ROBERTA TISCINI
Sospensione dell’esecuzione tra (denegato) accertamento pieno e (consentito) accertamento sommario. Come la difficile alternativa tra cognizione piena e sommaria può
pregiudicare le posizioni sostanziali degli aventi diritto
SOMMARIO:1.Il caso di specie. – 2. I precedenti giurisprudenziali invocati in motivazione.
– 3. L’”accertamento giudiziale” (necessario?) sui presupposti dell’art. 2923 comma 3 c.c. – 4.
L’obbligatorietà di una preventiva azione di accertamento negativo. – 5. La via (non) esclusiva del giudizio di opposizione all’esecuzione. – 6. La valutazione sui “gravi motivi” di sospensione.
1.Il caso di specie.
Ottenuta in sede di espropriazione immobiliare l’aggiudicazione del bene, l’aggiudicataria Alfa ne richiede il rilascio in forza di decreto di trasferimento ritualmente emesso dal giudice dell’esecuzione. La conduttrice Beta si oppone al rilascio e propone istanza di sospensione ex art.
624 c.p.c. invocando un contratto di locazione stipulato dalla stessa con il precedente proprietario dell’immobile e trascritto in data anteriore al pignoramento1. In via di eccezione, l’aggiudicataria Alfa dichiara di non essere tenuta all’osservanza del contratto di locazione in applicazione dell’art.
2923 comma 3 c.c.2
Il giudice dell’esecuzione accoglie l’istanza di sospensione sulla base delle seguenti argomentazioni.
a) Per applicare l’art. 2923 comma 3 c.c. è necessario “l’accertamento giudiziale dei suoi fatti costitutivi”; necessità questa che risulta palese nella stessa giurisprudenza della Corte Suprema3.
b) Siffatta necessità di “accertamento giudiziale” circa la sussistenza del diritto di cui al comma 3 art. 2923 c.c. “porta a ritenere che nella fase cautelare della opposizione all’esecuzione la pretesa dell’acquirente non possa trovare accoglimento”, dovendo quest’ultimo “provocare l’accertamento del proprio diritto a non rispettare la locazione che gli è opponibile, prima di intraprendere l’esecuzione per rilascio”.
c) In ogni caso, attesa la natura di ordinario giudizio di cognizione che riveste l’opposizione all’esecuzione4, è ben possibile che l’accertamento della sussistenza dei fatti costitutivi del diritto di cui all’art. 2923 comma 3 c.c. “avvenga nell’ambito del giudizio di
1 Ciò in applicazione dell’art. 2923 comma 1 c.c. secondo cui “le locazioni consentite da chi ha subito l’espropriazione sono opponibili all’acquirente se hanno data certa anteriore al pignoramento, salvo che trattandosi di beni mobili, l’acquirente ne abbia conseguito il possesso in buona fede”.
2 Norma secondo la quale l’acquirente (o aggiudicatario) del bene “non è tenuto a rispettare la locazione qualora il prezzo convenuto sia inferiore di un terzo al giusto prezzo o a quello risultante da precedenti locazioni”.
3 Cita a questo proposito – riproducendo massima e parti di motivazione – Cass. 4-6-1962 n. 1332; Cass. 3-8-2005, n.
16243; Cass. 27-1-1999 n. 721.
4 Tanto da poter il creditore opposto svolgere in tale sede domanda riconvenzionale “onde ottenere la condanna del debitore opponente anche per un titolo diverso da quello azionato esecutivamente (v. Cass. Sez. III, 29-3-2006, n.
7225)”.
opposizione iniziato invece dal locatore onde accertare l’opponibilità del proprio diritto personale di godimento”.
d) Tenuto conto di quanto precede, “ai limitati fini della fase cautelare del giudizio e del vaglio dell’istanza di sospensione dell’opponente”, tenuto conto quindi del fatto che sono invocabili in sede di sospensione all’esecuzione i primi due commi dell’art.
2923 c.c., mentre non è invocabile il comma 3 dello stesso art. 2923 c.c. (per il quale è necessario, come detto, un accertamento giudiziale sul diritto dell’acquirente a non rispettare il contratto di locazione da demandare alla successiva fase di merito del giudizio) sussistono i “gravi motivi” previsti dall’art. 624 c.p.c. per sospendere il procedimento esecutivo di rilascio.
