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Il Presidente Il Giudice est.

Dott. L. Picardi Dott.ssa V.Giovanniello

CAP. 4 - I REATI FINE DI TURBATA LIBERTA’ DEGLI INCANTI E REATI CONNESSI

§ 1. Premessa sulle aggravanti contestate.

Per tutti i reati di turbata libertà degli incanti e altri reati connessi oggetto del processo sono contestate alcune aggravanti, sulle quali è opportuna una premessa di ordine generale in merito all’inquadramento giuridico e ai criteri di imputazione delle stesse ai concorrenti nel reato.

Si fa riferimento, in particolare, all’aggravante di cui all’art. 7 L.203/91, contestata sub specie di finalità di agevolazione del clan dei casalesi, nonché all’aggravante di cui all’art. 353 co, II c.p., contestata ai capi 5), 14), 15), 16), 19), 24), 26) 33), 35), (nonché ai corrispondenti capi di imputazione a carico di Riccio Armando), concernenti fatti di turbata libertà degli incanti.

Ciò in quanto la natura oggettiva o soggettiva di tali aggravanti e, in sostanza, i presupposti per l’estensibilità di esse a tutti o a taluno dei concorrenti ex art. 110 c.p.

nel reato incidono non soltanto sulla quantificazione della pena, quanto soprattutto – stante il tempo trascorso dalla commissione di molti reati per cui è giudizio – sulla decorrenza del tempo necessario a prescrivere.

In materia di imputazione soggettiva delle circostanze aggravanti e concorso di persone nel reato, come noto, l’art. 118 c.p. nella nuova formulazione (introdotta con L. 19/1990) esclude la “comunicazione” ai concorrenti delle sole circostanze concernenti i motivi a delinquere, l’intensità del dolo, il grado della colpa, e quelle inerenti alla persona del colpevole, intendendosi per tali, secondo la formulazione di cui all’art. 70 c.p. quelle concernenti l’imputabilità e la recidiva. Secondo l’orientamento maggioritario, la modifica normativa implica il superamento, ai fini dell’estensione ai concorrenti, della vecchia distinzione tra circostanze “oggettive” e

“soggettive” e, tra queste, di quelle non inerenti alla persona del colpevole (ovvero diverse dall'imputabilità e dalla recidiva) che abbiano contribuito ad agevolare l'esecuzione del reato.

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Ciò significa che, a parte quelle espressamente indicate dall’art. 118 c.p., per tutte le altre circostanze del reato (anche soggettive, ma diverse da imputabilità e recidiva) vale il principio espresso dall’art. 59 c.p., cioè la comunicazione ai concorrenti che le abbiano conosciute o ignorate per colpa (in tal senso, Sez. VI, n. 41514 del 25 settembre 2012, riguardante la circostanza aggravante della commissione del fatto ad opera di un partecipe all'associazione di tipo mafioso, e Sez. V, n. 46340 del 19 settembre 2012, riguardante la circostanza aggravante dell'essere stato il sequestro di persona commesso da un pubblico ufficiale con abuso dei poteri inerenti alle sue funzioni).

Dunque, il criterio generale di imputazione soggettiva delle circostanze - ad eccezione di quelle elencate all’art. 118 c.p., che restano imputabili al solo soggetto al quale si riferiscono - è quello enunciato dall’art. 59 c.p., che richiede (almeno) la colpa in capo a ciascun concorrente per l’imputazione di tutte le circostanze del reato, anche di quelle riferibili direttamente ad altri. Tale criterio di imputazione richiede la conoscibilità/prevedibilità in concreto, accertamento da effettuarsi caso per caso tenendo conto delle modalità dell’azione, del contesto e di tutte le circostanze dalle quali poter inferire una rimproverabilità soggettiva dell’ignoranza.

§ 1.1. L’aggravante della “finalità” mafiosa.

L’art. 7 L. 203/91 prevede un duplice profilo aggravante ad effetto speciale: il primo, integrato laddove il reato sia commesso con metodo mafioso; il secondo, quando il reato sia commesso con la finalità di agevolare l’organizzazione mafiosa o camorristica.

Il primo profilo attiene ad una modalità della condotta, che deve essere oggettivamente caratterizzata dall’impiego della forza di intimidazione promanante dall’associazione camorristica: deve cioè rispecchiare in misura tangibile all’esterno un modus agendi tipico di tale tipologia di associazione, anche a prescindere dall’effettiva dimostrazione dell’esistenza dell’associazione stessa (Cass., Sez. 2, Sentenza n. 322 del 02/10/2013);

d’altra parte, mentre non è necessaria l’effettiva appartenenza dell’agente al sodalizio, tale inclusione non è comunque di per sé insufficiente all’integrazione dell’aggravante laddove non si estrinsechi in una condotta “mafiosa”. La ratio dell’aggravamento di pena poggia sulla maggior riprovevolezza e sulla più intensa capacità offensiva di condotte in qualche misura evocative della “potenza” di un sodalizio criminale avente le caratteristiche di cui all’art. 416 bis c.p.

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Diversamente, il secondo profilo di aggravamento dato dalla “finalità” di agevolare il clan (che è quello di solito contestato nel presente processo) trova fondamento nella maggior pericolosità delle condotte delittuose teleologicamente orientate a rafforzare organizzazioni mafiose: pertanto, a differenza dell'altra ipotesi, essa postula l'esistenza effettiva di un’associazione avente i caratteri indicati dall'art. 416 bis c.p.

(Sez. 2, Sentenza n. 41003 del 20/09/2013) e si incentra su un profilo “volitivo”, da intendersi come proiezione soggettiva della volontà dell’autore della condotta all’agevolazione del sodalizio.

Pertanto l’aggravante in questione “può qualificare anche la condotta di chi, senza essere organicamente inserito in un'associazione mafiosa, offra un contributo al perseguimento dei suoi fini, a condizione che tale comportamento risulti assistito, sulla base di idonei dati indiziari o sintomatici, da una cosciente ed univoca finalizzazione agevolatrice del sodalizio criminale”; non è quindi richiesto che la finalità di avvantaggiare il clan sia lo scopo esclusivo dell’agente, ma tuttavia “la consapevolezza del soggetto agente di attuare una propria personale condotta ausiliatrice di un gruppo camorristico non può che coniugarsi ad una cosciente relazione di diretta causalità efficiente rispetto al sostegno reso agli scopi di arricchimento del gruppo camorristico” (Cass., Sez. 6, Sent. n. 2696 del 13/11/2008).

Ciò premesso, deve altresì rilevarsi che, nel caso di concorso di persone nel reato, recente ma costante giurisprudenza della Suprema Corte ha chiarito – a fronte anche di diversi orientamenti della giurisprudenza di merito – che trattasi di aggravante oggettiva, estensibile ai concorrenti secondo i parametri dettati dal combinato disposto degli artt. 59 e 118 c.p.; pertanto “è sufficiente che l'aspetto volitivo - espresso nella norma con il riferimento al "fine di agevolare" l'associazione mafiosa - sussista in capo ad alcuni, o anche ad uno soltanto, dei predetti concorrenti nel medesimo reato”

(Cass., Sez. 5, Sentenza n. 10966 del 08/11/2012). È pur sempre necessario che la

“finalizzazione” sussista in capo ad (almeno) un concorrente, in quanto lo scopo specifico costituisce la ratio dell’aggravamento di pena e tuttavia, una volta assodatane la presenza in capo ad uno degli autori, essa diventa caratteristica del reato in sé: è dunque il reato (non la condotta del singolo) ad essere finalizzato ad agevolare il sodalizio (secondo anche il tenore letterale della norma), per cui, ritenuta l’aggravante in capo al concorrente che agisce col dolo specifico, l’estensione agli altri concorrenti richiede, quale parametro minimo per l’imputazione soggettiva, quello dell’ignoranza

“colpevole” (Cass., Sez. 6, Sentenza n. 24025 del 30/05/2012: “L'aggravante previsto dall'art. 7 D.L. n. 152 del 1991 (conv. in l. n. 203 del 1991) può essere applicata ai

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concorrenti nel delitto, secondo il disposto dell'art. 59 cod. pen., anche quando essi non siano consapevoli della finalizzazione dell'azione delittuosa a vantaggio di un'associazione di stampo mafioso, ma versino in una situazione di ignoranza colpevole”).

