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Incarichi a dipendenti pubblici: nessuna sanzione all impresa per l omessa comunicazione del compenso

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Conferimento di incarichi

Incarichi a dipendenti pubblici:

nessuna sanzione all’impresa

per l’omessa comunicazione del compenso

di Federico Gavioli - Dottore commercialista, Revisore legale dei conti e Gior- nalista pubblicista

Il conferimento di un incarico ad un dipendente pubblico e l’omessa comunicazione alla Pubbli- ca Amministrazione da parte del soggetto che gli ha conferito l’incarico del pagamento della prestazione ricevuta entro quindici giorni, non comporterà più l’applicazione di una sanzione pa- ri al doppio del compenso stesso; la norma che prevede questa penalità è stata dichiarata illegit- tima dalla Corte costituzionale con la sentenza n. 98/2015.

La Corte costituzionale con la sentenza n. 98, de- positata il 5 giugno 2015, ha dichiarato illegittima la norma la quale prevede che l’impresa o un sog- getto terzo, che conferisce un incarico a un dipen- dente pubblico e non comunica alla Pubblica Am- ministrazione di appartenenza del dipendente il compenso erogato entro quindici giorni è sanziona- to; per effetto di tale sentenza il soggetto terzo non dovrà più pagare la “pesante” sanzione prevista, commisurata nel doppio del compenso erogato al dipendente pubblico.

Cosa prevede la norma vigente in materia di incarichi a dipendenti pubblici

Com'è noto, negli ultimi anni, il legislatore si è molto impegnato nell'incentivare l'adozione di for- me flessibili nel pubblico impiego, non solo per al- lineare l'Italia ai livelli degli altri Paesi dell'Unione europea, ma anche per cercare di arginare il feno- meno del cosiddetto "doppio lavoro" e di ottenere un significativo risparmio di spesa, senza mutare, anzi migliorando, la produttività dell'intero sistema pubblico attraverso una corretta razionalizzazione delle risorse a disposizione. Per fare ciò è stato isti- tuito un regime giuridico delle incompatibilità at- traverso la definizione dell'art. 58, del D.Lgs. 3 feb- braio 1993, n. 29 (ora trasfuso nel testo unico del 30 marzo 2001, n. 165).

La problematica oggetto del presente lavoro verte proprio sul citato regime delle incompatibilità al quale sono assoggettati i dipendenti pubblici e le conseguenze;

a) del conferimento di un incarico senza la neces- saria autorizzazione;

b) dell’omessa comunicazione del compenso, da parte del soggetto terzo, entro quindici giorni al- l’ente di appartenenza del dipendente pubblico.

La normativa sul pubblico impiego prevede il do- vere di "esclusività" del dipendente pubblico, il quale è obbligato a riservare all'ufficio di apparte- nenza tutte le sue energie lavorative, con espresso divieto, salve limitate tassative eccezioni, di svol- gere attività imprenditoriale, professionale o di la- voro autonomo, nonché di instaurare rapporti di lavoro alle dipendenze di terzi o accettare cariche o incarichi in società o enti che abbiano fini di lu- cro.

L’art. 53, del D.Lgs n. 165/2001, costituisce oggi l’attuazione di fondamentali principi costituzionali e si applica a tutti i pubblici dipendenti. La norma è, infatti, volta ad attuare e garantire l’imparzialità, l’efficienza e il buon andamento dell’Amministra- zione, oltre a costituire un’espressione del principio di esclusività del rapporto di lavoro pubblico.

La materia è stata di recente novellata in esito alla Legge 6 novembre 2012, n. 190 per la prevenzione e la repressione della corruzione nella Pubblica

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Amministrazione e arricchita con il D.Lgs, n.

39/2013 in tema d’incompatibilità e inconferibilità degli incarichi, oltre che dal D.P.R. n. 62/2013, re- cante il nuovo Codice di Condotta del pubblico dipendente.