2. I precedenti giurisprudenziali invocati in motivazione.
Nessuno degli argomenti utilizzati nella decisione in commento è convincente e tanto meno dirimente per accogliere l’istanza di sospensione.
Cominciamo dal primo (sub a) § precedente). E’ indubbio che l’applicazione dell’art. 2923 comma 3 c.c. sia subordinata ad un “accertamento giudiziale dei suoi fatti costitutivi”, rispetto a cui il giudice dispone di un margine di discrezionalità5. Spetta infatti al giudicante (qualora alla disposizione non sia dato spontaneo adempimento e si giunga perciò al processo) accertare che ve ne siano i presupposti, i quali – lungi dall’essere predefiniti secondo canoni vincolanti - impongono una discrezionalità valutativa: spetta cioè al giudice (o alle parti in via di adempimento spontaneo) verificare che il prezzo stabilito per i canoni di locazione sia inferiore di un terzo al “giusto prezzo”
ovvero al prezzo “risultante da precedenti locazioni”. Ciò però non basta per condividere la posizione dell’ordinanza (sub b) § precedente) secondo cui si tratterebbe di accertamento incompatibile con il giudizio cautelare di sospensione6.
A questa conclusione non conduce di certo la giurisprudenza invocata in motivazione. Non così Cass. n. 1332/1962, la quale si limita ad individuare la giusta ratio dell’art. 2923 comma 3 c.c.7, stante nell’esigenza di evitare di rendere opponibili al terzo aggiudicatario contratti di locazione
“sospetti” o comunque eccessivamente dannosi per il terzo stesso, “a causa di un notevole squilibrio tra il valore effettivo del godimento della cosa ed il corrispettivo convenuto con il conduttore”8. E’
ovvio che, ove fosse istaurato un giudizio – possibilmente ordinario di cognizione, come nel caso della sentenza citata – avente ad oggetto l’applicabilità dell’art. 2923 comma 3 c.c., sarebbe il giudice a dover accertare la sussistenza del “notevole squilibrio”. La sentenza non dice però che l’unico modo per indagare sul notevole squilibrio è la sede giudiziale e tanto meno che ciò può avvenire esclusivamente in un processo ordinario “pienamente cognitivo”.
5 Le cui valutazioni sono insindacabili in Cassazione (Cass. 14-4-1984, n. 2413).
6 Sui complessi problemi che ruotano intorno alla natura “cautelare” del procedimento di sospensione dell’esecuzione o dell’efficacia esecutiva vd. Capponi, Manuale di diritto dell’esecuzione civile, Torino, 2010, 367 ss.
7 La disposizione introduce un'eccezione al principio generale emptio non tollit locatum al fine di impedire la stipula di locazioni in frode al compratore di un immobile subastato, prevedendo che quest'ultimo non è tenuto a rispettare le locazioni consentite dall'espropriato di data certa anteriore al pignoramento qualora il prezzo convenuto sia inferiore di un terzo al giusto prezzo od a quello risultante da precedenti locazioni (Cass. 4-4- 1989, n. 1615, in GC, 1989, I,2105).
Sull’art. 2923 c.c., vd. per tutti, Capponi, Manuale di diritto dell’esecuzione civile, cit., 254; Mazzarella, voce Vendita forzata, in ED, XLVI, Milano, 1993, 553 ss., spec. 582; Soldi, Manuale dell’esecuzione forzata, Padova, 2009, 376.
8 Così testualmente Cass. 4-6-1962 n. 1332.
Né al risultato cui perviene l’ordinanza in epigrafe conduce Cass. n. 16243/2005, sentenza a tutt’altro scopo destinata, in quanto incentrata (in parte qua) sul diverso problema della ripartizione dell’onere probatorio e dei mezzi di prova utilizzabili. Quanto al primo profilo, afferma la sentenza che grava sull’acquirente l’onere di provare il “notevole squilibrio” tra il prezzo giusto e quello effettivamente convenuto nel contratto di locazione. Il che è la naturale applicazione del generalissimo principio sulla ripartizione dell’onere della prova (art. 2697 c.c.)9. Niente di più e niente di meno.
