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IL CONFLITTO PSICHICO, L ANSIA, LE PSICOTERAPIE

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Academic year: 2022

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Questo promemoria ha lo scopo di tracciare un percorso cognitivo volto alla comprensione dei meccanismi mentali che sono alla base della sofferenza psichica, e ha la pretesa di improntare le basi teoriche di una linea di un intervento terapeutico.*

IL CONFLITTO PSICHICO, L’ANSIA, LE PSICOTERAPIE

dott. Giorgio Baldoni – Foligno

Nell’ambito dello studio sull’essere umano nella sua accezione più ampia, ai fini di questa ricerca, è ora opportuno focalizzare la nostra attenzione su tre aspetti fondamentali per comprendere il funzionamento e lo sviluppo della personalità

ATTITUDINE: questo termine identifica le caratteristiche psicofisiche proprie di ciascun essere umano che lo rendono, fin dalla nascita, particolarmente predisposto – quindi ‘aptus-ad’ (adatto) - a fornire migliori prestazioni in taluno dei più svariati ambiti in cui si possono esprimere le potenzialità umane; pertanto è possibile, ad esempio, individuare soggetti che manifestano attitudine in settori in cui prevalgono dinamismo e attività fisica e pratica (come lo sport, la danza, la musica, arti e mestieri) e soggetti che, al contrario, presentano particolare attitudine in attività a carattere più spiccatamente intellettuale, come la filosofia, la sociologia, la matematica, la fisica e anche la psicologia.

E’ facile comprendere come tutte le attitudini possano essere potenziate attraverso metodologie specifiche che forniscano idonei training.

INTERESSE: mentre l’attitudine ha una connotazione sostanziale poiché ascrivibile a caratteristiche proprie e tangibili dell’individuo, l’interesse – che attiene più propriamente alla sfera psichica e dipende solo in parte ed entro certi limiti dalle attitudini – è determinato dall’attrazione che il soggetto manifesta verso talune attività, a volte anche grazie al fascino che lo stesso subisce da stimoli esterni predisposti ‘ad hoc’.

Pertanto, gli interessi possono essere effimeri, meno stabili e duraturi rispetto alle attitudini, spesso condizionati e influenzati da fattori esterni e dalla gratificazione che l’individuo può ricavarne.

L’interesse per lo studio o per una determinata professione, ad esempio, è sostenuto dai successi ottenuti, mentre l’attrazione per una persona può subire enormi oscillazioni in dipendenza di molteplici fattori esterni condizionanti.

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Come per le attitudini – e forse anche di più - anche per stimolare o mantenere (ma anche per attenuare) gli interessi è possibile fare ricorso ad una molteplicità di tecniche e strategie.

MOTIVAZIONE : quest’ultimo termine, che merita lo spazio più ampio in questa esposizione, indica le reali intenzioni che sono alla base, in modo spesso inconsapevole, di ogni comportamento umano, sia esso fisico o psicologico.

In sostanza, la motivazione è la spinta, l’input, il reale motore di ciascuna azione e di ciascun progetto umano.

Poiché spesso sconosciute persino al soggetto che le adotta, le motivazioni, sono talvolta confuse - ad esempio nell’ambito scolastico, ma anche in quello lavorativo - con gli altri due concetti in precedenza analizzati.

Mentre è possibile selezionare soggetti in possesso di attitudini e interessi necessari per lo svolgimento di una determinata attività lavorativa, si avranno poche speranze di prevedere con una certa attendibilità che gli stessi siano poi in grado di esprimerli (e al meglio) nei contesti in cui saranno chiamati ad operare; e ciò anche in relazione a fattori umani estremamente variabili ed imprevedibili presenti in ogni situazione di gruppo.

Ciascuno di noi ha avuto esperienza di pazienti che hanno totalmente modificato, in modo assolutamente imprevedibile, il loro atteggiamento nei confronti del trattamento psicoterapico in corso, a volte, solo per il fatto che all’interno del gruppo non hanno trovato più cittadinanza certe loro motivazioni.