L’incompatibilità generale e assoluta del dipendente pubblico

Occorre preliminarmente evidenziare che il rap- porto di lavoro subordinato intercorrente con l’en- te pubblico è esclusivo. In generale sono incompa- tibili con il rapporto di lavoro presso la Pubblica Amministrazione:

- le attività non conciliabili con l’osservanza dei doveri d’ufficio ovvero che ne pregiudichino l’im- parzialità e il buon andamento;

- le attività che concretizzino occasioni di conflitto di interessi con la Pubblica Amministrazione;

- gli incarichi che, per l'impegno richiesto o le mo- dalità di svolgimento, non consentano un tempe- stivo, puntuale e regolare svolgimento dei compiti d'ufficio;

- le attività che arrechino danno o diminuzione al- l'azione e al prestigio della Pubblica Amministra- zione.

Nello specifico sono incompatibili, fermo restando che per avere un quadro esaustivo, bisogna entrare nel merito di ogni singolo regolamento adottato dall’ente pubblico di appartenenza del dipendente pubblico:

a) l’assunzione alle dipendenze di privati o di pub- bliche amministrazioni;

b) le consulenze o collaborazioni che consistano in prestazioni comunque riconducibili ad attività libe- ro professionali;

d) l’esercizio di attività prive delle caratteristiche della saltuarietà e occasionalità;

e) l’accettazione di cariche nei consigli di ammini- strazione o nei collegi sindacali di società costituite a fine di lucro;

f) gli incarichi affidati da soggetti che abbiano in corso, con l’Amministrazione, contenziosi o proce- dimenti volti a ottenere o che abbiano già ottenu- to l’attribuzione di autorizzazioni, concessioni, li- cenze, abilitazioni, nulla osta, o altri atti di consen- so da parte dell’Amministrazione stessa;

g) gli incarichi attribuiti da soggetti privati fornito- ri di beni e servizi alla Pubblica Amministrazione o da soggetti nei confronti dei quali il dipendente o la struttura di assegnazione del medesimo, svolga attività di controllo, di vigilanza e ogni altro tipo

di attività ove esista un interesse da parte dei sog- getti conferenti;

h) le attività professionali per il cui esercizio è ne- cessaria l’iscrizione in appositi albi o registri, fatto salvo quanto previsto dalla disciplina in materia di part-time;

i) le attività industriali, artigianali e commerciali svolte in forma imprenditoriale ai sensi dell’art.

2082 del Codice civile, ovvero in qualità di socio unico di una s.r.l., di società in nome collettivo, nonché di socio accomandatario nelle società in accomandita semplice e per azioni, fatto salvo quanto previsto dalla disciplina in materia di part- time. Il divieto non riguarda l’esercizio dell’attività agricola quando la stessa non sia svolta in qualità di coltivatore diretto o di imprenditore agricolo a titolo principale;

l) la titolarità o compartecipazione delle quote di imprese, qualora le stesse possano configurare con- flitto di interesse con la Pubblica Amministrazione.

Tali divieti valgono anche durante i periodi di aspettativa a qualsiasi tipo concessi al dipendente, fatti salvi i casi espressamente previsti dalla norma- tiva.

Le attività compatibili con il rapporto di lavoro a tempo parziale

Il dipendente pubblico con rapporto di lavoro a tempo parziale con prestazione lavorativa non su- periore al 50% di quella a tempo pieno, può svol- gere una seconda attività di lavoro subordinato o autonomo che non comporti un conflitto di inte- ressi con la specifica attività di servizio svolta e che non intercorra, se subordinata, con un’ altra Pubblica Amministrazione. Tale riduzione dell’ora- rio consente anche l’iscrizione ad albi professionali;

su questo punto, però, occorre entrare nello specifi- co del rapporto di lavoro tra dipendente pubblico e amministrazione di appartenenza.

In sostanza, per esempio, ad un medico dipendente di una azienda sanitaria a tempo pieno non può es- sere vietata l’iscrizione all’Ordine dei medici chi- rurghi.

In ogni caso l’attività prestata presso un altro dato- re di lavoro non deve comportare un orario setti- manale che, sommato a quello svolto presso l’ente pubblico, superi i limiti stabiliti dalla legge.

Qualora l’avvio di un’ulteriore attività lavorativa avvenga successivamente alla trasformazione del rapporto, il dipendente è tenuto a darne tempesti- va comunicazione all’Azienda, comunque entro il termine di quindici giorni, al fine di consentire al-

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l’Amministrazione di effettuare le necessarie verifi- che in merito alla compatibilità.

