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Focalizzare l’attenzione sul gruppo

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Academic year: 2021

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Focalizzare l’attenzione sul gruppo

GIUSEPPE LICARI

1. Introduzione storica sull’origine del focus group

In genere l’ideazione della tecnica oggi chiamata “focus group”

viene attribuita a Robert K. Merton. In realtà Merton rifiutò la paternità del focus group affermando di non aver mai adoperato tale termine e rivendicando l’ideazione e la sperimentazione solamente delle interviste focalizzate. In ogni caso, tutto cominciò nel 1941, quando Paul Felix Lazarsfeld invitò Merton ad assistere ad una sessione di lavoro, durante la quale venivano esaminate le reazioni del pubblico a diversi programmi radiofonici, nell’ambito di uno studio commissionato da un’agenzia governativa, l’Office of Facts and Figures, predecessore dell’Office of War Information.

Alla fine dell’intervista Lazarsfeld chiese a Merton di condurre il gruppo successivo per mostrargli come, secondo lui, l’intervista dovesse essere realizzata. Così fu condotta per la prima volta quella che in seguito fu chiamata “intervista focalizzata di gruppo”:

un’intervista che coinvolgeva più persone contemporaneamente nel ruolo di intervistati, focalizzata su alcuni elementi, con lo scopo di comprendere ed esaminare in profondità, nel modo meno direttivo possibile, opinioni, atteggiamenti e motivazioni che inducono ad assumere determinati comportamenti.

Qualche tempo dopo, con l’entrata in guerra degli Stati Uniti (Seconda Guerra Mondiale), Merton effettuò delle interviste a gruppi di soldati per studiare le loro reazioni a film di addestramento e a cosiddetti film “morali”. Nel corso di quest’esperienza e più tardi nel lavoro al Dipartimento di Ricerca Sociale Applicata della Columbia University fu sviluppata una serie di procedure che divennero note come “interviste focalizzate”. Quest’ultime erano applicate, insieme ad altre tecniche quantitative (interviste strutturate o esperimenti),

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nel campo della communication research, in studi sugli effetti di film o di programmi radiofonici.

Merton si rese conto che con le tecniche “quantitative” si potevano ottenere informazioni sugli effetti finali, ma che solamente con le interviste focalizzate si riusciva ad individuare i contenuti e le parti del film o del programma radiofonico che provocava quegli effetti e i motivi per i quali li determinavano. Tali interviste furono chiamate “focalizzate” perché l’attenzione era posta su alcuni precisi elementi, sui quali s’indagava in profondità attraverso tecniche di probing, fino a risalire ai fattori che determinavano gli effetti.

Le interviste condotte da Merton e coll. erano non solo di gruppo, ma anche individuali.

Merton, comunque, si accorse presto delle reciproche differenze tra i due tipi di intervista e dei rispettivi vantaggi e svantaggi: l’interazione tra i membri del gruppo serviva a sollecitare l’approfondimento delle opinioni, ma le risposte individuali potevano essere contaminate dalla tendenza ad una convergenza di posizioni;

d’altra parte, le interviste individuali permettevano una più intensa spiegazione da parte di ogni persona, ma privavano della possibilità di far emergere nuove idee stimolate dall’interazione tra i membri del gruppo. Merton tenne a sottolineare che la tecnica da lui ideata non va identificata con i focus group: secondo l’autore, tra le due tecniche (focus-group e intervista focalizzata) può esserci continuità intellettuale, ma sicuramente non una continuità storica. A sostegno di questa sua affermazione, Merton riporta un brano tratto da un testo di Leo Bogart, nel quale l’autore parla di un tipo di ricerca qualitativa relativamente nuovo, risalente agli anni Settanta, chiamato “intervista focus group”.

Bogart ritiene il termine “focus group” un “barbarismo”, derivato dall’aver confuso (fuso insieme) la tecnica mertoniana dell’intervista focalizzata – nella quale un intervistatore fa sì che gli intervistati non deviino dal tema – con una tradizionale tecnica sociologica consistente in un colloquio con un gruppo di persone che sono stimolate le une dalle altre a parlare, sotto la guida di un intervistatore.

Probabilmente Merton, nel respingere con fermezza l’identità tra le interviste focalizzate e i focus group, è stato motivato anche dalla volontà di prendere le distanze da un cattivo uso del focus group, invalso nella ricerca di mercato. Il fatto che Merton non si riconosca come ideatore del focus group dipende, forse, dal cambiamento a cui è stata sottoposta la tecnica nel corso del tempo.

