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Carta dei diritti e dei doveri dei detenuti e degli internati

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MINISTERO DELLA GIUSTIZIA

Dipartimento dell’Amministrazione Penitenziaria

Carta

dei Diri!i e dei Doveri dei Detenuti e degli Internati

Decreto del Ministro della Giustizia del 5 dicembre 2012

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Con decreto del Ministro della Giustizia 5 dicembre 2012, è stato stabilito il contenuto della "Carta dei diritti e dei doveri dei detenuti e degli internati" di cui all'art. 69 comma 2 DPR 30 giugno 2000, n. 230 (Regolamento recante norme sull’ordinamento penitenziario e sulle misure privative e limitative della libertà) come modificato dal DPR 5 giugno 2012, n. 136.

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INDICE

Carta dei Diritti e dei Doveri

dei Detenuti e degli Internati . . . PAG. 5 Glossario (Allegato 1) . . . . » 21 Le fonti del diritto penitenziario (Allegato 2) . » 41

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Carta dei diritti e dei doveri dei detenuti e degli internati

La Carta dei diritti e dei doveri dei detenuti e degli internati è prevista dal Regolamento recante norme sull’ordinamento penitenziario e sulle misure privative e limitative della libertà. La Carta è consegnata a ciascun detenuto o internato – nel corso del primo colloquio con il direttore o con un operatore penitenziario all’atto del suo ingresso in istituto – per consentire il migliore esercizio dei suoi diritti ed assicurare la maggiore consapevolezza delle regole che conformano la vita nel contesto carcerario. Al fine di consentire ai familiari di prenderne conoscenza, la Carta è pubblicata sul sito internet http://www.giustizia.it e una copia è a disposizione per la consultazione nella sala colloqui di ogni singolo istituto. Al detenuto, oltre alla Carta, sono consegnati gli estratti della legge 26 luglio 1975, n. 354 (Norme sull’ordinamento penitenziario e sulla esecuzione delle misure privative e limitative della libertà), del decreto del Presidente della Repubblica 30 giugno 2000, n. 230 (Regolamento recante norme sull’ordinamento penitenziario e sulle misure privative e limitative della libertà), del Regolamento interno dell'istituto e delle altre disposizioni, anche sovranazionali, attinenti ai diritti e ai doveri del detenuto e dell’internato, alla disciplina e al trattamento penitenziario, tra cui la Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali. Contestualmente viene indicato al detenuto il luogo ove è possibile consultare i testi integrali delle predette norme.

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Ingresso dalla libertà.

L’ingresso in istituto è curato dal personale di polizia penitenziaria preposto all’Ufficio Matricola. Il detenuto ha il diritto di avvertire i propri familiari, sia in caso di provenienza dalla libertà, sia in caso di trasferimento da altro istituto. Il detenuto ha diritto di nominare uno o due difensori di fiducia (in mancanza, gli viene nominato dal magistrato un difensore di ufficio). Inoltre, salvo che l’autorità giudiziaria ponga al momento dell’arresto un divieto (che non può essere superiore a 5 giorni), il detenuto ha diritto ad avere colloqui con il proprio difensore sin dal momento dell’ingresso e per tutta la permanenza in carcere, negli orari e con le modalità stabilite, facendone richiesta attraverso l’Ufficio Matricola. Il detenuto è sottoposto al prelievo delle impronte digitali e alla perquisizione e deve consegnare denaro, orologio, cintura e oggetti di valore. Deve anche sottoporsi a visita medica e psicologica durante la quale potrà riferire eventuali problemi di salute, dipendenze, intolleranze e necessità di assunzione di farmaci. Egli può chiedere di non convivere con altri detenuti per motivi di tutela della propria incolumità personale.

Vita quotidiana:

Gli istituti penitenziari devono essere dotati di locali per le esigenze di vita individuale e di locali per lo svolgimento delle attività in comune, locali che devono essere di ampiezza sufficiente, areati e riscaldati, e muniti di servizi igienici riservati. Il detenuto ha diritto di ricevere biancheria, vestiario e corredo per il letto; deve averne cura e provvedere alla pulizia della cella e al decoro della sua persona. Gli è assicurata la possibilità di fare la doccia e di fruire di un periodico taglio di barba e

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capelli. Ciascun detenuto o internato ha diritto di permanere all’aperto almeno per due ore al giorno o, in determinati regimi di custodia, per un tempo più breve ma non meno di un'ora. Il detenuto o internato ha diritto a un’alimentazione sana e adeguata alle proprie condizioni. Ha diritto a tre pasti al giorno, somministrati negli orari stabiliti dal regolamento interno di istituto. Ha diritto di avere a disposizione acqua potabile e di utilizzare, nel rispetto delle regole di sicurezza, un fornello personale. È pure consentito l’acquisto, a proprie spese, di generi alimentari e di conforto (cosiddetto

“sopravvitto”) ed è garantito il diritto di ricevere dall’esterno analoghe merci in pacchi, ma entro limiti di peso prefissati. Una rappresentanza dei detenuti controlla sia la preparazione del vitto che i prezzi dei generi venduti in istituto. Sono salvaguardati il diritto alla salute e l’erogazione delle prestazioni di prevenzione, diagnosi, cura e riabilitazione, previste nei livelli essenziali e uniformi di assistenza. I servizi disponibili all’interno di ciascun istituto sono indicati nella Carta dei servizi sanitari per i detenuti e gli internati. È riconosciuto il diritto di praticare il proprio culto, di fruire dell’assistenza spirituale del cappellano cattolico e di partecipare ai riti religiosi nelle cappelle cattoliche o nei locali adibiti ai culti acattolici.

Doveri di comportamento:

Il detenuto deve osservare le norme che regolano la vita dell’istituto e le particolari disposizioni impartite dal personale di polizia penitenziaria. Le infrazioni disciplinari (tra cui la negligenza nella pulizia e nell’ordine, il volontario inadempimento di obblighi lavorativi, il possesso o traffico di oggetti non consentiti, denaro e strumenti atti ad offendere, le comunicazioni

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fraudolente con l’esterno o all’interno, le intimidazioni o sopraffazioni, i ritardi nel rientro e tutti i fatti previsti dalla legge come reato) sono sanzionate – secondo la loro gravità – con il richiamo, l’ammonizione, l’esclusione dalle attività ricreative e sportive (fino a un massimo di dieci giorni), l’isolamento durante la permanenza all’aria aperta (per non più di dieci giorni) e l’esclusione dalle attività in comune (fino a un massimo di quindici giorni).

Il detenuto ha l'obbligo di sottoporsi a perquisizione tutte le volte che sia necessario per motivi di sicurezza. Egli ha diritto a non subire mezzi di coercizione fisica a fini disciplinari (quali l’uso delle manette) e può proporre reclamo al magistrato di sorveglianza in ordine alle condizioni di esercizio del potere disciplinare. Più in generale, egli può proporre reclamo al magistrato di sorveglianza per far valere i diritti riconosciuti dalla legge penitenziaria, e può rivolgersi per ogni tipo di doglianza al direttore dell’istituto, agli ispettori, al Ministro della Giustizia, al magistrato di sorveglianza, alle autorità giudiziarie e sanitarie in visita all’istituto, al Presidente della Giunta regionale e al Capo dello Stato.