Nel caso in cui l’ulteriore attività subordinata o autonoma interferisca con quella ordinaria relativa al rapporto con l’ente pubblico di appartenenza o comporti un conflitto di interessi con la specifica attività di servizio svolta dal dipendente ovvero l’attività di lavoro subordinato debba intercorrere con un’altra Pubblica Amministrazione, l’Azienda nega la trasformazione.

La valutazione del conflitto di interessi avviene non solo all’atto della richiesta di trasformazione del rapporto, ma può verificarsi in qualsiasi mo- mento. Nel caso sia accertato un conflitto di inte- ressi, l’Azienda invita l’interessato a porre termine all’attività conflittuale entro quindici giorni dalla comunicazione. In caso d’inadempimento si proce- de disciplinarmente ai sensi della vigente normati- va.

Incarichi che non necessitano di autorizzazione

Non sono soggetti ad autorizzazione, ma all'obbligo della comunicazione preventiva:

1) tutti gli incarichi svolti a titolo gratuito, confe- riti mediante atto o provvedimento da associazioni di volontariato, cooperative sociali, organizzazioni non governative o altri enti e istituzioni senza sco- po di lucro, nonché gli incarichi conferiti, sempre a titolo gratuito, aventi ad oggetto attività sportive ed artistiche.

2) i seguenti incarichi da chiunque conferiti, an- corché retribuiti, previsti dall'art. 53, comma 6, D.Lgs. n. 165/2001:

a) collaborazione a giornali, riviste, enciclopedie e simili;

b) utilizzazione economica da parte dell'autore o inventore di opere dell'ingegno e di invenzioni in- dustriali, nel rispetto della D.Lgs n. 30/2005, Codi- ce della proprietà industriale;

c) partecipazione a convegni e seminari;

d) incarichi per i quali è corrisposto solo il rimbor- so delle spese documentate;

e) incarichi per lo svolgimento dei quali il dipen- dente è posto in posizione di aspettativa, di co- mando o fuori ruolo;

f) incarichi conferiti dalle organizzazioni sindacali a dipendenti presso le stesse, in posizione di co- mando o in aspettativa non retribuita;

g) incarichi per attività di formazione diretta ai di- pendenti della PA, nonché di docenza e di ricerca scientifica.

Va rilevato che, in materia di autorizzazione pre- ventiva per questa particolare tipologia di incari- chi, non c’è un orientamento consolidato nella dottrina dominante; occorre verificare a tal propo- sito gli eventuali regolamenti che ogni Pubblica Amministrazione ha adottato in materia di conferi- mento di incarichi extraistituzionali.

La comunicazione preventiva deve contenere i se- guenti elementi:

a) i dati anagrafici del dipendente che intende svolgere l'incarico;

b) il soggetto pubblico o privato che intende con- ferire l'incarico;

c) l’oggetto dell’incarico conferito, la tipologia, l’entità dell’impegno, l’importo dell’eventuale cor- rispettivo;

d) il luogo dove si svolgerà l’incarico;

e) la data d’inizio e di fine dell’incarico;

f) l’indicazione dettagliata dell’eventuale rimborso spese.

Nella comunicazione, redatta mediante utilizzo dell’apposita modulistica che la Pubblica Ammini- strazione avrà sicuramente redatto con il regola- mento di approvazione delle attività extraistituzio- nali, l’interessato deve altresì sottoscrivere apposita dichiarazione resa ex D.P.R. n. 445/2000, in ordine alla sussistenza dei requisiti che ne consentono lo svolgimento. La comunicazione priva dei richiama- ti requisiti essenziali è nulla con tutte le conse- guenze in caso di esercizio dell’incarico.

Attività esercitabili previa autorizzazione Il dipendente pubblico può essere autorizzato a svolgere, al di fuori dell’orario di servizio, incarichi retribuiti che abbiano carattere di temporaneità, saltuarietà e occasionalità, a favore di soggetti terzi, sia pubblici sia privati, sempre che non sussistano cause di incompatibilità di diritto e/o di fatto.