Ciò si traduce – in mancanza di prova della conoscenza effettiva di essa - nella ricerca di un parametro di “prevedibilità” dell’aggravante in concreto; con la riforma dell’art.

59 c.p., infatti, il legislatore ha da un lato escluso che per l’operatività delle circostanze sia sufficiente la loro obiettiva esistenza, ritenendo necessario un coefficiente psicologico di imputazione all'autore, e dall’altro ha però ritenuto sufficiente un legame meno intenso rispetto a quello necessario per gli elementi essenziali del reato:

“ne consegue che per attribuire l'evento aggravato al soggetto agente debba necessariamente postularsi la sua "colpevolezza" anche in relazione alla circostanza contestata, che per essere accollata all'agente deve ancorarsi a un coefficiente di prevedibilità concreta” (Cass., Sez. 6, Sentenza n. 20663 del 2008).

È pertanto necessario verificare di volta in volta se ed in che misura il concorrente eventualmente privo in prima persona del “dolo specifico” dell’aggravante de quo abbia comunque conosciuto (o ignorato per colpa) l’oggettiva finalizzazione della condotta delittuosa collettiva ad avvantaggiare il clan; nel merito, tale circostanza può inferirsi laddove vi sia la prova di una diretta conoscenza di un tale scopo perseguito dal correo (e ciò avverrà normalmente nel caso di imputati aventi stretti rapporti col concorrente in dolo), oppure laddove vi siano elementi di prova concernenti le modalità della condotta, il contesto di riferimento e tutte le caratteristiche dell’azione delittuosa collettiva dai quali emerga un oggettivo coefficiente di “previsione” o

“prevedibilità” della circostanza, necessario e sufficiente all’imputazione di essa per colpa (in tal senso, cfr. Cass., Sez. 6, Sentenza n. 12530 del 24/09/1999 e Sez. 6, Sentenza n. 20663 del 29/01/2008).

Nel presente processo, il problema dell’imputazione dell’aggravante della “finalità mafiosa” si pone essenzialmente per alcuni degli imprenditori partecipanti alle turbate libertà degli incanti con la consegna della “busta d’appoggio” agli esecutori materiali della turbativa.

Come vedremo, in capo agli imprenditori “complici” delle turbative, l’elemento psicologico concreto come emergente dagli elementi di prova acquisiti al processo, si atteggerà diversamente a seconda dei casi: per alcuni di essi è agevole rilevare una vera e propria consapevolezza dell’intero meccanismo e, specificamente, dei rapporti

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tra il regista (o i registi) principali del reato (Schiavone cl. 78 o Della Volpe) e il clan;

in alcuni casi, peraltro, costoro non si limiteranno a fornire “buste di comodo” ma parteciperanno anche ad altre fasi dell’azione, con ciò dimostrando un atteggiamento soggettivo di tipo doloso (anche) con riferimento alla circostanza in parola.

In altri casi, pur non ravvisandosi prova sufficiente dell’effettiva specifica conoscenza della finalità di agevolazione del clan in capo al concorrente, il contesto complessivo nel quale si colloca la condotta del correo induce a ravvisare, oltre ogni ragionevole dubbio, un coefficiente di prevedibilità concreta dell’aggravante (se non di vera e propria previsione con accettazione del rischio, secondo lo schema tipico del dolo eventuale) sufficiente all’imputazione colposa della circostanza: ciò, in particolare, nel caso degli imprenditori operanti abitualmente sul territorio dominato dal sodalizio e aventi rapporti diretti con Schiavone Nicola cl. 78, i cui legami col clan (a prescindere dal cognome) erano certamente conosciuti (o quantomeno conoscibili) sulla base di quanto già evidenziato sulla sua figura.

Costui, come si è detto, non soltanto faceva abitualmente sfoggio della sua “parentela”

con gli Schiavone, ma frequentava abitualmente noti affiliati e, all’occorrenza, non si sottraeva neppure ad azioni più tipicamente camorristiche (si veda il pestaggio dei nipoti di Diana Raffaele); Schiavone ‘o russo all’epoca dei fatti era già stato in carcere e, in quello stesso periodo, era ancora sottoposto all’obbligo di firma per tentato omicidio (cfr. quanto riferito dal capitano Ventura). A ciò si aggiunga che – per contro – egli non era certo noto sul territorio come “imprenditore” edile affermato, trattandosi di un soggetto giovanissimo, neppure titolare “ufficiale” di alcuna impresa, né affidatario di alcuna commessa pubblica di rilievo: è dunque arduo immaginare che imprenditori affermati e operativi sul territorio da tempo potessero seriamente (e incolpevolmente) ritenere che si trattasse di un imprenditore “sganciato” dal contesto camorristico e in grado, da solo e in quei territori, di organizzare turbative di gara “in grande stile” riuscendo sistematicamente ad accaparrarsi degli appalti di grande rilievo con le sue sole forze.

Diversamente, dovrà escludersi una imputazione anche solo per colpa dell’aggravante in parola nei casi in cui manchi prova sufficiente delle concrete modalità con le quali il contributo del concorrente sia “entrato” nel reato collettivo: in particolare, laddove manchino intercettazioni specifiche a carico del correo, o altri elementi idonei a ricostruire la genesi del contributo dato e le modalità con cui la “busta d’appoggio” sia concretamente entrata nella cordata, ovvero manchi la prova di un rapporto diretto con Schiavone cl. 78 o con altri noti affiliati, andrà esclusa l’imputazione soggettiva

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dell’aggravante, mancando elementi concreti sufficienti ad apprezzarne la

“prevedibilità”.

§ 1.2. L’aggravante di cui all’art. 353 co. II c.p.

In tutte le imputazioni di turbata liberà degli incanti è contestata l’ipotesi di cui al secondo comma dell’art. 353 c.p., ovvero la compartecipazione al reato di “persona preposta” al pubblico incanto o alla licitazione; trattasi di aggravante ad effetto speciale, per la quale trova applicazione la disciplina ordinaria del concorso di circostanze di cui all'art. 69 cod. pen. (così Sez. 6, Sentenza n. 24427 del 09/02/2010).

Anche in tal caso, la sussistenza dell’aggravante ad effetto speciale rileva non solo per la quantificazione della pena applicabile, ma altresì ai fini della prescrizione dei reati contestati. Tutte le turbative d’asta contestate si collocano infatti in data anteriore al dicembre 2005 (come vedremo, la contestazione del tempus commissi delicti nel capo 19 deve essere limitata al marzo 2005 e nel capo 26 al settembre 2005), dunque prima dell’entrata in vigore della vigente disciplina della prescrizione (introdotta con legge 5.12.2005 n. 251) e della modifica normativa che ha innalzato da due a cinque anni la pena edittale massima per la fattispecie base di turbativa d’asta, avvenuta nel 201074. Pertanto, applicando la disciplina in vigore al momento della commissione dei reati, più favorevole al reo, dovrà pervenirsi ad una pronuncia di non doversi procedere per prescrizione qualora non sia ravvisabile l’aggravante speciale di cui all’art. 353 co. II:

pur in presenza dell’aggravante di cui all’art. 7 L.203/91, infatti, il tempo necessario alla prescrizione del reato è di cinque anni, aumentati della metà per l’interruzione (cfr. art. 157 e 160 c.p. previgenti), termine ampiamente decorso, pur tenendo conto delle cause di sospensione.

Per tali ragioni assume rilievo fondamentale la corretta ricostruzione della struttura e della natura di tale aggravante, nonché la definizione dei criteri di imputazione di essa ai concorrenti nel reato che non rivestano personalmente la qualità di soggetto

“preposto” al pubblico incanto.

