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LA VIRTÙ DI RELIGIONE

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LA VIRTÙ DI RELIGIONE

D a oltre m ezzo secolo assistiam o allé apparizioni delle più grandi m eraviglie sul nostro suolo. Le in- venzioni si sono succedute allé invenzioni con un ritm o ed una rapidité sem pre crescente.

Il com m ercio e 1’ industria hanno preso enorm i proporzioni; le sbarre di divisione tra i popoli sono state atterrate. I! dinam ism o della vita si è m oltipli- cato all’infinito per le rapidissim e e facili com unica- zioni. G randi soddisfazioni, lussuose com oditàsi sono avute in m erito al progresso della scienza.

C on tuttociô non oserem m o afferm are che si sia raggiunto la felicità da tutti costantem ente inseguita.

In questa m arcia gloriosa, attratti da sete di conquista, da un naturale im pulso di curiosità e da un facile orgoglio, si è trascurato un elem ento che pure oc­

cupa un posto im portante nella vita um ana, la prin­

cipale anzi, lo spirito.

N elle m enti di m olti le scienze esatte hanno pro- gredito a totale scapito delle speculative e m orali, giudicate orm ai un bagaglio inutile ed im barazzante in ordine al fine della vita che è stato circoscritto dalle sole fruizioni sensibili. Indagarne le cause non sarebbe difficile. P otrem m o forse, cam m inando a ri- troso, riconnettere questo fenom eno patologico all’ap-

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— 9 —

parizione di M artin Lutero. I protestant! stessi di oggi non m ancano di attribuirgli, questo poco invidiabile vanto (1). Per ora lim itiam oci a constatare che noi respiriam o un’aria greve e satura di m aterialism ©, e non si sa se il progresso scientifico com pensi la de­

solante aridité dello spirito. Eppure senza negare la grande portata di quello dobbiam o am m ettere che la scienza dello spirito, non la pseudoscienza dello spi­

rito che va sotto il nom e di idealismo, m a la vera, la orm ai sicura scienza dello spirito che si chiam a

perennis philosophia, e

soprattutto la teologia nelle due parti in cui si divide: dogm atica e m orale, è di un fascino im m enso, di un interesse individuale e sociale incalcolabile. Panoram i intellettuali stupendi di illum inato orizzonte aprono quei sovrani principi sui quali poggia ogni ordine di verità ; analisi dello spirito, dei sentim enti, delle passioni m eravigliosa, acutissim a offrono gli assiom i m orali, sviluppati dietro le orm e dei grandi intelletti cristiani.

Ciascun aspetto, ciascun colore, ciascuna sfum atura di questa m isteriosissim a psiche um ana viene svisce- rato pienam ente, categorizzato, classificato, definito nelle sue linee essenziali, nelle sue propriété, nei suoi rapporti scam bievoli. N iente sfugge ali’introspe- zione di questa scienza. U n’attrattiva dei tutto par- ticolare rivela pero la m orale tratteggiando la strut- tura organica della virtù, ciascuna delle quali ha la propria m ansione nelle com plesse ascensioni dello spirito um ano. È a questa parte appunto che vogliam o dedicare il nostro studio, pariando della religione.

(1) Rivista dei G iovani - M aggio 1927: Protestantesim o, Cattolicism o, progresso scientifico. - Luigi Schremin.

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N on tutti certo Ia conosceranno com e virtù del- I’anim o. Nel significato di questo nom e entra gene- ralm ente: Γ insiem e di tutte le verità, virtù e precetti m ediante i quali la nostra vita è ordinata a D io, com e pure quello stato particolare di vita in cui si cerca di attuare nel m odo più perfetto possibile questa tendenza. O ltre a questi due sensi generali la parola religione ne possiede uno speciale di virtù specifi- cam ente diversa dalle altre, per m ezzo della quale si rende il debito culto a Dio.

Q uesto om aggio di culto è ciô che conferisce alia religione la sua particolare fisionom ia, la nota che la caratterizza e la distingue dalle altre, il lavoro suo nel perfezionam ento dell’anim a, non esercitato da alcun’altra virtù. È, in due parole ben note nel lin- guaggio scolastico, il suo

oggetto formale.

Prim a perô d’ indagarne a fondo il significato, è necessario accennare di volo a due presupposti indispensabili alia trattazione di questa virtù: Γ esistenza di D io e il dogm a della creazione.

L’esistenza di D io è in relazione diretta colla virtù di religione. D alla sua negazione scaturiscono tutti gli errori afferm ati dai razionalisti nel cam po della filosofia religiosa. M a essa non resta m eno saldam ente provata dai filosofi dell’ antichità e dai nostri, nono- stante gli sforzi infiniti di perversi o m eschini intel- letti. Le orm ai celeberrim e cinque vie per raggiun- gerne da dim ostrazione, hanno fondam enti granitici, che attendono fidenti il ripetersi di qualunque tem - pesta, féconda ad essi di m aggior consistenza.