Istruzione e attività culturali, sportive e ricreative:

Negli istituti penitenziari si svolgono corsi scolastici a livello di scuola d’obbligo e di scuola secondaria superiore. I detenuti possono ricevere un sussidio giornaliero, nella misura determinata con decreto ministeriale, per la frequenza ai corsi di istruzione secondaria di secondo grado. Ai detenuti che seguono corsi di istruzione secondaria di secondo grado o corsi universitari, e che hanno superato tutti gli esami di ciascun anno, vengono rimborsate, qualora versino in

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disagiate condizioni economiche, le spese sostenute per tasse, contributi scolastici e libri di testo, e viene corrisposto un premio di rendimento. Ai detenuti che si sono distinti per particolare impegno e profitto nei corsi scolastici e di addestramento professionale sono concesse ricompense. È altresì consentita la possibilità di svolgere la preparazione da privatista per il conseguimento del diploma di scuola secondaria superiore e della laurea universitaria. Gli istituti sono forniti di una biblioteca, alla cui gestione collaborano gli stessi detenuti. L’accesso ai locali della biblioteca delle rispettive sezioni avviene in giorni ed orari stabiliti nel regolamento interno di istituto.

Nell’istituto vengono organizzate attività culturali, sportive e ricreative che fanno parte del trattamento rieducativo. La loro organizzazione è curata da una commissione composta dal direttore, da uno o più educatori, da uno o più assistenti sociali e da una rappresentanza di detenuti. Per partecipare ai corsi e alle altre attività è sufficiente una richiesta scritta. Durante la permanenza all’aperto è consentito ai detenuti lo svolgimento di attività sportive.

Lavoro:

Il lavoro è uno degli elementi fondamentali del trattamento carcerario. I detenuti imputati possono partecipare, a loro richiesta, ad attività lavorative, sia all’interno dell’istituto (cuciniere, barbiere, magazziniere…) che all’esterno. Il lavoro all’esterno è una modalità di esecuzione della pena:

per i condannati per reati comuni è applicabile senza alcuna limitazione, per i condannati alla pena della reclusione per delitti particolari è applicabile dopo l'espiazione di 1/3 della pena e per i condannati all’ergastolo è applicabile dopo l’espiazione di almeno 10 anni. Il magistrato di sorveglianza approva il provvedimento del

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direttore dell’istituto e indica le prescrizioni cui attenersi. I condannati e gli internati sottoposti alle misure di sicurezza della colonia agricola e della casa di lavoro hanno l’obbligo di prestare attività lavorativa. La mercede è stabilita in misura non inferiore ai due terzi del trattamento economico previsto dai contratti collettivi di lavoro.

Ricompense:

I detenuti e gli internati che si sono distinti per particolare impegno nel lavoro, nello studio, nell’aiuto prestato agli altri o in atti meritori, sono premiati con l’encomio del direttore o con la proposta – formulata dal consiglio di disciplina – di concessione della grazia, della liberazione condizionale, della revoca anticipata della misura di sicurezza o di altri benefici.

Trasferimenti:

Le istanze di trasferimento devono essere rivolte, tramite il direttore dell’istituto, al Provveditore regionale quando è chiesto il trasferimento in un carcere dello stesso distretto, ovvero al Dipartimento dell’amministrazione penitenziaria del Ministero della giustizia quando si chiede il trasferimento in un carcere fuori dalla circoscrizione. È favorito il criterio di destinare i detenuti ad istituti prossimi alla residenza delle famiglie. I detenuti hanno il diritto a non essere trasferiti d'ufficio se non per gravi e comprovati motivi di sicurezza, per esigenze dell’istituto e per motivi di giustizia.

Peculio e gestione dei rapporti economici con le istituzioni:

È vietato il possesso di denaro; le somme di cui il detenuto dispone al momento dell'ingresso in istituto e

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quelle che successivamente riceve tramite vaglia postale o con deposito in portineria (peculio), sono depositate e possono essere liberamente destinate dal detenuto all’acquisto di prodotti, per la corrispondenza o per comunicazioni telefoniche. Il detenuto è obbligato al pagamento delle spese di mantenimento, comprensive del costo dei pasti e dell’uso del corredo personale fornito dall’amministrazione penitenziaria (materasso, lenzuola, piatti, posate, ecc.). Su istanza del detenuto, il magistrato di sorveglianza può disporre la remissione del debito in caso di difficoltà economiche, se l’interessato ha mantenuto una buona condotta.

Rapporti con la società esterna:

I detenuti e gli internati hanno il diritto di avere colloqui visivi con i familiari o con persone diverse (quando ricorrono ragionevoli motivi), oltre che con il difensore e con il garante dei diritti dei detenuti. Durante il colloquio, che si svolge in appositi locali senza mezzi divisori e sotto il controllo visivo e non auditivo del personale di polizia penitenziaria, il detenuto deve tenere un comportamento corretto; in caso contrario, può essere escluso dai colloqui. Ogni detenuto in regime ordinario ha diritto a sei colloqui al mese, ciascuno per un massimo di un’ora e con non più di 3 persone per volta. Il detenuto ha pure diritto a colloqui telefonici con i familiari e conviventi, e in casi particolari (per accertati motivi) con persone diverse; tali colloqui sono concessi una volta a settimana per la durata massima di 10 minuti ciascuno, nonché al rientro in istituto dal permesso o dalla licenza. Le spese sono a carico del detenuto. Regole più restrittive sono previste per i regimi speciali. La richiesta deve essere indirizzata, per gli imputati, all’Autorità Giudiziaria che procede; per i condannati (anche con sentenza di primo

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grado) e per gli internati, invece, essa va inoltrata al direttore dell’istituto.

La corrispondenza può essere ricevuta in carcere senza limitazioni nel regime ordinario; quella indirizzata dal detenuto a difensori, o a membri del Parlamento, rappresentanze diplomatiche o consolari del paese di appartenenza, organismi di tutela dei diritti umani, non può subire limitazione alcuna. Ogni detenuto può ricevere quattro pacchi mensili non eccedenti i 20 kg, sia in occasione dei colloqui, sia se siano stati spediti per posta qualora nei quindici giorni precedenti egli non abbia fruito di alcun colloquio visivo. È assicurata la relazione dei detenuti con le proprie famiglie. Ai familiari deve essere comunicato il trasferimento ad altra struttura detentiva. Il detenuto ha il diritto di indicare i familiari ai quali vuole sia data tempestiva notizia in caso di decesso o grave infermità, ed in relazione ai quali vuole ricevere le medesime notizie. I detenuti e gli internati hanno il diritto di esercitare il voto in occasione di consultazioni elettorali in un seggio speciale, previa dichiarazione della volontà di esprimerlo, indirizzata entro il terzo giorno antecedente la votazione al Sindaco del luogo ove si trova l’istituto. È consentito usare un apparecchio radio personale, nonché computer e lettori di dvd, per motivi di studio o di lavoro.