Quanto al secondo profilo, chiarisce la sentenza che l’acquirente può fornire tale prova con qualsiasi mezzo, avvalendosi anche di presunzioni e ferma restando la possibilità per il giudice (discrezionalmente valutabile e quindi insindacabile in cassazione10) di ritenere notorio il giusto canone. Piuttosto, siffatta lettura degli oneri probatori gravanti sull’acquirente alleggerisce di molto la situazione: se i fatti che configurano la “notevole sproporzione” possono ritenersi “notori”, essi neppure vanno provati, essendo perciò sottratti dal relativo onere (art. 115 comma 2 c.p.c.) sia per l’una che per l’altra parte del processo (onere probatorio alleggerito in ogni caso anche ammettendo la prova dei fatti rilevanti attraverso il sistema presuntivo).
Tantomeno è invocabile Cass. n. 721/199911. La sentenza si occupa del – ben diverso - problema di un eventuale concorso tra l’azione di simulazione proponibile dai terzi ex art. 1415 comma 2 c.c. e quella dell’art. 2923 comma 3 c.c.12 Nulla che interessi il caso in esame, nel quale non affiorano problemi di simulazione.
I precedenti giurisprudenziali citati in motivazione non aiutano quindi a sostenere le ragioni del provvedimento in esame; non conducono cioè a ritenere che l’accertamento circa la sussistenza dei presupposti dell’art. 2923 comma 3 c.c. debba essere effettuato in un giudizio pienamente cognitivo con attitudine al giudicato13. Vi è in effetti un minimo comune denominatore tra le sentenze citate, stante nel fatto che tutte sono rese in processo ordinario di cognizione14. E’ questo però un dato puramente occasionale privo di alcuna valenza probatoria ai fini dell’ordinanza in commento, il quale non esclude l’alternativa: la possibilità cioè che l’accertamento (rectius, indagine) sui presupposti (discrezionalmente valutabili) dell’art. 2923 comma 3 c.c. sia reso in un giudizio sommario (cautelare e non) piuttosto che all’esito di una “cognizione piena ed esauriente”15.
9 O meglio, della mancata prova (Luiso, Diritto processuale civile, Milano, I, 2009, 254).
10 Cass. 19-8-2003 n. 12112; Cass. 17-1-2003, n. 609.
11 In GC, 1999, I, 1365.
12 Problema che risolve ritenendo che si tratta di due azioni autonome delle quali l’una, la seconda (art. 2923 comma 3 c.c.), non si pone come norma eccezionale - e dunque derogatoria – rispetto alla prima (art. 1415 comma 2 c.c.), con la conseguenza che “l’acquirente di un immobile locato ha facoltà di agire nei confronti del conduttore alternativamente o per sollecitare la tutela di cui all’art. 2923 comma c.c., ovvero quella di cui al precedente art. 1415 comma 2 c.c.”.
13 Il termine “accertamento” è in altre parole utilizzato qui impropriamente, ove si voglia attribuire ad esso il significato della cognizione giudiziale proiettata sulla formazione della cosa giudicata. Per “accertamento” si intende piuttosto l’esigenza di una cognitio (quale che sia) sui presupposti di applicabilità dell’art. 2923 comma 3 c.c. Vd. amplius infra § successivo.
14 Giunto attraverso i suoi gradi di giudizio fino in Cassazione.
15 Altro è il difficile problema di trovare la giusta linea di confine tra cognizione sommaria e cognizione piena. Trattasi di questione storica, ma pur sempre attuale. Per restare all’esperienza più recente, basti ricordare le difficoltà di inquadramento (nell’alternativa tra cognizione piena e sommaria) che ruotano intorno al procedimento sommario di cognizione dell’art. 702 bis ss c.p.c., sia nella sua versione primigenia (di estrazione codicistica), sia in quella del d.lgs.
n. 150/2011, quando utilizzato quale “modello” per la riduzione e semplificazione dei riti civili. Per queste
3. L’”accertamento giudiziale” (necessario?) sui presupposti dell’art. 2923 comma 3 c.c.
Privata del sostegno della giurisprudenza (erroneamente invocata), cade la statuizione (sub lett. b) § 1) secondo cui “nella fase cautelare della opposizione all’esecuzione la pretesa dell’acquirente non possa trovare accoglimento”. Fermo restando che il relativo onere probatorio grava sull’acquirente16, nulla impedisce che esso sia soddisfatto in una fase cautelare (quella della sospensione dell’esecuzione), come in qualsiasi altro giudizio sommario non cautelare. Piuttosto, vale il contrario. Se collocate in un contesto sommario, la cognitio da parte del giudice (ed a fronte di essa l’attività probatoria ad opera delle parti), tutt’altro che precluse, sono ammesse secondo le modalità sommarie del rito prescelto; se calate invece in un giudizio pienamente cognitivo, esse dovranno essere “piene”. In un contesto sommario, in altri termini, in cui il giudice è abilitato a sindacare il fumus di fondatezza del diritto sarà sufficiente la dimostrazione di esso per soddisfare le relative esigenze probatorie.
