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La "soluzione acqua di mare" e il Tempo di Residenza

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Academic year: 2022

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La "soluzione acqua di mare" e il Tempo di Residenza

Le sostanze più comuni disciolte in acqua di mare sono i sali inorganici.

Approssimativamente, la "soluzione acqua di mare" contiene 0,5 moli di NaCl, 0,05 moli di MgSO4, molte altre sostanze inorganiche e tracce di composti organici.

La condizione che più nettamente fornisce un'idea della complessità dell'acqua di mare dal punto di vista chimico consiste nel fatto che gli elementi presenti (fino ad oggi sui 92 elementi naturali circa 80 sono stati riscontrati nell'acqua marina e gli altri saranno sicuramente determinati al progredire delle tecniche analitiche) possiedono delle concentrazioni che vanno da un massimo di 19,5103 (Cloro) a un minimo di 610-16 mg/l (Radon) con un'escursione di 20 ordini di grandezza. (Link con tavola periodica)

Una tale distribuzione è la risultante dei continui dilavamenti delle terre emerse, dell'azione vulcanica, particolarmente attiva nelle dorsali oceaniche ai primordi del nostro pianeta, e di una serie di complessi equilibri e reazioni tra gli elementi presenti da quando l'acqua liquida ha cominciato ad invadere i bacini oceanici primordiali circa 4 miliardi di anni fa. La composizione chimica di questi oceani all'inizio della storia della terra è stata certamente diversa da quella odierna. Probabilmente il sistema carbonato-bicarbonato era fortemente sbilanciato verso i HCO3─ mentre i SO4= dovevano essere a concentrazione molto bassa perché lo zolfo era precipitato principalmente come solfuri insolubili. Anche Fe++ e Mn++, che in forma ridotta sono solubili, dovevano essere a concentrazione più elevata di quella attuale. L'ossigeno libero era inesistente o in tracce e per questo motivo, quasi certamente, la vita sulle terre emerse poté svilupparsi dopo che le prime alghe produssero sufficiente ossigeno che in parte fu trasformato in ozono capace di bloccare le nocive radiazioni ultraviolette. In definitiva, con un'atmosfera ossidante e con la diminuzione della CO2, precipitata nei sedimenti come carbonato dall'attività biologica, l'oceano circa un miliardo di anni fa raggiunse una composizione ritenuta simile all'attuale.

I cloruri si sono accumulati nei mari primordiali a causa dell'intensa azione vulcanica e delle emissioni di HCl gassoso.

Conferme dirette che la composizione chimica dell'acqua oceanica sia rimasta costante (e simile a quella attuale) per tutto questo tempo, sono state ottenute dai geologi marini che hanno analizzato i depositi sedimentari formatisi sul fondo degli oceani primordiali. È noto che esistono metodi molto precisi per la datazione delle rocce. Fra i depositi sedimentari quelli che si prestano meglio a definire nelle varie epoche la composizione dell'acqua marina sono i depositi salini e quelli calcarei perché proprio questi, meglio di quelli detritici, risentono delle condizioni chimico-fisiche nelle quali è avvenuta la sedimentazione. Questi depositi sono ampiamente diffusi nel nostro pianeta e molti di essi datano di oltre un miliardo di anni ma molto più frequenti sono quelli delle serie sedimentarie depositate all'inizio del Cambriano. Inoltre sono noti depositi ancora più vecchi databili oltre 2,5 miliardi di anni come quello individuato nel Minnesota (USA). Tutti questi depositi non mostrano differenze significative nella loro composizione chimica e mineralogica con un rapporto fra quantità di materiali calcarei e di altra natura costante nel tempo. In definitiva, secondo molti ricercatori queste prove sperimentali conducono a considerare l'oceano un sistema chimico in equilibrio, almeno per quanto attiene ai maggiori costituenti, fin dai tempi del precambriano superiore.

Pertanto, giacché la composizione ionica attuale si trova allo stato stazionario e deriva dal bilancio tra il tasso al quale le sostanze inorganiche pervengono al mare e quello al quale esse vengono rimosse per precipitazione nei sedimenti o vengono restituite all'atmosfera, è stato introdotto il concetto di Tempo di Residenza di un elemento (τ) che è il tempo medio durante il quale esso rimane nel mare prima di essere rimosso:

τ = A/ (dA/dt)

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dove A è la massa totale dell'elemento disciolto o in sospensione negli oceani e dA/dt è la velocità alla quale esso viene aggiunto o allontanato (per precipitazione).