Misure premiali:

Permessi: I permessi sono parte integrante del programma di trattamento, perché consentono di coltivare interessi affettivi, culturali e di lavoro. Possono essere concessi dal magistrato di sorveglianza permessi premio ai condannati che non risultino socialmente pericolosi, se hanno tenuto una condotta regolare ed hanno già espiato una parte considerevole della pena. I permessi premio non

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possono avere una durata superiore a 15 giorni e non possono essere concessi per più di 45 giorni complessivi in un anno. Sono stabilite limitazioni ed esclusioni in relazione ai condannati per reati gravi e a coloro i quali sono evasi o hanno avuto la revoca di una misura alternativa. Nel caso di imminente pericolo di vita di un familiare o di un convivente, il giudice che procede o il magistrato di sorveglianza può concedere agli imputati, ai condannati e agli internati il permesso di recarsi a visitare l’infermo. Il detenuto che senza giustificato motivo non rientra in istituto allo scadere del permesso è punito in via disciplinare se l’assenza si protrae per oltre 3 ore e non più di 12; negli altri casi è punibile per il reato di evasione. In caso di diniego del permesso, il detenuto può proporre reclamo entro termini brevissimi.

Liberazione anticipata: Il magistrato di sorveglianza può concedere ai detenuti condannati la liberazione anticipata, che consiste in una riduzione di pena pari a 45 giorni per ogni 6 mesi di pena espiata. Il beneficio della liberazione anticipata compete soltanto a chi ha tenuto una regolare condotta ed ha partecipato alle attività di osservazione e trattamento. È riconosciuto anche per il periodo trascorso in custodia cautelare ed agli arresti domiciliari. Può essere concesso, dietro analoghe condizioni, anche in relazione alla misura dell’affidamento in prova al servizio sociale. Avverso la decisione del magistrato di sorveglianza può essere proposto motivato reclamo al tribunale di sorveglianza entro 10 giorni dalla notifica del rigetto.

Misure alternative alla detenzione:

Affidamento in prova al servizio sociale:

Se la condanna o il residuo della pena è inferiore a tre anni, il detenuto, in base ai risultati dell’osservazione

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della sua personalità, può essere affidato al servizio sociale per il periodo di pena ancora da scontare, durante il quale egli verrà seguito dall’Ufficio esecuzione penale esterna. L’istanza di affidamento è rivolta al magistrato di sorveglianza e la misura può essere concessa dal tribunale di sorveglianza. Lo stesso tribunale di sorveglianza, se accerta l’esito positivo del periodo trascorso in affidamento, dichiara l'estinzione della pena e di ogni altro effetto penale della condanna. La persona tossicodipendente e/o alcooldipendente, con condanna o residuo di pena inferiori a 6 anni (4 anni per reati particolari), che abbia in corso un programma di recupero o che ad esso intenda sottoporsi (d’accordo con il servizio tossicodipendenze della sua AUSL) può beneficiare dell’affidamento “terapeutico”. La misura dell'affidamento non può essere concessa più di due volte.

Detenzione domiciliare:

Il Tribunale di sorveglianza concede la detenzione domiciliare a chi ha compiuto 70 anni, se non è stato dichiarato delinquente abituale, professionale o per tendenza e non è recidivo reiterato. Possono ottenere la stessa misura, per una pena o un residuo di pena inferiore ai quattro anni, la donna in stato di gravidanza, la madre o il padre con prole convivente di età inferiore ai 10 anni, la persona in particolari condizioni di salute o di età anagrafica superiore ai 60 anni (se inabile) o inferiore ai 21 anni; la persona con una pena o residuo di pena inferiore ai due anni.

L’esecuzione presso il domicilio delle pene detentive non superiori a diciotto mesi:

Oltre ai casi anzidetti, la legge prevede che la pena detentiva non superiore a diciotto mesi – anche se parte residua di pena maggiore – sia eseguita presso

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l’abitazione o altro luogo di dimora, salvo che si tratti di soggetti condannati per i reati gravi di cui all’art. 4 bis della legge n. 354/75 (vedi glossario). La madre con prole di età non superiore a 10 anni, qualora abbia espiato un terzo della pena (15 anni se la pena è quella dell’ergastolo), può beneficiare dell'esecuzione presso il domicilio se vi è la possibilità di ripristinare la convivenza con i figli.

Semilibertà:

La semilibertà consente al condannato di trascorrere parte del giorno fuori dell’istituto per partecipare ad attività lavorative, istruttive o comunque utili al reinserimento sociale. È concessa dal tribunale di sorveglianza a chi è:

• sottoposto ad una misura di sicurezza;

• condannato all’arresto o alla reclusione non superiore a 6 mesi;

• condannato ad una pena superiore ai 6 mesi ed abbia scontato metà pena (2/3 per i reati più gravi indicati all’articolo 4 bis, comma 1 O.P.);

• condannato all’ergastolo ed abbia scontato 26 anni di detenzione.

Liberazione condizionale:

La liberazione condizionale può essere concessa a chi ha scontato almeno 30 mesi e comunque almeno metà della pena inflitta, qualora il rimanente della pena non superi i 5 anni (se recidivo almeno 4 anni di pena e non meno di 3/4; se si tratta di condannato all’ergastolo, gli anni scontati devono essere almeno 26). Per ottenere il beneficio bisogna aver tenuto, durante il tempo di esecuzione della pena, un comportamento tale da far ritenere sicuro il ravvedimento. La liberazione è subordinata all’adempimento delle obbligazioni civili derivanti dal reato, salvo che si dimostri l’impossibilità di adempierle.

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Sospensione dell’esecuzione della pena detentiva per tossicodipendenti o alcool dipendenti:

Il tribunale di sorveglianza può sospendere l’esecuzione della pena per cinque anni a colui che deve scontare una pena o un residuo pena non superiore a 6 anni (4 se condannati per reati particolari) per reati commessi in relazione allo stato di tossicodipendenza/alcooldipendenza e si è sottoposto con esito positivo ad un programma terapeutico e socio-riabilitativo presso una struttura pubblica o autorizzata ai sensi di legge.