D’altra parte, tenuto conto dell’oggetto del giudizio incentrato sull’art. 2923 c.c., difficilmente vi sarà in concreto una differenza tra l’attività probatoria svolta in fase cautelare e quella svolta in un giudizio pienamente cognitivo. In entrambi i casi, l’acquirente produrrà a fondamento della pretesa inopponibilità del contratto di locazione valutazioni peritali, quotazioni immobiliari, prove documentali di altro genere. Si tratta perciò di prove prevalentemente documentali, idonee a trovare ingresso e ad essere conosciute dal giudice sia nella fase cautelare sia in quella di merito (così come in ogni altro giudizio sommario e non)17.
Il che vieppiù vale se si contestualizza il fenomeno nel caso specifico della sospensione dell’esecuzione (in cui è probabile che l’acquirente che si veda opporre un precedente contratto di locazione invochi l’art. 2923 comma 3 c.c. per paralizzarne l’efficacia nei suoi confronti) e le conseguenze cui si andrebbe incontro ove si negasse l’accertamento sui presupposti dell’art. 2923 comma 3 c.c. Consentire all’acquirente di eccepire in sede esecutiva l’inopponibilità nei suoi confronti di un precedente contratto di locazione ex art. 2923 comma 3 c.c. è necessario per evitare l’eccessivo (ed ingiustificabile) squilibrio tra le posizioni difensive delle parti: il conduttore opponente potrebbe validamente invocare i commi 1 e 2 art. 2923 c.c. facendo valere il proprio contratto di locazione per sospendere l’esecuzione in corso; diversamente, l’acquirente non potrebbe difendersi invocando il comma 3 art. 2923 c.c. (strumento che la legge stessa gli riconosce), sul presupposto (indimostrato) dell’incapacità di quel procedimento cautelare (per suoi limiti strutturali) di accogliere la relativa eccezione.
Delle due l’una: o la vendita forzata è insensibile all’esistenza di un precedente contratto di locazione sul bene venduto (e allora il conduttore non ha strumenti nei confronti dell’aggiudicatario, in tutto danno dell’art. 2923 c.c.), ovvero si dà spazio in sede esecutiva alle opposizioni del conduttore con titolo anteriore al pignoramento (ed allora ciò deve poter valere, sia nella sua regola generale ex art. 2923 commi 1 e 2 c.c., sia nelle sue eccezioni ex art. 2923 commi 3 c.c.). Su questo
considerazioni sia consentito rinviare a Tiscini, Commento agli artt. 3 e 4, in La semplificazione dei riti civili, a cura di Sassani e Tiscini, Roma, 2011, 23 ss.
16 Come conferma Cass. 3-8-2005, n. 16243.
17 L’unica differenza tra l’istruzione sommaria (cautelare) e quella piena (non cautelare) può stare nell’ammissione in quest’ultima di una CTU; il che però, se calato nel contesto delle opposizioni esecutive, sembra contraddire l’esigenza di celerità a cui l’intero processo esecutivo dovrebbe ispirarsi.
schema (inderogabile) a valenza sostanziale non può incidere il dato contingente del processo nel quale i relativi diritti sono fatti valere. In altri termini, non si può concedere ad una parte il potere di dedurre diritti, senza consentire all’altra quello di sollevare eccezioni che la legge sostanziale contestualizza nell’art. 2923 c.c. argomentando tale squilibrio sulla capacità del rito prescelto di accogliere gli uni senza consentire le altre.
Né per sostenere il contrario si può invocare l’esigenza di rendere oggetto di un accertamento “pieno” l’indagine sulla sussistenza dei presupposti del comma 3 art. 2923 c.c. Come si è detto, si tratta di una indagine che può ben seguire le forme della cognizione piena come anche di quella sommaria; indagine in ogni caso niente affatto incompatibile con modelli sommari, pure cautelari18.