Per quanto sopra il dipendente pubblico può essere autorizzato (si precisa che l’elenco non è esausti- vo):

a) a partecipare, quale componente, a commissioni di concorso o ad altre commissioni presso Enti an- che esterni alla Pubblica Amministrazione di ap- partenenza, in qualità di membro sorteggiato, di esperto ovvero in ragione della specifica professio- nalità posseduta;

b) a svolgere attività di arbitro o di perito, o di consulente tecnico del giudice o consulente di par- te, Giudice Onorario ed esperto presso i Tribunali, per le richieste relative agli incarichi di consulente d’ufficio e consulente di parte;

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c) a svolgere incarichi di docenza presso corsi di formazione, diplomi universitari, scuole di specia- lizzazione e diploma, soggetti accreditati dalla Re- gione all’attività di formazione, incarichi di ricerca scientifica presso enti pubblici e privati;

d) a partecipare, in qualità di moderatore, a conve- gni e seminari ed all’eventuale conseguente pubbli- cazione dell’intervento;

e) ad assumere collaborazioni o incarichi di consu- lenza esclusivamente presso altre amministrazioni pubbliche;

f) a partecipare a società agricole a conduzione fa- miliare, purché l’impegno relativo sia modesto, non abituale e continuato durante l’anno;

g) a svolgere attività di collaudo, ad assumere inca- richi di progettazione o direzione lavori sempre che la prestazione lavorativa interessata sia confor- me ai dettati dell’art. 17, Legge 109/1994;

h) ad esercitare l’attività di amministratore di con- dominio, se l’impegno riguarda la cura dei propri interessi;

i) a partecipare a Comitati Scientifici;

j) ad assumere cariche in società, escluse quelle che svolgono attività che siano in contrasto con l’ente pubblico di appartenenza, socio accomanda- te in S.A.S., socio di società di capitali, socio di società cooperative, escludendo per questa fattispe- cie le cooperative di produzione lavoro;

k) a partecipare ad organismi istituzionali della propria categoria professionale o sindacale non in veste di dirigenti sindacali;

l) ad assumere cariche anche in società cooperative e in società sportive, ricreative e culturali, il cui at- to costitutivo preveda che gli utili siano intera- mente reinvestiti nella società per il perseguimento esclusivo dell'attività sociale;

m) a svolgere attività di consulente o di perito di parte nell’ambito di procedimenti giudiziari.

Procedura di rilascio dell’autorizzazione Per lo svolgimento degli incarichi esterni già ana- lizzati nei paragrafi precedenti deve essere richiesta alla Pubblica Amministrazione di appartenenza autorizzazione alternativamente:

- da parte del dipendente;

- da parte dal soggetto giuridico conferente l’incari- co (es. società o impresa).

La richiesta di autorizzazione preventiva deve con- tenere i seguenti elementi:

a) i dati anagrafici del dipendente che intende svolgere l'incarico;

b) il soggetto pubblico o privato che intende con- ferire l'incarico;

c) l’oggetto dell’incarico conferito, la tipologia, l’entità dell’impegno;

d) il luogo dove si svolgerà l’incarico;

e) la data d’inizio e fine dell’impegno;

f) l’importo (anche presunto) dell’impegno;

g) il codice fiscale/partita IVA del soggetto o ente conferente l’incarico;

Nel caso in cui l’istanza sia inoltrata dal soggetto giuridico conferente l’incarico, il dipendente inte- ressato ha l’onere di manifestare la sua volontà di assumere l’incarico, inoltrando apposita dichiara- zione resa ex D.P.R. n. 445/2000, in ordine sia alla manifestazione di interesse sia alla sussistenza dei requisiti che ne consentono lo svolgimento.

L’autorizzazione è di norma richiesta mediante ap- posita istanza da presentarsi utilizzando la moduli- stica che la Pubblica Amministrazione avrà messo sicuramente a disposizioni del dipendente, almeno 30 giorni prima dell’inizio dell'incarico, indirizzata al servizio Gestione Risorse Umane della Pubblica Amministrazione. Il suddetto termine di 30 giorni è perentorio, fatti salvi i casi di documentata im- possibilità, rispetto ai quali vige comunque un ob- bligo di comunicazione tempestiva e preventiva.