L’aggravante di cui all’art. 353 co. II c.p. è integrata ogniqualvolta l’autore del reato (o uno degli autori) abbia assunto una specifica posizione rispetto alla procedura di appalto oggetto di turbativa, essendo egli investito di una qualità tale da consentirgli l’intervento nell’iter di gara in virtù delle norme che lo disciplinano. È evidente che

74 L’art. 9 della legge 13.8.2010 n. 136 recante “Piano straordinario contro le mafie” ha infatti sostituito nell’art.

353 co. I le parole “fino a due anni” con quelle “da sei mesi a cinque anni”.

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una posizione di tal fatta comporti una maggior facilità nella realizzazione del reato che costituisce la ratio dell’aggravamento di pena, per cui la qualità di “preposto” va intesa in termini sostanziali e non meramente formali, poiché la differenziazione del trattamento sanzionatorio poggia sul maggior disvalore della condotta di chi sfrutta il “vantaggio di posizione” per (meglio e più agevolmente) conseguire lo scopo criminoso.

Dunque “la qualità di preposto, cui si riferisce l'art. 353 comma secondo cod. pen., spetta a chiunque assuma e svolga, anche di fatto e in un qualsiasi momento dell'iter procedurale, funzioni essenziali ai fini della realizzazione dell'obiettivo finale del pubblico incanto o della licitazione privata, in modo che, a causa della sua condotta, risulti pregiudicato il principio della libera concorrenza che costituisce il bene protetto dalla norma incriminatrice” (Cass., Sez. 6, Sent, n. 4185 del 13/01/2005).

La maggiore potenzialità offensiva della condotta del preposto è dovuta al fatto che trattasi di soggetto appartenente all’amministrazione, in posizione di garanzia rispetto all’obbiettivo della tutela della concorrenza, tenuto proprio ad assicurare il corretto svolgimento della procedura di gara: la partecipazione di tale soggetto riveste dunque una pericolosità specifica, assumendo (normalmente) un valore particolarmente qualificato, se non addirittura determinante per le concrete modalità realizzative del reato. Infatti, la presenza del preposto agevola oggettivamente la commissione del reato anche per gli altri concorrenti.

Correttamente, quindi, la circostanza in questione è inquadrata dalla giurisprudenza tra le circostanze concernenti le qualità del colpevole (e non tra quelle inerenti la persona del colpevole, che non si estendono ai concorrenti ex art. 118 c.p.), in quanto è sulla qualità di preposto al pubblico incanto che poggia il maggior disvalore della condotta, meritevole di un aggravamento di pena.

Sotto il profilo dell’imputazione soggettiva, logico corollario di quanto detto è l’applicazione del regime previsto dall’art. 59 c.p. e non dell’art. 118 c.p., con conseguente estensione dell’aggravamento di pena a tutti i concorrenti che abbiano avuto conoscenza dell’aggravante o l’abbiano ignorata colpevolmente (Cass., Sez. 6, Sent. n. 18310 del 24/04/2007: “L'aggravante prevista dall'art. 353, comma secondo, cod. pen. ha natura di circostanza speciale che, rientrando tra quelle concernenti le qualità personali del colpevole e non tra quelle inerenti alla persona del colpevole, non è soggetta al regime di cui all'art. 118 cod. pen., bensì a quello ordinario previsto dall'art. 59, comma secondo, stesso codice, sicché essa si comunica

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al correo, se da costui conosciuta o ignorata per colpa”; conforme, Sez. 1, Sent.

n. 4836 del 27/01/2005).

Va anche precisato, con riferimento alle turbative contestate nel processo che, mentre per alcuni dei Comuni interessati, come Casal di Principe e Piana di Monteverna, è stato possibile individuare con certezza il concorrente intraneo alla P.A., in altri casi, pur emergendo prova certa della compartecipazione di pubblici funzionari, non è stato possibile identificarli con certezza; ciò nonostante, laddove sia comunque emersa la prova certa della presenza fattiva di una tale attività di collaborazione “interna” alla stazione appaltante, l’aggravante è comunque integrata, proprio in quanto trattasi di circostanza inerente alla qualità e non alla persona del colpevole, la cui ratio aggravatrice prescinde dalla identità personale dello stesso, per concentrarsi sulla funzione esercitata rispetto alla procedura di gara; funzione che, come si è detto, non richiede un’investitura formale ma si sostanzia in qualsiasi assunzione, anche di fatto

“di funzioni essenziali ai fini della realizzazione dell'obiettivo finale del pubblico incanto o della licitazione privata”.

Invece, laddove è contestata anche la circostanza di cui all’art. 61 n. 9 c.p., quest’ultima deve ritenersi assorbita in quella più grave di cui all’art. 353 co. II, ex art.

15 e 68 c.p.: la prima circostanza, ravvisabile ogni qualvolta la qualità del pubblico ufficiale abbia comunque facilitato la commissione del reato (Sez. 1, Sentenza n. 24894 del 28/5/2009) risulta infatti ricompresa nella seconda, che è integrata dalla qualità di preposto al pubblico incanto, per cui l’abuso di tale qualità è in re ipsa nella partecipazione al reato di tale soggetto (in tal senso, si vedano Cass., Sez. 6, Sent. n. 12041 del 16/6/1982, che ha ritenuto assorbita l’aggravante de quo nella fattispecie di cui all’art. 479 c.p., reato proprio del pubblico ufficiale, poiché tale qualità è presupposto del reato e, pertanto, l’abuso dei poteri e/o la violazione dei doveri inerenti alla pubblica funzione è intrinsecamente connessa con la realizzazione della fattispecie; nonché, nello stesso senso, Sez. 6, Sent. n. 4062 del 7/1/1999, che ha escluso l’aggravante nell'istigazione alla corruzione di cui all'art. 322, terzo e quarto comma c.p., in quanto reati propri).

Ciò premesso, per i fatti di turbata libertà degli incanti contestati nel presente processo l’imputazione soggettiva dell’aggravante speciale a ciascun concorrente diverso dal p.u. “preposto” richiederà la verifica caso per caso della conoscenza (o almeno della

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colpevole ignoranza) della partecipazione al reato del concorrente dotato di tale qualità.

Con particolare riferimento a tale criterio di imputazione per colpa, analogamente a quanto detto per l’art. 7 L.203/91, laddove non vi sia prova di un contatto diretto tra il concorrente esterno e l’intraneo alla P.A., andrà verificato in concreto se dalle reali modalità di ingresso del contributo del primo nel reato collettivo sia possibile inferire un coefficiente di conoscenza (o conoscibilità/prevedibilità) della partecipazione ad esso anche del secondo; tale coefficiente sarà certamente ravvisabile nel caso in cui il correo sia messo a conoscenza della sussistenza di “rapporti privilegiati” con la stazione appaltante, anche in termini generali, ovvero laddove le complessive modalità dell’azione (conosciute dal concorrente) presuppongano oggettivamente la collaborazione di soggetti facenti parte dell’amministrazione; per converso, l’aggravante andrà esclusa laddove il concorrente partecipi ad un segmento limitato della condotta collettiva, non implicante (anche dal punto di vista logico) la necessaria collaborazione di un soggetto preposto al pubblico incanto e manchino altri elementi di prova sufficienti a fondare una “rimproverabilità” dell’ignoranza di una tale partecipazione.

Salvo quanto si dirà di volta in volta con riferimento ai singoli reati fine, si è già detto che il “sistema” di controllo degli appalti pubblici gestito dal duo Schiavone Nicola cl.

78/Della Volpe Vincenzo, stabilizzatosi grazie all’accordo intervenuto tra i rispettivi capi clan, Antonio Iovine e Schiavone Nicola cl. 79, poggiava su tre pilastri fondamentali, che si integravano a vicenda e con importanza variabile, per la buona riuscita delle singole turbative: il primo, era dato dalla presenza di una “cordata” più o meno estesa di imprenditori disposti a fornire la cd. busta d’appoggio e, quindi, a contribuire all’alterazione della media in modo da pilotare l’aggiudicazione della gara verso l’impresa designata; il secondo, era l’allontanamento minaccioso di potenziali concorrenti che avrebbero potuto compromettere tale meccanismo; il terzo, infine, era integrato dalla connivenza/complicità di pubblici funzionari preposti a vario titolo alla procedura di gara, il cui contributo alla realizzazione dei piani dei sodali poteva spaziare dalla massima e generale disponibilità ad intervenire a vario titolo e in maniera spregiudicata ogni qualvolta se ne presentasse la necessità, fornendo informazioni o manomettendo le buste dei concorrenti (come nel caso di Riccio Armando e Letizia Giacomo), a forme più tipiche di “collaborazione” attuata attraverso la violazione delle norme di buona amministrazione ad uso e consumo del

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sodalizio (come la revisione di precedenti decisioni e la manomissione degli atti di gara, cfr. vicenda PIP di Frignano, capo 16).