Regimi di detenzione speciali:

Regime di sorveglianza particolare:

Il regime di sorveglianza particolare può essere disposto dal Dipartimento dell’amministrazione penitenziaria (di propria iniziativa o su segnalazione del direttore o dell’autorità giudiziaria con parere favorevole del consiglio di disciplina) in relazione a reiterati comportamenti offensivi dell’ordine e della sicurezza negli istituti penitenziari. Esso comporta particolari restrizioni che riguardano l’accesso alle attività lavorative e alle attività in comune, la corrispondenza epistolare e telefonica, la detenzione di oggetti normalmente consentiti. Le restrizioni non possono riguardare l'igiene e le esigenze della salute, il vitto, il vestiario ed il corredo, la lettura di libri e periodici, le pratiche di culto, l'uso di apparecchi radio del tipo consentito, la permanenza all'aperto per almeno un’ora al giorno, i colloqui con i difensori nonché quelli con il coniuge, il convivente, i figli, i genitori e i fratelli. Avverso il provvedimento del Dipartimento dell'amministrazione penitenziaria può essere proposto reclamo al Tribunale di Sorveglianza nel termine di dieci giorni.

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Regime dei condannati per particolari delitti:

I detenuti e internati per i gravi delitti elencati nell'art. 4 bis l. 354/1975 (vedi glossario) possono usufruire di non più di quattro colloqui visivi e due colloqui telefonici al mese, e subiscono limitazioni nell’applicazione dei benefici dell’assegnazione al lavoro all’esterno e alle attività culturali e sportive, dei permessi premio e delle misure alternative.

Isolamento continuo:

È ammesso per ragioni sanitarie nei casi di malattia contagiosa; può essere disposto durante l'esecuzione della sanzione della esclusione dalle attività in comune (con divieto di comunicare con gli altri), nonché durante l'istruttoria penale e nel procedimento di prevenzione quando sia ritenuto necessario dall'autorità giudiziaria.

Sono assicurati il vitto ordinario e la normale disponibilità di acqua, nonché i controlli medici. I detenuti in isolamento possono comunque ricevere la visita delle autorità politiche, giudiziarie, amministrative e religiose indicate nell'art. 67 della legge n. 354/75.

Sospensione temporanea delle normali regole di trattamento:

Il Ministro della giustizia, in casi eccezionali di rivolta o di altre gravi situazioni di emergenza, ha facoltà di sospendere nell'istituto interessato o in parte di esso l’applicazione delle normali regole di trattamento dei detenuti e degli internati al fine di ripristinare l'ordine e la sicurezza e per il tempo strettamente necessario a tale fine. Il Ministro della giustizia ha altresì la facoltà di sospendere, in tutto o in parte l’applicazione delle normali regole di trattamento nei confronti dei detenuti o internati per delitti commessi per finalità di terrorismo o di eversione dell'ordine democratico, o per delitti di associazione di tipo mafioso, in relazione ai

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quali vi siano elementi tali da fare ritenere la sussistenza di collegamenti con un'associazione criminale, terroristica o eversiva. La sospensione comporta le restrizioni necessarie ad impedire i contatti con le organizzazioni criminali (un solo colloquio al mese con familiari e conviventi, con controllo auditivo e registrazione – fatta eccezione per i colloqui difensivi;

limitazione di somme e beni ricevuti dall’esterno, esclusione dalle rappresentanze, sottoposizione a visto di censura della corrispondenza, limitazione della permanenza all’aperto); ha durata pari a quattro anni, prorogabile per successivi periodi di due anni. I detenuti sottoposti al regime speciale di detenzione devono essere ristretti all'interno di istituti a loro esclusivamente dedicati o comunque all'interno di sezioni speciali e logisticamente separate dal resto dell'istituto, custoditi da reparti specializzati della polizia penitenziaria. Avverso il provvedimento applicativo può essere proposto reclamo al tribunale di sorveglianza di Roma, nel termine di venti giorni dalla comunicazione. Il detenuto o internato in regime di 41 bis legge n. 354/1975 (vedi glossario) partecipa alle udienze a distanza, con le modalità previste dall’art. 146 bis delle norme di attuazione del c.p.p.

Detenute gestanti, puerpere e madri con prole:

Non può essere disposta né mantenuta la custodia cautelare in carcere nei confronti di donne incinte

o madri con prole di età non superiore ai sei anni, salvo che sussistano esigenze cautelari di eccezionale rilevanza.

L’esecuzione penale è differita nei confronti di donne incinte o madri di infanti inferiori di un anno; può altresì essere differita l’esecuzione penale nei confronti di madri

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con prole di età inferiore ai tre anni; l’esecuzione della sanzione della esclusione dalle attività in comune è sospesa nei confronti delle donne gestanti e delle puerpere fino a sei mesi e delle madri che allattano la propria prole fino a un anno; le condannate e le internate possono essere ammesse alla cura e all'assistenza all'esterno dei figli di età non superiore agli anni dieci; è assicurata alle gestanti e alle madri con bambini assistenza adeguata di medici specialisti, ostetriche e operatori in puericultura e le detenute sono ospitate in luoghi adeguati.

Detenuti stranieri:

I detenuti stranieri hanno il diritto di chiedere che le autorità consolari del loro Paese siano informate dell’arresto, di ricevere l’estratto delle norme nella propria lingua, di effettuare telefonate e colloqui con l’ausilio di un interprete. Hanno il diritto di soddisfare le proprie abitudini alimentari e le loro esigenze di vita religiosa e spirituale. I detenuti stranieri che devono scontare una pena, anche residua, inferiore ai due anni, hanno il diritto di essere espulsi verso il loro Paese di origine. Con la condanna penale può essere applicata la misura di sicurezza dell’espulsione, eseguita dopo aver scontato la pena detentiva. In ogni caso non può essere espulso il detenuto che nel suo paese di provenienza rischia di subire persecuzioni per motivi razziali, politici, religiosi, di sesso, lingua, cittadinanza, ecc. Il detenuto può chiedere il trasferimento nel Paese di cui è cittadino per scontare la condanna (superiore a sei mesi) subita in Italia; la relativa richiesta va presentata al Ministero della Giustizia dell’Italia oppure, se il fatto costituisce reato in entrambi i Paesi, al Ministero della Giustizia dello Stato di cui è cittadino.

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Dimissione:

I detenuti e gli internati ricevono un particolare aiuto nel periodo di tempo che immediatamente precede la loro dimissione dall'istituto, con interventi di servizio sociale e con un programma di trattamento orientato alla soluzione dei problemi specifici connessi alle condizioni di vita a cui dovranno andare incontro. La dimissione ha luogo nel giorno indicato nel relativo provvedimento, a meno che non debba seguire una misura di sicurezza detentiva. All'atto della dimissione vengono consegnati all’interessato il peculio e gli altri oggetti di sua proprietà.

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ALLEGATO 1

Glossario

Amnistia

L’amnistia estingue il reato e fa cessare l’esecuzione della condanna e le pene accessorie relative ai reati per i quali è stata concessa (art. 151 c.p. e 672 c.p.p.). Va distinta dalla grazia e dall'indulto che fanno cessare la pena ma non estinguono il reato.

Appellante

È la persona condannata nel processo di primo grado nei cui confronti pende il procedimento di appello .