La richiesta dovrà pervenire al servizio Gestione Risorse Umane, entro il termine anzidetto, già cor- redata del parere obbligatorio del Direttore/Re- sponsabile della struttura complessa di appartenen- za.

Al fine dell’autorizzazione, la predetta dichiarazio- ne dovrà attestare:

- la mancanza di conflitto di interessi tra la presta- zione da espletare e le attività istituzionali svolte dal dipendente presso la struttura di assegnazione;

- l’assenza di pregiudizio per il corretto svolgimento dell’attività di servizio svolta.

La mancata autorizzazione legittima il licenziamento anche se l’attività è occasionale

La Cassazione con sentenza 27 aprile 2012, n.

6560 ha assunto un atteggiamento molto restrittivo con riferimento alle attività lavorative incompati- bili e non autorizzate al dipendente pubblico. Per i giudici di legittimità il divieto di svolgere altre at- tività incompatibili con lo status di dipendente pubblico e senza la necessaria autorizzazione può comportare la sanzione più grave del licenziamento e questo indipendentemente dal carattere abituale della condotta contestata.

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La vicenda nasce dalla sentenza della Corte di Ap- pello che confermava la sentenza dei giudici di pri- mo grado nei confronti di un dipendente pubblico;

il lavoratore, dipendente pubblico a tempo deter- minato, era stato licenziato in relazione alle se- guenti contestazioni: l'aver consegnato ad una per- sona estranea all'ufficio la copia di una visura estratta per uso ufficio omettendo di incamerare, a favore dell'amministrazione, i diritti concernenti la suddetta attività e l'aver richiesto alla persona stes- sa il pagamento a suo favore di una determinata somma; l'aver utilizzato e portato fuori dall'ufficio, per fini privati, la pratica relativa alla voltura di un immobile e, infine, l'aver violato il divieto di svolgere attività di lavoro autonomo o subordinato, divieto previsto per i dipendenti pubblici dall'art.

53, del D.Lgs. n. 165/2001.

La Corte di Cassazione, in riferimento alla senten- za oggetto del presente commento, oltre ad eviden- ziare la gravità del comportamento del dipendente pubblico, ritiene che lo svolgimento di una attività incompatibile, autonoma o subordinata, resta tale indipendentemente dal fatto che questa sia presta- ta una sola volta, e legittima la Pubblica Ammini- strazione a procedere al licenziamento per il com- portamento tenuto dal dipendente pubblico.

Il dipendente pubblico, nella sua tesi difensiva, evidenziava che la condanna subita nei due gradi di giudizio si basava anche sulla prova testimoniale di una persona che nutriva un risentimento nei confronti del funzionario pubblico, con il quale c’era un procedimento penale in corso.

I giudici di Piazza Cavour evidenziano secondo un costante orientamento giurisprudenziale che l'esa- me e la valutazione delle risultanze delle deposizio- ni dei testimoni, il giudizio sull'attendibilità dei te- sti e sulla credibilità di alcuni invece che di altri, come la scelta, tra le varie risultanze probatorie, di quelle ritenute più idonee a sorreggere la motiva- zione, riguardano aspetti di fatto riservati al giudice del merito, il quale, nel porre a fondamento della propria decisione una fonte di prova con esclusione di altre, non incontra altro limite che quello di in- dicare le ragioni del proprio convincimento, senza essere tenuto a discutere ogni singolo elemento o a confutare tutte le deduzioni difensive, dovendo ri- tenersi implicitamente disattesi tutti i rilievi e cir- costanze che, sebbene non menzionati specifica- mente, sono logicamente incompatibili con la de- cisione adottata. Ne consegue che il controllo di legittimità da parte della Corte di Cassazione non può riguardare il convincimento del giudice di me- rito sulla rilevanza probatoria degli elementi consi-

derati, ma solo la sua congruenza dal punto di vista dei principi di diritto che regolano la prova.

