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Pacini. Il diritto della famiglia e delle successioni in Europa IN EVIDENZA. F amilia 4. Rivista bimestrale luglio - agosto 2019

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(1)

F Il diritto della famiglia e delle successioni in Europa amilia

Rivista bimestrale luglio - agosto 2019

4

D

iretta Da

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P

atti

Tommaso Auletta, Mirzia Bianca, Francesco Macario, Lucilla Gatt (vicedirettore), Fabio Padovini, Massimo Paradiso, Enrico Quadri, Carlo Rimini, Giovanni Maria Uda

IN EVIDENZA

I l superamento del vertIcalIsmo famIlIare nel c odIce cIvIle ItalIano

Paolo Pollice

c ertIfIcato successorIo europeo e tutela deI fIglI

Claudia Benanti

l o stato dI abbandono nell adozIone : oggettIvItà e Interesse del mInore

Mario Renna

Pacini

www.rivistafamilia.it

F amilia 4 2019

(2)
(3)

Parte I Dottrina

A

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uritAno

, A

DriAno

p

iSchetolA

, Disposizioni anticipate di trattamento: tem-

po di comunicazione, tempo di cura ... p. 399

c

lAuDiA

B

enAnti

,Certificato successorio europeo e tutela dei figli...» 433 F

rAnceSco

M

eglio

, Considerazioni sul vincolo testamentario di destinazione...» 441 Parte II

Giurisprudenza

Cass. civ., sez. I, 23 gennaio 2019, n. 1887 (con nota di M

Ario

r

ennA

, Lo stato di abbandono nell’a- dozione: oggettività e interesse del minore) ...» 455 Cass. civ., sez. I, 14 maggio 2018, n. 11696 (con nota di M

Arco

r

AMuSchi

, Sul matrimonio celebrato all’estero tra un cittadino italiano e uno straniero del medesimo sesso) ...» 473 Parte III

L’opinione

p

Aolo

p

ollice

, Il superamento del verticalismo familiare nel Codice civile italiano ...» 513 Parte IV

La recensione

S

AlvAtore

p

Atti

, Jens M. Scherpe (ed.), European Family Law, 4 volumi, Cheltenham, UK-Northampton,

MA, USA, 2016 ... » 521

(4)
(5)

Disposizioni anticipate di trattamento: tempo di

comunicazione, tempo di cura*

S

ommario: 1. Introduzione. – 2. La relazione terapeutica. – 3. Le DAT quale espressione di identità e ipseità. – 4. I dati. – 5. Il fiduciario. – 6. La conservazio- ne delle DAT. – 7. La libertà di espressione delle indicazioni rese. – 8. L’acquisi- zione di adeguate informazioni. – 8.1. Il significato delle «adeguate informazioni mediche». – 8.2. La portata documentale della attestazione di preventiva acqui- sizione di «adeguate informazioni mediche». – 8.3. La portata sostanziale della preventiva acquisizione di «adeguate informazioni mediche». – 9. La forma delle DAT e il tatuaggio DNR. – 10. DAT e tutela del diritto alla riservatezza. – 11. A mo’ di conclusione.

The paper deals with problems arising from the Italian Law 22 December 2017, no.

219, containing rules on informed consent and advance treatment provisions. The Au- thors start from the consideration that the Law no. 219/17 involves relationships between persons, human beings, not legal entities, not Titius, Caius and their imaginary juridical relatives. Crossing this, they investigate the rules on law: the relationships between patients and doctors, the importance of the personal identity in approaching the advance treatment provisions, the role of the fiduciary and his duties, the problem of the adequacy of the infor- mation received before drawing them. There is a dignity in living, and a dignity in dying.

Now it is necessary to verify on the field, whether Italy and Italian people are ready for a mild and gentle law.

* Il presente contributo è stato sottoposto a valutazione in forma anonima.

(6)

1. Introduzione.

Persone, non soggetti giuridici. Creature di carne, sangue e ossa, non individui tratti fuori dal loro contesto storico-culturale e che non esistono in nessun luogo

1

. È quello che, in sostanza, traspare in filigrana dal parere n. 01991/2018 della Commissione speciale del Consiglio di Stato del 31 luglio 2018, che sistema alcune tessere nel mosaico della legge 22 dicembre 2017, n. 219, recante norme in materia di consenso informato e di disposizioni anticipate di trattamento

2

.

Il Consiglio di Stato risponde a cinque quesiti formulati dal Ministero della salute con ri- chiesta del 22 giugno 2018 in riferimento alle disposizioni anticipate di trattamento (DAT), che «[o]gni persona maggiorenne e capace di intendere e di volere, in previsione di un’e- ventuale futura incapacità di autodeterminarsi e dopo avere acquisito adeguate informa- zioni mediche sulle conseguenze delle sue scelte, può [...] esprimere [...] in materia di trattamenti sanitari»: art. 4, comma 1, legge 219/2018

3

.

La portata delle DAT è scolpita dall’art. 4, comma 5: «[f]ermo restando quanto previsto dal comma 6 dell’articolo 1, il medico è tenuto al rispetto delle DAT, le quali possono esse- re disattese, in tutto o in parte, dal medico stesso, in accordo con il fiduciario, qualora esse appaiano palesemente incongrue o non corrispondenti alla condizione clinica attuale del

1 H. Arendt, [1948] Le origini del totalitarismo, trad. it. A. Guadagnin, Torino, 2015, 402 ss., segn. 404.

La poesia ci dice che l’abisso non ci divide, l’abisso ci circonda ed è quanto pare avvenga con riguardo a molteplici declinazioni della pagina di F.C. SAvigny, [1840-1849] Sistema del diritto romano attuale, trad. it. V. Scialoja, Torino, 1888, § 60, [vol. II], 1 s., che fece coincidere, concettualizzandoli, persona e soggetto di diritti: «il concetto primitivo della persona ossia del soggetto di diritti deve coincidere col concetto dell’uomo». Certi specchi, come recita un’altra poesia, dovrebbero riflettere prima di rimandarci le immagini.

La filosofia conosce a menadito questa tematica e v. almeno P. Ricœur, [1983] La persona, trad. it. I. Bertoletti, Brescia, 2006, 21 ss.

Ha anche dimestichezza con i pronomi: prima, seconda e terza persona, singolare e plurale e v. R. eSpoSito, Terza persona. Politica della vita e filosofia dell’impersonale, Torino, 2007, passim, in part. 5 ss., 8 ss., 20 ss., 77 s., 80 ss., 94 ss., 100 ss., 113 s., 118 ss., 124 s., 127 ss., 140 ss., 146 ss. e 173 ss., ove un’estroflessione dell’idea della persona per il tramite di un rovesciamento del suo significato corrente e un tentativo di riunificazione tra bios e zoé, sempre promessa, ma, ritiene l’A., mai davvero sperimentata.

2 Ha ragione P. ZAtti, Brevi note sul testo approvato, consultabile all’indirizzo undirittogentile.wordpress.com, il testo di legge approvato dalla Camera era il migliore risultato conseguibile in questa tempesta politica. L’A. non ha sostanzialmente cambiato opinione neppure dopo l’approvazione in Senato, e dunque in ordine al testo di legge vigente: id., La via (crucis) verso un diritto alla relazione di cura, in Riv. crit. dir. priv., 2017, 3, spec. 23 e Spunti per una lettura della legge sul consenso informato e DAT, in Nuova giur. civ., 2018, I, 247. L’auspicio che aveva formulato nel 2009 in Le «disposizioni del paziente»: ci vorrebbe un legislatore, ibidem, 2009, II, 313, spec. a 314, può ritenersi realizzato. Pure P. BorSellino, Bioetica tra “morali” e diritto2, Milano, 2018, 214 ss. e G. FerrAndo, Rapporto di cura e disposizioni anticipate nella recente legge, in Riv. crit. dir. priv., 2018, 47, passim e in part. 50, apprezzano il provvedimento. Critico invece D. cAruSi, La legge “sul biotestamento”: una luce e molte ombre, in Corr. giur., 2018, 293: di quest’ultimo A. v. già Tentativi di legiferazione in materia di «testamento biologico», Torino, 2016, ivi, 17 ss., un completo regesto dei diversi progetti di legge presentati nel corso degli anni.

3 Si noti: «disposizioni anticipate di trattamento», non «dichiarazioni anticipate di trattamento» di cui parlava il parere reso dal Comitato nazionale per la bioetica il 18 dicembre 2003, Dichiarazioni anticipate di trattamento, né «direttive anticipate di trattamento» di cui parlava, tra l’altro, l’art. 3 della proposta di legge n. 3630 presentata alla Camera il 24 febbraio 2016.