Per queste ragioni, ritengo utile e interessante un ulteriore approfondimento del concetto di motivazione, non senza aver precisato che tale termine può essere sostituito da quello, equivalente, di più immediata percezione e comprensione (anche per il suo uso e abuso nel linguaggio comune) e cioè dal termine BISOGNO

Al momento della nascita, ogni individuo è dotato di una struttura neuropsicologica di base, genetica ed atavica (Repertorio Primario) che gli consente di riconoscere i propri BISOGNI PRIMARI, ovvero quelli finalizzati a mantenere un equilibrio OMEOSTATICO a livello generale (caldo – freddo- sonno- fame –sete ecc.).

Questi bisogni, che si attivano quando l’equilibrio psicofisico si altera e cessano solo dopo essere stati soddisfatti, costituiscono, almeno per i primi momenti di vita, un bagaglio indispensabile per la sopravvivenza di ogni individuo.

Nell’ambito dei bisogni inerenti al soggetto nella sua individualità, i bisogni Omeostatici sono seguiti da quelli, sempre molto precoci, denominati ANTIOMEOSTATICI o ESPLORATORI,

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volti alla rottura di equilibri psicologici precedentemente raggiunti e orientati alla scoperta del mondo esterno come sorgente di piacevoli stimolazioni sensoriali.

Nonostante l’innata percezione dei propri bisogni primari, l’infante, data la sua impreparazione biologica, non potrebbe sopravvivere senza la presenza di un soggetto esterno che gli fornisca risposte empatiche adeguate.

La consapevolezza, sempre più chiara, della presenza di un agente esterno fonte di gratificazioni - in una condizione, via via sempre più vivida, di alterità rispetto a sé - fa sorgere nel bambino i prodromi del BISOGNO DI AFFILIAZIONE.

Questo Bisogno appartiene ad un gruppo più evoluto di motivazioni – inerenti l’individuo inserito in un determinato contesto di relazione - denominate MOTIVAZIONI SOCIALI che, ai nostri fini, rappresenta il ‘terreno di gioco’ più importante ed interessante.

Nell’ambito delle Motivazioni Sociali, possiamo distinguere quelle di AFFILIAZIONE, di POTERE, e di RIUSCITA

I bisogni di AFFILIAZIONE, la cui sorgente abbiamo conosciuto poc’anzi – e che quasi sempre operano in concomitanza con meccanismi difensivi quali l’idealizzazione e la proiezione – si estrinsecano nella necessità di protezione, sicurezza, appoggio affettivo, e spingono l’individuo a ricercare, fuori da sé, situazioni o soggetti che, di volta in volta, vengono percepiti come affidabili, onnipotenti e aventi in sé la capacità di soddisfare bisogni.

Gli individui in cui è forte la motivazione di affiliazione si dimostrano capaci di sforzi impensabili e di seguire percorsi anche tortuosi pur di approvvigionarsi favori, consensi e protezione di persone che essi individuano o eleggono, nell’ambito del contesto sociale, come figure dominanti o dotate di capacità straordinarie.

Ben presto, tuttavia, accanto al bisogno di affiliazione, nell’individuo si fanno strada anche tendenze opposte, tese a sciogliere i legami di dipendenza – pure necessari alla sopravvivenza nelle prime fasi della vita – e a ricercare un autonomo funzionamento dell’Io; è l’humus favorevole alla nascita di altre motivazioni: quelle di POTERE e di RIUSCITA.

Le MOTIVAZIONI DI POTERE spingono l’individuo a prediligere situazioni e condizioni che gli consentano di esercitare un dominio (fisico o psicologico) su cose e persone (in strutture organizzate ma anche laddove non siano previste gerarchie) in una ricerca che pervade ogni progetto e che oppone l’individuo ad ogni altro che cerchi di ostacolarlo.

Non è insolito, pertanto, riscontrare una forte motivazione di potere in soggetti che abbiano scelto di intraprendere la carriera militare, ovvero la professione medica, la docenza ecc…

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Le Motivazioni di Riuscita invece, sono alla base di comportamenti tesi al raggiungimento di traguardi con connotazione di eccellenza, di cui fregiarsi al cospetto di altri.

Per alcuni soggetti la vita può diventare un terreno di gara in cui si deve vincere ad ogni costo.

I tre tipi di Motivazioni Sociali passati ora in rassegna, costituiscono un’ottima griglia di osservazione per molti dei nostri comportamenti e anche di quelli dei soggetti con i quali ci dovesse capitare di interagire.