Nel caso in esame la Corte territoriale ha motivato in modo adeguato e privo di vizi logici sulle ragioni che l'hanno indotta a ritenere provate le circostan- ze poste a fondamento del provvedimento espulsi- vo. I giudici di legittimità nel respingere il ricorso del dipendente pubblico sottolineano la legittimità del licenziamento inflitto per lo svolgimento di at- tività incompatibili con lo status di dipendente pubblico, nonostante tra le diverse contestazioni, sia stato accertato un solo episodio di infedeltà dal momento che il recesso può essere deciso dall’am- ministrazione pubblica, indipendentemente dall’a- bitualità della condotta contestata.

La comunicazione entro quindici giorni dall’erogazione del compenso

La Legge 6 novembre 2012, n. 190, recante “Di- sposizioni per la prevenzione e la repressione della corruzione e dell’illegalità nella Pubblica Ammini- strazione” in vigore dal 28 novembre 2012, ha in- trodotto alcune modifiche all’articolo 53, del D.Lgs. n. 165/2001 riguardanti, tra l’altro, la tem- pistica con la quale i soggetti che erogano i com- pensi ai dipendenti pubblici debbono assolvere agli obblighi relativi alle comunicazioni previste per l’anagrafe delle prestazioni.

L’articolo 1, comma 42, lettera e), della citata leg- ge ha infatti sostituito il comma 11, dell’articolo 53 del D.Lgs. 165/2001, prevedendo che “Entro quindici giorni dall’erogazione del compenso (...), i soggetti pubblici o privati comunicano all’ammini- strazione di appartenenza l’ammontare dei com- pensi erogati ai dipendenti stessi”.

La novella introdotta dalla norma impone, pertan- to, che tutti compensi di cui al sopra citato com- ma, erogati successivamente all’entrata in vigore della norma (28 novembre 2012) siano soggetti al- la prevista comunicazione entro i termini prescrit- ti.

I dubbi sollevati dal Tribunale per le sanzioni elevate alle imprese

Le censure che il Tribunale ordinario ha sollevato sulla questione di legittimità davanti alla Corte co- stituzionale fanno essenzialmente leva sulla circo- stanza che, nei confronti degli enti o delle imprese che conferiscano incarichi retribuiti a dipendenti pubblici senza la previa autorizzazione, si appliche- rebbe una doppia sanzione, di eguale ammontare:

una prima sanzione per il conferimento dell’incari-

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co senza autorizzazione e una seconda sanzione per l’omessa tempestiva comunicazione dell’ammonta- re dei compensi, per la quale si profilerebbe, fra l’altro, una sorta di obbligo di “autodenuncia” da parte del terzo datore di lavoro.

La questione di legittimità costituzionale La sentenza della Corte costituzionale n. 98/2015, oggetto del presente commento, verte sul giudizio di legittimità costituzionale dell’art. 53, comma 15, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165 (Nor- me generali sull’ordinamento del lavoro alle dipen- denze delle amministrazioni pubbliche), promosso da un Tribunale ordinario nel procedimento ver- tente tra una società e l’Agenzia delle Entrate.

Il Tribunale era stato chiamato a decidere sull’op- posizione proposta da alcuni soggetti privati avver- so una serie di ordinanze-ingiunzione emesse dal- l’Agenzia delle Entrate per sanzioni amministrative pecuniarie irrogate, a norma dell’art. 6, del decre- to-legge 28 marzo 1997, n. 79 (Misure urgenti per il riequilibrio della finanza pubblica), convertito, con modificazioni, dalla legge 28 maggio 1997, n.

140, per avere conferito a due dipendenti di un en- te pubblico l’incarico di attività professionale senza la preventiva autorizzazione dell’amministrazione di appartenenza, negli anni 2008 e 2009, e per non aver comunicato alla stessa amministrazione i com- pensi erogati nei medesimi anni.

Ripercorsa la disciplina delle leggi-delega n.