Costituente Apporto fluviale (x 108 ton/anno)

Massa nelle acque oceaniche (x 1014ton)

Tempo di residenza τ (x 106 anni)

Na+ 2,05 144 210

K+ 0,75 5 10

Ca2+ 4,88 6 1

Mg2+ 1,33 19 22

Cl 2,54 261 oc

HCO3─ 18,95 1,9 0.1

SO4= 3,64 37 1 1

SiO2 4,26 0,08 0,02

Fe 0,22 0,000014 0,00006

Mn 0,001 0,00002 0,00002

Cu 0,0007 0,000021 0,03

Co 0.001 0,000001 0,0001

Zn 0.0007 0,000042 0.006

Tab.3.5. Apporto fluviale e tempi di residenza di alcuni elementi in soluzione nell'acqua di mare. Valori di τ, in milioni di anni, corretti per gli apporti continentali (Da: The Open University, 1989)

Il tempo di residenza di un elemento può essere calcolato dividendo la sua massa attuale negli oceani per l'input annuale dei fiumi (e dell'atmosfera). I tempi di residenza variano, ad esempio, da 210 milioni di anni per il Na a 60 anni per il Fe e riflettono la grande variazione di reattività degli elementi chimici in acqua di mare.

Per il Cl τ =

dal momento che il flusso proveniente dalla erosione delle rocce crostali è da considerarsi nullo. Infatti queste hanno un contenuto medio dello 0,01% in Cl e le quantità che pervengono in mare attraverso l'acqua fluviale e piovana sono "riciclate"

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dall'aerosol marino. Il tempo di residenza dei cloruri, ad ogni modo, non è infinito ma si calcola > 108 anni: il Cl viene rimosso in diversi processi idrotermici e nei depositi evaporitici ma queste perdite sono compensate dalle emissioni vulcaniche di HCl gassoso che riforniscono il sistema atmosfera-oceano di Cl.

Analogamente al Cl anche per altri costituenti si deve considerare la frazione che viene riciclata attraverso l'aerosol marino: i valori di τ riportati in Tab.3.5 sono stati corretti ricalcolando la concentrazione annuale media, o flusso fluviale, di ciascun elemento escludendo il contributo di provenienza marina.

Queste correzioni possono influenzare significativamente le stime dei valori di τ. Ad esempio, per il Na+ usando i valori della Tab. 3.4, il valore non corretto ( 144:2,05 = 70,2x 106) è circa 1/3 del valore corretto di 210x I06 anni; ma per il Ca++ la differenza è di 0,22x 106 anni.

Per gli elementi a più basse concentrazioni i tempi di residenza sono dell’ordine di 103-104 anni o anche meno. I meccanismi di rimozione comprendono l’assorbimento su particelle organiche ed inorganiche, la loro conseguente precipitazione e i processi biologici. Gli organismi marini, infatti, possono concentrare molti elementi in tracce nei loro tessuti fino a livelli di 106 rispetto ai valori medi dell’acqua oceanica contribuendo in tal modo al loro allontanamento dalla fase in soluzione. La rimozione può essere solo temporanea se gli organismi vengono decomposti nella colonna d’acqua e la circolazione oceanica provvede alla loro ridistribuzione, o molto più lunga se le spoglie vengono inglobate nei sedimenti che hanno una vita media di 100-200 milioni di anni, prima di finire ai margini di una zolla continentale e, per subduzione, all’interno della crosta ed essere restituiti al mare dall’attività vulcanica.

Il modello di oceano a due compartimenti

È possibile comprendere meglio i concetti di stato stazionario e di tempo di residenza per gli elementi chimici nell'acqua del mare se si considera l'oceano mondiale costituito essenzialmente da due strati o compartimenti (Fig. 3.17). Il compartimento superiore, molto sottile (100-200 m) termina all'inizio del termoclino permanente e interagisce con l'aria e con le terre emerse. In questo strato superiore, illuminato e riscaldato dal sole, avviene la fotosintesi con formazione di particellato organico (produzione primaria) che sostiene i successivi anelli delle catene trofiche marine.