Arresti domiciliari

È una misura cautelare personale coercitiva che viene applicata agli indagati o agli imputati nel corso delle indagini preliminari e del procedimento penale. La sua durata massima dipende dalla gravità del reato contestato e dalla fase del procedimento (ar7. 284 e 303 c.p.p.). Gli arresti domiciliari, in quanto sono una misura cautelare, non vanno confusi con la detenzione domiciliare.

Articolo 4 bis legge 26 luglio 1975, n. 354, “Norme sull’ordinamento penitenziario”

Prevede un regime di detenzione speciale che comporta il divieto di concedere determinati benefici (assegnazione al lavoro esterno, i permessi premio e le misure alternative alla detenzione) ai condannati per i seguenti deli7i:

• deli7i commessi per finalità di terrorismo o eversione;

• associazione di tipo mafioso (art. 416 bis c.p.);

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• riduzione in schiavitù e tra7a di persone (art. 600, 601, 602 c.p.);

• sequestro di persona (art. 630 c.p.);

• associazione per delinquere finalizzata al contrabbando di tabacchi (art. 291 quater D.P.R.

43/1973);

• associazione finalizzata al traffico di stupefacenti (art.

74 D.P.R. 309/1990);

• qualsiasi deli7o commesso al fine di agevolare l’a7ività delle associazioni di tipo mafioso, a meno che il condannato abbia collaborato con la giustizia e non vi siano collegamenti con la criminalità organizzata.

Assistente sociale

È un dipendente del Ministero della Giustizia (da non confondere con l'assistente sociale del comune o della ASL), che fa capo agli Uffici esecuzione penale esterna (UEPE). Tiene i conta7i con le famiglie dei detenuti e con gli enti locali, segue le persone in affidamento al servizio sociale e ha un ruolo importante per la concessione e l'esecuzione dei benefici di legge.

Bracciale-o ele-ronico

Nel disporre la misura degli arresti domiciliari il giudice può prescrivere procedure di controllo mediante mezzi ele7ronici se l’imputato acconsente (art. 275 bis c.p.p.). Il consenso all’eventuale utilizzo di queste procedure di controllo viene richiesto al detenuto all’ingresso in carcere (art. 23 R. E.).

Cassa delle Ammende

È un ente con personalità giuridica istituito presso il Dipartimento dell’Amministrazione Penitenziaria che finanzia i programmi di reinserimento in favore di

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detenuti e internati e delle loro famiglie e i proge7i di edilizia penitenziaria finalizzati al miglioramento delle condizioni carcerarie. Fra le entrate che concorrono a costituire il conto patrimoniale della Cassa vi sono i proventi delle manifa7ure carcerarie, le sanzioni pecuniarie e le altre sanzioni connesse al processo.

Condannato (o definitivo)

È l'imputato nei cui confronti è stata pronunciata una sentenza di condanna passata in giudicato.

Cooperative sociali

Società cooperative, regolate dalla legge 381/1991, che gestiscono i servizi socio-sanitari ed educativi e a7ività di vario genere finalizzate all’inserimento nel mercato del lavoro delle persone svantaggiate.

Corte di assise

La Corte di assise giudica i reati per i quali la legge stabilisce la pesa dell'ergastolo o della reclusione non inferiore nel massimo a ventiquattro anni, e tutti gli altri gravi reati indicati nell'art. 5 c.p.p. La Corte di assise è composta da due giudici togati e da sei giudici popolari.

D.A.P. Dipartimento dell'amministrazione penitenziaria È la struttura del Ministero della Giustizia deputata allo svolgimento dei compiti relativi al sistema carcerario.

Detenuto

È il termine generico con il quale si indica una persona ristre7a in un istituto di pena senza specificarne la posizione giuridica.

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Grazia

La grazia condona, in tu7o o in parte, la pena infli7a o la commuta in un’altra pena stabilita dalla legge (art. 174 c.p. e 681 c.p.p.). È un provvedimento di indulgenza a cara7ere individuale, a differenza dell'indulto che è a cara7ere generale. La domanda di grazia, so7oscri7a dal condannato o da un suo congiunto o avvocato, è dire7a al Presidente della Repubblica tramite il Ministro della Giustizia. Se il condannato è detenuto o internato, va presentata al magistrato di sorveglianza che la trasme7e al Ministro della Giustizia con il proprio parere motivato.

Imputato

È la persona indagata nei cui confronti è stato disposto il rinvio a giudizio. (art. 60 c.p.p.).

Indagato

È la persona nei cui confronti si stanno svolgendo le indagini preliminari (art. 347, comma 2, c.p.p.).

Indulto

L’indulto condona, in tu7o o in parte, la pena infli7a o la commuta in un’altra pena stabilita dalla legge (art. 174 c.p. e 672 c.p.p.). Viene applicato dire7amente dal giudice che ha emesso la sentenza di condanna. Nel caso in cui la sentenza preveda l’applicazione di misure di sicurezza, le eventuali modifiche conseguenti all’indulto sono di competenza del magistrato di sorveglianza. È un provvedimento di indulgenza a cara7ere generale, mentre la grazia è a cara7ere individuale.

Internato

È una persona socialmente pericolosa so7oposta a misure di sicurezza all'interno di un istituto penitenziario.

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Istituto penitenziario

Comunemente chiamato carcere, è il luogo chiuso e isolato dalla società, destinato ad accogliere i detenuti. Gli istituti penitenziari fanno capo al Dipartimento dell'amministrazione penitenziaria. Fra gli istituti penitenziari sono comprese:

• la Casa circondariale in cui sono detenute le persone in a7esa di giudizio o quelle condannate a pene inferiori ai cinque anni (o con un residuo di pena inferiore ai cinque anni);

• la Casa di reclusione, che è l'istituto adibito all’espiazione delle pene di maggiore entità;

• l’istituto penale minorile adibito alla detenzione dei minorenni (oltre i 14 anni);

• gli istituti per l'esecuzione delle misure di sicurezza:

Colonie agricole, Case di lavoro, Case di cura e custodia, Ospedali psichiatrici giudiziari (OPG) che saranno sostituiti dalle stru7ure di cui al comma 2 art.

3 ter d.l. 22.12.2011 n. 211 (convertito dalla l. 17.2.2012 n. 9).

Istituto a Custodia A-enuata per il Tra-amento dei Tossicodipendenti (ICATT)

Istituto in cui si provvede alla riabilitazione fisica e psichica dei tossicodipendenti, mediante l'a7uazione di programmi di a7ività ai quali collaborano i servizi pubblici per le tossicodipendenze, il Servizio sanitario regionale, gli enti territoriali, il terzo se7ore, il volontariato e le comunità terapeutiche.

Istituto a Custodia A-enuata per detenute Madri (ICAM)

Compatibilmente con esigenze cautelari non eccezionalmente rilevanti, il giudice può disporre presso

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gli Istituti a custodia a7enuate (I.C.A.M.), la custodia cautelare o l’espiazione della pena per le donne incinte o madri con prole so7o i sei anni, o per il padre qualora la madre sia deceduta od assolutamente impossibilitata ad assisterla.