È questo uno dei segni tangibili della benevolenza riservata dal legislatore alla proposta di un diritto gentile e ai «Principi per un diritto della dignità del morire». Se n’è fatto promotore proprio P. ZAtti e v.ne la prova di testo normativo sulla relazione di cura, che raccolse l’adesione di molti studiosi, esperti e professionisti sanitari, in id., Per un diritto gentile in medicina. Una proposta di idee in forma normativa, in Nuova giur. civ., 2013, II, 1, in part. a 3 ss., testo che, salvo qualche variazione nominalistica e legistica, fu trapiantato nella proposta di legge n. 13 comunicata alla Presidenza del Senato il 15 marzo 2013.

(7)

paziente ovvero sussistano terapie non prevedibili all’atto della sottoscrizione, capaci di offrire concrete possibilità di miglioramento delle condizioni di vita. Nel caso di conflitto tra il fiduciario e il medico, si procede ai sensi del comma 5, dell’articolo 3»

4

.

L’art. 4, comma 5, fa pendant con l’art. 1, comma 6, stella polare del provvedimento:

«[i]l medico è tenuto a rispettare la volontà espressa dal paziente di rifiutare il trattamento sanitario o di rinunciare al medesimo e, in conseguenza di ciò, è esente da responsabilità civile o penale. Il paziente non può esigere trattamenti sanitari contrari a norme di legge, alla deontologia professionale o alle buone pratiche clinico-assistenziali; a fronte di tali richieste, il medico non ha obblighi professionali»

5

.

2. La relazione terapeutica.

La guide-line della legge 219/2017, ci dice il Consiglio di Stato, è costruire una «relazio- ne terapeutica» che, «pur essendo asimmetrica, si mantenga umana, personale ed empatica, nonostante l’eccessivo tecnicismo della medicina e la “spersonalizzazione” dei rapporti che questo può comportare»

6

.

A Palazzo Spada gode probabilmente qualche credito l’invito a riflettere sulla “carnalità”

dell’esperienza giuridica

7

.

4 Il legislatore ha seguito anche qui le orme impresse ante litteram da P. ZAtti, in Le «disposizioni del paziente», cit., 314: l’autonomia decisionale del paziente ha efficacia vincolante, salvo il limite di cui al menzionato art. 4, comma 5. Essa è centrale e non c’è spazio né per tanti paternalismi, né per quel vago “tener conto” dei “desideri” dell’interessato, che è formula se non ipocrita, sicuramente vaga e v. sempre P. ZAtti, «Parole tra noi così diverse». Per una ecologia del rapporto terapeutico, in Nuova giur. civ., 2012, II, 143, spec. 149.

5 Ha fatto da apripista la sec. 7191 del Natural Death Act della California [1976], sostituito dalla normativa sulle Health Care Decision [2000], parte integrante del Probate Code della California (sec. 4670 ss.). La section 7191 così recitava: «[n]o physician, and no licensed health professional acting under the direction of a physician, shall be criminally or civilly liable for failing to effectuate the directive of the qualified patient pursuant to this subdivision». Il Natural Death Act non passò sotto gli occhi della civilistica italiana e v. G.

criScuoli, Sul diritto di morire naturalmente, in Riv. dir. civ., 1977, I, 94, ove il suo testo integrale accompagnato da una traduzione.

6 Un tracciato delle asimmetrie informative in subiecta materia è esposto da P. BorSellino, Bioetica tra “morali” e diritto2, cit., 153 ss. e da M. FogliA, di cui v. Autodeterminazione terapeutica e poteri della persona nella relazione di cura, in P. SIRENA e A. Zoppini [cur.], I poteri privati e il diritto alla regolazione. A quarant’anni da «Le autorità private» di C.M. Bianca, Roma, 2018, 245, segn. a 246 e, funditus, Consenso e cura. La solidarietà nel rapporto terapeutico, Torino, 2018, 34 ss. e 41 s. Ma v. anche, senz’altro, i ricordi e le riflessioni linguistiche di L. FontAnellA, La comunicazione diseguale, Roma, 2011, passim.

7 P. GROSSI, del quale v. almeno Prima lezione di diritto9, Roma - Bari, 2007, 64 e Mitologie giuridiche della modernità2, Milano, 2005, 73 s., 106 s. e, soprattutto, 79 e già, senz’altro, L. Mengoni, La tutela giuridica della vita materiale nelle varie età dell’uomo, in Riv.

trim. dir. proc. civ., 1982, 1117 e soprattutto le conclusioni a 1135 s.

Sul tema v. altresì, in una cornice argomentativa differente, le esplorazioni di S. rodotà, del quale Il diritto di avere diritti, Laterza, Roma - Bari, 2015, 140 ss., 250 ss., 265 ss., 272 e 281 ss., La vita e le regole, Tra diritto e non diritto, Feltrinelli, Milano, 2012, 23 ss. e 262 e La rivoluzione della dignità, La scuola di Pitagora, Napoli, 2013, 6 ss., 11 ss., 16, 18 ss., 23 ss. e 29 ss. e di P. ZAtti, [1995] Verso un diritto per la bioetica: risorse e limiti del discorso giuridico e [2008] Di là dal velo della persona fisica. Realtà del corpo e diritti “dell’uomo”, contributi entrambi ora in id., Maschere del diritto e volti della vita, Milano, 2009, rispettivamente a 5, segn. 15 ss. e a 53, segn. 100 ss.

e 106 ss., ove un piercing the veil della persona fisica; ma sul ruolo performativo della categoria della persona e sulla reificazione di quest’ultima, soggetta alla propria oggettivazione cfr. R. eSpoSito, op. cit., 12 ss., 21 ss., 92 ss., 100 ss., 104 ss., 113 s., 116 ss., 151 ss., 165, 170 s. e 172 s., che, a scanso di equivoci, val la pena di precisare che è un mondo affatto diverso da quello di A. nicoluSSi, Testamento biologico e problemi del fine-vita: verso un bilanciamento di valori o un nuovo dogma della volontà?, in Eur. dir. priv., 2013, 457.

(8)

In effetti, si tratta di umanizzazione del diritto e di umanizzazione della medicina

8

: la disponibilità al dialogo ne è un ottimo recettore.

Si fa presto però a parlare di empatia. Certo, qui è fondamentale la relazione

9

. Ma la relazione, asimmetrica e diseguale quanto si vuole, è, per definizione, reciproca, bilaterale e bidirezionale

10

; è double bind

11

: et medico/paziente et paziente/medico

12

. Una cosa è sicura, non dovrebbe esserci più spazio per l’alessitimia, neppure per i notai chiamati a ricevere o autenticare le DAT

13

.

8 S’intrattiene sul tema, che lambisce quello della c.d. medicina difensiva, P. BorSellino, di cui Bioetica tra “morali” e diritto2, cit., 111 ss. e “Biotestamento”: i confini della relazione terapeutica e il mandato di cura, in Fam. dir., 2018, 789, spec. a 792 ss.

9 Di «consensualità come connotato essenziale della relazione di cura, non confinata al problema della accettazione della terapia»

parla, a proposito dell’impianto della legge 219/2017, P. ZAtti, Spunti per una lettura della legge sul consenso informato e DAT, cit., 247. Di riappropriazione della decisione parlava già U. veroneSi, Prefazione ad AA. VV., Testamento biologico. Riflessioni di dieci giuristi, Milano, 2006, VII, s. a IX.

Caldeggiano, condivisibilmente, una lettura relazionale del consenso informato G. FerrAndo, Rapporto di cura, cit., 47 e 52 e M.

FogliA, Autodeterminazione, cit., 247 e 261 s. A tal proposito un’ottima rappresentazione, in chiave generale, è offerta da M. grAZiAdei, Il consenso informato e i suoi limiti, nel Trattato di biodiritto diretto da S. Rodotà e P. Zatti, I diritti in medicina, a cura di L. Lenti, E.

Palermo e P. Zatti, Milano, 2011, 191, ma va certamente ricordato anche G. cAttAneo, Il consenso del paziente al trattamento medico- chirurgico, in Riv. trim. dir. proc. civ., 1957, 949, maestro oltre che pioniere dell’argomento.

Sul backyard storico-culturale della relazionalità nel e del diritto v. S. rodotà, Il diritto di avere diritti, cit., 144 ss.

10 Una penetrante descrizione dei rapporti di forza tuttora attivi in campo medico-ospedaliero, che oscillano tra potestà e soggezioni, in P. ZAtti, «Parole tra noi così diverse», cit., 143 ss., il quale descrive la subordinazione e l’ammutolimento correlati come situazione in cui alla malattia si aggiunge il dolore e «alla sofferenza di essere malato si aggiunge quella di essere ‹paziente› » (ivi, 145) e per una questione giuridico-culturale più allargata v. M. grAZiAdei, Diritto positivo, potere, interesse, in G. AlpA, M. grAZiAdei, A. guArneri, U. MAttei, P.G. MonAteri e R. SAcco, La parte generale del diritto civile, 2, Il diritto soggettivo, nel Trattato di diritto civile diretto da R.

Sacco, 2001, 3. Guarda la medesima realtà, ma con occhiali diversi, L. FontAnellA, op. cit., 23 ss., 45 ss. e 89 ss.