L’ altro caposaldo insinuatoci dalla fede, m a pur possibile a scoprirsl colla ragione è la dottrina della creazione. N essuno degli antichi speculatori greci si pronunciô su questa realm ente ardua questione. I più

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— ii —

concessero al som m o N um e il titolo di ordinatore dell’ universo, ponendo accanto a Lui la m ateria esi- stente. non si sa com e,

ab aeterno.

M a la rivelazione vcnne a colm are il vuoto, e ci apri la conoscenza dell’estrazione m isteriosa di tutte le cose dai niente assoluto.

Creatio est eciuctio totius entis ex nihilo

(1).

D a queste verità scaturisce per noi un elem ento che non è possibile trascurare. E sser creato vuol dire esser tratto dai nulla, com parire cioè alla luce del sole dal tenebrore del C aos, esser chiam ato su- bitam ente a far parte dello splendore dell’ universo, passare in istante dalla inesistenza assoluta all’esi­

stenza, e, per 1’uom o, all’ esistenza cosciente, m orale, libera; esser creato equivale a ricevere in un m om ento la facoltà di percepire. di operare, d’ intendere, di am are, di godere: significa sentire il fascino degli astri, dei m onti, dei m ari, di tutte le opere d’arte ecc., avere insom m a il pieno possesso di quell’ ineffabile dono che si chiam a vita.

O gni dono genera un obbligo naturale verso ii donatore (2), e a m isura che il dono s’ingigantisce, cresce la nécessité della riconoscenza; e se questo sia la concessione radicale di tutto il nostro io, non basterà a retribuirlo una qualunque offerta di grati- tudine, m a potrà soddisfare il debito, senza colm arlo.

unicam ente la piena dedizione della nostra persona- lità al donatore. U na statua a cui un M ichelangelo divino avesse realm ente dato la potenza di esprim ersi non dovrebbe com portarsi diversam ente. Inoltre, m e­

diante il fatto della creazione, il C reatore viene ad

(1) Som m a teologica l.a 45 I.

(2) Som m a teolog. 2-2.a 106. III.

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— 12 -

acquistare una dignità d’im m enso valore di fronte alla creatura, a dim ostrarsi, rispetto ad essa, di un’ infinita eccellenza, adorno di ogni virtù e perfe- zione.

Si com prende dunque che m entre diversi altri rapport! vi possono essere tra Γ E ssere suprem o e l’uom o, sorti da m otivi distinti, ve ne ha uno parti- colare di C reatura al C reatore, che contiene in sè Γ obbligo assoluto di soggezione di quella a Q uesto, e di più il dovere di onorare in Lui la sovrana ec­

cellenza che rifulge particolarm ente nella creazione.

Q uesti due doveri, som m ati in uno, ci danno la virtù o assoggettam ento dell’uom o a D io ; dell’anim o prim a di tutto e poi del corpo. E d ecco la religione.

( Continua)

P. Lu i g i Ro m o l i O . P.

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La Pace di Gesù

ΙΙΙΙΙΙΙΙΙΙΙΙΙ|ΙΙΙΙΙΙΙΙΙΠΙΙΙΙΙΙΙΙΙΙ1ΙΙΙΙΙΙΙΙΙΙ!ΙΙΙΙΙΙΙΙΙ1ΙΙΙΙΙΙ111ΙΗΙΙΙΙΙΙΙΙΙΙΙΙΙΙΙΗΠϋΙΙΗΙΙ llllllinilllllllllllUUlllllUlUllIlllllUllIllUlUlllllllllllllillllllllllHIIIIIIIIIIIIIH

-fefeJIlllllllllllllllillllDIUIIIIIIII

Ι1Ι|Ι····ΗΙΙΙΙΙΙΙΙΙΙΙΙΙΙΙ|Ι|ΙΙΙΙΙΙΙΙΙΙΙΙΙΙΙ

durante la sua Passione

P er penetrare a fondo il m istero della R edenzione, bisogna considerare com e nell’am ore di N ostro Si­

gnore m orente per noi sulla C roce, si unisce, nel m odo più intim o, il dolore più grande di quanti ne siano m ai stati nella vita présente e la pace più alta che possa esistere finanche nel cielo.

Q uesti sono due effetti apparentem ente contrari, m a m olto intim am ente uniti, della pienezza della grazia, che fù in N ostro S ignore dal prim o istante della sua vita; due effetti che sono corne le ultim e due parole della sua vita interiore. T ra questi due poli opposti era, si puô dire, tutta la sua vita interiore di quaggiù.

Q uesta è l’idea altissim a e bellissim a la quale è corne l’anim a di un libro scritto nel secolo X V II dal P. L uigi C hardon O . P.

La Croce di Cristo,,

nel quale egli m ostra com e questi due effetti derivano dalla pienezza di grazia, e sono partecipati in diversa m isura dai m em bri del C orpo M istico.

