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IL PERCORSO LEGISLATIVO DEI SERVIZI PUBBLICI IN ITALIA

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Academic year: 2021

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INTRODUZIONE

Il progetto di analisi della seguente tesi da me elaborata si prefigge di analizzare quella particolare forma di affidamento diretto dell’erogazione di servizi pubblici locali (da intendersi come l'insieme di tutte quelle attivita preordinate al soddisfacimento di interessi essenziali della collettivita) denominata in house providing.

Per poter analizzare l’inquadramento del suddetto istituto giuridico è giusto partire da una premessa sulle forme di gestione del mercato pubblico da parte della Pubblica Amministrazione, ovvero dall’analisi delle modalita in cui la stessa procede all’acquisizione dei beni e dei servizi che le sono necessari per il perseguimento delle proprie finalita e per la soddisfazione dei bisogni della collettivita di riferimento.

La pubblica amministrazione puo soddisfare le sue esigenze secondo due diverse modalita ovvero ricorrendo al libero mercato come qualsiasi altro operatore economico oppure auto - producendo i beni e i servizi di cui necessita. Infatti, nonostante il diritto comunitario imponga il rispetto dei principi cardine del mercato interno, lascia il potere di auto - organizzazione in capo alle pubbliche amministrazioni negli Stati membri, le quali potranno scegliere di agire “in economia” o di ricorrere alle prestazioni di operatori terzi. Cio nasce in considerazione del fatto che la P.A. non sempre si pone sul mercato come un qualsiasi operatore privato e che la stessa è vincolata al rispetto dei principi di imparzialita, buon andamento ed efficienza.

Analizzando meglio le due fattispecie, quando si rivolge al mercato, ricorrendo quindi agli istituti dell’appalto o della concessione di lavori o di servizi, la pubblica amministrazione pone in essere un’attivita contrattuale di diritto privato e deve rispettare quanto disposto della normativa comunitaria.

Anche se non esiste nel Trattato CE alcuna norma che faccia specifico riferimento ad appalti e concessioni, la disciplina è sottoposta al rispetto dei principi generali del mercato interno e al rispetto delle norme sulla leale concorrenza. In particolare, mentre gli appalti sono stati

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compiutamente disciplinati da apposite direttive, le concessioni non sono dotate di una disciplina ad hoc e rispondono di conseguenza ai principi fondamentali stabiliti dal Trattato . Ad ogni modo, sia gli appalti che le concessioni presentano un tratto comune poiche in tutti i casi in cui la PA si rivolge a terzi deve rispettare i principi di concorrenza e trasparenza del mercato interno, osservando in particolare la regola della gara pubblica.

La disciplina comunitaria sugli appalti pubblici, elaborata a partire dai primi anni settanta, persegue l’obiettivo immediato di realizzare l’integrazione economica tra gli Stati membri ed attuare i principi e le liberta contenuti nei Trattati (e, in particolare, dei principi di libera circolazione dei beni e dei servizi, del diritto di stabilimento, del principio di non discriminazione e parita di trattamento), fermo restando che la tutela del mercato e della concorrenza rappresentano solo uno degli strumenti per garantire le condizioni di sviluppo delle imprese, in quanto solo la crescita di tali imprese consente il corretto impiego delle risorse finanziarie pubbliche ed uno sviluppo economico che permetta di migliorare la qualita della vita dei cittadini dell’Unione europea.

E' pacifico che la pubblica amministrazione gode di uno spazio decisionale in relazione al modus operandi con cui perseguire i propri scopi istituzionali, posto che la stessa puo ricorrere all’esternalizzazione cosi come puo provvedere all’autoproduzione dei servizi pubblici. E proprio nell’ambito di tale liberta di scelta che nasce e si sviluppa l’istituto dell’in house providing.

Con la locuzione in house providing si definisce quel modello organizzativo mediante il quale le pubbliche amministrazioni realizzano le attivita di loro competenza attraverso i propri organismi, cioè senza ricorrere al libero mercato per procurarsi i lavori, i servizi e le forniture ad esse occorrenti o per erogare alla collettivita prestazioni di pubblico servizio, in deroga ai principi comunitari sulla tutela della concorrenza stabiliti nel Trattato istitutivo della Comunita Europea, che invece imporrebbero lo svolgimento di gare ad evidenza pubblica per l'affidamento di tali servizi.

La consacrazione dell’istituto dell’in house providing, che nacque nel Regno Unito per consentire una maggiore flessibilita d’azione alle nuove tipologie di organizzazione della pubblica amministrazione, si attribuisce alla famosa sentenza Teckal emanata nel 1999 dalla Corte di Giustizia CE , la quale ha ammesso tale forma di affidamento qualora integri delle precise condizioni delineate dalla Corte stessa. Lo sforzo ermeneutico della Corte di

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Giustizia ha permesso di stabilire caratteristiche e limiti dell’in house providing. La prima constatazione è che non vi è alcuna questione se la PA affida in via diretta un incarico a un proprio ente strumentale non dotato di autonoma personalita giuridica, ma, al contrario, se l’amministrazione conclude un accordo con un ente da essa stessa controllato ma dotato di autonoma personalita giuridica occorre stabilire se sia necessario il ricorso alle procedura di evidenza pubblica. Pertanto, come chiarito dalla giurisprudenza comunitaria e nazionale, affinche la procedura di gara non sia necessaria, occorre che tra l’amministrazione e il prestatore ci sia sostanziale identita, nonostante le distinte personalita giuridiche, in modo tale da configurare il contratto tra le stesse intercorso come un atto di organizzazione interna. La materia degli affidamenti diretti è oggi di grande attualita poiche, nonostante la costante opera di adeguamento ed interpretazione della giurisprudenza comunitaria e nazionale, permangono forti ambiguita in ordine ai requisiti e ai presupposti necessari per poter considerare legittimi gli affidamenti diretti in materia di servizi pubblici locali aventi rilevanza economica. Questo è dovuto soprattutto al fatto che in materia non esiste ancora una legislazione consolidata ne tantomeno un’univoca definizione legislativa di affidamento in house.

La mia attenzione sull' in house providing si concentra principalmente su uno dei requisiti fondamentali di questo istituto ovvero il controllo analogo che la P.A. esercita sulla societa stessa.

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CAPITOLO I

IL PERCORSO LEGISLATIVO DEI SERVIZI PUBBLICI IN ITALIA

1.1 Da Giolitti alla Legge 142/1990

La disciplina inerente i servizi pubblici locali risale alla Legge del 29 Marzo 1903, n. 103 (Legge Giolitti) varata agli inizi del 1900. Consentendo ai Comuni e alle Province di assumere e gestire i servizi ritenuti essenziali per la collettivita locale,questa legge, nonostante le modifiche ad essa apportate negli anni successivi, ha costituito il corpus normativo dei servizi pubblici locali ed è rimasta in vigore fino alla fine degli anni Ottanta, consentendo agli Enti locali di sottrarre all’economia di mercato quei beni e quei servizi volti a soddisfare i bisogni collettivi1.

Nel contesto storico a cui si fa riferimento il mercato non è in grado di garantire i servizi sociali ai cittadini e proprio la suddetta legge è stata la soluzione istituendo delle societa di erogazione municipalizzate ovvero aziende pubbliche in mano agli Enti locali che potessero garantire, all'interno del proprio territorio di giurisdizione, un determinato servizio all’intera collettivita prevedendo un rigido sistema di controlli sull’azienda municipale non solo da parte del Comune, mediante la preventiva approvazione delle delibere aziendali e il controllo sugli organi dell’azienda, ma anche da parte dell’autorita governativa. Le imprese municipalizzate cosi costituite, quindi, sono imprese pubbliche che operano con una struttura produttiva monoservizio e che agiscono nell’ambito territoriale del Comune di riferimento. Dal quadro appena delineato è escluso l’intervento del soggetto privato, il quale puo comunque ottenere dall’Amministrazione di riferimento una concessione per la gestione del servizio.

L’azienda municipalizzata e la concessione, tuttavia, non sono le uniche modalita con cui è

1G. PALLIGIANO, La riforma dei servizi pubblici locali di rilevanza economica, atti del convegno Vallo della Lucania – 26 giugno 2009, in www.giustizia- amministrativa.it.