Istituto Penale Minorile

È un istituto in cui viene a7uata la detenzione dei minorenni (oltre i 14 anni).

Istituti per l'esecuzione delle misure di sicurezza

Gli istituti per l’esecuzione delle misure di sicurezza detentive sono le colonie agricole, le case di lavoro, le case di cura e custodia e gli ospedali psichiatrici giudiziari (art. 62 legge 26 luglio 1975, n. 354, Norme sull'ordinamento penitenziario).

Liberazione anticipata

Al condannato a pena detentiva che abbia dato prova di partecipazione all’opera di rieducazione è concessa una detrazione di quarantacinque giorni per ogni semestre di pena scontata. La liberazione anticipata viene richiesta dal condannato e concessa dal magistrato di sorveglianza.

Nei linguaggio del carcere la concessione della detrazione viene chiamata concessione dei "giorni". Anche gli affidati in prova al servizio sociale (vedi) e gli affidati in casi particolari come la tossicodipendenza (vedi) possono o7enere questo beneficio quando diano prova di un loro concreto recupero sociale.

Ministero della Giustizia

È il Dicastero del Governo italiano che si occupa dell’Amministrazione giudiziaria civile, penale e minorile, di quella penitenziaria e dei magistrati.

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Misure cautelari coercitive personali

Possono essere applicate a indagati o imputati per deli7i la cui pena massima prevista sia superiore ai tre anni di reclusione, e solo se sussistono pericoli di fuga, o di inquinamento delle prove, o di commissione di nuovi deli7i. Le misure cautelari coercitive personali sono:

divieto di espatrio, obbligo di presentarsi alla polizia giudiziaria, allontanamento dalla casa familiare, divieto e obbligo di dimora, arresti domiciliari (vedi), custodia cautelare in carcere o in luogo di cura. Sono regolate dagli ar7. 272-286 c.p.p. e, per quanto riguarda l’esecuzione e la durata dei provvedimenti, dagli ar7. 291-308 c.p.p.

Misure di sicurezza

Sono disciplinate dagli articoli 199 e seguenti del codice penale.

Le misure di sicurezza si applicano:

• alle persone considerate socialmente pericolose;

• in caso di commissione di un reato, o di un reato impossibile ai sensi dell’articolo 49 del codice penale, ovvero in caso di accordo o di istigazione a comme7ere un reato;

• quando si ritiene possano comme7ere nuovi fa7i previsti dalla legge come reato.

Tali misure sono ordinate dal giudice nella sentenza di condanna. Hanno una funzione non solo di contenimento della pericolosità sociale, ma anche rieducativa, vale a dire tendono a favorire il reinserimento dell’individuo nel contesto sociale. Hanno una durata indeterminata: la legge fissa il termine minimo di durata e spe7a poi al giudice valutare, alla scadenza del periodo, se la persona è ancora socialmente pericolosa. Le misure di sicurezza sono personali quando limitano la libertà individuale (detentive e non detentive), sono patrimoniali quando

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incidono soltanto sul patrimonio del sogge7o (cauzione di buona condo7a e confisca).

Le misure di sicurezza detentive sono:

• l'assegnazione a una colonia agricola o casa di lavoro (per i delinquenti abituali, professionali o per tendenza);

• il ricovero in una casa di cura e custodia (per i condannati a pena diminuita per infermità psichica o per intossicazione cronica da alcool e sostanze stupefacenti);

• il ricovero in ospedale psichiatrico giudiziario (per gli imputati prosciolti per i motivi di cui sopra; non è applicabile ai minorenni);

• il ricovero in riformatorio giudiziario per i minori.

Le misure di sicurezza non detentive sono:

• la libertà vigilata (che implica l’obbligo di avere una stabile a7ività lavorativa o di cercarsene una, obbligo di ritirarsi a casa entro una certa ora);

• il divieto di soggiorno (in uno o più comuni ovvero in una o più province);

• il divieto di frequentare osterie e pubblici spacci di bevande alcooliche;

• l'espulsione dello straniero dallo Stato (vedi).

Il magistrato di sorveglianza sovraintende all’esecuzione delle misure di sicurezza personali; accerta se l’interessato sia persona socialmente pericolosa; eme7e o revoca le dichiarazioni di tendenza a delinquere e di abitualità o professionalità nel reato. Contro tali provvedimenti possono proporre appello al Tribunale di sorveglianza il pubblico ministero, l’interessato o il difensore (ar7. 679 e 680 codice procedura penale).

Notificazione

È l'a7ività con la quale l'ufficiale giudiziario o altra persona indicata dalla legge (come la polizia giudiziaria),

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porta formalmente un a7o a conoscenza del destinatario, a7raverso la consegna di una copia conforme all'originale. Il destinatario, ricevuto l’a7o, ne deve firmare una copia per ricevuta (“relata di notifica”) che l’ufficiale giudiziario invierà all’autorità che l’ha emesso.

Patrocinio a spese dello Stato (“gratuito patrocinio”) Consiste nel riconoscimento dell'assistenza legale gratuita in favore dei non abbienti per agire e difendersi davanti al giudice penale nel giudizio e anche nei procedimenti di sorveglianza.

Pena pecuniaria

È una delle due tipologie di pena che vengono infli7e dal giudice penale al condannato (l'altra è la pena detentiva).

Si distingue in multa, applicata per i deli7i, e in ammenda, applicata per le contravvenzioni. È anche una delle sanzioni sostitutive (vedi) di pene detentive brevi previste dalla legge 24 novembre 1981, n. 689

“Depenalizzazione e modifiche al sistema penale” (ar7.

53 e seguenti). La pena pecuniaria può essere rateizzata o convertita in pena detentiva.

Pericolosità sociale

È socialmente pericolosa la persona che ha commesso reati, qualora sia probabile che ne comme7a nuovamente (art. 203 c.p.).

Permesso di soggiorno

È l’autorizzazione amministrativa rilasciata al ci7adino straniero al quale lo Stato italiano perme7e di soggiornare in Italia. La richiesta del permesso deve essere presentata entro o7o giorni lavorativi dall’ingresso nel territorio italiano allo Sportello Unico per

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l’Immigrazione nel caso sia stato già rilasciato il nulla osta per ricongiungimento familiare o lavoro, altrimenti alla Questura.

Perquisizione personale

I detenuti possono essere so7oposti a perquisizione per motivi di sicurezza nel pieno rispe7o della loro persona.

(Art. 34 OP e art. 74 Reg) Pubblico ministero

È il magistrato che acquisisce la notizia di reato, esercita l’azione penale, rappresenta l’accusa nei procedimenti penali e promuove la fase di esecuzione delle pene.