* **

La pienezza di grazia condusse Nontro Signore a

voler sopportare per noi il dolore più grande che

possa essere nella vita présente.

(7)

LA VIRTU D! RELIGIONE

L ESSENZA.

G ià Γ indagine etim ologica o nom inale, che, corne tutti gli iniziati alla filosofia conoscono, traccia la via alla definizione reale, ci fornisce in nucleo gli ele­

m enti per stabilire la vera natura della religione.

Cicerone fa derivare la parola da:

re-legendo.

L’uom o religioso infatti percorre di nuovo, rivolge in m ente, rivede spesso - tale è il significato del verbo latino - cio che spetta al culto della D ivinità.

S. A gostino crede che religione provenga da:

re­

digere,

quasi rielezione o nuova scelta di Dio e della sua am icizia precedentem ente rifiutata col peccato.

Lattanzio, 1’elegante scrittore affricano del 3.° secolo, ritiene 1’etim ologia dal verbo:

re-ligare,

com e un reiterato allacciam ento, una nuova alleanza, un repli­

cato abbraccio dell’uom o a D io. E questa opinione è la più accreditata e la più com une. S. Tom m aso perô non respinge le altre. Trova invece in esse un fondo di arm onia e le fa convergere ad un unico punto.

« È Dio, com m enta nello stile denso della Som m a Teologica, a cui dobbiam o più che ad ogni altra cosa rim anere uniti com e a indeficiente principio,

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sorgente inesauribile di essere; che dobbiaino aver di m ira e senza posa proporci com e fine ultim o del nostro agire; e, protestandogli fedeltà, ricuperare, dopo averlo vilm ente abbandonato peccando (1). D a D io, afferm a in altro luogo,'incom inciam m o a distac- carci nella creazione, e specialm ente col peccato. E la religione com pie Γ ufficio di riannoda<rci a Lui, principio perenne della nostra vitalità, perché cosi

« tornino i fiumi all' oceano donde sono usciti»(2).

C on una espressione che le abbracci tutte potrem m o definire le suesposte sentenze cosi: religione equivale a riavvicinam ento a D io in qualità di nostro principio e fine suprem o. A nche un occhio non eccessivam ente acuto scorge subito di qual natura debba essere, per Γ uom o, questa approssim azione. E d è proprio tale considerazione che ci trasporta in pieno nell’analisi della religione com e virtu dell’anim o.

Sem plifichiam o la cosa con un esem pio. Il nostro divino M ichelangelo pub offrirne lo spunto. T utti ri- cordano lo sdegno sublim e con cui, rapito egli stesso di m eraviglia, percosse il suo M osè, lanciandogli parole che suonano un nobile orgoglio del proprio valore di artista: P erché non parli? Il m arm o rim ase freddo e im m obile, poichè anche uno scalpello per m etafora detto divino è im potente a introdurre la vita nella m ateria. M a io fingo per un istante che il sovrano m aestro scorga la pesante m ole anim arsi, le arterie scolpite gonfiarsi dell’onda di sangue irruente, le vigorose m em bra snodarsi, la fronte spaziosa ele- varsi tra lo splendore dei fasci lum inosi, lam peggiare negli occhi lo sguardo fiero e m ansueto dei condot-

(1) Sum m a theologica 2·'· - 2'"' q. 81, c.

(2) C ontra im pugnantes D ei cultum et religionem cap. 1.

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tiero israelitico, sollevarsi la m aestosa persona dal seggio regale, le labbra alientarsi al sorriso ed aprirsi alia richiesta favella.

Q ualcuno forse am erebbe pensare lo stupore e la frenesia del B uonarroti; s’im m aginerebbe di vederlo m uto, esterrefatto inginocchiarsi e cadere in adora- zione dinanzi al capolavoro delle sue m ani divenuto persona vivente. In verità tale gioco di fantasia è assai giustificato dall’ipotesi inverosim ile gravida di im pressioni, m a sarebbe un invertire le parti. Ci si perdoni ancora per un m om ento l’assurdità del pa­

ragone: quando il som m o scultore, consapevole del proprio valore e della propria creazione esigesse un incondizionato om aggio di dcvozione, un’ illim itata de- dizione e riconoscenza non dom anderebbe che il suo, e il M osè redivivo dovrebbe giurarla. Ê un’assiom a di spontanea evidenza che la creazione da a Dio un diritto suprem o, assoluto, inalienabile alla sogge- zione dell’uom o. Pur concedendo che un qualunque dono, divenuto propriété del donatario, non generi a tutto rigore altri obblighi che di gratitudine, non puô trattarsi la dotazione dell’« essere » - in cui si concretano tutti i béni ricevuti dal C reatore - alla stregua di un dono nel senso ordinario della parola.