11 Su questa tavola di coniugazione double bind v., senz’altro, J. derridA, [2005] et cetera (and so on, und so weiter, and so forth, et ainsi de suite, und so überall, etc.), trad. it. T. Lo Porto, Roma, 2006, spec. 5 ss., 11 ss., 19 ss. e 50 ss.

12 Per una netta presa di distanza dalla metaforica scena della c.d. relazione di cura e dalla retorica della c.d. alleanza terapeutica P.

BorSellino, della quale Bioetica tra “morali” e diritto2, cit., 151 ss., 181 ss., 187 ss., 202 ss. e 220 ss., “Biotestamento”, cit., 794 ss.

e “Norme in tema di consenso informato e disposizioni anticipate di trattamento”. Una conquista per i pazienti e per gli operatori sanitari, in Riv. it. cure palliative, 2018, 2 ss.

Nulla da dire sulla c.d. alleanza terapeutica: di ingannevole formula parlava già S. rodotà, Il diritto di avere diritti, cit., 277 ss. e v.ne pure, in più ampio raggio, La vita e le regole, cit., 224 ss.; sfumato, ma fermo, P. Becchi, Il testamento biologico, Brescia, 2011, 54, smascherando un certo possibile paternalismo medico; cfr. tuttavia E. Bilotti, L’efficacia delle disposizioni anticipate di trattamento, in V. verduci [cur.], Il diritto sulla vita. Testamento biologico, autodeterminazione e dignità della persona, Pisa, 2018, 17, in part. 85 ss.

Sulla c.d. relazione di cura – che è una concettuologia cui accede anche il Consiglio di Stato – occorre invece intendersi.

Indubbiamente, come ha messo in evidenza P. ZAtti, Spunti per una lettura della legge sul consenso informato e DAT, cit., 248, incontriamo elementi «rispetto allo stato e alla “cultura” diffusa della macchina sanitaria e della “classe medica”». Ma non va trascurato che a questi elementi fa contrappunto un altrettanto diffuso atteggiamento di alcuni pazienti, che “asservendosi” a questa “cultura”

hanno, in qualche misura, finito per deresponsabilizzarsi: d’altronde, lo stesso P. ZAtti, in «Parole tra noi così diverse», cit., 146, ha parlato di pazienti “rinfanciulliti” che si consegnano ai medici e, a tal proposito, v. pure L. FontAnellA, op. cit., 54 ss. (ma anche 108 s.), che accende le luci sul gioco delle parti in ordine ai molteplici diminutivi che si recitano nelle stanze ospedaliere (“punturina”,

“taglietto” [e, perchè no?, “firmetta”]).

Il vero è che, come risulterà più chiaro nel prosieguo di questo lavoro, la legge 219/2017 introduce una rivoluzione [letteralmente]

copernicana.

13 P. ZAtti propone una riflessione centrata: «occorre uscire dall’astrazione che si limita all’applicazione al rapporto di cura di categorie costruite sul modello del contratto» (id., Per un diritto gentile in medicina, cit., 1 e già Maschere del diritto e volti della vita, cit., XIII e XVI); «[i]l diritto che trasferisce in sala operatoria – o nel corridoio [oppure, può aggiungersi, nelle sale stipula dei notai] – le forme che valgono per un contratto bancario fa piangere» (id., «Parole tra noi così diverse», cit., 148). Tracce di questo discorso pure in S.

rodotà, Il diritto di avere diritti, cit., 269 ss. e 277.

Va peraltro ricordato che tra i pionieri italiani dell’indagine sull’argomento c’è stato anche un notaio, sensibile e attento: L. Milone,

(9)

L’art. 1 promuove e valorizza, al comma 2, «la relazione di cura e di fiducia tra paziente e medico che si basa sul consenso informato nel quale si incontrano l’autonomia decisio- nale del paziente e la competenza, l’autonomia professionale e la responsabilità del me- dico». Al comma 8, afferma graniticamente che «[i]l tempo della comunicazione tra medico e paziente costituisce tempo di cura». Il parere del Consiglio di Stato lo valorizza come tempo di relazione terapeutica.

L’art. 1, comma 8, echeggia il codice di deontologia medica

14

. Allude a un tempo di comunicazione che – può chiosarsi – va inteso come tempo di conoscenza più profonda possibile della persona del disponente. Anche nelle situazioni di emergenza o urgenza, la volontà del paziente, ove le sue condizioni cliniche e le circostanze lo consentano, va

“acquisita”, e non “recepita”, come invece si esprime impropriamente l’art. 1, comma 7

15

. L’abbiamo già abbozzato, c’è però anche il tempo della comunicazione tra paziente e medico, che costituisce tempo del prendersi cura. Il curare non sta al prendersi cura come l’acquerello sta alla tempera

16

. Sono e hanno tempi gemellari e, rielaborando un vecchio adagio, può dirsi che la differenza sta tutta qui: si cura la malattia, ci si prende cura della persona.

di cui v. Dal living will del 1997 alla legge 22 dicembre 2017, n. 219, con nota finale sul dovere di morire, in Vita not., 2018, 1393, Le direttive avanzate. Questioni di vita, Uomini, giudici, leggi, ibidem, 2009, 203, Il testamento di vita, ibidem, 2004, 105 e già Il testamento biologico (living will), ibidem, 1997, 106, con qualche aderenza al “classico” di L. Kutner, [1969] Due Process of Euthanasia:

The Living Will, A Proposal, in Indiana Law Journal: Vol. 44, Iss. 4, Article 2, 539.

Alcune proposte volte a delineare compiti e significati dell’intervento notarile in materia si leggono in C. roMAno, La legge in materia di disposizioni anticipate di trattamento: l’ultrattività del volere e il ruolo del notaio, in Notariato, 2018, 15 e Le disposizioni anticipate di trattamento, studio per il Consiglio Nazionale del Notariato n. 136-2018/C1605, approvato dalla Commissione Studi Civilistici il 25 settembre 2018 e dal CNN nella seduta del 25-26 ottobre 2018, in CNN Notizie, 5 dicembre 2018, n. 221. A proposito di un sillabario alternativo v., s.v., A. di SApio e B.A. eliA, Visibile @ invisibile nello studio notarile, in Endoxa, [27] settembre 2018, 89 ss., consultabile all’indirizzo endoxai.net.

14 L’art. 20 del codice di deontologia medica [2014], rubricato «[r]elazione di cura», recita: «[l]a relazione tra medico e paziente è costituita sulla libertà di scelta e sull’individuazione e condivisione delle rispettive autonomie e responsabilità. Il medico nella relazione persegue l’alleanza di cura fondata sulla reciproca fiducia e sul mutuo rispetto dei valori e dei diritti e su un’informazione comprensibile e completa, considerando il tempo della comunicazione quale tempo di cura» (cors. agg.).

15 Converge P. ZAtti, Brevi note sul testo approvato, cit.

16 Per una accorta elaborazione del distinguo L. d’AvAcK, Scelte di fine vita, in AA. VV., Testamento biologico. Riflessioni di dieci giuristi, cit., 47, spec. a 88 (rielaborazione de Le scelte di fine vita tra etica e diritto, in id. e F. riccoBono [cur.], Equità e ragionevolezza nell’attuazione dei diritti, Napoli, 2004, 9). Sul prendersi cura pesca nel fondo S. rodotà, La vita e le regole, cit., 223.

(10)

Il dialogo trova fondamento sì sul confronto verbale, ma anche sull’ascolto: reciproco

17

. Com’è stato notato, «non esiste un paziente muto»

18

. E se mai esistesse in un mondo nu- volesco, non è detto che siano muti anche i suoi familiari, ai quali pure gli artt. 1 (commi 2 e 3), 3 (comma 2) e 5 (comma 2) riconoscono, in certe situazioni, voce in capitolo

19

. Un dialogo, quindi, che può essere a più voci

20

.

In definitiva, la legge 219/2017 esalta la relazione comunicativa: circolare

21

. È un col- lante che non si dissolve neppure se la persona perde la capacità di autodeterminarsi.

17 H.-G. gAdAMer, di cui, sul tema oggetto d’indagine, [1993] Dove si nasconde la natura, trad. it. M. Donati e M.E. Ponzo, Milano, 1994, 135 ss. Suggestivo il richiamo di A. grieco e V. lingiArdi, nell’Introduzione a quest’opera, IX, a XIX ss. al «guaritore ferito» e, dunque, ad A. guggenBühl-crAig, [1983] Al di sopra del malato e della malattia, trad. it. M. Giuliani, Milano, 1987, 67 s.: come il medico non può pensarsi separato dal suo aspetto di paziente, così il paziente non può pensarsi separato dal suo aspetto di medico, ovvero dal fattore di guarigione dentro di sé.

