ALLARME POVERTA' / CARITAS
"A rischio le famiglie con tre figli"
E crollano i consumi di pane e pasta
Durissime le conclusioni del dossier: "L'Italia, coscientemente o meno, incoraggia le famiglie a non fare figli. I risultati di una tale politica si vedono:
l'Italia occupa uno degli ultimi posti al mondo per indice di natalità". Inflazione: a settembre +1,7% dei prezzi Commenta
Roma, 15 ottobre 2007 - "Avere tre figli da crescere significa un rischio di povertà pari al 27,8 per cento, e nel Sud questo valore sale al 42,7 per cento". Il dato emerge dal Rapporto Caritas-Zancan sulla povertà in Italia, presentato oggi a Roma.
Secondo il rapporto, «il passaggio da 3 a 4 componenti espone 4 famiglie su 10 alla possibilità di essere povere.
Appartenere a una famiglia composta da 5 o più componenti aumenta il rischio di essere poveri del 135 per cento, rispetto al valore medio dell'Italia. Ogni nuovo figlio, dunque, costituisce per la famiglia, oltre che una speranza di vita, una crescita del rischio di impoverimento. L'Italia, coscientemente o meno, incoraggia le famiglie a non fare figli. I risultati di una tale politica - sottolinea il testo - si vedono: l'Italia occupa uno degli ultimi posti al mondo per indice di natalità.
Per Caritas e Fondazione Zancan occorre "un approccio multidimensionale al problema
povertà, che non tenga conto solo dell'aspetto monetario, ma evidenzia che se la povertà non è aumentata, è cresciuta l'insicurezza delle famiglie italiane per la preoccupazione di non essere in grado di far fronte a eventi negativi come per esempio l'improvvisa malattia, associata a non autosufficienza, di un familiare, o l'instabilità del rapporto di lavoro, o gli oneri finanziari sempre maggiori (ad esempio, mutui a tasso variabile)".
Anche la presenza di un solo anziano nella famiglia, rileva il Rapporto Caritas Zancan,
"aumenta il rischio di povertà: un disagio che si osserva in tutte le ripartizioni territoriali, ma la differenza rispetto alle altre caratteristiche familiari è particolarmente evidente nelle regioni del centro e del nord, che si caratterizzano anche per la maggior presenza di anziani tra la popolazione residente".
"Da un'incidenza media della povertà del 4,5 per cento nel Nord e del 6 per cento nel Centro, si sale rispettivamente al 6,3 per cento e all'8 per cento se nella famiglia è presente almeno un anziano".
"L'elemento di novità emerso dalle diverse inchieste sulla povertà degli ultimi anni - sottolinea il Rapporto - è l'aumento numerico non di famiglie povere, ma di famiglie non computabili come povere solo perchè le loro risorse finanziarie sono appena sopra la linea della povertà, ossia la superano per una somma esigua che va da 10 a 50 euro al mese.
"L'Istat calcola che queste famiglie a rischio di povertà siano oltre 900 mila. Esse arrivano con difficoltà alla fine del mese, e sono costrette a indebitarsi e a ricorrere ai centri
assistenziali, nonostante abbiano un lavoro e un reddito. »Alla fine del 2005 - ricorda il Rapporto - il 14,7 per cento delle famiglie arrivava a fine mese con molte difficoltà e queste difficoltà erano maggiori per: le famiglie con cinque o più componenti (22,5 per cento) e per quelle unipersonali (16,0 per cento); le famiglie monoreddito (18,7 per cento);
le coppie con 3 o più figli (23,5 per cento); le famiglie monogenitoriali (19,4 per cento).
L'incapacità di sostenere una spesa necessaria ma imprevista riguardava il 28,9 per cento delle famiglie italiane e in particolare: le famiglie unipersonali (35,6 per cento), anziani sopratutto, e quelle con cinque e più componenti (33,5 per cento); le famiglie monoreddito (37,8 per cento); le famiglie con 2 minori (32,9 per cento); quelle con un anziano (33,3 per cento)".