Dopo la morte degli organismi che popolano il comparto superiore le spoglie finiscono per affondare nel compartimento sottostante, perennemente buio, dove servono da nutrimento durante la loro discesa per altri animali e i batteri. Ciò che resta dopo un affondamento di migliaia di metri si deposita sullo strato superficiale dei sedimenti dove altri organismi continuano ad utilizzarlo come cibo; una porzione più o meno modesta rimane intatta e viene inglobata nei sedimenti assieme agli elementi chimici che contiene.

Il modello a due compartimenti funziona sulla base di alcune ipotesi (Broeker, 1983) semplificative:

1. gli elementi chimici in soluzione arrivano al mare nel comparto superiore essenzialmente attraverso le acque fluviali e il bilancio fra l'acqua che entra e quella che evapora su base annuale è nullo;

2. gli elementi chimici pervenuti nel comparto superiore vengono rimossi dall'attività biologica attraverso l'assimilazione e il bioaccumulo;

3. dal punto di vista chimico gli oceani sono in uno stato stazionario: i tassi di rifornimento e quelli di rimozione devono essere uguali sia all'interno dei due comparti che nel loro insieme;

4. poiché gli elementi biologicamente attivi presentano in soluzione concentrazioni molto diverse nei due comparti, lo scambio fra questi deve essere assicurato dai moti di convergenza e di divergenza.

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La storia di un elemento biologicamente attivo (il P, ad esempio), che perviene in mare attraverso un fiume, inizia nelle acque superficiali dove viene rapidamente utilizzato dagli organismi vegetali. Dopo parecchi scambi, anche durante una sola stagione, fra organismi animali, vegetali e batteri, resta intrappolato in un residuo che affonda nel compartimento inferiore dove continua a trasferirsi in altri organismi eterotrofi. Quando raggiunge il fondo oceanico sotto forma di detrito organico una quantità uguale a quella che è entrata nello strato superiore viene sepolta nei sedimenti. In pratica, di 100 atomi di P contenuti nei residui che cadono verso il fondo 99 vengono rilasciati in soluzione e solo 1 viene incluso nei sedimenti e praticamente perduto per almeno 100-200 milioni di anni.

La parte più consistente che era stata rimossa dal primo comparto viene trasportata verso l'alto dai moti ascensionali del mare.

Il volume di acqua scambiato e posto in giuoco nei due comparti rimane costante consentendo, così, lo stato stazionario. Tali scambi, però, se si escludono certe aree costiere ed oceaniche ben localizzate dove sono presenti correnti ascendenti o discendenti (aree di upwelling e downwelling), sono molto lenti a causa della diversa densità delle acque nei due comparti. Si calcola che il turnover, il tempo medio cioè trascorso da una molecola d'acqua per trasferirsi dallo strato profondo freddo e più denso a quello superficiale più leggero e caldo, sia di circa 1.000 anni. Pertanto un atomo di P, con un tempo di residenza di 100.000 anni, compirà un centinaio di spostamenti fra i due comparti prima di essere definitivamente rimosso dall'acqua e inglobato nei sedimenti.

Classificazione degli elementi chimici

Per la classificazione degli elementi chimici presenti nell'acqua di mare possono essere utilizzati diversi criteri: la loro concentrazione, la loro funzione e reattività anche nei confronti dei biota e la distribuzione con la profondità. Nella classificazione qui adottata si è ritenuto utile far riferimento principalmente alla loro concentrazione e anche alle loro interazioni con il comparto biologico. O2 e CO2 sono stati trattati a parte in quanto gas anche se la loro concentrazione li collocherebbe fra i costituenti maggiori.

In definitiva, gli elementi chimici presenti in acqua di mare possono essere suddivisi in quattro classi principali:

Costituenti maggiori: 11 elementi presenti in concentrazione superiore ad 1 mg/kg. Sono scarsamente reattivi e costituiscono il 99,9% in peso dei sali disciolti.

 Costituenti minori: il restante 0,1% dei soluti i quali subiscono notevoli oscillazioni di concentrazione soprattutto in rapporto all'attività biologica e geochimica. Dai costituenti minori spesso vengono separati i cosiddetti sali nutritivi come:

 Micronutrienti: azoto, fosforo e silicio sotto forma ionica che sono essenziali per l'attività fotosintetica e in rapporto ad essa presentano forti oscillazioni stagionali.