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possibile gestire un servizio pubblico. Anche l’Ente locale ha la possibilita di gestire

direttamente il servizio in regime di monopolio. Oltre che prevedere le modalita di gestione del servizio pubblico da parte dell’Ente locale, la legge Giolitti fornisce anche un elenco di servizi pubblici in un numero di 19 : “1) costruzione di acquedotti e fontane e distribuzione di acqua potabile; 2) impianto ed esercizio dell’illuminazione pubblica e privata; 3) costruzione di fognature ed utilizzazione delle materie fertilizzanti; 4) costruzione ed esercizio di tramvie a trazione animale o meccanica; 5) costruzione ed esercizio di reti telefoniche nel territorio comunale; 6) impianto ed esercizio di farmacie; 7) nettezza pubblica e sgombro di immondizie dalle case; 8) trasporti funebri, anche con diritto di privativa, eccettuati i trasporti dei soci di congregazioni, confraternite ed altre associazioni costituite a tal fine e riconosciute come enti morali; 9) costruzione ed esercizio di molini e di forni normali; 10) costruzione ed esercizio di stabilimenti per la macellazione, anche con diritto di privativa; 11) costruzione ed esercizio di mercati pubblici, anche con diritto di privativa; 12) costruzione ed esercizio di bagni e lavatoi pubblici; 13) fabbrica e vendita del ghiaccio; 14) costruzione ed esercizio di asili notturni; 15) impianto ed esercizio di omnibus, automobili e di ogni altro simile mezzo, diretto a provvedere alle pubbliche comunicazioni; 16) produzione distribuzione di forza motrice idraulica ed elettrica e costruzione degli impianti relativi; 17) pubbliche affissioni, anche con diritto di privativa, eccettuandone sempre i manifesti elettorali e gli atti della pubblica autorita; 18) essiccatoi di granturco e relativi depositi; 19) stabilimento e relativa vendita di semenzai e vivai di viti ed altre piante arboree e fruttifere”.

Tramite questo elenco è possibile individuare quei servizi considerati essenziali per il soddisfacimento della collettivita, servizi che pertanto devono essere rimessi all’attore pubblico. Tuttavia è doveroso sottolineare come citando espressamente quali servizi devono essere gestiti dall’Ente locale si corre il rischio di fotografare una realta statica, legata esclusivamente ad un determinato contesto storico, che con il trascorrere del tempo perde di valore e veridicita. Facendo riferimento al periodo storico trascorso dal momento della stesura di quetso elenco ed oggi si tralascia un elemento fondamentale dell'evoluzione sia socio-economica che culturlae che è l’innovazione tecnologica, rendendo la legge in oggetto completamente inadeguata ai giorni nostri. Nonostante questo limite la legge Giolitti è rimasta in vigore fino al 1990, anno in cui l'Unione Europea ha fortemente voluto

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l'attuazione del libero mercato portando cosi allo smantellamento delle imprese pubbliche.

Infatti, da quando l’Unione Europea ha affermato il primato della concorrenza a livello europeo, lo Stato italiano si è trovato a mettere in essere un processo di privatizzazione delle imprese pubbliche, determinando cosi un’inversione di marcia rispetto a quanto accadeva agli inizi del XX secolo2.

In sostanza lo Stato ha cessato di essere imprenditore per ritornare a garantire l’autonomia di mercato, in un processo che ha incontrato forti resistenze da parte del nostro legislatore3. L'introduzione della libera concorrenza nel settore dell'erogazione dei servizi pubblici locali porta alla gestione di questi ultimi da parte di soggetti privati che hanno come unico scopo e fine aziendale quello della massimizzazione del profitto trascurando il bene del cittadino che vede compromessa la possibilita di assicurarsi determinati servizi a condizioni non eccessivamente onerose. E' questo il timore del legislatore italiano essendo l’obiettivo dello Stato imprenditore, infatti, quello di garantire l’erogazione del servizio a favore dei cittadini in modo universale e a costi bassi, anche se l’impresa che si occupa di tale erogazione è in perdita.

Proprio a causa di tali resistenze, il Parlamento italiano si è trovato a varare numerose disposizioni al fine di garantire la liberalizzazione del settore dei servizi pubblici locali ed allinearsi con quanto richiesto dall’Unione Europea. Cio ha dato vita ad un lungo processo di riforma che ancora oggi non puo dirsi concluso e che ha trovato il suo punto di partenza nella legge 8 giugno 1990, n. 142.

La riforma del 1990 è frutto di un’epoca in cui il principio della concorrenza, inerentemente ai servizi pubblici locali, non era ancora stato pienamente recepito dal legislatore italiano.

Tale aspetto giustifica la successiva modifica della norma in esame a seguito di un atto di messa in mora da parte dell’Unione Europea (procedura di infrazione ex art. 226 Trattato CEE) che riscontrava la violazione degli obblighi comunitari da parte del nostro Paese4.

2 M. NICO, Quando l’ente locale diventa socio, Maggioli, 2010

3 P. POLIMANTI, Le principali novità nei servizi pubblici locali. Alcuni aspetti problematici della riforma.

4 Cosi sempre P. POLIMANTI, Le principali novità nei servizi pubblici locali.Alcuni aspetti problematici della riforma.

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E' questa legge la prima norma organica in tema di servizi pubblici locali ed è frutto di una spinta da parte del diritto comunitario, che ha cercato di aprire il settore alla concorrenza mediante le previsioni dettate dall’articolo 22. In tal senso l’articolo in esame, al primo comma, ha posto fine all’elencazione dei servizi pubblici locali, fornendo una definizione della nozione in oggetto ed identificandoli in “servizi che hanno ad oggetto la produzione di beni ed attività rivolte a realizzare fini sociali e a promuovere lo sviluppo economico e civile delle comunità locali”5.

La legge 142/1990 consente inoltre agli Enti locali di gestire i servizi in oggetto secondo le modalita previste dal terzo comma dell’art. 22. In sostanza, oltre che la concessione a terzi del servizio, la gestione diretta (o in economia) e l’azienda speciale (ex municipalizzata), l’art. 22 prevede la possibilita per l’Ente locale di gestire il servizio pubblico anche mediante istituzione o mediante societa di capitali a prevalente partecipazione pubblica locale. Particolare attenzione merita il terzo comma dell’art. 22, che prevede la possibilita di gestione in economia “quando per le modeste dimensioni o per le caratteristiche del servizio non sia opportuno costituire una istituzione o una azienda”. In maniera analoga la gestione del servizio in concessione a terzi sara possibile “quando sussistano ragioni tecniche, economiche e di opportunità sociale”. Possiamo individuare le ragioni tecniche nell'utilizzo di attrezzature tecnologiche che possono richiedere professionalita, esperienza o capitali di cui l'Amministrazione non dispone mentre le ragioni economiche sorgono nel momento in cui il costo del servizio affidato a terzi porta un risparmio rispetto ad altre forme di gestione.

Infine il ricorso all’azienda speciale sara possibile “anche per la gestione di piu servizi di rilevanza economica ed imprenditoriale”6. Queste tre forme di gestione vengono integrate da ulteriori due modalita di gestione del servizio pubblico espressamente previste dall’art.

22 della legge 142/1990. E' infatti possibile per l’Ente locale scegliere di gestire il servizio a mezzo di istituzione, “per l’esercizio dei servizi sociali senza rilevanza imprenditoriale”, o a

5 Art. 112 del T.U.E.L. : “gli enti locali, nell’ambito delle rispettive competenze, provvedono alla gestione dei servizi pubblici che abbiano per oggetto la produzione di beni ed attività rivolte a realizzare fini sociali e a promuovere lo sviluppo economico e civile delle comunità locali”.

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mezzo di societa per azioni o a responsabilita limitata a prevalente capitale pubblico locale.

In quest’ultimo caso le societa devono essere comunque “costituite o partecipate dall’Ente titolare del pubblico servizio, qualora sia opportuna in relazione alla natura o all’ambito territoriale del servizio la partecipazione di piu soggetti pubblici o privati”.