Dunque, i compartecipi alle turbative di appalto diversi dai preposti all’incanto sono idealmente suddivisibili in tre categorie: i “mandati”, ovvero Schiavone Nicola cl. 79 e Antonio Iovine, fautori dell’accordo generale che sancì la collaborazione delle due fazioni nell’attività di gestione degli appalti in diversi comuni del casertano; gli

“organizzatori” ed esecutori materiali delle turbative i quali, tra l’altro, tenevano i rapporti diretti con i pubblici funzionari complici (in particolare Della Volpe, ma anche Schiavone Mario, oltre a Schiavone Nicola cl. 78); gli altri soggetti, per lo più imprenditori, partecipanti a vario titolo a ciascuna turbativa, di solito fornendo le buste d’appoggio ma talvolta partecipando attivamente anche ad altri segmenti del meccanismo (ad esempio, D’Aniello Michele, che reperiva e preparava buste d’appoggio anche di altri imprenditori e contribuiva ad individuare i concorrenti da allontanare).

Ciò premesso, quanto ai mandanti, la sussistenza dell’aggravante poggia sulla loro stessa posizione di vertice che consentì loro di stipulare l’accordo spartitorio; si è già detto che l’instaurazione di stretti rapporti di connivenza tra le famiglie camorristiche (nella persona dei reggenti del momento) e le amministrazioni locali (rapporti che potevano spaziare dalla classica collusione alla vera e propria infiltrazione di uomini del clan all’interno dei Comuni) era una caratteristica precipua del sodalizio, facente parte del suo “patrimonio genetico”; pertanto l’aggravante in parola – laddove oggettivamente provata – è certamente imputabile anche soggettivamente ai mandati, in quanto è inconcepibile da parte loro l’ignoranza incolpevole della partecipazione alla turbativa di soggetti preposti all’espletamento della gara, essendo questo uno dei modi ordinari di attuazione dell’accordo che essi stessi avevano concluso; in sostanza, la conoscenza del sistema da essi stessi creato e protetto non può che tradursi in una conoscenza/previsione (o almeno conoscibilità/prevedibilità, nei casi in cui non ne sia dimostrata una specifica conoscenza per questa o quella turbativa) dell’aggravante medesima. Peraltro, come si dirà, il più delle volte emerge proprio la diretta e specifica consapevolezza del controllo esercitato dal clan sul pubblico ufficiale, vero e proprio concorrente esterno al sodalizio (come nel caso di Letizia Giacomo), e della sua partecipazione ai reati fine.

L’aggravante è poi senz’altro ravvisabile (oltre che, naturalmente, per il concorrente interno alla stazione appaltante, laddove individuato), in capo a quei concorrenti nel reato che con lui abbiano intrattenuto rapporti diretti per l’attuazione delle singole

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turbative (si veda Della Volpe con Riccio Armando, Schiavone Mario con Letizia Giacomo, ecc.), o che siano stati resi edotti di tali rapporti dagli altri concorrenti (come nel caso di D’Aniello Michele, che veniva messo a parte di tali circostanze con regolarità da Schiavone cl. 78 e Francesco Iovine).

Infine, quanto agli altri compartecipi, in particolare per gli imprenditori fornitori delle buste d’appoggio, in mancanza di elementi probatori specifici circa la conoscenza della partecipazione alla turbativa (anche) di soggetti appartenenti alla stazione appaltante, l’aggravante andrà esclusa laddove non siano neppure ravvisabili gli estremi di una “prevedibilità” concreta, sufficienti a fondare una imputazione colposa della circostanza. Sul punto, va osservato che la consumazione del reato di cui all’art.

353 c.p. non richiede necessariamente la partecipazione di un pubblico funzionario addetto alla gara, anzi ben può essere integrato dalla sola collusione tra imprenditori, mediante la predisposizione di una serie di “buste d’appoggio” idonee a pilotare l’aggiudicazione, senza alcun contributo proveniente dall’interno della P.A.

appaltante.

Pertanto, l’aggravante andrà esclusa nel caso in cui l’unica condotta provata e ascrivibile al concorrente sia appunto la partecipazione a tale segmento attuativo della turbativa, con la prestazione dell’offerta concordata, senza alcun elemento ulteriore per poterne affermare la consapevolezza del carattere più articolato degli strumenti a disposizione dei sodali. Ciò in quanto anche una imputazione colposa dell’aggravante richiede comunque l’individuazione di elementi concreti, nella specie mancanti, in base ai quali concludere che il concorrente “avrebbe dovuto conoscere” o comunque prevedere e rappresentarsi tale possibilità (e colpevolmente non l’abbia fatto).

§ 2. CAPO 5) - La turbata libertà del pubblico incanto per i lavori di costruzione dell’impianto di immissione di acque reflue nel canale ex Casmez, presso il Comune di Casal di Principe.

L’appalto in questione è il primo, in ordine cronologico, emerso in fase di indagini e oggetto di attenzione investigativa e si colloca in un momento anteriore rispetto alla conclusione dell’alleanza tra clan Schiavone e clan Iovine (su cui vedi sopra, cap. 3, par. 3.5.) finalizzata alla sistematica spartizione degli appalti pubblici indetti in più

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comuni del Casertano, sottoposti all’egemonia dell’uno o dell’altro ramo del sodalizio casalese.

Per questa ragione cronologica e per il fatto che trattasi di appalto bandito dal Comune di Casal di Principe che, come si è detto, era roccaforte del clan Schiavone (cap. 3, par.

3.4. e cap. 2, par. 2.3. sui rapporti tra camorra e amministrazioni locali, in particolare sulla “colonizzazione” del Comune di Casal di Principe da parte del clan Schiavone), nella vicenda risultano coinvolti solo esponenti di tale gruppo.

Si procederà, quindi, ad analizzare l’enorme mole di dati probatori acquisti (intercettazioni telefoniche ed ambientali, acquisizioni documentali, esiti dei servizi di osservazione e pedinamento sovente disposti a seguito di talune conversazioni), rimarcando di volta in volta il ruolo di ciascuno degli imputati nei molteplici segmenti di cui consta la condotta illecita. Peraltro, poiché il materiale probatorio investe anche la posizione di alcuni dei coimputati già giudicati con rito abbreviato, in particolare Schiavone Nicola cl. 78, sarà necessario analizzarne sia pure incidentalmente le relative condotte, laddove strettamente connesse con quelle degli odierni imputati, onde comprendere appieno il meccanismo predisposto ed attivato.

È importante sin d’ora evidenziare come tale turbativa di appalto, che rappresenta un po’ il punto di partenza delle vicende oggetto del processo, compendi in sé tutte le caratteristiche di cui si è detto al cap. 3, con riferimento alla sua collocazione nell’ambito del sodalizio casalese, in particolare della famiglia Schiavone; in essa si vedrà per la prima volta all’opera Schiavone Nicola’78, da poco “investito” dai vertici del suo clan di appartenenza dell’importante ruolo di “regista” nel settore degli appalti, ben consapevole della valenza criminale della sua attività e delle prospettive di guadagno economico ad essa connesse; si evidenzieranno poi di volta in volta, per ciascun imputato, le condotte di concorso poste in essere, unitamente alla valorizzazione dell’elemento psicologico ravvisabile in capo a ciascuno di essi.

