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S.I.Ve.M.P Corte dei Conti Sentenza n. 1923/2009 1

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S.I.Ve.M.P Corte dei Conti Sentenza n. 1923/2009

1 Corte di Conti Lazio, Sent. n. 1923 del 14.10.2009

omissis

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con atto di citazione depositato il 26 settembre 2007 la Procura regionale per il Lazio ha convenuto in giudizio il signor G. R. nella sua qualità di Dirigente medico, il quale, pur se inquadrato nell’Azienda Sanitaria Locale RMG di T. in regime di esclusività e percependo la relativa indennità, di fatto forniva prestazioni private come dentista.

Riferisce la citazione che il giudizio prende avvio da una segnalazione del 28 marzo 2007 del Comando Compagnia Guardia di Finanza che comunicava, all’esito di una complessa attività di indagine delegatagli dall’AGO, una fattispecie penale nella quale si ravvisavano anche gli elementi costitutivi della responsabilità patrimoniale amministrativa.

In particolare veniva accertato dall’organo di P.G. che il dott. R. , assunto con contratto di lavoro a tempo determinato quale Direttore di Distretto di Azienda, con incarico quinquennale di dirigente medico, con inizio del rapporto di lavoro dal 21 settembre 2002 era stato assunto con un contratto sottoscritto nell’aprile 2002, che prevedeva un rapporto di esclusività.

Il convenuto provvedeva a cessare l’attività libero professionale presso lo studio di cui era titolare in T. , via X. n.19.

I militari della Guardia di Finanza, attraverso sopralluoghi, assunzione di informazioni, appostamenti e pedinamenti, e attraverso la perquisizione dei locali ed il sequestro di materiale informatico e documentale accertavano che presso il civico 19 di via X. aveva sede – dal 10 aprile 2002 – il Centro Medico X. , presso il quale il convenuto continuava a svolgere l’attività di dentista, nella realtà mai abbandonata.

Amministratore del centro medico era stato prima il cognato del dottor R. e poi la figlia, dal verbale di interrogatorio del cognato si evince che il convenuto esercitava nello studio la professione di dentista con carattere di continuità.

Riferisce la citazione che nel maggio del 2004 il dott. R. aveva stipulato un altro contratto con la medesima Azienda Sanitaria e che a seguito della stipula aveva ottenuto un atto di intesa, con autorizzazione a svolgere attività intramoenia presso uno studio privato (mer 17/20 e sab 10/12), mediante utilizzazione di bollettari intestati all’Ospedale pubblico e versamento allo stesso delle somme incassate a titolo di onorario. Il dott. R. alla data dell’autorizzazione ( 3 maggio 2004) aveva ritirato un solo bollettario che non ha mai utilizzato, se non dopo i controlli effettuati dalla Guardia di Finanza.

La Procura quantifica il danno in € 53.000,00 (dal 2002 a marzo 2006) per le somme indebitamente riscosse a titolo di indennità di esclusività ed in € 87.456,00 per il 50% dei ricavi conseguiti che sarebbero dovuti affluire all’Azienda Sanitaria Locale. Per un totale di € 140.590,85 oltre rivalutazione ed interessi.

Sulla base delle riferite emergenze istruttorie il PM contestualmente chiedeva il sequestro cautelativo delle somme dovute e l’istanza era accolta dal Presidente della Sezione Giurisdizionale della Corte dei Conti per il Lazio, con decreto del 20 luglio 2007.

Pervenuta la causa all’udienza del 3 settembre 2007 il giudice designato con ordinanza n. 0451/07 confermava il provvedimento cautelare.

Con memoria depositata in data 1 ottobre 2008 si è costituito in giudizio il dott G. R.

rappresentato dall’avvocato E. V. , sostenendo la mancanza dell’elemento soggettivo del dolo o della colpa grave, non avendo il convenuto mai preso servizio come dirigente. Sostiene inoltre che è

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2 errata la quantificazione del danno e che l’indennità di esclusività è stata percepita a seguito di un regolare contratto di lavoro ed i ricavi sono stati quantificati in via del tutto indiziaria, per cui conclude chiedendo l’assoluzione

DIRITTO

La domanda attrice è fondata.