Appare evidente come l’Amministrazione locale si sia trovata ad avere un forte potere discrezionale nella scelta tra l’una o l’altra modalita di gestione del servizio. Ed è proprio questo potere che è stato successivamente contestato dalla Commissione Europea in quanto lesivo al principio di libera concorrenza che deve essere garantito nel settore preso in esame.

Proprio tale discrezionalita ha di fatto ha portato l’Ente locale ad optare prevalentemente per l’azienda speciale e per la societa per azioni. Ricorrendo all’azienda speciale l’Amministrazione locale ha potuto mantenere in vita le ex municipalizzate dalla legge Giolitti, aziende che , tramite la legge 142/1990, acquisiscono alcuni connotati particolari derivanti dall’art. 23 della stessa legge in esame. All'interno di questo articolo viene infatti fornita la definizione di azienda speciale, stabilendo che essa è “ente strumentale dell’Ente locale dotato di personalità giuridica, di autonomia imprenditoriale e di proprio statuto, approvato dal Consiglio comunale o provinciale”. Da tale definizione scaturiscono i requisiti dell’azienda speciale che, quindi, è un ente pubblico economico strumentale all’Ente locale, dotato di personalita giuridica e di autonomia imprenditoriale.

Il ricorso alle societa di capitali a prevalente partecipazione pubblica locale, ha consentito, invece, la costituzione di societa miste nelle quali il socio privato non viene ad essere individuato tramite gara ad evidenza pubblica, ma mediante la discrezionalita che fa capo all’Ente locale. Viene ancora meno quindi il rispetto del principio della libera concorrenza voluto dall’Unione Europea. Infatti, affinche tale principio sia garantito è necessario che il socio privato venga ad essere selezionato mediante il ricorso a procedure competitive.

In base a quanto è stato detto, appare evidente come l’art. 22 della legge 142/1990 non sia stato in grado di garantire il libero mercato, sia per quanto attiene la discrezionalita riconosciuta all’Ente locale, sia per quanto riguarda le modalita di gestione dei servizi pubblici locali. La Commissione Europea, pertanto, si è trovata ad avviare contro l’Italia una procedura di infrazione, proprio perchè le modalita di affidamento diretto previste dalla legge in esame sono risultate incompatibili con i principi comunitari in tema di concorrenza.

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1.2 La legge 448/2001 e i rilievi comunitari

Come sopra citato, la Commissione Europea ha dovuto avviare una procedura di infrazione contro il nostro paese, costringendo il nostro legislatore a ritornare sulla materia dei servizi pubblici locali mediante l’art. 35 della legge 28 dicembre 2001, n. 448 (Legge Finanziaria per il 2002). Tale norma, ha modificato l’art. 113 del T.U.E.L. (D.lgs. 267/2000) il quale recepiva a sua volta l’art. 22 della legge 142/1990, ed ha introdotto alcune importanti novita tra cui, la piu rilevante, quella che attiene alla distinzione dei servizi pubblici in “servizi a rilevanza industriale” e in “servizi privi di rilevanza industriale”.

La distinzione tra servizi a rilevanza industriale e servizi privi di tale rilevanza ha portato a interpretazioni contrastanti. Il Codice Civile definisce come industriale l’attivita di produzione di beni e servizi, e quindi cio che produce un risultato nuovo (bene o servizio) tramite l’impiego di fattori produttivi (capitale e lavoro) predisposti dall’imprenditore. Per la giurisprudenza la distinzione tra le due categorie di servizi va ricercata nella diversita di statuto giuridico e, quindi, nella discriminazione puramente normativa di esse7.

La dottrina prevalente sostiene comunque che i caratteri di imprenditorialita, concorrenzialita ed economicita siano i fattori che distinguono i servizi pubblici di rilevanza industriale da quelli privi di tale natura. Damonte riconosce la rilevanza industriale nei servizi che necessitano di impianti, stabilimenti e dotazioni di carattere industriale volti a trasformare beni preesistenti in nuovi beni o servizi da porre sul mercato. In tale ottica vi rientrano i servizi di telecomunicazione, idrici, di energia elettrica e di smantellamento dei rifiuti. 8

Tutto cio premesso possiamo sottolineare come i servizi privi di rilevanza industriale continuano a seguire le disposizioni dell’art. 22 della precedente disciplina, mentre i servizi a rilevanza industriale vengono aperti alla concorrenza e pertanto vengono ad essere soggetti a gara ad evidenza pubblica al fine del loro affidamento a gestione.

7 A. GUALDANI, Servizi a rilevanza industriale, in Nuove leggi civ. comm., 2003, p. 13 ss.).

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Il quinto comma dell’art. 35 poi rimette la titolarita del servizio da svolgere in regime di concorrenza (e quindi i servizi a rilevanza industriale) alle sole societa di capitali che vengono individuate tramite gara ad evidenza pubblica, a condizione che queste non

“gestiscano a qualunque titolo servizi pubblici locali in virtu di un affidamento diretto”

come previsto dal sesto comma art. 35 legge 448/2001.

Un'ulteriore novita introdotta dalla legge 448/2001, attiene alla separazione tra i soggetti proprietari, soggetti gestori delle infrastrutture e delle reti e soggetti erogatori di servizi all’utenza. Per i servizi a rilevanza industriale il proprietario della rete è l’Ente locale o una societa di capitali a prevalente partecipazione pubblica; mentre l’erogazione del servizio viene curata da un’impresa privata selezionata tramite gara ad evidenza pubblica.

Il quadro descritto pone fine alla discrezionalita riconosciuta all’Amministrazione locale dalla precedente normativa, anche se limitatamente ai servizi a rilevanza industriale, grazie alla previsione della gara, ma fa sorgere altri elementi di contrasto.

- Viene ad essere criticata sotto l’aspetto dell’affidamento diretto la separazione tra soggetto proprietario, gestore ed erogatore del servizio: l’affidamento della rete, degli impianti e delle altre dotazioni patrimoniali a societa di capitali con partecipazione maggioritaria degli Enti locali, quando separate dal soggetto erogatore del servizio, non rispetta il principio comunitario in materia di concorrenza.

- Ammettere come regola l’affidamento diretto del servizio privo di rilevanza industriale, appare un’ulteriore violazione della logica comunitaria.

L’elevato numero di contenziosi giudiziari per poter individuare quali servizi possano considerasi a rilevanza industriale, oltre alle critiche riportate in precedenza, fanno facilmente intuire come la materia dei servizi pubblici locali debba essere nuovamente modificata a seguito dei rilevi effettuati dalla giurisprudenza comunitaria9.

9 Sentenza 18 novembre 1999, causa C-107/98 della Corte di Giustizia Europea, e Circolare della Presidenza del Consiglio dei Ministri, Dipartimento per le politiche comunitarie 19 ottobre 2001, n. 12727, interpretativa degli artt. 113 e ss. del d.lgs. 267/2000.

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1.3 la legge n. 326 del 2003

Dopo solo due anni dalla legge 448/2001, il legislatore si è trovato a ritornare sulla materia dei servizi pubblici locali introducendo l’art. 14 della legge 24 novembre 2003, n. 326 convertito il decreto legge 30 settembre 2003, n. 269.

L’art. 14, pur confermando la proprieta pubblica delle reti e la separazione tra gestione ed erogazione del servizio, modifica la precedente norma sostituendo al concetto di rilevanza industriale quello piu conforme al diritto comunitario di rilevanza economica. In tal senso il legislatore italiano vuole distinguere i “servizi a rilevanza economica”, identificati in qualsiasi attivita di produzione di beni o servizi suscettibili di essere collocati sul mercato, da quelli privi di tale natura lasciando solo per quest’ultimi un vuoto normativo che ancora oggi non è stato pienamente colmato.