In realtà l’essere nostro, anche individuato nella per- sonalità, non cessa di rim anere dom inio e propriété divina. Anzi non è m ai tanto proprio a noi quanto a D io, com e i raggi riflessi di uno specchio non pos- sono dirsi tanto suoi quanto della sorgente lum inosa che li proietta. E non è solo un atto di volonté di­

vina che stabilisce questa dipendenza assoluta, m a è la nécessité intrinseca che ha l’« essere» finito, di venir rinnovato, creato, diciam o c.osi, ad ogni istante dall’« Essere» per se sussistente. Senza un tale rap-

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porto la creatura, non avendo in sè stessa ragione di sussistenza, ritorna naturalm ente nel nulla, com e un m inistro decade con naturale conseguenza dalla sua carica, se viene a m ancare l’autorité che egli rappresenta. (1)

A ppoggiato a queste considerazioni S. T om m aso, cogli altri teologi, classifica la religione tra le parti potenziali della giustizia. L’ appellativo di potenziale sta a significare l’eccesso dei credito divino, che non potrà m ai pareggiarsi. N ella virtù cardinale il debito viene colm ato esattissim am ente, saldato fino alla m i­

nim a particella dalla restituzione. 11 dovere com piuto giunge ad elim inare radicalm ente il diritto altrui e a ristabilire la perfetta eguaglianza delle due parti. M a non si puô afferm are altrettanto del dovere dell’uom o rispetto al diritto di D io che è per sua natura in- colm abile.

D a tutto ciô è facile dedurne quale carattere debba portare l’avvicinarsi a D io com e a proprio suprem o principio ed ultim o fine. R iconoscenza, lode, ringra- ziam ento, om aggio, protesta d’incondizionato ser- vizio, un insiem e di atti insom nia capaci di testim o- niare la sua sovrana ascendenza sulla nostra vita.

Q uest’obbligo tuttavia non vige in ugual m isura, nè giunge per tutti all’abdicazione della propria li­

berté. D io stesso provvederé a scegliersi i pochi privilégiât! che dovranno attuare il program m a nella sua intégrale vastité, che si consacrino interam ente, corne la tribù di L evi nel vecchio testam ento, al ser- vizio divino, allontanando a questo scopo tutto ciô che suoni profanazione, rinunziando pure a -cose

buone e lecite m a m eno perfette e santé.

(I) Sum m a theologica la q. 104, c.

(11)

y

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Alla generalità degli uom ini basterà invece porre al vertice dei propri interessi la religione, rim anendo com une agli uni e agli altri il fine di rendere a D io nella m isura dei possibile, l’om aggio dovuto, di spre- inere dal cuore um ano nell’oceano dei benefici divini tutte le stille di riconoscente affetto di cui è capace.

Sull’esem pio della giustizia, la religione tende ad equilibrare le parti, e sebbene non vi riesca, non si arresta tuttavia nell’intento, sicura di raggiungerlo appieno se non di fatto alm eno nell’accettazione divina.

Finalm ente possiam o dom andarci: È una taie ten- denza m oralm ente virtuosa? Puô cioè annum erarsi la religione tra le virtù m orali?

U na prim a sicura risposta potrem o desum erla dalla parità di caratteri ora accennata tra la religione e la giustizia che è una delle virtù cardinali.

Gli argom enti «a

pari»

non sono sem pre bene accetti alla vera filosofia, perché hanno l’aria di riem pitivo e rivelano prodrom i di debolezza. M a quando l’equivalenza è cosi nitida e trasparente da non generare alcun sospetto di equivoco non c’ è ra- gione di rifiutarli. Effettivam ente la differenza tra le due virtù consiste solo nell’eccesso dei debito do­

vuto a D io, cio che sem mai accresce il peso dell’ar- gom ento.

M a non ci ferm iamo qui. D alla nozione stessa di virtù, possiam o trarre, con S. Tom m aso, 1’argom en- tazione propria e apodittica.

Per virtù m orale s’intende una qualité operativa inerente alla volonté o ad altra potenza um ana, af­

fine di perfezionarle e disporle ad agire conform e, m ente alla retta ragione e, m ediante questa, alla legge eterna, residente in Dio, suprem a norm a di ogni

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azione. T ale conform ità va bene sottolineata poichè è 1’elem ento specificativo della virtù m orale, né si pub concepire un atto virtuoso difform e dai canoni etici fondam ental! esistenti nella m ente dell’ uom o, com e riflesso dell’ intelligenza divina. Inoltre virtù vuol dire valore, forza, diletto, prontezza nell’operare, caratte- ristiche proprie dell’

habitus

che entra com e genere prossim o nella definizione. E sam inando ora il fin e(l) della religione, già descritto, che è di rendere a D io tin culto di onore e di servitu, noi lo troviam o em i- nentem ente conform e al retto giudizio della m ente, perché basato m l diritto che proviene a D io dalla creazione e dai conseguenti attributi di som m a eccel- lenza; diritto che sarebbe assurdo non riconoscere.

