a maggior ragione dovrebbe escludersi l’operatività di dette clausole di risoluzione automatica nel concordato preventivo in genere, e cioè non solo in quella specifica ipotesi di concordato che si caratterizza per la previsione della continuità di esercizio dell’impresa (c.d.

continuità aziendale).

Per altro, l’argomento in esame potrebbe cadere nel caso di contratti (ad esempio, su derivati finanziari) che presentino profili di transnazionalità e siano comunque assoggettati ad una disciplina – anche solo convenzionale – di natura internazionale o sovranazionale, la quale preveda la risoluzione automatica del vincolo contrattuale per effetto del dissesto dell’impresa e del suo ingresso in una procedura concorsuale, pur dovendosi in tali casi di volta in volta verificare se la nostra procedura di concordato preventivo, con le sue peculiarità e le sue differenti modalità attuative, possa ritenersi compresa nelle fattispecie di “bankruptcy” o di procedure liquidatorie variamente denominate, a cui la specifica clausola contrattuale faccia testualmente riferimento.

6. I criteri ispiratori della decisione giudiziale sull’istanza di autorizzazione presentata ai sensi dell’art. 169-bis: comparazione e bilanciamento dei diversi interessi in gioco.

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