Tra i giuristi che hanno approfondito l’argomento M. grAZiAdei, Il consenso informato, cit., 219 ss. e 231 ss. e P. ZAtti, del quale, tra l’altro, [2000] Il diritto a scegliere la propria salute (in margine al caso S. Raffaele), ora in id., Maschere del diritto e volti della vita, cit., 229, a 235.

Epperò, va tenuto anche conto dell’antico proverbio trasmessoci da Platone, facendolo recitare a Socrate: «è giusto riferire anche le ragioni del lupo» (Fedro, 272C). Si tratta allora di non minimizzare l’effrazione nei confronti del modello dialogico tentata da R.

eSpoSito, op. cit., 21 ss., 129 ss., 140 ss., 146 ss. e 153 ss., in favore della terza persona e del neutro. Una critica disvelatrice, la quale risulta peraltro un po’ carente sul versante ri-costruttivo, soprattutto sul piano giuridico, che, come sappiamo, è il luogo di governo delle responsabilità, troppe volte bypassate, se non eluse, con paradigmi impersonali.

18 P. ZAtti, Consistenza e fragilità dello ius quo utimur in materia di relazione di cura, in Nuova giur. civ., 2015, II, 20, in part. a 22. Per uno spaccato sul contesto medico-ospedaliero L. FontAnellA, op. cit., 66 ss. e 80 ss.

19 P. ZAtti, Consistenza e fragilità, cit., 22, 25 e 26, osserva che potranno essere proprio i familiari a dare testimonianza dei valori identitari del paziente. Sull’argomento, che presenta affinità con quello della “vicinanza” e “prossimità”, v. pure L. lenti, di cui La nuova disciplina della convivenza di fatto: osservazioni a prima lettura, in Jus civile, 2016, 92, in part. 102 e Convivenze di fatto. Gli effetti: diritti e doveri, in Fam. dir., 2016, 931, a 935; allarga il compasso S. rodotà, La vita e le regole, cit., 258, ma v. pure R. eSpoSito, op. cit., 120 ss.

Sui rapporti con i familiari, alla luce dell’art. 1, commi 2 e 3, occorrerebbe però intendersi. Non c’è più spazio per le promiscuità del passato e per qualche spunto ulteriore P. BorSellino, Bioetica tra “morali” e diritto2, cit., 162, 171 e 203 ss. e M. FogliA, Consenso e cura, cit., 107 s., 119 ss. e 123 s. e, tra i medici, L. orSi, Un cambiamento radicale nella relazione di cura, quasi una rivoluzione (articolo 1, commi 2 e 3), in AA. VV., Forum. La legge n. 219 del 2017, in BioLaw Journal - Rivista di BioDiritto, n. 1/2018, 19, a 25, consultabile all’indirizzo www.biodiritto.org.

Meritano segnalazione sui rapporti con i familiari del paziente, tra rappresentanza, familismo protettivo e autonomia, le pregevoli e stimolanti riflessioni presentate da L. olivero, all’incontro di studi su Le disposizioni anticipate di trattamento: luci e ombre della legge 22 dicembre 2017, n. 219, tenutosi il 15 febbraio 2018 presso il Consiglio notarile di Cuneo, che, come preannunciatoci dall’A., confluiranno in una monografia dedicata all’argomento, in continuità con le felici intuizioni che si leggono in id., L’amministrazione di fatto degli interessi patrimoniali e non patrimoniali del familiare, nel volume a cura di P. MoroZZodellA roccA, Doveri di solidarietà e prestazioni di pubblica assistenza, Napoli, 2013, 163, spec. a. 169 ss. e 183 ss cui hanno fatto seguito, quando questo scritto era in stampa, le agili ma penetranti riflessioni pubblicate con il titolo Che fine hanno fatto i familiari? (Antidoti per un emendamento), in Nuova giur. civ., 2019, II, 139..

20 In caso di DAT si possono contare fino a 4 voci: paziente, fiduciario, medico e giudice tutelare.

21 P. ZAtti, «Parole tra noi così diverse», cit., 143 ss.

Una blasonata dottrina aveva affrontato il tema già molti anni addietro osservando che «[s]enza comunicazione non esiste società e senza comunicazione simbolica non esiste società umana; senza regole di convivenza non esiste società e senza regole di convivenza giuridica non esiste società umana»: A. FAlZeA, [1981] Forma e sostanza nel sistema culturale del diritto, ora in id., Ricerche di teoria generale del diritto e di dogmatica giuridica, I, Teoria generale del diritto, Milano, 1999, 171, in part. 173; per le premesse S. pugliAtti, [1935] Esecuzione forzata e diritto sostanziale, rist. inalt., Camerino, 1978, 64.

L’argomento che ci occupa è caleidoscopico e multidisciplinare.

La filosofia sa perfettamente ciò di cui stiamo parlando: R. eSpoSito, op. cit., 73 ss.

Sulla comunicazione ospedaliera in chiave linguistica, ma anche tonale e non verbale, v. ancora L. FontAnellA, op. cit., 7 ss., 22 s., 26 s., 28 ss., 33 ss., 45 ss., 111 ss. e 118 ss.

Accattivante l’analisi antropologica di A. guSMAn, Comuni-care. Un percorso sulla comunicazione nel passaggio alle cure palliative, in

(11)

La direttiva normativa, di cui si fa promotore il Consiglio di Stato, accorda un monito pieno di senso: per averne consapevolezza, basti riflettere sul fatto che la tutela della sa- lute – e dunque anche, almeno in questo contesto, la comunicazione del e col medico – è un diritto fondamentale scolpito dall’art. 32, comma 1, Cost.

L’art. 1, comma 10, s’innesta in continuità: caldeggia «[l]a formazione iniziale e continua dei medici e degli altri esercenti le professioni sanitarie», che «comprende la formazione in materia di relazione e di comunicazione con il paziente, di terapia del dolore e di cure palliative»

22

.

3. Le DAT quale espressione di identità e ipseità.

Dalla latitudine qui abbracciata, le DAT non sono solo un mezzo per esprimere il proprio

“volere” o “non volere” un trattamento terapeutico. Non sono solo il veicolo per dichiarare

“se”, al verificarsi di certe condizioni, vivere o morire

23

. Sono invece, prima di tutto, espres-

Salute e soc., 2015, 159.

22 I medici sono franchi e v. N. ZAMperetti, La formazione del personale sanitario (commento all’articolo 1, commi 9 e 10), in AA. VV., Forum. La legge n. 219 del 2017, cit., 36 e già S. livigni, Postfazione a L. FontAnellA, La comunicazione diseguale, cit., 133. Sulla preparazione del personale sanitario alla «logotecnica clinica» M. FogliA, Consenso e cura, cit., 37 ss. Sulle vertigini (anche) comunicative nella c.d. fase di rimodulazione delle cure, con passaggio alle cure palliative, A. guSMAn, op. cit., 166 ss. e 169 s.

23 Vi possono però essere situazioni in cui le DAT non sono idonee a realizzare i propositi della persona. Il caso di Fabiano Antoniani, verificatosi prima dell’entrata in vigore della legge 219/2017, è, da questo punto di vista, emblematico. Anche se la normativa in esame fosse stata già in vigore non gli avrebbe consentito di raggiungere il risultato voluto (conf. L. d’AvAcK, Norme in materia di consenso informato e disposizioni anticipate di trattamento: una analisi della recente legge approvata in Senato, in Dir. fam. pers., 2018, p.179, a 195, G. FerrAndo, Rapporto di cura, cit., 71 e P. ZAtti, La via (crucis) verso un diritto alla relazione di cura, cit., 19). Egli non voleva essere

“accompagnato”, in un tempo più o meno breve, verso la fine. Date le proprie condizioni fisiche, voleva invece abbreviare il più possibile la propria esistenza mediante il c.d. suicidio assistito. È per tale ragione che decise di farsi accompagnare in una clinica svizzera, dove è morto a febbraio 2017. Il suo accompagnatore, Marco Cappato, è stato tratto a giudizio per il reato di istigazione al suicidio previsto all’art. 580 cod. pen. La vicenda, come noto, è finita davanti alla Corte costituzionale, che ha tracciato le linee guida, invitando il Parlamento (rimasto immobile, come nota M. AiniS, Il regno della pigrizia in politica, ne la Repubblica del 12 dicembre 2018, 28) a legiferare nuovamente sulla materia. L’invito è chiaro: la legge 219/2017 va modificata in modo tale da disciplinare anche situazioni come quella dello sfortunato dj Fabo. L’ordinanza è la n. 207 del 16 novembre 2018, consultabile all’indirizzo www.cortecostituzionale.it. Con essa la Corte ha sospeso la questione di legittimità costituzionale dell’art. 580 cod. pen., fissando una nuova discussione all’udienza del 24 settembre 2019, in esito alla quale potrà essere valutata l’eventuale sopravvenienza di una legge che regoli la materia. La Corte ha piantato i paletti intorno «alle ipotesi in cui il soggetto agevolato si identifichi in una persona (a) affetta da una patologia irreversibile e (b) fonte di sofferenze fisiche o psicologiche, che trova assolutamente intollerabili, la quale sia (c) tenuta in vita a mezzo di trattamenti di sostegno vitale, ma resti (d) capace di prendere decisioni libere e consapevoli». Nel perimetro di queste specifiche situazioni, ha chiarito la Corte, «il divieto assoluto di aiuto al suicidio finisce, quindi, per limitare la libertà di autodeterminazione del malato nella scelta delle terapie, comprese quelle finalizzate a liberarlo dalle sofferenze, scaturente dagli artt. 2, 13 e 32, secondo comma, Cost., imponendogli in ultima analisi un’unica modalità per congedarsi dalla vita, senza che tale limitazione possa ritenersi preordinata alla tutela di altro interesse costituzionalmente apprezzabile, con conseguente lesione del principio della dignità umana, oltre che dei principi di ragionevolezza e di uguaglianza in rapporto alle diverse condizioni soggettive (art. 3 Cost. [...])» (considerando in diritto n. 8).