I servizi privi di rilevanza economica possono essere gestiti nelle seguenti forme: a) in economia, quando per le modeste dimensioni o per le caratteristiche del servizio non sia opportuno procedere diversamente; b) a mezzo istituzione; c) a mezzo di azienda speciale, anche consortile; d) a mezzo di societa a capitale interamente pubblico a condizione che l’Ente o gli Enti pubblici titolari del capitale sociale esercitino sulla societa un controllo analogo a quello esercitato sui propri servizi e che la societa svolga la parte piu importate della propria attivita con l’Ente o con gli Enti pubblici che la controllano; e) a mezzo di associazione o fondazione, costituita o partecipata dall’Ente medesimo, limitatamente ai servizi culturali e al tempo libero.

La riforma del 2003 è volta anche a ridefinire le modalita di affidamento del servizio, cercando di spingersi sempre di piu verso la liberalizzazione del settore. La normativa in esame non è riuscita a sortire pero gli effetti sperati, in quanto sono in molti a sostenere che il legislatore abbia fatto un passo indietro rispetto alla legge 448/2001, rimettendo all’Ente locale la gestione dei servizi in quanto le recenti disposizioni rischiano di travolgere l’intera elaborazione giurisprudenziale che aveva permesso gradualmente la circoscrizione dei monopoli e che aveva consentito di subordinare la legittimita degli interventi pubblici diretti ad occupare e precludere interi spazi di mercato al rispetto dei principi di proporzionalita e

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residualita, quali strumenti di tutela dei valori e delle libera dell’Unione Europea10.

Tale constatazione deriva dal fatto che l’art. 14 della legge 326/2003 prevede, accanto all’obbligo generale della gara, anche se attinente alle sole societa di capitali, la possibilita per l’Amministrazione locale di optare discrezionalmente per l’affidamento diretto del servizio (c.d. affidamento in house) a societa a capitale interamente pubblico o a societa miste.

L’affidamento del servizio a societa a capitale interamente pubblico puo realizzarsi a condizione che vengano rispettati due requisiti derivanti dalla sentenza Teckal del 1999, ovvero che “ l’Ente o gli Enti pubblici titolari del capitale sociale esercitino sulla società

un controllo analogo a quello esercitato sui propri servizi e che la società realizzi la parte piu importante della propria attività con l’Ente o gli Enti pubblici che la controllano”. In sostanza, affinche si realizzi tale modalita di gestione, occorre che l’Ente locale eserciti sulla societa a cui viene affidato il servizio un controllo direttivo ed organizzativo, analogo a quello esercitato sui propri servizi e che allo stesso tempo la societa che ha avuto in affidamento il servizio deve svolgere la propria attivita prevalentemente a favore dell’Ente che gli ha affidato il servizio stesso.

Per quanto riguarda invece l’affidamento del servizio a societa miste potra avvenire a patto che il socio privato venga individuato tramite gare ad evidenza pubblica, le quali devono dare “garanzia di rispetto delle norme interne e comunitarie in materia di concorrenza, secondo le linee di indirizzo emanate dalle autorità competenti attraverso provvedimenti o circolari specifiche”.

Nonostante la previsione dell'in house abbia consentito al legislatore italiano di mantenere ancora in vita le imprese municipalizzate, rappresenta il punto debole della riforma del 2003. Questi perchè, se per la giurisprudenza comunitaria l’affidamento diretto deve rappresentare l’eccezione e non la regola, che ricordiamo essere la gara ad evidenza pubblica, per il legislatore italiano l’affidamento diretto è di fatto una regola e pertanto una possibile scelta da parte dell’Ente locale.

Il dover considerare l’eccezionalita dell’in house ha portato il legislatore a varare una ennesima riforma che si è sostanziata in un disegno di legge n. S 772 del 2006, recante

10 V. VARONE, Servizi pubblici locali e concorrenza, Torino, 2004, p. 185.

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delega al Governo per il riordino dei servizi pubblici locali, che si componeva di tre articoli:

Art. 1. Finalita e ambito di applicazione; Art. 2. Delega per la riforma dei servizi pubblici locali; Art. 3. Delega per l’adozione di misure finalizzate alla tutela degli utenti dei servizi pubblici locali; conosciuto con il nome di Decreto Lanzillotta.

Tale decreto imponeva l’obbligo della gara ad evidenza pubblica per la scelta del gestore dei servizi pubblici locali ad eccezione del servizio idrico per il quale veniva esplicata una riserva di gestione pubblica e consentiva l’affidamento diretto del servizio solo dietro specifiche e tassative condizioni.

Tra le condizioni previste vi era l’invio di una relazione all’Antitrust in cui dovevano essere specificate le ragioni che portavano l’Ente ad optare per l’affidamento diretto oltre a specificare un preciso periodo di tempo ragionevole entro il quale sarebbe stato possibile rimuovere gli ostacoli alla gara.

Il Decreto Lanzillotta, tuttavia, si è dimostrato un nulla di fatto a causa della mancata approvazione del decreto da parte del Parlament, dopo la fine anticipata della XV legislatura e poiche tendeva ad attribuire agli affidamenti diretti un ruolo ancora piu residuale di quanto sostenevano le precedenti disposizioni. Il d.d.l. in esame, infatti, tendeva a consolidare ed a generalizzare un modello di derivazione comunitaria, stabilendo che l’affidamento diretto, a societa in house e a societa partecipate, costituisse un’ipotesi eccezionale. Se prima della riforma, attuata mediante la Legge Costituzionale 18 ottobre 2001, n. 3, l’art. 117 prevedeva espressamente le materie di competenza legislativa delle Regioni, rimettendo allo Stat le materie non espressamente previstein via residuale, ora la logica risulta completamente invertita in quanto l’attuale art. 117 prevede, un riparto delle competenze legislative Stato – Regioni incentrato su tre tipologie:

- legislazione esclusiva dello Stato,

- legislazione concorrente Stato – Regioni - legislazione residuale affidata alle Regioni.

La legislazione esclusiva dello Stato fa si che solo questo possa legiferare nelle materie espressamente elencate dal secondo comma dell’art. 117 Cost. Il quale prevede che “lo Stato ha legislazione esclusiva nelle seguenti materie: a) politica estera e rapporti internazionali

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dello Stato; rapporti dello Stato con l'Unione europea; diritto di asilo e condizione giuridica dei cittadini di Stati non appartenenti all'Unione europea; b) immigrazione; c) rapporti tra la Repubblica e le confessioni religiose; d) difesa e Forze armate; sicurezza dello Stato; armi, munizioni ed esplosivi; e) moneta, tutela del risparmio e mercati finanziari; tutela della concorrenza; sistema valutario; sistema tributario e contabile dello Stato; perequazione delle risorse finanziarie; f) organi dello Stato e relative leggi elettorali; referendum statali;

elezione del Parlamento europeo; g) ordinamento e organizzazione amministrativa dello Stato e degli Enti pubblici nazionali; h) ordine pubblico e sicurezza, ad esclusione della polizia amministrativa locale; i) cittadinanza, stato civile e anagrafi; l) giurisdizione e norme processuali; ordinamento civile e penale; giustizia amministrativa; m) determinazione dei livelli essenziali delle prestazioni concernenti i diritti civili e sociali che devono essere garantiti su tutto il territorio nazionale; n) norme generali sull'istruzione; o) previdenza sociale; p) legislazione elettorale, organi di governo e funzioni fondamentali di Comuni, Province e Citta metropolitane; q) dogane, protezione dei confini nazionali e profilassi internazionale; r) pesi, misure e determinazione del tempo; coordinamento informativo statistico e informatico dei dati dell'amministrazione statale, regionale e locale; opere dell'ingegno; s) tutela dell'ambiente, dell'ecosistema e dei beni culturali”. .

La legislazione concorrente prevede che alle Regioni spetti la potesta legislativa, mentre allo Stato rimane la determinazione dei principi fondamentali. In questo caso le materie di legislazione concorrente vengono individuate nei rapporti internazionali e con l'Unione europea delle Regioni; commercio con l'estero; tutela e sicurezza del lavoro; istruzione, salva l'autonomia delle istituzioni scolastiche e con esclusione della istruzione e della formazione professionale; professioni; ricerca scientifica e tecnologica e sostegno all'innovazione per i settori produttivi; tutela della salute; alimentazione; ordinamento sportivo; protezione civile; governo del territorio; porti e aeroporti civili; grandi reti di trasporto e di navigazione; ordinamento della comunicazione; produzione, trasporto e distribuzione nazionale dell'energia; previdenza complementare e integrativa;

armonizzazione dei bilanci pubblici e coordinamento della finanza pubblica e del sistema tributario; valorizzazione dei beni culturali e ambientali e promozione e organizzazione di attivita culturali; casse di risparmio, casse rurali, aziende di credito a carattere regionale;

enti di credito fondiario e agrario a carattere regionale, come dal terzo comma dell’art. 117

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Cost. Nelle materie di legislazione concorrente spetta alle Regioni la potesta legislativa, salvo che per la determinazione dei principi fondamentali che è comunque riservata alla legislazione dello Stato.