In un determinato individuo una delle motivazioni sopra esposte può essere prevalente, altre volte lo stesso soggetto è portatore di una combinazione di una o più di esse; di guisa che è possibile tracciare una specie di identikit di una persona e prevederne i comportamenti in base alla distribuzione delle sue motivazioni.

Le motivazioni sin qui analizzate (di affiliazione, di potere e di riuscita) sono accomunate dalla preminente importanza attribuita dal soggetto al loro soddisfacimento , che egli valuta vantaggioso a prescindere da tutto, anche dalla contropartita (a volte assai onerosa) che gli viene richiesta e che lo rende quasi inevitabilmente la parte debole e, alla fine perdente, dei rapporti che instaura.

Le MOTIVAZIONI VALORIALI, invece, (che possono anche coesistere con quelle appena menzionate) si collocano ad un livello successivo e più elevato di maturazione della personalità dell’individuo; in risposta ad esse, i soggetti compiono imprese, raggiungono traguardi, si dedicano a ricerche, esercitano professioni, non già prevalentemente per i vantaggi personali che possono ricavarne, ma in funzione dell’intrinseco e meritorio valore che essi attribuiscono alle attività svolte e agli obiettivi prefissi; prediligere questo tipo di motivazione costituisce il traguardo ultimo di ogni processo pedagogico o psicoterapeutico o, comunque, di crescita e di maturazione dell’Io.

Tutte le motivazioni fin qui analizzate, nessuna esclusa, sono presenti in ogni accadimento della nostra vita e, rappresentando le reali ragioni del nostro agire, sono alla base di ogni comportamento o processo mentale; d’altro canto, una presenza bilanciata e un’evoluzione fisiologica di dette motivazioni contribuiscono in modo rilevante alla costruzione della personalità dell’individuo e ad assicurarne un funzionamento equilibrato e corretto.

Le motivazioni, come già si è detto, spingono l’individuo, o meglio il suo ‘io’ ad elaborare progetti e ad adottare strategie volti ad ottenere il soddisfacimento dei propri bisogni; l’evenienza ottimale, più auspicabile per l’equilibrio del soggetto e per il suo benessere psichico è che le motivazioni di

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cui è portatore siano prevalentemente valoriali e che egli riesca nell’impresa di soddisfarle (in modo da avere un bilanciamento tra la domanda e la risposta).

In taluni casi - inconsciamente consapevole dell’impossibilità di realizzare i propri bisogni - l’individuo pone in essere una serie di MECCANISMI DIFENSIVI che sfuggono alla

consapevolezza razionale e che spesso coincidono con una percezione più o meno alterata della realtà e degli eventi (della quale il soggetto stesso poi paga le conseguenze nocive) volti ad evitare di incorrere nella sgradevole esperienza del disagio psichico connesso con la frustrazione.

Condizioni ambientali o contesti sociali sfavorevoli, fattori esterni e anche le censure morali interne all’io, di fatto a volte, impediscono il concretizzarsi della situazione ottimale sopra descritta;in tale evenienza e verificandosi la circostanza del fallimento nel loro intento da parte dei meccanismi difensivi, si genera nell’individuo una condizione di disagio psichico connesso alla frustrazione, si scatena un vero e proprio CONFLITTO PSICHICO che produce i sintomi dell’ANSIA.

Questa può irrompere in modo acuto, improvviso, drammatico, sconvolgendo la stabilità psicologica dell’io, oppure in modo più nascosto, subdolo, ma comunque destabilizzante.

Nell’uno e nell’altro caso si assiste in breve tempo all’organizzazione e strutturazione di diversi DISTURBI PSICOPATOLOGICI che costringono alla richiesta di interventi terapeutici da parte di specialisti psichiatri o psicologi.

I disturbi psicopatologici possono manifestarsi nelle forme più varie: da quelle raccolte

nell’espressione, generica ed impropria, di ‘esaurimento nervoso’ a quelle ricomprese nella vasta famiglia dei disturbi psicosomatici ( “ malattie funzionali ” della pelle, dell’intestino, dell’apparato riproduttore, ecc.).

Quando, poi, le situazioni conflittuali insorgono in età precoce e sono persistenti nella vita di un individuo, creano le condizioni per la determinazione di un “disturbo di personalità”.

In questo contesto, l’intervento psicoterapico, da parte di uno specialista psicologo, si propone molteplici linee di intervento operativo, attraverso strategie simultanee.

