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Quartiere Navile: da quartiere operaio integrato al rischio di frammentazione sociale futura

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Academic year: 2022

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Caritas Italiana – La città abbandonata: dove sono e come cambiano le periferie italiane – Il Mulino, Bologna 2007

BOLOGNA

Quartiere Navile: da quartiere operaio integrato al rischio di frammentazione sociale futura

Il Navile accorpa Lame, Bolognina, Corticella, oltre a due zone di nuova costruzione, la Noce e la Dozza. Strettamente legato alla crescita industriale del dopoguerra che rende la fabbrica il cuore della vita economica e sociale, il quartiere vede un tessuto sociale estremamente coeso e integrato, con una fortissima consapevolezza di classe, rafforzata da uno spiccato radicamento territoriale: risorse che consentono l’assorbimento dei progressivi arrivi di manodopera proveniente prima dalle zone agricole della campagna vicina e poi dal Sud. Colpisce la cura che ancora oggi caratterizza sia gli edifici che il verde pubblico, segno evidente di uno spiccato senso di appartenenza collettiva.

Dagli anni ‘80 la terziarizzazione e il decentramento produttivo cambiano la connotazione operaia del quartiere. Oggi il Navile è la zona con la più alta concentrazione di fabbriche dismesse, in qualche caso rimpiazzate da centri commerciali e nuove attività terziarie, che rendono il territorio snodo di collegamento e di passaggio rafforzandone la complessificazione funzionale. Si prevedono imponenti cambiamenti infrastrutturali (la stazione, l’area del vecchio mercato ortofrutticolo, il comparto Bertalia-Lazzaretto) che saranno accompagnati da profonde trasformazioni anche dal lato delle popolazioni.

Almeno quattro strati oggi complessificano il quartiere: gli anziani, difensori (un po’

nostalgici) della cultura locale; l’invisibile generazione di mezzo; la popolazione giovanile che presenta segnali di crisi preoccupanti; gli immigrati (in particolare cinesi, marocchini e rom) che si stanno radicando silenziosamente nel quartiere. È soprattutto il mondo giovanile a denunciare un grande disagio esistenziale: alcool e droga, intere giornate al bar, bassi livelli di scolarizzazione superiore, mancanza di sbocchi lavorativi anche per chi ha una preparazione elevata. Nasce un rapporto complesso verso il quartiere, che diviene insieme, rifugio e prigione, protezione ed ostacolo. Il forte radicamento localistico porta a situazioni di conflitto soprattutto con gli anziani nella definizione degli spazi, come sembrano suggerire alcuni atti di vandalismo. Di fronte agli immigrati, è difficile trovare atteggiamenti di esplicita chiusura, tuttavia essi sono visti come presenze problematiche che rendono sconosciuto il proprio territorio. Il quartiere assiste alla perdita di quell’omogeneità sociale e culturale che è stata per tanti anni il suo punto di forza.

Il futuro inquieta, eppure vi sono ancora tante risorse: la memoria, la socialità, un’identità forte, la consapevolezza di essere un quartiere integrato prima ancora di appartenere alla città, le istituzioni pubbliche che continuano a essere considerate interlocutori importanti per lo sviluppo urbano e sociale, la capacità di auto-organizzazione del sociale e l’associazionismo, le realtà parrocchiali vivaci. Emerge la necessità di acquisire una maggiore consapevolezza delle proprie risorse capace di coinvolgere anche chi sembra rimanere ai margini di tale vitalità territoriale. Per far sì che la conflittualità, la frammentazione e le difficoltà di convivenza di oggi, anziché produrre paure e chiusure a volte violente, vengano convertite in laboratori per nuove soluzioni, è necessario trovare i modi per realizzare una trasmissione di quel patrimonio di saperi relativo al vivere insieme di cui il territorio è ancora gravido.

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