Invero, l'art. 15-quinques del d. lgs. 30 dicembre 1992, n. 502 stabilisce per i dirigenti sanitari un rapporto di lavoro esclusivo, salvo l'esercizio di attività libero professionale nei soli casi e secondo le tipologie di cui al comma 2 di tale norma.

Nel caso di specie, risulta acclarata sia l'attività svolta presso la X. Medica srl, sia la mancata utilizzazione dei bollettari intestati all’Ospedale pubblico, forniti al convenuto dopo la stipula dell’atto di intesa che lo autorizzava a svolgere attività libero professionale intramoenia presso uno studio privato.

Come evidenziato nell’atto introduttivo infatti il R. ha ritirato un solo bollettario di ricevute che al momento degli accertamenti della P.G. risultavano ancora inutilizzate, malgrado lo stesso svolgesse regolarmente attività privata.

Al riguardo le difese del convenuto circa il fatto che il dottor R. non avrebbe mai “di fatto” preso servizio come dirigente fino al maggio 2004, in relazione alle vicende relative al contenzioso civile in atto tra l’azienda sanitaria il dottor Rapone e lo stesso R. appaiono prive di pregio, in quanto dagli atti acquisiti risulta che il convenuto svolgeva attività privata con continuità e nel contempo percepiva l’indennità di esclusività.

Pertanto il Collegio ritiene che nessun dubbio sussista circa la responsabilità del R. per quanto concerne il danno, quantificato in € 53.000,00 e relativo alle somme riscosse nel periodo che va dal 2002 al marzo 2006 a titolo di indennità di esclusività, non dovuta in quanto contemporaneamente lo stesso rendeva prestazioni da collocarsi nell'ambito dell'attività libero professionale.

Quanto a tale posta di danno, va accolta la quantificazione effettuata dal P.M. che tiene conto delle indennità percepite per lo svolgimento dell'attività in esclusiva. Considerato che il rapporto di esclusività non è stato rispettato, tali indennità risultano percepite del tutto indebitamente.

Lo stesso non può dirsi tuttavia per quanto riguarda il danno derivante dal mancato versamento del 50% dei ricavi conseguiti dal R. dal 2004 al marzo 2006, in quanto non esiste in atti la prova concreta di quale sarebbe stato l’effettivo danno per mancato utilizzo dei bollettari.

Alla luce delle precedenti considerazioni devono ritenersi sussistenti i presupposti oggettivi e soggettivi della responsabilità amministrativa del dott. R. che, pertanto va condannato a risarcire il danno prodotto all’Azienda Sanitaria Locale Roma “G” di T. nella misura quantificata dal P.M. con riferimento alle somme indebitamente riscosse a titolo di indennità di esclusività percepita al professionista senza averne diritto pari a euro 53.000,00, oltre rivalutazione monetaria, da calcolarsi dalla data di percezione dei singoli ratei delle indennità non dovute fino alla pubblicazione della presente sentenza.

Dalla data di pubblicazione della sentenza dovranno essere applicati anche gli interessi legali fino al soddisfo.

Le spese seguono la soccombenza P. Q. M.

LA CORTE DEI CONTI

Sezione Giurisdizionale del Lazio

condanna il dott. G. R. , nato a V. il 6 gennaio 1951, al pagamento, in favore dell’Azienda Sanitaria Locale Roma “G” di T. , di euro 53.000,00 (cinquantatremila/00), oltre rivalutazione monetaria e interessi legali come indicato in parte motiva.

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3 Condanna altresì il dott. R. al pagamento delle spese di giudizio che fino alla data della presente sentenza sono liquidate complessivamente in euro 1.352,11(milletrecentocinquantadue/11)

Manda alla segreteria per gli adempimenti di competenza.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio del 27 ottobre 2008.

omissis

Depositata in Segreteria il 14.ottobre 2009.

omissis

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