Piu ancora. T rattandosi di perfezionam ento e di ele- vazione verso il bene, la volontà non pub raggiun- gerlo senza un certo lavoro, una qualsiasi tensione di energia, senza m anifestare cioè il proprio vigore dinam ico nel superare gli ostacoli alia prosecuzione dei suo oggetto, né senza riposo e diletto intim o nel possesso di questo.

N on occorre altro perché 1’ atto della religione possa definirsi virtuoso e necessario ail’intégrité m o­

rale dell’uom o.

U n corollario nasce spontaneo da questa conclu ­ sione. V i sono uom ini che ostentano una perfetta giustizia nei riguardi di tutti. M eticolosi fino a dive- nire stucchevoli nei rapporti civili, confessano poi apatia e indifferenza per i doveri religiosi, ritenuti superflui alia loro vantata onestà.

N on sarà m ale notare di passaggio che quest’ap- parenza pretenzionosa ricuopre il più delle volte

(1) 11

“finis operis»

ossia 1'oggetto form ale.

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piaghe segrete poco onorevoli. M a quando cosi non fosse, solo illegittim am ente si attribuiscono il titolo di specchiata m oralità, m entre offendono una legge tanto naturale e inderogabile. Se essi rendono a C e­

sare qnel che è di C esare, negano a D io quel che è incontestabilm ente di D io.

B ella e sublim e virtù la religione! Si paria tanto dei diritti dell’uom o, si strom bazzano tanto le sue rivendicazioni anche su D io, - in questi ultim i tem pi in R ussia siam o giunti, per coIm o d’insipienza, a fargli il processo - che è nobile cosa farsi cavalieri di più giustc e sacre rivendicazioni. N è puô arrecare avvilim ento o scandalo il significato di servitii che porta la religione. N ella gerarchia degli esseri nel- Γ universo, ciascuno occupa il posto assegnato, nè puô usurpare indebitam ente quello di altri esseri, o persuadere ingenuam ente sè stesso di un’ingiustizia distributiva della natura. Se non fosse assurdo che un D io nascesse, dovrebbe necessariam ente nascerne uno solo, e le sue creature odorario. A dorare D io perô non è abbiezione m a nobilitazione, perche ci affranca da ogni altra servitu che non sia la sua, e ci chiam a a rispondere insiem e agli hpostoli, a fronte alta, con serena fcrm ezza, in qualunque ci- m ento :

« Oboedire oportet Deo magis quam homi ­ nibus ».

(2)

(Continua)

P. Lu i g i Ro m o l i O . P.

(2) Α Λ . V , 29.

(14)

Dal PARADISO DELL’ ANIMA

d e l B . Al b e r t o M a g n o

T raduzione di M ons. Pio A . De l Co r o n a 0 . P.

DELL’ UMILTÀ

S. M iniato 14 A prile 1894.

C ara M adré,

Mando il seconda paragrafo dell’ opnscolo : Il Paradiso dell’ anima. Questa volta la limpidezza del dettato è tanta che il B. Alberto mandera diritte al cuore delle figlie le sue freccie. Bisogna intendere le virlù alla maniera dei Padri nostri e conformare il nostro animo al loro che ne ebbero la bellezza e il segreto. Qui aile astuzie e sottili malizie dell’ amor proprio non resta nulla.

Tuito è spento Γ orgoglio e solo splende nell' anima spregiatrice di sè e del dispregio amatrice Γ immacolato candore che incanta il cuore di Dio. Demolire bisogna Γ nomo vecchio dai fondamenti e, se demolire subito non si paà, contradire sempre. Q/iesto conato perpetuo forzerà la mono di Dio a darci un raggio di verace umiltà; quel raggio illuminando gli abissi del nostro cuore ci metterà un salutare spavento da farci andaie curvi e in un puc.ico silenzio sotto lo sguardo di Dio. Cosi le ossa nostre non saranno spezzate.

Ecco un’augurio grave e solenne che Gesù si degni

adempiere nelle mie care figlie.

(15)

LA VIRTÙ DI RELIGIONE

L ’ESSENZA <"

A vanti di prendere in esam e gli atti della religione ci si consenta di trattenerci ancora brevem ente sulla sua essenza sfiorando alcune questioni, le quali se possono apparire accessorie e forse poco attraenti a causa della sottigliezza che le solleva, non m ancano d’interesse nè di utilità per una piena e profonda intelligenza dell’argom ento. A ccade sovente che il nostro intelletto si disorienti e si sm arrisca se un concetto non penetrato intim am ente si presenti per una nuova com binazione sott’ altra form a da quella in cui fu precedentem ente com preso. E d è naturale, poichè fin quando delle cose non si conosca a per- fezione Γ essenza, la

quidditas

degli scolastici, non si com prenderà m ai il resto, corne per un m acchinario di cui s’ignori il m otore centrale propulsore. R im ar- ranno sem pre lati oscuri dei quali non ci è perm esso pariare con' précisa e sicura com petenza. A l contrario