In effetti, la possibilità di esaminare (e decidere) solo alcuni elementi della fattispecie, rinviando l’esame ( e la decisione) degli altri (le eccezioni) è meccanismo non nuovo: si tratta della cd. condanna con riserva delle eccezioni che la legge processuale (soprattutto in passato) non ha mancato di proporre19. Il fatto è che l’istituto non può avere diritto di cittadinanza se non in presenza di una espressa previsione di legge. In altri termini, affinchè il giudice possa condannare (rectius, decidere) riservandosi la decisione sulle eccezioni è necessaria una legge che lo abiliti, non potendosi avallare l’idea che al medesimo risultato si giunga in virtù di creazione giurisprudenziale.
4. L’obbligatorietà di una preventiva azione di accertamento negativo.
Ancor meno condivisibile è l’affermazione dell’ordinanza secondo cui spetterebbe all’aggiudicatario “provocare l’accertamento del proprio diritto a non rispettare la locazione che gli è opponibile, prima di intraprendere l’esecuzione per rilascio”. Se comprendiamo bene il senso delle parole, l’aggiudicatario dovrebbe – prima di intraprendere l’esecuzione per consegna – attivare un autonomo processo cognitivo volto all’accertamento della opponibilità della sua aggiudicazione al conduttore con titolo anteriore (in applicazione dell’art. 2923 comma 3 c.c.).
L’aberrazione di tale affermazione è in re ipsa. E’ evidente come non si possa gravare l’aggiudicatario di un bene conseguito in sede esecutiva dell’onere di ottenere un “accertamento”
della opponibilità del suo titolo a quello di un precedente conduttore, non solo perché nessuna legge impone che tale opponibilità sia resa con un “accertamento giudiziale”20, ma anche perché così facendo si graverebbe l’aggiudicatario dell’obbligo di attivare un giudizio di accertamento negativo, in tutto danno della residualità dei casi un cui l’accertamento negativo trova diritto di cittadinanza nel sistema processuale. Non è questa la sede per esaminare funditus il problema dei limiti e della
18 A conferma di quanto asserito nel testo si può invocare (mutatis mutandis) il caso dell’art. 586 c.p.c. stabilisce la norma che, una volta avvenuto il versamento del prezzo, “il giudice dell’esecuzione può sospendere la vendita quando ritiene che il prezzo offerti sia notevolmente inferiore a quello giusto”. Vi è qui una valutazione – discrezionale – compiuta dal giudice in sede esecutiva circa la “giustizia” del prezzo di vendita del bene espropriato, la quale ricorda in qualche modo quella compita dal giudice circa la “giustizia” del prezzo della locazione opposta all’acquirente. Nel caso dell’art. 586 c.p.c., non si richiede certamente (ex lege) un accertamento “pieno”; non si vede perché tale accertamento debba allora imporsi nel caso in esame, in virtù di una interpretazione giurisprudenziale che non esclude il suo contrario.
19 Per rimanere nel contesto codicistico, vd. ad esempio, l’eccezione di compensazione (art. 35 c.p.c.), ordinanza di convalida di sfratto con riserva delle eccezioni (art. 665 c.p.c.).
20 Il che è conclusione a cui si giunge oltre che per quanto detto nei §§ precedenti, ma anche perché, in luogo di qualsiasi accertamento giudiziale, vi può sempre essere il caso dell’adempimento spontaneo (liberazione spontanea dell’immobile).
fattibilità delle azioni di accertamento negativo21. Basti solo ricordare, da un lato, che tali azioni, seppure non escluse, non costituiscono certo la regola, da un altro che anche sotto il profilo della ripartizione degli oneri probatori conserva tuttora una sua dignità il principio negativa non sunt probanda22.
Non si può perciò imporre all’acquirente del bene pignorato l’onere di ottenere (previamente rispetto all’esecuzione) un “accertamento giudiziale” (pienamente cognitivo) di insussistenza del diritto del conduttore ad opporre il proprio titolo anteriore: fin troppo evidenti regole di equilibrio sostanziale (oltre che processuale) tra le parti induce a precludere questa strada.