Ogni materia non espressamente riservata alla legislazione dello Stato è riservata residualmente alle Regioni, nel rispetto della Costituzione, dell’ordinamento comunitario e degli obblighi internazionali, quarto comma art. 117 Cost.. Alla luce di questa suddivisione di potere legislativo il tema dei servizi pubblici locali non sembra rientrare ne tra le materie esclusive dello Stato, ne tra le materie legislative concorrenti facendo ricadere il potere di legiferare in materia di servizi pubblici locali nelle mani delle Regioni, in virtu della competenza legislativa residuale loro riconosciuta.

La Corte Costituzionale, tuttavia, è stata chiamata ad intervenire anche su questa materia con la sentenza n. 272/2004 ed ha stabilito che i servizi pubblici locali non possono rientrare nella competenza esclusiva delle Regioni, in quanto le regole attinenti all’affidamento e alla gestione di questi rientrano nella materia della tutela della concorrenza che, invece, è di competenza esclusiva dello Stato. Tale logica è stata nuovamente confermata dalla Corte Costituzionale mediante la sentenza n. 325/2010. Anche con tale sentenza, quindi, i giudici costituzionali hanno ricondotto la disciplina dei servizi pubblici locali di interesse economico generale alla materia di competenza esclusiva dello Stato prevista dall’art. 117, comma 2, lettera e), della Costituzione.

In realta, la competenza regionale nell’ambito dei servizi pubblici locali, potrebbe desumersi dall’applicazione del principio di sussidiarieta previsto dal nuovo art. 118 della Costituzione, il quale stabilisce, al primo comma, che “le funzioni amministrative sono attribuite ai Comuni salvo che, per assicurare l’esercizio unitario, siano conferite a Province, Città metropolitane, Regioni e Stato, sulla base dei principi di sussidiarietà, differenziazione ed adeguatezza” .

Il principio di sussidiarieta* potrebbe dunque teoricamente trasferire alle autorita piu vicine ai cittadini la competenza regolatoria dei servizi pubblici locali, sempre, tuttavia, nel rispetto dei principi comunitari in tema di concorrenza e libero mercato: queste, almeno teoricamente, dovrebbero essere in grado di meglio comprendere le esigenze espresse dalle comunita di riferimento ed intervenire in maniera piu efficace ed efficiente. Mentre per il

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principio di differenziazione, nell’assegnare una potesta amministrativa, si devono considerare le caratteristiche degli Enti amministrativi riceventi, per il principio di adeguatezza l’entita organizzativa potenzialmente titolare di potesta amministrative deve essere un’organizzazione adatta a garantire l’effettivo esercizio di tali potesta, sia in qualita di singolo ente che in qualita di ente associato con altri enti.

Rimarrebbe, in ogni caso, attiva la clausola di salvaguardia del sistema, costituta dal cd.

“potere sostitutivo” dello Stato previsto dall’art. 120 Cost., comma 2: in caso di “mancato rispetto di norme, trattati internazionali e normativa comunitaria o in caso di grave pericolo per l’incolumità e la sicurezza pubblica o quando lo richieda la tutela dell’unità

giuridica, economica e la tutela dei diritti civili e sociali” il Governo puo sostituirsi all’ente territoriale inadempiente11.

In tal senso, al fine di garantire l’esercizio unitario delle funzioni amministrative (ma anche di quelle legislative riscritte dall’art. 117 Cost.), il principio di sussidiarieta deve funzionare in maniera verticale: deve agire cioè come un ascensore, dall’alto verso il basso e viceversa, attribuendo al livello di governo piu adeguato ed efficiente le funzioni in esame. Cio fa si che la sussidiarieta verticale sia uno strumento bidirezionale volto a realizzare un sistema istituzionale decentrato o ricentralizzato a seconda delle necessita12.

Il principio di sussidiarieta, tuttavia, non regola unicamente i rapporti istituzionali fra i poteri della Repubblica, in quanto il quarto comma dell’art. 118 Cost. stabilisce che “Stato, Regioni, Città metropolitane, Province e Comuni favoriscono l’autonoma iniziativa dei cittadini, singoli e associati per lo svolgimento di attività di interesse generale, sulla base del principio di sussidiarietà”.

11 Il principio di sussidiarietà e stato introdotto nel nostro ordinamento nazionale solo dopo il Trattato di Maastricht del 1992. L’art. 5 di tale Trattato, infatti, stabilisce che l’Unione Europea puo intervenire nei settori che non sono di sua esclusiva competenza, qualora gli obiettivi previsti non possono essere sufficientemente realizzati dagli Stati membri. A tale proposito si veda P. CARETTI e U. DE SIERVO, Istituzioni di diritto pubblico, Giappichelli, 2004, p. 78 – 79.

12 S. BUDELLI, Dinamismi centripeti del multilivello solidale, Giappichelli – Torino, 2007, p. 123 – 128.

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In questo caso il principio di sussidiarieta assume una dimensione orizzontale (o sociale), che mira ad un ridimensionamento dell’intervento pubblico, non piu in grado di garantire equita ed efficienza. Le diverse angolazioni (verticale e orizzontale) del principio di sussidiarieta non devono indurre a vedere il principio stesso come un qualcosa di non univoco; anzi la stessa sussidiarieta orizzontale non puo realizzarsi se prima non si è attuata quella verticale, e cioè se non si è attuata l’effettiva attribuzione delle funzioni amministrative agli Enti locali territoriali.

In questa prospettiva la sussidiarieta verticale e orizzontale si intersecano l’una con l’altra, cosi da sostenersi ed integrarsi a vicenda. In altre parole, la sussidiarieta (intesa in senso verticale) consente di individuare il livello istituzionale piu adeguato al perseguimento dell’interesse generale e, una volta che cio si è realizzato, la sussidiarieta medesima (intesa in questo caso in senso orizzontale) consente alle istituzioni titolari di tali funzioni di perseguire l’interesse generale insieme ai cittadini, singoli o associati, in qualita di alleati autonomi, consapevoli e responsabili13. Con l’applicazione del principio di sussidiarieta orizzontale, quindi, sono i cittadini che in forma singola o associata cittadini sono chiamati a sostituirsi all’attore pubblico, che ha dimostrato soprattutto negli ultimi anni la propria inadeguatezza ed incapacita a soddisfare i bisogni di una collettivita sempre piu esigente ed insofferente14.

Per cercare quindi di ricondurre ad unita le diverse letture ed esigenze e garantire il funzionamento del nuovo e ancora precario assetto federale della Repubblica dopo la riforma costituzionale del 2001, la Corte Costituzionale è stata costretta ad intervenire piu volte sulla corretta applicazione del principio di sussidiarieta.

13 E. F. M. EMANUELE, La sfida della sussidiarietà ed il nuovo assetto istituzionale, in www.federalismi.it.

14 S. BUDELLI, op. ult. cit. e E. F. M. EMANUELE, op.ult.cit., : il soggetto privato, in forma singola o associata, si e trovato ad assumere un ruolo sempre piu attivo nel panorama nazionale acquisendo funzioni che fino a poco tempo fa erano di esclusiva competenza statale. In tal senso, la sussidiarietà orizzontale ha consentito di affidare la gestione dei servizi pubblici al soggetto privato (pur se dietro un forte intervento comunitario), in un sistema integrato pubblico-privato che dovrebbe garantire maggiore qualità, efficienza

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Tale principio, secondo i giudici della Consulta, essendo bidirezionale e funzionando in modo da allocare le competenze al livello istituzionale piu adeguato, non determina sempre e necessariamente un decentramento del potere verso il basso, ma puo addirittura ampliare il potere legislativo e regolamentare dello Stato, consentendo a questo di disciplinare materie che, pur non essendo formalmente comprese in quelle indicate dal secondo comma dall’art.