(1) C ontinuazione v. fasc. 2.°

I

J

(16)

■i

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■ 'Ι.ιιίί L iss ·

una volta che la nozione esatta di essenza è in no­

stro possesso, potrem o dedurne le propriété e gli attributi con un processo logico relativam ente facile, e solo allora abbracciare nella sintesi l’unité organica dell’oggetto. M a alla sintesi precede 1’analisi, che è quanto dire alia visione d’ insiem e 1’ esam e dei par- ticolare, alla netta distinzione e précisa afferm azione il confronte delle diverse parti nel tutto e del tutto con altri esseri.

C om inciam o dunque dal porci un prim o quesito analitico: la religione è virtù una e indivisibile op- pure m olteplice in sè stessa? H a cioè i caratteri di specie ultim a, com prensiva, non ulteriorm ente scin- dibile, oppure una fisionom ia astratta e generica attuabile e definibile in altre virtù su b altern e? U n esem pio. La giustizia pur conservando il significato esatto di virtù che rende a ciascuno il suo, è diver- sam ente attuabile a seconda dei m otivi che basano una tale restituzione. V i possono essere diritti di una persona rispetto ad un’altra in forza di un contratto stipulato o di un danno subito. V i possono essere inoltre diritti di individui com e parte di un tutto, di una m oltitudine nei confront! del C apo e G overnatore di essa. In quest’ultim o caso Γ equa divisione di oneri e di m ercedi, di tributi e di onori è atto di

giustizia distributiva,

m entre il sodisfare un diritto individuale, da privato a privato, com e nella prim a ipotesi, è funzione di

giustizia commutativa :

due parti diverse della m edesim a virtù in ordine a due particolari form e di bene che non possono conten­

ders! non avendo tra loro interferenze specifiche.

P arrebbe doversi afferm are ugualm ente della reli­

gione. Infatti le gradazioni dei debito che essa è

(17)

1

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tenuta a rendere a D io, o più radicalm ente i diritti divini sono m olteplici. E gli è creatore, governatore provvidentissim o, benefattore som m o. G ode poi una dignità sublim issim a che lo eleva infinitivam ente al disopra di ogni essere. Q uesti attributi, ad eccezione del prim o, creano fra gli uom ini, form e diverse di restituzione virtuosa. A l governô sapiente si deve nei sudditi una disposizione di dipendenza che è atto della giustizia sociale, alla beneficenza la gratitudine, a particolari doti di valore i riguardi e la stim a del-

Y osservanza.

P erche non dovrà dirsi altrettanto rispetto a D io? La difficoltà di rispondere a taie argom ento è più apparente che reale. S enz’om bra di dubbio pos- siam o stabilire la tesi che la religione è virtù una, in­

divisa, cioè in sè m edesim a, di specie ultim a o atom a.

R iportiam oci a quanto fu detto nei num eri prece- denti. M ediante essa Γ uom o rende a D io 1’om aggio di dedizione assoluta che G li è dovuto e ricam bia, nel m odo che pub, 1’inestim able benefizio dell’essere.

Q uesto, il più radicale, il più m agnifico dono della liberalità divina m erita, prim o fra tutti un culto di riconoscenza da parte dell’ uom o. G li altri doni e quindi gli altri diritti divini non sono fondam ental!

m a conseguenti e logicam ente dipendenti dal prim o.

A nzi gli stessi attributi di sapienza, di bontà, di po- tenza inerenti alia natura di D io, e perfino le tre divine P ersone possono considerarsi dalla religione coordinati e quasi diretti a preperare e a conservare la creazione, concentrando in questa tutta la ragionc di sovrana em inenza e dom inio dei C reatore sulla sua creatura (1).

J) C onfr. G iovanni da S. T om niaso. D isput. X IX , III. 9.

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— 225

Pertanto com e un figlio non ha verso i genitori speciali obblighi di stim a e di gratitudine oltre il debito suprem o della pietà figliale che accoglie e racchiude in sè tutti gli altri m inori, cosi rispetto a D io non vi è se non m aterialm ente una distinzione di obblighi religiosi. In concreto il debito unico è quello a cui dà origine la creazione (1).

Da ciô appare évidente a m odo di corollario, il perché, principi del pensiero quali Platone e A ristotile, abbiam o sorvolato sui doveri religiosi. Pur dim ostrando Dio non giunsero, corne già avvertim m o, a intrave- dere il C reatore, e nelle stupende ed elevatissim e pa­

gine sull’ Essere som m o, affacciarono m ouche ed oscure ipotesi intorno ai suoi prim ari rapporti col- l’uom o. Fu loro colpa? No certam ente. È invece una lum inosa conferm a del fatto che la ragione, senza una guida superiore, è incapace a sciogiiere i fondam en­

tal! problem ! della um ana esistenza.