 Gas in soluzione: la cui presenza nelle acque (particolarmente O2 e CO2) è essenziale per tutti i processi vitali di animali e piante.

Costituenti maggiori e costituenti minori

A causa della loro scarsa reattività gli 11 costituenti più abbondanti (Tab. 3.6) presentano una concentrazione sostanzialmente costante rispetto alla salinità.

Questa scoperta, annunciata inizialmente dal chimico svizzero A. Marcet alla Royal Society di Londra nel 1819 fu confermata nel 1884 dai più approfonditi studi di W. Dittmar che aveva analizzato in modo completo i campioni provenienti dalla spedizione del Challenger.

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Tab.3.6.Concentrazione media dei costituenti maggiori in g/kg.

Ione g/kg

Cloruri Cl¯ 18,980

Solfati SO42¯ 2,649

Bicarbonati HCO3¯ 0,140 totale anioni = 21,861

Bromuri Br¯ 0,065

Borati H2B03¯ 0,026

Fluoruri F¯ 0,001

Sodio Na+ 10,556

Magnesio Mg2+ 1,272

Calcio Ca2+ 0,400 totale cationi = 12,621

Potassio K+ 0,380

Stronzio Sr2+ 0,013

salinità totale = 34,482

La scoperta che i rapporti ionici fra i maggiori costituenti sono costanti indipendentemente dal valore della salinità ha condotto alla formulazione della legge di Dittmar e Marcet che ha enormemente facilitato la determinazione della salinità: “La quantità totale dei costituenti maggiori può variare nei diversi mari ed oceani ma le loro proporzioni relative rimangono praticamente costanti". In sostanza, la salinità può variare ma il rapporto di ciascun elemento con essa è costante. Pertanto misurando la concentrazione di uno di essi è possibile risalire al totale dei sali disciolti dall'espressione:

S = K x A

dove S è la salinità, K una costante ricavata sperimentalmente e A uno degli 11 maggiori costituenti. È stato scelto il Cloro perché la sua analisi mediante il metodo di Knudsen, condotta in condizioni standard, è rapida e ripetibile (± 0,02 %o).

Il problema dei rapporti ionici è stato riesaminato a metà degli anni '60 soprattutto da chimici del British National Institute of Oceanography che hanno confermato con procedure analitiche più moderne, i risultati di Marcet e Dittmar. In definitiva, come riportato in Tab. 3.7 i rapporti ionici di questi elementi con la clorinità sono risultati costanti.

Tab.3.7 – Rapporti ionici di alcuni dei maggiori costituenti con la clorinità negli oceani e nei mari.

Oceano e __Na__ __Mg__ __K__ __Ca__ __Sr__ __SO4__

mare Cl ‰ Cl ‰ Cl ‰ Cl ‰ Cl ‰ Cl ‰

N. Atlantico 0.02026

Atlantico 0,5544-0,5567 0.0667 0.01953- 0,0263

0.02122- 0,02126

0,000420 0,1393 N. Pacifico 0,5553 0,06632-

0.06695 0,02096 0.02154 0,1396-0,1397 O. Pacifico 0.5497-0,5561 0,06627-

0,0676

0,02125 0,02058- 0,02128

0,000413- 0,000420

0,1399

Indiano 0,02099 0,000445 0.1399

Mediterraneo 0,5310-0,5528 0,06785 0,02008 0,1396

Baltico 0,5536 0,06693 - 0,02156 0,1414

Mar Nero 0.55184 0.0210

Mar d'Irlanda 0,5573 0,1397

Antartico 0.02120 0,000467

Baia di Tokio 0.0676 0.02130 0,1394

Mare di Barents 0.06742 0.02085

Artico 0,000424

Mar Rosso 0,1395

Gli 11 elementi vengono chiamati, inoltre, conservativi perché la loro concentrazione non viene modificata né dall'attività biologica né da quella chimica. Fa

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eccezione il rapporto Ca/Cl %c che risulta più elevato nelle acque profonde degli oceani, più fredde e ricche di C02, nelle quali aumenta la solubilità del CaC03 di origine organica prodotto dal plancton negli strati superiori. Anche in altre condizioni i maggiori costituenti possono presentare modificazioni: ciò si verifica negli estuari, nei bacini anossici. durante il congelamento dell'acqua nei mari polari, durante le eruzioni dei vulcani sottomarini e a causa dell'evaporazione dell'acqua marina nei baci-ni isolati.