Certo, la Corte non recita la parte dell’Arcivescovo di Canterbury. Può tuttavia dirsi che l’habeas corpus non è solo un diritto riconosciuto dalla Magna Charta Libertatum del 15 giugno 1215 e v. ancora S. rodotà, di cui Il diritto di avere diritti, cit., 144 ss., 256 s., 259 ss. e 295 ss. e Il corpo “giuridificato”, nel Trattato di biodiritto diretto da S. Rodotà e P. Zatti, Il governo del corpo, a cura di S. Canestrari, G. Ferrando, C.M. Mazzoni, S. Rodotà e P. Zatti, tomo I, Milano, 2011, 51, a 52 ss.

Tra i primi commenti a questa importante pronuncia dei giudici delle leggi cfr. A. ruggeri, di cui Pilato alla Consulta: decide di non decidere, perlomeno per ora… (a margine di un comunicato stampa sul caso Cappato), in Consultaonline, 2018, 568, consultabile

(12)

sione della propria identità narrativa, nella duplice accezione di identità [idem: analogo]

e di ipseità [ipse: identico]

24

. Insomma, sono espressione della propria storia e della propria esperienza, dei propri valori e delle proprie rappresentazioni, del proprio essere e del proprio divenire, dei propri bisogni, della propria memoria, della propria percezione dei ricordi, delle proprie convinzioni, delle proprie preferenze e delle proprie aspirazioni

25

. È questo il senso in cui può dirsi che le DAT sono lo strumento con cui rendere palese la propria scelta di “come” morire o vivere

26

. Come tali non costituiscono indice di «suicidio

all’indirizzo www.giurcost.org e Fraintendimenti concettuali e utilizzo improprio delle tecniche decisorie nel corso di una spinosa, inquietante e ad oggi non conclusa vicenda (a margine di Corte cost. ord. n. 207 del 2018), ibidem, 2019, 92, S. priSco, Il caso Cappato tra Corte Costituzionale, Parlamento e dibattito pubblico. Un breve appunto per una discussione da avviare, in BioLaw Journal - Rivista di BioDiritto, n. 3/2018, 153, consultabile all’indirizzo www.biodiritto.org, M. BignAMi, Il caso Cappato alla Corte costituzionale:

un’ordinanza ad incostituzionalità differita, consultabile all’indirizzo www.questionegiustizia.it, C. cupelli, Il caso Cappato, l’incostituzionalità differita e la dignità nell’autodeterminazione alla morte, consultabile all’indirizzo www.penalecontemporaneo.

it, U. AdAMo, In tema di aiuto al suicidio la Corte intende favorire l’abbrivio di un dibattito parlamentare, consultabile all’indirizzo www.diritticomparati.it e, s.v., A. di SApio e D. MuritAno, Fine vita, la Consulta mette al centro la scelta consapevole della terapia in Il Sole 24 Ore, 23 novembre 2018, 30.

Rimane sullo sfondo il tema, sempre più attuale ma sottaciuto, della c.d. “eutanasia da abbandono” e v. le feconde notazioni di P.

reScigno, di cui Malattia, vecchiezza e povertà: condizione necessaria ma non sufficiente, nota a Cass., sez. lavoro, 17 giugno 2010, n. 14642, in Giur. it., 2011, 790 e già, per le premesse, [1988] Eutanasia da abbandono: l’anziano cronico non autosufficiente, ora in id., Danno da procreazione, Milano, 2006, 317.

24 P. ricœur, di cui L’identité narrative, in Revue des sciences humaines, 95/221, 1991, 35 (la trad. it. di A. BAldini, L’identità narrativa, si legge in allegoria, 60, luglio - dicembre 2009, 93) e il trittico [1983] Tempo e racconto, vol. I (senza sottotitolo), [1984] Tempo e racconto, vol. II, La configurazione nel racconto di finzione e [1985] vol. III, Il tempo raccontato, trad. it. G. Grampa, Milano, rispettivamente 1986, 1987 e 1988.

Questo è ovviamente il primo passaggio di un più articolato discorso sulla persona in senso etico e per un recente riuscitissimo quadro di sintesi dell’invito della filosofia più moderna al superamento dell’impianto di matrice husserliana, centrato sull’autoreferenzialità e sull’autopresenza, aprendo a una relazione di eteronomia, prima ancora che di autonomia, di esposizione prima ancora che di autoriflessione, v. F. MengA, Lo scandalo del futuro, Roma, 2016, 98 ss.; ma cfr. P. ZAtti, di cui, tra l’altro, Di là dal velo della persona fisica, cit., 57 s., Principi e forme di governo del corpo, nel Trattato di biodiritto diretto da S. Rodotà e P. Zatti, Il governo del corpo, tomo I, Milano, 2011, 99, a 102 s., 104 ss. e 128 ss. Chiaramente, ognuno è libero di scegliere con chi, quando, come e su quale piano entrare in relazione all’altro.

25 Nihil sub sole novi.

Ha insistito sul riferimento all’identità della persona quale registro di lettura dell’argomento P. ZAtti: v.ne, tra l’altro, Le «disposizioni del paziente», cit., 314, Principi e forme di governo del corpo, cit. 99, a 112 ss. e 125, Per un diritto gentile in medicina, cit., 2 e 4 e Brevi note sul testo approvato, cit. Sensibile all’argomento anche L. d’AvAcK, Norme in materia di consenso informato, cit., 197, il quale però dal presupposto, a là R. dworKin [Il dominio della vita. Aborto, eutanasia, e libertà individuale, trad. it. C. Bagnoli, Milano, 1994, 276 ss.], che qui sono in questione l’“unità narrativa” della persona e i suoi “interessi critici” trae conseguenze diverse.

Suuna angolazione affine a quella di P. ZAtti v. pure G. FerrAndo, della quale Rapporto di cura, cit., 47, 62 e 70 ss. e, a proposito dei minori d’età e delle persone prive di autonomia, Minori e incapaci, in AA. VV., Forum. La legge n. 219 del 2017, cit., 46, segn. 52 e F.

giArdinA, Il fiduciario, ibidem, 61, segn. 62, entrambe sulla scia di S. rodotà, di cui Modelli culturali e orizzonti della bioetica, in id. [cur.], Questioni di bioetica, Roma - Bari, 1993, a 421, segn. 423 s. e, più di recente, Il diritto di avere diritti, cit., 172 ss., ove ci aveva messi in guardia, per tempo, sul rischio della «disidentità». D’altronde, cosa sono mai quelle procedure ospedaliere in cui si perde il proprio nome e si riceve un numero con il quale si viene chiamati per la visita medica?, e v. anche H. G. gAdAMer, op. cit., 137. E poi, non lo dimentichiamo, 174517 stava per “Primo Levi”, e su questa piaga umanitaria v. R. eSpoSito, op. cit., 11 ss.

Focalizza maggiormente l’attenzione sul potere/libertà di governo di sé del paziente e sui limiti della medicina M. FogliA, Autodeterminazione, cit., 248, 250 e 254, ma v.ne, con nuances più ricercate, Consenso e cura, passim, in part. 2 ss., 84 ss., 88 ss., 99 s. e 183.

26 Il frequente riferimento alla “dignità” – cui allude pure la legge 219/2017 (artt. 1, comma 1, 2 [la rubrica, però] e 3, commi 2 e 3) – va invece maneggiato con cautela, anche per evitare quella (sempre possibile) deriva di propaganda giuridico-filantropica di cui ci ha dato insuperabile avvertenza H. Arendt, Le origini del totalitarismo, cit., 405 ss.

Lo aveva già notato S. rodotà, La rivoluzione della dignità, cit., 12 ss., 17 ss. e, soprattutto, 37, «[l]a dignità non è un diritto fondamentale tra gli altri, né una supernorma», ma integra invece «principi fondamentali già consolidati – libertà, eguaglianza,

(13)

dell’assicurato», che, ai sensi dell’art. 1927, comma 1, cod. civ., se intervenuto prima che siano decorsi due anni dalla stipulazione del contratto, esime l’assicuratore dal pagamento delle somme assicurate, salvo patto contrario

27

.