A nch’ oggi quasi tutti i sistem i di m oderna filosofia s’infrangono nel duro scoglio, annegano al gran guado. Stabilita Γ esistenza oggettiva del m ondo

(1) D opo aver cosi insistentem ente ricliiam ato il fon- dam ento della virtù di religione, torna opportuno rile- vare la divergenza tra religione infusa o soprannaturale od acquisita. Più che due differenti virtù vi riconosciam o una stessa virtù in due ordini di cose diversi, infinita- m ente distanti I’ uno dall’ altro. La religione sopranna­

turale ha la sua ragione fondam entale nella grazia, che è una partecipazione della natura divina, una nuova creazione quindi, che inserisce nell’anim a una vita af- fatto ignota superiore ad ogni sua inclinazione. Noi trattiam o astraendo dall’una e dall’altra.

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esterno contro Io scetticism o che è radicale eversione di ogni filosofia, insorge im placabile la dom anda del perché e del com e degli esseri, e sul rifiuto sdegnoso della creazione - verità indubbiam ente m isteriosa m a non assurda - s’innalzano sistem i di grandiosa ap- parenza, turgidi di paradossi e alieni del buon senso, fecondi di parole e vuoti di contenuto, in aria di riscattare 1’ um anità dall’ asservim ento e dall’igno- ranza, m a im potenti a risolvere esaurientem ente uno solo dei m isteri che ci travagliano.

D opo ciô che si è detto potrebbe apparire super­

fluo un secondo quesito analitico cosi form ulato:

È la religione una virtù speciale e distinta dalle altre?

E ffettivam ente alcuni argom enti addotti per le tesi precedent! contengono virtualm ente la risposta, m a non sarà m ale farne oggetto di esam e particolare.

M entre la superiore discussione tendeva a m ettere in luce l’unità indivisibile della religione in sè stessa, questa vuol chiarirne la netta e specifica differenza dalle diverse virtù m orali. Si dom anda infatti se la religione possa identificarsi con alcun’altra di esse con cui abbia affinità, oppure in che senso sia lecito stim arla una

modalità

propria di ciascun atto virtuoso quando è rivolto a D io.

R ispondiam o con differenti proposizioni alia duplice interrogazione. P rop. la :

La religione non puô iden ­ tificarsi con alcun’altra virtù particolare.

C om e prova esponiam o un solo argom ento rias- sum to nel m odo seguente:

A d ogni particolare form a oggettiva di bene deve rispondere una particolare potenza o virtù dell’anim o.

O ra: rendere a D io il culto dovuto -

fine della re­

ligione -

è una particolare form a di bene che non

(20)

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pub esser confusa con altre anche affini. D unque per essa si richiede una virtù il cui

rôle,

la cui m ansione nessun’ altra potrebbe adeguatam ente coprire. Pub farsi un obiezione: T ra religione e dulia (1) intercede Γ identità di rapporti che passa tra la carità verso D io e la carità verso il prossim o, le quali tuttavia non sono tra loro specificam ente distinte. C orne infatti la perfezione per cui 1’ uom o diviene oggetto di carità soprannaturale gli è partecipata da D io, B ene som m o, onde D io rim ane la ragione unica di quest’am ore, deriva parim ente da Lui l’eccellenza particolare che rende la creatura degna dell’altrui venerazione. Il parallelism o appare perfetto. O nde se una e identica è la virtù per cui io am o D io e il prossim o per il bene che possiede da D io, unica dev’essere altresi la virtù con cui onoro D io e quelli, tra i prossim i, ai quali si com piacque D io di parte- cipare alcunchè della sua divina eccellenza. P er sciogliere questa difficoltà è necessario prem ettere una distinzione sul culto delle creature. V i è una specie di culto la cui ragione

immediata

è solo D io.

Il P overello d’A ssisi si esaltava alla vista degli esseri più com uni. S alutava il sole fratello e la luna sorella rivolgendo ad essi m eravigliosi canti di Iode corne a cose anim ate e sensibili. R edim eva con danaro le tortorelle e gli agnelli destinati al m acello e restituiva loro la libertà e la vita m ostrando una tenerezza pietosa ed un am ore m isto di rispetto quale certo

(1) La

dulia è

una virtù sim ile alia religione die c’inclina ad onorare i Santi, e prende il nom e d ’

hyper-

dulia

quando si riferisce alla R egina dei Santi : M aria S antissim a.

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non potrebbe nutrirsi verso questi anim ali. Perché agiva cosi S. Francesco ? I dilettanti della natura lo additano com e uno di loro, e pensano di elevarne m olto la santità, m agnificando la sua squisita deli- catezza di sentim ento.