Contrariamente ai costituenti maggiori, quelli minori non sono conservativi e in acqua di mare presentano delle variazioni di concentrazione molto elevate. Queste oscillazioni possono essere imputabili alla loro maggiore reattività chimica, all'azione dei processi biologici (soprattutto l'assimilazione e il bioaccumulo) e ad eventi saltuari e localizzati come le eruzioni sottomarine e il dilavamento delle terre compreso il rifornimento da parte di grandi fiumi.

In Tab. 3.8 viene riportata la concentrazione media di alcuni elementi minori in acqua di mare. Queste concentrazioni però devono essere considerate come indicative a causa delle forti variazioni regionali di cui anche l'attività umana può essere considerata responsabile come per esempio per il Hg e il Pb introdotti nell'ambiente marino in concentrazioni relativamente elevate a partire dall'inizio dell'era industriale, a metà del secolo scorso.

Tab.3.8. Concentrazione di alcuni dei minori costituenti dell'acqua di mare. I valori espressi in μg kg-1, per una salinità di 35, sono da considerare approssimativi.

Silicio 3.000

Azoto (non gassoso) 1.000

Litio 170

Rubidio 120

Ioduro 60

Bario 30

Alluminio 10

Ferro 10

Zinco 10

Molibdeno 10

I metalli pesanti (Cu, Ni, Co, Pb, Cr, Zn, Hg), che vengono anche chiamati elementi in tracce, hanno suscitato un forte interesse per il controllo dell'inquinamento a causa della facilità con la quale vengono accumulati dagli organismi planctonici e trasferiti agli anelli superiori delle catene alimentari, giungendo fino all'uomo anche con effetti letali.

Ad ogni modo, la chimica dei minori costituenti è molto complessa ed è probabile che la concentrazione di alcuni di questi elementi si sia modificata nelle ultime decine di migliaia di anni soprattutto a seguito delle ricorrenti glaciazioni (quattro o cinque) che hanno condizionato il clima e l'idrodinamica degli oceani nel quaternario.

Micronutrienti

Analogamente a quanto accade per le piante terrestri il fitoplancton marino e in generale tutti i processi autotrofi necessitano di sali minerali di P e N per il loro sviluppo. Anche il Si è indispensabile al plancton vegetale (diatomee) e animale (radiolari) che lo utilizzano per la costruzione del loro scheletro.

Questi elementi possono essere considerati biolimitanti dal momento che la loro disponibilità può condizionare la produzione biologica nelle acque superficiali. In concentrazione elevata, al contrario, possono dar luogo a fenomeni particolari come l'eutrofizzazione delle zone costiere.

Altri elementi come Fe, Mn, Cu, Zn, Co, Mo ecc. sono essenziali alla crescita del

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plancton vegetale dal momento che fanno parte dei loro sistemi enzimatici, ma è soprattutto la disponibilità dei sali di P, N e Si che condiziona lo sviluppo del fitoplancton nel mare. La loro concentrazione è estremamente variabile sia regionalmente (rifornimento costiero da parte di fiumi o effluenti urbani e industriali, upwelling ecc.) sia stagionalmente (in rapporto all'assimilazione fitoplanctonica), sia con la profondità. In Fig. 3.18 è illustrato l'andamento verticale medio annuale nei tre oceani maggiori.

Per tutti e tre i micronutrienti gli andamenti risultano molto simili: basse concentrazioni nei primi 100-200 m e, quindi, un rapido incremento con l'aumentare della profondità fino al raggiungimento di valori costanti in tutta la colonna d'acqua sottostante.

Le basse concentrazioni osservate in tutti i mari ed oceani nello strato superficiale sono in relazione alla rimozione effettuata dagli organismi fitoplanctonici che nei mari temperati li assimilano principalmente durante il periodo primavera-autunno ed in misura minore nei mesi invernali.

In definitiva, come già visto a proposito del modello a due compartimenti, i nutrienti vengono assimilati in superficie dagli organismi del fitoplancton e trasferiti in profondità dalle spoglie degli organismi morti. Man mano che tali residui, alle profondità intermedie, vengono decomposti da animali e batteri, i nutrienti tornano in soluzione procurando un aumento della loro concentrazione.

Fig.3.18. Distribuzione verticale dei nutrienti.