117 Cost., necessitano comunque di una disciplina unitaria a livello nazionale.

In questo modo la Corte Costituzionale sembra voler giustificare il rinvio della normativa sui servizi pubblici locali alla competenza “trasversale” dello Stato, in quanto questo deve intervenire ogni volta che è necessario garantire la libera concorrenza nei settori che ne sono privi.

Tale previsione, tuttavia, ha finito per alimentare la richiesta di una rivisitazione organica e complessiva della materia, anche alla luce delle diverse incongruenze che fanno capo alle varie disposizioni precedentemente esaminate15.

15 L. CUOCOLO, I servizi pubblici locali..., op.cit.

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1.4 la legge 133/2008. Il possibile ritorno in auge delle aziende speciali

La necessita di riformare la materia dei servizi pubblici locali ha portato il legislatore ad emanare la legge 6 agosto 2008, n. 133, intitolata “Disposizioni urgenti per lo sviluppo economico, la semplificazione, la competitività, la stabilizzazione della finanza pubblica e la perequazione tributaria”.

Con l’art. 23 bis, denominato“Servizi pubblici locali a rilevanza economica”, la legge 133/2008 ha individuato per la prima volta come regola sistematica, la procedura competitiva ad evidenza pubblica per l’affidamento a soggetti terzi dei servizi pubblici locali36, ponendosi cosi in linea con quanto richiesto dall’Unione Europea.

Infatti, il secondo comma dell’art. 23 bis dispone che il conferimento della gestione dei servizi pubblici locali avvenga, in via ordinaria, a favore di imprenditori o di societa in qualunque forma costituite, individuati mediante procedure competitive ad evidenza pubblica, “nel rispetto dei principi del Trattato che istituisce la Comunità Europea e dei principi generali relativi ai contratti pubblici e, in particolare, dei principi di economicità, efficacia, imparzialità, trasparenza, adeguata pubblicità, non discriminazione, parità di trattamento, mutuo riconoscimento, proporzionalità”16.

La deroga alle procedure competitive ad evidenza pubblica è rappresenta dall’in house che, tuttavia, puo essere utilizzata solo eccezionalmente a causa di peculiari caratteristiche economiche, sociali, ambientali o geomorfologiche del contesto territoriale di riferimento (terzo comma), le quali non avrebbero potuto consentire “un efficace e utile ricorso al mercato”. In questi casi l’Ente affidante deve, secondo il quarto comma dell’art. 23 bis,

“dare adeguata pubblicità della scelta, motivandola in base ad un’analisi di mercato e

16 M. NICO, Quando l’ente locale diventa socio, op.cit., p. 20, il quale sostiene che dopo un prolungato periodo di incertezza normativa, determinato dall’insuccesso delle riforme che si sono succedute negli anni, l’art. 23 bis del d.l. 112/2008 (convertito nella legge 133/2008) rappresenta un passo fondamentale per

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trasmettendo una relazione contenente gli esisti della detta verifica all’Antitrust e alle autorità di regolazione del settore, ove costituite, per l’espressione di un parere sui profili di competenza da rendere entro 60 giorni dalla ricezione della predetta relazione”.

Il parere che l’Antitrust e le autorita di regolazione del settore, se previste, devono fornire, è sicuramente un parere obbligatorio ma non vincolante. Cio significa che anche in presenza di un parere negativo da parte dell’autorita di riferimento, l’Ente locale puo ricorrere ugualmente all’affidamento diretto senza poi essere sanzionato. Da cio potrebbe scaturire l’irrilevanza del parere stesso, se non fosse che in sede di contenzioso questo possa acquisire un peso rilevante per quel TAR che si trovasse a deliberare su un determinato ricorso.

Nonostante l’art. 23 bis rappresenti il fulcro della normativa sui servizi pubblici locali, il legislatore italiano è dovuto ritornare sulla materia a seguito delle procedure di infrazione avviate dalla Commissione Europea contro il nostro Paese17. Le contestazioni europee, pero, non sono state le uniche ragioni che hanno portato il legislatore ad intervenire, in quanto sin dalla sua stesura l’art. 23 bis presentava delle rilevanti incongruenze che cercavano di essere sanate dalla giurisprudenza.

In tal senso, l’aspetto piu dibattuto nell’articolo in esame riguardava la mancata menzione delle societa miste nella legge 133/2008. Infatti, l’articolo 23 bis, pur determinando un nuovo sistema di affidamento della gestione dei servizi pubblici locali a rilevanza economica, incentrato su una modalita di affidamento ordinaria e su una in deroga, lasciava all’interprete il compito di capire se le societa miste dovessero rientrare nell’una o nell’altra procedura. In tale situazione di incertezza è intervenuta l’Autorita Garante della

17 La Commissione Europea ha contestato all’Italia, tramite la procedura di infrazione n. IP/08/502, l’affidamento del servizio idrico effettuato dall’ATO 2 Marche Centro Ancona alla società Multiservizi S.p.A. Inoltre, tramite la procedura di infrazione n. IP/08/685, la Commissione ha contestato anche l’affidamento da parte del Comune di Rocca Priora (Lazio) dei servizi di igiene urbana e gestione delle farmacie a società per azioni di proprietà pubblica, data la detenzione da parte del Comune stesso dello 0,038% del capitale della società affidataria. In maniera analoga con la procedura di infrazione IP/08/123 si e contestato alla Repubblica italiana l’aggiudicazione del servizio di gestione dei rifiuti da parte del Comune di Contigliano (Lazio) ad AMA Servizi S.r.l. Tutte queste procedure di infrazione sono state avviate nel 2008 e sono riconducibili a violazioni attinenti il principio di libera concorrenza ed il principio di parità

di trattamento degli operatori economici sul mercato.

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Concorrenza e del Mercato che, tramite i suoi numerosi pareri, ha sempre sostenuto come l’affidamento diretto dei servizi pubblici locali a societa miste fosse riconducibile all’alveo delle procedure competitive ad evidenza pubblica, piuttosto che agli affidamenti diretti previsti dal terzo comma dell’art. 23 bis.

In sostanza per l’Antitrust il conferimento della gestione dei servizi pubblici locali in via ordinaria riguarda anche le societa miste pubblico – private, in quanto il generico riferimento alle “società in qualunque forma costituite”, previsto dal secondo comma dell’art. 23 bis, spinge verso tale interpretazione. Cio significa che la scelta del partner privato deve avvenire tramite gara ad evidenza pubblica e a questo devono essere attribuiti specifici compiti e funzioni tali da renderlo “socio operativo” piuttosto che mero “socio finanziatore”18.

Per l’Autorita Garante della Concorrenza e del Mercato non è, tuttavia, sufficiente che il socio privato sia scelto tramite gara ad evidenza pubblica, in quanto anche lo stesso servizio oggetto di affidamento deve essere sottoposto al gioco della libera concorrenza. Tale posizione è stata sostenuta anche da alcuni Tribunali Amministrativi italiani, che per l’appunto si sono trovati a sostenere la necessita della gara ad evidenza pubblica sia per la selezione del socio privato che per l’affidamento del servizio.