È un grossolano inganno. S. Francesco prediligeva senza distinzione anche le più infime creature e si m ostrava loro inoffensivo, perché vedeva in essè 1’ opera arm oniosa e potente del Creatore, a cui ri- saliva subito dopo aver posato Γ occhio sulla loro bellezza. Per la stessa ragione S. Caterina da Siena s’inebriava estatica alla vista di un fiore. Evidente- m ente Γ om aggio aile creature cosi inteso non dif- ferisce sostanzialm ente dalla religione.

M a ve n’è un altro la cui ragione

immediata

sosta, per dir cosi, nella persona creata e solo rem otam ente si avvolge e si rannoda a D io. Infatti la perfezione di nobiltà e di eccellenza spirituale che noi onoriam o nei Santi im portando una relazione di prem inenza è per sua natura, e squisitam ente separativa e non partecipabile neppure dalla Prim a Fonte Creatrice, se non corne

forma

che divenga propria del soggetto ricevente. N ecessariam ente quindi l’atto di culto che la riguarda deve esser diverso seconde la diversità delle form e.

U na taie distinzione perô non ha luogo per la ca- rità, che a guisa di onda si rifrange e s’allarga al- 1’ infinito senza m ai spezzarsi. Essa infatti rappresenta la tendenza dell’ anim o verso il Bene som m e

- fine ultimo

e verso tutto cio che per diretta rassom iglianza, si riporta a Lui.

O ra bisogna convenire che l’inclinazione al fine non differisce che com e atto, non per essenza, da

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quella ai m ezzi, la cui appetibilità è naturalm ente contenuta nell’ appetibilità del fine.

Prop. 2.a:

In rapporta aile altre virtù ad essa inferiori la religione è una virtù generale, che puô muovere i loro atti ed ordinarii al proprio fine.

È un ovvio principio di m etafisica che le cause seconde più prossim e alla causa suprem a possono a loro volta m uovere quelle ad esse inferiori facendole servire al proprio fine. D el resto in qualunque or­

ganism o m orale o m ateriale che obbedisca ad un principio regolatore sarà facile verificare l’esattezza e la portata di un . tale principio, che tradotto in etica suona cosi: La virtù più prossim a al fine ultim o - prim issim a causa m ovente - m uove le altre a sè subordinate ed usa com e elem ento m ateriale dei loro atti per volgerli ed inclinarli al proprio fine, im pri­

m endo ad essi il carattere e la form a della sua natura.

Cosi la carità, virtù suprem a ed ultim a m uove cd im pera a tutte le altre virtù, tutte elevandole ed av- volgendole nei fasci d’oro della sua luce. E la re­

ligione, che viene im m ediatam ente dopo le virtù teologali, pub esercitare questo potere sulle virtù m orali, rispetto aile quali ha il carattere di virtù generale.

Stupendo assiom a questo, che ci pone sott’occhio il dinam ism o organico dell’ energie spirituali che alberga il cuore dell’ uom o virtuoso. È in forza di questo principio che un atto tra i più com uni c volgari della natura, quai’ è quelle di nutrirsi, pub assurgere, com e esorta S. Paolo, alla dignità di atto religioso, m eritevole della vita eterna :

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« Sia che mangiate, sia che beviate, sia che facciate qualunque casa, fate tutto a gloria di Dio

» (1 C or. X , 31). E d è ancora secondo questo principio che le m em bra corporee dell’ uom o, possono divenire sede di vere e proprie virtù soprannaturali e divine:

« Disponete le vostre membra a servire a Dio nella giustizia..’ . a servire alla giustizia in ordine alla santità

» (R om . V I, 13, 19).

(Continua)

P . L. Ro m o l i O . P.

(24)

avan- cente-

PER LA [ANONZZME DEL B. ALBERTO 1GNO

N el S ettem bre 1872 i V escovi di G erm ania, riunit*

a Fulda, invocavano dalla S. S ede la ripresa della causa del B . A lberto M agno, con queste nobilissim e parole:

GH onori della canonizzazione non sono stati ancora decretati al B. Alberto, che tutto il mondo proclama Grande. Eppure Egli fa il Maestro del Dot- tore Angelico ; con la sua scienza immensa, e con la sua eminente santità, Egli illustrà non solo le più celebri cattedre di Francia e di Germania ; ma ancora il Secondo Concilio di Lione e tutto il mondo cat- tolico.

N on m olto tem po dopo, il V escovo di R atisbona, pregava tutto l’E piscopato di unirsi ai V ^scovi di G erm ania per ottenere dal P apa la ce! e bra della festa del B eato nelle rispettive D iocesi.

C onfortato dall’autorevole parola dell’E piscopato e dell’ O rdine D om enicano, P io IX autorizzava la ripresa della causa tra il plauso generale dei cattolici di tutto il m ondo.

Intanto il m ovim ento di crescente sim patia, zava e si afferm ava solennem ente nel sesto nario della M orte dei grande D om enicano.

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