Dunque, l’appalto in questione aveva ad oggetto la sistemazione urbana del collettore fognario di Casal di Principe, di via Sondrio; dalla documentazione acquisita agli atti del processo risulta che, con delibera della Giunta Comunale di Casal di Principe del 30.3.2004, fu approvato il progetto definitivo per la realizzazione di tali lavori, per un importo complessivo a disposizione di 1.000.000 di euro (pari al finanziamento regionale destinato a tali lavori). Come si legge nel bando pubblicato il 6.8.2004, l’importo posto a base d’asta era di 770.047,35 euro; l’opera era finanziata dalla Regione Campania e il criterio di aggiudicazione previsto era quello del massimo

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ribasso. Le intercettazioni captate appena pochi giorni dopo la pubblicazione del bando (progr. 769 dell’11.8.2004) confermano l’immediata attenzione del clan ai lavori aventi ad oggetto la prosecuzione della tratta fognaria già in parte realizzata dalla ditta edile di Garofalo Pasquale, anch’egli imputato.

La principale fonte di prova a carico degli odierni imputati è costituita dalle intercettazioni captate contestualmente all’espletamento della varie fasi della procedura e dai riscontri puntuali emergenti dalla documentazione “ufficiale” relativa alla gara di appalto in parola.

Da tali elementi di prova emerge che Schiavone Nicola cl.'78, investito dai vertici della sua famiglia camorristica, in particolare dall’omonimo cugino Schiavone Nicola cl.1979 e da Schiavone Mario (il quale, come si vedrà, era periodicamente aggiornato sull’andamento della procedura), ha materialmente eseguito la turbativa d’asta secondo lo schema illustrato in premessa (e che vedremo sostanzialmente ripetersi anche per le altre turbative), ovvero mediante l’utilizzo di una serie di offerte “di comodo” fornite da imprenditori compiacenti; ciò gli avrebbe consentito non soltanto di procurare l’aggiudicazione in favore della ditta di D’Alessio Raffaele (anch’egli già condannato con rito abbreviato in grado di appello per tali fatti, nonché per concorso esterno nel sodalizio) ma anche di farlo con un ribasso minimo estremamente vantaggioso per il clan, incrementando il profitto per sé e per i suoi sodali, a tutto discapito dell’interesse pubblico ad ottenere prezzi competitivi e prestazioni adeguate.

Con riferimento al capo 6) (in cui è appunto contestata la fittizia intestazione della

“posizione contrattuale”) si vedrà, analizzando le numerosissime intercettazioni successive all’aggiudicazione dell’appalto e corredate da appositi servizi di o.c.p. a riscontro dei contenuti, come l’appalto in realtà sia stato intestato solo fittiziamente al D’Alessio, mentre l’effettivo dominus del rapporto contrattuale con la PA fosse proprio Schiavone Nicola ‘o russo, il quale si occupava della materiale esecuzione dei lavori e, soprattutto, della riscossione dei pagamenti, condizionati all’erogazione del finanziamento Regionale. In questa fase farà la sua comparsa anche Ferraro Nicola, col compito di accelerare la procedura di erogazione dei finanziamenti regionali: per quanto Ferraro non sia imputato un questo processo, la vicenda conferma il legame tra Nicola Ferraro (politico e imprenditore nel settore dei rifiuti, “sponsorizzato” dagli Schiavone alle elezioni regionali del 2005) col clan Schiavone (come riferito anche da diversi collaboratori di giustizia) e, in generale, dei collegamenti tra clan e politica locale. Emblematica in tal senso è anche la figura di Letizia Giacomo il cui ruolo nella

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vicenda – pur trattandosi di coimputato giudicato con rito abbreviato – verrà comunque tratteggiato ad ulteriore dimostrazione di quanto detto sulla

“colonizzazione” del Comune di Casale da parte del clan e del totale asservimento di alcuni funzionari pubblici.

Dunque, una delle prime intercettazioni esplicite sulla procedura di appalto in argomento viene registrata l’11.8.2004 (n. progr. 769 delle ore 11.34) nella Mercedes di Schiavone Nicola cl. ’78; costui parlava con “Pasquale”, identificato in Garofalo Pasquale, amministratore unico della “PG Costruzioni S.r.l.”, che aveva realizzato la precedente parte dell’opera fognaria la cui prosecuzione era oggetto dell’appalto di cui si discute75 (cfr. dichiarazioni del capitano Ventura, il quale ha riferito che dai documenti acquisiti presso la stazione appaltante fu accertato che l'impresa che aveva realizzato la prima parte dell'opera era la PG Costruzioni S.r.l. della quale era amministratore unico il Garofalo; il contratto stipulato tra Garofalo e Letizia Giacomo, quale responsabile dell’UTC, era il numero 3340 del 16.7.2003, per un importo pari a 1.104.260,12 euro; il ribasso di aggiudicazione della PG Costruzioni era stato del 12,52%).

Nella conversazione, Schiavone cl. 78 manifestava a Garofalo il suo “interesse” per la gara in questione (individuabile con certezza, oltre che per la coincidenza temporale con la pubblicazione del bando avvenuta pochi giorni prima, per il riferimento all’importo e all’oggetto, la “fogna”); Garofalo, dal canto suo, manifestava un atteggiamento inizialmente più prudenziale, mettendo in guardia l’interlocutore sul gran numero di partecipanti, soprattutto di altri paesi (“i forestieri”, sottintendendo una diversa capacità di controllo a Casal di Principe) che verosimilmente sarebbero stati attratti dall’importo cospicuo dell’appalto: sarebbe stato pertanto necessario predisporre un buon numero di buste d’appoggio, per garantirsi l’aggiudicazione con un ribasso minimale e buoni margini di guadagno; peraltro già in questa fase, pur mettendo sul tavolo gli aspetti problematici del programma criminoso, Garofalo non lo metteva in discussione in quanto tale, bensì si mostrava consapevole della strategia intimidatoria che Schiavone Nicola cl. 78 avrebbe dovuto necessariamente attuare, consistente nell’avvicinare almeno “cinquanta persone”, ovviamente imprenditori, che

75 Garofalo Pasquale è pacificamente identificabile quale interlocutore dello Schiavone in questa conversazione, oltre che per il nome di battesimo, proprio per il riferimento alla realizzazione della prima tratta del condotto fognario da parte della sua impresa; inoltre rileva il collegamento logico di questa prima con successive conversazioni – dalle quali emergerà il contributo fattivo del Garofalo alla turbativa in parola – quale ulteriore conferma della sua identificazione.

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– a seconda dei casi – sarebbero stati allontanati dalla gara ovvero indotti a partecipare alla “cordata” inserendo nell’offerta il ribasso indicato.

Emerge altresì chiaramente dal tenore del dialogo la comune consapevolezza che (buona) parte del guadagno sarebbe dovuto andare al clan: anzi, proprio per questo, lo stesso Garofalo consigliava “saggiamente” al giovane Schiavone cl. 78 – alla luce delle note difficoltà di effettuare previsioni affidabili sull’effettivo guadagno finale – di fare patti chiari sul “regalo” da fare a “loro”, da modularsi diversamente a seconda del ribasso con cui in concreto sarebbe stata vinta la gara (“...comunque uno un regalo lo deve fare, allora ti sto dicendo, cerca di contenerti, oppure dici: senti...; fai patti e condizioni; dici: se ci esce il dieci è una cosa, se esce il quindici è una cosa e se esce il trenta è un'altra cosa ancora; i fatti tuoi, - inc.- ti guardi i fatto tuoi, hai capito?”); al di là dell’improprio uso di un termine evocativo di una liberalità, è ben chiara la natura dell’erogazione di cui si parla; si tenga presente che – al momento della conversazione (agosto 2004) – Schiavone ‘o russo era stato già investito da suo cugino della “gestione” degli appalti di Casale76. Nel prosieguo del dialogo, Garofalo continua a dispensare a Schiavone dei “preziosi”

consigli su come fare il calcolo della media e su quali percentuali inserire nelle offerte, suggerendogli di fare delle “simulazioni” informatiche per regolarsi.

Conversazione nella Mercedes di Schiavone Nicola cl. 78, progr. 769 dell'11.08.04 (parte di interesse):

SCHIAVONE N. CL. 78: Pasquale, devo fare il continuo di quella fogna che hai fatto tu;

già quando venisti a casa te lo dissi: che dobbiamo fare qua? Eh;... già quella volta quando venisti a casa, però era una cosa di cui se ne parlava così all'epoca, perchè ancora non...