Recidiva

La recidiva è la condizione personale di chi, dopo essere stato condannato per un deli7o con sentenza passata in giudicato, ne comme7e un altro (art. 99 c.p.). Costituisce uno dei c.d. effe7i penali della condanna e va inquadrata tra le circostanze inerenti alla persona del colpevole. La recidiva comporta la possibilità di un aumento di pena.

Reclusione

La reclusione è la pena infli7a al condannato per i deli7i.

Si estende da 15 giorni a 24 anni ed è scontata in uno stabilimento penitenziario. La pena della reclusione può essere convertita, quando ne ricorrono i presupposti, in pena pecuniaria.

Rateizzazione della pena pecuniaria

Nel caso di condanna a pena pecuniaria o di conversione della pena della reclusione in pena pecuniaria, qualora si presentino situazioni di insolvenza a causa dell’impossibilità temporanea di

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effettuare il pagamento, il condannato può chiedere il differimento o la rateizzazione del pagamento (art. 660, 3°c, c.p.p.). Il magistrato di sorveglianza, valutate le condizioni economiche del condannato, può disporre che la pena pecuniaria sia pagata in non più di trenta rate mensili (art. 133 ter c.p.). La pena pecuniaria può essere convertita in libertà controllata o in lavoro sostitutivo.

Riabilitazione

È un beneficio di legge (artt. 178 e seguenti c.p. e art. 683 c.p.p.) che cancella completamente gli effetti di una condanna penale. La riabilitazione è concessa dopo che sono decorsi almeno tre anni dal giorno in cui la pena è stata scontata (in carcere, o in misura alternativa, o estinta per indulto o altri benefici). Devono decorrere almeno otto anni nel caso di recidiva (art. 99 c.p.) e dieci anni nel caso in cui il condannato sia stato dichiarato delinquente abituale, professionale o per tendenza. Per ottenere la riabilitazione è necessario che il condannato, se è stato sottoposto a misura di sicurezza, ne abbia ottenuto la revoca, e che abbia adempiuto alle obbligazioni civili derivanti dal reato, cioè abbia risarcito il danno provocato. Per ottenere la riabilitazione è necessario aver mantenuto una buona condotta per tutto il periodo considerato, non solo evitando di compiere reati ma anche osservando un comportamento corretto e responsabile. L’istanza di riabilitazione va presentata al Tribunale di sorveglianza, che decide collegialmente.

Ricorrente

È l'imputato condannato che ha proposto ricorso davanti alla Corte di Cassazione.

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Ricorso per cassazione

L'imputato e il Pubblico Ministero possono ricorrere alla Corte di Cassazione contro la sentenza di appello o contro la sentenza inappellabile di non luogo a procedere (art. 607 c.p.p). Il pubblico ministero, l’interessato e, in determinati casi, l’amministrazione penitenziaria, possono ricorrere per cassazione contro le ordinanze del Tribunale di sorveglianza (art. 71 ter della legge 26 luglio 1975, n. 354, “Norme sull’ordinamento penitenziario”). I motivi per i quali si può presentare ricorso sono stabiliti dall’art. 606 c.p.p. e riguardano principalmente, nel caso del Tribunale di sorveglianza, vizi di legi7imità e vizi di motivazione nell’ordinanza.

Rinvio facoltativo dell’esecuzione della pena

L’esecuzione di una pena può essere rinviata (art. 147 c.p.

e art. 684 c.p.p) nel caso in cui:

• sia stata presentata domanda di grazia;

• la persona condannata a pena restri7iva della liberà personale sia in condizioni di grave infermità fisica;

• la persona condannata a pena restri7iva della liberà personale sia madre di un figlio di età inferiore a tre anni.

Rinvio obbligatorio dell’esecuzione della pena

L’esecuzione delle pene detentive, della semidetenzione e della libertà controllata deve essere rinviata (art. 146 c.p. e art. 684 c.p.p) nel caso in cui il condannato sia:

• donna incinta;

• madre di figli di età inferiore a un anno;

• persona affe7a da Aids o da altra mala7ia particolarmente grave, non compatibile con lo stato di detenzione in carcere, sempreché ricorra il requisito della “non rispondenza alle cure”.

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Sogge-i che operano all’interno dell’istituto penitenziario con i quali ogni detenuto può chiedere di conferire:

• il dire7ore e i vicedire7ori dell'istituto penitenziario, i quali hanno la responsabilità dell’indirizzo e della corre7a gestione detentiva.

• il comandante, gli ispe7ori, i sovrintendenti, gli assistenti e gli agenti della polizia penitenziaria i quali garantiscono l’ordine e tutelano la sicurezza all’interno dell’istituto, partecipano alle a7ività di osservazione e di tra7amento rieducativo ed espletano il servizio di traduzione;

• il personale di polizia penitenziaria preposto all’ufficio matricola, che sovrintende alle operazioni di immatricolazione e scarcerazione dei detenuti, organizza la partecipazione alle udienze, agli interrogatori, ai colloqui con i difensori e con gli investigatori e riceve le richieste (“domandine”) del detenuto rivolte al Dire7ore dell’istituto;

• il responsabile dell’area educativa e gli educatori i quali predispongono, organizzano, coordinano le a7ività interne inerenti la scuola, il lavoro e le iniziative culturali, ricreative e sportive. Fanno parte dell’équipe di osservazione e tra7amento.

• gli operatori del Ser.T. i quali svolgono a7ività per l'assistenza dei detenuti che presentano problematiche di tossicodipendenza e alcooldipendenza;

• gli assistenti sociali i quali nell’ambito dell’Ufficio di Esecuzione Penale Esterna partecipano all’a7ività di osservazione e tra7amento occupandosi del rapporto tra il detenuto e l’ambiente esterno anche in previsione di ammissione a benefici di legge (misure alternative) o dimissione dal carcere, svolgendo altresì azioni a favore delle famiglie dei detenuti;

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• gli assistenti volontari i quali partecipano alle a7ività tra7amentali anche in forme organizzate ed associate

• il cappellano ed i ministri di culto;

• lo psicologo, lo psichiatra, il responsabile dell’area sanitaria, i medici e gli infermieri;

• il responsabile dell’area amministrativo-contabile e i contabili.

Sogge-i che operano all’esterno dell’istituto ai quali il detenuto può rivolgersi:

• il provveditore regionale dell’Amministrazione penitenziaria il quale programma le a7ività tra7amentali, coordina le a7ività in materia di lavoro e addestramento professionale, le a7ività scolastiche, sportive e culturali ed è competente tra l’altro in ordine alle assegnazioni e trasferimenti nell’ambito della circoscrizione;

• l’Autorità Giudiziaria che procede;

• il magistrato di sorveglianza che vigila sulla organizzazione degli istituti di prevenzione e pena e, in particolare, ha la competenza a decidere sulle istanze dei detenuti volte all’o7enimento delle misure alternative e sui reclami presentati dagli stessi avverso provvedimenti dell'amministrazione penitenziaria, sulle richieste di permessi o licenze presentate dai detenuti e per l’applicazione e revoca delle misure di sicurezza;

• la Corte Europea dei diri7i dell’uomo alla quale ci si può rivolgere soltanto dopo che siano esauriti tu7i i rimedi giurisdizionali davanti ai giudici nazionali (entro sei mesi dal passaggio in giudicato della sentenza), quando si ritengono violate le norme della Convenzione Europea dei Diri7i dell’uomo del 4.11.1950;

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• il Presidente della Repubblica al quale può anche essere dire7a la richiesta di grazia o di commutazione della pena. La domanda del provvedimento di clemenza deve essere presentata al Ministro della Giustizia tramite il magistrato di sorveglianza.