59/1997 e n. 421/1992, il giudice rimettente osser- va come l’art. 26, del D.Lgs. n. 80/1998, nell’intro- durre importanti modifiche all’art. 58 del D.Lgs. 3 febbraio 1993, n. 29 (Razionalizzazione dell’orga- nizzazione delle amministrazioni pubbliche e revi- sione della disciplina in materia di pubblico impie- go, a norma dell’articolo 2 della Legge 23 ottobre 1992, n. 421), abbia, da un lato, sostituito“l’obbli- go della mera comunicazione dell’incarico con l’obbligo di ottenere la previa autorizzazione” del- l’amministrazione, prevedendo, correlativamente, che la sanzione amministrativa si applichi“all’ina- dempimento all’obbligo di autorizzazione”; dall’al- tro lato, introdotto “un’altra identica [sanzione]

anche in caso di inottemperanza all’obbligo di co- municazione dei compensi erogati”.

Dalla riportata normativa emergerebbe come “la legge delega non contenesse alcun riferimento alla possibilità di introduzione di sanzioni amministrati- ve in caso di inottemperanza agli obblighi di pub- blicità degli incarichi conferiti ai pubblici dipen- denti”, malgrado anche le sanzioni amministrative

rispondano al principio di legalità e richiedano, perciò, se disposte in base a una legge di delega, l’enunciazione di precisi criteri direttivi. D’altra parte, pur ricorrendo“ad un apprezzamento in pre- cedenza espresso dallo stesso legislatore”, si ricave- rebbe che l’ipotesi di un illecito amministrativo, già introdotta dal legislatore nella precipua mate- ria, era stata limitata “espressamente alla condotta relativa alla mancata comunicazione dell’incarico, con esclusione, invece, della diversa ma conse- guente condotta della mancata comunicazione di compensi”.

D’altra parte, osservano i giudici della Consulta, dovendo le disposizioni della delega essere inter- pretate secondo il criterio della ragionevolezza, questo non sarebbe stato, nella specie, rispettato:

a) sia per la previsione di una doppia sanzione,

“peraltro particolarmente afflittiva nel quantum”;

b) sia perché “le esigenze di buon andamento della PA, di trasparenza e di compatibilità dell’incarico privato con l’impiego pubblico” sarebbero garantite già” dalla necessità di ottenere la previa autorizza- zione”, “ponendosi l’obbligo aggiuntivo della co- municazione dei compensi come un mero adempi- mento accessorio”.

La doppia sanzione, d’altra parte, porrebbe “il sog- getto che, per ignoranza o negligenza, non abbia chiesto la previa autorizzazione all’incarico nell’al- ternativa di perseguire nell’illecito, con rischio di comminazione della doppia sanzione, laddove sco- perto, o di autodenunciarsi, provvedendo alla co- municazione del compenso, con conseguente viola- zione del diritto di difesaex art. 24 Cost.”.

L’analisi delle Consulta: eccessiva la sanzione per l’impresa

La Corte costituzionale giudica fondata la censura del Tribunale sulla previsione di cui all’art. 53, comma 15, del D.Lgs. n. 165/2001, nella parte in cui è stabilito che i soggetti di cui al comma 9, va- le a dire gli enti pubblici economici e i privati che conferiscono incarichi retribuiti a dipendenti pub- blici senza la previa autorizzazione dell’amministra- zione di appartenenza, e che omettano le comuni- cazioni di cui al comma 11 (a norma del quale“en- tro quindici giorni dalla erogazione del compenso per gli incarichi di cui al comma 6, i soggetti pub- blici o privati comunicano all’amministrazione di appartenenza l’ammontare dei compensi erogati ai dipendenti pubblici”), sono assoggettati alle sanzio- ni di cui allo stesso comma 9; il quale, a sua volta, prevede l’applicazione dell’art. 6, comma 1, del de-

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creto-legge 28 marzo 1997, n. 79 (Misure urgenti per il riequilibrio della finanza pubblica), converti- to, con modificazioni, dalla legge 28 maggio 1997, n. 140 e successive modificazioni ed integrazioni, che stabilisce una“sanzione pecuniaria pari al dop- pio degli emolumenti corrisposti sotto qualsiasi for- ma a dipendenti pubblici”.