Quella che oggi è nota con il nome di “focus group” è una tecnica che presenta molte varianti e può non rispettare tutte le regole procedurali indicate da Merton e dai suoi collaboratori nei loro testi sulle interviste focalizzate.

Al di là della disputa sulla paternità del focus group, l’uso di questa tecnica si diffuse ampiamente nel marketing grazie a Lazarsfeld e al suo impegno parallelo nella ricerca di mercato e in quella accademica; nella ricerca scientifico-sociale, invece, il focus group sembrò essere stato dimenticato per molto tempo, fino ad una sua recente riscoperta negli anni Ottanta.

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Nel corso degli anni questa tecnica ha subito vari cambiamenti e non solo dal punto di vista terminologico. Le differenti forme presentano, tuttavia, alcuni fondamentali elementi comuni: la rilevazione è basata sulla discussione tra un piccolo gruppo di persone, invitate da uno o più moderatori a parlare tra loro di uno specifico argomento che il ricercatore ha interesse ad indagare in profondità. Diversamente dall’intervista, i partecipanti non devono, quindi, rispondere individualmente ad una serie di domande poste da un intervistatore, ma discutere e confrontarsi sul tema oggetto d’indagine. Tale modalità permette il recupero dell’interazione nella rilevazione delle opinioni.

Un aspetto importante, e da non sottovalutare, è il fatto che i soggetti possono esprimersi attraverso una forma consueta di comunicazione, la discussione tra “pari”, con la possibilità di ricreare una situazione simile al processo ordinario di formazione delle opinioni.

Nonostante i suoi vantaggi peculiari rispetto ad altre tecniche di ricerca sociale più tradizionali, il focus group oggi è ancora sotto utilizzato e poco conosciuto nella ricerca scientifico-sociale, soprattutto in Italia. Una conseguenza, tra l’altro, di questa scarsa e superficiale conoscenza è la con-fusione (nel senso letterale del termine) che si può riscontrare tra quanti affermano di utilizzare il focus group. Molte volte, infatti, non viene operata alcuna distinzione tra le diverse tecniche che si basano sul gruppo: tutto è focus group.

2. Dal marketing ad altri settori di ricerca

Inizialmente, il focus group ha avuto una grande, ma esclusiva, diffusione nel campo del marketing (mercato), del business (affari) e dell’advertising (pubblicità).

Il focus group è stato ampiamente utilizzato per la sua capacità di fornire importanti contributi nelle situazioni decisionali: esso, infatti, si è dimostrato utile per la creazione di idee per lo sviluppo di nuovi prodotti, per le campagne pubblicitarie, per la valutazione delle strategie di mercato, ecc. Di questa tecnica è stata apprezzata particolarmente la possibilità offerta al management di conoscere cosa i consumatori pensano di determinati prodotti, cosa provano, come li usano, come ne parlano, e di farlo direttamente, attraverso l’utilizzo dello specchio a una via o delle videoregistrazioni delle discussioni di gruppo, colmando così la distanza con il potenziale consumatore finale del prodotto.

A partire dagli anni Ottanta si è cominciato ad utilizzare il focus group anche per altri settori di ricerca.

Un sempre più crescente uso di questa tecnica si sta diffondendo nella ricerca in ambito sanitario, dove ormai la sua utilità è ampiamente riconosciuta.

Un altro settore in cui il focus group è stato ri-scoperto è quello della communication research, in special modo nella comunicazione

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campo, in particolare entro l’approccio dei cultural studies allo studio dei mass media. Nell’ambito di tale approccio, il focus group è utilizzato prevalentemente per esaminare la costruzione delle interpretazioni collettive attraverso l’interazione sociale e i modi quotidiani con i quali le persone, inserite in concreti gruppi sociali, attribuiscono significati ai testi mediologici.

Il focus group viene, inoltre, usato da diversi anni nell’ambito della politica: soprattutto durante le campagne elettorali, esso viene impiegato per studiare gli orientamenti degli elettori e le motivazioni sottostanti le decisioni di voto e per individuare elementi per la costruzione di messaggi efficaci che possano convincere i cittadini a votare un partito o uno schieramento piuttosto che un altro.

La tecnica del focus group viene applicata anche in campo educativo, in quello delle organizzazioni no-profit e in numerevoli altri settori di ricerca.