• il Garante dei diri7i delle persone private della libertà personale, ove sia istituito nell'ambito territoriale dell’istituto penitenziario; il Garante svolge a7ività di sensibilizzazione pubblica sul tema dei diri7i umani e sulla finalità rieducativa della pena.

Sopravvi-o

Generi alimentari che i detenuti possono acquistare a proprie spese entro limiti fissati.

Sospensione condizionale della pena

Se il giudice eme7e una condanna alla reclusione o all'arresto per un tempo non superiore a due anni può sospenderne l’esecuzione. Se per cinque anni (o due in caso di contravvenzione) il condannato non comme7erà altri reati, obbedirà agli obblighi impostigli e non riporterà altre condanne, il reato viene dichiarato estinto.

In caso contrario la sospensione verrà revocata e la condanna dovrà essere eseguita. Se il condannato ha meno di 18 anni, la sospensione condizionale può essere concessa anche in caso di pene fino a tre anni di arresto o di reclusione. Se ha tra i 18 e i 21 anni, o ne ha più di 70, la pena detentiva che può essere sospesa non deve superare i due anni e sei mesi. La sospensione condizionale della pena può essere concessa se il giudice presume che il colpevole non comme7erà ulteriori reati, se non vi sono precedenti condanne a pene detentive e se non sono state infli7e misure di sicurezza personale per pericolosità sociale del condannato. La sospensione

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condizionale è regolata dagli articoli 163-168 del codice penale.

Spese di giustizia

Sono le spese per il processo e per il mantenimento in carcere, che vengono addebitate all'imputato nella sentenza di condanna. Possono essere rimesse (cioè eliminate) se il condannato si trova in condizioni economiche disagevoli e ha mantenuto una condo7a corre7a.

Tra-amento

Nei confronti dei condannati e internati deve essere a7uato un tra7amento rieducativo che tenda al loro reinserimento sociale. Il tra7amento è a7uato secondo un criterio di individualizzazione in rapporto alle specifiche condizioni dei sogge7i, deve essere conforme ad umanità e deve assicurare il rispe7o della dignità della persona. Il tra7amento è svolto avvalendosi principalmente dell'istruzione, del lavoro, della religione, delle a7ività culturali, ricreative e sportive e agevolando opportuni conta7i con il mondo esterno ed i rapporti con la famiglia.

Tribunale di sorveglianza

Il Tribunale di sorveglianza ha competenza territoriale nel distre7o della Corte d’Appello. È organo collegiale specializzato, composto da magistrati ordinari e da esperti in psicologia, servizio sociale, pedagogia, psichiatria e criminologia clinica, nonché docenti di scienze criminalistiche. I provvedimenti del Tribunale di sorveglianza sono ado7ati da un collegio formato da qua7ro persone: il presidente, un magistrato di sorveglianza e due esperti. Il Tribunale di sorveglianza

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decide sia come giudice di primo grado sia come giudice di appello. In primo grado delibera sulla concessione o la revoca dell’affidamento in prova al servizio sociale, della detenzione domiciliare, della semilibertà, della liberazione condizionale; sul rinvio obbligatorio o facoltativo dell’esecuzione delle pene detentive; sulle richieste di riabilitazione. In secondo grado, come giudice di appello, il Tribunale decide sulle impugnazioni presentate contro le sentenze di proscioglimento con contestuale applicazione di misure di sicurezza emesse dai tribunali penali ordinari e contro le ordinanze risultate da udienze dei magistrati di sorveglianza.

Decide inoltre in sede di reclamo nei confronti dei provvedimenti ado7ati dai magistrati di sorveglianza in tema di permessi, liberazione anticipata, espulsione dallo Stato, e nei confronti di alcuni provvedimenti emessi dall’amministrazione penitenziaria. Il Tribunale di Sorveglianza di Roma ha competenza a decidere in ordine ai reclami avverso il provvedimento di applicazione del regime di cui all’art. 41 bis comma 2 legge n. 354 del 1975. Avverso le ordinanze del Tribunale di sorveglianza può essere proposto ricorso per cassazione.

Tribunale penale

Il Tribunale penale in composizione collegiale (tre giudici) giudica i reati gravi indicati nell'art. 33 bis c.p.; in composizione monocratica (un unico giudice) giudica i reati meno gravi non previsti dall'art. 33 bis c.p.

Ufficio di esecuzione penale esterna (Uepe)

L’UEPE (istituito con la legge di riforma penitenziaria n.

354 del 1975, è un ufficio periferico del Ministero della Giustizia, Dipartimento Amministrazione Penitenziaria.

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Svolge le indagini di servizio sociale richieste dal Tribunale di Sorveglianza per conoscere la realtà personale, familiare, lavorativa delle persone so7oposte ad una condanna o a misure di sicurezza, anche al fine di decidere sull’applicazione delle misure alternative alla detenzione, o sulle misure restri7ive della libertà, o sul programma di tra7amento.

Ufficio di sorveglianza

L’Ufficio di sorveglianza ha competenza territoriale pluricircoscrizionale. La circoscrizione indica l’area territoriale di competenza del tribunale ordinario.

L’Ufficio di sorveglianza è composto da uno o più magistrati. A ciascun magistrato vengono assegnati gli istituti di pena e i condannati di cui occuparsi. L’Ufficio di sorveglianza è un organo monocratico. Il magistrato di sorveglianza ha il compito di vigilare sull’organizzazione degli istituti di prevenzione e pena. Al magistrato di sorveglianza spe7ano l’approvazione del programma di tra7amento rieducativo individualizzato per ogni singolo detenuto (che l’amministrazione del carcere è tenuta per legge a redigere), la concessione dei permessi, l’ammissione al lavoro all’esterno, l’autorizzazione a effe7uare visite specialistiche, ricoveri ospedalieri o ricoveri per infermità psichica, la decisione sulla liberazione anticipata e sulla remissione del debito dovuto per spese processuali penali o di mantenimento in carcere. La legge pone al magistrato di sorveglianza l’obbligo di recarsi frequentemente in carcere e di sentire tu7i i detenuti che chiedono di parlargli, e gli a7ribuisce il compito di valutare i reclami presentati dai detenuti per provvedimenti disciplinari disposti dall’amministrazione penitenziaria o per altri motivi. Egli autorizza i colloqui telefonici dei detenuti e l’eventuale controllo della

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