5. La via (non) esclusiva del giudizio di opposizione all’esecuzione.
Veniamo dunque al punto sub c) § 1. È evidente che un eventuale accertamento circa la sussistenza/insussistenza di diritti del conduttore rispetto all’aggiudicatario del bene locato possa farsi valere in sede di opposizione all’esecuzione. Il fatto è che non può ritenersi questa l’unica via percorribile. Pure essendo questa la sede tipica per accogliere le opposizioni di merito intorno all’esecuzione (tra cui si collocano quelle del conduttore a cui sia stato intimato il rilascio), nulla impedisce di individuare quale strada altrettanto praticabile quella cautelare della sospensione. Si è già detto23 come non via siano impedimenti a che il diritto del conduttore sia accertato in un contesto sommario, anche cautelare, ivi compreso il giudizio di sospensione dell’esecuzione ex art.
624 c.p.c., a prescindere dalla successiva eventuale fase di merito.
A siffatta conclusione conduce in qualche misura il nuovo modo di collocare il procedimento sospensivo nella logica della tutela cautelare a carattere anticipatorio (e dunque a strumentalità attenuata o eventuale che dir si voglia)24. Quale che sia il giusto inquadramento (nell’alternativa tra anticipatorio e conservativo) del provvedimento dell’art. 624 c.p.c., pare indubbio che la successiva istaurazione del giudizio di merito sia oggi più precaria (rectius,
21 Sul tema, vd. per tutti, Sassani, Note sul concetto di interesse ad agire, Rimini, 1983, 104; Id, Impugnazione dell’atto e disciplina del rapporto, Padova, 1989, 160, nt. 9; Proto Pisani, La tutela di mero accertamento, in Le tutele
giurisdizionali dei diritti, Napoli, 2003, 35 ss., spec., 62; Romano, L’azione di accertamento negativo, Napoli, 2006, passim.
22 Principio spesso contraddetto dalla giurisprudenza, ma pur sempre criterio utile per guidare la ripartizione dell’onere della prova.
23 Supra § 3.
24 Questa la qualificazione del giudizio ex art. 624 c.p.c. ritenuta prevalente sia nella sua versione resa all’esito delle riforme del 2005-2006 (sul tema vd. per tutti, Proto Pisani, Novità in tema di opposizioni in sede esecutiva, in FI, 2006, V, 215; Petrillo, Commento all’art. 624, in Commentario alle riforme del processo civile, a cura di Briguglio e Capponi, vol. II, Padova, 2006, 612; Frus, Commento all’art. 624, in Le recenti riforme del processo civile. Commentario, a cura di Chiarloni, Torino, 2007, 1139 ss.), sia alla luce delle più recenti modifiche della l. n. 69/2009 (cfr., Saletti, Commento all’art. 624, in Commentario alla riforma del codice di procedura civile, Milano, 2009, 208; Chizzini, Commento all’art. 624, in La riforma della giustizia civile, Padova, 2009, 186). Sull’art. 624c.p.c. prima e dopo le riforme, vd.
l’esaustiva ricostruzione di Longo, La sospensione nel processo esecutivo, in L’esecuzione forzata riformata, a cura di Miccolis e Perago, Torino, 2009, 643 ss. In effetti, è azzardato e dunque erroneo generalizzare la regola della
anticipatorietà a tutti i provvedimenti sospensivi dell’esecuzione o del processo esecutivo, tenuto conto della pluralità delle fattispecie includibili nella categoria (per una chiara ricostruzione delle plurime problematiche di inquadramento, vd. Capponi, Manuale, cit., 367 ss.). E’ indubbio tuttavia, che per lo meno nelle intenzioni originarie del legislatore delle recenti riforme (intenzioni concretizzate in un dato normativo tutt’altro che trasparente e di univoca
interpretazione) vi fosse quella di affrancare la fase “cautelare” di sospensione dal successivo giudizio di merito, per lo meno quando la sospensione anticipa l’opposizione, favorendo in questo modo la chiusura del processo esecutivo (la sua estinzione) all’esito della sola sospensione, e rendendo meramente eventuale – ad iniziativa dell’interessato – l’istaurazione del giudizio di merito.
eventuale) di un tempo , rilevando essa (in caso di accoglimento dell’istanza di sospensione) non già per evitare la perdita di efficacia della misura sospensiva, bensì per evitare l’estinzione del processo esecutivo (art. 624 comma 3 c.p.c.).