Questa storia ha un lungo e accidentato percorso.

I Principi di etica medica europea fissati nel 1987 già prevedevano, a ragion veduta, che «[i]l medico non può imporre al paziente le proprie opinioni personali, filosofiche, morali e politiche nell’esercizio della sua professione» (art. 3) e che «[i]l medico non può sostituire la propria concezione della qualità della vita a quella del suo paziente» (art. 4, terzo periodo)

28

.

solidarietà – facendo corpo con essi e imponendone una reinterpretazione in una logica di indivisibilità».

I civilisti non sbadigliano sui quaderni. «Dignità è nozione che può avere una forte carica emancipatoria, anche e soprattutto nel senso del rafforzamento dei diritti sociali degli individui ma che nello stesso tempo può essere impiegata, con argomentazioni apodittiche, per determinare una pesante restrizione dei diritti di libertà altrui; dignità è formula che sottende un’elevata pulsione ideale, ma che rischia di subire, nella sua applicazione concreta, un processo di non irrilevante banalizzazione; dignità, infine, è strumento che può essere usato per ampliare la sfera d’autonomia degli individui e per precostituire le condizioni minime per una libera costruzione dell’identità ma che può anche tradursi nella surrettizia imposizione di modelli valoriali dominanti, a scapito del pluralismo e delle diversità»: G. reStA, di cui v. La disponibilità dei diritti fondamentali e i limiti della dignità (note a margine della Carta dei Diritti), in Riv. dir. civ., 2002, II, 801, segn. a 825 s. (da cui il virgolettato che precede) e, più diffusamente, Autonomia privata e diritti della personalità, Napoli, 2005, passim, segn. 7 ss., 12, 33 ss. 41 ss. e 123 ss. e La dignità, nel Trattato di biodiritto diretto da S. Rodotà e P.

Zatti, Ambito e fonti del biodiritto, a cura di S. Rodotà e M. Tallacchini, Milano, 2010, 259. In arg. v. altresì P. reScigno, di cui [1982] La fine della vita umana, cit., 647 ss., ora in id., Danno da procreazione, cit., 173, a 193 s., [1998] Limiti e possibilità del diritto, ibidem, 13, a 17 s. e [2000] Bioetica e tutela della persona, ibidem, 39, a 45 s., P. BorSellino, Bioetica tra “morali” e diritto2, cit., 481 ss. e, con altro approccio, C.M. MAZZoni, Dignità, in Riv. crit. dir. priv., 2016, 157 e M.R. MArellA, Il fondamento sociale della dignità umana.

Un modello costituzionale per il diritto europeo dei contratti, ibidem, 2007, 67. Cfr. però R. eSpoSito, op. cit., 5 ss. e, su una posizione ancora diversa, radicale ma che fa pensare su come ci vedono oltreoceano, J.Q. whitMAn, The Two Western Cultures of Privacy:

Dignity versus Liberty, in (2004) 113 Yale Law Journal, 1151, segn. 1186 ss., 1206 ss. e 1219 ss.

27 Qui sta la chiave di volta del tema già sollevato da P. reScigno in La fine della vita umana, cit., 180 e 199. Lo stesso dicasi per il rifiuto di trattamenti sanitari e per la rinuncia ai medesimi ai sensi dell’art. 1, comma 6: conf. D. cAruSi, Tentativi di legiferazione, 120.

Medesima soluzione è fornita dalla sec. 4656 del Probate Code della California il quale prevede che «[d]eath resulting from withholding or withdrawing health care in accordance with this division does not for any purpose constitute a suicide or homicide or legally impair or invalidate a policy of insurance or an annuity providing a death benefit, notwithstanding any term of the policy or annuity to the contrary».

28 Il documento fu approvato il 6 gennaio 1987 dall’allora Conferenza internazionale degli ordini professionali dei medici dei 12 Paesi della Comunità Europea: si legge in aggiornamenti sociali, 11/1987, 729, tratto da Il Medico d’Italia, 13 febbraio 1987, 7.

(14)

Di acqua sotto i ponti n’è passata

29

. L’identità e l’ipseità presidiano oggi la volontà e a esse il medico deve attenersi anche in assenza di DAT

30

. La legge 219/2017 cementa il di- ritto al rispetto dell’identità e dell’ipseità del paziente/disponente, le cui scelte autodeter- minative sono prevalenti e preminenti sulle diverse valutazioni e convinzioni del medico, salvi i limiti di cui agli artt. 1, comma 6 e 4, comma 5

31

.

29 Acconce notizie sul progressivo irrigidirsi delle posizioni e sul polarizzarsi delle polemiche in L. d’AvAcK, Scelte di fine vita, cit., 53 ss. e D. cAruSi, Tentativi di legiferazione, cit., 3 ss.; un’interessante intervista di P. ZAtti è visionabile all’indirizzo https://vimeo.com/3675192;

in chiave più generale, P. reScigno, di cui [1998] Valori, modelli, politiche, ora in id., Danno da procreazione, cit., 19, a 21 e [1997] «Living will», un istituto giuridico di formazione extralegislativa, ibidem, 215, a 223 ss. e P. BorSellino, [1996] La bioetica: terreno di scontro tra moderno e postmoderno, ora in eAd., Bioetica tra autonomia e diritto, Milano, 1999, 45.

La critica mossa da R. eSpoSito, op. cit., 5 ss. e 113 ss. alla contrapposizione tra tesi religiose che proclamano la sacralità della vita e tesi laiche che proclamano la sua qualità è dirompente, ma disoccultatrice: queste tesi, osserva l’A., poggiano entrambe sulla prevalenza del personale sull’impersonale; hanno entrambe la medesima radice concettuale, lo stretto legame tra la “persona” e il “soggetto di diritto”: si operi poi uno slittamento di senso e di attenzione “dalla persona al soggetto di diritto”, che è un filone cui abbiamo già accennato (nt. 1), oppure “dal soggetto di diritto alla persona” il risultato non cambia.

Questo disincantato orizzonte travolge anche la teoria normativa della persona, che mette da parte le proprietà empiriche o odontologiche degli individui in favore della griglia dei diritti e doveri che, tempo per tempo, l’ordinamento giuridico riconosce e impone a certi individui: per essa v. P. BorSellino, Bioetica tra “morali” e diritto2, cit., 85 ss. e 191. Molteplici sembrano i punti di contatto con H. KelSen, del quale v. [1960] La dottrina pura del diritto, trad. it. M.G. Losano, Torino, 1990, 192 ss., segn. 194 e 197, [1960] Religione secolare, trad. it. P. Di Lucia e L. Passerini Glazel, Milano, 2014, passim, spec. 363 s. e [1962] Politica, etica, diritto e religione, ora in id., Cos’è la giustizia?, sempre a cura di P. Di Lucia e L. Passerini Glazel, Macerata, 2015, 139, in part. 140 ss. (segn.

142 ove una centrata relativizzazione della moralità vs immoralità del suicidio); ma cfr. R. eSpoSito, op. cit., 102 ss.

30 Non è dunque registrabile alcun ritorno alla volontà. Il face value della volontà è, invece, una declinazione dell’identità e ipseità – o se si preferisce della dignità umana – che, a bella posta, si coniugano e germogliano con il rispetto di se stessi: in arg. si consulta con profitto l’atlante ragionato di L.E. perriello [cur.], L’autonomia negoziale nel fine vita, in Corte Costituzionale - Servizio studi, gennaio 2016, reperibile all’indirizzo www.cortecostituzionale.it, 13 ss. (testo e relative note) e 19 s.

Non tutti la pensano allo stesso modo. C. roMAno, La legge in materia di disposizioni anticipate di trattamento, cit., 18, evoca una

«sacralità del volere» e la stessa considerazione è riproposta in id., Le disposizioni anticipate di trattamento [studio CNN n. 136-2018/

C1605], § 4.

31 Intendere questa svolta ordinamentale come frutto di una logica librescamente etichettata come “logica dell’autodeterminazione assoluta” significa seguitare a galoppare dietro un modello che pone pur sempre al centro della scena le valutazioni e convinzioni del medico, pur declamando di volersi allontanare dal paternalismo sanitario: è indicativa l’enfasi con cui D. cAruSi, Tentativi di legiferazione, cit., 106 ss., ha sottolineato la possibile influenza della depressione e dell’emulazione sul rifiuto delle cure e v. le repliche di P. BorSellino, Bioetica tra “morali” e diritto2, cit., 187 ss.