La Corte di Giustizia Europea, recentemente, ha sostenuto la legittimita dell’affidamento diretto a societa miste, condizionandolo pero al rispetto di alcuni requisiti poi ripresi dal nostro legislatore. Infatti per la giurisprudenza comunitaria (cfr. C.G. del 15 ottobre 2009 C- 196/08, su rinvio pregiudiziale del TAR Sicilia, sez. Catania, III, ordinanza n. 164 del 22 aprile 2008) come risulta dalla sentenza comunitaria c.d. Acoset , mediante la quale la Corte di Giustizia Europea ha consentito l’affidamento diretto di un servizio a societa miste pubbliche – private purche il socio privato venga ad essere individuato mediante procedura ad evidenza pubblica, l’affidamento del servizio a societa miste richiede l’equiparazione tra gara per l’affidamento del servizio pubblico e gara per la scelta del socio, il quale deve concorrere materialmente allo svolgimento del servizio pubblico o di fasi di esso. I giudici europei, inoltre, richiedono che il socio non divenga “socio stabile” della societa a

18 G. GUZZO, La nuova disciplina dualistica dei servizi pubblici locali di rilevanza economica e il nodo gordiano delle società miste alla luce della comunicazione dell’Antitrust del 16 ottobre 2008, in

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partecipazione pubblico – privato, rinnovando la procedura di selezione alla scadenza del periodo di riferimento e prevedendo, sin dagli atti di gara, la determinazione della modalita di uscita del socio privato.

Per la giurisprudenza comunitaria, quindi, la scelta del socio privato dovra essere accompagnata dalla definizione delle condizioni, delle modalita e della durata della gestione del servizio, prevedendo contestualmente anche la definizione dell’affidamento del servizio operativo19.

La mancata menzione delle societa miste nell’art. 23 bis della legge 133/2008 non è comunque l’unico aspetto dibattuto dalla giurisprudenza. La stessa previsione dell’affidamento in house come deroga alla procedura ordinaria, infatti, desta alcune perplessita interpretative. In tal senso si ritiene che l’affidamento diretto del servizio, a seguito di situazioni eccezionali che non rendano possibile l’efficace e utile ricorso al mercato, determini a carico dell’Ente locale un potere discrezionale tale da dar vita ad una deroga “illimitata”. Per cercare di limitare tale discrezionalita, che non si sposa con la disciplina comunitaria, il quarto comma dell’art. 23 bis ha previsto il ricorso preventivo all’Autorita Garante della Concorrenza e del Mercato che, tramite un parere obbligatorio ma non vincolante, è chiamata ad esprimersi in merito all’affidamento in house. In tal senso l’Ente affidante dovra dare adeguata pubblicita della scelta in esame, motivandola in base ad un’analisi di mercato, necessita affermata in sede giurisdizionale prima dell'entrata in vigore della riforma stessa, e trasmettendo una relazione con gli esiti della verifica all’Antitrust.

L’analisi di mercato, che deve essere effettuata dall’Ente locale, si sostanzia in una analisi del rapporto costi – benefici tesa ad individuare l’impatto organizzativo, economico, finanziario e patrimoniale che la scelta produce sull’Ente stesso20.

In sostanza, e in primo luogo, la Pubblica Amministrazione deve descrivere il contesto territoriale di riferimento mettendone in luce le caratteristiche economiche, sociali, 19 R. DE NICTOLIS e L. CAMERIERO, Le società pubbliche in house e miste, Giuffré, 2008, p. 183.

20 P. POLIMANTI, Le principali novità nei servizi pubblici locali..., op.cit. e A. BARBIERO, In house con radiografia, in Il Sole 24 Ore del 17 novembre 2008, p. 19.

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ambientali e geomorfologiche.

Le caratteristiche economiche possono far riferimento alla presenza di aree depresse o all’esistenza di difficili congiunture economiche – finanziarie per un determinato territorio.

Le caratteristiche sociali, invece, possono attenere ad esigenze di tariffazione al di sotto dei valori di mercato, oppure a crisi occupazionali.

Gli aspetti ambientali potrebbero sconsigliare una gestione standardizzata del servizio, mentre quelli geomorfologici potrebbero riguardare i territori montani. Cosi, ad esempio, potrebbe non essere conveniente per il soggetto privato erogare il servizio di trasporto ad un piccolo paese montano dati gli elevati costi che dovrebbe sostenere. Da qui l’importanza dell’in-house che, tramite la partecipazione dell’Ente pubblico, consente di andare incontro alle esigenze di trasporto dei cittadini di quel piccolo paese citato.

In un secondo momento l’Ente locale deve spiegare gli aspetti strutturali, organizzativi, economici e finanziari del servizio, evidenziando i punti di criticita del mercato di riferimento che impediscono il confronto concorrenziale e che pertanto richiedono un affidamento diretto.

In ultimo, la Pubblica Amministrazione deve indicare il termine entro cui si puo tornare alla normalita, superando gli impedimenti che ostacolano la realizzazione di un mercato concorrenziale. Da tali aspetti si evince come l’Ente locale debba redigere un business plan da cui dedurre il venir meno della rilevanza economica del servizio e il sorgere dell’affidamento diretto in deroga alla procedura ordinaria. Questo documento, sottoforma di relazione, dovra essere trasmesso all’Autorita Garante della Concorrenza e del Mercato affinche questa esprima, entro 60 giorni, un parere preventivo sull’affidamento diretto, e dovra contenere : a) dettagliata relazione contenente gli esiti dell’indagine di mercato effettuata, da cui risulti, in termini comparativi, la convenienza dell’affidamento diretto rispetto all’espletamento della procedura ad evidenza pubblica; b) informazioni circa le modalita con cui sono stati resi i dati del punto precedente; c) tutte le indicazioni soggettive relative all’impresa interessata; d) dati relativi al tipo e valore del servizio in oggetto; e) l’atto costitutivo, lo statuto e le informazioni sul campo di attivita della societa affidataria; f) informazioni concernenti le caratteristiche economiche del settore o del mercato tali da giustificare l’affidamento diretto; g) indicazione sui principali concorrenti; h) indicazioni

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sulle eventuali forme di finanziamento o di sussidio dell’attivita oggetto di affidamento e delle attivita a queste connesse21.

Tale parere rende la procedura competitiva una scelta opzionale dell’Ente locale, in quanto questo puo disattendere all’eventuale parere negativo (dato che questo non è vincolante) senza essere soggetto a sanzione. Da qui deriva che la Pubblica Amministrazione puo comunque affidare un servizio pubblico in modo diretto e senza ricorrere a procedura competitiva, indipendentemente dal parere fornito dall’Autorita in esame. Cio potrebbe determinare un proliferare degli affidamenti in house, anche quando sarebbe meglio ricorrere al mercato tramite procedure competitive ad evidenza pubblica. In tale contesto è logico attendersi un incremento delle contestazioni comunitarie, dato che le condizioni previste dall’art. 23 bis della legge 133/2008 non rispondono pienamente ai principi fissati dalla giurisprudenza comunitaria in tema di affidamenti in house.

Nonostante la procedura in deroga abbia dato vita alle problematiche sopra esposte, la sua previsione ha consentito di mantenere in vita le aziende speciali. L’art. 23 bis, infatti, pur non specificando i diversi modelli gestionali possibili, ha legittimato il ricorso delle Amministrazioni locali alle imprese speciali, facendole rientrare nella deroga e quindi nella fattispecie dell’in house. Tale inclusione non risulta errata per l’Unione Europea, che consente all’Ente locale di affidare la gestione del servizio ad una societa esterna (c.d.

azienda strumentale) nel rispetto di due requisiti: l’impresa assegnataria di un affidamento diretto deve essere assimilata, quanto piu possibile, al soggetto destinatario (primo requisito) e deve risultare neutra rispetto al mercato, in quanto non deve costituire un elemento di disturbo – distorsione per il mercato privato (secondo requisito). Tali condizioni sono indispensabili ogni volta che un Ente pubblico decida di affidare la gestione del servizio ad una societa esterna che non risponde alle procedure di gara, in quanto in questi casi si incorre in una eccezione al principio di concorrenza. In sostanza, per la normativa

comunitaria, ogni volta che la Pubblica Amministrazione decida di ricorrere all’azienda speciale, e quindi all’autoproduzione, l’affidamento del servizio deve essere ritenuto

21 (cfr. Comunicazione Antitrust del 20 ottobre 2008, in www.federalismi.it).

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legittimo.