In una prima sintesi di aspetti operativi diciamo che prima ancora che in ambito accademico, nel settore della ricerca valutativa, parallelamente all’esigenza di valutare i programmi sociali, è emersa la necessità, da parte dei fornitori dei servizi, pubblici e privati, di conoscere il punto di vista degli utenti: le loro percezioni, emozioni, atteggiamenti e opinioni. E il focus group, come altre tecniche volte allo studio in profondità, è sembrato più adeguato a cogliere questi aspetti, rispetto ad altri strumenti più tradizionali come il questionario.

3. Che cos’è un focus group?

In letteratura, come abbiamo visto, non è rintracciabile una definizione univoca di focus group. Un primo elemento che ingenera confusione è l’uso non specifico di questa espressione, con la quale vengono indicati diversi referenti: da una tecnica di raccolta di informazioni ad una sessione di incontro, ad un gruppo di persone riunito per discutere l’argomento di ricerca, fino ad un particolare approccio di ricerca stessa.

Per cominciare a limitare la confusione terminologica si potrebbe restringere l’uso dell’espressione focus group ad uno solo di questi referenti, optando per quello al quale ci si riferisce, esplicitamente o implicitamente, in modo prevalente: una tecnica di rilevazione per la ricerca sociale.

Molti autori considerano il focus group un’intervista, tanto che alcuni chiamano questa tecnica “intervista focus group”. Mentre altri considerano il focus group un tipo di intervista di gruppo.

Il termine “intervista” non deve far pensare ad un’alternanza tra le domande di un intervistatore e le risposte dei partecipanti, poiché nel focus group si fa affidamento sull’interazione tra un gruppo di persone che discutono un argomento proposto da un moderatore.

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Dawson et al. precisano che il focus group non è un’intervista di gruppo ma una discussione di gruppo, che ha buon esito quando i partecipanti possono parlare tra loro sull’argomento proposto.

Nel focus group, il moderatore può proporre un tema di discussione e lasciare che i partecipanti ne parlino liberamente tra loro. E’ vero che nei tipi più strutturati di focus group il moderatore pone delle vere e proprie domande, ma anche in questo caso, non si aspetta e non chiede delle risposte da ognuno dei partecipanti, bensì lascia che essi discutano tra loro la questione proposta. Infatti, ciò che contraddistingue il focus group è il fatto che la rilevazione non è basata sulle risposte dei singoli partecipanti alle domande del moderatore, bensì sulla loro interazione.

Il focus group deve, quindi, essere considerato una terza tecnica rispetto alla tradizionale intervista e osservazione, in una posizione intermedia tra esse, possedendo alcune caratteristiche di entrambe:

come nell’intervista, nel focus group si possono porre domande; come nell’osservazione, si può osservare direttamente l’interazione dei partecipanti che si confrontano sull’argomento proposto.

Secondo Morgan, la natura intermedia del focus group fa sì che esso occupi una posizione autonoma e possieda un’identità distinta rispetto alle altre due tecniche di cui abbiamo detto sopra.

In conclusione, si ritiene preferibile definire il focus group non un’intervista, ma una tecnica di rilevazione basata sulla discussione tra un gruppo di persone.

Possiamo, dunque, intendere il focus group una tecnica che si basa sul gruppo. Nel focus group, infatti, la fonte di informazioni non è un singolo individuo, ma un intero gruppo di persone.

I focus group sono gruppi eterocentrati (in contrapposizione ai gruppi definiti “autocentranti”, dove l’oggetto di studio è il gruppo stesso) nel senso che l’attenzione è posta su qualcosa di esterno al gruppo: il tema di discussione proposto dal moderatore.

Per riassumere, elenchiamo di seguito gli elementi caratterizzanti il focus group:

• la rilevazione si basa sull’interazione tra un gruppo di persone;

• presenza di uno o più moderatori;

• focalizzazione su uno specifico argomento che interessa indagare in profondità.

Alla luce delle considerazioni fatte, proponiamo di definire il focus group come una tecnica di rilevazione per la ricerca sociale, basata sulla discussione tra un piccolo gruppo di persone, alla presenza di uno o più moderatori, focalizzata su un argomento che si vuole indagare a fondo.

Concludiamo facendo notare la versatilità di tale tecnica: può essere usato, infatti, da sola, come principale tecnica di rilevazione, oppure nelle fasi preliminari delle ricerche per la costruzione degli strumenti, o ancora come ausilio all’interpretazione dei risultati emersi dall’applicazione di altre tecniche.

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L’auspicio, comunque, è che il focus group venga rivalutato e usato in modo da sfruttare a pieno le sue potenzialità.

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