GAROFALO P.: Non era matura...

SCHIAVONE N. CL. 78: Non era matura la cosa; adesso s'è maturata la cosa e...; il fatto, Pasquale, sai qual è? E' settecentosettantamila euro; il fatto è che...

GAROFALO P.: - Inc.-, la media non l'abbassa mai SCHIAVONE N. CL. 78: No?

GAROFALO P.: - Inc.-

SCHIAVONE N. CL. 78: Lo so!

GAROFALO P.: Mi lo hanno detto... e una - inc.- cento persone; adesso, perchè per quella cosa di restauro non hanno fatto arrivare trentacinque...?

SCHIAVONE N. CL. 78: E be', dice che alla massima fecero arrivare quaranta buste GAROFALO P.: Dove, qua?

76 La citata conversazione con Raffaela Fontana, dalla quale emerge tale investitura, di circa un mese dopo, fa infatti riferimento ad un incontro tra Schiavone ‘o russo e suo cugino avvenuto “l’estate scorsa”; conversazioni successive confermeranno poi l’inclusione di tale appalto nell’ambito dell’incarico ricevuto dalla “famiglia”.

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Dott. L. Picardi Dott.ssa V.Giovanniello SCHIAVONE N. CL. 78: Alla massima gara, insomma, di queste che sono arrivate, dai GAROFALO P.: La massima, - inc.- quante buste; tu tieni...

SCHIAVONE N. CL. 78: Tu dovresti far uscire - inc.- ribasso, perchè ci metteresti la categoria

GAROFALO P.: La categoria

SCHIAVONE N. CL. 78: Lo so, lo so

GAROFALO P.: - Inc.- ha detto dieci persone - inc.-

SCHIAVONE N. CL. 78: Il fatto lo sai qual è?... Peppe ha detto che sono poche...

GAROFALO P.: - Inc.-

SCHIAVONE N. CL. 78: Va be', lo so, ci stanno... lo so, ci stanno... però tu quando...

- Breve tratto incomprensibile -

GAROFALO P.: Anche se per - inc.- fuori mano - inc.- quindi, per dirti, tu valuta bene, se è la doppia V, vieni da me, non è un problema, tu sei compagno mio

SCHIAVONE N. CL. 78: Sì

GAROFALO P.: Però se ti devi mettere a fare la "mala faccia" a cinquanta persone, secondo me, non vale neanche la pena dopo; perchè, magari, fai la "mala faccia"

e poi avete il risultato sempre lo stesso; quindi è una valutazione tua

SCHIAVONE N. CL. 78: - Inc.-; Pasquale, il discorso lo sai cos'è? Stanno ubriachi che...;

Pasquale, il discorso lo sai qual è? Sai perchè l'ho chiesto a te? Perchè tu... perchè comunque sono cose che tu puoi dire - inc.-; pure loro: ueh, fattelo "far fare" pure da Pasqualino... hai capito? - Inc.-, ti ringrazio, su questo lo so

- Breve tratto incomprensibile per disturbi di linea; poi:-

GAROFALO P.: Trenta persone, quaranta persone, quello che sia, però ti devi andare...

SCHIAVONE N. CL. 78: Sì, da cinquanta persone GAROFALO P.: - Inc.- a tappeto

SCHIAVONE N. CL. 78: Per fare - inc.-, no

GAROFALO P.: Per dire a quello o non partecipare o se partecipi metti...

SCHIAVONE N. CL. 78: Eh

GAROFALO P.: Fai la brutta figura perchè il risultato neanche lo raggiungi; perchè purtroppo ti rispondono; ma non che ti rispondono...; oggi lo sai che si verifica?

SCHIAVONE N. CL. 78: Eh

GAROFALO P.: Cioè, quello di Frattamaggiore dice... tiene un compagno a Casale, ti risponde: fra', non ti preoccupare, è - inc.-; ti porta a parlare, quanto ci - inc.-, qual è...

hai capito? Ti porta a parlare coi mezzi, non ci sono i mezzi...

SCHIAVONE N. CL. 78: Sì, sì, ho capito che discorso fai GAROFALO P.: Allora ognuno ti lancia...

SCHIAVONE N. CL. 78: Lo so, ma noi come lo dobbiamo fare fare, ormai si deve fare, quindi...

GAROFALO P.: Perciò dico, la media non la riesce a scendere...

SCHIAVONE N. CL. 78: Io penso di no, io... se è come mi stai dicendo tu, che rispondono cento persone... però questo è un problema loro; perchè io gliel'ho spiegato, a me già non mi piaceva quel fatto là, però, purtroppo...

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Dott. L. Picardi Dott.ssa V.Giovanniello GAROFALO P.: Ma io ti sto dicendo pure come impegno che tu devi prendere; perchè tu

- inc.- un fatto tuo, cautelativo SCHIAVONE N. CL. 78: Come!

GAROFALO P.: Perchè appena tu ti sbilanci, dici: questi mi hanno promesso... allora ci voglio andare; perchè comunque non è che - inc.-, comunque uno un regalo lo deve fare, allora ti sto dicendo, cerca di contenerti, oppure dici: senti...; fai patti e condizioni; dici: se ci esce il dieci è una cosa, se esce il quindici è una cosa e se esce il trenta è un'altra cosa ancora; i fatti tuoi, - inc.- ti guardi i fatto tuoi, hai capito ?

SCHIAVONE N. CL. 78: Nientedimeno! Come, come! Sì, sì, ho capito

GAROFALO P.: - Inc.- dicono la parola, poi dopo dicono che ce ne importa, possono essere compagni, amici, parenti...

SCHIAVONE N. CL. 78: Come, come, è sempre la stessa cosa, è chiaro, perchè quelli sono interessi, allora...

GAROFALO P.: Allora perciò dico...

SCHIAVONE N. CL. 78: Sono lavori, quindi...

GAROFALO P.: (Rivolto, probabilmente, a persona al telefono: Mario... sto venendo, tra due minuti ti chiamo, dai... eh... va bene... eh... va bene, adesso me la vedo io, dai, okay...

va benissimo... sì, sì, lo so, lo so... eh... sì... e glielo - inc.-... va bene, allora in giornata mi organizzo, va bene... okay... va bene così... okay, ciao, ciao)... hai capito?

SCHIAVONE N. CL. 78: No, ma io... io ti ringrazio per quello che mi hai detto, perchè comunque... c'è da riflettere

GAROFALO P.: Guardati i fatti tuoi

SCHIAVONE N. CL. 78: Perchè la situazione è quella che è; quello se ne esce: va be', Nicola, che arrivano? Arrivano trenta, quaranta buste; eh!

GAROFALO P.: Tu, per gestire quaranta buste, lo sai quante ne devi fare tu? Ne devi a fare quattrocento! La proporzione, devi dire la proporzione... può essere mai che devo fare centocinquanta...? Tu, allora, fai una cosa, metti quaranta, ribassi a trentatrè

SCHIAVONE N. CL. 78: Eh

GAROFALO P.: E mettine cento al dieci per cento e vedi alla fine chi va in gara e chi no;

vedi la gara a quando... chi la vince; fai così, no, tu falla questa proporzione; poi fai la proporzione pure - inc.-, in che senso, che arrivano trenta e tu ne prepari sessanta, però le devi preparare sessanta; - inc.-; io, almeno io personalmente...

SCHIAVONE N. CL. 78: Come! Ma neanche io riesco a trovare cinquanta, sessanta persone GAROFALO P.: Cioè, riesci a trovarne un venticinque...

SCHIAVONE N. CL. 78: Cioè, si possono pure trovare, però, voglio dire, ti allarghi proprio, che devi andare a chiedere a tutti quanti, esatto, bravo

GAROFALO P.: E io questo dico; e poi sessanta... fai passare... sessanta e trenta non te la gestisci; cioè, tu fai una cosa, lo tieni un computer a casa, no, i cosi delle gare?

SCHIAVONE N. CL. 78: Sì

GAROFALO P.: Metti tutti dieci, metti cinque...