Esse, in sintesi, possono essere così individuate:

1. intervenire sui bisogni dell’individuo, aiutandolo a modulare, in modo più maturo, le proprie aspettative, compatibilmente con la realtà esterna e con il proprio super-io severo

2. allenare il soggetto a tollerare le frustrazioni che abitualmente accompagnano i bisogni non soddisfatti.

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3. Aiutare il paziente a prendere coscienza che i meccanismi difensivi, anche se

nell’immediato possono proteggerlo dall’ansia, alla fine risulteranno, per lui, antieconomici.

4. Condurre il paziente alla consapevolezza che si può ottenere un buon compromesso ( tra i propri bisogni e le proprie possibilità di realizzarli ), adeguato alle caratteristiche della propria personalità, senza necessariamente ingaggiare inutili battaglie con “ mulini a vento ”

RIFLESSIONI ACCESSORIE SUL SIGNIFICATO E SULL’IMPORTANZA DEI SINTOMI

Partendo dall’assunto che il sintomo sia una delle tante modalità di espressione di un bisogno, si può ipotizzare che lo stesso possa sostituirsi alla modalità verbale ed avere, in determinate occasioni o circostanze, maggiore possibilità di richiamare l’attenzione di coloro che si relazionano con un soggetto che vive un disagio psichico; il quale, peraltro, è il più delle volte inconsapevole, non solo della natura ‘strategica’ dei sintomi di cui è portatore, ma anche dei vantaggi per l’ottenimento dei quali la stessa è stata elaborata.

Il lavoro degli psicologi in un percorso terapeutico, allora, è quello di farsi condurre, attraverso la strada privilegiata tracciata dal sintomo (da considerare non più solo come un nemico da abbattere ma come un alleato), al mandante, cioè al problema spesso oscuro e nascosto e che dà segni di sé solo attraverso il sintomo.

Utilizzare gli psicofarmaci per nascondere o annullare i sintomi che richiamano l’attenzione segnalando un problema, un disagio psichico, sarebbe tanto sconveniente ed antieconomico quanto ignorare la spia rossa che lampeggia nel cruscotto della nostra auto: il rischio è quello di rimanere in panne!

L’auspicio, pertanto, è quello di prestare ascolto ed attenzione ai sintomi, di servirsene (considerandoli sotto una diversa e nuova prospettiva, senza demonizzarli anzi fin quasi ad apprezzarli), per riuscire a trovare le soluzioni più idonee a risolvere i problemi che li generano.

Essi sono prodotti da sistemi interni a noi per avvertirci dell’esistenza di situazioni ben più serie e dannose, alla stregua della sirena dell’antifurto che avverte dell’intrusione di un estraneo all’interno della nostra proprietà.

Come non chiederemmo alla polizia che accorre in nostro soccorso di spegnere la sirena dell’antifurto perché fastidiosa all’udito, almeno fino a che non sia stato perquisito il nostro appartamento, così non dovremmo chiedere allo psicologo medico a cui ci rivolgiamo, di tacitare i sintomi con uno psicofarmaco, almeno prima di aver individuato con il suo aiuto il problema che ha fatto scattare il sintomo.

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Soltanto dopo è consigliabile spegnere la “sirena-sintomo”, anche ricorrendo all’uso di farmaci adeguati.

Questo comportamento, più corretto, permetterebbe di attenuare momentaneamente il disagio prodotto dal sintomo, ma consentirebbe contemporaneamente di scoprire e risolvere i problemi che stanno a monte, che se non risolti potrebbero ripresentarsi con più forza e sotto altre vesti.

L’incapacità di risolvere il problema attraverso la corretta interpretazione del sintomo potrebbe condannare il paziente ad una dipendenza infinita dagli psicofarmaci e a vedere seriamente compromessa la qualità della propria esistenza.

Alla luce delle argomentazioni sopra esposte risulta ora più chiara la funzione dello psicologo medico: esso assume il ruolo di interprete del linguaggio dei sintomi, di mediatore tra i bisogni e la realtà esterna e interna all’io del soggetto, di consigliere e di suggeritore sul palcoscenico della vita quotidiana dell’individuo.

* Questi contenuti sono stati argomento delle lezioni tenute dal dott. Baldoni nel corso dell’anno accademico 2000/2001, presso la Scuola di Formazione in Psicoterapia Gruppoanalitica della sede S.G.A.I. di Roma.

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