Qui fiorisce la “logica dell’alleanza terapeutica” che, in tempi recenti, ha trovato i nuovi alfieri: E. Bilotti, op. cit., 85 ss. e L. BoZZi, La legge sulle disposizioni anticipate di trattamento tra esigenze di bilanciamento e rischi di assolutizzazione, in Nuova giur. civ., 2018, II, 1351, segn. 1352 s. e 1355 s., entrambi con richiamo a F. BuSnelli, Problemi giuridici di fine vita tra natura e artificio, in Riv.

dir. civ., 2011, 153, segn. a 171 s. e ripercorrendo le orme di A. nicoluSSi, op. cit. (v.ne in part. 460 ss., 463 ss., 467 ss., 483 ss. e le conclusioni a 502 ss.).

Ma, di là dalla segnalata retorica della “alleanza terapeutica” (supra nt. 12), non vi è alcun puntello normativo per affermare che questa pretesa “alleanza” – ovviamente: in caso di conflitto tra medico e paziente, perché di questa eventualità stiamo parlando – deve essere ubbidita dal paziente. Questa “alleanza”, a tutto concedere, andrebbe prima ricercata nel dialogo tra medico e paziente, poi da loro condivisa e solo di conseguenza osservata, tenendo però conto della intangibile facoltà del paziente/disponente di rivedere le sue scelte e di rimangiarsi la parola.

Occorre peraltro non calcare neppure troppo la mano riconducendo la “logica dell’alleanza terapeutica” a una logica accondiscendente all’autonomia professionale e alla coscienza del medico. Perchè, seppur in filigrana, il timore che alberga in questa logica è quello dell’abbandono terapeutico e v. infatti E. Bilotti, op. cit., 91 e L. BoZZi, op. cit., 1356 e 1358; qualche apprensione, con tonalità di fondo non coincidenti, anche in V. verdicchio, Testamento biologico e consenso informato (Aspetti delle decisioni di fine vita nel diritto italiano tra jus conditum e jus condendum), in Dir. succ. fam., 2017, 637, a 667 e pure 671; s’interroga poi sul “dovere di morire” L.

Milone, Dal living will del 1997 alla legge 22 dicembre 2017, n. 219, cit., 1403, ma il registro di questa domanda è noto ai filosofi: ne parla R. eSpoSito, op. cit., 120 ss.

Ora. Il timore dell’abbandono terapeutico non è del tutto peregrino. Tuttavia, esaltando a questo modo i poteri/doveri del medico al fine di impedirne la deresponsabilizzazione, si rischia di proporre una “cura giuridica” peggiore del male. L’abbandono terapeutico

(15)

Ben s’è detto, «il rispetto dell’identità» è l’«orizzonte che include e integra il princi- pio di consensualità»

32

. Et pour cause si è parlato di testamento “biografico”, prima che

“biologico”

33

. Qui sta la cifra del nostro discorso.

4. I dati.

Questa non è la storia di Tizio o di Caio, ma la nostra storia

34

. Evitiamo dunque di dare i numeri, bastano i dati.

Uno studio pubblicato sul British Medical Journal ci fa sapere che nelle primary care physician consultations nel mondo la durata media di visita è di 5 minuti.. Si va dai 20/22,5 minuti dei primi tre stati (in testa la Svezia, poi Stati Uniti d’America e Bulgaria) ai 48 secondi (Bangladesh, fanalino di coda)

35

. L’Italia non è presa in esame. Dalla stampa spe-

non può essere evocato a mo’ di spauracchio, ma va affrontato apertamente sulla piattaforma sua propria, che è quella di cui si colgono nitide tracce nell’art. 2, comma 1, ai sensi del quale «[i]l medico, avvalendosi di mezzi appropriati allo stato del paziente, deve adoperarsi per alleviarne le sofferenze, anche in caso di rifiuto o di revoca del consenso al trattamento sanitario indicato dal medico» e v. altresì Corte cost., [ord.] 16 novembre 2018, n. 207, cit. (considerando in diritto n. 10) e S. rodotà, Il diritto di avere diritti, cit., 279 ss.

La sfida che la legge 219/2017 ci lancia è la revisione delle strutture sanitarie-burocratiche attorno al malato (terminale e non): in arg.

P. BorSellino, Bioetica tra “morali” e diritto2, cit., 162 s. e già P. reScigno, [2003] Living will e autodeterminazione, ora in id., Danno da procreazione, cit., 229, a 234 s.

32 P. ZAtti, Spunti per una lettura della legge sul consenso informato e DAT, cit., 247. Si sfogliano con interesse anche le pagine di L.

d’AvAcK, Scelte di fine vita, cit., 82 ss.

33 S. rodotà, Il diritto di avere diritti, cit., 169 ss., 251 ss., 273 ss. e 283, G. coSMAcini, Chiamatelo «testamento biografico», in Il Sole 24 Ore, domenica 1° marzo 2009, 27 e, per un primissimo abbozzo, P. reScigno, «Living will», un istituto giuridico di formazione extralegislativa, cit., 219 ss. Ne fa vendemmia G. FerrAndo, Rapporto di cura, cit., 70 s.: «[l]e DAT possono anche contenere dichiarazioni di “identità”, con cui si esprimono le proprie convinzioni riguardo al morire “con dignità”, al limite oltre il quale non si desidera essere mantenuti in vita, o si chiede di non dover soffrire inutilmente». Vivacemente critico invece D. cAruSi, Tentativi di legiferazione, cit., passim, in part. 106 ss.

La storia, anche qui, ci mette a nudo e ci fa fare i conti con quello che eravamo. Quasi si stenta a credere che meno di cento anni fa siano stati insigniti del premio Nobel due scienziati che, proprio sotto il vessillo dell’umanità e della personalità umana, ma mettendo poi in pratica un preciso paradigma biologico, avevano ritenuto, l’uno, che una massa di carne umana senza intelligenza è materia vivente non degna di alcuna dignità e, l’altro, che non bisogna esitare a ordinare la società moderna in rapporto agli individui sani:

dettagli in R. eSpoSito, op. cit., 71 ss.

34 La letteratura legge la vita e la morte anche ai non vedenti.

Indimenticabile la pagina in cui L.N. tolStoj ci racconta dello sgomento del giudice Iván Ilìc quando scoprì la reale portata di «quel sillogismo che aveva appreso nella logica di Kjessewater: ‹Caio è un uomo, gli uomini sono mortali, dunque Caio è mortale›», un sillogismo che «gli era sembrato, per tutta la vita, giusto solo nei riguardi di Caio, e che lui non c’entrasse per nulla»: La morte di Iván Ilìc, Santarcangelo di Romagna, 2014, a 35.

Non va meglio con la storia di Tizio, che tra i giuristi riscuote maggior successo. L’idea di scriverla era venuta a F. gAliAni: notizie in L. diodAti, Vita dell’abate Ferdinando Galiani, Napoli, 1788, 59 s. Se ne fece cura F. de jorio, avvocato nella Regia Udienza di Lucera, che ce ne ha compiutamente narrato le gesta nel volume in due tomi Tizio o sia le vicende dell’umanità, Napoli, 1790-1793. Questo giurista pugliese ce ne ha presentato il coniuge e tutti i parenti e amici, ma ben ci ha messo in guardia dal fatto che si tratta solo di «una pittura della vita umana» (tomo II, 440) e che Tizio altro non è che il «ritratto di Uomo deſideroſo della immortalità» (come recita il titolo della parte XX, tomo II, 395). Anche per questo, probabilmente, conquistò la simpatia di B. croce, nel suo gustosissimo aneddoto La «storia di Tizio», pubblicato su La Critica, 1929, 159 (ringraziamo Angelo Tonnellato che ce ne ha generosamente inviato copia).

35 G. irving, A.l. neveS, h. dAMBhA-Miller, A. oiShi, h. tAgAShirA, A. verho e j. holden, International variations in primary care physician consultation time: a systematic review of 67 countries, consultabile all’indirizzo bmjopen.bmj.com/content/bmjopen/7/10/e017902.

(16)

cializzata apprendiamo però che un’indagine della Società Italiana di Medicina Interna ha verificato che nel nostro Paese il tempo medio di visita è di circa 9 minuti

36

. Siamo quindi sopra la media mondiale, più o meno pari posto con la Gran Bretagna (9.22 minuti), prima dell’Austria (5 minuti) e della Germania (7,6 minuti), ma dietro l’Olanda (10,2 minuti), la Spagna (13,4 minuti), la Francia (16 minuti) e la Svizzera (17 minuti).

Questi dati fotografano nitidamente le paradossalità con cui conviviamo nella gestione del “fattore tempo”. Fanno planare l’art. 1, comma 8, della legge 219/2017 sul concreto: il tempo della comunicazione è tempo di cura, ma il tempo sembra mancare»

37

. Ciò non im- miserisce però l’art. 1, comma 8, a slogan

38

; al contrario permette di acclimatare la comu- nicazione del e col medico nel quadro della tutela della salute costituzionalmente protetta e di cui è ora possibile chiedere effettiva attuazione.