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Dott. L. Picardi Dott.ssa V.Giovanniello SCHIAVONE N. CL. 78: E vedi come esce...

GAROFALO P.: (Rivolto, probabilmente, a persona al telefono: Mario... chi?... Mario, chi?...

- Inc.-... ciao)

SCHIAVONE N. CL. 78: Hai ragione... ma io, purtroppo, gliel'ho detto, è che a loro - inc.- loro; per disturbi di linea -.

GAROFALO P.: Ci sta in lavorazione?

SCHIAVONE N. CL. 78: Sì, sì, ci sta tutto; e be', perchè non ce la metto? Non ce la metto perchè loro hanno detto che era la stessa cosa, facciamo così, facciamo colì...

GAROFALO P.: - Inc.-, la casa Comunale l'ha presa con il ventotto per cento; - inc.- il restauro

SCHIAVONE N. CL. 78: Eh!

GAROFALO P.: Voi se riuscite a gestire la categoria restauro...

SCHIAVONE N. CL. 78: Davvero, non la tiene nessuno... sì GAROFALO P.: Per dirti; ma questo... fai conto, i compagni però...

SCHIAVONE N. CL. 78: No, lo so, dici: Nicola, guardati le cose tue; come!

GAROFALO P.: - Inc.- lavoro devi guadagnare pure

SCHIAVONE N. CL. 78: Eh, come! Quello poi il lavoro c'è da fare là; e, e, e... bravo , non c'è da fare, allora è un'altra cosa

GAROFALO P.: - Inc.-, per dirti, è l'ultimo giorno

SCHIAVONE N. CL. 78: Restauro che... lo stai facendo tu sempre?

GAROFALO P.: - Inc.-

SCHIAVONE N. CL. 78: Ah, no, se lo sono preso

GAROFALO P.: Sì, - inc.-; ci vennero a chiedere il piacere, - inc.-...

SCHIAVONE N. CL. 78: Il Piacere per partecipare, dai, perchè quelli sono pochi quelli là che la tengono

GAROFALO P.: Eh; alla fine - inc.- il ribasso - inc.-, sempre a scendere

SCHIAVONE N. CL. 78: Ma la stessa cosa io, no; per esempio, se io non ti venivo a chiedere la cortesia a te della busta, comunque devo trovare ad altri due, perchè a livello di ragazzi, senti a me, Pasquale, non che la tengono tutti a due, tre miliardi la categoria

GAROFALO P.: - Inc.-

SCHIAVONE N. CL. 78: Eh, bravo, ci vuole due miliardi GAROFALO P.: Insomma, questo fatto - inc.-

SCHIAVONE N. CL. 78: Eh, bravo; no... lo so, io sono d’accordo con te che ci sono quelli che la tengono e che vanno a rispondere, nessuno lo mette in dubbio, non sto dicendo questo, però comunque, diciamo, della fascia dei ragazzi, lo devi andare a chiede a due persone!

- Breve tratto incomprensibile; poi:-

GAROFALO P.: Là ci tieni la possibilità? - Inc.- la stessa categoria?

SCHIAVONE N. CL. 78: Pasquale, mi devi fare - inc.-, mi devi dare la possibilità che quando te li chiama a Casapesenna i lavori se li prendi li devi fare

GAROFALO P.: - Inc.-

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Dott. L. Picardi Dott.ssa V.Giovanniello SCHIAVONE N. CL. 78: Eh, lo so, eh, eh, ma scusa!

GAROFALO P.: No, ma qua tu non ti preoccupare, - inc.- "Ernesto - inc.-" ha detto - inc.- il problema sono i forestieri, che scendono!

SCHIAVONE N. CL. 78: Scendono, eh!

GAROFALO P.: Scendono, perché quelli che se ne fottono, dicono - inc.-

SCHIAVONE N. CL. 78: Sì, sì, sì, sì, come, come, come! E poi come hai detto tu, hai detto:

ma quello che gli danno gli altri non glielo do pure io? Questo è il discorso che fanno;

Pasquale, me ne voglio andare - inc.- tengo l'appuntamento con una ragazza di Giugliano che mi sta aspettando là, la conobbi adesso all'Aeneas, no...

GAROFALO P.: - Inc.-

SCHIAVONE N. CL. 78: - Inc.- in tutto sabato sto qua; due o tre giorni; ciao, Pasqua'.

Andando a ritroso di qualche mese, emerge che in realtà per tale appalto Schiavone cl.

78 aveva già individuato il futuro intestatario (fittizio) in D’Alessio Raffaele77 (o meglio, dell’impresa formalmente intestata a suo padre Giuseppe): nel precedente mese di marzo veniva infatti intercettata una conversazione tra Schiavone Nicola cl. 78 e D’Alessio Raffaele (telefonata n. progr. 389 del 29.3.2004, in uscita dall’utenza 339/3220024, in uso a Nicola Schiavone classe '78 verso l’utenza 335/6220412 intestata a Raffaele D’Alessio78) nella quale i due parlavano proprio di questo appalto (anche in tal caso vi è il chiaro riferimento ad un appalto del valore di un milione di euro riguardante “le fogne”) e Schiavone si informava sul possesso dei requisiti di

“qualificazione” in capo all’impresa di D’Alessio (“Raffae’, senti un poco, ti devo domandare una cosa…tu a quanto le tieni le fogne?... la G6?”).

La conversazione è interessante anche sotto altro profilo: nel corso del dialogo, avvenuto ben cinque mesi prima della pubblicazione ufficiale del bando, Schiavone ‘o russo affermava che il giorno successivo avrebbe già a disposizione “le carte”, che gli avrebbe dato “il geometra” (“Tra oggi, domani e “cose”, veramente mi devono portare le carte e te le faccio vedere....Come il geometra mi porta le carte, io subito ti piglio e ti chiamo e te le faccio valutare, hai capito?”), circostanza che conferma la complicità di elementi interni

77D'Alessio Raffaele, di Giuseppe e Capezzuto Concettina, nato a Napoli il 22.7.1978, residente a Frignano e socio accomandatario dell'immobiliare Crame S.a.s., impresa di costruzioni, nella quale figurano anche i genitori come soci accomandanti; il padre D'Alessio Giuseppe inoltre era anche titolare dell’omonima impresa individuale nonché responsabile e direttore tecnico della “MARC Costruzioni S.r.l.”, in cui c’era come amministratore unico l'altro suo figlio Antonio, nato a Napoli il 9.1.1981. D’Alessio Raffaele è stato già condannato in primo grado e in appello, con rito abbreviato, per tali fatti. Nei confronti di D’Alessio Giuseppe è stata pronunciata sentenza di non doversi procedere per morte del reo.

78Cfr. tabulato allegato informativa n. 199/9-11 di prot. 2003 del 26 maggio 2006.

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Dott. L. Picardi Dott.ssa V.Giovanniello

all’amministrazione appaltante; è altresì evidente, sin dalle prime battute, il tenore del rapporto tra D’Alessio Raffaele e Schiavone cl. 78 e l’effettiva riconducibilità dell’appalto all’emissario del sodalizio, così come l’intenzione di preparare una cordata di imprenditori per attuare la turbativa (D’Alessio: “devi vedere di fare una specie di cordata”); D’Alessio, quindi, avrebbe fornito il suo appoggio intestandosi la gara e sul punto il complice lo rassicurava sul fatto che lo avrebbe tenuto informato in tempo reale di ogni evoluzione (“...tu cammini insieme a me... quindi quello che so io, dopo un minuto lo sai tu... mi sono spiegato?!”); emerge anche come i due non si preoccupassero affatto dell’effettiva capacità di eseguire il lavoro, facendo sicuro affidamento sulla possibilità di variare le condizioni di esecuzione dopo l’aggiudicazione dell’appalto, in spregio ad ogni elementare regola di buona amministrazione (“O ru’, senti a me, noi “menammo” a pigliare, poi dopo quello che ci sta da sistemare lo sistemiamo dopo, hai capito?”). Altra conversazione rilevante, sempre tra gli stessi interlocutori, è l’ambientale intercettata nella Mercedes di Schiavone, n. progr. 437 del 29.7.2004, ore 10.39, tra questi e

“Raffaele”, identificabile sempre nel D’Alessio per la continuità logica del discorso sull’appalto delle fogne; il dialogo in questione è particolarmente esplicito sui motivi che rendevano necessaria l’intestazione dell’appalto al D’Alessio, connessi col tristemente noto cognome dello Schiavone cl. 78, che rendeva comunque

“inopportuna” l’intestazione del lavoro direttamente alla ditta di suo padre Schiavone Luigi; i due si mostravano poi estremamente fiduciosi sul fatto che molti imprenditori si sarebbero prestati a favorirli, ben sapendo che comunque l’appalto era già

“destinato” a loro (“Ma non c'è nessun problema, ce li hanno dati tutti quanti, non è che... capito, quello... ti posso dire una cosa, quelli lo sanno già che me la devo prendere io il lavoro, Raffaele”):

Conversazione intercettata nella Mercedes di Schiavone cl. 78, n. progr. 437 del 29.7.2004, ore 10.39 (parte di interesse).