In questo contesto, pare quindi oggi più forte di ieri l’esigenza di rendere autosufficiente il provvedimento sospensivo (come anche qualsiasi altro provvedimento cautelare a contenuto anticipatorio) affrancandolo dal successivo giudizio di merito la cui instaurazione è rimessa all’iniziativa della parte che abbia interesse ad attribuire all’accertamento svoltosi in fase cautelare l’efficacia propria del giudicato (così passando dalla fase “urgente” al merito in qualsiasi contesto cautelare a strumentalità attenuata o eventuale25). Attenuazione della strumentalità significa però anche sgravare della sua funzione primigenia un giudizio di merito (che diventa eventuale, appunto) rispetto alla fase cautelare (a certe condizioni ed in presenza di certi presupposti, capace di essere autosufficiente).
Il ragionamento logico del giudicante nell’ordinanza in esame conduce verso conclusioni opposte (perciò inaccettabili) imponendo il giudizio di merito (l’opposizione) per lo svolgimento di una indagine asseritamente ritenuta incompatibile con la fase cautelare. Un sovvertimento dei più moderni modi di intendere la strumentalità, dunque, in deciso contrasto con i nostri tempi, se non addirittura con il dato positivo del modello processuale costruito intorno all’art. 624 c.p.c.
6. La valutazione sui “gravi motivi” di sospensione.
Da ultimo, contradittorio è il modo di intendere il fumus della sospendibilità, rispetto al ragionamento che conduce il giudicante a negare (in sede cautelare) ogni indagine in punto di fondatezza dei presupposti per l’applicazione dell’art. 2923 comma 3 c.c. Ritiene l’ordinanza sussistenti i “gravi motivi” in presenza dei quali concedere la sospensione dell’esecuzione perché: a) vi sono i presupposti del comma 1 art. 2923 c.c.; b) non si possono accertare quelli del comma 3 art.
2923 c.c. A parte l’evidente squilibrio tra le posizioni delle parti26, la conclusione non convince perché consente al giudice di sospendere l’esecuzione svolgendo quello stesso accertamento sommario negato per consentire l’applicazione del comma 3 art. 2923 c.c. Il giudice della sospensione opera per indagini “sommarie” e sospende l’esecuzione qualora ritenga, in via delibativa, fondata l’opposizione27. Nel caso di specie, il giudicante si rifiuta di indagare sulla sussistenza dei presupposti del comma 3 art. 2923 c.c. – perché necessitanti di un accertamento pieno e perciò rinvia al merito – ma al contempo ritiene di poter svolgere – sommariamente appunto – l’indagine che conduce alla sospensione dell’esecuzione, individuando il fumus di fondatezza dell’opposizione nella sussistenza del contratto di locazione. Anche sotto questo profilo la contraddittorietà del ragionamento è evidente: il giudice sospende perché ritiene sommariamente fondata l’opposizione, e ritiene sommariamente fondata l’opposizione perché non ha strumenti sufficienti per non sospendere.
A parte il fatto che l’indagine sulla sussistenza dei presupposti dell’art. 2923 comma 3 c.c. ci sembra del tutto compatibile con un accertamento sommario (per le ragioni già esposte nei §§
precedenti) a noi sembra che, anche a voler ammettere il contrario, meglio sarebbe stato negare tout
25 Non è questa la sede per ricostruire la logica dei cautelari anticipatori dopo la riforma del 2005. Sul punto ci si limita a rinviare a Tiscini, I provvedimenti decisori senza accertamento, Torni, 2009, 124 ss.
26 Su cui vd. supra § 3.
27 Sui “gravi motivi” di sospensione, vd. Capponi, Manuale, cit., 372.
court la sospensione riconoscendo – più coerentemente – di non poter esaminare in via delibativa e sommaria l’opponibilità del contratto di locazione all’aggiudicatario: con il che si sarebbe rinviata al merito la questione nel suo complesso. In fondo, sarebbe stato molto più logico e coerente con i presupposti del meccanismo sospensivo, negare la sussistenza di “gravi motivi” piuttosto che argomentarne la sussistenza sulla base di una indagine sommaria possibile solo per taluni elementi della fattispecie.