5. Il fiduciario.

Il disponente ha facoltà (non obbligo) di nominare un fiduciario. Lo conferma l’art. 4, comma 4: «[n]el caso in cui le DAT non contengano l’indicazione del fiduciario [...] le DAT mantengono efficacia in merito alle volontà del disponente. In caso di necessità, il giudice

full.pdf. Sarebbe peraltro ricco di spunti anche un futuro report comparativo dei diversi tempi e delle differenti modalità d’attesa delle visite mediche nel mondo.

36 Sono i dati emersi nel corso del 116° Congresso nazionale della Società italiana di medicina interna di cui dà conto l’articolo Parlare con i pazienti riduce i ricoveri e migliora cure del 40%. Ma solo 1 su 5 è un medico “amico” pubblicato l’11 ottobre 2015 su quotidianosanita.it, dal quale emerge anche che «già dopo 20 secondi il racconto del paziente viene interrotto dalle domande del dottore». L’articolo è interessante pure per le osservazioni (ivi riferite) di G.R. corAZZA, all’epoca Presidente S.i.m.i.: «[p]ochi pazienti [...] vedono appagato il loro desiderio di dialogo col medico, che spesso è troppo frettoloso o assente: in media guarda lo schermo del pc o dello smartphone anziché la persona che ha davanti per i due terzi del già scarso tempo della visita. Ascoltare le ragioni e le emozioni del paziente è invece il punto di partenza fondamentale per avere una visione più ampia e circostanziata della patologia e porre una miglior diagnosi». V’è consapevolezza che «le parole curano tanto quanto i farmaci, in moltissime situazioni. Purtroppo», prosegue G.R. corAZZA, «la nostra medicina iper-tecnologica sembra allontanare da un rapporto empatico medico-paziente, portandoci verso una de-umanizzazione delle cure».

Pensieri pensati sul passaggio dalla medicina ippocratica e paternalistica alla medicina tecnologicizzata in M. FogliA, Consenso e cura, cit., 4 ss., 16 s., 18 ss., 23 ss. e 26 ss.; con respiro progressivamente più ampio, G. FerrAndo, Rapporto di cura, cit., 47 s., P. ZAtti,

«Parole tra noi così diverse», cit., 147 ss. e S. rodotà, Il diritto di avere diritti, cit., 162 ss., 169 ss. e 259 ss.

37 M. FogliA, Consenso e cura, 30 ss. (spec. 32, da cui il virgolettato), ove notizie sul passaggio dall’ospedale all’azienda sanitaria, governata da budget che impongono sempre maggiore velocità dei ritmi lavorativi con inevitabile sottrazione di tempo al fattore comunicativo.

38 In quest’arco ermeneutico pure P. ZAtti, La via (crucis) verso un diritto alla relazione di cura, cit., 8, osservando che l’art. 1, comma [9, oggi comma] 8, non solo asserisce, ma prescrive qualcosa di fondamentale e di molto impegnativo sia per il medico, sia per l’organizzazione sanitaria; ma cfr. M. FogliA, Consenso e cura, 17.

In più ampio raggio, G.M. FlicK, Dignità del vivere e dignità nel morire: un (cauto) passo avanti, in V. verduci [cur.], Il diritto sulla vita, cit., 17, a 22: «[l]a salute (si dice) non ha prezzo, ma la sanità costa cara: è vero e le risorse sono limitate, soprattutto in tempo di spending review. Ma il richiamo ai costi evoca valutazioni di diseguaglianza fondate sulle condizioni economiche che sono inaccettabili in linea di princìpio, ancorché purtroppo spesso inevitabili e condizionanti nella realtà». L’utilizzo degli strumenti di lettura offerti dall’analisi economica del diritto per affrontare le questioni poste dalla bioetica suscita da molti anni preoccupazione e v. P. reScigno, [2003] I confini della vita umana, ora in id., Danno da procreazione, cit., 165, a 170 s. e, più recentemente, P. BorSellino, Bioetica tra “morali” e diritto2, cit., 169 s.

(17)

tutelare provvede alla nomina di un amministratore di sostegno, ai sensi del capo I del titolo XII del libro I del codice civile»

39

.

La nomina del fiduciario è una scelta che si colloca su una piattaforma, per così dire, dinamica, non statica: punta a prevenire il “rischio di disidentità” del disponente, vale a dire che il disponente, una volta diventato incapace di autodeterminarsi, sia trattato nel contesto medico-ospedaliero come una “non persona” nelle mani di altre persone mai scelte dal medesimo

40

.

Sarà il fiduciario che, mano nella mano del disponente, facendone le veci, garantirà aderenza diacronica alle DAT e darà o negherà il consenso ai trattamenti sanitari, perse- guendone l’esclusivo e migliore interesse

41

.

Ancora. Sarà il fiduciario che dialogherà con il medico qualora le DAT appaiano palese- mente incongrue o non corrispondenti alla condizione clinica attuale del paziente ovvero sussistano terapie non prevedibili all’atto della sottoscrizione, capaci di offrire concrete possibilità di miglioramento delle condizioni di vita. In questi casi (e solo in questi casi), il medico può disattendere, in tutto o in parte, le DAT, ma può farlo esclusivamente «in accordo con il fiduciario»

42

: ecco un’altra forma in cui si coniuga la consensualità della relazione di cura

43

. Una relazione paritetica: «in accordo con il fiduciario» non significa sen- tito il parere del fiduciario: la decisione dev’essere condivisa dal medico e dal fiduciario, dunque dev’esserci concorso e combinazione di consensi; non basta un’informativa, né è sufficiente un confronto dialettico, che è solo il presupposto dell’«accordo»

44

.

39 Si ponga attenzione alla direzionalità del dato positivo: allude alla «nomina di un amministratore di sostegno», non anche di un tutore.

Il che parrebbe sconfessare quell’orientamento giurisprudenziale di merito per cui l’“incapacità” di esprimere il consenso informato ai trattamenti sanitari sarebbe, di per sé, causa di apertura della tutela. Questa risulta la prassi di alcuni tribunali piemontesi. Una prassi che non sembra condivisibile e che non tiene conto del diverso e ben più strutturato indirizzo di legittimità e v., da ultimo, Cass., [ord.] 26 luglio 2018, n. 19866, consultabile nel Foro it. on line. Coglie poi nel segno P. cendon, in Il testamento per morire in pace, in AA. VV., Testamento biologico direttive anticipate di trattamento, atti del Convegno di Trieste del 6 aprile 2005, reperibili all’indirizzo www.personaedanno.it, 34, segn. a 37: l’appellativo “incapace” andrebbe attentissimamente soppesato cogliendo tutti i messaggi che il paziente riesce a dare o anche solo a lanciare.

40 R. eSpoSito, op. cit., 121 s., trattando della persona in generale, enfatizza tali rischi, ma per una più convincente ricomposizione della tematica in termini giuridici v., a proposito dei minori d’età, M. grAZiAdei, Diritto positivo, potere, interesse, cit., 69 ss.

41 Questa focalizzazione dell’attività del fiduciario era stata chiarita nell’art. 6, comma 3, del c.d. disegno di legge Calabrò, approvato dal Senato il 26 marzo 2009, in un testo risultante dall’unificazione di molteplici disegni di legge, modificato dalla Camera il 12 luglio 2011 e trasmesso dal Presidente della Camera alla Presidenza il 13 luglio 2011 e nell’art. 5 del c.d. disegno di legge Marino, comunicato alla Presidenza il 15 marzo 2013.

Molto interessante quanto attualmente previsto dalla sec. 4684 del Probate Code della California: «[i]n determining the principal’s best interest, the agent shall consider the principal’s personal values to the extent known to the agent».

42 Neppure la mancanza di un fiduciario, la sua rinuncia, il suo decesso, la sua intervenuta incapacità lasciano il medico libero di disattendere autonomamente le DAT. Al contrario, sono proprio questi i principali casi «di necessità», in cui, come visto, il giudice tutelare provvede alla nomina di un amministratore di sostegno: art. 4, comma 4, secondo periodo. In assenza di una istanza dei familiari indicati dall’art. 417 cod. civ. (e probabilmente anche dello stesso fiduciario non familiare rinunciante) trova applicazione l’art. 406, comma 3, cod. civ.: «[i] responsabili dei servizi sanitari e sociali direttamente impegnati nella cura e assistenza della persona [...] sono tenuti a proporre al giudice tutelare il ricorso di cui all’articolo 407 o a fornirne comunque notizia al pubblico ministero».

Che è l’ultima carta da giocare in un sistema che oggi dà ampio credito all’autonomia della persona e v. pure G. de MArZo, Prime note sulla legge in materia di consenso informato e disposizioni anticipate di trattamento, in Foro it., 2018, V, c. 137, spec. c. 142.

43 P. ZAtti, La via (crucis) verso un diritto alla relazione di cura, cit., 11 e F. giArdinA, op. cit., 61.

44 P. BorSellino, Bioetica tra “morali” e diritto2, cit., 222.

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