(...)

SCHIAVONE N. CL. 78: Allora, che ti volevo dire... ti volevo dire il fatto di quella fattura, poi ti volevo parlare un poco di quella situazione... per vedere un poco come vogliamo fare; perchè, e, e, e... cioè, ti volevo avvertire che noi, diciamo, a settembre, al massimo agli inizi di ottobre, per quella situazione noi siamo pronti... per quella situazione di Casale; e, e, e... questo qua; perchè comunque noi dobbiamo incominciare a prepararci, cose, devo preparare una - inc.-... hai capito? Preparare tra impresa, cose...

D’ALESSIO R.: Scusa, e - inc.- io e te?

SCHIAVONE N. CL. 78: Possiamo fare pure così, però...; Raffaele, per me non ci sta nessun problema; allora, io ti voglio soltanto, insomma... ti voglio soltanto chiarire questa cosa; allora, là la cosa... è una cosa tra me e - inc.-; è una, questa è la prima cosa;

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Dott. L. Picardi Dott.ssa V.Giovanniello seconda cosa, non è che ci sta un problema, però tu... siamo noi che stiamo impauriti;

in che senso stiamo impauriti? Perchè pare che a Casale ogni quando esce questo nome fuori, pure che facciamo un "pirito"... e penso che sono cose che ti devo spiegare

D’ALESSIO R.: Inc.-

SCHIAVONE N. CL. 78: Lo sai già, ma non è che c'è il problema, perché penso che a Casale più pulito di mio padre non ci sta nessuno, e tu questo lo sai, no?

D’ALESSIO R.: Inc.-

SCHIAVONE N. CL. 78: Ah; però, mannaggia "Santella", teniamo questo cognome di cazzo, che ogni quanto è, insomma, qualcosa, pare sempre che viene sempre la fine del mondo! Allora, per noi era... diciamo, per non fare comparire questo nome, era soltanto una cosa per precauzione, non è perchè... per non... hai capito? Perchè...

cioè, per non mettergli qualche pallino nel cervello; fai che dopo incominciano a vedere qualcosa... come vedono che lo ha preso uno con il cognome Schiavone;

quelli si vanno ad informare quei cornuti, vedono pure che apparteniamo...

D’ALESSIO R.: A "Sandokan"

SCHIAVONE N. CL. 78: Questo è tutto; basta; era solo per non fare quel rumore del nome;

chi ha preso il lavoro? Schiavone Luigi

D’ALESSIO R.: Inc.-, chi ha preso il lavoro? D'Alessio

SCHIAVONE N. CL. 78: Eh, ma non compare sempre questo Schiavone? Questa... va be', questa è una cosa che possiamo decidere benissimo insieme; comunque, Raffaele, ci possiamo mettere...

D’ALESSIO R.: Inc.-

SCHIAVONE N. CL. 78: Anche in ATI, non c'è nessun problema D’ALESSIO R.: Inc.-, siccome ora mi devo rinnovare l'iscrizione...

SCHIAVONE N. CL. 78: Eh, sì

D’ALESSIO R.: Mi devo rinnovare l'iscrizione e me la dobbiamo quasi a cinque miliardi, cinque miliardi e mezzo

SCHIAVONE N. CL. 78: Sì

D’ALESSIO R.: Siccome che me la devo portare a cinque miliardi...

SCHIAVONE N. CL. 78: Sì

D’ALESSIO R.: Mi porto le fogne ad un miliardo...

SCHIAVONE N. CL. 78: Sì

D’ALESSIO R.: Le costruzioni a due miliardi e le strade a due miliardi...

SCHIAVONE N. CL. 78: Sì D’ALESSIO R.: Lo posso fare...

SCHIAVONE N. CL. 78: Invece serve la fogna, Raffaele

D’ALESSIO R.: Ecco, tu la fogna la tieni a un miliardo, io la tengo ad un miliardo...

SCHIAVONE N. CL. 78: Sì, ad un miliardo ce la facciamo D’ALESSIO R.: E un'altra ce la facciamo

SCHIAVONE N. CL. 78: Sì, un'altra ce la facciamo

D’ALESSIO R.: Voci sovrapposte - che possiamo mettere a qualcuno tranquillamente

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Il Presidente Il Giudice est.

Dott. L. Picardi Dott.ssa V.Giovanniello SCHIAVONE N. CL. 78: Sì, come, come, è chiaro questo!

D’ALESSIO R.: Che se qualcosa... se scappa a noi la prendiamo da là

SCHIAVONE N. CL. 78: Sì; io prendo e metto... "spiccico" pure i nomi e tutto, hai capito?

D’ALESSIO R.: Inc.-

SCHIAVONE N. CL. 78: Più ne facciamo di nomi e meglio è, Raffaele

D’ALESSIO R.: Falli tu pure, per esempio, che ti devo dire, a Raffaele Pezzella, a

"Claudio" Schiavone, che - inc.-...

SCHIAVONE N. CL. 78: Ma non c'è nessun problema, ce li hanno dati tutti quanti, non è che... capito, quello... ti posso dire una cosa, quelli lo sanno già che me la devo prendere io il lavoro, Raffaele

Dunque, nell’estate del 2004 Schiavone Nicola cl. 78 aveva già individuato in D’Alessio Raffaele l’intestatario dell’appalto e si era assicurato la “collaborazione” di Garofalo Pasquale.

A questo punto è bene richiamare ancora una volta, rinviando anche a quanto detto sopra (cap. 3 par. 3.4. su Casal di Principe) gli elementi di prova dai quali emerge con chiarezza come questa attività si inquadrasse nell’ambito di un “mandato” ricevuto dal sodalizio, in particolare da Schiavone Nicola cl. 79, nonché da Schiavone Mario, la cui figura fa la sua comparsa già in questa fase “preparatoria”.

Va precisato che l’identificazione di Mario Schiavone quale interlocutore delle diverse conversazioni ambientali con Nicola ‘o russo che verranno analizzate nel prosieguo e quale persona oggetto dei riferimenti contenuti in conversazioni tra questi e altre persone poggia, come si dirà, sull’uso del nome di battesimo “Mario” in alternativa soprannome “Marittone”, riferibile con certezza all’imputato per la sua stazza fisica, come giudizialmente accertato in tutte le sentenze a suo carico e confermato anche dai collaboratori sentiti nel processo79, nonché su frequenti riferimenti alla sua parentela con Sandokan Schiavone e suo figlio (Mario Schiavone è il cognato di Francesco per aver sposato Nappa Clelia, sorella di Nappa Giuseppina) e su un servizio di o.c.p. del 3.8.2004 contestuale ad una intercettazione ambientale tra lui e Nicola ‘o russo, in cui i due furono osservati a bordo della Mercedes del primo percorrere i luoghi cui facevano riferimento nella conversazione. Tutte le conversazioni in questione sono poi logicamente collegate per argomenti, così da poterle ricondurre al medesimo soggetto.

79 In particolare, cfr. dichiarazioni di Piccolo Raffaele, Vargas Roberto, Della Corte Francesco e Laiso Salvatore.

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