A questa variazione verticale si sovrappone un incremento di concentrazione regionale, particolarmente evidente per i fosfati, dall'Oceano Atlantico al Pacifico come visto in Fig. 3.18 e come illustrato nella Fig. 3.19 che riporta la distribuzione di PO43- nelle acque profonde degli oceani.

La spiegazione del fenomeno è da ricercare nella circolazione che lega gli oceani (Atlantico, Pacifico, Indiano e Antartico): nell'Atlantico settentrionale, oltre i 60°Lat. N, l'acqua superficiale, povera di nutrienti, affonda per l'incremento di densità procurato dalle basse temperature e procede verso Sud, a circa 2.000 m di profondità, arricchendosi in fosfato durante il tragitto a causa del rifornimento assicurato dai residui degli organismi che via via precipitano verso il fondo cedendo PO43- .

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Fig.3.19. Distribuzione di PO43- nelle acque profonde degli oceani Atlantico, Pacifico e Indiano (da: The Oceanography Course team, 1989).

Fig.3.20. (a)Trasporto dei nutrienti dalle acque profonde del nord Atlantico (APNA) all'Oceano Indiano e Pacifico con l'arricchimento delle acque profonde antartiche (APA).

(b) Meccanismo di arricchimento di nutrienti dovuto all'affondamento di materiale organico particellato (frecce ondulate) (da: The Oceanography Course Team 1989).

La massa d'acqua profonda Nord-Atlantica, ormai caratterizzata da una più alta concentrazione in PO43-, si congiunge nell'Atlantico meridionale con l'acqua profonda Antartica più ricca di nutrienti, e assieme a questa si disperde, oltre il capo di Buona Speranza, nell'Oceano Indiano e oltre il capo Horn nel Pacifico, continuando ad arricchirsi in nutrienti per l'affondamento di materiale organico particellato. Pertanto è l'acqua profonda del Pacifico, più "vecchia", a presentare le maggiori concentrazioni rispetto agli altri oceani. Questo meccanismo di arricchimento è illustrato in Fig. 3.20.

Sul tema dei micronutrienti di P, N e Si si tornerà nel Cap. 14 per la loro importanza nei processi della produzione primaria del mare approfondendo soprattutto gli aspetti connessi alla dinamica della loro assimilazione e trasporto nella catena trofica e alla descrizione del loro ciclo stagionale.

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Gas in soluzione

I gas presenti nell'atmosfera non mostrano variazioni nelle proporzioni dei costituenti più abbondanti: l'azoto (78%), l'ossigeno (21%) e l'argon (1%). I gas nobili e quelli prodotti in parte anche dalle attività umane (C02, CO. N02, CH4, SO2 e NH3) sono a concentrazione molto bassa e/o variabile, come accade anche per il vapore d'acqua.

All'interfaccia atmosfera-oceano si verifica uno scambio continuo a causa della diffusione molecolare. Lo scambio avviene nei due sensi in condizione di saturazione, quando cioè la concentrazione di ciascun gas nell'acqua è in equilibrio con quella nell'aria.

Se lo strato superficiale è influenzato da moti turbolenti lo scambio con l'atmosfera è molto più rapido ed è favorito dalla formazione di bolle di gas. Queste, spinte in acque sottosature, le arricchiscono di gas procurando un aumento di concentrazione negli strati superiori.

Fig.3.21. Pressione parziale dei principali gas dell'atmosfera (a) e concentrazioni in acqua di mare a 24°C e 1 atm (b). Notare la differenza di scala in ordinata (The Open University, 1989).

La solubilità dei gas aumenta con la pressione (quindi con la profondità) e con il diminuire della temperatura, ma diminuisce con l'aumentare della salinità.

La pressione parziale (che corrisponde alla percentuale in volume) dei quattro gas più importanti nell'atmosfera e la loro concentrazione all'equilibrio in acqua di mare a 24°C è illustrata in Fig. 3.21. È importante osservare come la CO2 pur avendo una pressione parziale in aria pari a 0,03 Te possiede una solubilità molto superiore a quella degli altri tre gas a causa della sua elevata reattività in acqua di mare. Fra i gas disciolti quelli più

importanti dal punto di vista chimico e biologico sono 02 e C02. Gli altri gas CO, N20, CH4 e S(CH3)2, prodotti nelle acque superficiali dalle attività biologiche del plancton,

intervengono solo marginalmente nei grandi processi biochimici e sono presenti solo in quantità molto modeste con una scarsa incidenza sul funzionamento dell'ecosistema oceanico.