Nella prospettazione del Tribunale ordinario, le censure fanno essenzialmente leva sulla circostanza che, nei confronti degli enti o dei privati che con- feriscano incarichi retribuiti a dipendenti pubblici senza la previa autorizzazione, si applicherebbe una doppia sanzione di eguale ammontare:

1) una prima sanzione per il conferimento dell’in- carico senza autorizzazione;

2) e una seconda sanzione per l’omessa tempestiva comunicazione dell’ammontare dei compensi, per la quale ultima si profilerebbe, fra l’altro, una sorta di obbligo di“autodenuncia” da parte del terzo da- tore di lavoro, non sintonica con il diritto di dife- sa.

I giudici costituzionalisti osservano che in attuazio- ne della delega legislativa era stato emanato il D.Lgs. n. 29/1993, il quale sotto l’art. 58, divenuto, poi, l’art. 53 del D.Lgs. n. 165/2001, prevedeva (comma 6) l’obbligo di comunicazione degli incari- chi conferiti da privati o enti pubblici a dipendenti delle pubbliche amministrazioni, in attuazione del- l’anagrafe delle prestazioni, di cui al già richiamato art. 24, Legge n. 412/1991; nonché (comma 7) l’obbligo di comunicazione dei relativi compensi, senza, tuttavia, la previsione di alcun genere di sanzioni.

A convincere i giudici che fosse necessario cancel- lare la norma contenuta nel citato art. 53, comma 15, sono stati due elementi.

Il primo elemento è l’eccesso di delega, dovuto al fatto che la regola è stata introdotta da un decreto

legislativo (D.Lgs. n. 80/1998) attuativo di una delle tante riforme della Pubblica Amministrazio- ne, previste dalla Legge n. 59/1997. Dal momento in cui nessuno dei criteri direttivi di questa legge sembrava adombrare una sanzione da applicare an- che ai casi di mancata comunicazione, il testo del decreto attuativo è “uscito dal seminato”.

Il secondo elemento che ha fatto propendere i giu- dici della Consulta a dichiarare illegittimo il prov- vedimento è l'”irragionevolezza” e la mancata pro- porzionalità della sanzione. La previsione della san- zione per l’omessa comunicazione dei compensi corrisposti a dipendenti delle pubbliche ammini- strazioni per incarichi non previamente autorizzati finisce per risultare particolarmente vessatoria, at- teso che la sanzione si duplica rispetto a quella già prevista, nella stessa, grave misura, per il conferi- mento degli incarichi senza autorizzazione, con un effetto moltiplicativo raccordato ad un inadempi- mento di carattere formale.

La Consulta osserva che la sanzione, in altri termi- ni, per la violazione di un obbligo che appare del tutto “servente” rispetto a quello relativo alla co- municazione del conferimento di un incarico, pre- visto in funzione delle esigenze conoscitive della Pubblica Amministrazione, viene a sovrapporsi ir- ragionevolmente a quella prevista per la violazione di carattere sostanziale; la norma conferisce, fra l’altro, alla sanzione “accessoria”, posta a carico, per di più, di un soggetto comunque terzo rispetto al rapporto di servizio tra Pubblica Amministrazio- ne e dipendente, un carattere di automatismo e di non graduabilità non poco contrastante con i prin- cipi di proporzionalità ed adeguatezza che devono, in linea generale, essere osservati anche nella disci- plina delle sanzioni amministrative.

FAC-SIMILE - Comunicazione da parte dell’impresa alla Pubblica Amministrazione di erogazione compenso al dipendente pub- blico

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Spett.le Comune /Università/ Via

Oggetto: Comunicazione ai sensi del Decreto Legislativo 30 marzo 2001, n. 165, art. 53, e successive modificazioni e integrazioni.

Con riferimento a quanto disposto dall’art. 53, del Decreto Legislativo 30 marzo 2001, n. 165, si comunica a codesta Amministrazione il compenso erogato, da questa società al dott./ing./sig. ____________________, per l’incarico sotto specificato.

Nel restare a disposizione per qualsiasi chiarimento al riguardo, si porgono distinti saluti.

Cognome e Nome: ________________________________

Codice Fiscale: ___________________________________

Tipo di Contratto: _________________________________

Oggetto: ________________________________________

Durata dell’incarico: _______________________________

Compenso lordo:€ ________________________________

Firma ________

Riferimenti