Ricorrendo all’azienda speciale la Pubblica Amministrazione ricorre all’istituto dell’in house providing. Con tale termine si identifica l’attivita di autoproduzione di beni, servizi o lavoro da parte dell’Ente pubblico nell’ambito dei servizi pubblici economici. Per il Consiglio di Stato (Adunanza Plenaria del 3 marzo 2008, n. 1), essendo l’in house providing un’eccezione alle regole generali del diritto comunitario, occorre che si realizzi un controllo analogo o, per meglio dire, che l’Ente locale possegga l’intero pacchetto azionario della societa affidataria. La partecipazione pubblica totalitaria, pero, non è sufficiente a legittimare l’affidamento in oggetto in quanto occorre anche che: a) lo statuto della societa non consenta l’alienazione di nessuna quota del capitale (anche se minoritaria); b) il CdA della societa non abbia rilevanti poteri gestionali, di contro all’Ente pubblico che, invece, deve esercitare maggiori poteri rispetto a quelli riconosciuti normalmente dal diritto societario alla maggioranza societaria; c) l’impresa non acquisisca una vocazione commerciale tale da rendere precario il controllo da parte dell’Ente pubblico (occorre, cioè, che non si manifesti un ampliamento dell’oggetto sociale, un’apertura della societa ad altri capitali, un’espansione territoriale dell’attivita in tutto il territorio italiano o all’estero); d) le decisioni piu importanti vengano sottoposte al vaglio preventivo dell’Ente affidante.

L’ultimo aspetto dibattuto in merito all’art. 23 bis riguarda il regime transitorio. Questo rimette l’applicazione della normativa in esame all’emanazione di uno o piu regolamenti da parte del Governo, nel termine di 180 giorni dall’entrata in vigore della legge 133/200849.

Alla luce delle diverse contestazioni analizzate il legislatore italiano, a distanza di appena un anno dalla legge 133/2008, si è trovato a varare la “riforma delle riforme” mediante l’art. 15 del decreto legge 135 del 25 settembre 2009 (c.d. Decreto Ronchi) convertito, con successive modifiche, nella legge 20 novembre 2009, n. 166.

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1.5 I limiti di tale riforma

I problemi attinenti all’art. 23 bis della legge 133/2008, non si sono placati ne con l’introduzione delle modifiche apportate dall’art. 15 del d.l. 135/2009, ne con l’emanazione del d.p.r. 168/2010. La mancata previsione delle aziende speciali, le contestazioni comunitarie22 e le difficolta interpretative attinenti all’articolo in esame, infatti,

22 P. G. MARRONE e S. MUSOLINO, La riforma dei servizi pubblici locali..., op.cit., p. 94 – 97, effettuano una ricostruzione inerente le procedure di infrazione avviate dalla Commissione Europea a carico dell’Italia. In tal senso già dalla legge 142/1990 la Commissione Europea aveva invitato il legislatore ad adeguare, “senza indugio”, la normativa italiana ai principi comunitari di liberalizzazione, minacciando l’avvio di una procedura di infrazione. Tale procedura, effettivamente avviata a seguito dell’inoperosità

dello Stato italiano, contestava l’incompatibilità della disciplina sull’affidamento dei servizi pubblici locali, portando il Governo italiano ad emettere una serie di circolari con cui prometteva di intervenire mediante modifiche sulla normativa in esame. Si arriva cosi all’art. 35 della legge 448/2001 che pero non convinceva pienamente la Commissione Europea, portandola cosi a formulare una seconda lettera di messa in mora ai danni del nostro Paese. In modo particolare l’Unione Europea contestava le numerose ipotesi di affidamento diretto che le nuove disposizioni consentivano ancora di mettere in essere. Il nuovo richiamo europeo porta quindi il legislatore italiano a ritornare sulla materia con il d.l. 269/2003 (convertito nella legge 326/2003), con l’art. 23 bis della legge 133/2008 e con l’art. 15 del d.l. 135/2009, al fine di rendere la normativa piu coerente con i principi comunitari. Va comunque sottolineato che in alcuni casi la Corte di Giustizia Europea ha riconosciuto gli sforzi effettuati dal legislatore italiano, soprattutto nel momento in cui, tramite l’art. 23 bis, ha consentito l’affidamento diretto del servizio a causa di peculiari caratteristiche economiche, sociali, ambientali e geomorfologiche del territorio di riferimento, in una logica che appare molto piu stringente di quella prevista dall’Unione Europea. E’ il caso della distribuzione dell’energia elettrica e del gas naturale. Nel primo caso il d.lgs. 79/1999 sostiene che la distribuzione di energia da parte delle ex aziende elettriche municipali non rappresenta piu un servizio pubblico locale, dato che la concessione del servizio e ora rilasciata dal Ministero competente. Nel caso del gas naturale, invece, dove troviamo la separazione tra attività della filiera alla fonte di energia e i poteri di governo e regolazione del settore attribuiti al Ministero competente e all’Autorità per l’energia elettrica ed il gas, gli Enti locali detengono funzioni tali da consentire il superamento del mancato regime normativo del settore. Infine, per quanto riguarda il trasporto pubblico locale l’Antitrust si e espressa ritenendo che l’intervento pubblico (finanziario e gestionale) sia circoscritto ai soli casi in cui l’iniziativa economica privata non sia sufficiente.

In tal senso l’Autorità ricerca, al fine della piena liberalizzazione del settore, la concorrenza “nel mercato”

e non solo, quindi, quella “per il mercato”. La prima, infatti, rappresenta la via per la liberalizzazione, in quanto il cittadino – utente si trova a scegliere tra una pluralità di gestori, tutti autorizzati all’erogazione

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rappresentano gli esempi piu evidenti di tali criticita.

Al di la dei problemi interpretativi attinenti alle discipline di settore e per le quali il legislatore si è trovato ad introdurre principi pro – concorrenziali che hanno anticipato la riforma generale dei servizi pubblici locali23 e sui quali è intervenuto anche il d.p.r.

168/2010, il limite piu rilevante dell’art. 23 bis attiene al suo campo d’azione. L’articolo in esame, infatti, si trova a disciplinare solo i servizi pubblici locali a rilevanza economica, rimettendo la disciplina dei servizi pubblici privi di tale rilevanza all’art. 113 del T.U.E.L., rilevando come ancora oggi non esista un unico punto di riferimento della materia trattata.

I problemi relativi all’art. 23 bis riguardano anche la disciplina dell’affidamento simultaneo di piu servizi e la disciplina dei bacini di gara, entrambe volte a contenere i costi di gestione ed a realizzare economia di scala. Il sesto comma dell’art. 23 bis stabilisce che l’affidamento simultaneo con gara sia possibile “nei casi in cui possa essere dimostrato che tale scelta sia economicamente vantaggiosa”.

del servizio, quello piu conforme alle proprie aspettative. In modo particolare si evidenzia che nel momento in cui non e possibile ricorrere alla concorrenza nel mercato, perché il servizio non puo essere svolto da una pluralità di operatori in competizione tra loro, deve farsi largo alla competizione per il mercato, nella quale piu operatori si contendono la gestione di un unico servizio. In altri termini, il modello della concorrenza per il mercato subordina l’individuazione dei servizi pubblici locali da affidare in gestione da parte degli Enti locali, alla previa verifica che le relative attività non possano essere svolte in regime di concorrenza e dunque non si applica a quei servizi la cui erogazione deve essere affidata da un solo gestore. Da qui, inoltre, sorge un’ulteriore aspetto: la logica della concorrenza per il mercato non rappresenta un generico orientamento al mercato stesso, ma introduce una netta delimitazione del raggio di azione degli Enti locali.

In questa linea di pensiero dovrebbe osservarsi che al di fuori dei settori in monopolio naturale dovrebbe ritenersi non consentito dare in affidamento la gestione in esclusiva dei servizi pubblici nei casi in cui vi sia comunque la possibilità di un loro svolgimento in regime di concorrenza. Cosi G. DI GASPARE, I servizi pubblici in trasformazione..., op.cit., p. 52.

23 Il comma 11 dell’art. 23 bis, stabilisce che l’art. 113 del Testo Unico delle leggi sull’ordinamento degli Enti locali “e abrogato nelle parti incompatibili con le disposizioni del presente articolo”. In tal senso G.

PALLIGIANO, La riforma dei servizi pubblici locali..., op.cit., evidenzia come tale comma abbia determinato un’ulteriore incongruenza introducendo una formula di soppressione di norme a dir poco

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