L'azoto molecolare, in condizioni particolari di carenza delle sue forme inorganiche, può essere fissato da alcuni cianobatteri mentre il processo inverso, la denitrificazione,

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può avvenire solo in acque in forte ipossia.

La formazione di H2S negli oceani si osserva solo in bacini chiusi (Mar Nero) o a scarsa circolazione (sul fondo dei fiordi scandinavi e nelle fratture dei fondi oceanici). In queste acque il tipo di vita che può svilupparsi è principalmente batterica con predominanza di Desulfovibrio desulfuricans che utilizza l'ossigeno presente nei solfati per il proprio metabolismo con conseguente produzione di H2S come osservato nel Mar Nero e in alcuni ambienti salmastri fra i quali il lago meromittico di Faro, in Sicilia.

Ossigeno disciolto

L'ossigeno gassoso, assente dall'atmosfera all'inizio della storia della terra (piccole quantità potevano essere prodotte per fotolisi dell'H2O), cominciò ad apparire circa due miliardi di anni fa prodotto dall'attività biologica nell'oceano primordiale dei primi organismi procarioti fotosintetici, probabilmente gli antenati degli attuali cianobatteri, procarioti di dimensioni inferiori a 1 μm.

L'origine della vita e i primi processi evolutivi avvennero sicuramente in condizioni di anaerobiosi e i meccanismi di autodifesa erano diretti contro l'ossigeno libero (O2), quello atomico (O) e l'ozono (O3). I primi organismi cioè dovettero adattarsi a svolgere le loro funzioni ossidative eliminando idrogeno anziché utilizzare ossigeno; la fermentazione è ancora oggi un processo basilare di tutte le altre forme di metabolismo non ossigenico.

Tuttavia, il fabbisogno energetico per strutture vitali più efficienti e organizzate può essere soddisfatto solo dal metabolismo ossidativo. E da ritenere, pertanto, che solo con l'apparizione dell' O2 sul nostro pianeta ad opera degli organismi del fitoplancton le forme di vita allora esistenti abbiano imboccato la strada che, attraverso i processi evolutivi durati due miliardi di anni, ha condotto al tipo di vita attuale.

Lo strato superficiale dell'oceano oggi è soprassaturo di ossigeno, in parte a causa della liberazione del gas durante la fotosintesi:

n CO2 + H20 → (CHO)n + n O2

ma principalmente per processi fisici di scambio all'interfaccia aria-acqua.

All'aumento della profondità, al di sotto dello strato eufotico, la concentrazione di O2

diminuisce per il prevalere delle attività respiratorie di animali e piante e dei batteri che demoliscono i detriti organici che piovono dagli strati superficiali. Si perviene, quindi, alla profondità di circa 700-1.000 m ad un minimo di ossigeno che in casi estremi può avvicinarsi ali'anossia. Successivamente la concentrazione di O2 aumenta come illustrato in Fig. 3. 22.

E interessante osservare che l'andamento verticale della concentrazione del gas in questi strati è spesso opposto a quello della concentrazione dei ali nutritivi di N e P: al minimo di O2 è associato il massimo di nitrati e fosfati prodotti dall'ossidazione batterica. A profondità maggiori, negli oceani, la concentrazione di ossigeno aumenta per l'intrusione di acque di origine polare più fredde e ossigenate di quelle sovrastanti; infatti, il coefficiente molecolare di diffusione dell'ossigeno è molto basso e il gas tende a permanere nella massa d'acqua originaria se non viene progressivamente consumato per attività respiratoria e batterica. In Fig. 3.23 è illustrata la distribuzione verticale dell'ossigeno disciolto nel Mar Tirreno. I minimi si osservano tra 300 e 500 metri.

La distribuzione orizzontale negli oceani dipende in generale dalla circolazione, con aree più o meno ossigenate in rapporto ali origine delle masse d'acqua. Le zone costiere, soprattutto quelle influenzate da fenomeni di eutrofizzazione, possono presentare in superficie forti soprassaturazioni ma a pochi metri di profondità anche pronunciate ipossie o, addirittura anossie. Tipico esempio di queste condizioni è la fascia costiera dell'Adriatico centro-settentrionale.

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